00 20/07/2008 09:55
per correttezza, inserisco l'intero articolo di Socci:

LA POLEMICA SU “BERLUSCONI E LA COMUNIONE” CI
SVELA LA COSA PIU’ PREZIOSA PER NOI….

E’ buffo vedere i miei amici del Foglio d’accordo
con l’Unità (perfino con Marco Travaglio) e con
la Repubblica nel criticare l’esternazione di
Berlusconi sulla comunione ai divorziati
risposati. Tutti a fare i paladini
dell’ortodossia dottrinale cattolica. Travaglio
addirittura mescolando questa diatriba (sul
divorzio e l’accesso ai sacramenti) con le
polemiche delle stesse ore sulla Giustizia, così
finendo per confondere peccati e reati (l’errore
che in genere si rimprovera al fondamentalismo religioso).

C’è un aspetto comico in questo perché per una
volta Berlusconi ha detto – morettianamente -
“qualcosa di sinistra” (quante volte i
progressisti hanno criticato la Chiesa che – a
loro dire – escluderebbe i divorziati). Ma
l’Unità, pur di non convenire col Cav, si mette a
sbandierare le parole del Papa in prima pagina
(ne sbandiera solo alcune però, estrapolandole e
quindi stravolgendo il vero significato).

Poi, nella pagina dei commenti, lo stesso giorno
l’Unità pubblica un editoriale dove, come al
solito, si spara a zero su Benedetto XVI e lo si
accusa di aver “accolto trionfalmente e da amico
l’uomo, il grande nostro attuale presidente del
Consiglio, la cui moralità indiscussa trionfa
presso l’opinione pubblica di tutto il mondo”.
Questa esecrazione moralistica dei pubblici
peccatori da parte di gente che ritiene se stessa
giusta, retta, onesta (e abilitata a giudicare i
peccati altrui) ha un sapore molto familiare,
perché è uno sport che tutti pratichiamo (io per
primo), sui giornali e nella vita. Ma cosa vi
ricorda l’uomo che sbandiera la propria
rettitudine e giudica con disprezzo quel peccatore laggiù?

Facile! Ricorda la parabola del fariseo e del
pubblicano raccontata da Gesù, il quale però
concluse che fu il peccatore che si batteva il
petto e stava a testa bassa a salvarsi, non l’
“uomo onesto” (che, si badi bene, era veramente
una persona perbene, osservante della Legge, anche sinceramente impegnato).

Tutto questo ricorda anche le scandalizzate
invettive di alcuni (non tutti) scribi e farisei
contro Gesù reo di parlare con pubblicani e
prostitute. Gesù, purissimo e buono, accetta
anche l’invito a pranzo di pubblici peccatori, ha
affetto per ciascuno di loro, e – con somma
indignazione dei benpensanti – lascia che una
povera donna di pessima fama gli baci i piedi
bagnandoli con le sue lacrime di dolore. Erano in
tanti a scandalizzarsi di questa libertà di Gesù
dalle loro regole. Eppure a questi tali, a questa
gente perbene, onesta e osservante della Legge,
Gesù non risponde giustificandosi o
arrampicandosi sui vetri, ma con un colpo da ko:
“i pubblicani e le prostitute vi precederanno nel
Regno di Dio” (Mt. 21,31). Doveva essere come un
pugno nello stomaco (lo è pure per noi). E
quando, secondo la Legge, pretendono di lapidare
l’adultera e di avere il suo consenso, dice loro:
“chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra”.

Silenzio generale, imbarazzo e poi, uno ad uno,
se ne vanno. Un giorno fissando negli occhi
questa gente perbene (che giudicava gli altri e
li disprezzava come peccatori) scandisce queste
parole: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti
che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi
all’esterno son belli a vedersi, ma dentro sono
pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così
anche voi apparite giusti all’esterno davanti
agli uomini, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e
d’iniquità… Serpenti, razza di vipere, come
potrete scampare dalla condanna della Geenna?” (Mt. 23).

Si resta sinceramente sconcertati davanti a
queste parole di fuoco di Gesù che tuona contro
la gente perbene ed è invece dolce con i
peccatori (che, in fin dei conti, sono davvero
gente discutibile, gente che, come minimo, se l’è
spassata). Non è che Gesù voglia invitare a
essere peccatori, ma a essere umili e a non giudicare gli altri.

