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Miti e Fatti Ebrei - Palestina

Ultimo Aggiornamento: 05/08/2014 10:40
04/10/2007 13:18
 
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Gerusalemme, di Mitchell G.Bard

[Miti da confutare]
21.a. "Gerusalemme è una città araba"
21.b. "Non è necessario che Gerusalemme sia la capitale d'Israele"
21.c. "Gli arabi volevano accettare l'internazionalizzazione di
Gerusalemme. Gli Ebrei si sono opposti all'idea.A causa della loro intransigenza, oggi Israele occupa illegalmentel'intera città"
21.d. "La Giordania ha accettato l'internazionalizzazione"
21.e. "Dal 1948 al 1967, la Giordania ha assicurato la libertà di
culto per tutte le religioni a Gerusalemme"
21.f. "La Giordania ha salvaguardato i luoghi sacri ebraici"
21.g. "La Giordania si è adoperata per migliorare le condizioni nella Gerusalemme Est araba. Al contrario, le autorità israeliane hanno abbattuto coi bulldozer centinaia di case arabe in quella parte della città, lasciando molti residenti arabi senza casa"
21.h. "Sotto la legge israeliana, è stata limitata la libertà
religiosa a Gerusalemme"
21.i. "Israele nega l'accesso libero ai cristiani e ai musulmani ai luoghi sacri"
21.l.”La politica israeliana incoraggia gli attacchi deifanatici
ebrei contro gli abitanti musulmani e cristiani e i loro luoghi sacri".
21.m. "Israele ha ristretto i diritti politici ai palestinesi arabi a Gerusalemme"
21.n. "Secondo la risoluzione ONU 242, Gerusalemme Est è considerata 'territorio occupato'. L'annessione di Gerusalemme da parte di Israele è quindi una violazione a tale risoluzione"
21.o. "Gerusalemme Est dovrebbe far parte di uno stato palestinese
perché tutti i suoi abitanti sono arabi palestinesi e nessun ebreo ha mai vissuto lì"
21.p. "Il trasferimento nell'Aprile del 1990 di 20 famiglie ebraiche
nell'ospizio di St. John - un palazzo nel quartiere cristiano di
Gerusalemme, collocato vicino alla Chiesa del S. Sepolcro - è un
esempio dell'intento Israeliano di cacciare i non ebrei dalle loro
parti di città."
21.q. "In un attacco non provocato, la polizia israeliana ha ucciso 17 fedeli arabi sul monte del tempio nel 1990"
21.r. "Gli USA non credono che Gerusalemme debba essere la capitale unita d'Israele"
21.s. "Il Monte del Tempio è sempre stato un luogo sacro musulmano e l'ebraismo non ha legami con questo luogo"
21.t. "Israele non dovrebbe poter controllare il monte del Tempio
perché nega ai musulmani l'accesso ai loro luoghi sacri"
21.u. "I palestinesi sono stati attenti nel conservare i resti
archeologici del monte del Tempio"
21.v. "Quando Israele ha scavato il tunnel del Muro Occidentale, ha minacciato l'integrità del Monte del Tempio e della moschea di AlAksa,perciò è stato condannato dal consiglio di sicurezza dell' ONU"

21.z. "L'internazionalizzazione è la soluzione migliore per risolvere il conflitto sulle rivendicazioni su Gerusalemme"
21.w. "Israele ha tentato di bruciare la moschea di Al-Aksa nel 1969"

I miti in dettaglio

21.a. MITO
"Gerusalemme è una città araba"

21.a. FATTI
Gli ebrei hanno vissuto a Gerusalemme continuamente per quasi due
millenni. Hanno costituito il gruppo più grande di abitanti in quel luogo dal 1840. Gerusalemme ospita il Muro Occidentale e il Monte del Tempio, i luoghi più sacri nell'ebraismo.

Gerusalemme non è mai stata capitale di alcuna entità araba. Difatti, è un luogo trascurato nella maggior parte della storia araba.
Gerusalemme non è mai stata utilizzata come capitale sotto le leggi islamiche né è mai stata un centro culturale per i musulmani.

Per gli Ebrei, la città intera è sacra, mentre per i musulmani un solo luogo lo è, ovvero il Duomo della Roccia, e non la città intera.

"Per un musulmano ", osserva lo scrittore inglese Christopher Sykes, "c'è una profonda differenza tra Gerusalemme e Medina o la Mecca. Gli due ultimi sono posti sacri che contengono luoghi sacri". A parte il Duomo della Roccia,ha sottolineato, Gerusalemme non ha ulteriore significato per l'Islam. [1]

POPOLAZIONE DI GERUSALEMME [2]

Anno 1844 1876 1896 1922 1931
Ebrei 7120 12000 28,112 33,971 51,222
Musulmani 5000 7560 8,560 13,411 19,894
Cristiani 3390 5470 8,748 4,699 19,335
Totale 15.510 25030 45,420 52,081 90,451

1948 1967 1987 1990 2000

Ebrei 100,000 195,700 340,000 378,200 530,400
Musulmani 40,000 54,963 121,000 131,800 204,100
Cristiani 25,000 12,646 14,000 14,400 14,700
Totale 165,000 263,309 475,000 524,400 758,300





21.b. MITO
"Non è necessario che Gerusalemme sia la capitale d'Israele"
21.b. FATTI


Sin da quando il re David fece di Gerusalemme la capitale di Israele,
oltre 3000 anni fa, la città ha sempre avuto un ruolo centrale
nell'esistenza degli Ebrei.

Il muro Occidentale nella Città Vecchia - l'ultimo muro rimasto
dell'antico Tempio Ebraco, il luogo più sacro per l'ebraismo - è
oggetto di venerazione e punto di riferimento della preghiera ebraica.

Tre volte al giorno, per migliaia di anni, gli Ebrei hanno pregato "A Gerusalemme, tua città, torneremo con gioia" e hanno ripetuto il giuramento dei salmi: "se ti dimentico, O Gerusalemme , si paralizzi la mia mano destra".

Gerusalemme "ha conosciuto solo due periodi di reale grandezza, e
questi
sono separati tra loro da duemila anni. La grandezza è stata evidente
solo sotto il regno ebraico", come scrissero Leon e Jill Uris in
"Gerusalemme ". "Questo è perché gli Ebrei l'hanno amata
maggiormente, e
sono rimasti legati al lei attraverso le centinaia di anni della loro
dispersione.... è la più lunga e profonda storia d'amore della
storia."
[3]

21.b. LA FRASE CELEBRE

"Per tremila anni, Gerusalemme è stata il centro della speranza e del desiderio ebraico. Nessun 'altra città ha avuto un ruolo così
dominante nella storia, nella cultura, nella religione e nella coscienza di un popolo così come Gerusalemme lo ha avuto nella vita degli Ebrei e dell'ebraismo. Attraverso secoli di esilio, Gerusalemme è rimasta viva nei cuori degli Ebrei dovunque, come il punto focale della storia ebraica, il simbolo della gloria antica, il riempimento spirituale ed il rinnovamento moderno. Questo cuore e quest'anima del popolo ebraico fanno nascere il pensiero che se si volesse simboleggiare la storia ebraica in una sola e semplice parola, questa parola sarebbe
`Gerusalemme ` ".
Teddy Kollek [4]
21.c. MITO

"Gli arabi volevano accettare l'internazionalizzazione di Gerusalemme.
Gli Ebrei si sono opposti all'idea. A causa della loro intransigenza,
oggi Israele occupa illegalmente l'intera città"

21.c. FATTI

Quando l'ONU affrontò la questione della Palestina nel 1947, fu
suggerito di internazionalizzare Gerusalemme. Il Vaticano e le
predominanti delegazioni cattoliche premettero per questo status, ma una ragione chiave per la decisione dell'ONU fu la volontà del blocco sovietico di ostacolare il re Abdullah della Transgiordania e i suoi protettori inglesi negando ad Abdullah il controllo della città.
L'agenzia ebraica, dopo una profonda riflessione, accettò
l'internazionalizzazione nella speranza che questo proteggesse
nell'immediato la città da spargimenti di sangue e il nuovo Stato da un conflitto. Poiché la risoluzione della spartizione stabiliva che si doveva fare un referendum sullo status della città dopo 10 anni, e gli Ebrei avrebbero quindi costituito la maggioranza sostanziale, l'aspettativa era quella che in seguito la città sarebbe stata incorporata in Israele.
Gli stati arabi erano tanto amaramente contrari
all'internazionalizzazione di Gerusalemme quanto lo erano verso il
resto del piano di spartizione.

Nel maggio 1948, la Giordania invase ed occupò Gerusalemme Est,
dividendo la città, per la prima volta nella storia, e ontringendo
migliaia di Ebrei - le cui famiglie vivevano da secoli nella città all'esilio. Il piano di spartizione dell'ONU, che includeva
l'internazionalizzazione di Gerusalemme, fu sopraffatto dagli eventi.

Dopo il rifiuto della risoluzione 181 da parte degli stati arabi e, dopo l'11 dicembre 1948 in cui la risoluzione ONU 194, che stabiliva una commissione di conciliazione per la Palestina, il primo ministro David Ben Gurion dichiarò che Israele non avrebbe più accettato l'internazionalizzazione di Gerusalemme.

Dal 1948 al 1967 la città fu divisa tra Israele e la Giordania.
Israele fece della parte occidentale di Gerusalemme la sua capitale; la Giordania occupò la sezione ad est.

Poiché la Giordania - come anche gli stati arabi all'epoca – manteneva uno stato di guerra con Israele, la città si tramutò, in sostanza, in due campi di battaglia, pieni di muri e bunker, recinti con filo spinato, campi minati ed altre fortificazioni militari.


21.c. LA FRASE CELEBRE

"Dovreste lasciare che gli Ebrei possiedano Gerusalemme; sono stati loro a renderla famosa"

Winston Churchill al diplomatico Evelyn Shuckburgh, 1955 [6]

Nel 1967, la Giordania ignorò l'invito israeliano a tenersi fuori
dalla guerra dei sei giorni ed attaccò la parte occidentale della città.

I giordani furono instradati dalle forze israeliane ed espulsi dal
Gerusalemme Est, consentendo alla città di ritrovare l'unità. Teddy Kollek, sindaco di Gerusalemme per 28 anni, chiamò la riunificazione della città "la realizzazione pratica degli obiettivi del movimento sionista".

Poiché Israele si stava difendendo dall'aggressione nelle guerre del 1948 e del 1967, l'esperto di diritto internazionale Steven Schwebel scrisse che esso ha più diritto alla sovranità su Gerusaleme dei suoi vicini arabi.

21.d. MITO

"La Giordania ha accettato l'internazionalizzazione"

21.d. FATTI
La Giordania si oppose all'internazionalizzazione dall'inizio, quando si unì agli altri stati arabi rifiutando la spartizione.
Il delegato giordano Fawzi Pasha Malki, disse, il 6 dicembre 1949,
senza mezzi termini ad una commissione politica ad hoc presso le Nazioni Unite:
"La mia delegazione crede che nessuna forma di internazionalizzazione...
possa servire ad un qualche scopo, poiché i luoghi sacri sono sotto la protezione del mio governo e sono sicuri e salvaguardati, senza nessuna necessità di un regime speciale". [8]

Quando il consiglio di amministrazione fiduciaria si incontrò a
Ginevra all'inizio del 1950 per disegnare un nuovo governo legislativo a Gerusalemme, la Giordania si rifiutò di permettere la supervisione dell'ONU, di nessun genere. [9]

Quell'anno la Giordania annesse tutto il territorio occupato
dall'ovest del fiume Giordano, inclusa Gerusalemme Est. Le altre nazioni arabe negarono un riconoscimento formale alla mossa giordana, e la Lega Araba considerò l'eventualità di espellere la Giordania dall'associazione.

Alla fine, si trovò un compromesso con cui i governi arabi accettarono di vedere tutta la Cisgiordania e Gerusalemme Est, come "conservata" dalla Giordania per i Palestinesi.



21.e. MITO

"Dal 1948 al 1967, la Giordania ha assicurato la libertà di culto per tutte le religioni a Gerusalemme"

21.e. FATTI

In violazione all'accordo di armistizio del 1949, la Giordania ha
negato agli israeliani di accedere al muro occidentale e al cimitero del Monte degli Olivi, dove gli Ebrei avevano sepolto i loro morti da più di 2500 anni.

Sotto il paragrafo otto dell'accordo, la Giordania e Israele
concordavano di stabilire delle commissioni per preparare la ripresa del normale funzionamento delle istituzioni culturali ed umanitarie sul Monte Scopus e l'accesso libero a quell'area; l'uso del cimitero del Monte degli Olivi, e l'accesso libero ai luoghi sacri e alle istituzioni culturali.

Sotto la legge giordana, "gli israeliani e i cristiani erano soggetti a diverse restrizioni durante il pellegrinaggio stagionale verso il loro luoghi sacri" a Gerusalemme, evidenzia Teddy Kollek. "Solo ad un numero limitato di essi era concesso malvolentieri di visitare per breve tempo la città vecchia e Betlemme durante Natale e Pasqua" [10]

Nel 1955 e nel 1964, la Giordania approvò leggi che imponevano uno
stretto controllo sulle scuole cristiane, incluse restrizioni relative all'apertura delle scuole, il controllo di stato sui finanziamenti alle scuole e la nomina degli insegnanti e la richiesta di insegnare il Corano. Nel 1953 e nel 1965, la Giordania ha adottato leggi che abrogavano il diritto dei cristiani religiosi e le istituzioni di carità ad acquistare case a Gerusalemme.

Nel 1958, la polizia catturò il patriarca armeno e lo deportò in
Giordania, spianando la strada per l'elezione di un patriarca
supportato dal governo di Re Hussein. A causa della loro politica repressiva, molti cristiani emigrarono da Gerusalemme. I loro numeri crollarono da 25.000 nel 1949 a meno di 13.000 nel giugno 1967. [11]
Queste leggi discriminatorie furono abolite nel 1967 dallo Stato
d'Israele dopo che la città fu nuovamente riunita.








21.f. MITO


"La Giordania ha salvaguardato i luoghi sacri ebraici"


21.f. FATTI

La Giordania ha sconsacrato il luoghi sacri ebraici. Il re Hussein ha permesso la costruzione di una strada verso l'Hotel Intercontinental attraverso il cimitero del Monte degli Olivi.

Centinaia di tombe ebraiche sono state distrutte dall'autostrada che poteva essere facilmente costruita da un'altra parte.

Le pietre tombali che onoravano la memoria di saggi e di rabbini, sono state usate dal corpo degli ingegneri della legione arabo giordana come pavimento e come latrine nei campi militari (le iscrizioni sulle pietre sono ancora visibili da quando Israele ha liberato la città).

L'antico quartiere ebraico e la Città vecchia furono devastate, 58
sinagoghe - alcune di alcuni secoli antiche - furono distrutte o
rovinate, altre mutate in stabili o in stie per il pollame. Le
abitazioni dei bassifondi sono state costruite limitrofe al Muro
Occidentale [12].


21.g. MITO

"La Giordania si è adoperata per migliorare le condizioni nella
Gerusalemme Est araba. Al contrario, le autorità israeliane hanno
abbattuto coi bulldozer centinaia di case arabe in quella parte della città, lasciando molti residenti arabi senza casa"

21.g. FATTI

Così come i precedenti regnanti islamici, re Hussein ha trascurato
Gerusalemme. Dopo la presa della Città Vecchia nel 1967, la portata della sua irriverenza divenne chiara quando Israele scoprì che la maggior parte della città era carente della maggior parte dei servizi municipali di base - un rifornimento d'acqua stabile, impianti d'acqua ed elettricità [13]. Come risultato della riunificazione, questi ed altri servizi municipali fortemente necessari furono estesi anche alle case e ai negozi arabi di Gerusalemme Est.

Le autorità israeliane scoprirono che centinaia di abusivi avevano
preso le case nel quartiere ebraico. Gli ingegneri civili israeliani rimossero le rovine per ricostruire il quartiere, ma solo dopo aver offerto una ricompensa o una casa alternativa agli abusivi.

21.h. MITO

"Sotto la legge israeliana, è stata limitata la libertà religiosa a Gerusalemme"

21.h. FATTI

Dopo la guerra del 1967, Israele abolì tutte le leggi discriminatorie promulgate dalla Giordania e adottò il suo standard, deciso per la salvaguardia degli accessi ai luoghi sacri.

"Chiunque faccia qualcosa che somigli a una violazione di libertà di accesso per i membri delle varie religioni ai luoghi a loro sacri", stipula la legge israeliana, "è passibile di carcere fino a cinque anni".

Israele affidò inoltre l'amministrazione dei luoghi sacri alle
rispettive autorità religiose. Così, ad esempio, il Waqf musulmano ha la responsabilità delle moschee sul Monte del Tempio.

Les Filles de la Charite de l'Hospice Saint Vincent de Paul di
Gerusalemme hanno rinnegato gli attacchi contro la condotta di
Israele a Gerusalemme pochi mesi dopo che Israele aveva preso il controllo della città:

"Il nostro lavoro qui è stato reso particolarmente felice e il suo
percorso è più sereno grazie alla buona volontà delle autorità
israeliane.... è più sereno non solo per noi stessi, ma (più
importante) per gli arabi in nostra cura." [14]

L'ex presidente Jimmy Carter riconobbe che la libertà religiosa era stata resa possibile sotto la legge israeliana. Oggi "non c'è dubbio" che Israele abbia fatto un lavoro migliore sulla salvaguardia agli accessi dei luoghi santi della città di quanto non abbia fatto la Giordania. "C'è un accesso libero oggi", sottolineò Carter. "Questo non c'era dal 1948 al 1967" [15]

Il Dipartimento di Stato evidenzia che nonostante Israele non abbia costituzione, la legge fornisce libertà di culto, e il Governo rispetta tale diritto. [16]

21.i. MITO
"Israele nega l'accesso libero ai cristiani e ai musulmani ai luoghi sacri"

21.i. FATTI

Sin dal 1967 migliaia di musulmani e di cristiani- molti di loro
provenienti dai paesi arabi che restano in stato di guerra con
Israele -
sono venuti a Gerusalemme per visitare i loro luoghi sacri.

I leader arabi sono liberi di visitare Gerusalemme e pregare se lo
desiderano, così come fece il presidente Anwar Sadat alla moschea di al-Aksa.

Per ragioni di sicurezza, a volte vengono imposte temporaneamente
delle restrizioni, ma il diritto di culto non viene ridotto e altre moschee rimangono accessibili anche in tempi di forte tensione.

Secondo l'Islam, il prefeta Maometto fu miracolosamente trasportato dalla Mecca a Gerusalemme, e da lì egli fece la sua ascesa verso il cielo. Il Duomo della Roccia e la moschea di al-Aksa, costruite entrambe nel settimo secolo, resero definitiva l'identificazione di Gerusalemme come il "luogo remoto" menzionato nel corano, e quindi un luogo sacro dopo Medina e La Mecca.

I diritti dei musulmani sul Monte del Tempio, il posto dei due luoghi sacri, non sono stati infranti. Nonostante sia il luogo più sacro per l'ebraismo, Israele ha lasciato il Monte del Tempio sotto il controllo dell' autorità religiosa musulmana.

Per i cristiani, Gerusalemme è il luogo dove Gesù, visse, predicò,
morì e risorse. Nonostante sia la Gerusalemme terrestre ad essere
enfatizzata piuttosto che quella celeste, i luoghi menzionati nel Nuovo Testamento come luoghi del ministero di Gesù hanno attirato per secoli i pellegrini e i devoti.

Tra questi luoghi vi sono la Chiesa del Santo Sepolcro, il Giardino di Gethsemane, il luogo dell'ultima cena e la Via Dolorosa, con le quattordici stazioni della croce.

I diritti delle varie chiese cristiane alla custodia dei luoghi sacri cristiani presenti a Gerusalemme furono definiti nel corso del diciannovesimo secolo, mentre Gerusalemme era parte dell'Impero Ottomano. Conosciuto come "accordo dello status quo dei luoghi sacri dei cristiani a Gerusalemme" questi diritti sono rimasti durante il periodo del mandato britannico e sono ancora oggi rispettati in Israele.

21.l. MITO

"La politica israeliana incoraggia gli attacchi dei fanatici ebrei
contro gli abitanti musulmani e cristiani e i loro luoghi sacri".

21.l. FATTI

Le autorità israeliane hanno tentato in maniera evidente di fermare i fanatici - di tutte le fedi - dallo sconsacrare i luoghi religiosi o dal commettere atti di violenza nelle loro vicinanze.

Quando non è stato capace di fermare tali atti, Israele ha punito
severamente coloro che li perpetravano. Allen Goodman, un israeliano squilibrato che nel 1982 si diresse con una furiosa sparatoria sul Monte del Tempio, ad esempio, fu condannato all'ergastolo.

Nel 1984, le autorità israeliane si infiltrarono in un gruppo di Ebrei che progettava di commettere atti di violenza contro luoghi e civili non ebrei. I terroristi furono processati ed imprigionati.

Nel 1990, i fedeli del Tempio del Monte, un gruppo estremista ebraico, tentarono di marciare sul Monte del tempio durante Sukkot per depositare la pietra angolare per il Terzo Tempio. La polizia, preoccupata che questa marcia potesse far infuriare i musulmani ed esacerbare una situazione già tesa creata dall'intifada e dagli eventi nel golfo persico, gli negò il diritto a tale marcia.

Questa decisione era supportata dalla Corte Suprema Israeliana, un
fatto immediatamente comunicato ai leader religiosi musulmani e alla stampa araba. Nonostante l'azione preventiva israeliana, "i leader musulmani e gli attivisti dell'intifada continuarono ad incitare i loro fedeli ad un confronto."[17]

Come risultato si ebbe una tragica rivolta in cui furono uccisi 17
arabi.

Da quel momento, Israele è stato un vigilante speciale, e ha fatto
ogni cosa possibile per prevenire qualsiasi provocazione dai gruppi o dagli individui che avrebbero potuto minacciare la santità dei luoghi sacri di qualunque fede.




21.m. MITO

"Israele ha ristretto i diritti politici ai palestinesi arabi a
Gerusalemme"


21.m. FATTI

Insieme con le libertà religiose, i palestinesi arabi a Gerusalemme sono stati dati diritti politici senza precedenti. Agli abitanti arabi veniva data la scelta se essere cittadini israeliani o meno. Molti di loro scelsero di rimanere cittadini giordani. Inoltre, trascurando il fatto se sono propri cittadini o meno, agli arabi di Gerusalemme è data la possibilità di votare nelle elezioni municipali e di giocare quindi un ruolo nell'amministrazione della città.


21.n. MITO


"Secondo la risoluzione ONU 242, Gerusalemme Est è considerata
'territorio occupato'. L'annessione di Gerusalemme da parte di
Israele è quindi una violazione a tale risoluzione"

21.n. FATTI

Un'estensore della risoluzione ONU fu l'ambasciatore USA presso le
Nazioni Unite, Arthur Goldberg.

Secondo Goldberg, "La risoluzione 242 non si riferisce in alcun modo a Gerusalemme e l'omissione è voluta deliberatamente...Gerusalemme era una questione notevole, non collegata con la Cisgiordania". In diversi discorsi all'ONU, nel 1967, Goldberg disse: "Ho affermato ripetutaemnte che le linee di armistizio del 1948 erano intese come temporanee.
Questo, ovviamente, era particolarmente vero per Gerusalemme. In
questi discorsi non mi sono mai riferito a Gerusalemme Est come a un territorio occupato." [18]

Dopo il 1948, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, votò tre
risoluzioni che richiedevano l'internazionalizzazione di Gerusalemme.
La questione cadde dopo che Israele prese il controllo della città. Dal 1967, l'ONU, che per 19 anni ha ignorato l'occupazione giordana della città, ha adottato numerose risoluzioni criticando Israele per aver alterato lo status di Gerusalemme.

21.n. LA FRASE CELEBRE

"La base della nostra posizione resta che Gerusalemme non debba più essere una città divisa. Non approvammo lo status quo prima del 1967; in alcun modo sosteniamo un ritorno ad esso ora"

Presidente George Bush [19]

21.o. MITO

"Gerusalemme Est dovrebbe far parte di uno stato palestinese perché tutti i suoi abitanti sono arabi palestinesi e nessun ebreo ha mai vissuto lì"

21.o. FATTI

Prima del 1865 l'intera popolazione di Gerusalemme viveva dentro le mura della Città Vecchia (quella che oggi viene considerata la parte orientale città). In seguito, la città si cominciò ad espandere oltre le mura della città a causa della crescita della popolazione e sia arabi
che ebrei iniziarono a costruire nuove aree della città.

Al tempo della spartizione, una fiorente comunità ebraica viveva nella parte orientale di Gerusalemme, in un'area che includeva il Quartiere ebraico e la città vecchia. Quest'area della città contiene anche molti luoghi di importanza per la religione ebraica, inclusa la città di Davide, il Monte del Tempio e il Muro Occidentale. Inoltre, le istituzioni maggiori come l'Università Ebraica e l'Ospedale Hadassah originale sono sul Monte Scopus, nella Gerusalemme orientale.

L'unico periodo in cui questa parte di Gerusalemme era esclusivamente araba fu tra il 1949 e il 1967, e questo perché la Giordania aveva occupato quella zona ed espulso forzatamente tutti gli Ebrei.

21.p. MITO

"Il trasferimento nell'Aprile del 1990 di 20 famiglie ebraiche
nell'ospizio di St. John - un palazzo nel quartiere cristiano di
Gerusalemme, collocato vicino alla Chiesa del S. Sepolcro - è un
esempio dell'intento Israeliano di cacciare i non ebrei dalle loro
parti di città."

21.p. FATTI

Israele ha sempre rispettato i diritti di tutte le religioni di
praticare liberamente. L'atto di trasferimento nell'ospizio non ha
infranto in nessun modo tali diritti.

Il palazzo in questione non era una chiesa né un luogo sacro di nessun tipo. Né questi ebrei né il governo israeliano hanno avuto intenzione di interferire con l'accesso dei cristiani alla Chiesa del Santo Sepolcro, o ad un qualsiasi altro posto della Città Vecchia.

Il governo israeliano fu preso di mira per il suo presunto ruolo di finanziamento dell'affitto. Il governo mantiene un assetto esteso di programmi di assistenza all'alloggio attraverso tutto Israele. E' stato all'interno di questo quadro che fu fornita l'assistenza finanziaria ad Ateret Kohanim, un'associazione privata che possiede svariati edifici nella Città Vecchia.

