00 21/04/2005 09:54
Speciale elezione nuovo pontefice
Dichiarazione del presidente delle chiese avventiste italiane
In seguito alla nomina del nuovo pontefice, il presidente uscente dell’Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del 7° Giorno, past. Lucio Altin, ha dichiarato quanto segue: “Il conclave ha fatto certamente una scelta importante con l’elezione del cardinale Joseph Ratzinger come nuovo papa. Una scelta nella direzione della conservazione dei ruoli e dei valori teologici tradizionali della chiesa cattolica che sembra indicare una volontà di continuare un dialogo, ma sempre da una prospettiva del proprio primato. Nel mondo protestante permangono notevoli perplessità circa il ruolo decisamente prioritario del papato che il prefetto dell’ex-Sant’Uffizio ha sostenuto in passato nel difficile dialogo con le altre denominazioni, che non sono state considerate come chiese sorelle. Ricordiamo, assieme al teologo Paolo Ricca, che l’espressione diffusissima “Santo Padre” venne applicata da Gesù (Giovanni 17:11) unicamente a Dio stesso, e quindi meriterebbe una seria riflessione, onde evitare una venerazione eccessiva biblicamente non condivisibile. Un futuro pieno di sfide quindi, interne ed esterne, che andranno affrontate trovando nuovi equilibri, correndo anche qualche rischio per amore della verità”.
Dal notiziario evangelico Nev di mercoledì 20 c.m., riportiamo le reazioni del mondo protestante alla elezione a papa del cardinale Ratzinger.
Joseph Ratzinger Papa
di Paolo Ricca
Joseph Ratzinger è dunque stato eletto papa. Evidentemente la Chiesa cattolica romana attraverso i suoi cardinali riuniti in conclave non ha voluto correre rischi. Neppure il rischio Martini, uomo della Bibbia, della collegialità e del dialogo con la modernità (a Milano, come è noto, istituì una ‘cattedra dei non credenti’). Tanto meno il conclave ha voluto correre il rischio che poteva comportare l’elezione di un papa latinoamericano, africano o asiatico: non tutti, ma qualche cardinale di quei continenti avrebbe effettivamente potuto aprire orizzonti nuovi sulle rive del Tevere e far circolare aria nuova nelle antiche stanze vaticane. Il conclave ha preferito andare sul sicuro. Non ha osato l’imprevisto, il diverso, il nuovo. Non si è aperto all’inedito, non si è esposto alla possibilità di qualche grossa (e bella) sorpresa.
Joseph Ratzinger lo conosciamo. Per oltre vent’anni ha guidato con mano ferma la Congregazione per la Dottrina della fede (ex-Sant’Uffizio). E’ un teologo di razza (cattolica). Guardiano dell’ortodossia romana, ha cercato di mettere la sordina alla teologia latinoamericana della liberazione (processando il francescano Leonardo Boff e altri) e ha censurato una cauta apertura teologica nei confronti delle altre religioni (imponendo il silenzio al gesuita Jacques Dupuis, autore di un’opera intitolata Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso). Ha ovviamente affermato in modo massiccio (nel documento Dominus Jesus, ma anche in altri) la centralità e il primato della Chiesa cattolica romana (criticando persino l’espressione «chiese sorelle»: ma se non sono sorelle, che cosa sono?): solo la Chiesa di Roma possiede la pienezza della verità e dei mezzi di salvezza. E’ inutile dire che le conseguenze di questa convinzione sul piano ecumenico non sono rassicuranti. Nei confronti della modernità Ratzinger sembra coltivare un rapporto critico di giudizio più che di dialogo. E il suo giudizio sembra un po’ schematico, sommario, persino un po’ arcaico: la modernità di cui parla sembra essere, qualche volta, più quella di ieri che quella di oggi.
Joseph Ratzinger è tedesco. Come protestanti, possiamo sperare che egli conosca il protestantesimo meglio dei suoi predecessori, che lo conoscevano solo (e male) per sentito dire. Certamente, Ratzinger lo conosce meglio, anche se sappiamo bene che non basta conoscere per capire.
