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Miti e Fatti Ebrei - Palestina

Ultimo Aggiornamento: 05/08/2014 10:40
05/10/2007 17:11
 
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I mass-media, di Mitchell G.Bard



Miti da confutare


26.a. "La copertura della stampa relativa ad Israele è proporzionale
alla sua importanza negli affari mondiali"

26.b. "Israele riceve così tanta attenzione perché è l'unico paese del
Medio Oriente che incide sugli interessi statunitensi"

26.c. "La copertura dei media occidentali relativa al mondo arabo è
uguale a quella relativa ad Israele"

26.d. "La copertura mediatica nel mondo arabo è obiettiva"

26.e. "I giornalisti che si occupano del medio oriente sono guidati
dalla ricerca della verità"

26.f. "I media lasciano maggior spazio di manovra ad Israele perché è un
alleato degli USA"

26.g. "Israele !!!!!non giustifica così tanta attenzione perché non è
uno degli alleati americani"

26.h. "Israele ottiene una copertura mediatica favorevole perché gli
ebrei americani controllano i media è hanno una sproporzionata influenza
politica"

26.i. "Gli ufficiali arabi dicono ai giornalisti occidentali le stesse
cose che dicono ai loro popoli"

26.l. "I giornalisti sono molto esperti della storia mediorientale e
quindi possono contestualizzare correttamente gli eventi correnti"

26.m. "I media illustrano propriamente il pericolo che gli israeliani
devono affrontare proveniente dai palestinesi "

26.n. "La copertura mediatica dell'intifada è stata equilibrata e
corretta"

26.o. "Israele non può negare la verità delle foto che illustrano i suoi
abusi"

26.p. "La stampa non fa apologie dei terroristi"

26.q. "L'autorità palestinese non pone alcuna restrizione ai giornalisti
stranieri"

26.r. "Al-jazeera è la CNN araba e fornisce al mondo arabo una fonte
obiettiva di notizie"

26.s. "I media esaminano attentamente le affermazioni palestinesi prima
di pubblicarle"



[I miti in dettaglio]





26.a. MITO



26.a. "La copertura della stampa relativa ad Israele è proporzionale
alla sua importanza negli affari mondiali"



26.a. FATTI



E' difficile giustificare l'ammontare della copertura di notizie date su
Israele basandola sull'importanza che questa nazione ricopre negli
affari internazionali o sugli interessi nazionali americani. Com'è
possibile che un paese delle dimensioni del New Jersey meriti
quotidianamente un'attenzione superiore a quelle che sembrano essere
nazioni più interessanti come la Russia, la Cina e la Gran Bretagna?



Israele probabilmente ha il maggior quoziente di fama procapite al
mondo. Gli americani conoscono più della politica israeliana che di
qualunque altro paese straniero. La maggior parte dei leader israeliani,
ad esempio, sono più familiari negli USA che quelli dei vicini americani
in Canada o in Messico. Inoltre, un'alta percentuale di americani
discutono del conflitto arabo-israeliano.



Uno dei motivi per cui gli americani conoscono così bene Israele è la
vastità della copertura mediatica. Le organizzazioni informative
americane infatti usano tipicamente avere la maggior parte dei
corrispondenti in Israele, eccezion fatta per la Gran Bretagna.





26.b. MITO



26.b. "Israele riceve così tanta attenzione perché è l'unico paese del
Medio Oriente che incide sugli interessi statunitensi"



26.b. FATTI



Il medioriente è importante per gli USA (e per il mondo occidentale)
soprattutto a causa delle sue risorse petrolifere.

Gli eventi che possono minacciare la produzione e la fornitura di
petrolio influiscono sugli interessi vitali degli USA. Inoltre gli Stati
Uniti hanno anche un interesse a supportare i regimi amici in quella
regione. L'attenzione viene giustificata dal fatto che il medioriente è
lo scenario di ripetute conflagrazioni che direttamente o indirettamente
influenzano gli interessi americani.

