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Il rapporto tra la persona e il suo corpo

Ultimo Aggiornamento: 15/04/2007 01:58
14/04/2007 17:15
 
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L'ispirazione ad aprire il mio "primo" 3D, nasce in realtà da uno scambio che mi è sembrato interessante tra me, spirito!libero e Polymetis... Sono quasi sicuro che anche altri pensano qualcosa circa la questione che sto per proporre. E' un tema credo attuale come attuale è la problematica che si staglia sull'orizzonte delle antropologie di riferimento a cui ognuno tende... Inizio io con una questione a dir poco amletica e veramente problematica: L'uomo "ha" o "è" il suo corpo?

Ogni bene
Marcu
14/04/2007 17:54
 
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Io sono per una prospettiva non dualistica ma duale, dove, se l'anima è la forma del corpo, allora non è l'anima che sta dentro il corpo ma il corpo che sta "dentro", è strutturato dall'anima, come la materia dalla forma. Nego che l'anima sia un epifenomeno del cervello, semmai dico la mente rispetto al cervello è una proprietà emergente, cioè qualcosa in cui il tutto non è spiegabile dalla somma delle parti. Se metti insieme tutti i neuroni, non spieghi il pensiero, perché sai che il pensiero si basi sui neuroni. Penso cioè che quella parte mancante che fa sì che il tutto sia più della somma delle parti sia un principio divino immortale. L'uomo non è un' anima che si serve di un corpo come diceva Agostino seguendo Plotino, l'essere dell'uomo, qualora lo si inquadri nelle categorie della semplice presenza e non si tenti invece un'analisi fenomenologica o heideggeriana(l'essenza dell'esserci è la sua esistenza come aver da essere), l'uomo dicevo, se considerato dal punto di vista del dato, e ammettendo ex ipothesi che questo sia l'approccio giusto, è l’unità che viene dalla strutturazione/formazione che l’anima svolge sul corpo e che costituisce quell’unità sostanziale che noi siamo. Dunque non siamo anime, perché sono io come corpo che mi arrabbio, che amo, ecc.
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(Κ. Καβάφης)
14/04/2007 18:17
 
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Facendo un rapidissimo quanto orientativo escursus vorrei offrire alcuni input grazie ai quali può essere più facile seguire un fil rouge dove muoverò alcune riflessioni che - se vogliamo - saranno un riverbero e un'esplicitazione di quanto ha detto in sintesi Polymetis. Per iniziare: un rapido quadro storico. Direi che secondo una visione materialistica e antimetafisica il corpo è solo materia estesa nello spazio e nel tempo (Korper), quindi se l’uomo “ha o possiede” un corpo ne può disporre a suo piacimento. Questo discorso trova la sua radice filosofica nel dualismo di Cartesio che svaluta il corpo (res extensa) così come aveva fatto Platone, il quale identificava molto spesso il corpo come la prigione dell’anima.

Ovviamente l’interpretazione personalista è diversa perché si basa sul modello aristotelico-tomista dell’ileomorfismo (dove l’anima è unita al corpo in un rapporto di forma e materia), motivo per cui l’uomo non “ha o possiede” un corpo, ma l’uomo “è il suo corpo” o per meglio dire l’uomo è una corporeità. È meglio infatti stare attenti ad usare la categoria dell’essere perchè si potrebbe dare adito all’idea che l’uomo esaurisca tutto se stesso nel suo corpo e questo non è nemmeno vero.

oPer Aristotele l’anima è la forma sostanziale del corpo e questo significa che il corpo essendo informato dall’anima è tutto umano. Però il corpo è materia opposta all’anima così precludendone la stessa origine.

oL’ebraismo in questo senso ha superato questo gap esistente attraverso una concezione unitaria dell’uomo secondo cui tra il corpo e l’anima c’è un’unione sostanziale e non accidentale, motivo per cui il corpo è un modo fondamentale di essere ed esistere dell’uomo e non è una parte dell’uomo.

oIl cristianesimo ha sviluppato questa concezione vedendo il corpo come segno di tutto l’uomo, attraverso cui si ha la possibilità dell’essere e dell’esistere. Il corpo è umano perché prende significato in virtù della connessione con la persona e la persona è tale perché è animata da un’anima spirituale. La persona, quindi è un’entità complessa, un’unità duale, una totalità unificata, un essere vivente due comprincipi il corpo e un io personale (o spirito o anima).

