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Inammissibile la rimozione del Crocifisso (Corte costituzionale 389/2004)

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    Vitale
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    00 15/12/2004 17:21

    CITTADINO LEX 15.12.2004

    http://www.cittadinolex.kataweb.it/Article/0,1519,31139%7C9,00.html

    I giudici non hanno potuto entrare nel merito
    Inammissibile la rimozione del Crocifisso
    (Corte costituzionale 389/2004)

    Il Crocifisso resterà nelle aule scolastiche: lo Corte costituzionale ha infatti dichiarato inammissibile la questione di legittmità sollevata dal Tar Veneto sui regolamenti che impongono il simbolo della cristianità. Dichiarando la questione inammissibile i giudici non sono neanche entrati nel merito: si sono limitati ad osservare che il Tar del Veneto, avendo formalmente impugnato tre norme è partito da presupposti erronei perché ha compiuto "un improprio trasferimento su disposizioni di rango legislativo di una questione di legittimita' concernente le norme regolamentari richiamate: norme prive di forza di legge, sulle quali - si legge nell'ordinanza - non può essere invocato un sindacato di legittimita' costituzionale, né conseguentemente un intervento interpretativo della Corte". In particolare gli articoli 159 e 190 del testo unico del 1994 si limitano a disporre l'obbligo a carico del Comuni di fornire l'arredo scolastico semza parlare dell'obbligo di esporre il Crocifisso. La questione, in sostanza, essendo mal posta non poteva essere ammessa dalla Consulta. (15 dicembre 2004)

    ORDINANZA della Corte costituzionale N.389 dell’ANNO 2004



    LA CORTE COSTITUZIONALE

    composta dai signori:

    - Valerio ONIDA Presidente

    - Carlo MEZZANOTTE Giudice

    - Fernanda CONTRI "

    - Guido NEPPI MODONA "

    - Piero Alberto CAPOTOSTI "

    - Annibale MARINI "

    - Franco BILE "

    - Giovanni Maria FLICK "

    - Francesco AMIRANTE "

    - Ugo DE SIERVO "

    - Romano VACCARELLA "

    - Paolo MADDALENA "

    - Alfio FINOCCHIARO "

    - Alfonso QUARANTA "

    - Franco GALLO "

    ha pronunciato la seguente

    ORDINANZA

    nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 159 e 190 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), come specificati, rispettivamente, dall’art. 119 (e allegata tabella C) del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297 (Approvazione del regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare), e dall’art. 118 del regio decreto 30 aprile 1924, n. 965 (Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione media), e dell’art. 676 del predetto decreto legislativo n. 297 del 1994, promosso con ordinanza del 14 gennaio 2004 dal TAR per il Veneto sul ricorso proposto da Soile Lautsi in proprio e nella qualità di esercente la potestà genitoriale contro il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, iscritta al n. 433 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, edizione straordinaria, del 3 giugno 2004.

    Visti l’atto di costituzione di Soile Lautsi nonché gli atti di intervento di Paolo Bonato ed altro e del Presidente del Consiglio dei ministri;

    udito nell’udienza pubblica del 26 ottobre 2004 il Giudice relatore Valerio Onida;

    uditi l’avvocato Massimo Luciani per Soile Lautsi, l’avvocato Franco Gaetano Scoca per Paolo Bonato ed altro e l’avvocato dello Stato Antonio Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.

    Ritenuto che, con ordinanza emessa il 14 gennaio 2004, pervenuta a questa Corte il 20 aprile 2004, il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, nel corso di un giudizio per l’impugnazione di una deliberazione del consiglio di istituto di una scuola, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento al principio di laicità dello Stato, e, "comunque", agli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, degli artt. 159 e 190 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), "come specificati", rispettivamente, dall’art. 119 (e tabella C allegata) del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297 (Approvazione del regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare), e dall’art. 118 del r.d. 30 aprile 1924, n. 965 (Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione media), "nella parte in cui includono il Crocifisso tra gli arredi delle aule scolastiche", nonché dell’art. 676 del medesimo d.lgs. n. 297 del 1994 "nella parte in cui conferma la vigenza delle disposizioni" di cui ai predetti art. 119 (e tabella C allegata) del r.d. n. 1297 del 1928 e art. 118 del r.d. n. 965 del 1924;

