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Conflitto Ebreo - Palestinese

Ultimo Aggiornamento: 07/08/2014 11:57
20/05/2005 17:37
 
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Un minimo di storia
Tutti i problemi cominciano a nascere nel 1898 quando a Ginevra Theodor Hertzel fonda il movimento sionistico internazionale con il fine di riportare gli ebrei in Palestina.
In quel periodo la Palestina era un tranquillissimo dominio dell'Impero Ottomano dove la gente viveva, o meglio vivacchiava, di agricoltura (poca) e di pastorizia e di quel qualcosa che comunque arrivava in quella terra a causa della presenza in Gerusalemme dei rappresentanti di tutte le pi importanti religioni dell'Occidente.

In verit gi tanti secoli prima (non ricordo bene quanti ma forse nove) si era affermato un principio abbastanza simile quando il Papato e l'Impero si erano accordati sul "cuius regio eius est religio"; la storia per e, fondamentalmente, il buon gusto avevano gi bollato di indecenza un tale modo di ragionare; o, meglio, di sragionare.

La prima guerra mondiale sancisce la fine dell'Impero Ottomano e gli inglesi, all'apice della loro potenza, ottengono nel '23 il mandato di amministrare la Palestina.
Nello intervallo tra le due guerre comincia un afflusso abbastanza limitato e pacifico di ebrei che comprano dagli sheicchi locali i terreni e cominciano a coltivarli senza grossi problemi di convivenza con la popolazione locale.

La fine della seconda guerra mondiale segna invece l'inizio dei veri problemi poich il flusso migratorio di ebrei sfuggiti all'olocausto diventa non pi sopportabile per i palestinesi.
Nel 1947 l'ONU decide la spartizione della Palestina in due stati, ma i palestinesi non accettano di dividere la terra con gli ebrei immigrati e scoppiano i primi incidenti.
Nel 1948 viene dichiarato lo "Stato di Israele" e immediatamente la Lega Araba dichiara guerra al neonato stato; qui comincia la lunga serie di batoste militari subite dagli arabi da parte degli Israeliani. Nascono i campi profughi in Libano, Siria e Giordania con quasi due milioni di persone povere, turbolente ed invise anche agli arabi locali tanto che nel settembre 1973 (settembre nero) i giordani massacrano migliaia di palestinesi. La vita dei Palestinesi in tali campi si trasforma presto in un inferno e cos, del resto, continua ad esserlo ancora oggi.
Altra guerra nel 1956 con relativa altra vittoria di Israele e cos via fino alla guerra dei sei giorni (1967) quando solo l'intervento internazionale ferma la incontenibile avanzata di Israele verso i paesi arabi limitrofi (in particolare l'Egitto)
A questo punto l'ONU emette la famosa risoluzione 242 ove si chiede il ritiro di Israele dai territori occupati e che segna la nascita dell'OLP.
Nel 1973 gli arabi ci riprovano di nuovo e, questa volta, a tradimento (guerra del Kippur) con il solito risultato di buscarsi il consueto carico di mazzate e con il solito intervento affannoso dell'ONU che ferma le truppe ebree ormai dirette a un tranquillo week end alle piramidi di El Giza
Nel 1993 gli accordi di Oslo, firmati a Washington, sanciscono la applicazione della risoluzione 242 entro 5 anni ma a tutt'oggi - attenzione! ecco il primo numero - solo il 62% dei territori stato restituito alla Autorit Palestinese
4 - Qualche commento alla risoluzione 242
Da pi di trent'anni si parla e si straparla di questa benedetta risoluzione dell'ONU, presa come pilastro fondamentale dei possibili e cos conclamati "accordi di pace" ma mai nessun organo di informazione ha mai detto che lo stato Palestinese, cos come voluto dalla 242, non potr mai esistere.

Ma possibile che ebrei, palestinesi, americani, russi, arabi e chi pi ne ha pi ne metta siano riusciti a nascondere al mondo per pi di 30 anni che la 242 una buffonata?
Una buffonata inventata per riempire di fumo gli occhi della opinione pubblica e per continuare, quindi, a mandare avanti le cose nel modo voluto dalle forze occulte, ma poi nemmeno tanto occulte, che vogliono assolutamente mantenere lo "status quo" nella martoriata Palestina.

Ma possibile che i ragazzi della intifada vadano ancora oggi incontro a morte sicura contro i carri ebrei e i ragazzi ebrei vivano nel continuo terrore dell'attentatore palestinese senza che qualcuno faccia loro notare che l'argomento del contendere in realt non esiste?

Qualcuno degli sfortunati "aviolettori" si star ora domandando se il povero Mauro non stia cominciando a dare i numeri quando afferma che un tragico problema come quello palestinese in realt non esiste; prima, per, di pronunciarsi a favore o contro le mie facolt mentali, cerchiamo di analizzare a fondo il succo intimo della 242.