Ogni bene
Marcuccio

P.S: mi dispiace per l'umlaut mancante in Korper, ma non so come si fa con questa tastiera... scusate

[Modificato da =Marcuccio= 14/04/2007 18.22]

14/04/2007 18:30
 
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Bell’argomento. Premetto che il mio pensiero su questo tema è in “evoluzione” più che mai, cioè non è consolidato e quindi può essere soggetto a cambiamenti anche repentini qualora me ne si mostrasse l’insostenibilità.

E’ ovvio che per poter discutere di questo, dobbiamo postulare l’esistenza dell’anima o comunque di qualcosa che vada oltre la nostra fisicità.

Postulato ciò, a mio parere noi, in quanto essere, siamo l’anima. Io immagino l’io reale come un qualcosa di immortale che vivifica il corpo, è cioè quella energia cosciente che fa si che esista appunto la coscienza. Come ebbi modo di dire in passato, credo che l’anima “utilizzi” il corpo come un utente utilizza un computer e il cervello non è altro che l’interfaccia tra l’anima e il corpo, come la tastiera lo è tra il Pc e l’uomo.

C’è un preciso motivo per cui credo a questo dualismo e rifiuto l’asserzione “noi siamo il nostro corpo”. La riflessione che feci a suo tempo partiva da un dato scientifico: ci sono alterazioni del cervello che cambiano “l’indole” ed il “carattere” dell’uomo ! Da buono un uomo può trasformarsi in un sanguinario senza scrupoli. Infatti, ad esempio, un danno al lobo temporale toglie al soggetto molti freni inibitori, addirittura se il danno interessa alcune parti specifiche del cervello, il paziente non ha più il cosiddetto “senso morale” cioè potrebbe commettere tranquillamente una strage di bambini senza avvertire il minimo senso di colpa.

Ho sempre ritenuto che il “carattere” “l’indole” l’essere buono o malvagio, fossero caratteristiche dell’essenza dell’essere, il risultato di un percorso spirituale, come può essere che un cambiamento esterno cambi radicalmente l’essenza dell’essere ? Allora ho compreso che se è vero che la coscienza e l’indole sono caratteristiche dell’essere, il corpo non possiamo essere noi in quanto essere.

Quindi questo dato significa che il senso di “male” e “bene” non può essere associato al corpo se noi in quanto esseri abbiamo un’indole, una propensione spirituale al bene o al male. Perché se noi fossimo il corpo e alterando quest’ultimo si può cambiare la nostra stessa essenza di fronte al bene e al male, allora a cosa servirebbe il percorso spirituale ? basta un interventino nel cervello et voilà tutti santi o demoni.

Ritengo dunque che quando si “guasta” l’interfaccia, cioè si hanno dei danni celebrali, la nostra anima non può controllare più direttamente il corpo e le sue azioni, un po’ come quando si guasta la tastiera, cerchiamo di scrivere una cosa ma ne esce un’altra ! Ma l’anima, in questo caso, non è più responsabile delle azioni del corpo non potendone avere più un controllo totale. La nostra essenza non muta a causa di un evento accidentale, rimane inalterata, solamente non può manifestarsi pienamente a causa del corpo. Se invece noi fossimo il nostro corpo, il nostro stesso essere sarebbe mutato a causa di una mutazione del corpo ! Quindi quell’essere che senza scrupoli diviene un assassino saremmo noi stessi e per me questo è inconcepibile perché tale cambiamento non è stato causato da una libera scelta della coscienza o da un’involuzione o evoluzione spirituale, ma da un “accidente” esterno.

Saluti
Andrea
14/04/2007 19:02
 
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Dunque il tuo io vorrebbe fare il bene ma il tuo corpo fa il male? Eppure è il soggetto stesso, nel suo essere un tutt’uno, che non sente più l’azione come un male, non mi sembra che il lesionato senta dentro di sé un io superiore che dice “non devo fare il male” ma poi il suo corpo si comporta in modo diverso. Inoltre, l’accrescimento spirituale, non passa forse attraverso il tuo corpo, attraverso ciò che sente e prova? Credo che qui Omero sia molto utile, perché mostra come la mentalità primitiva non sentisse il suo ego come qualcosa di immateriale localizzato da qualche parte, bensì era il corpo stesso a sentire, ad esempio quando dice che sono le sue membra a provare qualcosa.

