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    alenis
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    00 06/10/2004 15:35
    visto che qui si parla della sezione riguardante
    il greco, qualcuno potrebbe spiegarmi
    (forse è più per i testimoni di Geova)
    (premettendo che il greco non lo conosco)

    perchè nel versetto biblico di Giovanni 1,1

    quando dice :"...e Dio era la parola..."
    è sbagliato tradurre con "...un dio era la parola..."?

    grazie
    alenis
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    Justee
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    00 11/10/2004 09:03
    Re:



    Ciao Alenis , scusa il ritardo nella risposta alla tua domanda non abbiamo ancora un esperto in Greco , la traduzione credo sia fondamentale come è fondamentale il contesto
    ora tu dici

    perchè nel versetto biblico di Giovanni 1,1

    quando dice :"...e Dio era la parola..."
    è sbagliato tradurre con "...un dio era la parola..."?

    grazie
    alenis



    digilander.libero.it/domingo7/GIOVANNI%201,1.htm[=URL]La parola

    LA PAROLA ERA DIO
    (GIOVANNI 1,1)

    In Giovanni 1,1 il titolo di Dio è chiaramente riferito alla Parola. Il fatto che ?e?? (Theos) sia privo di articolo non sembra indebolire il titolo di "Dio" né pare sufficiente a rendere indeterminato o qualitativo il complemento (Dio) rispetto al soggetto (la Parola) [1]. Vediamo di capire.

    Il monoteismo ebraico
    Theos e l'articolo
    La regola di Colwell
    La parola era divina

    Le riflessioni di P. Harner
    Le riflessioni di D. Wallace
    Le riflessioni di D. Hartley

    Alcune versioni in lingua italiana
    Alcune versioni in lingua inglese

    Theos e l'articolo



    Esistono casi in cui Theos (Dio) è riferito al Figlio e porta l'articolo (Matteo 1,23; Giovanni 20,28; Romani 9,5; Tito 2,13; Ebrei 1,8; 1 Giovanni 5,20) e casi in cui Theos (Dio) è riferito al Padre e non ha l'articolo (Giovanni 1,12; Giovanni 1,18; Romani 8,33 e 2 Corinzi 1,3). Si noti, ad esempio, come nel versetto 2 Corinzi 1,3 il Padre è chiamato Dio una volta con l'articolo (o Theos) e una volta senza articolo (Theos).



    Il soggetto (Logos) ha l'articolo. Se avesse l'articolo pure il complemento (Theos) non si capirebbe più chi è soggetto e chi è complemento: soggetto e complemento sarebbero così intercambiabili. La frase potrebbe allora correttamente tradursi in due modi: "la Parola era Dio" oppure "Dio era la Parola", risultando indeterminata. In 2 Corinzi 3,17, ad esempio, l'articolo è presente sia per il soggetto che per il complemento con il risultato che non si capisce chi è il soggetto e chi è il complemento. La frase può quindi essere tradotta in due modi: "il Signore è lo Spirito" oppure "lo Spirito è il Signore". Un altro caso indeterminato è 1 Giovanni 3,4 dove l'articolo è presente sia per il soggetto che per il complemento e la frase può essere legittimamente tradotta "il peccato è violazione della legge" oppure "la violazione della legge è peccato".

    La regola di Colwell



    La struttura della seconda parte di Giovanni 1,1 è: "?a? ?e?? ?? ? ?????" (kai theos en ho logos) cioè "e Dio era la Parola". Un noto studioso [4] del greco koiné ha mostrato come, quasi sempre, nel Nuovo Testamento, "un predicato nominale determinato tende a perdere l'articolo quando precede il verbo essere, mentre tende a prendere l'articolo quando segue il verbo".

    Le riflessioni di Harner





    Harner [8] notò come l’inserimento di un predicato nominale prima del verbo ha spesso la funzione primaria di esprimere la natura ed il carattere del soggetto, con una valenza qualitativa e/o enfatica e senza particolare relazione con la determinatezza o l’indeterminatezza del predicato nominale stesso.