    che l’impugnato art. 159 del d.lgs. n. 297 del 1994 stabilisce fra l’altro, al comma 1, che "spetta ai Comuni provvedere (…) alle spese necessarie per l’acquisto, la manutenzione, il rinnovamento (…) degli arredi scolastici" nelle scuole elementari, mentre l’art. 119 del r.d. n. 1297 del 1928 stabilisce che "gli arredi, il materiale didattico delle varie classi e la dotazione della scuola sono indicati nella tabella C allegata", la quale, nell’elencare gli arredi e il materiale occorrente nelle varie classi, include al n. 1, per ogni classe, il Crocifisso;

    che, a sua volta, l’impugnato art. 190 del d.lgs. n. 297 del 1994 stabilisce fra l’altro, al comma 1, che "i Comuni sono tenuti a fornire (...) l’arredamento" dei locali delle scuole medie, mentre l’art. 118 del r.d. n. 965 del 1924 recita che "ogni istituto ha la bandiera nazionale; ogni aula, l’immagine del Crocifisso e il ritratto del Re";

    che l’impugnato art. 676 del d.lgs. n. 297 del 1994 stabilisce che le disposizioni non inserite nel testo unico "restano ferme ad eccezione delle disposizioni contrarie od incompatibili con il testo unico stesso, che sono abrogate";

    che il Tribunale remittente premette che le disposizioni citate del r.d. n. 1297 del 1928 e del r.d. n. 965 del 1924 costituirebbero adeguato fondamento giuridico del provvedimento impugnato nel giudizio a quo; sarebbero tuttora in vigore in quanto non abrogate per incompatibilità dalle disposizioni dei Patti Lateranensi cui si è data esecuzione con la legge 27 maggio 1929, n. 810, né da quelle dell’Accordo di modifica di detti Patti reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121; non sarebbero incompatibili infine con il testo unico approvato con il d.lgs. n. 297 del 1994, né sarebbero state abrogate per nuova disciplina dell’intera materia in quanto l’impugnato art. 676 del testo unico medesimo dispone che restino salve le norme preesistenti non inserite in esso e non incompatibili con le disposizioni del medesimo testo unico; che dette disposizioni sarebbero destinate ad introdurre norme attuative di dettaglio rispetto ad atti legislativi, e cioè, rispettivamente, il r.d. 5 febbraio 1928, n. 577, al cui art. 55 corrisponde oggi l’art. 159, comma 1, del d.lgs. n. 297 del 1994, e il r.d. 6 maggio 1923, n. 1054, al cui art. 103 corrisponde oggi l’art. 190 del d.lgs. n. 297 del 1994;

    che il giudice a quo si pone il problema della costituzionalità delle disposizioni regolamentari citate, da cui discenderebbe l’obbligo di esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche, e ritiene che queste, pur non potendo essere oggetto diretto di controllo di costituzionalità, dato il loro rango regolamentare, sarebbero invece suscettibili di controllo indiretto, in quanto specificano e integrano i disposti legislativi impugnati degli artt. 159 e 190 del d.lgs. n. 297 del 1994, il cui art. 676 a sua volta costituirebbe una norma primaria "attraverso la quale l’obbligo di esposizione del Crocifisso conserva vigenza nell’ordinamento positivo";

    che, in punto di non manifesta infondatezza della questione, il Tribunale remittente sostiene che il Crocifisso è essenzialmente un simbolo religioso cristiano, di univoco significato confessionale; e che l’imposizione della sua affissione nelle aule scolastiche non sarebbe compatibile con il principio supremo di laicità dello Stato, desunto da questa Corte dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, e con la conseguente posizione di equidistanza e di imparzialità fra le diverse confessioni che lo Stato deve mantenere; e che la presenza del Crocifisso, che verrebbe obbligatoriamente imposta ad alunni, genitori e insegnanti, delineerebbe una disciplina di favore per la religione cristiana rispetto alle altre confessioni, attribuendo ad essa una ingiustificata posizione di privilegio;

    che si è costituita la parte privata ricorrente nel giudizio a quo, concludendo per l’accoglimento della questione;