La famigerata risoluzione dichiara che Israele deve restituire ai palestinesi i cosiddetti "territori" sui quali la autorit palestinese dovr poi realizzare il tanto sognato stato palestinese.
Ma dove sono situati geograficamente questi territori?
- nessun organo di stampa ha mai voluto pubblicare in 33 anni, per quanto ne so, la carta geografica dei benedetti territori
- in nessuna libreria in Italia sono riuscito a trovare questa carta
- presso la delegazione per la liberazione della Palestina in Roma (P.zza S. Giovanni Laterano n. 72) tale fantomatica cartina non esiste. Si, avete letto bene: non esiste. O, per lo meno, cos dicono.
- l'unico posto dove sono finalmente riuscito a dare una occhiata al fantomatico documento la casa di un mio amico palestinese in Betlemme

Avrei voluto tanto allegare al presente documento la mappa in questione ma il mio amico palestinese non ha il fax e alla delegazione romana traccheggiano con scuse varie.
E qui nasce una domanda che, a mio parere, proprio il succo intimo e, forse, la soluzione del problema: perch nessuno vuol mostrare questa mappa?
Possiamo per descrivere immediatamente e con pochissime parole la situazione geografica del futuro stato palestinese
Le terre reclamate da Arafat, e delle quali comunque ha gi avuto dagli ebrei circa i due terzi, consistono nella striscia di Gaza (sul Mediterraneo), nella Cisgiordania (attorno al Mar Morto), di sei citt gi tutte palestinesi (Qualqiliya, Jenin, Nablus, Tulkare, Ramallah e Betlemme) sparse qua e l per Israele e di 400 villaggi attorno alle citt di cui sopra.
Il futuro stato palestinese, in altre parole, consiste in due territori abbastanza estesi, di cui uno praticamente desertico (Gaza) e l'altro in buona parte (la Cisgiordania) e di qualche villaggio, cittadina o pollaio sparsi qua e l per lo stato di Israele.
Il futuro stato palestinese, dicono le fonti palestinesi, pu contare su un prodotto interno lordo di 240 milioni di dollari (altro numero importante); poco pi della decima parte del bilancio del Comune di Roma.
Potrebbe anche essere che il solerte funzionario palestinese abbia dimenticato uno zero alla cifra che ha dichiarato ( e infatti proprio cos), ma siamo sempre a bilanci assolutamente ridicoli per uno stato che voglia definirsi tale o che, comunque voglia anche minimamente contrapporsi al suo potente vicino che ha un PIL di 150 mila miliardi.

Non bisogna essere dei politologi per capire che uno stato come quello sognato dal povero e ingenuo popolo palestinese non potr mai esistere.
- ma ve lo immaginate uno stato dove per andare da un posto all'altro ci vuole il passaporto?
- Uno stato privo di un tessuto industriale, agricolo e commerciale?
- Uno stato dove le merci per spostarsi dai luoghi di produzione (ammesso che ne esista qualcuno) a quelli di commercializzazione devono sottostare all'arbitrio del potentissimo, arcigno e scontroso vicino?
- Uno stato che non produce energia e dove, quindi, quando il povero palestinese decider di accendere la lampadina dovr pregare Hallh di far alzare dal letto per il verso giusto il gestore ebreo della pi vicina centrale elettrica?
- Uno stato ove la erogazione dell'acqua nel pi completo arbitrio del nemico

E questo sarebbe uno stato indipendente? Uno stato libero? Uno stato per il quale vale la pena di andare a morire, assolutamente disarmati, contro i carri ebrei?
La storia piena di vicende in cui un popolo disarmato riesce a cacciare l'invasore a prezzo di tanto sangue dei suoi figli. Ma in tutti i casi, meno che in questo, i tanti giovani morti con le pietre, con la spada o con la molotov in pugno sapevano che la impari lotta, una volta vinta, avrebbe portato condizioni di vita migliori al loro popolo.
Se invece guardiamo i pochi numeri sopra riportati e gettiamo uno sguardo alla ridicola mappa dello stato palestinese non possiamo fare altro che trarre una conclusione:
i palestinesi debbono ringraziare Hallh se il loro stato non
vedr mai la luce altrimenti passeranno dalla attuale situazione
di disagio e di povert a quella di una assoluta indigenza

E non basta: la impossibilit di gestire le reti elettriche, idriche, stradali e ferroviarie del loro futuro stato li porter ad un asservimento assoluto agli arbitrii degli ebrei; molto peggio di come accade oggi.
Si, perch oggi gli ebrei, se non altro per salvare la faccia, assicurano un minimo di sopravvivenza alla popolazione palestinese, un minimo di istruzione e di assistenza.
Ma chi avr la capacit, la forza e i capitali per gestire il tessuto statale quando tutte le principali leve della industria, dei servizi e della agricoltura saranno in mano al nemico?
Quale imprenditore straniero, anche se la manodopera costasse zero, vorr mai produrre qualsiasi cosa in Palestina ben sapendo che, se la sua produzione si sviluppasse troppo e potesse quindi dare fastidio agli ebrei, si ritroverebbe subito con le frontiere chiuse, senza acqua e senza elettricit ed assolutamente impossibilitato ad esportare il frutto del suo lavoro.

Facciamo un esempio assurdo: se qualcuno, attratto dalle indubbie capacit e dalla operosit dei palestinesi, volesse impiantare una produzione di sofisticati microcihps a Nabulus come far a raggiungere porti o aeroporti per esportarli?

A mio parere, e forse sono un po' cattivo nei confronti dei miei amici palestinesi, essi sperano inconsciamente che gli attuali cospicui aiuti internazionali alla Autorit Palestinese continueranno all'infinito, ma fin troppo ovvio che si tratta solo di pie illusioni.
Chi volete che, al mondo, si interesser pi di un minuscolo popolo semiaffamato, impossibilitato a produrre e, di conseguenza, non certo consumatore quando il conflitto mediorentale cesser di esistere e gli attuali istigatori del conflitto avranno trovato altre maniere per soddisfare i loro interessi?

«Il Mondo non sarà mai abbastanza vasto, né l’Umanità abbastanza forte per essere degni di Colui che li ha creati e vi si è incarnato»
(P. Teilhard de Chardin, La vision du passé, in “Inno dell’universo”, Queriniana, Brescia 1995, p. 76)>>



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