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Perché Flemings non sarà mai in una bibliografia seria.

Ultimo Aggiornamento: 27/04/2007 22:13
15/04/2007 00:58
 
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In risposta alle decine di post monotematici di barnabino sulla mia precisa scelta di non citare in bibliografia i “lavori” di Flemings, Furuli &C. vorrei spiegare una cosa che per chiunque faccia questo lavoro è del tutto ovvia, ma che evidentemente per il nostro non lo è, cioè come si seleziona una bibliografia.

1- Innanzitutto bisogna fare una ricerca bibliografica, che si può fare in vari modi, nei circuiti delle biblioteche, via SBN, e soprattutto al vecchio modo, cioè scartabellando nelle bibliografie dei lavori più o meno attinenti.

2- Una volta fatta la lista della spesa (a volte sono centinaia di opere, specialmente quando si tratta di articoli) si fa una prima scrematura, in base all’utilità del pezzo. Alcuni lavori compilativi sono dei doppioni o delle scopiazzature, altri trattano del nostro tema in maniera incidentale o superficiale, altri sono opere divulgative, per non parlare dei pamphlet o dei lavori evidentemente dilettantistici. Un’indicazione quasi sempre valida è fornita dall’editore. Le grandi case editrici, o quelle specialistiche, hanno un comitato editoriale che fa sì che un’opera che non risponde a requisiti minimi di scientificità non possa vedere la luce. Non esistono opere “poso serie” edite da Paideia, per fare un nome famoso nel nostro settore. Già leggere l’editore in questo caso fa saltare questo step e passare al successivo.

3- Finita la scrematura, si esamina dettagliatamente quello che resta. Qui avviene un ulteriore assottigliamento del materiale, perché man mano che si prende confidenza con la materia da trattare, si cominceranno a scoprire le falle di alcuni dei lavori presi in esame. Vizi di metodo, perlopiù, di forza logica delle argomentazioni, ciò che potremmo chiamare “valore intrinseco” dell’opera.
Ciò che rimane è la nostra bibliografia.


Ho sotto mano in questo momento il libro di Flemings e Byatt, uno di quelli (tra i tanti mi non era sembrato uno dei peggiori) che mi si accusa di non aver considerato per il mio studio. Vediamo perché un lavoro del genere non può né potrà mai entrare in una bibliografia.
Il punto 1 della costituzione di una bibliografia è perlappunto la ricerca. Questa si fa nell’ambiente naturale in cui si deve sviluppare lo studio, nel nostro caso un dipartimento di scienze storico-religiose. Ora, in nessuna biblioteca di dipartimento né in generale in nessuna biblioteca universitaria italiana, esiste il nostro Flemings. Di più, il libro non esiste neanche nel database del Sistema Bibliotecario Nazionale. In pratica questo libro non esiste né per le università né per le biblioteche. Magari però esiste per gli studiosi...? Macché, non c’è un testo che lo citi, né recensioni, né articoli, nulla. Il fatto che la comunità scientifica non consideri come degno neanche di menzione un librone di 500 pagine già dovrebbe dare una indicazione sul valore dell’opera, ma facciamo finta che con un colpo di fortuna ci imbattiamo nel lavoro di Flemings e lo inseriamo nella lista della spesa. Si passa allo step 2.

Questo come abbiamo visto prevede un primo esame dell’opera. La prima cosa che si può vedere, è chi pubblica questo lavoro. Nel caso di Flemings è la “Vegagraph”. Si tratta di una copisteria-tipografia che ha aperto una sezione editoria, con un “catalogo” di.... 4 libri di autori sconosciuti e di chiaro orientamento settario. Sul Sistema Bibliotecario Nazionale non esiste, nessuna università possiede un libro di questa casa editrice, l’intero settore degli studi biblici semplicemente ignora l’esistenza di questo “editore”. Già qui una persona di buon senso escluderebbe il libro dalla propria bibliografia, ma facciamo finta di niente e andiamo avanti con ciò che si può percepire ad un primo esame del volume.
È difficile da spiegare, ma chi è del mestiere, o anche solo chi legge molto sa distinguere subito l’impostazione di un libro in stile Meier o Metzger -per restare in ambito di studi biblici- da uno in stile David Donnini. Basta una scorsa all’apparato di note, all’acribia nelle citazioni, all’impiego di una terminologia piuttosto che un’altra. Entriamo nello specifico di Flemings. Lo apriamo a caso e come prima cosa guardiamo bibliografia e apparato di note. I testi citati in bibliografia sono molti, ma basta leggerli per accorgersi che si tratta di 1) autori ottocenteschi 2) opere di carattere confessionale e non scientifico, laddove non manifestamente dilettantistiche 3) opere non significative, come traduzioni (peraltro sconosciute). Solo una piccola parte è fatta di testi seri, e non ci è dato sapere quanto e come questi testi siano stati usati.
Già il fatto che più della metà dei titoli sia spazzatura dovrebbe imporci di scartare il testo, ma noi niente, impertrerriti proseguiamo e guardiamo le note. Ci imbattiamo subito in una bella citazione di un sito internet (ho aperto a caso pag.175), seguita da... un altro sito internet! Seguono infine citazioni verbali da un non meglio precisato “dibattito” sul tema.

Abbiamo ormai capito perché questa montagna di carta è stata ignorata da tutto il mondo accademico ma noi, con titanica ostinazione decidiamo comunque di leggere il testo. Ho preso a campione il capitolo su stauròs, argomento sul quale sono piuttosto ferrato essendo ormai prossima la pubblicazione di un mio lavoro su questo tema.
L’argomento è trattato non solo con una superficialità che non lascia scampo, ma soprattutto in maniera evidentemente faziosa. L’autore non mostra un solo argomento a favore del “palo”, mentre enumera una misera parte delle decine di prove di quelli che attestano la croce con traversa, cercando esclusivamente di screditarle. Ad esempio una testimoniana datata al 130 d.C. come Barnaba viene scartata a priori perché scritta da un “non testimone oculare”, come se invece ci fossero testimoni oculari che parlano di un palo, o semplicemente ci fosse qualcuno in duemila anni che parla di un palo. Per assurdo per l’autore del testo si affida ad argomenti lessicali (assurdi, neanche a dirlo) del testo del Nuovo Testamento, quando nell’età in cui fu scritto lo pseudo-barnaba il canone neotestamentario non era neanche chiuso! Giunto a fatica alla fine del capitolo, ci si consola almeno perché un saggio di 500 pagine di solito cosa 35-40 euro, mentre questo è pagato a peso: 15 euro, buono per accendere il camino, considerato quello che costano le esce per barbecue.

In conclusione il nostro Flemings non ha, né avrà mai nessuna possibilità di entrare in una bibliografia seria, perché manca di qualsiasi requisito.

Tanto dovevo, mi spiace di aver dovuto fare questa disamina sulla scoperta dell’acqua calda, ma il livello di certi interlocutori a volte impone anche questo.

Cordialità,





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