    che, secondo la parte, l’obbligatoria esposizione del Crocifisso nelle aule violerebbe il dovere di equidistanza dello Stato rispetto alle varie confessioni e contraddirebbe l’esigenza di uno "spazio pubblico neutrale" in cui non potrebbe trovare posto un simbolo religioso; non si potrebbe attribuire al Crocifisso il carattere di un simbolo genericamente civile e culturale, essendo innegabile la sua valenza religiosa, e mancando del resto ogni base costituzionale per poter fare del Crocifisso un simbolo dell’unità della nazione al pari della bandiera; non sarebbe praticabile, infine, nemmeno una soluzione che postuli la permanenza dell’esposizione del Crocifisso salvo che qualcuno degli alunni ritenga di esserne leso nella propria libertà religiosa, poiché sarebbe violato comunque il principio oggettivo di laicità, né si potrebbe costringere il singolo a opporsi apertamente alla eventuale volontà maggioritaria del gruppo sociale di appartenenza;

    che sono intervenuti altresì, con unico atto, il sig. Paolo Bonato, in proprio e quale genitore di un’alunna della stessa scuola, e il sig. Linicio Bano, in qualità di presidente dell’associazione italiana genitori di Padova, concludendo per la inammissibilità e comunque per la infondatezza della questione;

    che gli intervenienti, affermata la propria legittimazione ad essere presenti nel giudizio in quanto controinteressati nel giudizio a quo, pur se non evocati in esso, nonché in quanto titolari di un interesse direttamente inerente al rapporto sostanziale dedotto nel giudizio medesimo, negano che l’esposizione del Crocifisso nelle aule leda il principio di laicità, il quale non implicherebbe indifferenza dello Stato rispetto alle religioni, e non impedirebbe l’esposizione di un simbolo che rappresenta una parte integrante dell’identità culturale e storica del popolo italiano;

    che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per l’inammissibilità e comunque per l’infondatezza della questione;

    che l’Avvocatura erariale eccepisce anzitutto il difetto di rilevanza della questione, in quanto, alternativamente, il giudizio davanti al TAR non sarebbe stato proponibile per difetto di contraddittorio e di legittimazione del ricorrente, ovvero il TAR sarebbe carente di giurisdizione;

    che, nel merito, la difesa del Presidente del Consiglio sostiene che le norme legislative impugnate e le norme regolamentari richiamate dal remittente non stabiliscono alcun obbligo di esposizione del Crocifisso, e che, in assenza di un obbligo legale di esposizione, il problema sarebbe quello di verificare se le norme costituzionali consentano l’esposizione di quel simbolo del cattolicesimo: esposizione che non sarebbe in contrasto con la laicità dello Stato e sarebbe coerente sia con l’art. 7 della Costituzione, sia con il riconoscimento, contenuto nell’art. 9 dell’accordo di revisione del concordato reso esecutivo con la legge n. 121 del 1985, secondo cui i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano;

    che nella memoria presentata in vista dell’udienza l’Avvocatura erariale argomenta nel senso della legittimità costituzionale della presenza del Crocifisso nelle aule, quale "evenienza naturale" nell’ordinario svolgimento della vita scolastica: il Crocifisso sarebbe bensì anche un simbolo religioso, ma sarebbe "il vessillo della Chiesa cattolica, unico alleato di diritto internazionale" dello Stato nominato dalla Costituzione all’art. 7, e dunque sarebbe da considerarsi alla stregua di un simbolo dello Stato di cui non si potrebbe vietare l’esposizione, al pari della bandiera e del ritratto del Capo dello Stato.

    Considerato che l’intervento spiegato nel giudizio è stato ammesso dalla Corte con ordinanza pronunciata in udienza, in quanto la posizione sostanziale fatta valere dal sig. Paolo Bonato, in proprio e in qualità di genitore di un’alunna, è qualificata in rapporto alla questione oggetto del giudizio di costituzionalità, dovendosi in questa sede precisare che la legittimazione ad intervenire non si estende all’altro firmatario dell’unico atto di intervento, sig. Linicio Bano, in quanto presidente dell’associazione italiana genitori di Padova;

    che il remittente impugna gli articoli 159 e 190 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, sul presupposto che essi, "come specificati", rispettivamente, dall’art. 119 (e allegata tabella C) del r.d. 26 aprile 1928, n. 1297, e dall’art. 118 del r.d. 30 aprile 1924, n. 965, forniscano fondamento legislativo ad un obbligo – contestato dal ricorrente per contrasto con il principio di laicità dello Stato – di esposizione del Crocifisso in ogni aula scolastica delle scuole elementari e medie; e impugna altresì l’art. 676 del medesimo d.lgs. n. 297 del 1994 sul presupposto che a tale disposizione – che sancisce l’abrogazione delle sole disposizioni non incluse nel testo unico che risultino incompatibili con esso – debba farsi risalire la permanente vigenza delle due norme regolamentari citate, dopo l’emanazione dello stesso testo unico;

