Un libro curioso dello studioso americano Bart D. Ehrman. Con qualche svista e troppo scetticismo
Di Gian Maria Vian , storico della Chiesa e docente di filologia patristica presso l'università "La Sapienza" di Roma
Titolo e sottotitolo a effetto forse ci volevano per un argomento non certo popolare come la critica testuale del Nuovo Testamento. Ma sarebbero state necessarie anche una cura editoriale maggiore e l'aggiunta di alcune "istruzioni per l'uso" per l'ultimo libro di Bart D. Ehrman Gesù non l'ha mai detto. Millecinquecento anni di errori e manipolazioni nella traduzione dei vangeli (Mondadori, pagine 280, euro 17,50), da oggi in libreria.
Un testo interessante e informato (sia pure con notevoli carenze), ma che ha un'impostazione teorica confusa e risente troppo della provenienza religiosa dell'autore - che peraltro la descrive con onestà nell'introduzione - e del suo contesto: quella tipica di un cristiano protestante "rinato", ora non più tale, che fa discutere negli Stati Uniti segnati da una rinascita religiosa tumultuosa e vivace, ma non di rado culturalmente poco attrezzata e con tratti fondamentalisti.
Successo infatti l'autore ne ha: studioso e docente accreditato, Ehrman è nello stesso tempo un abile e fortunato divulgatore, soprattutto televisivo, conosciuto anche in Italia per una decisa stroncatura di Dan Brown (La verità sul Codice da Vinci, Mondadori) e un'accattivante ma poco convincente presentazione degli apocrifi neotestamentari (I Cristianesimi perduti, Carocci). E successo ha riscosso anche questo libro, vera e propria storia degli errori del Nuovo Testamento (non solo dei vangeli), scritta con efficacia e abbastanza ben tradotta (ma non senza sviste dello stesso autore e alcune debolezze dell'edizione italiana). E proprio questo ha reso Misquoting Jesus (letteralmente "Citando male Gesù") un best seller: la ricerca del sensazionale - in questo caso gli "errori" del testo sacro - a proposito delle origini cristiane. Anche quando il sensazionale non c'è.
Tutti i principali "errori" testuali del Nuovo Testamento sono infatti ovviamente noti e registrati, e non solo nel libro ormai classico (Il testo del Nuovo Testamento, Paideia) di Bruce M. Metzger - il grande studioso scomparso quest'anno che ne ha curato la terza edizione proprio con Ehrman - ma anche in opere generali come l'eccellente Nuovo grande commentario biblico (Queriniana) e persino nelle note della Bibbia di Gerusalemme (Edb). Un indubbio merito di Gesù non l'ha mai detto è però di illustrare queste varianti neotestamentarie con chiarezza, ricostruendo anche le tappe principali della critica filologica neotestamentaria dal Cinquecento all'Ottocento: con Erasmo, Simon, Mill, Bentley, Bengel, Lachmann, Tischendorf, Westcott e Hort.
Ehrman sa molto bene - come qua e là afferma - che questa massa di variazioni testuali, in apparenza enorme, è in realtà di scarsa o scarsissima rilevanza, ma non mette in luce a sufficienza il fatto che il testo neotestamentario è sicuro e bene attestato, rispetto per esempio a quello, molto più problematico, delle Scritture ebraiche, e di moltissimi classici greci e latini.
Discutibile dal punto di vista filologico è poi la valutazione delle trascrizioni "private" e inaccettabile, nelle conclusioni, la confusione concettuale tra autori, copisti, interpreti e lettori. Tipicamente protestante è infine il concetto troppo rigido di ispirazione scritturistica: che spiega le preoccupazioni di Ehrman e, in definitiva, uno scetticismo vago ma storicamente infondato
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[Modificato da Kohan 22/05/2007 21.13]