    A tal proposito, partendo da Marco 15,39 e da Giovanni 1,1, egli esaminò un gran numero di versetti contenuti nei vangeli di Marco e Giovanni, trovando numerosi esempi in cui la costruzione predicato nominale + verbo sembrava rispondere ad esigenze di qualitative o enfatiche: in alcuni casi il predicato nominale sembrava chiaramente determinato, mentre in altri pareva indeterminato. Per Marco 15:39 egli suppose che il predicato nominale ?e?? posto prima del verbo e contenuto nella famosa affermazione del centurione ai piedi della croce (veramente quest’uomo era figlio di Dio) avesse una valenza determinata, qualitativa ed enfatica. Per Giovanni 1,1 Harner ipotizzò invece che il predicato nominale ?e?? avesse natura qualitativa ed indeterminata, senza però fornire alcuna prova definitiva a sostegno delle proprie affermazioni. Harner affermò comunque che la Parola aveva qualità divina in senso jahvista e non vaghi attributi divini in senso angelico-elohista. Prova di ciò è il fatto che, nello stesso lavoro, egli analizzò ben cinque modi con cui l’apostolo Giovanni avrebbe potuto scrivere la frase “la Parola era Dio” e cioè:

    Le riflessioni di Wallace



    Dello stesso avviso di Harner è anche Daniel Wallace che interpreta theos in senso qualitativo [9], nella convinzione che Giovanni 1,1 sottolinei la natura divina del Verbo, piuttosto che la sua identità con il Padre. Wallace è convinto che la presenza dell’articolo davanti a theos avrebbe condotto ad interpretazioni devianti, sostanzialmente simili a quelle raggiunte dall’eresia modalista nel III° secolo dopo Cristo. Secondo tale eresia, sostenuta dal teologo africano Sabellio e dagli eretici Prassea e Noeto, le persone della trinità non sarebbero reali e distinte ma rappresenterebbero solo tre modi diversi di apparire di un unico Dio. Grazie a Tertulliano l’eresia modalista è anche conosciuta come “patripassianismo” perché, facendo confusione tra le persone divine, finisce per attribuire anche al Padre le sofferenze del Figlio.

    Le riflessioni di Hartley



    La valenza qualitativa dei predicati nominali è stata attentamente analizzata da D. Hartley, ricercatore presso la facoltà teologica evangelica di Dallas nel Texas, nella sua tesi di dottorato[10]. Il primo stadio dell’imponente lavoro è stato quello di separare i “nomi di massa” dai “nomi numerabili”: i primi (ad esempio: il sole, la luna, la carne, il sangue, l’oro, l’argento, l’aria, l’acqua, il latte, la bontà, la cattiveria, la bellezza, la musica, il teatro, la filosofia, la pittura …..) sono sostantivi spesso espressi al singolare, difficilmente pluralizzabili (senza stravolgerne il significato) e quasi sempre riferiti ad una certa quantità non definibile. I secondi (ad esempio: dio, re, uomo, donna, profeta, sacerdote, gatto, cane, lupo, leone, …) si riferiscono invece a qualcosa o a qualcuno che può essere numerato e contato e risultano pertanto facilmente pluralizzabili.



    I nomi numerabili possono essere usati in senso definito, indefinito, qualitativo puro, qualitativo-definito e qualitativo-indefinito. Secondo Hartley, un sostantivo (come theos) può quindi avere valenza qualitativa, senza mostrare per forza carattere definito o indefinito: la categoria qualitativa prescinderebbe insomma dalla determinatezza e dall’indeterminatezza dei sostantivi e potrebbe essere validamente applicata sia ai “nomi numerabili” sia ai “nomi di massa”.



    Un’analisi statistica, condotta sui predicati nominali privi di articolo contenuti nel Vangelo di Giovanni, è stata inserita da Hartley nella sua tesi di dottorato e mostra come nel 72% dei casi il predicato nominale privo di articolo preceda il verbo “essere” e solo nel restante 28% sia post-copulativo. Il 55% dei predicati nominali pre-copulativi avrebbe poi valenza “qualitativa pura”, l’11% sarebbe chiaramente “definito”, il 17% risulterebbe “indefinito” ed solo il 17% avrebbe caratteristiche “qualitative-indefinite”.