    che tali presupposti sono però erronei;

    che, infatti, gli articoli 159 e 190 del testo unico si limitano a disporre l’obbligo a carico dei Comuni di fornire gli arredi scolastici, rispettivamente per le scuole elementari e per quelle medie, attenendo dunque il loro oggetto e il loro contenuto solo all’onere della spesa per gli arredi;

    che, pertanto, non sussiste fra le due menzionate disposizioni legislative, da un lato, e le disposizioni regolamentari richiamate dal remittente, dall’altro lato, quel rapporto di integrazione e specificazione, ai fini dell’oggetto del quesito di costituzionalità proposto, che avrebbe consentito, a suo giudizio, l’impugnazione delle disposizioni legislative "come specificate" dalle norme regolamentari;

    che, a differenza di quanto rilevato da questa Corte nelle sentenze n. 1104 del 1988 e n. 456 del 1994 (richiamate dal remittente) a proposito dell’ammissibilità di censure mosse nei confronti di disposizioni legislative come specificate da norme regolamentari previgenti, fatte salve dalla legge fino all’emanazione di nuovi regolamenti, nella specie il precetto che il remittente ricava dalle norme regolamentari non si desume nemmeno in via di principio dalle disposizioni impugnate degli artt. 159 e 190 del testo unico;

    che, infatti, per quanto riguarda la tabella C allegata al r.d. n. 1297 del 1928, e richiamata nell’art. 119 dello stesso, essa contiene soltanto elenchi di arredi previsti per le varie classi, elenchi peraltro in parte non attuali e superati, come ha riconosciuto la stessa amministrazione;

    che l’assenza del preteso rapporto di specificazione è ancor più evidente per quanto riguarda l’art. 118 del r.d. n. 965 del 1924, che si riferisce bensì alla presenza nelle aule del Crocifisso e del ritratto del Re, ma non si occupa dell’arredamento delle aule, e dunque non può trovare fondamento legislativo nella – né costituire specificazione della – disposizione censurata dell’art. 190 del testo unico, volta anch’essa, come si è detto, a disciplinare solo l’onere finanziario per la fornitura di tale arredamento;

    che, per quanto riguarda l’art. 676 del d.lgs. n. 297 del 1994, non può ricondursi ad esso l’affermata perdurante vigenza delle norme regolamentari richiamate, poiché la eventuale salvezza, ivi prevista, di norme non incluse nel testo unico, e non incompatibili con esso, può concernere solo disposizioni legislative, e non disposizioni regolamentari, essendo solo le prime riunite e coordinate nel testo unico medesimo, in conformità alla delega di cui all’art. 1 della legge 10 aprile 1991, n. 121, come sostituito dall’art. 1 della legge 26 aprile 1993, n. 126;

    che l’impugnazione delle indicate disposizioni del testo unico si appalesa dunque il frutto di un improprio trasferimento su disposizioni di rango legislativo di una questione di legittimità concernente le norme regolamentari richiamate: norme prive di forza di legge, sulle quali non può essere invocato un sindacato di legittimità costituzionale, né, conseguentemente, un intervento interpretativo di questa Corte;

    che, pertanto, la questione proposta è, sotto ogni profilo, manifestamente inammissibile.

    per questi motivi

    LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 159 e 190 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), come specificati, rispettivamente, dall’art. 119 (e allegata tabella C) del r.d. 26 aprile 1928, n. 1297 (Approvazione del regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare), e dall’art. 118 del r.d. 30 aprile 1924, n. 965 (Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione media), e dell’art. 676 del predetto d.lgs. n. 297 del 1994, sollevata, in riferimento al principio di laicità dello Stato e, comunque, agli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto con l’ordinanza in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 2004.

    F.to:

    Valerio ONIDA, Presidente e Redattore

    Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 15 dicembre 2004.

