00 09/03/2005 21:21
Premetto che la questione esula dal nostro raggio d'indagine in quanto non si basa su una questione di tipo filologico, ma di un problema di caratteri più ampi.

Personalmente ritengo che dire che Cristo "predicava di casa in casa" mi sembra riduttivo. L'annuncio kerigmatico di Cristo va oltre agli ammaestramenti morali di un rabbi o di un caposcuola greco, ma sono incentrati sul fatto che Egli è il Messia, il Figlio dell'Uomo, è il Signore. La portata di questo annuncio è universale e non si può certo "inscatolare" in una espressione quale la "predicazione porta a porta".

Per quello che riguarda le usanze liturgiche dei primi cristiani, è una domanda da porre in sezione Padri Apostolici. Qui posso brevemente sintetizzare, per non tradire lo spirito della sezione, che in contesto apostolico tutto era subordinato a esigenze di tipo logistico ed il rito non era definito precisamente. In alcuni contesti era ancora di stampo giudaico, in altri più ellenizzati si farciva di connotati misterici, in altri ancora erano semlici incontri privati di preghiera. Un tratto comune era la consacrazione delle Speci Eucaristiche, senza unna precisa coscienza di transustanziazione, ma piuttosto con tratti evocativi e di epiclesi. Nei secoli della persecuzione i cristiani si riunivano in "domus ecclesiae", la cui più famosa è stata trovata a Dura Europos. Si trattava di private abitazioni in cui segretamente si riunivano i cristiani. Fu anche la grande varietà di usanze locali nella prassi liturgica a determinare l'uso di indire sinodi e concili dopo il 313, per dare uniformità alla liturgia e al calendario di culto.

Più oltre non vado, se ci sono domande su passi greci controversi rispondo volentieri.
Un saluto,