Joseph Ratzinger papa sarà diverso dal prefetto dell’ex-Sant’Uffizio? Noi speriamo che lo sia, almeno in parte. Le nuove responsabilità che ora incombono su di lui potranno mettere in luce doni e qualità rimaste sin qui latenti, semplicemente perché non hanno avuto occasione di manifestarsi. Se è improbabile che il nuovo papa cambi il papato, potrebbe darsi che il papato cambi il nuovo papa. Abbiamo comunque una piccola preghiera da rivolgere a Benedetto XVI: che introduca (se ritiene anche lui che sia opportuno farlo) un po’ di misura, di sobrietà e di moderazione in quella particolare forma di religiosità cattolica che riguarda, appunto, la figura del papa. Non pretendiamo certo che in Vaticano ci si ricordi che ‘Santo Padre’ (o ‘Padre Santo’) è esattamente il nome con il quale Gesù di Nazareth si rivolgeva in esclusiva a Dio (Giovanni 17,11): la comunità di Gesù dovrebbe – crediamo – seguire il suo Maestro anche su questo punto, che non ci sembra, francamente, un dettaglio. Ma sarebbe già molto se si riuscisse ancora ad arginare quel ‘culto della personalità’, che è stato una tipica e tragica malattia politica del Novecento (con le conseguenze nefaste che conosciamo), e che ora sembra dilagare anche in campo religioso, investendo in particolare il vescovo di Roma. C’è una misura, oltrepassata la quale, l’entusiasmo diventa venerazione, e la venerazione diventa culto. Occorre vigilare perché così non sia.
(Chi desidera ricevere il dossier sull’incontro avvenuto tra il teologo valdese Paolo Ricca e il cardinale Joseph Ratzinger il 29 gennaio 1993, presso la Facoltà valdese di teologia, dal titolo “Ecumenismo: crisi o svolta? Dialogo tra Joseph Ratzinger e Paolo Ricca”, può richiederlo alla redazione di Nev tel.064825120/06483768, fax 064828728, e-mail: nev@fcei.it )
Benedetto XVI/1: le aspettative degli evangelici italiani sul nuovo papa
A pochi minuti dall’elezione del nuovo papa, il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), prof. Gianni Long, ha rilasciato la seguente dichiarazione.
“Tra gli evangelici italiani l’elezione di Benedetto XVI suscita importanti aspettative. Ci auguriamo che egli voglia proseguire nello spirito conciliare della promozione del dialogo ecumenico affrontando alcuni nodi che ancora restano irrisolti: la divisione al tavolo della Cena del Signore, ad esempio, che tanta sofferenza produce all’interno delle famiglie interconfessionali e di quei cristiani che vivono una profonda vocazione ecumenica. D’altra parte ci auguriamo che il nuovo papa voglia proseguire nell’impegno che fu di Giovanni Paolo II per il dialogo tra le comunità di fede e la comune testimonianza per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato.
Su questi temi, come evangelici italiani e come membri di chiese che hanno sottoscritto la Carta Ecumenica di Strasburgo, rinnoviamo il nostro impegno e confidiamo di poterlo condividere sempre più intensamente con la Chiesa cattolica.
Del cardinale Ratzinger noi evangelici ricordiamo un incontro presso la Facoltà valdese di teologia svoltosi nel gennaio del 1993. In quella occasione, proprio parlando del papa affermò che l’ecumenismo è ‘innanzitutto un atteggiamento fondamentale, un modo di vivere il cristianesimo’. Al nuovo papa, quindi, il compito di dare corpo e anima a queste parole che egli stesso pronunciò rivolgendosi a noi evangelici italiani.”
Benedetto XVI/2: dichiarazioni dei segretari generali di Kek e Cec
Il pastore Keith Clements, segretario generale della Conferenza delle chiese europee (Kek), ha dichiarato che la Kek si unisce alle preghiere affinché il Signore conceda forza e sapienza al nuovo pontefice, “un uomo dotato di forte personalità e abilità intellettuale”, che dovrà “guidare la Chiesa cattolica in un futuro che pone molte sfide all’interno di tale chiesa, nelle relazioni con le altre chiese cristiane e nel mondo intero. Come cardinale Ratzinger, il nuovo papa è da tempo conosciuto nel mondo ecumenico, in Europa e non solo, come un forte portavoce della concezione tradizionale della Chiesa cattolica romana”. Ricordando che “non c’è alternativa al dialogo”, come affermato nella Carta Ecumenica delle chiese europee, Clements prosegue: “Cerchiamo uno stadio ulteriore del cammino ecumenico e nei giorni a venire accoglieremo con favore ogni segnale e ogni assicurazione da parte della Chiesa cattolica che possiamo camminare insieme su quella strada”.