La leadership dell'intifada, sostenuta dall'OLP emanò un ordine di
uccidere l'uomo d'affari armeno che aveva venduto il palazzo alle
famiglie ebraiche. [20]

Un gruppo che si rese conto che si cercava di approfittare di questa delicata situazione fu l'Ambasciata della Chiesa Internazionale a Gerusalemme. "Così come gli arabi musulmani vivono nel quartiere ebraico della Città Vecchia, non c'è ragione per cui - se i tenutari in quel quartiere volevano affittare le loro proprietà agli Ebrei, questi ultimi non avrebbero dovuto avere il diritto di prendere lì la residenza", disse l'ambasciata in una frase. "Crediamo che in Israele così come in tutte le altre nazioni democratiche, cristiani, musulmani ed Ebrei debbano poter vivere ovunque decidano di farlo." Negare agli Ebrei il diritto di vivere ovunque a Gerusalemme, disse, era "assurdo". [21]

Il patriarca greco ortodosso andò in Israele per presentare una
lamentela contro l'ospizio. Il fatto che la Chiesa affrontò la
questione per vie legali, dimostra la sua fede nel sistema di giustizia israeliano. Nel 1995 fu raggiunto un compromesso in cui l'affitto del palazzo veniva assegnato alla città di Gerusalemme.

21.q. MITO

"In un attacco non provocato, la polizia israeliana ha ucciso 17
fedeli arabi sul Monte del Tempio nel 1990"

21.q. FATTI

La ragione apparente per cui l'8 ottobre 1990 una rivolta portò alla morte di 17 arabi, era che le frange di un gruppo ebraico conosciuto come i Fedeli del Monte del Tempio stavano tentando di posare la pietra d'angolo per la ricostruzione del Tempio.

Il gruppo aveva ottenuto il permesso riluttante della polizia di
marciare intorno al Monte del Tempio portando bandiere Israeliane. Ma vedendo una grande folla di musulmani radunarsi sul luogo, la polizia revocò il permesso di marciare.

Quando scoppiò la rivolta, i "fedeli" stavano pregando pacificamente a circa un miglio di distanza.

I radicali arabi aiutarono a spianare la strada per la violenza. Capi di Fatah e di Hamas stavano lottando per "mobilitare una rivolta dell'intifada nei quartieri di Gerusalemme." [22] Quando i membri del loro gruppo sentirono i richiami degli sceicchi a difendere i luoghi sacri islamici, si mobilitarono verso il Monte del Tempio. "Una volta cominciata la violenza", riporta il Washington Post, "i giovani palestinesi attaccarono la polizia con una ferocia ed una persistenza senza precedenti a Gerusalemme, durante i primi tre anni dell'intifada.
Fonti arabe dicono che il fervore dei giovani si può ricollegare ad una campagna orchestrata dai leader palestinesi a Gerusalemme, nelle settimane recenti, per incrementare il livello degli attacchi, soprattutto contro la polizia".

Durante la confusione a seguire, i rivoltosi tirarono pietre in
direzione dei pellegrini Ebrei, che stavano pregando tranquillamente per Sukkot, di fronte al Muro Occidentale.

Jamal Nusseibah, il figlio di un eminente professore palestinese,
ammise che il popolo aveva portato con sè le pietre al Monte del Tempio nei loro zaini di scuola. [23]

Due documenti ufficiali israeliani furono redatti per giudicare la
tragedia. Il primo era la Commissione Zamir, stabilita dal governo, che concluse che una sommossa rivoltosa aveva tirato pietre e proiettili metallici verso la polizia da distanza ravvicinata, e che le vite dei poliziotti erano in pericolo e che avevano aperto il fuoco per difendersi.

Il rapporto aveva criticato la polizia israeliana per il suo modo di controllare l'incidente, in particolare la loro mancanza di
preparazione in una situazione che avrebbero potuto prevedere che sarebbe divenuta violenta.

E' difficile immaginare un qualunque documento arabo che faccia una tale critica feroce e pubblica sulla prestazione delle sue stesse forze di polizia.

Le descrizioni dei media hanno riportato inaccuratamente che il
secondo rapporto, contraddiceva le considerazione della Commissione Zamir. Le indagini del giudice Ezra Kama, confermavano Zamir sui punti chiave.
Kama non concluse che Israele aveva "provocato" la rivolta". Il
rapporto dice comunque che "3000 arabi, la maggioranza dei quali giovani, aveva dato importanza al richiamo [dei predicatori Musulmani di venire al monte del Tempio e di 'difenderlo']; le pietre erano preparate in partenza; la leadership musulmana sapeva che nessuno dei Fedeli del Monte del Tempio avrebbe potuto andare in zone vicine all'area ed infatti si è visto chiaramente lasciare da essi il luogo un'ora prima dell'inizio della rivolta." [24]

21.r. MITO

"Gli USA non credono che Gerusalemme debba essere la capitale unita d'Israele"

21.r. FATTI

Sono presenti solo due ambasciate a Gerusalemme - Costa Rica ed El
Salvador. Delle 180 nazioni in cui l'America ha relazioni diplomatiche, Israele è l'unica la cui capitale non è riconosciuta dal governo statunitense.

L'ambasciata americana, come moltre altre, si trova a Tel Aviv, a 40 miglia da Gerusalemme. Gli USA hanno un consolato a Gerusalemme Est, comunque, che tratta coi palestinesi nei territori e lavora
indipendentemente dall'ambasciata, relazionandosi direttamente con
Washington.
Oggi, quindi, abbiamo un'anomalia per cui i diplomatici americani si rifiutano di incontrare gli israeliani nella loro capitale perché lo status di Gerusalemme è sindacabile, ma intraprendono contatti coi palestinesi nella città stessa.

Nel 1990, il Congresso passò una risoluzione dichiarando che
"Gerusalemme è e deve restare la capitale dello Stato d'Israele"
e "deve rimanere città non divisa in cui i diritti di ogni etnia ed ogni gruppo religioso sono protetti". Durante la campagna presidenziale del 1992, Bill Clinton disse: "Riconosco Gerusalemme come una città indivisibile, capitale eterna d'Israele, e credo che nel principio di dover spostare la nostra ambasciata a Gerusalemme". Come presidente non è mai ritornato su questo punto; di conseguenza, la politica ufficiale americana è rimasta allo stato per cui Gerusalemme è una questione per i negoziati.

In un tentativo di cambiare la sua politica, il congresso approvò in maniera schiacciante l'Atto dell'Ambasciata di Gerusalemme del 1995.
Questa pietra miliare dichiarava che, come affermazione ufficiale
della politica ufficiale USA, Gerusalemme doveva essere riconosciuta come non divisa, eterna capitale di Israele e richiedeva che l'Ambasciata USA in Israele si stabilisse a Gerusalemme non oltre il Maggio del 1999.

La legge includeva anche un atto scritto che permetteva al Presidente di ignorare essenzialmente la legislazione se avesse ritenuto questo atto essere nell'interesse degli Stati Uniti. Il Presidente Clinton esercitò tale opzione.

Durante la campagna presidenziale del 2000, George W. Bush promise che come presidente avrebbe "immediatamente seguito il processo di
traslocare l'ambasciatore statunistense nella città che Israele aveva scelto come sua capitale." [25]

Nel giugno 2001, comunque, Bush seguì il precedente di Clinton e usò il potere presidenziale per prevenire che l'ambasciata venisse spostata.

Mentre gli sforzi del Congresso forzano l'amministrazione a
riconoscere Gerusalemme come capitale d'Israele, i critici insistono nel dire che tale mossa sarebbe nociva per il processo di pace, mentre i sostenitori della legislazione sostengono che il contrario sia vero.

Rendendo chiara la posizione degli USA per Gerusalemme debba rimanere unita sotto la sovranità israeliana, dicono, le aspettative non realistiche palestinesi relative alla città si possono moderare e quindi intensificare le prospettive per un accordo finale.


21.s. MITO

"Il Monte del Tempio è sempre stato un luogo sacro per i musulmano e l'ebraismo non ha legami con questo luogo"

21.s. FATTI

Durante il summit di Camp David del 2000, Yasser Arafat disse che
nessuno Tempio ebraico era mai esistito sul Monte del Tempio. [25a]

Un anno dopo, il muftì di Gerusalemme nominato dall'autorità
palestinese, Ikrima Sabri, disse al quotidiano tedesco Die Welt "Non c'è nemmeno la più piccola indicazione dell'esistenza di un tempio ebraico in questo posto nel passato. Nell'intera città non c'è nemmeno una singola pietra che testimoni la storia ebraica."

Queste considerazioni, sono contraddette da un libro intitolato "Una guida breve a al-Haram al Sharif", pubblicato dal Consiglio Supremo Musulmano del 1930. Il Consiglio, il corpo supremo dell'Islam durante il mandato britannico, diceva nella guida che il Monte del Tempio "è uno dei luoghi più antichi del mondo. La sua santità è datata nei tempi più lontani. La sua identità col sito del Tempio di Salomone è indiscussa.
Questo, inoltre, è il punto secondo una credenza universale secondo cui David costruì lì un altare a Dio, e offrì delle offerte bruciate e delle oblazioni di pace."

In una descrizione dell'area delle scuderie di Salomone, che gli
ufficiali islamici Waqf convertirono in una nuova moschea nel 1996, la guida afferma: "si conosce poco di certo a proposito della storia dell'area stessa. E' datata probabilmente tanto lontano nei tempi quanto la costruzione del Tempio di Salomone... Secondo Josephus, era esistente ed era utilizzata come luogo di rifugio dagli Ebrei ai tempi della conquista di Gerusalemme da parte di Tito, nel 70 D.C." [26]

Una fonte più autorevole - il Corano - il libro sacro dell'Islam -
descrive la costruzione del Primo Tempio di Salomone (34:13) e narra della distruzione del Primo e del Secondo Tempio (17:7).

La connessione ebraica col Monte del Tempio risale a più di 3000 anni fa e ha le sue radici nella tradizione e nella storia. Quando Abramo legò suo figlio Isacco sull'altare per sacrificarlo a Dio, si crede che lo fece sul Monte Moriah, l'odierno Monte del Tempio.

Il Santo dei Santi del Primo Tempio conteneva l'Arca del Patto
originaria, e sia il Primo che il Secondo Tempio erano i centri della vita sociale e religiosa ebraica fino alla distruzione del Secondo Tempio da parte dei romani.

Dopo la distruzione del Secondo Tempio, il controllo del Monte del
Tempio passò attraverso diversi poteri di conquista. Era durante il periodo iniziale del controllo musulmano che il Duomo della Roccia fu costruito sul sito dei templi antichi.

Gli Ebrei strettamente osservanti non visitano il Monte del Tempio per paura di camminare sopra Il Santo dei Santi per sbaglio, che ospitava l'Arca del Patto, poiché la sua esatta collocazione non è nota sul Monte. Altri Ebrei e non musulmani lo visitano sotto la conoscenza e il permesso del Waqf, rispettando i tempi delle preghiere e i modi di vestire e senza minacciare la "sconsacrazione" del posto.

21.t. MITO

"Israele non dovrebbe poter controllare il Monte del Tempio perché
nega ai musulmani l'accesso ai loro luoghi sacri"

21.t. FATTI

Israele ha condiviso il Monte del Tempio dal 1967, quando il Ministro della Difesa Moshe Dayan, sulla riunificazione di Gerusalemme, permise all'autorità islamica, il Waqf, di continuare a esercitare la sua autorità civile sul Monte del Tempio. Il Waqf sorveglia tutte le attività giorno per giorno lì. Una presenza israeliana è presente all'ingresso del Monte del Tempio per assicurare l'accesso alle persone di tutte le religioni.

Le uniche volte che Israele ha impedito ai musulmani di andare al
Monte del Tempio sono state durante i periodi di alta tensione quando il timore di violenze impose restrizioni di accesso dentro l'area. Queste misure sono state prese per proteggere i praticanti di tutte le fedi e i luoghi sacri della Città Vecchia. Questi periodi sono durati tipicamente uno o due giorni.

21.u. MITO

"I palestinesi sono stati attenti nel conservare i resti archeologici del monte del Tempio"

21.u. FATTI

Nonostante il rifiuto di riconoscere la sovranità d'Israele sul Monte del Tempio, il Waqf ha cooperato con gli ispettori israeliani quando sono stati fatti dei lavori sul luogo sacro. Dopo gli accordi di Oslo del 1993, comunuqe, il Waqf controllato dalla Giordania fu sostituito con dei rappresentanti appartenenti all'Autorità Palestinese.

Seguendo le rivolte che hanno accompagnato la decisione israeliana di aprire un'uscita del tunnel del Muro Occidentale, il Waqf cessò di cooperare con Israele.

In seguito il Waqf ha impedito agli ispettori israeliani di
controllare il lavoro fatto sul Monte che sembra abbia causato danni irreparabili
ai resti archeologici del periodo del Primo e del Secondo Tempio.

Gli archeologi israeliani denunciano il fatto che durante i lavori di costruzione, migliaia di tonnellate di ghiaia - che potevano contenere resti importanti - sono stati rimossi dal Monte e gettati via. Gli esperti dicono che anche se i manufatti non sono stati distrutti saranno resi archeologicamente inutili poiché gli operai palestinesi stanno mischiando reperti di diverse epoche mentre scavano la terra coi bulldozer. [27]Data la sensibilità del Monte del Tempio e la tensione preesistente
tra israeliani e palestinesi su Gerusalemme, il governo israeliano non ha interferito con le attività del Waqf. Nel frattempo, prosegue la distruzione del passato.

21.u. LA FRASE CELEBRE

"Il movimento sionista ha inventato che questo era il luogo del Tempio di Salomone. Ma questa è tutta una menzogna."

Sceicco raed Salah, uno dei leader del Movimento islamico in Israele.
[28]

21.v. MITO

"Quando Israele ha scavato il tunnel del Muro Occidentale, ha
minacciato l'integrità del monte del Tempio e della moschea di Al-
Aksa, perciò è stato condannato dal consiglio di sicurezza dell' ONU"

21.v. FATTI
La parte più conosciuta delle costruzioni rimanenti del Monte del
Tempio di Erode è l'area della preghiera tradizionale ebraica del Muro Occidentale, che è stata esposta, sopra il livello del suolo, per duemila anni.

La presa della Città Vecchia durante la Guerra dei Sei Giorni ha
fornito un'opportunità di esplorare attraverso la continuazione del Muro Occidentale dal luogo di preghiera verso nord.

Lunghe sezioni del muro meridionale del Monte del Tempio e gli angoli sudoccidentali furono esposte durante il 1970, fornendo un quadro delle monumentali mura di Erode che circondavano il Monte del Tempio e le estese aree spianate di costruzioni pubbliche fuori da esse.

Un tunnel consente ai pedoni di camminare su pietre di 2000 anni,
lungo uno dei più antichi percorsi sotteranei a Gerusalemme, cominciando dalla piazza del Muro Occidentale per finire sulla Via Dolorosa. Per anni Israele ha mantenuto chiusa l'uscita per evitare i provocatori palestinesi, già irritati per gli scavi.

Questo ha costretto i visitatori del tunnel a ritornare seguendo lo stesso percorso dell'ingresso, a volte dovendosi letteralmente girare di fianco e spingersi attraverso le persone che venivano dall'altra direzione.

Nel settembre 1996, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu decise di
aprire l'uscita. Questo fu fatto a tarda notte per minimizzare le
possibilità di violenze, ma questo diede invece l'impressione di fare qualcosa di nascosto.

I palestinesi (e i musulmani in altre parti) videro quest'azione come una violazione provocatoria degli accordi di pace e come parte della campagna israeliana di minacciare i luoghi sacri musulmani.

I palestinesi si ribellarono in reazione all'azione israeliana.
Il consiglio di Sicurezza dell'ONU adottò la risoluzione 1093 dopo che il rappresentante saudita si lamentò del fatto che Israele aveva aperto un tunnel "nelle vicinanze della moschea di Al-Aksa". In realtà, il tunnel è un sito archeologico che non ha niente a che vedere con la moschea.

Il restauro del Muro Occidentale fu intrapreso come parte di uno
sforzo ulteriore da parte israeliana per mostrare maggiori ritrovamenti archeologici a Gerusalemme e per migliorare le infrastrutture turistiche nella Città Vecchia.
Inoltre il restuaro del tunnel non violava l'accordo ad interim tra Israele e Palestinesi poichè i restauri a Gerusalemme non sono coperti dal documento.

La controversia infine si estinse ed oggi il tunnel può essere
visitato dai turisti. Aprendo l'uscita, i turisti hanno un accesso più comodo alla Via Dolorosa dalla piazza del Muro Occidentale, che, allo stesso tempo, beneficia i mercanti del quartiere musulmani da dove partono i visitatori.


21.z. MITO

"L'internazionalizzazione è la soluzione migliore per risolvere il
conflitto sulle rivendicazioni su Gerusalemme"

21.z. FATTI

L'apparente intrattabilità di risoluzione del conflitto di
rivendicazioni su Gerusalemme ha portato alcune persone a rievocare l'idea di internazionalizzare la città.
Ironicamente, l'idea ebbe molto poco seguito durante i 19 anni in cui la Giordania controllò la Città Vecchia e impedì agli Ebrei e ai musulmani israeliani di accedere ai loro luoghi sacri.

Il fatto che Gerusalemme sia contesa, o che sia di importanza per un altro popolo che non siano gli Ebrei israeliani, non significa che la città appartenga agli altri o debba essere governata da un regime internazionale.

Non ci sono precedenti per un simile assetto. La cosa più vicina ad una città internazionale era la Berlino del dopoguerra quando i quattro poteri condivisi controllavano la città e questo esperimento si dimostrò essere un disastro.

Anche se Israele era disponibile verso una tale idea, quale gruppo
internazionale concepibile potrebbe essere affidabile per proteggere le libertà che Israele già garantisce? Di sicuro non le Nazioni Unite che hanno dimostrato di non capire le preoccupazioni israeliani verso la spartizione.

Israele può contare solo supporto degli Stati Uniti, ed è l'unico che nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU può proteggere col suo veto Israele dai torti politici delle altre nazioni.

21.x. MITO


"Israele ha tentato di bruciare la moschea di Al-Aksa nel 1969"

21.x. FATTI

La prontezza dei leader arabi di utilizzare le falistà nella loro
propaganda fu dimostrata quando Nasser e gli altri leader invocarono a una Guerra santa contro Israele quando un incendiario diede fuoco alla moschea di Al-Aksa nell'Agosto 1969. La colpa era di un turista cristiano australiano che confessò il crimine. L'accusato fu processato e dichiarato malato mentalmente.

21.x. LA FRASE CELEBRE

"Sarei cieco a negare il legame ebraico con Gerusalemme"

Sari Nusseibeh, rappresentante dell'Autorità Palestinese a
Gerusalemme.

Note:
1. Encounter, (February 1968).
2. John Oesterreicher and Anne Sinai, eds., Jerusalem, (NY: John Day,
1974), p. 1; Israel Central Bureau of Statistics; Jerusalem
Foundation;
Municipality of Jerusalem. The figures for 2000 include 9,000 with no
religion classified.
3. Leon and Jill Uris, Jerusalem, (New York: Doubleday and Company,
1981), p. 13.
4. Teddy Kollek, Jerusalem, (DC: Washington Institute For Near East
Policy, 1990), pp. 19-20.
5. Kollek, p. 24
6. Sir Eveyln Shuckburgh, Descent to Suez; Diaries 1951-56, (London,
1986).
7. American Journal of International Law, (April 1970), pp.346-47.
8. New York Times, (December 7, 1949).
9. Special Report of the Trusteeship Council, (June 14, 1950).
10. Kollek, p. 15.
11. Kollek, p. 16.
12. Kollek, p. 15.
13. Meron Benvenisti, Jerusalem, The Torn City, (MN: University of
Minnesota Press, 1976), pp. 44, 60-61.
14. atholic Herald of London, (October 6, 1967).
15. Near East Report, (April 2, 1990).
16. U.S. Department of State, "2001 Annual Report on International
Religious Freedom, Released by the Bureau for Democracy, Human Rights,and Labor, (Washington, D.C., December 2001).
17. Kollek, p. 62.
18. New York Times, (March 12, 1980).
19. Letter from President George Bush to Jerusalem Mayor Teddy Kollek,(March 20, 1990).
20. Reuters, (April 19, 1990).
21. Statement by International Christian Embassy, (April, 18, 1990).
22. Washington Post, (October 14, 1991).
23. "60 Minutes," (December 2, 1990).
24 Jerusalem Post, (August 17, 1991).
25. Speech to AIPAC Policy Conference, (May 22, 2000).
25a.Interview with Dennis Ross, Fox News Sunday, (April 21, 2002).
26. Jerusalem Post, (January 26, 2001).
27. Jewish Telegraphic Agency, (February 12, 2001).
28. Jewish Telegraphic Agency, (February 12, 2001).
29. Jerusalem Post, (November 12, 2001).




05/10/2007 17:06
 
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La politica medioorientale americana

Miti da confutare

22.01. "La creazione d'Israele è stata solo il risultato delle
pressioni americane"

22.02. "Gli Stati Uniti hanno preferito Israele agli Arabi nel 1948 a
causa delle pressioni della Lobby Ebraica"

22.03. "La maggior parte degli Americani si oppone ad una stretta
relazione degli USA con Israele"

22.04. "La politica USA è sempre stata ostile agli Arabi"

22.05. "Sin dal 1948 gli USA hanno sostenuto Israele automaticamente"

22.06. "Gli USA hanno sempre dato armi ad Israele per essere certi
che avesse un margine qualitativo sugli Arabi"

22.07. "L'aiuto americano in Medio Oriente è sempre stato
unilaterale, con gli Arabi che non prendono praticamente nulla"

22.08. "Gli USA hanno sempre dato ad Israele miliardi di dollari a
fondo perduto"

22.09. "Israele continua a chiedere un mucchio di aiuti economici
sebbene esso sia ora un paese ricco che di aiuto non ha più bisogno"

22.10. "Israele si vanta di essere la quarta potenza del mondo,
quindi non ha certo bisogno dell'aiuto militare americano"

22.11. "L'aiuto militare americano sussidia l'industria bellica
israeliana a spese di quella americana"

22.12. "Le malleverie usa hanno dato ad Israele miliardi di dollari
dei contribuenti americani usati per costruire insediamenti in
Cisgiordania ed a Gaza per ospitare gli Ebrei sovietici"

22.13. "Non si è mai creduto che Israele avesse un qualche valore
strategico per gli Stati Uniti"

22.14. "Gli Israeliani vivono comodamente grazie all'aiuto americano,
e non vedono motivo per riformare il sistema economico del loro paese"

22.15. "Israele prende misure protezionistiche che ostacolano il
commercio americano"

22.16. "Il reclutamento di Jonathan Pollard come spia contro gli
Stati Uniti dimostra che Israele opera a danno degli interessi
americani"

22.17. "Israele ha raggirato gli USA convincendoli a vendere armi
all'Iran in cambio degli ostaggi, ed ha aiutato a dirottare i
profitti verso i Contras."

22.18. "La dipendenza americana dal petrolio arabo è diminuita nel
corso degli anni"

22.19. "Le principali compagnie petrolifere americane non prendono
mai posizione sul conflitto arabo-israeliano"

22.20. "Gli Stati Uniti ed Israele non hanno nulla in comune"

22.21. "Il sostegno dell'America ad Israele è la ragione per cui i
terroristi hanno attaccato il World Trade Center ed il Pentagono l'11
Settembre 2001"

22.22. "Il dirottamento di quattro aerei di linea in un solo giorno,
l'11 Settembre, è stato un atto terroristico senza precedenti"

22.23. "I gruppi come Hizballah, Jihad Islamica, Hamas e l'FPLP
dovrebbero essere esclusi dalla guerra USA al terrorismo perché sono
combattenti per la libertà e non terroristi"

22.24. "Il Mossad d'Israele ha compiuto il bombardamento del World
Trade Center per suscitare odio americano verso gli Arabi"

22.25. "Mohammad Atta, il terrorista che ha mandato l'aereo contro il
World Trade Center, fece saltare un autobus in Israele nel 1986.
All'epoca Israele arrestò, processò, condannò, imprigionò Atta, ma fu
convinto dagli USA a rilasciarlo come parte dell'accordo di pace di
Oslo"

22.26. "Le università americane dovrebbero disinvestire dalle
compagnie che fanno affari in Israele per costringerlo a por fine
all''occupazione' ed agli abusi nei diritti umani"

22.27. "I sostenitori d'Israele tentano di azzittire i critici
etichettandoli come antisemiti"

[I miti in dettaglio]

22.01. [Mito]

"La creazione d'Israele è stata solo il risultato delle pressioni
americane"

22.01. [Fatti]

Quando l'ONU si occupò della questione della Palestina, il Presidente
Harry Truman affermò esplicitamente che gli Stati Uniti non avrebbero
dovuto "usare minacce o pressioni indebite di alcun tipo sulle altre
delegazioni" [1]. Ciononostante furono esercitate delle pressioni, e
gli
USA giocarono un ruolo chiave nel garantire il sostegno alla
risoluzione
di spartizione. L'influenza USA fu comunque limitata, come divenne
chiaro quando dei "clienti" americani come Cuba e la Grecia votarono
contro la spartizione, ed El Salvador e l'Honduras si astennero.

Molti membri dell'Amministrazione Truman si opponevano alla
Spartizione,
compreso il Segretario alla Difesa James Forrestal, che riteneva che
le
mire sioniste ponessero una minaccia alle forniture di petrolio
americane ed alla sua posizione strategica nella regione. I Capi di
Stato Maggiore Uniti erano preoccupati che gli Arabi si sarebbero
allineati con i Sovietici se estraniati dall'Occidente. Questi
oppositori interni fecero molto per indebolire il sostegno americano
alla creazione di uno stato ebraico [2].

Sebbene si sia scritto molto sulle tattiche dei sostenitori della
spartizione, il comportamento degli stati arabi è stato in gran parte
ignorato. Essi erano, a dire il vero, attivamente impegnati nei loro
bracci di ferro all'ONU nel tentativo di affondare la spartizione [3].

