00 17/08/2007 20:51
Strage in Iraq, forse 500 le vittime. Si sospetta una pulizia etnica di Al Qaeda

Sul bilancio delle vittime degli attentati del 15 agosto nel nord dell'Iraq, nell'area di Ninevah, c'è ancora incertezza: mentre si continua a scavare fra le macerie in cerca di superstiti, alcune fonti parlano di 250 morti, altre addirittura di 500. Ma quello che è già definito l'evento più sanguinoso dall'inizio della guerra in Iraq, potrebbe essere stato un vero e proprio intervento di pulizia etnica, organizzato da Al Qaeda.
Le vittime, infatti, sono tutte membri della comunità Yazida, considerata blasfema dagli estremisti musulmani, seguace di una religione molto antica in cui confluiscono elementi della tradizione cristiana, ebraica, manichea e islamica. Inoltre, sono per la maggior parte di origine curda.
L'ipotesi è sostenuta dal generale statunitense Benjamin Mixon, comandante delle truppe statunitensi nel nord dell'Iraq: «Si tratta di un atto di pulizia etnica - ha detto il militare, spiegando che fino ad ora la zona dove abita la comunità Yazida non era stata coinvolta nella guerra settaria irachena. Ed è sempre l'esercito Usa ad affermare che dietro alla strage di ieri ci sarebbe la mano di Al Qaeda: «La modalità dell'attentato è tipica dell'organizzazione terroristica islamica - ha detto un portavoce delle truppe, il Generale Kevin Bergner. Non ha dubbi il comandante in carica dell'esercito statunitense in Iraq, il Generale David Petraeus il cui rapporto sull'operazione sicurezza in Iraq è atteso tra meno di un mese al Congresso: «Avevamo previsto un aumento di attacchi in questo mese», ha spiegato.

In un comunicato, il primo ministro iracheno Nouri al-Maliki ha duramente condannato gli attentati «ad opera di terroristi che tentano di alimentare l'odio settario e di danneggiare l'unità nazionale». Inoltre, ha annunciato la formazione di una nuova alleanza composta da moderati sciiti e curdi, nella quale non entreranno membri della rappresentanza sunnita moderata, che hanno rifiutato di partecipare.
Il premier ha spiegato che la nuova alleanza rappresenta il primo passo per sbloccare la stagnazione politica che ha paralizzato il governo. Infatti, nelle scorse settimane l'esecutivo a maggioranza sciita guidato di al-Maliki, è stato investito da una grave crisi politica con le dimissioni di tutti i ministri sunniti.