Perché, diciamo la verità, per ciascuno di noi i
disonesti, i profittatori, gli opportunisti e i
puttanieri (o le puttane) sono sempre “gli
altri”. E ognuno di noi istintivamente si mette
nel novero delle persone che fanno il proprio
dovere, le persone perbene. Ebbene, i santi fanno
l’esatto opposto. Un giorno frate Masseo chiede a
frate Francesco: “perché a te tutto il mondo
viene dietro, e ogni persona pare che desideri di
vederti, d'udirti, d'ubbidirti? Tu non sei un
uomo bello nell’aspetto, tu non sei di grande
scienza, tu non sei nobile; dunque perché a te
tutto il mondo viene dietro?”. E Francesco: “Vuoi
sapere perché a me tutto il mondo mi venga
dietro? Questo io ho dagli occhi dell’Altissimo,
che in ogni luogo contemplano i buoni e i rei:
poiché quegli occhi santissimi non hanno veduto
fra i peccatori nessuno più vile, nè più
insufficiente, nè più grande peccatore di me; e
perché per fare quell'operazione meravigliosa che
egli intende fare, non ha trovato più vile
creatura sopra la terra... cosicché si conosca
che ogni virtù e ogni bene viene da lui e nessuna
creatura si possa gloriare al suo cospetto”. Nel
mondo alla rovescia che è il cristianesimo è
meglio sentirsi nel novero dei peccatori. E
mendicare grazia. Come diceva Péguy (un grande
convertito che pure, per una sua situazione
familiare complessa, non si avvicinava ai
sacramenti): “le persone morali non si lasciano
bagnare dalla grazia”. La morale le rende
impermeabili. Al contrario di chi si riconosce
miserabile: “Si spiega così il fatto che la
grazia operi sui più grandi criminali e risollevi
i più miserabili peccatori”. Anche quando Gesù è
in croce, viene dileggiato da qualche osservante
della Legge, e viene “riconosciuto” dal ladrone
che doveva aver praticato addirittura la lotta
armata. E Gesù lo salva. La grazia è arrivata al
suo cuore, attraverso le ferite della sua vita,
ma non al cuore di chi era corazzato con la sua
superba moralità. E’ solo questo atteggiamento
umile e mendicante che ci è chiesto.

Infatti il Papa, sull’accesso all’Eucaristia, non
ha affatto detto “no tu no, che sei peccatore”,
come qualcuno ha fatto credere. Ecco invece le
sue splendide parole: “Quanti non possono
ricevere la Comunione in ragione della loro
situazione, trovano comunque nel desiderio della
Comunione e nella partecipazione all'Eucaristia
una forza e un'efficacia salvatrice”.

Padre Pio raccomandava questa “comunione
spirituale” ricordata dal Papa e considerata dal
Concilio di Trento uno dei modi di comunicarsi
(la Santa Messa peraltro è una forza di
trasformazione e di salvezza per tutti, non solo
per chi si comunica sacramentalmente). Basta
sentire la fame e la sete di Lui. Mi sembra che
nelle parole di Berlusconi (che in effetti ha
sbagliato tono, dando l’impressione di
pretendere) trasparisse il dolore e il desiderio
di cui parlava il Papa. E la risposta del
Pontefice è stata positiva e paterna, per i tanti
che si trovano in questa stessa condizione.

Questo episodio illumina il cuore del
cristianesimo che il moralismo imperante ha quasi
oscurato. Don Giussani lo spiegava così: “Cristo
è amabile da noi esattamente così come siamo”.

Peccatori, incoerenti, poveracci: né il limite
nostro, né quello altrui può impedirci di
volergli bene. E’ solo questo che Gesù ci chiede.
Lui farà il resto. Dopo che Pietro lo rinnegò tre
volte e poi pianse, quando Gesù, risorto, torna
fra i suoi, non si mette a chieder conto del
tradimento o a rimproverarlo: “Non ha detto: non
peccare, non tradire, non essere incoerente. Non
ha toccato nulla di questo. Ha detto: Simone, mi
ami tu?”. Solo questo conta, non la nostra
coerenza, ma l’affezione a Lui. La commozione al
ricordo di Lui che ci ama così come siamo. Don
Giussani ci scioglieva il cuore quando spiegava:
“Cristo è colui che si compiace di noi, di me,
dice san Pietro piangendo. Cristo è colui che si
compiace di noi, di me, dice la Maddalena, la
Samaritana, l’assassino. Cristo è colui che si
compiace di me, e perciò mi perdona. Mi ama e mi perdona”.