[Modificato da Polymetis 14/04/2007 19.02]

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(Κ. Καβάφης)
14/04/2007 19:50
 
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Uhmmm mi sa che devo esplicitare meglio i concetti in modo tale da poter operare, sempre nella sintesi, utili distinzioni per evitare inutili fraintendimenti. Che mi pare si stanno cominciando a delineare perchè non ho saputo distinguere bene... In effetti, chi mi conosce lo sa non faccio altro che ripetere "Bisogna distinguere!", sempre per evitare di far di un erba un fascio... e allora sebbene per certi versi ripetitivo, cercherò di esplicitare i concetti detti facendo più attenzione. Inizio subito col concetto di corporeità. Che molti purtroppo per poca conoscenza identificano col corpo.
La corporeità-soggetto è quella corporeità che fa affermare alla Chiesa che il corpo-soggetto è capolavoro di tutta la creazione operata dall’Amore, la corporeità-corpo, è tempio dello Spirito Santo, fonte di relazione, di procreazione, elemento redento da Cristo, vestigia dell’anima. Nel corso dei secoli il concetto “corporeità-corpo” viene dapprima scisso e poi stravolto fino alla idolatria di un nuovo concetto olistico: “corpo” una volta rappresentata anche nella sua sessualità attraverso memorabili opere iconografiche, adesso decompone il suo significato dinamico divenendo corpo-oggetto per essere sottovalutato, colpevolizzato, paradossalmente rivalutato come elemento di studio scientifico (dal campo prettamente chirurgico fino al campo psichiatrico) in sezioni sempre più piccole; il corpo-oggetto viene mercificato, erotizzato, rappresentato attraverso la fotografia e la cinematografia solo attraverso la sessualità divenendo un feticcio ed oggetto statico di pornografia e per altri aberranti aspetti come esercizio esclusivo della genitalità.

Infine, la corporeità-corpo è uccisa nella sua essenza considerandola priva di un elemento qualsivoglia spirituale.

Invece, dobbiamo dire riguardo alla costituzione stessa dell’uomo che è una unità duale. “Unità di anima e di corpo,…sintetizza in sé, per la stessa sua condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi attraverso di lui toccano il loro vertice e prendono voce per lodare in libertà il Creatore…l’uomo…è tenuto a considerare buono e degno di onore il proprio corpo…in verità [però] non sbaglia a riconoscersi superiore alle cose corporali e a considerarsi più che soltanto una particella della natura o un elemento anonimo della città umana. Infatti, nella sua interiorità, egli trascende l’universo delle cose… non si lascia illudere da una creazione immaginaria che si spiegherebbe solamente mediante le condizioni fisiche e sociali, ma invece va a toccare in profondo la verità stessa delle cose.” (Costituzione Pastorale <> n°14)
Ora, perchè il tema proposto spinge alla riflessione? Perchè la dimensione corporea è stata da sempre oggetto di riflessione! L’uomo non s’interroga tanto sul dato innegabile che il corpo esista, ma piuttosto che tipo di rapporto caratterizzi il soggetto che s’interroga e il suo corpo. Le posizioni variano a seconda dell’epoca storica cui ci si riferisce, tuttavia possiamo sintetizzare alcuni filoni principali:
Antropologie prefilosofiche: facciamo riferimento a quelle antropologie che hanno una certa attinenza anche con il fattore religioso. L’antropologia dell’Antico Testamento ha il suo fondamento nella Torah e usa le parole: ’adam che indica una condizione di piena caducità e contingenza dell’essere umano; ’ish/ ’ishsha, invece, sottolineano la diversità sessuale dell’essere umano, pur nella su uguaglianza (l’autore di Gen 2,23 ricorre infatti alla figura metrica dell’assonanza) ; basar si traduce con “carne” ed indica l’uomo nella sua interezza ed è usato esclusivamente per indicare materia vivente; nephesh, invece, indica la corporeità totale dell’uomo con le sue passioni e sentimenti e significa “soffio di vita” nel senso di “soffio vitale dell’essere umano” senza del quale l’uomo smette pure di essere basar, ciò significa che la corporeità non è altro che nephesh visibile; ruah è il “soffio vitale di Dio”. È il ruah che genera il nephes-basar dell’uomo; leb/lebab indica il “cuore”, centro delle facoltà volitive e intellettuali, ciò vuol dire che il cuore dell’uomo rappresenta l’uomo stesso che ragiona o prende autonomamente le proprie decisioni. L’uomo della Torah non solo “ha” un corpo, ma “è” un corpo. Possiamo capire questo linguaggio solo entrando nella forma mentis antropologica della Torah. Infatti, sotto l’aspetto antropologico, l’elemento monista evidenziato si fa fondante della Legge al fine di far capire all’ebreo dell’Antico Testamento che la relazione con il suo Dio creatore consiste in un rapporto di totale dipendenza esistenziale, cioè dipendenza totale dal ruah di Dio, senza del quale l’uomo non può esistere.