22.02. [Mito]

"Gli Stati Uniti hanno preferito Israele agli Arabi nel 1948 a causa
delle pressioni della Lobby Ebraica"

22.02 [Fatti]

Truman sostenne il movimento sionista perché riteneva che la comunità
internazionale avesse l'obbligo di adempiere alla promessa della
Dichiarazione Balfour e perché credeva che fosse la cosa umana da fare
per migliorare la condizione dei superstiti ebrei dell'Olocausto. Egli
non credeva che i diritti degli Arabi sarebbero stati compromessi, od
avrebbero dovuto esserlo. Il senso del suo atteggiamento si può
cogliere
da un commento che fece a proposito dei negoziati sui confini di uno
stato ebraico:
"L'intera regione attende di svilupparsi, e se fosse gestita nel modo
in
cui abbiamo sviluppato il Bacino del Fiume Tennessee, potrebbe
sostenere
20-30 milioni di persone in più. Aprire le porte a questo tipo di
futuro
sarebbe in effetti la cosa costruttiva ed umanitaria da fare, e
riscatteerebbe inoltre i pegni che furono dati all'epoca della Prima
Guerra Mondiale [4].

Il pubblico americano sostenne la politica del Presidente. Secondo i
sondaggi d'opinione, il 65% degli Americani sosteneva la creazione di
uno stato ebraico; soltanto nel terzo trimestre del 1947, 65.850
cartoline, 1.100 lettere e 1.400 telegrammi inondarono la Casa Bianca,
la maggior parte dei quali implorava che il Presidente usasse
l'influenza americana all'ONU [5].

Questo pubblico sostegno si rifletté nel Congresso quando fu adottata
nel 1922 una risoluzione che approvava la Dichiarazione Balfour. Nel
1944 ambo i partiti nazionali chiesero il ripristino dello Stato
Ebraico, e nel 1945 una simile risoluzione fu adottata dal Congresso.

Piuttosto che cedere alla pressione, Truman tendeva a reagire
negativamente alla "Lobby ebraica". Egli si lamentava ripetutamente
delle pressioni che subiva e parlava di mettere la propaganda che
veniva
dagli Ebrei in un mucchio a cui dare fuoco. In una lettera al Membro
della Camera dei Rappresentanti Claude Pepper, Truman Scrisse: "Se non
fosse stato per l'inutile interferenza dei Sionisti, avremmo avuto il
problema risolto un anno e mezzo fa" [6]. Non è esattamente
l'attaggiamento di un politico che pensa troppo ai voti ebraici.

22.03. [Mito]

"La maggior parte degli Americani si oppone ad una stretta relazione
degli USA con Israele"

22.03. [Fatti]

Non è solo la comunità ebraica a sostenere Israele. Gli Americani di
tutte le età, razze e religioni simpatizzano con Israele. Questo
sostegno è inoltre indipendente dalle scelte politiche, con una
maggioranza di Democristiani e Repubblicani che favoriscono
regolarmente
Israele con largo margine sugli Arabi.
Il migliore indicatore dell'atteggiamento americano verso Israele si
trova nella risposta alla domanda più spesso posta sul Medio Oriente:
"Nella situazione medioorientale, le sue simpatie sono più verso
Israele
o verso le nazioni Arabe?". L'organizzazione che ha condotto la
maggior
parte delle indagini è la Gallup. Il sostegno per Israele nei sondaggi
Gallup è rimasto sempre intorno al 50% sin dal 1967.

In 63 sondaggi Gallup, che risalgono al 1967, Israele ha avuto il
sostegno di una media del 46% del popolo americano, confrontato con il
poco più del 12% degli stati arabi e dei Palestinesi. Gli Americani
hanno una simpatia appena maggiore per i Palestinesi che per i paesi
arabi, ma i risultati dei sondaggi che chiedevano agli intervistati di
scegliere tra Israele ed i Palestinesi non erano molto differenti
dalle
altre inchieste.

Alcune persone sbagliano a credere che la simpatia per Israele fosse
più
alta un tempo; la verità è che prima della [Prima] Guerra del Golfo il
picco era stato il 56%, raggiunto appena dopo la Guerra dei Sei
Giorni.
Nel Gennaio 1991 la simpatia per Israele raggiunse il culmine del 64%,
secondo la Gallup. Intanto, il sostegno per gli Arabi scese all'8% ed
il
margine raggiunse un record di 56 punti.

Il sondaggio più recente, riportato da Gallup nel Giugno 2002, trovò
che
la simpatia per Israele era del 49% a confronto con il solo 14% dei
Palestinesi. Questo supera il sostegno medio per Isrele, ma è comunque
sotto il record raggiunto durante la [Prima] Guerra del Golfo (64%).

La maggior parte degli intervistati non crede che gli USA dovrebbero
prendere posizione nel conflitto, ma quelli che prendono posizione
scelgono Israele con un margine di 10 a 1 (Gallup, Aprile 2002). Più
di
tre quarti degli Americani crede inoltre che la pace israelo-
palestinese
è in qualche modo o molto importante per gli Stati Uniti.

I sondaggi mostrano inoltre che il pubblico vede in Israele un
affidabile alleato americano, un sentimento che è cresciuto durante la
[prima] Crisi del Golfo. Un sondaggio Harris del Gennaio 1991, per
esempio, ha trovato che l'86% degli Americani considera Israele un
alleato "vicino" o perfino "amichevole". Questo è stato il punteggio
più
alto mai registrato in un sondaggio Harris. Ma anche nel Maggio 2002
un
sondaggio della Lega Anti-Diffamazione scoprì che il 64% degli
Americani
era d'accordo che "si può contare su Israele come su un alleato
leale".

22.04. [Mito]

"La politica USA è sempre stata ostile agli Arabi"

22.04. [Fatti]

Gli Arabi raramente riconoscono il ruolo americano nell'aver aiutato
i paesi arabi ad ottenere l'indipendenza. La posizione del Presidente
Wilsono per l'autodeterminazione di tutte le nazioni, e l'ingresso
degli USA nella Prima Guerra Mondiale contribuirono a provocare lo
scioglimento dell'Impero Ottomano ed a stimolare il movimento verso
l'indipendenza nel mondo arabo.

Gli Arabi hanno sempre sostenuto che la politica medioorientale
dev'essere un gioco a somma zero in cui il sostegno per il loro
nemico, Israele, li mette per forza in svantaggio. Pertanto i paesi
arabi hanno tentato di costringere gli Stati Uniti a scegliere tra il
sostegno per loro o per Israele. Normalmente gli Stati Uniti hanno
rifiutato di cadere in questa trappola. Il fatto che gli USA abbiano
una stretta alleanza con Israele mantenendo buone relazioni con
diversi paesi arabi dimostra che le due cose non sono incompatibili.

Gli USA hanno per molto tempo ricercato relazioni amichevoli con i
capi arabi e sono stati, una volta o l'altra, in buoni rapporti con
la maggior parte dei paesi arabi.Negli anni '30 la scoperta del
petrolio indusse le compagnie americane a stringere stretti rapporti
con gli Arabi del Golfo. Negli anni '50 gli obbiettivi strategici
americani stimolarono uno sforzo per formare un'alleanza con i paesi
arabi filooccidentali. Paesi come l'Iraq e la Libia erano amici degli
USA prima che dei loro governi si impadronissero dei capi radicali.
L'Egitto, che era ostile agli USA sotto Nasser, si spostò nel campo
filooccidentale sotto Sadat.

Sin dalla Seconda Guerra Mondiale, gli USA hanno offerto aiuti
economici e militari alla regione, ed oggi sono i principali
sostenitori di nazioni come la Giordania, l'Arabia Saudita, il
Marocco, l'Egitto e gli sceiccati del Golfo. Sebbene i paesi arabi
abbiano incolpato gli USA per le loro sconfitte nelle guerre che
hanno fatto ad Israele, la verità è che la maggior parte dei
belligeranti ha ricevuto nella sua storia o l'assistenza americana, o
la sua offerta.

Talvolta è sembrato che gli USA abbiano condonato le aggressioni
arabe contro altri arabi. Per esempio, nel 1963 gli USA riconobbero
il regime fantoccio insediato dagli Egizi nello Yemen. Nel 1991,
mentre stavano contrattaccando contro Saddam Hussein,
l'Amministrazione Bush [Senior] guardava altrove mentre la Siria
completava l'annessione virtuale del Libano.

Mentre Israele ha potuto affidarsi solo all'assistenza americana, i
paesi arabi hanno sempre potuto contare su diversi paesi occidentali,
così come sull'Unione Sovietica e sui suoi alleati.

"Le nazioni alleate, con il pieno consenso del nostro governo e del
nostro popolo concordano che in Palestina si debbono porre le
fondamenta di un'entità politica ebraica".

— Presidente Woodrow Wilson, 3 Marzo 1919

22.05. [Mito]

"Sin dal 1948 gli USA hanno sostenuto Israele automaticamente"

22.05. [Fatti]

Gli Stati Uniti sono stati l'alleato più fedele d'Israele per tutta
la sua storia, però gli USA hanno agito molte volte contro i desideri
dello Stato ebraico.

Lo sforzo USA di controbilanciare il sostegno ad Israele con il
placare gli arabi iniziò nel 1948, quando Truman mostrò segni di
ondeggiamento sulla spartizione e chiese invece un mandato
internazionale. Dopo che i paesi arabi circostanti invasero Israele,
gli USA osservarono un embargo sugli armamenti che ridusse
notevolmente la capacità degli Ebrei di difendersi.

Sin dalla guerra del 1948 gli USA sono stati poco disponibili ad
insistere sui progetti per reinsediare i profughi arabi. Gli USA sono
stati anche riluttanti a chieder conto agli Arabi delle violazioni
della Carta e delle risoluzioni dell'ONU. Così, ad esempio, agli
Arabi fu permesso di farla franca con il blocco del Canale di Suez,
il boicottaggio d'Israele e la commissione di atti di terrorismo.
Difatti, gli USA hanno preso posizione contro Isaele all'ONU più
spesso che no, e fino al 1972 non hanno usato il loro potere di veto
nel Consiglio di Sicurezza per bloccare le risoluzioni anti-Israele.

Forse l'esempio più drammatico di una politica americana che
divergeva da quella d'Israele si ebbe durante la Guerra di Suez,
quando il Presidente Eisenhower prese una forte posizione contro la
Gran Bretagna, la Francia ed Israele. Dopo la guerra, la pressione
americana impose ad Israele di ritirarsi dal territorio conquistato.
David Ben Gurion si fidò di dubbie assicurazioni americane che invece
piantarono le radici del conflitto del 1967.

In diverse altre occasioni, i Presidenti americani hanno agito contro
Israele. Nel 1981, per esempio, Ronald Reagan sospese un accordo di
cooperazione strategica dopo che Israele ebbe annesso le Alture del
Golan. In un'altra occasione, egli sospese la consegna di aerei da
combattimento perché dispiaciuto di un raidi israeliano in Libano.

Nel 1991 il Presidente Bush tenne una conferenza stampa per chiedere
una dilazione nell'esaminare una richiesta americana di malleveria
per aiutare l'assorbimento degli Ebrei sovietici ed etiopi poiché era
in disaccordo con la politica israeliana degli insediamenti. Nel
mettere in gioco il suo prestigio su questa dilazione, Bush ricorse
ad intemperanze verbali che infiammarono le passioni e fecero temere
alla comunità ebraica che fosse suscitato dell'antisemitismo.

Sebbene spesso descritto come il Presidente più filo-israeliano della
storia, anche Bill Clinton criticò Israele in molte occasioni. Ed
anche l'amministrazione di George W. Bush non ha mostrato alcuna
riluttanza a criticare Israele per azioni che ritiene contrarie agli
interessi USA, ma in generale è stata più riservata nelle pubbliche
esternazioni.

22.06. [Mito]

"Gli USA hanno sempre dato armi ad Israele per essere certi che
avesse un margine qualitativo sugli Arabi"

22.06. [Fatti]

Gli Stati uniti hanno fornito soltanto quantità limitate di armi ad
Israele, comprese munizioni e fucili senza rinculo, prima del 1962.
In quell'anno, il Presidente Kennedy vendette dei missili antiaerei
HAWK, ma solo dopo che l'URSS ebbe fornito all'Egitto bombardieri a
lungo raggio.

Nel 1965 gli USA erano divenuti il principale fornitore d'armamenti
d'israele. Questo fu in parte richiesto dal cedimento della Germania
Ovest alle pressioni arabe, che la indusse a smettere di vendere
carri armati ad Israele. Però, durante gran parte
dell'amministrazione Johnson, la vendita delle armi ad Israele fu
controbilanciata da corrispondenti trasferimenti agli Arabi.
Pertanto, la prima vendita di carri armati americani ad Israele, nel
1965, fu bilanciata da un'analoga vendita alla Giordania [7].

Gli USA non fornirono ad Israele aeroplani fino al 1966. Anche
allora, furono fatti degli accordi segreti per offrire gli stessi
aerei al Marocco ed alla Libia, e si inviò materiale bellico
supplementare al Libano, all'Arabia Saudita ed alla Tunisia [8].

Come nel 1948, gli USA imposero un embargo sugli armamenti ad Israele
durante la Guerra dei Sei Giorni, mentre gli Arabi continuavano a
ricevere armi sovietiche. La posizione d'Israele fu ulteriormente
indebolita dalla decisione dei Francesi di dare l'embargo ai
trasferimenti di armi allo Stato Ebraico, terminando nei fatti il
loro ruolo come unico grande fornitore alternativo di armi ad Israele.

Fu solo dopo che divenne chiaro che Israele non aveva altre fonti di
armamenti, e che l'Unione Sovietica non aveva interesse a limitare le
sue vendite alla regione, che il Presidente Johnson acconsentì a
vendere ad Israele dei Phantom che diedero allo Stato ebraico il suo
primo vantaggio qualitativo. "D'ora in poi diverremo il principale
fornitore di armi ad Israele", disse il Vicesegretario alla Difesa
Paul Warnke all'Ambasciatore israeliano Yitzchaq
Rabin, "coinvolgendoci ancor più nella situazione della sicurezza
d'israele e coinvolgendo ancor più la sicurezza degli Stati Uniti"
[9].

Da quel momento in poi, gli USA cominciarono a perseguire una
politica volta a mantenere il margine qualitativo d'Israele. Ma gli
USA sono anche rimasti impegnati ad armare le nazioni arabe, fornendo
missili sofisticati, carri armati ed aerei alla Giordania, al
Marocco, all'Egitto, all'Arabia Saudita ed ai paesi del Golfo.
Perciò, quando Israele ricevette gli F-15 nel 1978, anche l'Arabia
Saudita li ricevette (e l'Egitto ricevette gli F-5E). Nel 1981
l'Arabia Saudita, per la prima volta, ricevette un sistema d'armi che
le diede un vantaggio qualitativo su Israele - gli aerei radar AWACS.

Ora Israele compra equipaggiamento americano di prima, anche se non
di primissima, scelta, ma anche molti paesi arabi ricevono alcuni dei
migliori carri armati, aerei e missili. Il margine qualitativo sarà
intatto, ma è indubbiamente stretto.

"La nostra società è illuminata dalle intuizioni spirituali dei
profeti ebrei. L'America ed Israele hanno un comune amore per la
libertà umana, ed hanno una comune fede nel modo di vivere
democratico" - Presidente Lyndon Johnson, Discorso al B'nai B'rith
(10 Settembre 1968).

22.07. [Mito]

"L'aiuto americano in Medio Oriente è sempre stato unilaterale, con
gli Arabi che non prendono praticamente nulla"

22.07. [Fatti]

Dopo la vittoria d'Israele nella Guerra d'Indipendenza, gli USA
risposero ad un appello per un sostegno economico all'assorbimento
degli immigrati approvando un credito di 135 milioni di Dollari della
Banca Import-Export e la vendita di beni superflui. In quei primi
anni dell'esistenza dello Stato d'Israele (ed anche oggi) l'aiuto
americano fu visto come un mezzo per promuovere la pace.

Nel 1951 il Congresso votò per aiutare Israele ad affrontare i
gravami economici imposti dall'afflusso di profughi ebrei dai campi
profughi d'Europa e dai ghetti dei paesi arabi. Allora gli Arabi si
lamentarono che gli USA li stavano trascurando, sebbene essi non
avessero allora interesse all'aiuto americano allora. Nel 1951 la
Siria respinse delle profferte di aiuto americano; l'Iraq e l'Arabia
Saudita, ricchi di petrolio, non avevano bisogno dell'assistenza
economica americana, e fino ai tardi anni '50 la Giordania era il
pupillo della Gran Bretagna. Dopo il 1957, quando gli Stati Uniti si
assunsero la responsabilità di sostenere la Giordania e ripresero gli
aiuti economici all'Egitto, l'assistenza ai Paesi arabi fece un
balzo. Inolre, gli Stati Uniti erano (e sono tuttora) il più grande
paese ad aiutare i Palestinesi attraverso l'UNRWA.

Israele ha ricevuto più aiuti diretti dagli Stati Uniti sin dalla
Seconda Guerra Mondiale di ogni altro paese, ma gli importi per la
prima metà di questo periodo sono stati relativamente modesti. Tra il
1949 ed il 1973 gli USA hanno dato ad Israele una media di circa 122
milioni di Dollari l'anno, per un totale di 3,1 miliardi di Dollari
(e a dire il vero più di un miliardo di Dollari di questo fu una
serie di prestiti per materiale militare negli anni 1971-1973). Prima
del 1971, Israele ricevette un totale di appena 277 milioni di
Dollari in aiuti militari, tutti sotto forma di anticipi sugli
acquisti. Anche la gran parte degli aiuti economici fu in forma di
prestito ad Israele. In confronto, i Paesi arabi ricevettero circa il
triplo dell'aiuto prima del 1971, 4,4 miliardi di Dollari, o 170
milioni di Dollari all'anno. Inoltre, al contrario d'israele, che
riceve quasi tutto l'aiuto dagli Stati Uniti, i paesi arabi hanno
ricevuto assistenza dall'Asia, dall'Europa Orientale, dall'Unione
Sovietica e dalla Comunità Europea.

È mia responsabilità verificare che la nostra politica in Israele
combaci con la nostra politica in tutto il mondo; secondo, è mio
desiderio aiutare a costruire in Palestina uno stato democratico
forte, prospero, libero ed indipendente. Dev'essere grande
abbastanza, libero abbastanza, e forte abbastanza da rendere il suo
popolo autosufficiente e sicuro" - Presidente Truman, 28 Ottobre
1948, discorso elettorale al Madison Square Garden.

Israele non iniziò a ricevere grandi aiuti fino al 1974, dopo la
guerra del 1973, e le somme crebbero drammaticamente dopo gli accordi
di Camp David. In tutto, sin dal 1949, Israele ha ricevuto più di 90
miliardi di Dollari di aiuti. Sebbene i totali siano impressionanti,
il valore dell'assistenza ad Israele è stato eroso dall'inflazione.

Anche i paesi arabi che hanno firmato degli accordi con Isrele sono
stati ricompensati. Fin dalla firma del trattato di pace con Israele,
l'Egitto è stato il secondo più grande destinatario di aiuti
americani (2 miliardi di Dollari nel 2002, mentre Israele ne
ricevette 2,8). Anche la Giordania è stata beneficiaria di maggiori
livelli di aiuto sin da quando ha firmato un trattato con Israele
(che ha portato da meno di 40 milioni di Dollari ad oltre 225
milioni). Fu anche rimesso il debito multimiliardario di ambo le
nazioni arabe fino agli USA.

Dopo gli accordi di Oslo, anche gli Stati Uniti iniziarono a
finanziare i Palestinesi. Essi ora forniscono 80 miliardi in aiuti
umanitari attraverso l'Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale.
Essi non forniscono alcun aiuto diretto all'Autorità Palestinese, in
quanto la ritengono corrotta. Il Presidente Bush avvertì
specificamente i Palestinesi che essi debbono cambiare la loro guida
ed abbracciare le riforme per ottenere futura assistenza. "Vi posso
assicurare", disse Bush, "che non daremo un soldo ad una società che
non è trasparente ed [è] corrotta" [9a].

22.08. [Mito]

"Gli USA hanno sempre dato ad Israele miliardi di dollari a fondo
perduto"

22.08. [Fatti]

Le donazioni americane ad Israele sono finite nel 1959. L'aiuto
americano ad Israele da allora fino al 1985 è consistito soprattutto
di prestiti, rimborsati da Israele, e di beni ormai superflui, che
Israele comprò. Israele cominciò a comprare armi americane nel 1962,
ma non ricevette alcun aiuto militare gratuito fino dopo la Guerra
del Kippur del 1973. Come risultato, Israele ha dovuto indebitarsi
pesantemente per finanziare il suo sviluppo economico ed i suoi
acquisti di armi. La decisione di convertire gli aiuti militari in
elargizioni quell'anno fu basata sulla prevalente opinione nel
Congresso che senza un forte Israele, la guerra nel Medio Oriente
fosse più probabile, e che gli USA avrebbero dovuto affrontare
maggiori spese in una simile eventualità.

Per molti anni, gran parte dell'aiuto economico d'Israele fu usato
per ripagare i vecchi debiti. Nel 1984, la legislazione sugli aiuti
all'estero incluse l'Emendamento Cranston (così chiamato da chi lo
sostenne al Senato), che diceva che gli USA avrebbero fornito ad
Israele aiuti economici "in misura non inferiore a" l'ammontare delle
rate dei debiti che ogni anno Israele deve ripagare agli USA.

22.09. [Mito]

"Israele continua a chiedere un mucchio di aiuti economici sebbene
esso sia ora un paese ricco che di aiuto non ha più bisogno"

22.09. [Fatti]

A partire dall'anno fiscale 1987, Israele ha ricevuto annualmente 1,2
miliardi di Dollari in elargizioni per aiuti economici ed in totale
1,8 miliardi di Dollari di elargizioni per aiuti militari. Nel 1998
Israele si offrì di ridurre volontariamente la sua dipendenza
dall'aiuto economico USA. Secondo un accordo raggiunto con
l'Amministrazione Clinton ed il Congresso, il pacchetto di aiuti
economici di 1,2 miliardi di Dollari sarà ridotto di 120 milioni di
Dollari ogni anno in modo che esso scompaia in dieci anni.

Metà dei risparmi annuali nell'assistenza economica (60 milioni di
Dollari) si aggiungeranno al pacchetto di aiuti militari ad Israele
in riconoscimento dei suoi accresciuti bisogni nel campo della
sicurezza. Nel 2001 Israele ha ricevuto 840 milioni di Dollari in
aiuti economici ed 1,98 miliardi di Dollari di aiuti militari. Nel
2002, l'aiuto economico ad Israele fu ridotto a 720 milioni di
Dollari, e l'aiuto militare ad Israele fu fissato a 2,04 miliardi di
Dollari.

Israele fece l'offerta perché non ha più bisogno dell'aiuto che gli
serviva un tempo. Le fondamenta dell'economia israeliana oggi sono
solide; eppure Israele rimane zavorrato dai debiti passati verso gli
USA, che, al contrario di quelli di Giordania ed Egitto, non furono
rimessi. Inoltre, Israele può ancora usare l'aiuto americano. Il
paese ha tuttora il tremendo peso finanziario di assorbire decine di
migliaia di immigranti dall'ex-Unione Sovietica, un altissimo tasso
di disoccupazione ed un numero paurosamente alto di persone che sono
finite in miseria. La situazione è stata ulteriormente esacerbata
dalla violenza degli ultimi due anni, che ha devastato l'industria
turistica e tutti i settori collegati nel campo dei servizi. Inoltre,
le concessioni fatte nei negoziati di pace hanno richiesto lo
smantellamento di basi militari e la perdita di preziose risorse che
debbono essere rimpiazzate.
05/10/2007 17:07
 
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22.11. [Mito]

"L'aiuto militare americano sussidia l'industria bellica israeliana a
spese di quella americana"

22.11. [Fatti]

Contrariamente al senso comune, non è che gli USA firmino assegni da
miliardi di dollari e li diano ad Israele perché li spenda come gli
piace. Appena il 26% circa (555 milioni di Dollari sui 2,1 miliardi
del 2003) di quel che Israele riceve in Finanziamenti Militari
all'Estero (FMF) si può spendere in Israele per le forniture
militari. Il restante 74% è speso negli Stati Uniti per generare
profitti e posti di lavoro. Più di mille aziende in 47 Stati, nel
Distretto di Columbia ed a Puerto Rico hanno firmato contratti che
totalizzano miliardi di Dollari grazie a questo programma negli
ultimi anni. Ecco le cifre del 2001:

Il valore dei Finanziamenti Militari all'Estero (FMF) diviso per
Stato [10]:

Alabama ................ $15,010,584

Arkansas .................. $496,212

Arizona ................ $23,053,020

California ............ $155,969,600

Colorado ............... $33,864,588

Connecticut ........... $510,697,156

Delaware .................. $367,011

Distretto di Columbia ... $3,609,508

Florida ................ $94,222,258

Georgia ............... $158,911,735

Iowa ........................ $4,830

Idaho ..................... $151,977

Illinois ............... $57,492,657

Indiana ................ $46,200,627

Kansas ..................... $91,328

Kentucky ................ $1,539,095

Louisiana ................. $145,824

Massachusetts .......... $25,080,078

Maryland ............... $62,805,516

Maine .................. $33,201,400

Michigan ............... $67,447,234

Minnesota .............. $10,886,633

Missouri ................ $1,927,615

Mississippi ............. $2,571,630

Montana .................... $30,350

North Carolina ......... $38,944,632

Nebraska .................... $3,654

New Hampshire .......... $17,254,145

New Jersey ............. $52,750,873

New Mexico ................. $55,554

Nevada .................. $1,043,287

New York .............. $110,854,412

Ohio ................... $42,646,748

Oklahoma .................. $132,572

Oregon .................. $5,512,292

Pennsylvania ........... $11,478,193

Rhode Island .............. $841,354

South Carolina .......... $4,598,444

South Dakota ............ $4,893,179

Tennessee ............... $7,752,077

Texas .................. $62,854,229

Utah ...................... $257,378

Virginia ............... $28,575,976

Vermont ................. $2,062,222

Washington .............. $3,844,029

Wisconsin ............... $6,407,070

West Virginia .............. $73,746

Wyoming .................... $14,500

22.12. [Mito]

"Le malleverie USA hanno dato ad Israele miliardi di dollari dei
contribuenti americani usati per costruire insediamenti in
Cisgiordania ed a Gaza per ospitare gli Ebrei sovietici"

22.12. [Fatti]

Dal 1989, circa un milione di Ebrei è migrato in Israele. La
maggioranza, circa l'80%, è venuta dall'ex-Unione Sovietica. Israele
deve fornire a questi immigranti vitto, alloggio, impiego e
formazione professionale. Il compito è ancora più arduo quando si
devono assorbire degli Ebrei da paesi relativamente sottosviluppati
come l'Etiopia, a cui spesso occorre insegnare tutto, dall'uso dello
sciacquone a come si preleva denaro da una banca. Per affrontare
queste sfide, Israele ha investito miliardi di dollari. Inoltre, la
comunità ebraico-americana ha contribuito con centinaia di milioni di
dollari attraverso varie filantropie.