    Il Direttore della Cancelleria

    F.to: DI PAOLA


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    imperatoreluca
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    00 15/12/2004 18:26
    Consulta su crocifisso in aula

    Questione inammissibile, crocifisso resta
    (ANSA)-ROMA,15 DIC-Resta il crocifisso nelle aule. La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimita'. La questione era stata sollevata dal Tar del Veneto sui regolamenti che, secondo il giudice amministrativo, impongono l'obbligo di esposizione del simbolo della cristianita' nelle aule.


    per me non ci dovrebbe essere il crocifisso nelle scuole perchè si metterebbe in dubbio la laicità dell'istituzione però non ci vedo un reato negli istituti dove il crocifisso è presente è innegabile che il crocifisso è un simbolo della nostra storia e della nostra cultura, certamente non si può giungere all'aberrazioni dell'obbligo di esporlo o non-esporlo

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    00 15/12/2004 19:16
    Re:
    Scritto da: imperatoreluca 15/12/2004 18.26

    per me non ci dovrebbe essere il crocifisso nelle scuole perchè si metterebbe in dubbio la laicità dell'istituzione però non ci vedo un reato negli istituti dove il crocifisso è presente è innegabile che il crocifisso è un simbolo della nostra storia e della nostra cultura, certamente non si può giungere all'aberrazioni dell'obbligo di esporlo o non-esporlo





    Sono sempre stata dell'opinione che "l'obbligo" di esporre un simbolo religioso in un "locale pubblico" di uno Stato che si autodefinisce "laico", sia giuridicamente incoerente.

    Tuttavia la questione per come è nata e, si è sviluppata,(Islam contro cristianesimo?!)nella coscienza popolare,non mi pare delle più felici. Sarebbe più opportuno affrontare la questione più avanti,con ben altre motivazioni.

    Sono dell'umile parere che un simbolo religioso vada condiviso,non imposto.
    Sono dell' umile parere che un simbolo religioso "possa" essere esposto,ma non che vi sia un "obbligo giuridico" di esporlo.

    Un salutone.





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    00 15/12/2004 23:52
    In fin dei conti nessuno lo nota finchè qualcuno non lo lancia durante l'intervallo. Se ai cristiani fa tanto piacere vederlo lo tengano pure non ci da certo disturbo di nessun genere.
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    00 16/12/2004 00:48
    A te può non dar fastidio, ma magari ad un'altro sì. Simboli che toccano convinzioni così radicate nella coscienza dello studente, non dovrebbero essere esibite in un luogo pubblico e aconfessionale. Non si espongano simboli che possano turbare le convinzioni di altri. Sapete che non si può fare volantinaggio politico fuori dalle scuole? Le differenze vanno accettate e vissute; mai imposte.
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    00 16/12/2004 14:19
    Io non sono d'accordo con il crocifisso a ppeso in classe.
    Prima di tutto l'Italia è uno stato LAICO, e in secondo luogo magari a chi non crede o a chi crede in qualcosaltro può dare fastidio.
    Perchè si appende un crocifisso e non un Buddha??????????
    ROCK 'N' ROOOOOOOOOOOOOOOOLL
    k]Click sull'immagine!!!

    k] Lodio degli uomini passerà, i dittatori moriranno, e il potere che hanno sequestrato al popolo tornerà al popolo. E mentre gli uomini possono morire, la libertà non perirà mai. [Charles Chaplin]
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    Vitale
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    00 18/12/2004 14:51
    Re: IL TITOLO DATO AL THREAD NON E' CORRETTO

    Il titolo dato da Vitale è:
    "Inammissibile la rimozione del Crocifisso (Corte costituzionale 389/2004)".

    Chi.dove.quando scrive:
    Questo titolo non è un riscontro di quanto è stato deciso dalla Corte Costituzionale. La Corte Costituzionale NON HA DICHIARATO CHE E' "inammissibile la rimozione del Crocifisso".
    _________________________________________________________________

    Schiarisco le idee al fine che il thread non diventi un ipertesto [SM=g27994]m5:

    - Innanzitutto l'ho riportato come notizia
    - riportato il titolo per esteso e non fatto su misura dal me, non vedo dove abbia sbagliato
    - le dichiarazioni ivi contenute sono chiare
    - le conclusioni, lascio al singolo
    - da parte mia non ho evidenziato alcuna vittoria, solamente riportato l'articolo [SM=g27994]m1:

    Buona serata, Vitale
    La giustizia di ogni luogo é l'ingiustizia di ogni luogo.
    Martin Luther King
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    MauriF
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    00 22/12/2004 20:37
    La verità sta nel fatto che il crocifisso è scomodo agli occhi soprattutto degli atei.

    A conferma di ciò è il fatto che le richieste pervengono dagli atei...che si preoccupano "per le altre religioni".
    Cosa alquanto assurda perchè nei casi che sono venuti alla luce in questi periodi, soprattutto i mussulmani, non hanno aperto bocca.