    Hartley conclude il lavoro avanzando l’ipotesi che, in Giovanni 1.1, ?e?? abbia valenza “qualitativa pura”, nel senso che il Figlio, pur essendo distinto dal Padre, possieda la stessa natura divina.

    Nota alcuni vocaboli non si capiscono perch non abbiamo il font greco
    spero che approfondirai guardando il link che ti ho postato (magari gi lo conosci)





    [Modificato da Justee 11/10/2004 9.07]


    «Il Mondo non sarà mai abbastanza vasto, né l’Umanità abbastanza forte per essere degni di Colui che li ha creati e vi si è incarnato»
    (P. Teilhard de Chardin, La vision du passé, in “Inno dell’universo”, Queriniana, Brescia 1995, p. 76)>>



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    pierpappastorico
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    Scripta Manent...
    00 15/12/2004 11:08
    Molto brevemente
    Molto brevemente

    La mancanza dell’articolo davanti a theos (Dio) non indica un’inferiorità di Gesù, come sostengono i TdG, ma semplicemente evita di identificare la Parola con il Padre altrimenti ci sarebbe una totale identificazione tra soggetto e predicato (come ad es. in I GIOV. 3:4). Giovanni infatti non voleva identificare il Logos (Gesù) con il Padre (Yahweh) ma voleva dire che entrambi hanno la stessa natura divina: es.: il ghiaccio e la nebbia sono cose distinte ma sono entrambe acqua. In ogni caso l’assenza dell’articolo davanti a theos riferito a Gesù non dimostra comunque che sia inferiore al Padre in quanto in GIOV. 20:28 theos con l’articolo viene riferito a Gesù, mentre ad es. in II COR.1:3, theos senza articolo viene riferito al Padre.

    Se infine fosse corretta l’interpretazione dei TdG al versetto 1 sarebbe scritto: "in principio Dio creò la Parola". Facendo di Gesù un dio minore i TdG dimostrano di essere influenzati dalla filosofia greca - la credenza nel "demiurgo" di Platone.
    (N.B.: Nel contesto di Giovanni 1:1-18, la parola theos compare senza articolo in 6 occasioni: nei versi 1, 2, 6, 12, 13, e 18. La TNM la traduce correttamente con "Dio" nei versi 2, 6, 12 e 13, eppure al verso 1 la traduce con "un dio", e al verso 18 con "dio" (iniziale minuscola), pur trattandosi della stessa identica costruzione, nello stesso contesto).

    Ciao, Piero [SM=g27994]m16:
  • Teodoro Studita
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    00 27/01/2005 17:25
    La già citata "regola di Colwell", che si può riassumere in
    "un predicato nominale determinato tende a perdere l'articolo quando precede il verbo e a conservarlo quando lo segue", vale in nove casi su dieci nel NT, dunque è un criterio affidabile ma non definitivo.
    Personalmente, in questi casi trovo particolarmente utile l'analisi negativa del problema, che pongo in questi termini:

    Ipotesi. Giovanno vuole dire "e la Parola era Dio"
    Metodo. Analizzare tutti i modi possibili per esprimere questa frase

    1) "ho logos en ho theos"

    In questo caso l'articolo è presente davanti al soggetto come davanti al predicato, rendendo di fatto indistinguibile l'uno dall'altro, e generando confusione. Ipotesi dunque improbabile.

    2) "theos en ho logos"

    Predicato senza articolo, particolarmente enfatico su "theos" se confrontato agli altri modi. Il soggetto è distinto dal predicato.

