00 16/01/2005 23:59
Nigeria: annullata la condanna a morte di Amina Lawal


Ma l’uso delle leggi discriminatorie rimane una questione aperta

GRAZIE!


Desideriamo ringraziare tutte le persone che hanno preso a cuore il caso di Amina, e tutti coloro che hanno sottoscritto il nostro appello on-line, permettendoci di inviare al governo nigeriano oltre 500.000 firme in suo favore.


La salvezza di Amina è dovuta anche al vostro impegno.


Il 25 Settembre la corte d’appello della sharia dello stato nigeriano di Katsina ha annullato la condanna a morte di Amina Lawal, emessa il 22 marzo 2002. Secondo quanto dichiarato dal suo collegio di difesa, Amina Lawal è stata rimessa in libertà poiché né la condanna né la confessione sono state giudicate valide e dunque non è stata provata la commissione di alcun reato.

Amina era stata giudicata colpevole nel marzo 2002 per aver avuto un figlio al di fuori del matrimonio. Secondo i "Codici penali della Sharia", introdotti in Nigeria nel 1999 e in vigore in alcuni Stati del nord del paese, questo era stato sufficiente a condannarla per adulterio e a chiamarla a comparire in giudizio di fronte ad un tribunale della Sharia per rispondere di un "crimine" che ora è punito con la pena di morte per lapidazione.


Il caso di Amina Lawal non avrebbe mai dovuto essere trattato in un tribunale. Nessuna persona dovrebbe vivere un’esperienza del genere” - ha dichiarato Marco Bertotto, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International.

Il caso di Amina ha fatto registrare una grande mobilitazione delle organizzazioni femminili, che hanno condannato con forza le discriminazioni di genere su cui si basano alcune sentenze delle corti della sharia in Nigeria.

La pena di morte è l’estrema violazione del diritto alla vita e costituisce una punizione crudele inumana e degradante, sempre e comunque. Amnesty International chiede al governo e alla società civile della Nigeria di cogliere questa occasione e affrontare un problema che è causa di danni e sofferenza inutili per molti cittadini nigeriani.