Eppure il compito era tanto spaventoso che Israele ha chiesto aiuto
agli Stati Uniti. Per mettere la sfida in prospettiva, considerate
che gli Stati Uniti, un paese di 250 milioni di persone ed un PIL da
svariati trilioni di Dollari, ammette appena 125.000 profughi
all'anno. Nel solo 1990, 185.000 Ebrei sono migrati in Israele.

Gli Stati Uniti guidarono il Mondo Libero nell'aiutare a garantire la
libertà degli Ebrei sovietici. A cominciare dal 1972, il Congresso ha
stanziato dei fondi per aiutare gli Ebrei sovietici a risistemarsi in
Israele. Dal 1992 sono stati assegnati a questo scopo 80 milioni di
Dollari.

Dopo che l'Unione Sovietica ebbe aperto le sue porte, il rivoletto di
migranti divenne un'alluvione, balzando da meno di 13.000 persone nel
1989 a più di 185.000 nel 1990. Allora Israele chiese un diverso tipo
di aiuto. Gli Stati Uniti hanno risposto nel 1990 approvando 400
milioni di dollari in malleverie per aiutare Israele a dar casa ai
nuovi venuti.

Le malleverie non sono elargizioni - non si trasferisce un centesimo
dalle casse federali ad Israele. Gli USA semplicemente avallano dei
crediti per Israele, cosa che dà ai banchieri la fiducia necessaria
per prestare ad Israele denaro a condizioni più favorevoli: interessi
inferiori e durate superiori - fino a trent'anni, anziché solo cinque
o sette. Queste garanzie sui crediti non hanno effetto sulla politica
interna o sulle garanzie interne. Inoltre, essi non nuocciono al
contribuente americano, a meno che Israele non cessi di pagare i suoi
debiti, cosa che non ha mai fatto. Per giunta, molto del denaro che
Israele prende a prestito è speso negli USA per acquistare beni
americani.

Quando fu chiaro che il flusso di rifugiati era anche superiore al
previsto, e decine di migliaia continuavano ad arrivare ogni mese,
Israele si rese conto che aveva bisogno di ulteriore aiuto, e chiese
agli Stati Uniti altri 10 miliardi di Dollari in malleverie.

Nel 1992 il Congresso autorizzò il Presidente a fornire malleverie
sui crediti ad Israele come risultato dello straordinario sforzo
umanitario per risistemare ed assorbire gli immigranti. Queste
malleverie furono concesse in incrementi annuali di 2 miliardi di
Dollari per cinque anni. Mentre il costo per il governo USA era
nullo, Israele ha pagato agli Stati Uniti delle commissioni annue che
ammontavano a diverse centinaia di milioni di dollari per coprire i
costi amministrativi e di altro genere.

Secondo le attuali linee guida, nessun aiuto americano ad Israele può
essere usato al di là dei confini del 1967. Inoltre, per sottolineare
l'insoddisfazione per le politiche di insediamento israeliane, il
Presidente era autorizzato a ridurre le malleverie annuali di un
ammontare pari al valore stimato delle attività intraprese da Israele
nella Cisgiordania ed a Gaza l'anno precedente.

Pertanto, come indica la tabella in www.us-/
israel.org/jsource/US-Israel/Loan_Guarantees_for_Israel.html , il
Dipartimento di Stato ha determinato che Israele ha speso poco meno
di 1,4 miliardi di Dollari per l'attività di insediamento tra il 1993
ed il 1996. Ma il Presidente era comunque autorizzato a non compiere
le deduzioni quando rendere il denaro disponibile ad Israele era
nell'interesse della sicurezza degli Stati Uniti. Il Presidente
Clinton ha usato questa facoltà negli ultimi tre anni del programma,
cosicché l'effettiva riduzione delle malleverie messe a disposizione
d'Israele fu di 773,8 milioni di Dollari.

Il denaro legato agli insediamenti inoltre non aveva nulla a che fare
con i nuovi immigranti, nessuno dei quali era stato obbligato a
vivere nei Territori. Infatti, soltanto una minuscola percentuale
scelse volontariamente di farlo.

Da ogni punto di vista, il programma di malleverie USA fu un grande
successo. Israele usò il denaro preso in prestito soprattutto per
accrescere l'ammontare della divisa estera disponibile per le
attività commerciali del paese, e per sostenere progetti
infrastrutturali come strade, ponti, fogne ed elettrificazione. Le
malleverie aiutarono inoltre Israele a dare casa e lavoro
praticamente a tutti i nuovi immigranti.

22.13. [Mito]

"Non si è mai creduto che Israele avesse un qualche valore strategico
per gli Stati Uniti"

22.13. [Fatti]

Nel 1952 il Generale Omar Bradley, Capo dello Stato Maggiore
Congiunto, riteneva che l'Occidente avesse bisogno di 19 divisioni
per difendere il Medio Oriente, e che Israele potesse fornirne due.
Egli inoltre si aspettava nel 1955 che soltanto tre stati potessero
aiutare l'Occidente a difendere il Medio Oriente dal cielo: Gran
Bretagna, Turchia ed Israele. L'analisi di Bradley fu respinta perché
a livello politico si decise che fosse più importante per gli Stati
Uniti cooperare con l'Egitto, e poi con l'Iraq. Si temette che
l'integrazione delle forze israeliane nella strategia occidentale
avrebbe alienato gli Arabi [11].

La schiacciante vittoria d'Israele del 1967 sulle forze arabe
combinate indusse a rivedere quest'opinione. L'anno dopo, gli Stati
Uniti vendettero ad Israele degli aerei sofisticati (i Phantom) per
la prima volta. Washington cambiò la sua politica mediooreintale
dalla ricerca di un equilibrio delle forze all'assicurare che Israele
avesse un vantaggio qualitativo sui suoi nemici.

Israele provò la sua utilità nel 1970, quando gli Stati Uniti
chiesero aiuto per rafforzare il regime di Re Hussein. La
disponibilità di Israele ad aiutare Amman, ed i movimenti di truppe
verso il confine giordano persuasero la Siria a ritirare i carri
armati che aveva inviato in Giordania per sostenere le forze dell'OLP
che sfidarono il Re durante il "Settembre Nero" [12].

Nei primi anni '70 era ormai chiaro che nessun paese arabo avrebbe
potuto o voluto contribuire alla difesa dell'Occidente nel Medio
Oriente. Il Patto di Baghdad era scaduto da tempo, ed i regimi amici
degli Stati Uniti erano deboli, se confrontati con le forze
antioccidentali di Egitto, Siria ed Iraq. Anche dopo il
riorientamento egiziano seguente alla firma del suo trattato di pace
con Israele, gli Stati Uniti non contarono sugli aiuti militari di
alcun governo arabo.

L'Amministrazione Carter iniziò ad implementare una forma di
cooperazione strategica (non la si chiamava così) rendendo Israele
qualificato a vendere equipaggiamento militare agli Stati Uniti. La
disponibilità ad impegnarsi in imprese militari limitate e congiunte
fu vista dal Presidente Carter come una ricompensa ad Israele per
il "buon comportamento" nei colloqui di pace con l'Egitto.

Seppure ancora riluttante a formalizzare la relazione, la
cooperazione strategica divenne un punto focale della relazione
americano-israeliana quando Ronald Reagan divenne Presidente. Prima
della sua elezione, Reagan aveva scritto: "Solo col pieno
apprezzamento del ruolo critico che lo Stato d'Israele gioca nei
nostri calcoli strategici noi possiamo costruire le fondamenta per
stroncare i piani di Mosca su territori e risorse vitali per la
nostra sicurezza ed il benessere della nostra nazione" [13].

Le concezioni di Reagan culminarono il 30 Novembre 1981 nella firma
di un Memorandum d'Intesa sulla "cooperazione strategica". Il 29
Novembre 1983 fu firmato un nuovo accordo che creava il Gruppo
Congiunto Politico-Militare (JPMG) ed un gruppo che sovraintendeva
all'aiuto nel campo della sicurezza, il Gruppo Congiunto di
Pianificazione dell'Aiuto alla Sicurezza (JSAP).

Il JPMG era originariamente concepito per discutere i mezzi per
contrastare le minacce poste dall'accresciuto coinvolgimento
sovietico nel Medio Oriente. Ma ha posto sempre maggiore enfasi sulle
preoccupazioni bilaterali per la proliferazione di armi chimiche e
missili balistici.

Il JSAP fu formato in risposta alla crisi economica della metà degli
anni '80. È un gruppo binazionale che si incontra ogni anno a
Washington per esaminare le necessità presenti e future d'Israele nel
campo delle forniture militari. Esso formula inoltre piano per
l'allocazione di crediti agli Acquisti Stranieri di Materiale
Militare USA alla luce della stima delle minacce correnti e delle
disponibilità di bilancio americane.

Nel 1987 il Congresso designò Israele il principale alleato non-NATO.
Questa legge dichiarò formalmente Israele un alleato, consentendo
alle sue industrie di competere alla pari con quelle dei Paesi NATO e
di altri stretti alleati USA per contratti per la produzione di un
significativo numero di strumenti di difesa.

"Sin dalla rinascita dello Stato d'Israele, c'è sempre stato un
ferreo legame tra quella democrazia e questa".

— Presidente Ronald Reagan, 3 Settembre 1980, discorso al B'nai
B'rith

Nell'Aprile 1988 il Presidente Reagan ha firmato un altro MdI che
comprendeva tutti gli accordi precedenti. Quest'accordo
istituzionalizzò la relazione strategica.

Alla fine del mandato di Reagan, gli USA avevano predisposto del
materiale bellico in Israele, tenuto regolarmente esercitazioni
congiunte, iniziato il coprogetto del Missile Balistico Anti-Tattico
Arrow ed erano impegnati in una legione di altri sforzi di
cooperazione militare.

Da allora, la cooperazione strategica USA-Israele ha continuato ad
evolvere. Ora questi legami strategici sono più forti che mai.
Israele ora è un alleato _de facto_ degli Stati Uniti.

22.14. [Mito]

"Gli Israeliani vivono comodamente grazie all'aiuto americano, e non
vedono motivo per riformare il sistema economico del loro paese"

22.14. [Fatti]

Gli Israeliani sono tra le persone più tassate del mondo, con imposte
sul reddito che arrivano al 50%. Ed in un paese in cui l'Israeliano
medio guadagna 18.000 Dollari.

Per anni gli Israeliani hanno visto il loro tenore di vita declinare
in gran parte a causa dello straordinario peso delle spese per la
difesa, che equivalgono a circa 1/5 - 1/4 del bilancio statale. La
situazione è migliorata negli ultimi anni, grazie soprattutto al
processo di pace, cosicché le spese per la difesa si sono ridotte al
16% del bilancio statale.

Quando Israele restituì i pozzi petroliferi che sviluppò nel Sinai
come parte dell'accordo di pace con l'Egitto, ello sacrificò
l'opportunità di diventare energeticamente autosufficiente. Di
conseguenza, la sua economia soffre delle oscillazioni del prezzo del
petrolio.

Più recentemente, con l'arrivo di centinaia di milioni di immigranti
dall'ex-Unione Sovietica e dall'Etiopia, gli Israeliani hanno
accettato di buon grado sacrifici ancora più grandi per facilitare
l'assorbimento dei nuovi venuti.

È da molto che gli Israeliani hanno riconosciuto la necessità di
riformare drammaticamente la loro economia. Nel 1985 Israele
implementò un programma di stabilizzazione che comprendeva diverse
caratteristiche principali: un forte taglio ai sussidi sui prodotti e
sui servizi di base; una forte svalutazione della moneta seguita da
un tasso di cambio verso il Dollaro stabile; controllo dei salari e
dei prezzi e la cessazione della "scala mobile"; ed una politica
monetaria che controllerebbe l'espansione del credito, così facendo
salire i tassi d'interesse.

Il New York Times poi descrisse i sacrifici del popolo israeliano ed
il messaggio del programma di stabilizzazione come "Ognuno fa un
passo indietro - tutti insieme" [14].

Il programma di stabilizzazione israeliano funzionò come "un mini-
miracolo". L'inflazione cadde bruscamente, dalle tra cifre allo zero
nel 2000. Il tasso di cambio del siclo si stabilizzò, risalì
l'ammontare delle riserve valutarie, crebbe l'export e si contrasse
il deficit pubblico.

Oggi Israele sta cercando di andare oltre la stabilizzazione, per
compiere i cambiamenti strutturali sottostanti necessario per una
crescita economica sostenuta. Il governo ha continuato a tagliare i
sussidi sul cibo ed i servizi pubblici, comprese la sanità e
l'istruzione, a rimuovere il controllo dei prezzi ed a riformare la
sua struttura fiscale. Il governo ha cominciato a privatizzare le
aziende statali. Sono passi dolorosi, ma gli Israeliani riconoscono
la necessità di tali difficili misure.

Israele ha dato il benvenuto agli USA come ad un partner impegnato,
ed ha provato di essere uno dei pochi destinatari dell'aiuto
straniero USA che ha risposto positivamente alle proposte americane
di compiere grandi riforme nella sua economia.

22.15. [Mito]

"Israele prende misure protezionistiche che ostacolano il commercio
americano"

22.15. [Fatti]

Israele ha uno dei mercati più aperti per i beni americani. Gran
parte della crescita nel commertio USA-Israele è un risultato
dell'Accordo di Libero Scambio (FTA) del 1985. L'FTA dà ai prodotti
americani l'opportunità di competere alla pari con i beni europei,
che hanno anch'essi libero accesso al mercato interno israeliano.
Questo è stato il primo accordo di questo genere firmato dagli Stati
Uniti con qualsiasi governo straniero.

Dalla firma dell'FTA, le esportazioni USA in Israele sono cresciute
del 234%, mentre il volume totale del commercio tra i duo paesi è
salito del 317%, fino a quasi 20 miliardi di Dollari. Questa crescita
ha portato a più vendite e più profitti per gli esportatori americani.

22.16. [Mito]

"Il reclutamento di Jonathan Pollard come spia contro gli Stati Uniti
dimostra che Israele opera a danno degli interessi americani"

22.16. [Fatti]

Nel Novembre 1985, l'FBI arrestò Jonathan Pollard, un analista dello
spionaggio della Marina americana, accusandolo di aver venduto
materiale riservato ad Israele. Pollard fu poi condannato
all'ergastolo, e la moglie Anna si beccò cinque anni per aver aiutato
il marito.

Appena dopo l'arresto di Pollard, Israele porse le sue scuse e spiegò
che l'operazione non era autorizzata. "È politica d'Israele astenersi
da ogni attività spionistica nei confronti degli Stati Uniti",
dichiarò una presa di posizione ufficiale del governo, "a causa della
stretta e speciale amicizia" tra i due paesi". Il Primo Ministro
Shimon Peres affermò: "Spiare gli Stati Uniti è in totale
contraddizione con la nostra politica" [15].

Gli Stati Uniti ed Israele lavorarono insieme per investigare
sull'affare Pollard. L'inchiesta israeliana rivelò che Pollard non
stava lavorando per il Servizio Segreto Militare od il Mossad. Egli
era diretto da un'unità piccola ed indipendente di spionaggio
scientifico. Era stato Pollard a contattare gli Israeliani.

Una sottocommissione della Commissione Difesa ed Affari Esteri della
Knesset dedicata allo Spionaggio ed ai Servizi di Sicurezza
concluse: "Senza dubbio ... il livello operativo (cioè l'Unità di
Collegamento Scientifico comandata da Rafael Eitan) decise di
reclutare e gestire Pollard senza alcun controllo o consultazione con
il livello politico od averne ricevuto l'approvazione diretta od
indiretta". La commissione della Knesset chiese conto al governo di
non aver adeguatamente sovrainteso all'unità scientifica.

Come promesso al governo USA, l'unità spionistica che aveva diretto
Pollard fu sbandata, i sui capi puniti ed i documenti sottratti
restituiti [16]. Quest'ultimo punto fu cruciale per il procedimento
del Dipartimento di Giustizia USA contro Pollard.

Pollard negò di aver spiato "contro" gli Stati Uniti. Egli disse di
aver fornito solo le informazioni che riteneva vitali per la
sicurezza israeliana e che erano trattenute dal Pentagono. Queste
comprendevano dati sulle spedizioni di armi sovietiche in Siria,
sulle armi chimiche iraqene e siriane, sul progetto pakistano di
bomba atomica e sui sistemi di difesa aerea libici [17].

Pollard fu condannato per spionaggio. La sua condanna all'ergastolo è
stata la più severa mai data per aver spiato per un alleato. È stata
anche molto superiore alla condanna media inflitta per aver spiato
per l'Unione Sovietica ed altri nemici degli Stati Uniti [18].

Sebbene fosse stato inizialmente snobbato da Israele, il governo di
Benjamin Netanyahu ammise che Pollard aveva lavorato per lo
spionaggio israeliano e gli concesse la cittadinanza. Netanyahu
chiese clemenza per Pollard durante i colloqui di pace alla
Piantagione di Wye in Maryland nel 1998. Da allora, i funzionari
israeliani hanno supplicato ancora in pro di Pollard.

Anche i sostenitori di Pollard negli Stati Uniti chiedono
abitualmente che egli sia graziato. Si dice che il Presidente Clinton
avesse preso in considerazione la grazia, ma i funzionari della
Difesa e dello Spionaggio si sono opposti vigorosamente all'idea. Al
termine del mandato di Clinton fu riaperta la questione, ed il
Senatore Richard Shelby (Repubblicano, Alabama), presidente della
Commissione Scelta del Senato sullo Spionaggio, insieme con la
maggioranza dei senatori parlò contro la grazia: "Il Signor Pollard è
una spia condannata che ha messo a repentaglio la nostra sicurezza
nazionale, ed in pericolo le vite dei nostri agenti segreti", disse
Shelby, "Non ci sono parole abbastanza forti per esprimere la mia
convinzione che il Signor Pollard deve scontare ogni minuto della sua
condanna ..." [19].

22.17. [Mito]

"Israele ha raggirato gli USA convincendoli a vendere armi all'Iran in
cambio degli ostaggi, ed ha aiutato a dirottare i profitti verso i
Contras."

22.17. [Fatti]

Secondo il Rapporto delle Commissioni Congressuali d'Inchiesta
sull'Affare Iran-Contra emesso nel Novembre 1987, la vendita delle
armi
USA all'Iran attraverso Israele iniziò nell'estate del 1985, dopo aver
ricevuto l'approvazione del Presidente Reagan. Il rapporto mostra che
il
coinvolgimento israeliano fu stimolato da avancese separate nel 1985
del
mercante d'armi iraniano Manucher Ghorbanifar e dal consulente del
Consiglio per la Sicurezza Nazionale (NSC) Michael Ledeen, il quale
ultimo lavorava per il Consigliere alla Sicurezza Nazionale Robert
McFarlane. Quando Ledeen chiese assistenza al Primo Ministro Shimon
Peres, il capo israeliano acconsentì a vendere armi all'Iran
nell'interesse dell'America, purché la vendita fosse approvata in alto
loco negli USA [20].

Prima che gli Israeliani partecipassero, dice il rapporto, essi
chiesero
"un consenso chiaro, esplicito e vincolante da parte del Governo USA".
McFarlane disse alle Commissioni Congressuali che egli prima ricevette
l'approvazione del Presidente Reavan nel Luglio 1985. In Agosto,
Reagan
autorizzò nuovamente la prima vendita di armi all'Iran, tra le
obiezioni
del Segretario alla Difesa Caspar Weinberger e del Segretario di Stato
George Schultz [21]. Grazie a quell'accordo, il Reverendo Benjamin
Weir,
tenuto prigioniero in Libano per 16 mesi, fu rilasciato.

Quando fu proposta nel Novembre di quell'anno una spedizione di
missili
HAWK, il Ministro della Difesa israeliano Yitzchaq Rabin chiese
nuovamente una specifica approvazione USA. Secondo McFarlane, il
Presidente acconsentì.

Nel Dicembre 1985 il Presidente Reagan aveva deciso che le future
vendite agli Iraniani sarebbero venute direttamente dagli arsenali
USA.

Secondo il rapporto delle Commissioni, l'assistente dell'NSC Tenente
Colonnello Oliver North usò per la prima volta denaro dall'operazione
Iran per finanziare la resistenza nicaraguenze nel Novembre 1985. Egli
però testimoniò poi che la distrazione dei fondi ai Contras era stata
proposta a lui da Ghorbanifar durante un incontro nel Gennaio 1986.

Il miliardario saudita che commercia in petrolio ed armi Adnan
Khashoggi
disse in un'intervista all'ABC-TV del Dicembre 11, 1986, che egli
anticipò 1 milione di Dollari per aiutare a finanziare la prima
spedizione di armi nello scandalo delle armi Iran-Contra e mise 4
milioni di Dollari per la seconda spedizione. Secondo lo speciale
comitato di revisione del Presidente con a capo l'ex-senatore John
Tower, un funzionario straniero (si dice il Re saudita Fahd) donò da
1 a
2 milioni di Dollari al mese dal Luglio 1984 all'Aprile 1985 per
finanziare segretamente i Contras. L'Arabia Saudita negò di aver
aiutato
i ribelli nicaraguegni, ma il New York Times riferì che il contributo
avrebbe potuto essere parte di un segreto accordo del 1981 tra Riyadh
e
Washington "per aiutare i gruppi di resistenza anticomunista intorno
ai
sofisticati aerei radar americani AWACS, secondo i funzionari USA ed
altri familiari con l'accordo" [22].

La Commissione Bicamerale lodò il Governo israeliano per aver fornito
dettagliate cronologie degli eventi basandosi su documenti rilevanti e
su interviste con i partecipanti chiave nell'operazione. Questo
rapporto
inoltre corroborava la conclusione della Commissione Tower: "I
decisori
USA hanno preso le loro decisioni de debbono patire la responsabilità
per le conseguenze" [23].

22.18. [Mito]

"La dipendenza americana dal petrolio arabo è diminuita nel corso
degli anni"

22.18. [Fatti]

Nel 1973 l'embargo petrolifero arabo inflisse un duro colpo
all'economia americana. Questo, insieme con i successivi aumenti di
prezzo dell'OPEC ed una crescente dipendenza americana dal petrolio
straniero, innescò la recessione dei primi anni '70.

Nel 1973 il petrolio straniero soddisfava il 35% dei consumi
americani di petrolio, e nel 2001 la proporzione era salita al 53%, e
l'OPEC forniva il 45% delle importazioni USA. L'Arabia Saudita era al
terzo posto, l'Iraq al sesto ed il Kuwait al dodicesimo tra i primi
dieci fornitori di prodotti petroliferi agli USA nel 2001. I soli
stati del Golfo Persico fornivano da soli il 29% delle importazioni
di petrolio americane [24].

La crescente dipendenza dal petrolio importato ha reso inoltre
l'economia americana ancor più vulnerabile ai rialzi di prezzo, come
quelli del 1979, 1981, 1982, 1990 e 2000. I rialzi del prezzo del
petrolio hanno inoltre consentito ai produttori arabi di petrolio di
accumulare colossali guadagni a spese dei consumatori americani.
Questi profitti hanno finanziato grandi acquisti di armi e programmi
per armamenti non convenzionali come quello iraqeno.

La dipendenza americana dal petrolio arabo ha qualche volta sollevato
lo spettro di un rinnovato tentativo di ricattare gli Stati Uniti
perché abbandonassero il loro sostegno ad Israele. Nell'Aprile 2002,
per esempio, l'Iraq sospese le spedizioni di petrolio per un mese per
protestare le operazioni israeliane di sradicamento del terrorismo in
Cisgiordania. Nessun altro produttore arabo di petrolio ha seguito
l'esempio, e l'azione iraqena ha avuto scarso effetto sul mercato del
petrolio e nessun risultato politico.

La buona notizia per gli Americani è che tre dei quattro attuali
principali fornitori di petrolio agli USA - Canada, Venezuela e
Messico - sono più affidabili e migliori alleati delle nazioni del
Golfo Persico.

22.19. [Mito]

"Le principali compagnie petrolifere americane non prendono mai
posizione sul conflitto arabo-israeliano"

22.19. [Fatti]

Il Presidente egizio Sadat persuase il defunto Re saudita Faisal a
minacciare di negare il petrolio all'Occidente per sfruttare a scopi
politici la crescente dipendenza dell'Occidente industrializzato dal
petrolio arabo. La tattica ebbe successo: subito le principali
compagnie petrolifere americane sostennero pubblicamente la causa
araba, ed in privato operarono per indebolire il sostegno americano
ad Israele [26].

Secondo un rapporto della Sottocommissione sulle Aziende
Multinazionali della Commissione Relazioni Internazionali del Senato,
il consorzio ARAMCO (Exxon, Mobil, Texaco e SOCAL) tentarono di
bloccare il ponte aereo d'emergenza dall'America verso Israele
durante la guerra del 1973. Le compagnie inoltre cooperarono
strettamente con l'Arabia Saudita per negare olio e combustibile alla
Marina USA [27].

In altre occasioni, le maggiori società petrolifere hanno sostenuto
le posizioni dei paesi arabi, specialmente dell'Arabia Saudita. Le
principali società petrolifere hanno vigorosamente premuto sul
Congresso in pro della vendita degli F-15 nel 1978, e degli aerei
AWACS nel 1981. Insieme con gli agenti sauditi stranieri, queste
società reclutarono molte altre aziende americane per premere in
favore dei SAuditi [28]. L'Arabia Saudita ha una potente lobby negli
Stati Uniti perché centinaia delle più grandi società americane fanno
affari per miliardi di Dollari con il Regno. "Ed ognuna di queste
società", notò Hoag Levins, "aveva centinaia di subappaltatori e
venditori egualmente dipendenti dal mantenersi nelle grazi dei capi
mussulmani i cui paesi ora rappresentano tutti insieme il mercato più
ricco del mondo" [29].