    3) "ho logos theos en"

    Simile al precedente dal punto di vista grammaticale, ma l'enfasi questa volta è su "la Parola" e non su "Dio"

    4) "ho logos en theos"

    La presenza del verbo prima del predicato, per la regola di Colwelll indica indeterminatezza, quindi si sarebbe potuto tradurre anche con "un dio"

    5) "ho logos en theios"

    Theios vuol dire "divino", quindi non specifica l'assoluta identità di sostanza tra Dio e la Parola, ma solo una generica "divinità" di quest'ultima

    Concludendo, dal punto di vista logico le uniche versioni che conbfermano l'ipotesi sono la 2 e la 3, ma solo la 2 pone l'accento sull'identità di sostanza, enfatizzando "theos".
    Pertanto, vista l'analisi di questi due argomenti, vi è un generalizzato consensus a tradurre il passo in questione con "e la Parola era Dio"

    Un saluto,
  • barnabino
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    00 27/01/2005 18:40
    Nooooooo.... anche qui la regola di Colwell?

    Diciamo subito una cosa, per spazzare ogni mistificazione e ingiustificato pregiudizio, la frase "kai theos en ho logos" da un punto di vista puramente grammaticale può essere tradotta tanto:

    1. La Parola era il Dio (applicando la regola di Colwell)
    2. La Parola era di natura (o qualità) divina (considerando theos come qualitativo)
    3. La Parola era un dio (leggendo letteralmente)

    Tutte e tre le traduzioni sono perfettamente corrette da un punto di vista grammaticale, sfido chiunque a dimostrare il contrario! Possiamo poi ragionare su quella più corretta, ma traducendo "un dio" la TNM non va contro la grammatica greca!!!

    Da un punto di vista grammaticale nopn c'è nessuan regoal che imponga una o l'altra traduzione.

    Infatti la regola di Colwell non ci dice molto circa il modo di tradurre theos in 1,1c.

    Questa regola dice solo che un PN preverbale senza articolo se è definito (quindi se lo è già a priori) non diventa necessariamente qualitativo perchè senza articolo.

    Ma non è vero il contrario della regola, cioè non è vero che quando un PN senza articolo si trova prima del verbo debba OBBLIGATORIAMENTE essere determinato. Tanto è vero che nel vangelo di Giovanni su 53 ricorrenza in 26 casi il PN è indeterminato e in altri 11 potrebbe esserlo.

    Contesto anche il post di pierpappa:

    "Se infine fosse corretta l’interpretazione dei TdG al versetto 1 sarebbe scritto: "in principio Dio creò la Parola".

    En archè non indica il principio assoluto ma indica solo il principio della creazione materiale, è chiaro il riferimento al bereshit di Genesi 1,1 a cui partecipò anche il logos che era con ho theos come ´amòhn (artefice) accanto a YHWH (Pr. 8,30)

    "Facendo di Gesù un dio minore i TdG dimostrano di essere influenzati dalla filosofia greca - la credenza nel "demiurgo" di Platone"

    Direi che è proprio il contrario, mai la concezione dei TdG riguardo al Logos è lontana dall'idea Platonica del demiurgo. Il Logos per i TdG è una persona spirituale che diventa carne, questo è lontano anni luce sia dal "Demiurgo" di Platone che del "Logos" di Filone.

    Semmai questa tesi fu ripresa proprio dai trinitari: anche se Platone non era così chiaro si credette (anche per la mediazione di Filone) che questo "Demiurgo" era sempre esistito insieme al Dio supremo, così divenne "ortodosso" insegnare che Gesù e Dio erano coeterni.

    Inoltre nessuno insegna che ho logos è "un dio minore", non l'ho mai visto scritto o spiegato in nessuna pubblicazione dei testimoni di Geova. Mi fai vedere dove?

    Piuttosto i TdG leggono quel theos, come deve essere fatto, nell'ambito della cultura ebraica, in cui "un dio" non indicava come nel mondo ellenistico una divinità ma semplicemente era un attributo che poteva essere usato, senza timore di essere fraintesi, anche per persone, angeli e perfino cose.

    E' evidente che se vogliamo capire correttamente le parole di Giovanni dobbiamo leggerle secondo suo orizzonte culturale e non il nostro. Senza questa precisazione diventa facile far dire al testo quello che non poteva dire, semplicemente perchè era estraneo alal cultura dello scrittore.