Per ora mi fermo qui... a domani

Ogni bene
Marcu
14/04/2007 20:55
 
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“Dunque il tuo io vorrebbe fare il bene ma il tuo corpo fa il male?”

Mah, diciamo che non c’è più congiunzione tra la volontà dell’anima e gli istinti puramente fisici del corpo.

"non mi sembra che il lesionato senta dentro di sé un io superiore che dice “non devo fare il male"”

Non possiamo saperlo e se anche non lo sentisse non è detto che comunque non vi sia un’anima che si ribella o che è impossibilitata a realizzare il suo essere a causa della malattia del corpo e con quest'ultimo non possa più comunicare efficacemente a casua della malattia.

Saluti
Andrea

15/04/2007 01:58
 
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Mi ha fatto molto piacere leggervi, mi avete fatto venir voglia di intervenire, nonostante mi fossi ripromesso di non perder più tempo a discutere di religione (anche se questa non è proprio religione).

Per me l’anima intesa come “ciò che ha coscienza” è un frammento di Dio; tutto il resto, ossia l’universo fisico con tutti i suoi piani, le sue dimensioni, le vibrazioni, le forme e via discorrendo può essere considerato come un enorme veicolo per Dio ossia “ciò di cui Egli ha coscienza”.

Secondo me ciò di cui si ha coscienza quando si è un uomo è tutto compreso in ciò che si può accordare e ricordare 1) nel sistema nervoso del corpo visibile e 2) nel corpo energetico invisibile soggiacente a questo (la parte eterica del corpo).

Nel sistema nervoso del corpo (1)) vengono accordati o ricordate(tramite l’accordo di cellule, energie, sostanze ecc…) in delle “gestalten” (visioni, disegni…) gli impulsi provenienti degli organi in grado di sintonizzarsi sulle vibrazioni della luce (vista), dell’aria… (calore, suono e via discorrendo).

Nell‘altro corpo (eterico (2)) ) secondo me sono presenti ricettacoli ben più potenti dei 5 del corpo visibile, e qui si accordano impulsi provenienti da campi vibratori molto più estesi e complessi di quelli della luce e della materia (aria, acqua, terra..); la coscienza può fare esperienza di questo corpo energetico in uno stato di profonda meditazione ricettiva, profonda immersione spirituale, fase REM del sonno ecc….

Ovviamente sull’esistenza di questo corpo energetico eterico e di piani energetici eterici soggiacenti a quello visibile ci sarebbe da discutere ma si entrerebbe nella fisica e metafisica e non sono sicuro che sia l’argomento del topic.

Pare da recenti studi sul cervello che già anche il solo corpo visibile ha capacità enormi, un solo neurone ha capacità di calcolo impressionanti (10.000.000.000.000.000.000.000 di flop al secondo ossia una singola cellula cerebrale fa dieci mila miliardi di miliardi di calcoli in virgola mobile al secondo; più dell'intero scibile umano, o di tutti i calcolatori al mondo messi insieme, una cellula sola!! Ed in un solo secondo!! E ne abbiamo 100 miliardi nel cervello! (vogliamo approfondire?).).

Scusatemi se ho un po’ esulato dal tipo di discorso che stavate facendo, in effetti io non sono un amante della filosofia o dovrei dire non sono un filo della sofia (no suona male detta così), in molti casi un termine vale l’altro; maschera, forma, corpo materiale ecc… sono tutti concetti su cui l’uomo può basare e scolpire l’immagine che ha di sé stesso, per ora di paradigmi “superiori” e “indiscutibili” non credo ce ne siano.

Ciao
Thommy
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