Giovanni conosce lo gnosticismo e secondo molti il suo Vangelo marca volutamente degli aspetti in polemica con loro. Per gli gnostici la carne è intrinsecamente malvagia quindi il sommo bene, cioè Dio che è Spirito, non può unirsi a ciò che è male. Giovanni in risposta è il teologo del Verbo fatto carne.
Per gli gnostici inoltre la salvezza, più che venire dalla grazia di Dio, è qualcosa che l’uomo realizza in se stesso divenendo cosciente della fiamma di luce divina in lui. Per arrivare a quest’autorealizzazione la via è la conoscenza, da qui l’insistenza nei testi cristiani gnostici per le presunte “vere dottrine” di Cristo, quelle esoteriche.
A tutto ciò Giovanni risponde che la lotta tra bene e male, i due principi radicali dello gnosticismo, è sì presente ma non passa attraverso il binomio materia-spirito bensì all’interno del cuore di ciascun uomo. Nel Vangelo inoltre si sottolinea che la salvezza è possibile per qualunque uomo, uno gnostico invece avrebbe escluso i sarkikoi, considerata una classe irrecuperabile. E’ inoltre necessario conoscere Dio per salvarsi, ma Giovanni sottolinea che non si tratta della conoscenza intellettuale degli gnostici bensì di un “conoscere” in senso ebraico, un fare esperienza profonda e vitale di qualcosa: la comunione col Padre. Quanto al prologo Giovanneo è evidentemente un misto tra il tema ebraico della Sapienza e le speculazioni sul Logos trasversali a gran parte delle filosofie ellenistiche.
Ad maiora
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)