    Ciao fdetr


  • Teodoro Studita
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    00 27/01/2005 20:19
    Re:

    Scritto da: barnabino 27/01/2005 18.40

    E' evidente che se vogliamo capire correttamente le parole di Giovanni dobbiamo leggerle secondo suo orizzonte culturale e non il nostro. Senza questa precisazione diventa facile far dire al testo quello che non poteva dire, semplicemente perchè era estraneo alal cultura dello scrittore.




    Su questo sono perfettamente d'accordo, quanto sono in TOTALE disaccordo con le premesse. Mettendosi nella testa di un madrelingua greco della koinè del I sec. d.C. leggiamo LETTERALMENTE

    kai (e) theos (dio) en (era) ho (il) logos (verbo)

    L'articolo è ciò che ci fa distinguere il soggetto dal predicato. Qui il soggetto è "ho logos" ("la parola", ma se vogliamo conservare il maschile possiamo tradurre "il verbo")

    Dunque ricostruiamo la frase con il soggetto innanzi al resto, come si usa fare in italiano. La traduzione LETTERALE è:

    " e il verbo era Dio ", o nella versione più nota

    " e la Parola era Dio ", stop.

    Non c'è bisogno di evocare regole, statistiche e studi di biblisti più o meno insigni. Bisogna contestualizzare questa frase e confrontarla con tutti gli altri passi in cui l'identificazione e/o la consustanzialità di Logos/Figlio con Dio/Padre è evidente. Il che elimina ogni residuo di dubbio, qualora ce ne fossero mai stati.

    Sulle strumentazlizzazioni di traduzioni alternative non è il caso di soffermarci in questa sezione che cura l'aspetto linguistico del testo, pertanto non rispondo, anche se conoscete tutti la mia opinione in merito.
  • barnabino
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    00 29/01/2005 01:06
    " e il verbo era Dio ", o nella versione più nota

    Si peccato che sfortunatamenet in italiano Dio indica "il Dio" quello che qui è detto "presso cui il Logos stava" mentre il buon traduttore deve rendere il fatto che "theos" era con "ho theos" ed evidentemente erano due entità diverse. Se li chiami tutti e due "Dio" si annulla la differeza.

    Invece se sul significato "ho theos" siamo sicuri che si trattava di YHWH, il Padre diverso è il caso del Logos. Parlando del Logos Giovanni non usa l'articolo, questo per differenziarlo dal Padre, sono evidentemente due individui (persone?) differenti.

    Cosa indica theos senza articolo? In greco non esiste articolo indeterminativo ma è espresso dall'omissione dell'articolo determinato.

    Pertanto il logos era theos (senza articolo) nel senso di essere un "dio" (appartenere alla categoria di theos) oppure nel senso di essere qualitativamente "dio" cioè possedeva gli attributi divini. Questo per altro era quanto diceva già Origene nel suo commento a Giovanni che distingie chiaramente tra il theos con l'articolo e senza.

    In nessun caso mi pare possiamo sostenere che qui Gesù fosse Dio come lo era Geova. Così per differenziare le due entità chiamiamo Geova "Dio" (ho theos) e Gesù "un dio" (theos).

    Ciao
  • Teodoro Studita
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    00 29/01/2005 02:06
    Sai benissimo che in greco la presenza o meno dell'articolo non è vincolante ai fini della traduzione, e che theos appare con e senza articolo ma non per questo si sta parlando di un dio diverso.

    NON è vero che il greco non abbia un articolo indeterminativo, se ricordi bene, tu che ci inviti a ripassare la grammatica, "tis, ti" si può benissimo utilizzare in tal senso, come riportato da ogni grammatica scolastica.

    Se Giovanni avesse voluto indicare "un dio" qualsiasi (io ero rimasto al monoteismo, pensa un po') avrebbe potuto benissimo scrivere "tis theos", orrendo ma efficace per rendere l'idea di un dio "qualunque".

    NON è vero che Giovanni quando parla del logos non usa l'articolo, lo usa praticamente sempre ma resta fermo il fatto che "o logos" e "o theos" siano due cose distinte, uguali nella sostanza, diversi nella ipostasi.