I Sauditi spesso attaccano quella che ritengono l'eccessiva influenza
dei sostenitori d'Israele negli Stati Uniti, ma l'indagatore
giornalista Steve Emersono ha rovesciato l'accusa. Dopo aver elencato
molti dei legami tra l'Arabia Saudita ed il mondo degli affari,
dell'università, dei lobbisti e degli ex-funzionari governativi
d'alto rango in America, concluse:

"All'ampiezza ed alla vastità dell'impatto dei petroldollari non c'è
rimedio giuridico. Con così tante società, istituzioni e persone la
cui sete è soddisfatta dal denaro petrolifero, l'influenza dei
petroldollari è diffusa ovunque nella società americana. Il risultato
è la sembianza di un sostegno ampio e spontaneo per le politiche
dell'Arabia Saudita ed altri produttori arabi di petrolio da parte di
istituzioni americane che vanno dalle università al Congresso. La
proliferazione di legami d'interesse ha consentito agli interessi di
parte di confondersi con quelli della nazione.

Non è mai accaduto prima nella storia americana che una potenza
economica straniera abbia avuto il successo dell'Arabia Saudita nel
raggiungere e coltivare potenti sostenitori in tutto il paese. I
Sauditi hanno scoperto la quintessenza delle debolezze americane,
l'amore per il denaro, e la connessione con i petroldollari si è
diffusa per tutti gli Stati Uniti [30].

22.20. [Mito]

"Gli Stati Uniti ed Israele non hanno nulla in comune"

22.20. [Fatti]

Il rapporto tra USA ed Israele si basa sulle due colonne dei valori
condivisi e degli intressi comuni. Data questa comunanza d'interessi
e credenze, non dovrebbe sorprendere che il sostegno ad Israele è uno
dei valori più pronunciati e costanti nella politica estera del
popolo americano.

Sebbene dal punto di vista geografico Israele sia locato in una
regione non molto sviluppata e più prossima al Terzo Mondo che
all'Occidente, Isrele è emerso in meno di mezzo secolo come una
nazione progredita con le caratteristiche di una società occidentale.
Questo si può attribuire in particolare al fatto che un'alta
percentuale della popolazione è venuta dall'Europa o dal Nordamerica
ed ha portato con sé norme politiche e culturali occidentali. È anche
una funzione del comune retaggio ebraico-cristiano.

E nello stesso tempo, Israele è una società multiculturale con
persone che vengono da più di 100 nazioni. Oggi, circa metà di tutti
gli Israeliani sono Ebrei Orientali che fanno risalire le loro
origini alle antiche comunità ebraiche dei paesi islamici del
Nordafrica e del Medio Oriente.

Mentre vivono in una regione caratterizzata dalle autocrazie, gli
Israeliti si sono dedicati alla democrazia in un modo non meno
appassionato di quello degli Americani. Tutti i cittadini d'Israele,
indipendentemente dalla razza, dalla religione e dal sesso, sono
eguali di fronte alla legge e godono pieni diritti democratici. La
libertà di parola, riunione e stampa è incarnata nelle leggi e nelle
tradizioni del paese. L'indipendente magistratura israeliana sostiene
vigorosamente questi diritti.

Il sistema politico non differisce da quello americano - Israele è
una democrazia parlamentare - ma è sempre basato su libere elezioni
tra partiti diversi. E sebbene Israele non abbia una "costituzione"
formale, esso ha adottato delle "Leggi fondamentali" che creano
analoghe garanzie giuridiche.

Gli Americani hanno per molto tempo ammirato gli Israeliani, almeno
in parte perché vedono molto di se stessi nel loro spirito
pionieristico e nella lotta per l'indipendenza. Come gli Stati Uniti,
anche Israele è una nazione di immigranti. Ad onta dell'onere delle
spese militari che arrivano quasi ad un quinto del bilancio, ha avuto
un tasso straordinario di crescita economica per gran parte della sua
storia. È anche riuscito a mettere al lavoro la maggior parte dei
nuovi venuti. Come in America, gli immigranti in Israele hanno
tentato di rendere la vita loro e dei loro figli migliore. Alcuni
sono venuti da società non molto sviluppate come l'Etiopia e lo Yemen
e sono arrivati praticamente privi di beni, istruzione e formazione
professionale, e sono diventati membri produttivi della società
israeliana.

Gli Israeliani hanno anche la stessa passione americana per
l'istruzione. Gli Israeliani sono tra le persone più istruite del
mondo. Fin dall'inizio, Israele aveva un'economia mista, che
combinava il capitalismo con il socialismo secondo il modello
britannico. Le difficoltà economiche sperimentate da Israele - create
soprattutto dopo la Guerra del Kippur del 1973 dall'aumento del
prezzo del petrolio e dalla necessità di spendere una sproporzionata
parte del PIL nella difesa - hanno portato ad una transizione
graduale verso un sistema di libero mercato analogo a quello
americano. L'America ha accompagnato quest'evoluzione.

Negli anni '80 l'attenzione si è sempre più concentrata su una delle
colonne del rapporto - gli interessi in comune. Questo fu fatto a
causa delle minacce alla regione e perché i mezzi per una
cooperazione strategica vengono più facilmente forniti da iniziative
legislative. Ad onta della fine della Guerra Fredda, Israele continua
ad avere un ruolo da giocare negli sforzi comuni per proteggere gli
interessi americani, compresa la stretta cooperazione nella guerra al
terrore. La cooperazione strategica è progredita fino al punto in cui
ora c'è un'alleanza di fatto. Il marchio di fabbrica del rapporto è
la costanza e la fiducia: gli Stati Uniti sanno di poter contare su
Israele.

È più difficile escogitare programmi che facciano aggio sui valori
condivisi delle due nazioni che sui loro interessi nel campo della
sicurezza; cionondimeno, esistono programmi siffatti. Per esempi,
queste Iniziative sui Valori Condivisi (SVI) coprono un ampia gamma
di materie come l'ambiente, l'energia, lo spazio, l'istruzione, la
sicurezza nel lavoro e la salute. Quasi 400 istituzioni americane in
47 Stati, nel Distretto di Columbia ed a Puerto Rico hanno ricevuto
fondi da programmi binazionali con Israele. Rapporti poco noti come
l'Accordo sul Libero Scambio, il Programma di Ricerca sullo Sviluppo
Cooperativo, il Programma di Cooperazione Regionale sul Medio Oriente
e vari memorandum d'intesa con praticamente tutti gli enti pubblici
federali americani mostrano la profondità di questo rapporto
speciale. Anche più importanti possono essere gli ampi legami tra
Israele ed ognuno dei 50 stati ed il Distretto di Columbia.

22.21. [Mito]

"Il sostegno dell'America ad Israele è la ragione per cui i
terroristi hanno attaccato il World Trade Center ed il Pentagono l'11
Settembre 2001"

22.21. [Fatti]

I terribili attacchi contro gli Stati Uniti furono commessi da
fanatici mussulmani che avevano diverse motivazioni per questi ed
altri attacchi terroristici. Questi Mussulmani hanno
un'interpretazione perversa dell'Islam, e credono che debbono
attaccare gli infedeli, specialmente gli Americani e gli Ebrei, che
non condividono il loro credo. Essi si oppongono alla cultura ed alla
democrazia occidentale ed obiettano ad ogni presenza americana nelle
nazioni islamiche. Essi sono particolarmente irritati dall'esistenza
di basi militari americane in Arabia Saudita ed altre aree del Golfo
Persico. Questo sarebbe vero qualunque fosse la politica americana
verso il conflitto israelo-palestinese. Cionondimeno, un'ulteriore
scusa per il loro fanatismo è l'essere gli USA alleati con Israele.
Precedenti attacchi a bersagli americani, come l'USS Cole e le
ambasciate americane in Kenya e Tanzania, furono compiuti da
bombaroli suicidi la cui ira verso gli Stati Uniti aveva poco o punto
a che fare con Israele.

"Osama bin Laden [prima] fece le sue esplosioni e poi cominciò a
parlare dei Palestinesi. Non ne ha mai parlato prima".

— Presidente Egizio Hosni Mubarak [31]

Osama bin Laden sostenne di aver agito in pro dei Palestinesi, e che
la sua ira verso gli Stati Uniti fu foggiata dal sostegno americano
ad Israele. Questa era una nuova invenzione di bin Laden chiaramente
volta ad attrarre sostegno dal pubblico arabo ed a giustificare i
suoi atti terroristici. Il fatto à che l'antipatia di bin Laden verso
gli Stati Uniti non è mai stata legata al conflitto arabo-israeliano.
Sebbene molti Arabi siano stati convinti dal trasparente sforzo di
bin Laden di coinvolgere Israele nella sua guerra, il Dr. Abd Al-
Hamid Al-Ansari, preside di Shar'ia e Diritto all'Università del
Qatar, fu invece critico: "Nella loro ipocrisia, molti degli
intellettuali [arabi] hanno collegato l'11 Settembre col problema
palestinese - una cosa che contraddice completamente sette anni di
pubblicazioni di Al-Qaida. Al-Qaida non ha mai collegato alcunché
alla Palestina". [31a]

Anche Yasser Arafat disse al Sunday Times di Londra che bin Laden
dovrebbe smetterla di nascondersi dietro la causa palestinese. Bin
Laden "non ci ha mai aiutati, egli stava lavorando in un'area
completamente diversa, e contro i nostri interessi", disse Arafat
[32b].

Sebbene l'agenda di Al-Qaida non menzionasse la causa palestinese,
l'organizzazione ha iniziato ad intraprendere un ruolo più attivo nel
terrore contro i bersagli israeliani, a cominciare con l'attentato
suicida del 28 Novembre 2002 contro un albergo di proprietà
israeliana che uccise tre Israeliani ed 11 Keniani, ed il tentativo
di abbattere un aereo di linea israeliano con un missile al momento
del decollo dal Kenia, lo stesso giorno [32c].

22.22. [Mito]

"Il dirottamento di quattro aerei di linea in un solo giorno, l'11
Settembre, è stato un atto terroristico senza precedenti"

22.22. [Fatti]

Certo, l'ampiezza del massacro e della distruzione dell'11 Settembre
non aveva precedenti, così come l'uso di aerei civili a mo' di bombe.
Ma non era una novità il dirottamento aereo multiplo.

Il 6 Settembre 1970, i membri del Fronte Popolare per la Liberazione
della Palestina (FPLP) dirottarono tre aviogetti (della Swissair,
della TWA e della Pan Am) con più di 400 passeggeri in volo verso New
York. Anche un quarto apparecchio, un volo El Al, fu preso di mira,
ma gli agenti della sicurezza israeliani sventarono il dirottamento
durante il volo ed uccisero uno dei due terroristi quando essi
tentarono di irrompere nella cabina di pilotaggio. Il 9 Settembre,
anche un aviogetto della BOAC fu dirottato dall'FPLP [32].

L'ONU non riuscì ad emanare una condanna dei dirottamenti. Una
risoluzione del Consiglio di Sicurezza riuscì soltanto ad esprimere
grave preoccupazione, e non mise neppure ai voti la questione.

Invece di schiantare i loro apparecchi contro dei palazzi, loro li
fecero atterrare in dei campi d'aviazione (tre in Giordania, uno al
Cairo). Tutti i quattro aerei dirottati furono fatti saltare in aria
(dopo aver fatto evacuare i passeggeri) il 12 Settembre.

Quasi quaranta Americani erano tra i passeggeri tenuti in ostaggio in
Giordania mentre i terroristi tentavano di estorcere dai governi
occidentali e da Israele uno scambio degli ostaggi con i terroristi
palestinesi da essi imprigionati. Il 14 Settembre, dopo aver
rilasciato tutti gli ostaggi tranne 55, i terroristi dissero che
tutti gli ostaggi americani sarebbero stati trattati come gli
Israeliani. Questo provocò uno stallo pieno di tensione. Sette
terroristi furono alla fine liberati da Gran Bretagna, Germania e
Svizzera in cambio degli ostaggi [33].

Dopo i dirottamenti, degli scossi membri del Congresso chiesero
un'immediata azione di forza da parte degli Stati Uniti e della
comunità internazionale. Essi insistettero sulla rapida adozione di
misure volte a prevenire la pirateria aerea, che punissero i
colpevoli e riconoscessero la responsabilità delle nazioni che li
ospitano [34]. Ma non si è fatto praticamente nulla fino al 2001.

L'FPLP è un'organizzazione tuttora viva e vegeta, così come alcuni
dei singoli partecipanti responsabili, sostenuti dalla Siria,
dall'Autorità Palestinese e da altri. In effetti, Leila Khaled, la
persona che tentò di dirottare l'aviogetto della El Al, stava per
essere ammessa nei territori per partecipare alle sedute del
Consiglio Nazionale Palestinese nel 1996, ma ella continuava a
rifiutarsi di disconoscere il terrorismo. Si dice che ora viva ad
Amman.

"La princpiale delle 'cause' dell'estremismo e del terrorismo
islamico non è Israele, né la politica americana in Iraq, ma gli
stessi governi che ora danno ad intendere di sostenere gli Stati
Uniti mentre consigliano loro di affidarsi ad Ariel Sharon e di
cacciare Saddam Hussein. Il migliore esempio è l'Egitto. Il suo
regime autocratico, fondato mezzo secolo fa all'insegna del
nazionalismo arabo e del socialismo, è politicamente esausto e
moralmente decotto. Il Signor Mubarak, che teneva sotto controllo gli
estremisti islamici in Egitto solo mediante la tortura ed il
massacro, non ha un programma politico moderno od una visione di
progresso da offrire al suo popolo in alternativa alla vittimlogia
islamica di Osama bin Laden. Quegli Egizi che hanno tentato di
promuovere un simile programma ... sono ingiustamente imprigionati.
Invece, il Signor Mubarak si tratta bene con 2 miliardi di Dollari
all'anno di aiuto americano, consentendo e pure incoraggiando i
chierici ed i media controllati dallo Stato a promuovere la
propaganda antioccidentale, antimoderna ed antiebraica degli
estremisti mussulmani. Questa politica serve ai suoi scopi per
deviare la frustrazione popolare per la mancanza di libertà politica
o di sviluppo economico in Egitto. E spiega anche perché così tante
reclute di Osama bin Laden sono Egizie.

— Washington Post [35]

22.23. [Mito]

"I gruppi come Hizballah, Jihad Islamica, Hamas e l'FPLP dovrebbero
essere esclusi dalla guerra USA al terrorismo perché sono combattenti
per la libertà e non terroristi"

22.23. [Fatti]

Quando gli Stati Uniti dichiararono una guerra ai terroristi ed alle
nazioni che li ospitavano dopo l'11 Settembre, i paesi arabi ed i
loro simpatizzanti sostennero che molte delle organizzazioni che
compiono azioni violente contro gli Americani e gli Israeliani non
dovrebbero essere tra gli obbiettivi della nuova guerra americana
perché sono "combattenti per la libertà" anziché terroristi. Questo è
stato il mantra degli stessi terroristi, che sostengono che le loro
azioni sono forme legittime di resistenza all'occupazione israeliana.

"Non puoi dire che ci sono i terroristi buoni ed i terroristi
cattivi".

— Consigliere per la Sicurezza Nazionale USA Condoleezza Rice [36]

Quest'argomento è profondamente errato. Primo, i nemici d'Israele
razionalizzano ogni attacco come legittimo a causa di peccati reali e
fantasticati commessi dagli Ebrei sin dall'inizio del 20° Secolo. Di
conseguenza, il blocco arabo ed i suoi sostenitori alle Nazioni Unite
sono riusciti a bloccare qualsiasi condanna di ogni attacco
terroristico contro Israele. Invece, essi abitualmente sostengono
risoluzioni che criticano Israele quando reagisce.

Secondo, in nessun'altra parte del mondo si considera "legittima
forma di resistenza" l'uccisione di uomini, donne e bambini
innocenti. La lunga lista di orrendi crimini comprende cecchini che
sparano a degli infanti, bombaroli suicidi che fanno saltare in aria
pizzerie e discoteche, dirottatori che prendono ostaggi e li
ammazzano, infiltrati che ammazzano atleti olimpionici. Hizballah, la
Jihad Islamica, Hamas, l'FPLP e diversi altri gruppi, perlopiù
palestinesi, si sono impegnati per decenni in queste attività e
raramente sono stati condannati o portati davanti ad un giudice.
Tutti costoro integrano la definizione di gruppo terrorista del
governo USA: "Terrorismo è l'uso illegale della forza o la violenza
contro persone o beni per intimidare o costringere un governo, la
popolazione civile, od una sua qualsiasi parte, per perseguire
obbiettivi politici o sociali" [37] - e pertanto dovrebbero essere
bersagli degli sforzi USA di tagliare i loro fondi, di scalzare i
loro capi e portarli davanti ad un giudice.

Nel caso dei gruppi palestinesi, non c'è mistero sull'identità dei
loro capi, sulle loro fonti di finanziamento, e su quali nazioni
danno loro ricetto. Delle organizzazioni caritatevoli americane sono
state collegate al finanziamento di alcuni di questi gruppi, e
l'Arabia Saudita, la Siria, il Libano, l'Iraq, l'Iran e l'Autorità
Palestinese tutti quanti li proteggono e/o sostengono
finanziariamente e logisticamente.

"... ci sono responsabilità insite nell'essere il rappresentante del
popolo palestinese. E questo significa accertarsi che tu faccia tutto
quel che puoi per abbassare il livello della violenza, tutto quel che
puoi per sradicare i terroristi ed arrestarli, per accertarti che la
situazione della sicurezza nei territori palestinesi - per esempio
l'Area A - sia una da cui non possa sprizzare il terrore ... queste
sono responsabilità che abbiamo chiesto al Presidente Arafat di
assumersi, ed assumersi seriamente. Noi non crediamo ancora che si
sia fatto abbastanza da questo punto di vista ... Non puoi aiutarci
con Al-Qaida ed abbracciare Hizbullah. Od Hamas. Questo non è
accettabile".

— Consigliere per la Sicurezza Nazionale USA Condoleezza Rice [38]

22.24. [Mito]

"Il Mossad d'Israele ha compiuto il bombardamento del World Trade
Center per suscitare odio americano verso gli Arabi"

22.24. [Fatti]

Il Ministro della Difesa Siriano Mustafa Tlass ha detto ad una
delegazione della Gran Bretagna che Israele era il responsabile per
gli attacchi agli Stati Uniti dell'11 Settembre 2001. Egli sostenne
che il Mossad aveva avvertito migliaia di impiegati ebrei di non
recarsi al lavoro quel giorno al World Trade Center. Egli fu il
funzionario arabo di più alto rango ad esprimemere pubblicamente
un'opinione che si dice assai diffusa nel mondo arabo secondo cui gli
attacchi erano parte di una congiura ebraica per provocare
rappresagli USA contro il mondo arabo e volgere contro i Mussulmani
l'opinione pubblica americana. Un sondaggio pubblicato nel giornale
libanese An Nahar, per esempio, riscontrò che il 31% di chi rispose
riteneva che fosse Israele il responsabile dei dirottamenti, mentre
solo il 27% incolpava Osama bin Laden. Un sondaggio Newsweek rinvenne
che non pochi Egizi ritenevano che gli Ebrei fossero responsabili per
i bombardamenti del World Trade Center [39].

La teoria della congiura viene fatta circolare anche da capi islamici
americani. L'Imam Mohamed Asi del Centro Islamico di Washington disse
che furono dei funzionari governativi israeliani a decidere di
lanciare l'attacco dopo che gli Stati Uniti ebbero respinto la loro
richiesta di reprimere l'Intifada palestinese. "Se noi non siamo al
sicuro, non lo siete nemmeno voi", fu quello che pensarono gli
Israeliani dopo il rifiuto USA, secondo Asi [40].

Nessun'autorità americana ha suggerito, né si è mai esibita alcuna
prova, che faccia pensare che qualche Israeliano od Ebreo abbia avuto
un ruolo negli attacchi terroristici. Queste teorie cospiratorie sono
assolutamente insensate, e riflettono quanto sono pronte molte
persone nel mondo arabo ad accettare delle panzane antisemitiche e la
mitologia del potere ebraico. Esso possono anche riflettere il
rifiuto di credere che dei Mussulmani potessero essere responsabili
per le atrocità e la speranza che esse potessero essere fatte
ricadere sugli Ebrei.

22.25. [Mito]

"Mohammad Atta, il terrorista che ha mandato l'aereo contro il World
Trade Center, fece saltare un autobus in Israele nel 1986. All'epoca
Israele arrestò, processò, condannò, imprigionò Atta, ma fu convinto
dagli USA a rilasciarlo come parte dell'accordo di pace di Oslo"

22.25. [Fatti]

L'Internet è una meravigliosa innovazione, ma una delle sue
caratteristiche problematiche è che consente a false voci di
spargersi rapidamente per il mondo. La storiella secondo cui Atta,
che si ritiene fosse uno degli organizzatori degli attacchi
terroristici contro gli Stati Uniti dell'11 Settembre 2002, era stato
rilasciato da una prigione israeliana in seguito a pressioni
americane, e che avrebbe poi ringraziato gli USA facendo piombare un
aereo dentro il World Trade Center è uno di quei falsi pettegolezzi
che ora vive di vita propria. Non è chiaro da dove venga, e la
risposta è arrivata lentamente, ma ora sappiamo che la storia sembra
essere frutto di quasi-omonimia.

Nel 1990 gli Stati Uniti estradarono un Palestinese di nome Mahmoud
Abed Atta perché venisse processato per il mitragliamento di un
autobus israeliano a Samaria nell'Aprile 1996 in cui morì il
conducente. Abed Atta era legato al gruppo terroristico di Abu Nidal
e fuggì in Venezuela dopo l'omicidio, ma fu deportato negli Stati
Uniti. Era anche cittadino americano e per tre anni ingaggiò una
battaglia legale per evitare l'estradizione. Egli perse e fu
deportato in Israele il 2 Novembre 1990. Abed Atta fu alla fine
rilasciato dopo che la Corte Suprema sentenziò che c'erano dei vizi
nel procedimento di estradizione. Non si sa dove sia ora.

Il terrorista sospettato dell'attacco dell'11 Settembre, Muhammad
Atta, era egizio e non aveva parentela alcuna con Abed Atta [41].

22.26. [Mito]

"Le università americane dovrebbero disinvestire dalle compagnie che
fanno affari in Israele per costringerlo a por fine all''occupazione'
ed agli abusi nei diritti umani"

22.26. [Fatti]

La parola "pace" nelle petizioni di disinvestimento non compare, cosa
che rende evidente che l'intento non è di risolvere il conflitto, ma
di delegittimare Israele. I richiedenti accusano Israele per la
mancanza di pace e chiedono che esso compia concessioni unilaterali
senza contraccambio da parte dei Palestinesi, neppure la cessazione
del terrorismo. I propugnatori del disinvestimento ignorano inoltre
gli sforzi d'Israele durante il processo di pace di Oslo, ed agli
incontri al vertice col Presidente Clinton, di raggiungere uno
storico compromesso con i Palestinesi che avrebbe creato uno stato
Palestinese.

La campagna di disinvestimento contro il Sudafrica era diretta
specificamente contro società che stavano usando le leggi razziste di
quel paese a loro vantaggio. In Israele non esistono siffatte leggi
razziste; inoltre, le società che fanno affari lì seguono il medesimo
standard di eguali diritti per i lavoratori che si applicano negli
Stati Uniti.

Il Rettore dell'Università di Harvard Lawrence Summers osservò che
gli sforzi di disinvestimento sono antisemitici. "Opinioni
profondamente antiisraeliane stanno trovando sempre maggior sostegno
nelle comunità intellettuali progressiste", disse Summers, "Persone
serie e pensose stanno invocando e compiendo azioni che hanno un
effetto, se non un intento antisemita" [42].

La pace nel Medio Oriente verrà solo da negoziati diretti tra le
parti, e solo dopo che i paesi arabi riconoscano il diritto di
Israele ad esistere, ed i Palestinesi e gli altri Arabi la smettano
di sostenere il terrorismo. Le università americane non possono
essere d'aiuto con maldirette campagne di disinvestimento che
ingiustamente dichiarano Israele la fonte dei conflitti nella
regione. I proponenti il disinvestimento sperano di marchiare Israele
con un'associazione con il Sudafrica dell'Apartheid, un confronto
offensivo che ignora che tutti i cittadini israeliani sono uguali
secondo la legge.

22.27. [Mito]

"I sostenitori d'Israele tentano di azzittire i critici
etichettandoli come antisemiti"

22.27. [Fatti]

Non è detto che criticare Israele faccia di qualcuno un antisemita.
Il fattore determinante è l'intento del commentatore. I legittimi
critici accettano il diritto d'Israele ad esistere, ma gli antisemiti
no. Gli antisemiti usano un doppio standard quando criticano Israele,
per esempio negando agli Israeliani il diritto di perseguire le loro
legittime rivendicazioni, mentre incoraggiano i Palestinesi a farlo.
Gli antisemiti negano ad Israele il diritto di difendersi, ed
ignorano le vittime ebree, mentre incolpano Israele per aver
inseguito i loro assassini. Gli antisemiti non fanno mai, o quasi,
affermazioni positive su Israele. Gli antisemiti descrivono gli
Israeliani con termini spregiativi od istigatori, suggerendo, ad
esempio, che essi siano "razzisti" o "nazisti".

Non ci sono campagne per impedire alla gente di esprimere opinioni
negative sulla politica israeliana. Di fatti, i critici più sonori
d'Israele sono gli stessi Israeliani che usano la loro libertà di
parola per esprimere ogni giorno le loro preoccupazioni. Un'occhiata
a qualsiasi giornale israeliano rivelerà una sovrabbondanza di
articoli che mettono in discussione questa o quella politica del
governo. Ma gli antisemiti non condividono l'interesse degli
Israeliani per il miglioramento della loro società; il loro scopo è
delegittimare lo stato nel breve periodo e distruggerlo nel lungo
periodo. Non c'è nulla che Israele possa fare per soddisfare questi
critici.

