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Re:

Scritto da: Justee 05/09/2004 22.49
Inserisco di seguito una risposta avuta da un Ragzzo che a presto si iscriverà in questo Forum , Volevo sapere le Vostre Impressioni

Gentile signor Rino,

innanzitutto chiedo scusa per il ritardo con cui le rispondo e la
ringrazio per l'attenzione con cui si è letto tutto il mio non
leggerissimo sito. Ancora, la ringrazio per aver portato a mia
conoscenza un problema che non conoscevo e che mi ha subito interessato,
anche se, temo, non ho molto da aggiungere a ciò che lei e il suo amico
testimone di Geova avete ampiamente dibattuto.

Sono andato a guardare Ezechiele (uso la Bibbia della Società Biblica
Italiana, più per ragioni di nostalgia che per scrupolo filologico) ed
ho trovato scritto: "Segna con un tau sulla fronte degli uomini...". La
nota sotto spiega: "L'ultima lettera dell'alfabeto ebraico, che si
scriveva allora a forma di croce e serviva a contrassegnare un
documento." E un rimando ti spedisce esplicitamente ad Apocalisse 7,2.
Dunque, non solo hanno tradotto due parole differenti nello stesso modo
("taw/semeion" e "sphragizo"), ma dunque il curatore stesso forza la sua
interpretazione riconducendo il testo di Giovanni alla profezia di
Ezechiele!

Ad occhio e croce mi sembra una forzatura... ma allora potremmo
legittimamente chiederci, quando Giovanni parlò di coloro che hanno il
segno di Dio in fronte, aveva in mente Ezechiele? Si usano due parole
greche diverse, è vero, però perché dobbiamo presumere che Giovanni
dovesse allinearsi alla traduzione dei LXX? Non solo all'epoca
esistevano altre traduzioni, ma Giovanni doveva conoscere il testo
Ezechiele in ebraico e quindi, nello scrivere in greco l'Apocalisse,
potrebbe tranquillamente aver citato il profeta traducendo "taw" con
"sphragizo", mentre i LXX avevano tradotto con "semeion".

Questa naturalmente è una possibilità: non possiamo conoscere le
intenzioni di Giovanni. Quello che abbiamo è un segno che in Ezechiele è
chiamato "taw" e che mi sembra legittimo tradurre sia come "segno" che
come "sigillo" (visto che a quanto pare veniva utilizzato per
contrassegnare i documenti). La traduzione con "tau" non è perfettamente
legittima (una lettera greca contro una semitica), ma si allinea a
quella evangelica dove la iod diventa una iota ("nemmeno una iota della
legge...").

Nell'alfabeto paleoebraico, ma anche negli alfabeti fenici-cananei da
cui questo era derivato, la taw era in effetti una sorta di croce,
disegnata, a seconda dei luoghi e delle epoche, orizzontale-verticale
(+) od obliqua (x). La taw dell'alfabeto ebraico posteriore sembra, è
vero, una specie di "U" rovesciata, ma è anch'essa un'evoluzione
dell'antica taw paleoebraica a croce, così come la tau greca deriva
anch'essa in fin dei conti dalla taw fenicia. Tutte queste lettere alla
fine hanno la stessa origine.

Mi sembra logico presumere che l'associazione tra la forma del simbolo
ai tempi di Ezechiele e la croce cristiana sia stata fatta in seguito,
quando il cristianesimo ha riletto la Bibbia sotto una nuova luce,
trovando nuovi significati a simboli antichi. Tutto ciò, intendiamoci, è
perfettamente legittimo: i simboli possono e devono continuare a vivere
e parlare attraverso i secoli e le culture. Sarebbe ingiusto se così non
fosse, e in un certo senso ciò non significa che l'interpretazione
cristiana sia "sbagliata". Semplicemente, forse, esulava dalle
intenzioni di chi scrisse il testo originale. Ma è altrettanto valida, e
un sigillo può, in effetti, diventare una croce.

Naturalmente questa è solo la mia modesta opinione. Ripeto, non ero mai
inciampato in questo passo di Ezechiele prima che lei me lo portasse
sotto gli occhi. Mi piacerebbe comunque conoscere la sua opinione e
quella delle persone che sta consultando. È davvero un punto notevole,
affascinante...

Un Amico

[Modificato da Justee 19/09/2004 11.10]




Volevo chiedere ad Abramo un suo parere e cosa ne pensa lui su questa risposta avuta da un amico all'inzio dell'apertura del Forum AGAPE
Grazie

«Il Mondo non sarà mai abbastanza vasto, né l’Umanità abbastanza forte per essere degni di Colui che li ha creati e vi si è incarnato»
(P. Teilhard de Chardin, La vision du passé, in “Inno dell’universo”, Queriniana, Brescia 1995, p. 76)>>