  • barnabino
    Iscriviti
    00 29/01/2005 14:24
    > Sai benissimo che in greco la presenza o meno dell'articolo non è vincolante ai fini della traduzione, e che theos appare con e senza articolo ma non per questo si sta parlando di un dio diverso.

    Caro Teodoro,

    Scusa ma tu non hai afferrato il problema.... tu dici che la TNM sbaglia traducendo "un dio", devo dedurre che per te quella traduzione NON E' PERMESSA dalla grammatica.

    Io NON HO DETTO che la mancanza di articolo ti vincola a tradurre "un dio", dico solo che la mancanza dell'articolo rende POSSIBILE e CORRETTA anche (nota che ho scritto ANCHE!) la traduzione "un dio" insieme a "Dio" e "di natura o qualità divina".

    Il problema è che TU SEI DOGMATICO sostenendo che la TNM qui si "inventi" la traduzione.

    > e che theos appare con e senza articolo ma non per questo si sta parlando di un dio diverso.

    Allora si sta parlando dello stesso Dio? In questo caso ho theos è il Dio Padre, vuoi dirmi che Gesù è il Dio Padre... sabelliano! [SM=g27994]m6:

    > Se Giovanni avesse voluto indicare "un dio" qualsiasi (io ero rimasto al monoteismo, pensa un po')

    Ti ricordo che nel NT e nella LXX l'uso dell'espresione theos (senza l'articolo) rivolta a delle creature non è certo un'attestazione di politeismo, il termine theos oltre che indicare Geova (con o senza articolo) è un attributo abbastanza comune anche per indicare uomini, angeli e perfino cose, oltre naturalmente gli dei pagani. In questo caso è usato sempre senza l'articolo come nel caso di Cristo.

    > NON è vero che Giovanni quando parla del logos non usa l'articolo, lo usa praticamente sempre

    E quando sarebbe che Giovanni definisce "ho logos" come "ho theos"? E se "ho theos" è sempre riferito al Padre (Geova) come era possibile distinguere il Padre dal Figlio? [SM=g27994]m22:

    Ciao



  • Teodoro Studita
    Iscriviti
    00 29/01/2005 14:44
    en arke eh HO logos (Gv: 1,1)
    kai HO logos en pros ton theon (idem)
    kai theos en HO logos (idem)

    Kai HO logos sarx egeneto (gv: 1,14)

    Se non mi sono perso niente questi sono i punti in cui, in Gv:1 viene menzionato il logos, sempre con l'articolo, giusto per evidenziare che non dico fesserie come vorresti far credere.

    Ma veniamo al dunque, hai schivato agilmente la mia considerazione sul "tis, ti" che avrebbe indicato, qualora utilizzato davanti a theos, equivocabilmente "un dio", e non "Dio". Dunque in un passo di importanza teologica rilevante (forse il più rilevante in assoluto) sarebbe stata un'idiozia da parte di Giovanni utilizzare un termine fraintendibile quando aveva a disposizione il principe dell'indeterminazione, il pronome tis. Certo, se poi vogliamo analizzare questo passo astraendolo da tutto il contesto neotestamentario nel quale viene fuori a chiarissime lettere l'uguaglianza di sostanza dtra Dio ed il Figlio, allora leviamo di mezzo un argomento fondamentale, che conferma la nostra tesi, e senza il quale le nostre rimangono quisquiglie tra filologi.

    Un'ultima parola sulla LXX, in cui theos senza articolo è utilizzato per attribuire la parola dio anche a entità non esattamente divine. Un esempio moderno di questo uso lo abbiamo quando diciamo "Micheal Jordan è un dio del basket". Ora, in questo caso il contesto (quello che voi trascurate puntualmente) è tale da rendere del tutto superfluo specificare se Micheal Jordan si a"un dio" oppure "il dio assoluto".
    Si dà il caso che nei Vangeli non si parli di basket, ecco perché il contesto NON PUO' ESSERE IGNORATO.

    [Modificato da Teodoro Studita 29/01/2005 14.45]

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