Il pastore Samuel Kobia, segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), ha inviato una lettera al nuovo pontefice, nella quale descrive Benedetto XVI come un uomo “conosciuto per la sua integrità teologica e lealtà ecclesiale, per la sua semplicità evangelica e sensibilità pastorale”. Ricordando che questa elezione al seggio pontificio coincide con il quarantesimo anniversario del Concilio Vaticano II, “il grande inizio del cammino ecumenico moderno all’interno della Chiesa cattolica romana”, Kobia continua con queste parole: “Preghiamo il nostro comune Signore Gesù Cristo, perché il suo pontificato sia guidato dalla visione ecclesiologica del Concilio Vaticano II, una visione aperta a tutti i valori ecclesiali presenti tra i cristiani di tradizioni diverse, una visione che ha spinto, incoraggiato e rafforzato l’impegno dei fedeli cattolici nel cammino dell’incontro con le sorelle e i fratelli in Cristo e dell’esperienza della vera, anche se imperfetta, comunione con loro”.
Benedetto XVI/3: dichiarazioni dei protestanti nel mondo
Il pastore Setri Nyomi, segretario generale dell’Alleanza riformata mondiale (Arm), ha inviato al neo-eletto papa Benedetto XVI una lettera di congratulazioni in cui ricorda i dialoghi teologici avvenuti tra l’Arm e la Chiesa cattolica romana negli ultimi 35 anni, e fa appello ad un rinnovamento dell’incontro ecumenico: “Speriamo che nei prossimi anni la Chiesa cattolica romana, sotto la sua guida, e le chiese riformate possano cogliere i frutti spirituali di questo dialogo dedicato anche alla riconciliazione della memoria”. L’Arm invierà due suoi rappresentanti all’insediamento del nuovo papa.
Una dichiarazione congiunta di Mark Hanson e Ishmael Noko, rispettivamente presidente e segretario generale della Federazione luterana mondiale (Flm), ha invitato i cristiani a unirsi nel pregare Dio perché benedica e guidi il nuovo papa, “poiché un pesante mantello di responsabilità si posa adesso sulle sue spalle”. La dichiarazione continua ricordando che “la storia ha mostrato in molti modi l’impatto del pontefice romano sugli eventi che riguardano sia la chiesa sia la società. Al giorno d’oggi troviamo urgenti soprattutto i processi di riconciliazione delle divisioni religiose, etniche ed economiche”. Su questi temi – affermano Hanson e Noko – le chiese sono chiamate ad affrontare la sfida comune di annunciare la grazia del Signore.
L’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, capo della chiesa anglicana, ha ricordato che Joseph Ratzinger “è un teologo di grande rilievo, che ha scritto riflessioni profonde sulla natura di Dio e della Chiesa. La sua scelta del nome Benedetto fa pensare che egli voglia legare la propria visione della Chiesa allo spirito monastico di servizio e contemplazione”.
Il vescovo luterano Wolfgang Huber, capo della Chiesa evangelica tedesca (Ekd), spera che l’ecumenismo possa essere portato avanti con questo nuovo papa, in particolare riguardo alla questione dell’ospitalità eucaristica, mentre il vescovo luterano di Friburgo, Ulrich Fischer, ha ammesso di non essere molto contento della nomina del nuovo papa, perché Ratzinger, quale capo della Congregazione per la dottrina della fede, “non ha dato nessuna opportunità al pensiero ecumenico”.
Tra i battisti statunitensi, il nuovo papa è stato salutato con un atteggiamento misto di apprezzamento, per le posizioni etiche conservatrici, e di preoccupazione, per la chiusura verso il dialogo ecumenico. “Mentre apprezziamo la posizione morale del papato sulla vita e sul matrimonio – ha dichiarato Daniel Akin, presidente del Seminario teologico battista del sud-est, – sosteniamo con fermezza che il nostro sommo pastore è Gesù Cristo, attraverso il quale abbiamo diretto accesso al Dio vero e vivente”. James Leo Garrett, professore emerito del Seminario teologico battista del sud-ovest, si è così espresso: “Gli evangelici possono essere inclini a celebrare l’ortodossia di Ratzinger sulla trinità, la cristologia e l’impossibilità di salvezza al di fuori di Cristo, ma devono ricordare il ruolo di Ratzinger nella ‘Dominus Jesus’ del 2000, nella quale sosteneva che le chiese protestanti ed evangeliche ‘non sono chiese in senso proprio’.