    L'odio e l'insofferenza di fronte al crocifisso non riesce a giustificarlo nemmeno l'ateo.

    Io se fossi ateo veramente, non mi farei problemi...anzi, direi:
    "che ogni religione appenda ciò che più ama nelle classi dove studiano i loro ragazzi".
    E non "che si tolga il crocifisso dalla scuola" oppure "che rimanga perchè è il simbolo della nostra cultura".
    Io sono ateo veramente? Per me sono solo pezzi di legno e figure insignificanti.
    Perchè dovrei odiarle e contrastarle con tanto accanimento quanto si è visto in questi periodi?

    Forse perchè l'ateo in realtà NON E'ATEO...è anti-religioso, meglio ancora ANTI-CRISTIANO innanzitutto.

    E sinceramente non me ne stupisco...anzi, è una conferma ulteriore che fortifica la mia fede.
    -----------------------------------------

    Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia...(b'Avodà zarà 3b)
  • Topsy
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    00 22/12/2004 22:27
    Re:

    Bè,non bisogna fare di tutta l'erba un fascio.
    Io non sono credente,e il crocefisso non mi offende.Ma risulta incoerente che lo Stato(laico) "imponga" di esporre un simbolo religioso,in un luogo pubblico,non confessionale.Potrebbe semplicemente prevedere la "possibilità" di esporlo.
    Sarebbe opportuno allora che anche ad altre confessioni sia riconosciuta la possibilità di fare altrettanto.Come dovrebbe accadere per il Natale e il presepe.Così che bimbi appartenti a confessioni diverse possano avere il modo di esprimere lo spirito religioso che anima le loro tradizioni ,come è concesso ai cristiani.Dopo tutto lo Stato ha dichiarato costituzionalmente, l’uguale libertà delle confessioni religiose.
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    Claudio Cava
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    00 23/12/2004 00:21
    Re:
    Scritto da: MauriF 22/12/2004 20.37
    La verità sta nel fatto che il crocifisso è scomodo agli occhi soprattutto degli atei.

    A conferma di ciò è il fatto che le richieste pervengono dagli atei...che si preoccupano "per le altre religioni".


    Tutto cio' non mi riguarda.

    A casa mia i crocifissi ci sono sempre stati e sfido chiunque a farmeli togliere.

    Naturalmente non per cio' che rappresentano, a cui ovviamente non credo, ma per principio.

    E anche perche' i miei figli sono tutti battezzati, comunicati e cresimati.


    Cosa alquanto assurda perchè nei casi che sono venuti alla luce in questi periodi, soprattutto i mussulmani, non hanno aperto bocca.

    L'odio e l'insofferenza di fronte al crocifisso non riesce a giustificarlo nemmeno l'ateo.

    Io se fossi ateo veramente, non mi farei problemi...anzi, direi:
    "che ogni religione appenda ciò che più ama nelle classi dove studiano i loro ragazzi".

    Beh no, altrimenti le scuole diventerebbero un' esposizione.

    A meno che tu non intenda dire che si debbano esporre solo i simboli della religione dominante in ciascun paese, e non dappertutto i simboli della religione di tutti gli studenti.


    E non "che si tolga il crocifisso dalla scuola" oppure "che
    rimanga perchè è il simbolo della nostra cultura".
    Io sono ateo veramente? Per me sono solo pezzi di legno e figure insignificanti.
    Perchè dovrei odiarle e contrastarle con tanto accanimento quanto si è visto in questi periodi?

    Mi trovi d'accordo.

    Ma credo tuttavia che sia questione di principio, piu' che di odio.

    Forse perchè l'ateo in realtà NON E'ATEO...è anti-religioso, meglio ancora ANTI-CRISTIANO innanzitutto.

    Perche' innanzitutto anticristiano?
    Io sono innanzitutto antitutto. :-D

    E poi guarda che il cristianesimo e' solo una delle tantissime religioni. Ve lo dimenticate spesso. :-)

    Inoltre il termine "ateo" mi sta a pennello, dato che non credo in Dio. Anzi, non credo a tutto il soprannaturale, in blocco.

    E sinceramente non me ne stupisco...anzi, è una conferma ulteriore che fortifica la mia fede.

    E che e'?
    Una fede .....per dispetto? :-))))


    Ciao
    Claudio, ateo che non odia niente e nessuno.




    [Modificato da Claudio Cava 23/12/2004 0.26]

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