Eventi in paesi come la Giordania, il Libano o l'Iran hanno richiesto
l'intervento delle truppe USA, e niente focalizza l'opinione pubblica
americana quanto le vite degli americani messe in pericolo all'estero.
Gli Stati Uniti sono stati profondamente coinvolti in ciascuna delle
guerre arabo-israeliane, ma hanno anche avuto le loro guerre
indipendenti da esse, tra cui la più nota Guerra del Golfo.



D'altra parte, gli americani non sono interessati tipicamente in guerre
fratricide di popoli in terre lontane dove la lotta non appare avere
alcuna influenza sugli interessi americani. Questo è vero per l'Africa,
l'America Latina e anche per i Balcani.

Similmente, le guerre tra i paesi arabi non hanno generato lo stesso
tipo di interesse che hanno i problemi d'Israele.

Comunque, la disputa israelo-palestinese - due popoli che combattono su
una sola terra- è una storia particolarmente avvincente. E ciò che la
rende ancora più avvincente è che è incentrata sulla Terra Santa.



Un altro motivo della copertura sproporzionata che Israele riceve
relativamente ai paesi Arabi è che pochi corrispondenti hanno un
background relativo alla storia mediorientale o parlano i linguaggi del
luogo.

I giornalisti hanno maggior familiarità con l'estesa cultura occidentale
presente in Israele che con la più aliena cultura delle società
musulmane.



26.b. LA FRASE CELEBRE



"Israele è un paese del medioriente dove i corrispondenti possono avere
una fidanzata"



S. Abdallah Schleifer [1]





26.c. MITO



26.c. "La copertura dei media occidentali relativa al mondo arabo è
uguale a quella relativa ad Israele"



26.c. FATTI



La comunità giornalistica si riferisce al mondo arabo-islamico come all'
"arco del silenzio" [2].

I media in quei paesi sono strettamente controllati dai regimi
totalitaristi. Per contro, Israele è una democrazia con uno dei corpi di
stampa più liberi del mondo.

L'accesso limitato viene usato spesso come una scusa per il fallimento
dei media a coprire le notizie nella regione. Questo è stato il caso, ad
esempio, durante la guerra Iran-Iraq - uno dei conflitti più sanguinosi
delle ultime quattro decadi. Inoltre, nonostante l'intraprendenza dei
giornalisti americani, è scioccante che sia data una copertura così
bassa anche ai regimi più autoritari.



26.d. MITO



26.d. "La copertura mediatica nel mondo arabo è obiettiva"



26.d. FATTI



Quando ai giornalisti è permesso aprirsi un varco all'interno del velo
di segretezza, il prezzo dell'accesso ai dittatori e ai terroristi è
spesso eccessivo.

I reporters vengono molte volte intimiditi o ricattati. In Libano,
durante gli anni '90, ad esempio, l'Organizzazione per la liberazione
della Palestina (OLP) ebbe reporters

che seguivano i suoi comandi come prezzo della protezione e delle
interviste che gli venivano concesse.

Durante l'intifada di al-Aksa i giornalisti israeliani furono ammoniti
dall'andare contro l'autorità palestinese e alcuni ricevettero
telefonate minatorie dopo avere pubblicato articoli critici nei
confronti della leadership palestinese. [3]



Quando gli fu chiesto di commentare ciò che molti osservatori
definiscono una tendenza contro Israele della CNN, Reese Schonfels, il
primo presidente dell'emittente rispose: "Quando li vedo in onda vedo
che sono molto attenti alla sensibilità degli arabi".

Schonfeld lasciò intendere che le cronache erano tendenziose perché la
CNN non vuole rischiare l'accesso speciale che ha nel mondo arabo. [5]



Nei paesi arabi, i giornalisti sono tipicamente scortati per vedere ciò
che il dittatore vuole che essi vedano oppure vengono pedinati. I
cittadini vengono avvertiti dalle agenzie di sicurezza, a volte
direttamente, a volte in modo velato, che devono stare attenti a ciò che
riferiscono ai visitatori.



Nel caso della stampa sull'autorità palestinese, i media occidentali si
basano su assistenti palestinesi per scortare i loro corrispondenti nei
territori.