[Note]

[1] Foreign Relations of the United States 1947, (DC: GPO, 1948), pp.
1173-4, 1198-9, 1248, 1284. [Henceforth FRUS 1947.]
[2] Mitchell Bard, The Water's Edge And Beyond, (NJ: Transaction
Publishers, 1991), p. 132.
[3] FRUS 1947, p. 1313.
[4]Harry Truman, Years of Trial and Hope, Vol. 2, (NY: Doubleday,
1956), p. 156.
[5] John Snetsinger, Truman, The Jewish Vote and the Creation of
Israel, (CA: Hoover Institution Press, 1974), pp. 9-10;
David Schoenbaum, "The United States and the Birth of Israel,"
Wiener Library Bulletin, (1978), p. 144n.
[6] Peter Grose, Israel in the Mind of America, (NY: Alfred A. Knopf,
1983), p. 217;
Michael Cohen, "Truman, The Holocaust and the Establishment of
the State of Israel," Jerusalem Quarterly, (Primavera 1982), p. 85.
[7] Memorandum di una conversazione sui colloqui Harriman-Eshkol, (25
Febbraio 1965);
Memorandum di una conversazione tra l'Ambasciatore Avraham Harman
e W. Averill Harriman, Ambassador-at-Large, (15 Marzo 1965), LBJ
Library;
Yitzhak Rabin, The Rabin Memoirs, (MA: Little Brown and Company,
1979), pp. 65-66..
[8] Robert Trice, "Domestic Political Interests and American Policy
in the Middle East: Pro-Israel, Pro-Arab and Corporate Non-
Governmental Actors and the Making of American Foreign Policy, 1966-
1971," (Dissertazione dottorale inedita, University of Wisconsin-
Madison, 1974), pp. 226-230.
[9] Memorandum di una conversazione tra Yitzhak Rabin ed al., e di
Paul Warnke et al., (4 Novembre 1968), LBJ Library.
[9a] Jerusalem Post, (27 Giugno 2002).
[10] Ministero Israeliano della Difesa.
[1] Dore Gold, America, the Gulf, and Israel, (CO: Westview Press,
1988), p. 84.
[12] Yitzhak Rabin, discorso alla conferenza su "Strategia e Difesa
nel Mediterraneo Orientale", sponsorizzata dal Washington Institute
for Near East Policy e dall'Associazione dei Corrispondenti Militari
Israeliani, Gerusalemme, (9-11 Luglio 1986).
[13] Ronald Reagan, "Recognizing the Israeli Asset," Washington Post,
(15 Agosto 1979).
[14] New York Times, (9 Agosto 1987).
[15] Wolf Blitzer, Territory of Lies, (NY: Harper & Row, 1989), p.
201.
[16] New York Times, (2 e 21 Dicembre 1985).
[1] Blitzer, pp. 166-171.
[18] Alan Dershowitz, Chutzpah, (MA: Little Brown, & Co., 1991), pp.
289-312.
[19] Washington Post, (23 Dicembre 2000).
[20] Buona parte di queste informazioni sono state confermate dalla
divulgazione di conversazioni registrate di figure chiave dello
scandalo, "Nightline," (2 Ottobre 1991).
[21] Rapporto delle Commissioni Congressuali d'Inchiesta sull'Affare
Iran-Contra, (DC: GPO, 1987), pp. 164-76.
[22] New York Times, (4 Febbraio 1987).
[23] The Tower Commission Report, (NY: Bantam Books and Time Books,
1987), p. 84.
[24] Energy Information Administration.
[25] Al-Musawwar, (19 Gennaio 1990).
[26] See Steven Emerson, "The ARAMCO Connection," The New Republic,
(19 Maggio 1982), pp. 11-16;
Russell Howe and Sarah Trott, The Power Peddlers, (NY:
Doubleday, 1977), pp. 342-343;
Anti-Defamation League, The U.S.-Saudi Relationship, (NY: ADL,
1980), p. 6.
[27] Steven Emerson, The American House of Saud, (NY: Franklin Watts,
1985), pp. 36-37;
Steven Spiegel, The Other Arab-Israeli Conflict: Making
America's Middle East Policy from Truman to Reagan, (IL: University
of Chicago Press, 1985), pp. 258-59;
Anthony Sampson, The Seven Sisters, (NY: Viking Press, 1975),
pp. 248-50;
Hoag Levins, Arab Reach: The Secret War Against Israel, (NY:
Doubleday, 1983), p. 51.
[28] Steven Emerson, "The Petrodollar Connection," The New Republic,
(17 Febbraio 1982), pp. 18-25;
anche Emerson, (85), pp. 177-213.
[29] Levins, p. 19.
[30] Emerson (85), p. 413.
[31] Newsweek, (29 Ottobre 2001).
[31] aAl-Raya (Qatar), (6 Gennaio 2002).
[32]Henry Kissinger, The White House Years. (MA: Little Brown & Co.,
1979), pp. 600-617.
[32b] Washington Post, (16 Dicembre 2002).
[32c] CNN, (3 Dicembre 2002).
[33] Guardian Unlimited, (1 Gennaio 2001).
[34] Near East Report, (16 Settembre 1970).
[35] Editoriale del Washington Post, (11 Ottobre 2001).
[36] Jerusalem Post, (17 Ottobre 2001).
[37] Washington Post, (13 Settembre 2001).
[38] Jerusalem Post, (9 Novembre 2001).
[39] Jerusalem Post, (19 Ottobre 2001); Sondaggio Newsweek citato
in "Protocols," The New Republic Online, (30 Ottobre 2001).
[4] Jewish Telegraphic Agency, (2 Novembre 2001).
[41] Jerusalem Post, (8 Novembre 2001).
[42] Discorso per la preghiera del mattino, Memorial Church,
Cambridge, Massachusetts, (17 Settembre 2002), Ufficio del Rettore,
Università di Harvard.
05/10/2007 17:09
 
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Insediamenti, di Mitchell G.Bard

Miti da confutare

24.a. "Israele non ha diritto di risiedere in Cisgiordania. Gli
insediamenti israeliani sono illegali."
24.b. "Gli insediamenti sono un ostacolo per la pace"
24.c. "La Convenzione di Ginevra proibisce la costruzione di
insediamenti ebraici nei territori occupati"
24.d. "Israele ha insediato provocatoriamente gli Ebrei
prevalentemente nelle città arabe, e ha stabilito così tanti elementi
che il compromesso territoriale non è più possibile."
24.e. "Israele deve evacuare tutti gli insediamenti ebraici prima che
si possa realizzare un accordo di pace coi palestinesi"
24.f. "A Camp David, durante la presidenza di Jimmy Carter, Israele
ha accettato di fermare la costruzione degli insediamenti per cinque
anni. Durante i mesi, Israele ha violato gli accordi, instaurando
nuovi insediamenti in Cisgiordania."
24.g. "Il contributo finanziario americano fornisce ad Israele
miliardi di dollari provenienti dai contribuenti americani che sono
stati usati per costruire insediamenti in Cisgiordania e nella
striscia di Gaza per dare alloggio agli Ebrei sovietici."
24.h. "Israele non ha diritto di costruire le case in Har Homa perché
è parte della Gerusalemme Est araba ed è quindi un altro progetto di
insediamenti che impedisce la pace"
24.i. "Il rapporto Mitchell ha chiarito che la politica di
insediamenti israeliana va considerata come causa del crollo del
processo di pace tanto quanto la violenza palestinese, e che un
congelamento degli insediamenti è necessario per arrestare le
violenze."
24.l. "Chiunque difenda gli insediamenti razionalizza la perpetua
occupazione del popolo palestinese e della sua terra"
24.m. "Gli accordi di pace che Israele ha firmato con i palestinesi
proibiscono l'attività di insediamento"
24.n. "La Croce Rossa ha dichiarato che gli insediamenti israeliani
sono un crimine di guerra"

[I miti in dettaglio]

24.a. MITO

"Israele non ha diritto di risiedere in Cisgiordania. Gli
insediamenti israeliani sono illegali."

24.a. FATTI

Gli Ebrei hanno vissuto in Giudea e Samaria - la Cisgiordania - sin
dai tempi antichi. L'unica volta in cui agli Ebrei fu proibito di
vivere nei territori nei decenni recenti fu durante il governo
Giordano dal 1948 al 1967. La proibizione era contrario al Mandato
per la Palestina, adottato dalla Lega delle Nazioni, che prevedeva
l'insediarsi di uno stato ebraico, e incoraggiava
specificatamente "un insediamento vicino degli Ebrei alla Terra."
Numerose autorità legali disputano la questione se gli insediamenti
sono "illegali".
Il professore di legge internazionale Stephen Schwebel sottolinea che
un paese che agisce con l'autodifesa può misurare ed occupare il
territorio quand'è necessario per proteggersi.
Schwebel osserva inoltre che uno stato può richiedere, come
condizione per il suo ritiro da un territorio, delle misure di
sicurezza disegnate per assicurare ai suoi cittadini di non essere
nuovamente minacciati da quel territorio. [1]

Secondo Eugen Rostow, il precedente Sottosegretario di Stato agli
Affari Politici dell'amministrazione Johnson, la risoluzione 242 da
ad Israele il diritto legale di trovarsi in Cisgiordania. La
risoluzione, osserva Rostow, "permette ad Israele di amministrare i
territori" ottenuti nel 1967 "finché non venga realizzata una pace
giusta e duratura nel medio oriente".[2]


24.b. MITO

"Gli insediamenti sono un ostacolo per la pace"

24.b. FATTI

Gli insediamenti non sono mai stati un ostacolo per la pace.

Dal 1949 al 1967, quando agli Ebrei era proibito di vivere in
Cisgiordania, gli Arabi si rifiutarono di firmare la pace con Israele.
Dal 1967 al 1977, il partito laburista stabilì solo alcuni
insediamenti strategici nei territori, eppure gli arabi non volevano
negoziare la pace con Israele.
Nel 1977, mesi dopo che il governo del Likud, impegnato ad ampliare
l'attività di insediamenti, prese potere, il Presidente egiziano
Sadat andò a Gerusalemme e firmò in seguito il trattato di pace con
Israele. Per caso, esistevano degli insediamenti israeliani nel Sinai
e quelli furono rimossi come parte dell'accordo con l'Egitto.
L'anno dopo, Israele congelò la costruzione di insediamenti per tre
mesi, sperando che questo gesto avrebbe incitato gli altri arabi a
partecipare al processo di pace di Camp David. Ma nessuno lo fece.
Nel 1994, la Giordania firmò un accordo di pace con Israele e gli
insediamenti non erano stati presi in questione. Oltretutto il numero
di Ebrei che viveva nei territori stava crescendo.
Tra il giugno del 1992 e il giugno del 1996 sotto il governo guidato
dai laburisti, la popolazione ebraica nei territori, crebbe
all'incirca del 50%. Questa rapida crescita non impedì ai palestinesi
di firmare gli accordo di Oslo nel settembre 1993 o gli accordi di
Oslo2 nel settembre 1995.
Nel 2000 il primo ministro Ehud Barak offrì di smantellare dozzine di
insediamenti, ma i palestinesi non hanno accettato di terminare il
conflitto.

L'attività degli insediamenti può essere uno stimolo al processo di
pace perché ha forzato i palestinesi e gli arabi a riconsiderare il
fatto che il tempo è dalla loro parte.
Sono frequenti i riferimenti negli scritti arabi a proposito di
quanto tempo fu necessario per espellere i Crociati e quanto tempo
potrebbe prendere per fare lo stesso con i Sionisti.
La crescita della popolazione ebraica nei territori ha forzato gli
arabi a mettere in discussione questo principio.
"I palestinesi realizzano ora", disse il sindaco di Betlemme Elias
Freij, "che il tempo ora è dal lato d'Israele, che può costruire gli
insediamenti e creare dati di fatto, e che la sola via d'uscita da
questo dilemma sono le negoziazioni faccia a faccia." [3]

Molti israeliani, nonostante ciò, hanno dubbi sull'espansione degli
insediamenti. Alcuni li considerano una provocazione, altri temono
che i coloni siano particolarmente vulnerabili, e sono stati
obiettivo di ripetuti attacchi terroristici palestinesi.
Per difenderli, viene schierato un grande numero di soldati che
sarebbe altrimenti allenato e preparato per un possibile conflitto
con l'esercito arabo.
Alcuni israeliani obiettano inoltre che la quantità di denaro che va
alle comunità oltre la linea verde, e i sussidi speciali che sono
stati forniti per rendere le loro case più affidabili.
Altri sentono ancora che i coloni forniscono una prima linea di
difesa e di sviluppo della terra che appartiene giustamente ad
Israele.
La disposizione degli insediamenti è una questione per le
negoziazioni dello stato finale. La questione di dove sarà il confine
estremo tra Israele e un'entità palestinese sarà verosimilmente
influenzato dalla distribuzione di queste città ebraiche.
Israele vuole incorporare quanti più coloni possibile dentro i suoi
confini mentre i palestinesi vogliono espellere tutti gli ebrei dal
territorio che loro controllano.
Se Israele si ritirasse entro i confini del 1967 unilateralmente, o
come parte di un insediamento politico, molti coloni dovrebbero
affrontare una o più opzioni: rimanere nei territori, essere espulsi
dalle loro case, o reinsediarsi volontariamente in Israele.
L'impedimento alla pace non è l'esistenza di questi insediamenti, è
la riluttanza palestinese di accettare uno stato a fianco di Israele
anziché uno al posto di Israele.

24.c. MITO

"La Convenzione di Ginevra proibisce la costruzione di insediamenti
ebraici nei territori occupati"

24.c. FATTI

La Quarta Convenzione di Ginevra proibisce il trasferimento forzato
di persone di uno stato in un territorio di un altro stato che ha
occupato come conseguenza di una guerra.
L'intenzione era quella di assicurare che le popolazioni locali che
si erano trovate sotto occupazione che non sarebbero state costrette
a trasferirsi.
Questo non è in alcun modo rilevante rispetto alla questione degli
insediamenti. Gli Ebrei non sono stati costretti ad andare in
Cisgiordania e nella striscia di Gaza; al contrario, sono ritornati
ai luoghi
dove loro, o i loro predecessori, una volta avevano vissuto prima di
essere espulsi da terzi.
Inoltre questi territori non sono mai appartenuti legalmente, né alla
Giordania né all'Egitto, e certamente nemmeno ai palestinesi, che non
hanno mai avuto l'autorità in alcuna parte della Palestina.
"Il diritto ebraico di insediamento nell'area è equivalente in tutti
i sensi al diritto della popolazione locale di vivere lì," secondo il
Professor Eugene Rostow, precedente Sottosegretario di Stato agli
Affari Politici. [4]
Per motivi di prudenza, inoltre, Israele non requisisce le terre
private per stabilirvi degli insediamenti.
La costruzione di case è permessa su terre private solo dopo che è
stato determinato che non ci siano diritti privati violati. Gli
insediamenti non spostano inoltre gli arabi che vivono nei territori.
I media a volte danno l'impressione che per ogni Ebreo che si muove
in Cisgiordania, diverse centinaia di Palestinesi sono costretti a
spostarsi. La verità è che la vasta maggioranza degli insediamenti è
stata costruita in aree disabitate e anche la manciata di
insediamenti stabiliti dentro o presso città arabe non hanno
costretto mai nessun palestinese ad andarsene.

24.c. LA FRASE CELEBRE

"Gli insediamenti nelle diverse parti della cosiddetta area
occupata... [sono stati] il risultato di una guerra che loro [gli
israeliani] hanno vinto"
Segretario alla Difesa Statunitense, Donald Rumsfeld [4a]



24.d. MITO

"Israele ha insediato provocatoriamente gli Ebrei prevalentemente
nelle città arabe, e ha stabilito così tanti elementi che il
compromesso territoriale non è più possibile."

24.d. FATTI

Complessivamente, l'area degli insediamenti costruiti è di meno del
2% di tutti i territori disputati. Circa l'80% dei coloni vive in
quelli che sono in effetti delle periferie delle maggiori città
israeliane, come Gerusalemme e Tel Aviv. Queste sono aree che
potenzialmente l'intera popolazione ebraica ritiene Israele debba
trattenere per assicurarsi la propria sicurezza, e anche il
presidente Clinton, sottolineò nel Dicembre 2000 che sarebbero dovute
rimanere sotto l'autorità permanente Israeliana.[4b]

Questioni strategiche hanno portato sia i laburisti che il governo
del Likud a stabilire degli insediamenti. L'obiettivo è di
assicurarsi una maggioranza ebraica in regioni chiave della
Cisgiordania, come il corridoio Tel Aviv - Gerusalemme, sfondo di
pesanti scontri in svariate guerre arabo-israeliane.
Inoltre, quando cominciarono i colloqui di pace arabo-israeliani nel
tardo 1991, più dell'80% della Cisgiordania non conteneva
insediamenti o al massimo alcuni popolati in modo sparso. [5]

Oggi circa 225.000 Ebrei vivono in circa 150 comunità in
Cisgiordania. La sovrastante maggioranza di questi insediamenti ha
meno di 1.000 abitanti, e diversi di essi hanno solo alcune dozzine
di residenti. Gli analisti hanno sottolineato che l'80% degli ebrei
si potrebbe portare all'interno dei confini israeliani con modifiche
minime della "Linea Verde".



24.e. MITO

"Israele deve evacuare tutti gli insediamenti ebraici prima che si
possa realizzare un accordo di pace coi palestinesi"

24.e. FATTI

L'implicazione delle diverse critiche fatte sugli insediamenti è che
sarebbe meglio ai fini della pace in Cisgiordania siano Judenrein
(svuotati dagli Ebrei). Questa idea sarebbe chiamata antisemita se
agli Ebrei venisse proibito di vivere a New York, o a Parigi, o a
Londra; vietargli di vivere nella Cisgiordania, la culla della
civiltà ebraica, non sarebbe meno discutibile.

Qualunque accordo di pace permetterebbe inevitabilmente agli Ebrei
che preferiscono vivere fuori dallo Stato d' Israele, sotto
l'autorità palestinese di vivere in Cisgiordania - così come gli
arabi oggi vivono in Israele.
Da nessun governo israeliano ci si aspetterebbe che questo
rinforzasse il tipo di politiche istituite dai britannici con cui
grandi aree della Palestina furono dichiarate "off-limits" per gli
Ebrei.


24.f. MITO

"A Camp David, durante la presidenza di Jimmy Carter, Israele ha
accettato di fermare la costruzione degli insediamenti per cinque
anni. Durante i mesi, Israele ha violato gli accordi, instaurando
nuovi insediamenti in Cisgiordania."

24.f. FATTI

Il periodo di cinque anni concordato a Camp David, fu un periodo
concesso ai palestinesi di auto-governo nei territori.
La moratoria israeliana sugli insediamenti in Cisgiordania concordata
dal Primo Ministro Menachem Begin fu di soli tre mesi. Begin mantenne
questo accordo.
La posizione israeliana sulla questione ricevette un supporto da una
fonte inaspettata: il presidente egiziano Anwar Sadat, che disse: "
Abbiamo concordato di congelare l'insediamento di colonie per i
prossimi tre mesi, il tempo necessario nelle nostre stime per firmare
il trattato di pace ". [6]
I palestinesi rifiutarono gli accordi di Camp David e perciò i
provvedimenti a loro relativi non furono mai realizzati.
Se avessero accettato i termini offerti da Begin, è molto probabile
che l'autorità auto-governativa si sarebbe sviluppata molto prima di
adesso nello stato che i palestinesi dicono di desiderare.



24.g. MITO

"Il contributo finanziario americano fornisce ad Israele miliardi di
dollari provenienti dai contribuenti americani che sono stati usati
per costruire insediamenti in Cisgiordania e nella striscia di Gaza
per dare alloggio agli Ebrei sovietici."

24.g. FATTI

Dal 1989, circa un milione di Ebrei è immigrato in Israele. La
maggioranza, circa l'80%, proveniva dall'ex Unione Sovietica. Israele
deve fornire a questi immigranti cibo, una casa, un impiego e
istruzione.
Il compito è ancor più difficile quando l'assorbimento è relativo ad
Ebrei di luoghi relativamente poco sviluppati come l'Etiopia, cui
spesso deve venire insegnato tutto, dall'utilizzo di una toilette al
come si ritirano i soldi da una banca.
Per affrontare queste sfide, Israele ha investito miliardi di
dollari. Oltretutto, la comunità degli Ebrei americani ha contribuito
con milioni di dollari attraverso l'Appello degli Ebrei Uniti della
campagna Operazione Exodus e di altre associazioni filantrope.
Nonostante ciò, l'incombenza era così gravosa che Israele si rivolse
agli USA per ricevere aiuto. Per mettere in prospettiva la sfida, si
consideri che gli USA - un paese di 250 milioni di persone, con un
prodotto nazionale di migliaia di miliardi di dollari - ammette circa
125mila rifugiati all'anno.
Solo nel 1990, in Israele sono immigrati 200mila Ebrei.
Gli USA hanno condotto il Mondo Libero ad assicurare la libertà degli
Ebrei Sovietici. Dal 1972, il Congrsso ha stanziato dei fondi per
aiutare lo stabilirsi degli Ebrei sovietici in Israele.
Dal 1992, 80 milioni di dollari sono stati stanziati a questo scopo.
Dopo che l'Unione Sovieticà aprì i suoi cancelli, il "rivolo" di
immigranti divenne un'inondazione - l'immigrazione da quel paese
arrivò alle stelle, da meno di 13mila persone nel 1989 a più di
185mila nel 1990. Israele in seguito chiese diversi tipi di aiuto.
Gli USA risposero nel 1990 approvando un prestito di 400 milioni di
dollari garantiti per aiutare Israele a dare una casa ai suoi nuovi
arrivati.

Le garanzie però non sono promesse - neanche un penny dei fondi
governativi americani è stato trasferito in Israele. Gli USA hanno
semplicemente cofirmato dei prestiti per Israele che danno ai
banchieri il permesso di prestare soldi ad Israele
in termini più favorevoli: rate di interesse inferiori e periodi di
rimborso più lunghi - fino a 30 anni anziché da cinque a sette.
Questo prestito inoltre garantisce di non avere effetti sui programmi
interni o sulle garanzie.
Inoltre non hanno impatto sui contribuenti americani, a meno che
Israele non venga meno ai suoi debiti,cosa che non è mai avvenuta.
Inoltre, parecchio del denaro preso in prestito da Israele viene
usato negli USA per comprare beni americani.

Quando fu chiaro che il fiume di rifugiati era ancora più grosso di
quanto anticipato, e decine di migliaia continuavano ad arrivare ogni
mese, Israele capì che era necessario un aiuto maggiore e chiese agli
Stati Uniti altre garanzie per 10 miliardi di dollari.

Nel 1992, il Congresso autorizzò il Presidente a fornire garanzie di
prestito ad Israele date come effetto dello sforzo straordinario da
parte d'Israele ad insediare ed assorbire emigranti.
Queste garanzie furono rese disponibili in un incremento annuale di
due miliardi di dollari in cinque anni.
Mentre il costo del governo USA era nullo, Israele pagava agli Stati
Uniti debiti annuali di diverse centinaia di milioni di dollari per
coprire costi amministrativi e non.

Secondo linee guida preesistenti, nessuna assistenza USA ad Israele
può essere utilizzata oltre i confini precedenti il 1967. Inoltre,
per sottolineare il malcontento relativo alle politiche israeliani di
insediamenti, il Presidente
fu autorizzato a ridurre le garanzie di prestito annuale di un
ammontare pari a quello stimato essere il valore delle attività
israeliani in Cisgiordania e nella striscia di Gaza intraprese lo
scorso anno.

Così, come indica la tabella, il dipartimento di Stato ha determinato
che Israele spendesse sotto 1.4 miliardi di dollari per l'attività di
insediamento dal 1993 al 1996. Il Presidente fu comunque autorizzato
a rescindere queste deduzioni nel caso in cui la resa disponibile di
fondi per Israele sia di interesse
per la sicurezza degli Stati Uniti. Il Presidente Clinton utilizzò
questa autorità negli ultimi tre anni del suo programma, così la
riduzione attuale nell'ammontare delle garanzie disponibili per
Israele era di 773.8 milioni di dollari.

I soldi connessi con gli insediamenti inoltre non hanno niente a che
fare con i nuovi immigranti, nessuno di loro è stato costretto a
vivere nei territori.
Infatti solo una piccola percentuale di essi ha deciso di farlo.

Con tutte le misure, il programma di prestito garantito degli USA è
stato un enorme successo.
Israele ha utilizzato i fondi principalmente per incrementare
l'ammontare della valuta corrente straniere nel settore d'affari del
paese
e per supportare progetti di infrastrutture, quali strade, ponti,
acque di scolo e piani elettrici.
Queste garanzie hanno inoltre aiutato Israele ha fornire case e
lavoro potenziali per tutti i nuovi immigranti.
La disoccupazione tra gli immigrati, che ha raggiunto l'apice al 35%,
è calata al 6%, circa lo stesso tasso del resto della popolazione.

Oltre a contribuire al successo Israeliano di assorbire immigrati
mantenendo una crescita economica, il programma di garanzie di
prestito ha inviato inoltre un forte messaggio
ai mercati capitali privati internazionali relativi alla fiducia che
gli USA hanno nell'abilità di Israele a sopportare questo potenziale
fardello economico.
Di conseguenza, il tasso di credito di Israele venne migliorato ed
Israele può prendere in prestito centinaia di milioni di dollari sui
mercati finanziari internazionali in modo indipendente.


24.h. MITO

"Israele non ha diritto di costruire le case ad Har Homa perché è
parte della Gerusalemme Est araba ed è quindi un altro progetto di
insediamenti che impedisce la pace"

24.h. FATTI

Costruire a Har Homa rappresenta l'ultima fase di un più vasto piano
municipale di costruzione di case per la città di Gerusalemme
cominciato nel 1968.
L'intera area di Har Homa è inferiore ai 460 acro. Quando il progetto
incominciò era completamente libera e non era adiacente a nessuna
popolazione araba.
La decisione originaria di proseguire le costruzione sull' Har Homa
fu presa dal Primo Ministro laburista Shimon Peres nel 1996; le
costruzioni non proseguire poiché la questione
era legata alle corti israeliane. La corte Suprema Israeliana
respinse gli appelli dei proprietari terrieri ebrei ed arabi e
approvò l'esproprio di terre per il progetto.
Gli espropri erano intrapresi sulla base del principio fondamentale
della legge collettiva del dominio eminente,che permette ai governi
di espropriare le terre dai proprietari privati per l'uso pubblico.
La maggior parte della terra , il 75%, fu espropriato agli ebrei.

Il piano di costruzione fu approvato dal governo Netanyahu dopo la
decisione della Corte di affrontare la grave scarsezza di case sia
tra gli arabi che tra gli ebrei a Gerusalemme.
Il progetto dovrà infine includere 6500 case, così come anche scuole,
parchi, edifici pubblici e commerciali e zone industriali.
I piani di costruzione per 3015 case nei 10 quartieri arabi di
Gerusalemme saranno implementati contemporaneamente al progetto per
Har Homa.

