00 03/10/2004 10:40
Re: Il problema Gesù

Scritto da: Topsy 03/10/2004 2.22
E' una domanda che mi sono chiesta spesso da agnostica.
Per i credenti, ebrei e cristiani, deve costituire davvero una gran bella impresa intendersi realmente tra loro!

Quali principi fondamentali li dividono?
Quali li uniscono?
In quali mezzi di salvezza ripongono fede?
Esistono termini comuni ad entrambe le tradizioni religiose che nascondono interpretazioni contrastanti?

I commenti più comuni che sento dai cristiani sugli ebrei sono:"Non hanno riconosciuto Cristo come Messia,lo hanno rigettato!Stanno ancora aspettando!Eppure le Scritture parlano chiaro,tutte quelle profezie annunciano Gesù...come fanno a non credere?Gli ebrei aspettano solo un liberatore politico..."

Un cristiano chiedeva: "Ma se per gli ebrei il Messia è un liberatore politico del popolo ebreo, ora che gli Ebrei sono in Israele, non hanno già ottenuto quello che volevano? Cosa deve fare in realtà il Messia?"

Queste domande/riflessioni mostrano quanto poco si sappia in realtà di "ebraismo". Tuttavia,i cristiani potrebbe obiettare:" Io ho accettato Gesù come Messia,a cosa credono gli ebrei non è affare mio!".
Eppure, non possiamo fare a meno di sottolinerae che Gesù era ebreo, che visse da ebreo,che predicò tra gli ebrei agli ebrei, utilizzando espressioni e concetti tipicamente ebraici per trasmettere i suoi preziosi insegnamenti.
La Chiesa Cattolica afferma: "Gesù è ebreo e lo è per sempre".

Ma cosa pensavano gli ebrei in passato di Gesù e, dei cristiani?
E cosa ne pensano oggi?!


Ciao Topsy,
certo che domande così fanno venire il mal di testa, ma si può cominciare a rispondere un pò alla volta. io provo a cominciare dall'ultima.
Per gli ebrei Gesù è un perfetto ebreo, nato ebreo, osservante della Torah, che frequenta la sinagoga e condanna il formalismo di allora come avevano fatto i profeti. Secondo Samuel Hirsh Gesù non si allontana dal giudaismo, anzi è un ebreo esemplare, che visse integralmente la propria fede anche se si ingannò nel considerare imminente la venuta del regno di Dio. (cit: da IMBACH J.,Gesù a chi appartiene?...,Paoline, 1991).Secondo H.G. Enelow, nella sua persona egli riunisce ciò che vi è di più prezioso e di più profondo in Israele, questo popolo eterno di cui è figlio. Secondo Augusto Segre, «da un punto di vista ebraico, non c'è nulla di nuovo e di diverso nella predicazione di Gesù, perfino nelle sue invettive, di puro stile profetico, dalla sostanza etica, religiosa della tradizione ebraica». (SEGRE A., Il popolo d'Israele e la Chiesa...)
Ciò che un ebreo non può accettare, scrive J. Klausner, è che sia Dio:«Per il popolo ebraico (Gesù) naturalmente non può essere né un dio né Figlio di Dio nel senso del dogma trinitario: l'uno e l'altro sono per l'ebreo concezioni non solo blasfeme, ma anche incomprensibili»(Cit. in MUSSNER F.,Il popolo della promessa...) Più recentemente Franz Rosenzweig arriva ad accettare che Gesù abbia consolidato nel mondo le forze della Torah di Mosè e abbia sgomberato il terreno dall'idolatria tra i pagani, Proprio per questo però non può essere contrapposto alla Torah.
Jacob Neusner ha cercato recentemente di spiegare perchè non avrebbe accettato Gesù, pur nutrendo per lui sincera simpatia. Egli vede in Gesù la predicazione del regno dei cieli proiettato nel futuro, mentre la legge insegna come vivere oggi:«Il regno dei cieli - egli conclude - potrebbe venire, forse non troppo presto, ma finché è sopra di me, la Torah mi insegna che cosa significa vivere qui e ora nel regno di Dio»
Per gli ebrei restano tuttavia incomprensibili le complicate formulazioni dogmatiche dei cristiani circa la trinità, l'incarnazione e il sacrificio redentivo di Cristo.
Infine rimane inconcepibile, per gli ebrei, il fatto che Dio abbia bisogno di un sacrificio umano cruento per giustificare l'uomo. Il problema sarà allora per i cristiani riaffermare continuamente l'unità di Dio, presente in modo preponderante nella predicazione di Gesù; insistere sulla iniziativa salvifica di Dio; attribuire agli uomini e non a Dio la morte di Gesù.
Agli ebrei i cristiani potrebbero forse chiedere di lasciarsi interrogare dal messaggio di perdono di Gesù, non giuridico ma espressione di appello morale, cioè affidato alla generosità e magnanimità dell'uomo, e di chiedersi se esso non appartenga alla più genuina tradizione biblica. La provocazione cristiana semmai dovrebbe essere quella di passare dal negativo al positivo, cioè dal perdono alla rinuncia volontaria di rivalsa senza contropartita.