24.h. LA FRASE CELEBRE

"Credo che dovremmo annettere il quartiere di Har Homa, un quartiere
contro il quale il mio movimento ha combattuto una stupida campagna.
Har Homa ha una contiguità territoriale
con lo Stato d'Israele. Dire che Har Homa disturba la contiguità dei
territori palestinesi, e rendere ciò in una causa possibile per la
guerra è una sciocchezza, è idiozia."
Prof. Amiram Goldblum - Leader di Peace Now.[7]


24.i. MITO

"Il rapporto Mitchell ha chiarito che la politica di insediamenti
israeliana va considerata come causa del crollo del processo di pace
tanto quanto la violenza palestinese, e che un congelamento degli
insediamenti è necessario per arrestare le violenze."

24.i. FATTI

Nel Novembre del 2000, l'ex Senatore USA George Mithcell fu
incaricato di condurre una commissione di rilevamento degli eventi
per investigare la causa dell'Intifada di al-Aksa ed indagare su come
prevenire le violenze future.
Il rapporto redatto dalla sua commissione raccomandava di congelare
gli insediamenti - essendo una delle più di 15 differenti misure di
costruzione - ma Mitchell e Warren Rudman, un altro membro della
commissione resero chiaro che le attività di insediamento non erano
in alcun modo
paragonabili al terrorismo palestinese.
Affermarono esplicitamente in una lettera chiarificatrice il loro
punto di vista: "vogliamo proseguire e chiarire che non equipariamo
in nessun modo
il terrorismo palestinese con l'attività di insediamento israeliana,
né 'somiglianti' o altro".

Mitchell e Rudman hanno anche discusso l'idea che la cessazione della
costruzione di insediamenti ed il terrorismo fossero connessi.
"Lo scopo immediato deve essere il termine della violenza.... Parte
dello sforzo per la cessazione della violenza deve includere una
immediata ripresa della cooperazione per la sicurezza
tra il governo Israeliano e l'Autorità Palestinese, mirato a
prevenire la violenza e a combattere il terrorismo." Hanno aggiunto
poi, "Riguardo al terrorismo, chiamiamo l'Autorità palestinese, come
una misura di costruzione di fiducia, per rendere chiaro

con azioni concrete, che gli Israeliani e i Palestinesi sono uguali,
e che il terrore è riprovevole e inaccettabile, e che l'Autorità
Palestinese deve fare il massimo sforzo per prevenire le operazioni
terroristiche e per punire chi perpetra questi atti nella sua
giurisdizione." [8]


24.l. MITO

"Chiunque difenda gli insediamenti razionalizza la perpetua
occupazione del popolo palestinese e della sua terra"

24.l. FATTI

Mentre fa un forte caso per i suoi diritti nei territori, il governo
Israeliano riconosce anche che i palestinesi hanno pretese legittime
su quell' area e che il compromesso si può raggiungere attraverso le
negoziazioni:

Politicamente, la Cisgiordania e la Striscia di Gaza sono meglio
definiti come territori sui quali ci sono pretese competitive che
dovrebbero essere risolte con le negoziazioni in un processo di pace.
Israele ha rivendicazioni valide da affermare in questo territorio
basate
non solo sulle sue connessioni storiche e religiosa con la terra, ed
anche per le sue riconosciute ragioni di sicurezza, ma anche sul
fatto che il territorio non era sotto la sovranità di alcuno state e
che divenne sotto il controllo israeliano in una guerra di auto
difesa, imposta ad Israele.
Allo stesso tempo, Israele riconosce che i palestinesi hanno delle
rivendicazioni legittime su quell'area. Infatti, il fatto che
entrambe le parti abbiano accettato di condurre negoziazioni sugli
insediamenti indica che considerano un compromesso su tale questione.
[9]

Infatti, durante le negoziazioni del 2000 di Camp David alla Casa
Bianca, il Primo Ministro Barak comunicò ufficialmente di offrire lo
smantellamento di almeno 63 territori.[10]. I Palestinesi rifiutarono
tale proposta.


24.m. MITO

"Gli accordi di pace che Israele ha firmato con i palestinesi
proibiscono l'attività di insediamento"

24.m. FATTI

Né la Dichiarazione dei Principi del 13 Settembre 1993, né l'Accordo
a Interim contengono alcun provvedimento che proibisce o restringe
l'insediamento o l'espansione delle comunità ebraiche nella
Cisgiordania o nella Striscia di Gaza.
Con la clausola negli accordi che proibisce il cambiamento nello
stato dei territori, si intendeva assicurare solo che nessuno dei due
lati prendesse misure unilaterali per modificare lo stato legale
delle aree (come l'annessione o la dichiarazione di sovranità)

24.n. MITO

"La Croce Rossa ha dichiarato che gli insediamenti israeliani sono un
crimine di guerra"

24.n. FATTI

Il rappresentate a Gerusalemme della Commissione Internazionale a
Gerusalemme (ICRC), Rene Kosimik, il 17 maggio 2001 ha
affermato, "L'insediamento di una popolazione di un potere occupante
nel territorio occupato è considerato un movimento illegale, è una
violazione grave. Soprattutto è un crimine di guerra." Il deputato
Eliot Engel protestò presso il Presidente dell'ICRC, Jakob
Kellenberger, che rispose, "L'espressione crimine di guerra non è
stata usata dall'ICRC in relazione con gli insediamenti Israeliani
nei territori occupati nel passato e non sarà mai più usata nel
contesto attuale." Ha aggiunto inoltre, "il riferimento fatto ad essi
del 17 maggio era inappropriato e non sarà ripetuto" [11]

24.n. La FRASE CELEBRE

"Se la costruzione di insediamenti è concentrata ora nelle aree che i
palestinesi stessi riconoscono resteranno parte di Israele in
qualunque accordo di pace futuro, perché incentrare ossessivamente
gli insediamenti come `ostacolo alla pace ' ?"
Yossi Klein Halevi [12]

NOTE

1. American Journal of International Law, (April, 1970), pp. 345-46.
2. New Republic, (October 21, 1991), p. 14.
3. Washington Post, (November 1, 1991).
4. American Journal of International Law, (1990, vol 84), p. 72.
4a. USA Today, (August 7, 2002).
4b. Ha'aretz, (September 13, 2001).
5. Jerusalem Post, (October 22, 1991).
6. Middle East News Agency, (September 20, 1978).
7. Iton Yerushalaym, (June 8, 2000).
8. Letter from George Mitchell and Warren Rudman to ADL Director
Abraham Foxman, (May 11, 2001).
9. Israeli Foreign Ministry, "Israeli Settlements and International
Law," (May 2001).
10. Temporary International Presence in Hebron.
11. Jerusalem Post, (May 24, 2001).
12. Los Angeles Times, (June 20, 2001).
[SM=x511437]
05/10/2007 17:11
 
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I mass-media, di Mitchell G.Bard



Miti da confutare


26.a. "La copertura della stampa relativa ad Israele è proporzionale
alla sua importanza negli affari mondiali"

26.b. "Israele riceve così tanta attenzione perché è l'unico paese del
Medio Oriente che incide sugli interessi statunitensi"

26.c. "La copertura dei media occidentali relativa al mondo arabo è
uguale a quella relativa ad Israele"

26.d. "La copertura mediatica nel mondo arabo è obiettiva"

26.e. "I giornalisti che si occupano del medio oriente sono guidati
dalla ricerca della verità"

26.f. "I media lasciano maggior spazio di manovra ad Israele perché è un
alleato degli USA"

26.g. "Israele !!!!!non giustifica così tanta attenzione perché non è
uno degli alleati americani"

26.h. "Israele ottiene una copertura mediatica favorevole perché gli
ebrei americani controllano i media è hanno una sproporzionata influenza
politica"

26.i. "Gli ufficiali arabi dicono ai giornalisti occidentali le stesse
cose che dicono ai loro popoli"

26.l. "I giornalisti sono molto esperti della storia mediorientale e
quindi possono contestualizzare correttamente gli eventi correnti"

26.m. "I media illustrano propriamente il pericolo che gli israeliani
devono affrontare proveniente dai palestinesi "

26.n. "La copertura mediatica dell'intifada è stata equilibrata e
corretta"

26.o. "Israele non può negare la verità delle foto che illustrano i suoi
abusi"

26.p. "La stampa non fa apologie dei terroristi"

26.q. "L'autorità palestinese non pone alcuna restrizione ai giornalisti
stranieri"

26.r. "Al-jazeera è la CNN araba e fornisce al mondo arabo una fonte
obiettiva di notizie"

26.s. "I media esaminano attentamente le affermazioni palestinesi prima
di pubblicarle"



[I miti in dettaglio]





26.a. MITO



26.a. "La copertura della stampa relativa ad Israele è proporzionale
alla sua importanza negli affari mondiali"



26.a. FATTI



E' difficile giustificare l'ammontare della copertura di notizie date su
Israele basandola sull'importanza che questa nazione ricopre negli
affari internazionali o sugli interessi nazionali americani. Com'è
possibile che un paese delle dimensioni del New Jersey meriti
quotidianamente un'attenzione superiore a quelle che sembrano essere
nazioni più interessanti come la Russia, la Cina e la Gran Bretagna?



Israele probabilmente ha il maggior quoziente di fama procapite al
mondo. Gli americani conoscono più della politica israeliana che di
qualunque altro paese straniero. La maggior parte dei leader israeliani,
ad esempio, sono più familiari negli USA che quelli dei vicini americani
in Canada o in Messico. Inoltre, un'alta percentuale di americani
discutono del conflitto arabo-israeliano.



Uno dei motivi per cui gli americani conoscono così bene Israele è la
vastità della copertura mediatica. Le organizzazioni informative
americane infatti usano tipicamente avere la maggior parte dei
corrispondenti in Israele, eccezion fatta per la Gran Bretagna.





26.b. MITO



26.b. "Israele riceve così tanta attenzione perché è l'unico paese del
Medio Oriente che incide sugli interessi statunitensi"



26.b. FATTI



Il medioriente è importante per gli USA (e per il mondo occidentale)
soprattutto a causa delle sue risorse petrolifere.

Gli eventi che possono minacciare la produzione e la fornitura di
petrolio influiscono sugli interessi vitali degli USA. Inoltre gli Stati
Uniti hanno anche un interesse a supportare i regimi amici in quella
regione. L'attenzione viene giustificata dal fatto che il medioriente è
lo scenario di ripetute conflagrazioni che direttamente o indirettamente
influenzano gli interessi americani.

Eventi in paesi come la Giordania, il Libano o l'Iran hanno richiesto
l'intervento delle truppe USA, e niente focalizza l'opinione pubblica
americana quanto le vite degli americani messe in pericolo all'estero.
Gli Stati Uniti sono stati profondamente coinvolti in ciascuna delle
guerre arabo-israeliane, ma hanno anche avuto le loro guerre
indipendenti da esse, tra cui la più nota Guerra del Golfo.



D'altra parte, gli americani non sono interessati tipicamente in guerre
fratricide di popoli in terre lontane dove la lotta non appare avere
alcuna influenza sugli interessi americani. Questo è vero per l'Africa,
l'America Latina e anche per i Balcani.

Similmente, le guerre tra i paesi arabi non hanno generato lo stesso
tipo di interesse che hanno i problemi d'Israele.

Comunque, la disputa israelo-palestinese - due popoli che combattono su
una sola terra- è una storia particolarmente avvincente. E ciò che la
rende ancora più avvincente è che è incentrata sulla Terra Santa.



Un altro motivo della copertura sproporzionata che Israele riceve
relativamente ai paesi Arabi è che pochi corrispondenti hanno un
background relativo alla storia mediorientale o parlano i linguaggi del
luogo.

I giornalisti hanno maggior familiarità con l'estesa cultura occidentale
presente in Israele che con la più aliena cultura delle società
musulmane.



26.b. LA FRASE CELEBRE



"Israele è un paese del medioriente dove i corrispondenti possono avere
una fidanzata"



S. Abdallah Schleifer [1]





26.c. MITO



26.c. "La copertura dei media occidentali relativa al mondo arabo è
uguale a quella relativa ad Israele"



26.c. FATTI



La comunità giornalistica si riferisce al mondo arabo-islamico come all'
"arco del silenzio" [2].

I media in quei paesi sono strettamente controllati dai regimi
totalitaristi. Per contro, Israele è una democrazia con uno dei corpi di
stampa più liberi del mondo.

L'accesso limitato viene usato spesso come una scusa per il fallimento
dei media a coprire le notizie nella regione. Questo è stato il caso, ad
esempio, durante la guerra Iran-Iraq - uno dei conflitti più sanguinosi
delle ultime quattro decadi. Inoltre, nonostante l'intraprendenza dei
giornalisti americani, è scioccante che sia data una copertura così
bassa anche ai regimi più autoritari.



26.d. MITO



26.d. "La copertura mediatica nel mondo arabo è obiettiva"



26.d. FATTI



Quando ai giornalisti è permesso aprirsi un varco all'interno del velo
di segretezza, il prezzo dell'accesso ai dittatori e ai terroristi è
spesso eccessivo.

I reporters vengono molte volte intimiditi o ricattati. In Libano,
durante gli anni '90, ad esempio, l'Organizzazione per la liberazione
della Palestina (OLP) ebbe reporters

che seguivano i suoi comandi come prezzo della protezione e delle
interviste che gli venivano concesse.

Durante l'intifada di al-Aksa i giornalisti israeliani furono ammoniti
dall'andare contro l'autorità palestinese e alcuni ricevettero
telefonate minatorie dopo avere pubblicato articoli critici nei
confronti della leadership palestinese. [3]



Quando gli fu chiesto di commentare ciò che molti osservatori
definiscono una tendenza contro Israele della CNN, Reese Schonfels, il
primo presidente dell'emittente rispose: "Quando li vedo in onda vedo
che sono molto attenti alla sensibilità degli arabi".

Schonfeld lasciò intendere che le cronache erano tendenziose perché la
CNN non vuole rischiare l'accesso speciale che ha nel mondo arabo. [5]



Nei paesi arabi, i giornalisti sono tipicamente scortati per vedere ciò
che il dittatore vuole che essi vedano oppure vengono pedinati. I
cittadini vengono avvertiti dalle agenzie di sicurezza, a volte
direttamente, a volte in modo velato, che devono stare attenti a ciò che
riferiscono ai visitatori.



Nel caso della stampa sull'autorità palestinese, i media occidentali si
basano su assistenti palestinesi per scortare i loro corrispondenti nei
territori.

Inoltre, i palestinesi spesso forniscono notizie che vengono trasmesse
in tutto il mondo. "Secondo stime personali", scrisse il giornalista
Ehud Ya'ari, "oltre il 95% delle immagini televisive trasmesse via
satellite ogni sera dai vari canali israeliani e stranieri sono fornite
da equipe di ripresa palestinesi. Le due agenzie principali nel mercato
delle news in TV, l' APTN e la Reuters TV, gestiscono un'intera rete di
stringers palestinesi, freelancers e fixers in tutti i territori per
fornire un'istantanea degli eventi.

Queste equipe ovviamente si identificano emotivamente e politicamente
con l'intifada e, nel caso migliore, non osano filmare qualsiasi cosa
che potrebbe mettere in imbarazzo l'autorità palestinese. Perciò le
macchine fotografiche vengono angolate per mostrare una visione
inquinata delle azioni dell'esercito israeliano, senza mai focalizzarsi
sugli uomini armati palestinesi, producendo diligentemente un tipo molto
specifico di quadro della situazione alla base." [6]



Un incidente particolarmente spropositato accadde nell'Ottobre 2000
quando due riservisti non-combattenti israeliani furono linciati a
Ramallah da una rivolta palestinese.

Secondo i reporters sul luogo, la polizia palestinese tentò di evitare
che i giornalisti stranieri filmassero l'incidente. Un'equipe di una
televisione italiana (TG5 N.d.T) riuscì a filmare parte di questo
attacco e queste scioccanti immagini fecero infine parte dei titoli di
testa di tutto il mondo. Un'agenzia concorrente italiana (RAI N.d.T.)
seguì una tattica differente, inserendo un avviso nel principale
quotidiano palestinese, Al-Hayat-Al-Jadidah, spiegando che non aveva
niente a che fare con il filmato dell'incidente:



Chiarimenti speciali dal rappresentante italiano della rete televisiva
ufficiale italiana



Miei cari amici di Palestina, ci congratuliamo con voi e crediamo che
sia nostro compito mettervi al corrente degli eventi che hanno avuto
luogo a Ramallah il 12 ottobre.

Una delle reti private italiane, nostra concorrente, e non la rete
televisiva ufficiale italiana RAI, ha ripreso gli eventi; quella rete
ha filmato gli eventi.

In seguito la televisione israeliana ha mandato in onda le immagini così
come erano state riprese dalla rete italiana e in questo modo
l'impressione del pubblico è stata che noi, cioè la RAI, avessimo
filmato quelle immagini. Desideriamo sottolineare che le cose non sono
andate in questo modo perché noi rispettiamo sempre e continueremo a
rispettare le procedure giornalistiche dell'Autorità Palestinese per il
lavoro giornalistico in Palestina e

siamo attendibili per il nostro lavoro accurato.

Vi ringraziamo per la vostra fiducia e potete stare certi che questo non
è il nostro modo d'agire (ossia nel senso che non lavoriamo come le
altre reti televisive).

Non facciamo e non faremo cose del genere.



Vi preghiamo di accettare i nostri migliori auguri.



Riccardo Cristiano

Rappresentante della rete ufficiale italiana in Palestina [7]





Se un'organizzazione di informazione devia dalla linea filo-palestinese,
viene immediatamente attaccata. Nel novembre 2000, ad esempio, l'Unione
dei giornalisti palestinesi si lamentò che l'Associated Press forniva
una falsa impressione dell'intifada di al-Aksa. L'unione chiamò la
cronaca dell'AP un crimine consapevole contro il popolo palestinese e
disse che era serva della posizione israeliana.

L'Unione minacciò di adottare tutte le misure necessarie contro chi
lavorava per l'AP così pure contro gli uffici AP siti nell'Autorità
Palestinese se l'agenzia avesse continuato a nuocere gli interessi
palestinesi. [8]





26.e. MITO



26.e. "I giornalisti che si occupano del medio oriente sono guidati
dalla ricerca della verità"



26.e. FATTI



Non sarà una sorpresa sapere che i giornalisti nel medioriente
condividono l'interesse nel sensazionalismo coi loro colleghi che si
occupano della cronaca delle loro questioni locali. L'esempio più
eclatante viene dai reporter della televisione la cui enfasi sul visivo
sopra la sostanza incoraggia un trattamento più superficiale delle
questioni.

Ad esempio, quando al corrispondente dell' NBC in Israele fu chiesto
perché i reporters si presentavano alle dimostrazioni palestinesi in
Cisgiordania, pur sapendo che erano state montate, rispose "Continuiamo
a filmare perché abbiamo bisogno delle immagini" [10].

Le reti non possono ottenere immagini sensazionali da società chiuse
come la Siria, l'Arabia Saudita, l'Iran e la Libia.



Israele si trova spesso ad affrontare situazioni impossibili in cui
cerca di contrastare le immagini con le parole. "Quando un carroarmato
entra dentro Ramallah non fa una buona impressione in TV", spiega Gideon
Meir, ministro degli esteri israeliano. "Sicuramente possiamo spiegare
perché siamo lì, e questo è ciò che facciamo. Ma sono parole. Dobbiamo
lottare contro le immagini con le parole" [10a]

L'enormità del problema che Israele deve affrontare è chiarita da Tami
Allen-Frost, deputato presidente dell'Associazione della stampa estera
e produttore per le news della ITN britannica, che afferma "l'immagine
più forte che resta nelle menti è un carroarmato in una città" e che "ci
sono più incidenti nella Cisgiordania che terroristi suicidi. In
sostanza, è la quantità che sta con te" [10b].



26.e. LA FRASE CELEBRE



"Stavamo filmando l'inizio della dimostrazione. Improvvisamente un
camioncino si è spinto all'interno frettolosamente. Dentro, c'erano
militanti di al-Fatah.

Hanno dato ordini e distribuito molotov. Stavamo filmando.

Ma queste immagini non le vedrete mai.

In pochi secondi, tutti i giovani ci hanno circondato, minacciato, e ci
hanno portato via alla stazione di polizia. Lì, siamo stati
identificati ma siamo stati anche costretti a eliminare tutte le
immagini controverse. La polizia palestinese ha calmato la situazione
ma ha censurato le nostre immagini. Ora abbiamo la prova che quelle
rivolte non erano spontanee.

Tutti gli ordini venivano da una gerarchia palestinese"



Jean Pierre Martin [11]







26.f. MITO



26.f. "I media lasciano maggior spazio di manovra ad Israele perché è un
alleato degli USA"



26.f. FATTI



Gli americani tendono ad avere un doppio standard relativamente agli
Ebrei, aspettandosi da loro più degli altri popoli. Questo è in parte
dovuto dalle stesse elevate aspettative degli Ebrei e dall'obiettivo di
essere una "luce tra le nazioni". Così, quando gli israeliani fanno
qualcosa di sbagliato, spesso questo attrae l'attenzione, laddove gli
arabi vengono collocati su uno standard inferiore.

Ad esempio, quando Israele espulse quattro palestinesi, questo evento ha
generato a una serie di titoli a caratteri cubitali, ma quando il Kuwait
ne ha deportati centinaia di migliaia, non era un evento.

Similmente, la morte di un palestinese in Cisgiordania ha ricevuto una
copertura molto maggiore delle migliaia di arabi uccisi in Algeria.

Un giorno quando Israele ebbe un titolo di testa per avere ucciso
quattro terroristi, una storia in formato A19 del Washington Post
seppellì nei dodici paragrafi la notizia che più di ottanta persone
erano state uccise in uno scontro violento tra il Pakistan e l'India.
[11a] A torto o a ragione, l'attitudine del pubblico e della stampa è
quella che gli Ebrei si debbano comportare diversamente.







26.g. MITO



26.g. "Israele !!!!!!!!!!non giustifica così tanta attenzione perché non
è uno degli alleati americani"



26.g. FATTI



Israele fa parte di una relazione unica con gli USA datata alla prima
metà del secolo quando il Congresso approvò la creazione di uno Stato
Ebraico in Palestina.

Harry Truman è generalmente considerato come la "levatrice" nella
nascita del nuovo stato, e gli USA sono stati cruciali economicamente,
diplomaticamente e militarmente nel supporto allo sviluppo e alla
sopravvivenza di Israele.

L'America ha un'affinità con Israele per via dei valori che
condividono - democrazia, amore della libertà, obbligo dell'istruzione -
che si traduce in un vasto rango di persone ....!!!!!!!!!.

Il pubblico è affascinato da questo Popolo del Libro, che ha vagato di
paese in paese attraverso i secoli, ha sofferto grandi persecuzioni, ed
è ritornato alla sua terra d'origine, costruendo una società high-tech
florida, avendo anche combattuto e sconfitto nemici di superiorità
schiacciante.

Gli americani ammirano lo spirito pioniero degli Ebrei che per primi si
sono insediati in Palestina creando i Kibbutzim, in parte perché
rispecchia la loro storia.

Loro amano anche !!!!!!!!!i perdenti, che gli Ebrei continuano ad essere
anche quando Israele che è cresciuta come potenza militare.

Quando Israele è cresciuta come potenza militare, è diventato anche un
alleato strategico che gode dello stato speciale dell'Alleanza Maggiore
Non-NATO.





26.h. MITO



26.h. "Israele ottiene una copertura mediatica favorevole perché gli
ebrei americani controllano i media è hanno una sproporzionata influenza
politica"



26.h. FATTI



Se gli ebrei controllassero i media, sarebbe improbabile sentire così
tanti reclami degli ebrei stessi relativi all'inclinazione
anti-israeliana della stampa.

E' vero che la quantità di attenzione che riceve Israele è correlata col
fatto che la maggior parte della popolazione ebraica nel mondo è negli
USA e che Israele è molto legata agli ebrei americani. Un gran numero di
ebrei occupa posizioni significanti nei media (anche se comunque non
hanno modo di controllare la stampa come invece sostengono gli
antisemiti), e la popolazione ebraica è concentrata per lo più sui
principali mercati come New York e Los Angeles, quindi non è
sorprendente che l'attenzione sia rivolta verso Israele.



Politicamente, gli ebrei esercitano un potere sproporzionato negli USA e
lo usano per supportare politiche che rafforzano le relazioni
Israelo-Statunitensi; comunque non c'è

alcuna evidenza che questo si traduca in una copertura mediatica
favorevole ad Israele.

Si potrebbe sostenere che le forze pro-arabe, così come le industrie
petrolchimiche, hanno molta più influenza sui media ed incoraggiano una
tendenza anti israeliana.





26.i. MITO



26.i. "Gli ufficiali arabi dicono ai giornalisti occidentali le stesse
cose che dicono ai loro popoli"



26.i. FATTI





Gli ufficiali arabi, esprimono spesso il loro punto di vista in modo
molto diverso quando parlano in inglese rispetto a quando parlano in
arabo.

Esprimono i loro veri sentimenti e le loro posizioni ai loro elettori
nella loro lingua madre. Per l'esterno, comunque gli arabi hanno
imparato a parlare con toni moderati

e spesso riferiscono punti di vista molto diversi quando parlano in
inglese verso ascoltatori occidentali.

Tempo fa, i propagandisti arabi divennero molto più sofisticati.

Ora appaiono continuamente sulla TV americana durante i telegiornali e
sono citati sulla carta stampata e vengono mostrati come persone
ragionevoli con legittimi risentimenti.

Ciò che molte di queste persone dicono in arabo, invece, è spesso molto
meno moderato e ragionevole. Da quando gli israeliani possono tradurre
oralmente ciò che dicono gli arabi sono molto più consapevoli
dell'opinione dei loro nemici. Gli americani e gli altri anglofoni,
comunque, possono essere facilmente ingannati con scaltre presentazioni
della propaganda araba.



Per dare solo un esempio, il negoziatore di pace palestinese Saeb Erekat
è frequentemente citato dai media occidentali. Dopo il brutale
assassinio di due teen-agers israeliani il 9 maggio 2001, gli fu chiesto
un commento. Il Washington Post riportò la sua risposta:



Saeb Erekat, un ufficiale palestinese, ha detto in inglese durante la
conferenza stampa che "uccidere civili è un crimine, sia dal lato
israeliano che palestinese." Il commento non è stato riportato sui media
palestinesi in linguaggio arabo. [12]



L'aspetto inusuale della storia è che il Post ha riportato il fatto che
il commento di Erekat è stato ignorato dalla stampa palestinese.



Durante gli anni, Yasser Arafat ha consistentemente detto una cosa in
inglese ai media occidentali e qualcosa di totalmente diverso alla
stampa araba nella sua madre lingua.

Per questo l'amministrazione Bush insistette sul fatto che egli
ripetesse in arabo ciò che aveva detto in inglese, in particolare nelle
condanne degli attacchi terroristici e ai richiami di fine delle violenz
e.







26.l. MITO



26.l. "I giornalisti sono molto esperti della storia mediorientale e
quindi possono contestualizzare correttamente gli eventi correnti"



26.l. FATTI

Un motivo di incomprensione relativo al medioriente e all'inclinazione
mediatica nella cronaca è l'ignoranza dei giornalisti in quella regione.
Pochi reporters parlano in arabo o in ebraico, perciò hanno un accesso
poco o nullo alle fonti primarie. Rigurgitano frequentemente storie che
hanno letto in inglese su pubblicazioni regionali piuttosto che
riportandole indipendentemente.

Quando tentano di porre eventi nel loro contesto storico, spesso
espongono scorrettamente i fatti e un'impressione inesatta e
ingannevole.

Per citare un esempio, durante l'esposizione della storia dei luoghi
sacri a Gerusalemme, Garrick Utley della CNN ha riportato che gli ebrei
potevano pregare presso il Muro del Pianto durante il regno giordano tra
il 1948 e il 1967 [13]. I fatti sono che agli Ebrei era proibita la
visita al loro luogo più sacro. Questo è un punto critico della storia
che aiuta a spiegare la posizione israeliana rispetto a Gerusalemme.

26.m. MITO


26.m. "I media illustrano propriamente il pericolo che gli israeliani
devono affrontare proveniente dai palestinesi "


26.m. FATTI


Durante l'intifada era comune per i media dipingere la battaglia in
termini di Davide e Golia, un'immagine rinforzata dalle riprese dei
bambini che scagliano pietre contro

I soldati armati. La situazione era in realtà differente, come scoprì il
giornalista americano Sidney Zion nell'agosto del 1988 visitando
Betlemme. Zion fu quasi colpito da una pietra mentre si trovava in taxi.
"E' stato un bene che la pietra mi abbia mancato", disse. "Non l'avevo
vista arrivare, e non sarei sopravvissuto per vedere l'attimo successivo
in cui il guidatore aveva accelerato. Fortunatamente nessuno stava su
quel sedile, ma era evidente che gli arabi non stavano mirando nel
vuoto"

Zion che scrisse di medioriente per oltre 20 anni, disse che ciò i media
americani riportavano lo avevano indotto a credere che "i tiratori di
rocce miravano all'esercito israeliano, e non ai taxi. Avete mai visto
qualcosa di diverso in TV? Avete mai letto qualcosa contraria a ciò sui
giornali? I bambini scagliavano pietre sui soldati, questo è tutto."



"Non era semplicemente capitato a me che i giornalisti americani
avessero soppresso delle notizie di pericolo di vita o morte. Solo un
anno dopo ho scoperto che ciò che accadeva a noi era piuttosto comune,"
scrisse Zion, "ogni maledetto giorno nella Cisgiordania, i civili
israeliani vengono danneggiati cerebralmente da questi simpatici piccoli
arabi e dai loro ciottoli." [15]



L'intifada di al-Aksa è stata rappresentata con molte delle stesse
immagini usate per la prima rivolta, e i media hanno continuato a
distorcere l'impatto sugli israeliani nel modo descritto da Zion.





26.n. MITO

26.n. "La copertura mediatica dell'intifada è stata equilibrata e
corretta"



26.n. FATTI



I membri sinceri dei media hanno ammesso che la copertura dell'intifada
era deviata. Secondo Steven Emerson, quindi un corrispondente della CNN,
i reporter americani hanno accettato il controllo palestinese su ciò che
veniva filmato. Un cameraman israeliano che aveva lavorato per diverse
reti americane disse ad Emerson che "se puntassimo la telecamera verso
la scena sbagliata, saremmo morti." In altri casi, le reti televisive
hanno distribuito dozzine di telecamere ai palestinesi in modo che
fornissero loro stessi il materiale relativo a rivolte, proteste e
funerali. "Non c'è assolutamente modo di assicurare l'autenticità di ciò
che viene filmato, né c'è modo di fermare l'uso delle telecamere come
mezzo per mobilitare le dimostrazioni," scrisse Emerson. [16]



Nonostante quasi un terzo dei palestinesi uccisi nel 1989 fosse stato
assassinato dai loro fratelli arabi, solo 12 delle oltre 150 storie
furono archiviate dalle reti americane in Cisgiordania quell'anno
relative alle reciproche ostilità. "Mentre il terrore politico
palestinese in Cisgiordania non riesce a fare notizia," osservò Emerson,
"le menzogne assolute sulla brutalità israeliana vengono riportate
acriticamente."



Ad esempio, all'inizio del 1988, i reporters furono chiamati
all'ospedale di el-Mokassed a Gerusalemme per filmare un ragazzo
palestinese morente. Il suo dottore palestinese lo mostrò agganciato ai
tubi vitali, e dichiarò che era stato selvaggiamente picchiato

dalle truppe israeliane. L'8 febbraio 1988, Peter Jennings dell'ABC
introdusse il suo servizio dicendo che gli ufficiale dell'ONU "dicono
che gli israeliani hanno picchiato un altro palestinese morto nei
territori." NBC e CBS diedero anch'esse grande clamore a queste
affermazioni.

Ma la storia non era vera. Secondo l'autopsia del bambino e la
documentazione medica, era morto di emorragia cerebrale. Era malato da
più di un anno. Soprattutto le reti americane, scrisse Emerson, "sono
state complici in un raggiro di massa relativo al conflitto in
Cisgiordania”.



Il capo dell'NBC a Tel Aviv Martin Flechter riconobbe che l'intifada
aveva posto un problema di correttezza. Notò che i palestinesi
manipolavano i media occidentali dipingendo loro stessi come i "David" e
gli israeliani come i "Golia", una metafora usata da Fletcher stesso in
un servizio nel 1988.



"L'intero insorgere era orientato verso i media, e, senza dubbio, si è
inoltrato a causa si essi," disse. Fletcher ha ammesso apertamente di
aver accettato gli inviti palestinesi a filmare i violenti attacchi
contro gli Ebrei residenti in Cisgiordania.



"E' davvero un caso di manipolazione dei media. E la questione è: Quanto
dobbiamo giocare questo gioco? [Lo facciamo] nello stesso modo in cui ci
presentiamo a tutte le occasioni di far foto a Bush o Reagan.
Continuiamo a giocare perché abbiamo bisogno delle immagini." [17]





26.n. CASE STUDY



Una storia del Washington Post a proposito del ciclo di morte in
Cisgiordania includeva un'intervista con Raed Karmi, un officiale di
al-fatah, la fazione dominante all'interno dell'Organizzazione per la
Liberazione della Palestina di Yasser Arafat.

Il servizio inizia con un'immagine di Karmi che si immette in una
battaglia contro i soldati americani afferrando un fucile d'assalto
M-16. Ciò che la storia sbaglia a menzionare è che la polizia
palestinese non dovrebbe essere armata.

Il servizio implica che la violenza di israeliani e palestinesi è
equivalente i questo "ciclo" poiché Karmi dice che sta agendo per
vendicare la morte di un palestinese assassinato dagli israeliani per
aver organizzato un attentato terroristico.

Karmi ammette che ha partecipato al rapimento e all'uccisione con un'
esecuzione di due israeliani che stavano pranzando in un ristorante a
Tulkarem, Karmi era stato imprigionato dall'Autorità Palestinese, ma fu
rilasciato dopo solo quattro mesi e in seguito ha ucciso altri quattro
israeliani, incluso un uomo che comprava delle spezie ed un uomo a cui
aveva teso un agguato. "Continuerò ad attaccare gli israeliani", ha
dichiarato al Post.[18]



26.o. MITO



26.o. "Israele non può negare la verità delle foto che illustrano i suoi
abusi"



26.o. FATTI



Una foto può essere meglio di mille parole, ma a volte le foto e le
parole usate per descrivere sono distorte e devianti.

Non c'è dubbio che i fotografi e le telecamere cercano le foto più
drammatiche che possano trovare, che molto spesso mostrano il brutale
Israele-Golia che maltratta il David-Palestinese sofferente, ma il
contesto spesso manca.



In un classico esempio, l'Associated Press ha diffuso la foto (
www.us-israel.org/jsource/images/roshpic.jpg ) in tutto il mondo.
La drammatica immagine fu pubblicata sul New York Times [19] e ha
fomentato il risentimento internazionale dato che la didascalia, fornita
dall'AP, diceva:"Un poliziotto israeliano e un palestinese sul Monte del
Tempio".

Scattata in un momento in cui i palestinesi si rivoltavano a fronte
della visita controversa di Ariel Sharon alla moschea di al-Aksa, la
foto appariva essere un lampante

caso della brutalità israeliana. Si è scoperto, comunque, che la
didascalia era scorretta e che la foto in realtà mostrava un incidente
che avrebbe dovuto trasmettere quasi l'impressione opposta a quella
suscitata, se fosse stata riportata correttamente.

Infatti la vittima non era un palestinese picchiato da un soldato
israeliano, si trattava bensì di un poliziotto che proteggeva uno
studente ebreo americano, Tuvia Grossman, che si trovava in taxi quando
fu colpito da una pietra di un palestinese. Grossman era stato tirato
fuori dal taxi, picchiato e pugnalato. Riuscito a liberarsi si era
diretto verso un poliziotto israeliano. In quel momento il fotografo ha
scattato la foto.



Oltre a fare un torto alla vittima, l'AP ha anche erroneamente riportato
che la fotografia era stata fatta sul Monte del Tempio. (NdT: dove non
sono notoriamente presenti distributori di benzina)



Quando l'AP fu avvertita dei suoi errori, ha apportato una serie di
correzioni, molte delle quali non portano ancora alla storia
direttamente. Com'è tipico, quando i media commettono un errore, il
danno è già fatto. Molte emittenti che avevano usato la foto non hanno
poi pubblicato i chiarimenti. Altri hanno pubblicato correzioni che non
hanno ricevuto un rilievo lontanamente paragonabile alla storia
iniziale.



Un altro esempio di come le foto possono essere drammatiche e fuorvianti
è quello della foto della Reuters mostrata (
www.us-israel.org/jsource/images/reuterpic.jpg ) in cui si ritrae
un giovane palestinese arrestato dalla polizia il 6 aprile 2001. Il
ragazzo è ovviamente spaventato e ha i pantaloni bagnati. Ancora una
volta la foto ha attratto la pubblicità del mondo e ha rinforzato
l'immagine mediatica degli Israeliani come brutali occupanti che abusano
di bambini innocenti.



In questo caso è il contesto ad essere fuorviante. Un altro fotografo
della Reuters aveva scattato la fotografia mostrata in (
www.us-israel.org/jsource/images/reuterpic2.jpg ) poco prima che
venisse scattata la precedente.

Mostra lo stesso ragazzo che partecipa in una rivolta contro i soldati
israeliani. Pochi media hanno pubblicato questa foto.







26.p. MITO



26.p. "La stampa non fa apologie dei terroristi"



26.p. FATTI



Al contrario, i media accettano quotidianamente e ripetono le banalità
dei terroristi e dei loro portavoce che devono tirar l'acqua al loro
mulino. La stampa tratta ingenuamente le affermazioni che dicono

che gli attacchi contro i civili innocenti sono atti di "combattenti di
libertà". Negli anni recenti alcune organizzazioni di informazione hanno
sviluppato una resistenza al termine "terrorista" e l'hanno sostituito
con eufemismi come "militante" perché non vogliono essere visti come
coloro che prendono parte o danno un giudizio su questi assassini.



Ad esempio, dopo che un terrorista suicida palestinese si era fatto
esplodere in una pizzeria a Gerusalemme il 9 agosto 2001 uccidendo 15
persone, il terrorista è stato descritto come un "militante" (Los
Angeles Times, Chicago Tribune, NBC Nightly News) e "bombarolo suicida"
(New York Times, USA Today).

Le News della ABC non usarono la parola "terrorista". Al contrario, ogni
testata giornalistica ha definito l'attacco dell'11 settembre contro gli
Stati Uniti un attacco terroristico.



Clifford May della Rete di Informazione del Medio Oriente ha evidenziato
l'assurdità della copertura mediatica:"Nessun giornale scriverebbe,
'Militanti hanno colpito il World Trade Center ieri', o direbbe,
'Potrebbero considerarsi come combattenti per la libertà, e chi siamo
noi per giudicare, noi siamo persone di informazione.'"[19a]



Più che un'apologia dei terroristi, i media a volte ritraggono le
vittime del terrore come equivalenti ai terroristi stessi.

Ad esempio, le foto che vengono a volte mostrate delle vittime
israeliane sulla stessa pagina con le foto degli israeliani che
catturano i terroristi, danno l'idea, ad esempio, che i palestinesi
ammanettati e bendati da un soldato è una vittima tanto quanto una donna
sotto shock mentre viene aiutata sulla scena di un attacco terroristico.



In uno degli esempi più incredibili, dopo un attacco suicida a Petah
Tikwa il 27 maggio 2002, la CNN intervistò la madre del terrorista,
Jihad Titi. I genitori della bambina di 15 mesi uccisa nell'attacco,
Chen e Lior Keinan, furono anch'essi intervistati.

Le interviste coi Keinan non furono mostrate dalla CNN internazionale in
Israele o altrove nel mondo se non dopo diverse ore in cui l'intervista
alla madre di Titi era stata diffusa svariate volte.



Questo era anche troppo per la CNN, che di conseguenza annunciò una
politica di cambiamento laddove non avrebbe più "riportato su frasi dei
terroristi suicidi o delle loro famiglie a meno che non ci sia una
ragione impellente per farlo"[20a]







26.q. MITO



26.q. "L'autorità palestinese non pone alcuna restrizione ai giornalisti
stranieri"



26.q. FATTI



Un caso di studio dell'idea dell'Autorità Palestinese di libertà di
stampa si è verificato a seguito dell'attacco terroristico dell'11
settembre contro gli Stati Uniti.

Un cameraman dell'Associated Press aveva filmato un raduno di
palestinesi a Nablus che festeggiavano gli attacchi terroristici il
quale era stato convocato in un ufficio di sicurezza dell'Autorità
Palestinese e gli era stato detto che il materiale non andava trasmesso.
I Tanzim di Yasser Arafat avevano anche affermato di minacciarlo se
avesse mandato in onda il filmato. Anche un altro fotografo dell'AP si
trovava sul luogo dell'incontro. Era stato avvertito di non fare foto e
di obbedire.



Diversi ufficiali dell'Autorità Palestinesi dissero all'AP di
Gerusalemme di non mandare in onda il video. Ahmed Abdel Rahman, il
segretario del Gabinetto di Arafat, disse che l'Autorità Palestinese non
poteva garantire la vita del cameraman se il documento fosse stato
trasmesso. [20b]



Al cameraman fu richiesto che il materiale non venisse trasmesso e, l'AP
cedette al ricatto e si rifiutò di rilasciare il materiale.



Più di una settimana dopo, l'Autorità Palestinese rilasciò il filmato
che aveva confiscato all'AP che mostrava un raduno nella striscia di
Gaza in cui alcuni dimostranti portavano dei ritratti supportavano il
terrorista saudita Osama bin Laden. Due parti separate del filmato di
sei minuti che includevano elementi chiave erano state cancellate dai
Palestinesi, secondo un ufficiale dell'AP.[20c]



L'Associazione della Stampa Estera (FPA) in Israele espresse "molta
preoccupazione in merito alle molestie subite dai giornalisti da parte
dell'Autorità Palestinese, poiché le forze di polizia e gli uomini
armati cercavano di impedire foto e filmati relativi al raduno a Nablus
di Giovedì dove centinaia di palestinesi hanno celebrato gli attacchi
terroristici a New York e Washington." L'FPA ha anche condannato la
minaccia contro i fotografi e "l'atteggiamento degli ufficiali
palestinesi che non hanno fatto alcuno sforzo per contenere le minacce,
controllare la situazione, o per garantire l'incolumità dei giornalisti
e la libertà di stampa."



La radio israeliana riportò il 14 settembre 2001 che l'Autorità
Palestinese si era impadronita di tutto l'insieme dei filmati di quel
giorno ripresi dai fotografi di varie agenzie di stampa internazionali
(arabe incluse) relative ai festeggiamenti degli attacchi contro
l'America tenutisi nelle città attraverso la Cisgiordania e Gaza da
Hamas. I celebranti avevano innalzato le foto del terrorista ricercato
Osama Bin Laden.[21]

Esattamente gli stessi programmi di notizie e le reti che diffondono le
foto opportunamente prodotte dall'Autorità Palestinese (Arafat che dona
il sangue, gli studenti palestinesi in un momento di silenzio, dei
poster che supportano l'America)

hanno mancato di riportare la notizia che l'Autorità Palestinese usa il
terrore e l'intimidazione per scoraggiare la diffusione di notizie
sfavorevoli.



Nell'Ottobre 2001, dopo che gli USA avevano lanciato l'attacco contro
l'Afghanistan, i palestinesi che supportavano Osama bin Laden avevano
organizzato raduni nella striscia di Gaza che erano stati soppressi
brutalmente dalla polizia palestinese.

I Reporters Senza Frontiere di Parigi avevano dato vita ad un'aspra
protesta contro l'Autorità palestinese. "Temiamo che l'Autorità
palestinese prenda vantaggio dal focus dei media internazionali sulla
risposta americana per impedire ancora di più il diritto di
un'informazione libera", disse Robert Menard, segretario generale
dell'organizzazione dei giornalisti.

Il gruppo aveva anche protestato contro gli ordini palestinesi di non
diffondere le chiamate alle rivolte generali, alle attività
nazionalistiche, alle dimostrazioni e ad altre notizie senza il permesso
dell'Autorità palestinese. L'obiettivo del blackout giornalistico era
espresso da un ufficiale palestinese anonimo, "Non vogliamo niente che
possa minare la nostra immagine."[22]



Nell'Agosto 2002, l'unione dei giornalisti palestinesi vietarono ai
giornalisti di fotografare i bambini palestinesi mentre trasportavano
armi o mentre prendevano parte alle attività delle organizzazioni
terroristiche perché queste foto urtavano l'immagine palestinese. Il
divieto uscì dopo che molte foto erano state mostrate in cui si
ritraevano bambini

che trasportavano armi ed erano vestiti come terroristi suicidi. Poco
dopo prima dell'azione dell'unione, sei bambini erano stati ritratti
mentre trasportavano fucili M16 e Kalashnikov durante un raduno pro-Iraq
nella striscia di Gaza. Un altro gruppo, il sindacato dei Giornalisti
Palestinesi, realizzò un divieto simile che includeva le foto di uomini
mascherati. L'Associazione della Stampa Estera espresse una "profonda
preoccupazione" relativa allo sforzo di censurare la stampa, e alla
minaccia di sanzioni contro i giornalisti che avrebbero disobbedito al
divieto.[22a]



I giornalisti delle nazioni arabe sono anch'essi soggetti alla censura.
Nel gennaio 2003, ad esempio, il Servizio di Intelligence generale
dell'Autorità palestinese arrestò un corrispondente della televisione
al-Jazeera.

Il giornalista era accusato di nuocere all'interesse nazionale del
popolo palestinese riportando che al-Fatah aveva dichiarato la sua
responsabilità di un attacco suicida a Tel-Aviv.









26.r. MITO



26.r. "Al-jazeera è la CNN araba e fornisce al mondo arabo una fonte
obiettiva di notizie"



26.r. FATTI



Al-jazeera è una rete televisiva in lingua araba con sede nel Qatar
ampiamente seguita in tutto il mondo arabo.

Il canale nacque nel 1996 come un piccolo progetto di un emiro del
Qatar, Sheik Hamad bin-Khalifa al-Thani ed ha guadagnato importanza
durante la guerra USA in Afghanistan per i suoi lunghi contatti coi
Talebani e con Osama bin Laden. Mandando in onda una serie di punti di
vista, inclusi quelli degli ufficiali dell'amministrazione Bush, la rete
tentava di creare l'impressione di essere una fonte obiettiva di notizie
per il mondo arabo. Infatti, Al-jazeera ha una lunga storia come testata
di propaganda per gli estremisti del mondo arabo. Uno scolaro musulmano
aveva criticato la rete per aver incitato le masse arabe contro
l'Occidente e per aver fatto bin Laden e i suoi aiutanti delle
celebrità. "C'è una differenza tra il dare alle diverse opinioni
un'opportunità [di essere sentite] e lasciare

lo schermo aperto agli assassini armati per diffondere le loro idee",
disse il Dr. Abd Al-Hamid Al-Ansari, preside della facoltà di Shar'ia e
Legge della Università del Qatar.[23]



In un'intervista a 60 Minutes, a un corrispondente di al-Jazeera era
stato intervistato in merito alla cronaca della questione palestinese.

Si riferiva ai palestinesi uccisi come "martiri". Quando Ed Bradley
evidenziò che gli israeliani li avrebbero piuttosto chiamati terroristi,
rispose, "Questo è un problema degli israeliani. E' un punto di vista".
Quando gli fu chiesto come chiamava gli israeliani che vengono uccisi
dai palestinesi, il reporter rispose, "Li chiamiamo così: israeliani
uccisi dai palestinesi". Bradlet aggiunse che la copertura di al-Jazeera
dell'intifada era "accreditata con crescenti dimostrazioni
pro-palestinesi in tutto il medioriente." [24]





26.s. MITO



26.s. "I media esaminano attentamente le affermazioni palestinesi prima
di pubblicarle"



26.s. FATTI



I palestinesi hanno imparato che possono seminare quasi tutte le
informazioni ai media e sarà pubblicata o diffusa da qualche parte.

Una volta che viene raccolta da una testata giornalistica, è
inevitabilmente ripetuta dagli altri. Rapidamente, la disinformazione
può prendere il sopravvento sull'apparenza dei fatti, e mentre Israele
può presentare l'evidenza per correggere le inesattezze che sono
riportate, il danno di solito è già fatto. Una volta che l'immagine o
l'impressione è nella mente di qualcuno, è spesso difficile, se non
impossibile cancellarla.



Si dice che ci sono tre tipi di bugie: bugie, bugie dannate e
statistiche.

Un punto della propaganda palestinese è stato di distribuire false
statistiche in uno sforzo in cui si cercava di mostrare le azioni
israeliane come mostruose.

Ad esempio, se un incidente coinvolgeva alcuni morti o distruzioni,
esageravano enormemente le figure e i media ingenui ripetevano i dati
prefabbricati finché non diventavano accettati da tutti come accurati.
Questo è accaduto, ad esempio, durante la guerra del Libano quando il
fratello di Yasser Arafat aveva affermato che le operazioni di Israele
avevano lasciato 600.000 libanesi senza casa.

Aveva alzato la cifra, ma era stato ripetuto dalla Commissione
internazionale della Croce Rossa e pubblicizzato dai media. In quel
momento l'ICRC aveva ripudiato quella figura, era tropo tardi per
cambiare l'impressione delle operazioni militari d'Israele che per
difendere se stesso dagli attacchi terroristici sui suoi confini
settentrionali aveva creato senza scrupoli il problema dei rifugiati.



Questo era accaduto anche dopo l'operazione israeliana a Jenin
nell'aprile 2002 quando il portavoce palestinese Saeb Erekat disse alla
CNN il 17 aprile che almeno 500 persone erano state massacrate e 1600
persone, incluse donne e bambini erano dispersi.

Erekeat non poteva produrre alcuna prova per le sue affermazioni e
infatti, !!!!!!!!!!la commissione del riesame dei palestinesi riportò
che il morti arrivavano al massimo a 56 di cui 34 erano combattenti. Non
erano riportate donne o bambini dispersi.



Ciò che forse è maggiormente offensivo più che la ripetizione della
bugia di Erekeat è che i media continuano a trattarlo come un portavoce
legittimato, dandogli un accesso che gli permette di disseminare
regolarmente disinformazione. Se un ufficiale americano fosse stato
trovato colpevole di aver mentito, avrebbe probabilmente perso tutta la
sua credibilità e avrebbe poche o nessuna chance di partecipare a una
discussione per esprimere il suo punto di vista.



NOTE



1. Daniel Pipes, The Long Shadow: Culture and Politics in the Middle
East, (NJ: Transaction Publishers, 1990), p. 278.

2. Pipes, p. 278.

3. Jerusalem Report, (May 7, 1991).

4. Associated Press and Jerusalem Post, (September 13, 2001); Jewish
Telegraphic Agency, (September 20, 2001).

5. New York Jewish Week, (August 31, 2001).

6. Jerusalem Report, (May 7, 1991).

7. Al Hayat-Al-Jadidah, (October 16, 2001)

8. Al Hayat-Al-Jadidah (November 2, 2001)

9. Jewish Telegraphic Agency, (September 12, 2001).

10. Near East Report, (August 5, 1991).

10a. Jerusalem Report, (April 22, 2002).

10b. Jerusalem Report, (April 22, 2002).

11. Report filed by Jean Pierre Martin on October 5, 2000, a day after
his Belgian television team from RTL-TV1 was filming in the area of
Ramallah.

11a. Washington Post, (July 18, 2001).

12. Washington Post, (May 10, 2001).

13. CNN, (October 10, 2000).

14. Al-Hamishmar, (December 6, 1991).

15. Sidney Zion, "Intifada Blues," Penthouse, (March 1990), pp. 56, 63.

16. Wall Street Journal, (February 21, 1990).

17. Near East Report, (August 5, 1991).

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19. New York Times, (September 30, 2000).

19a. Washington Post, (September 13, 2001).

20. Washington Post, (September 13, 2001).

20a. Forward, (June 28, 2002).

20b. AP, (September 12, 2001).

20c. Jewish Telegraphic Agency, (September 20, 2001).

21. Associated Press and Jerusalem Post, (September 13, 2001); IMRA,
(September 13-14, 2001); Jewish Telegraphic Agency, (September 20,
2001).

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22a. Jerusalem Post, (August 26, 2002).

23. Al-Raya (Qatar), (January 6, 2002).

24. 60 Minutes, "Inside Al Jazeera," (October 10, 2001).

25. Washington Post, (June 25, 1982).

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