Inoltre, i palestinesi spesso forniscono notizie che vengono trasmesse
in tutto il mondo. "Secondo stime personali", scrisse il giornalista
Ehud Ya'ari, "oltre il 95% delle immagini televisive trasmesse via
satellite ogni sera dai vari canali israeliani e stranieri sono fornite
da equipe di ripresa palestinesi. Le due agenzie principali nel mercato
delle news in TV, l' APTN e la Reuters TV, gestiscono un'intera rete di
stringers palestinesi, freelancers e fixers in tutti i territori per
fornire un'istantanea degli eventi.

Queste equipe ovviamente si identificano emotivamente e politicamente
con l'intifada e, nel caso migliore, non osano filmare qualsiasi cosa
che potrebbe mettere in imbarazzo l'autorità palestinese. Perciò le
macchine fotografiche vengono angolate per mostrare una visione
inquinata delle azioni dell'esercito israeliano, senza mai focalizzarsi
sugli uomini armati palestinesi, producendo diligentemente un tipo molto
specifico di quadro della situazione alla base." [6]



Un incidente particolarmente spropositato accadde nell'Ottobre 2000
quando due riservisti non-combattenti israeliani furono linciati a
Ramallah da una rivolta palestinese.

Secondo i reporters sul luogo, la polizia palestinese tentò di evitare
che i giornalisti stranieri filmassero l'incidente. Un'equipe di una
televisione italiana (TG5 N.d.T) riuscì a filmare parte di questo
attacco e queste scioccanti immagini fecero infine parte dei titoli di
testa di tutto il mondo. Un'agenzia concorrente italiana (RAI N.d.T.)
seguì una tattica differente, inserendo un avviso nel principale
quotidiano palestinese, Al-Hayat-Al-Jadidah, spiegando che non aveva
niente a che fare con il filmato dell'incidente:



Chiarimenti speciali dal rappresentante italiano della rete televisiva
ufficiale italiana



Miei cari amici di Palestina, ci congratuliamo con voi e crediamo che
sia nostro compito mettervi al corrente degli eventi che hanno avuto
luogo a Ramallah il 12 ottobre.

Una delle reti private italiane, nostra concorrente, e non la rete
televisiva ufficiale italiana RAI, ha ripreso gli eventi; quella rete
ha filmato gli eventi.

In seguito la televisione israeliana ha mandato in onda le immagini così
come erano state riprese dalla rete italiana e in questo modo
l'impressione del pubblico è stata che noi, cioè la RAI, avessimo
filmato quelle immagini. Desideriamo sottolineare che le cose non sono
andate in questo modo perché noi rispettiamo sempre e continueremo a
rispettare le procedure giornalistiche dell'Autorità Palestinese per il
lavoro giornalistico in Palestina e

siamo attendibili per il nostro lavoro accurato.

Vi ringraziamo per la vostra fiducia e potete stare certi che questo non
è il nostro modo d'agire (ossia nel senso che non lavoriamo come le
altre reti televisive).

Non facciamo e non faremo cose del genere.



Vi preghiamo di accettare i nostri migliori auguri.



Riccardo Cristiano

Rappresentante della rete ufficiale italiana in Palestina [7]





Se un'organizzazione di informazione devia dalla linea filo-palestinese,
viene immediatamente attaccata. Nel novembre 2000, ad esempio, l'Unione
dei giornalisti palestinesi si lamentò che l'Associated Press forniva
una falsa impressione dell'intifada di al-Aksa. L'unione chiamò la
cronaca dell'AP un crimine consapevole contro il popolo palestinese e
disse che era serva della posizione israeliana.

L'Unione minacciò di adottare tutte le misure necessarie contro chi
lavorava per l'AP così pure contro gli uffici AP siti nell'Autorità
Palestinese se l'agenzia avesse continuato a nuocere gli interessi
palestinesi. [8]





26.e. MITO



26.e. "I giornalisti che si occupano del medio oriente sono guidati
dalla ricerca della verità"



26.e. FATTI



Non sarà una sorpresa sapere che i giornalisti nel medioriente
condividono l'interesse nel sensazionalismo coi loro colleghi che si
occupano della cronaca delle loro questioni locali. L'esempio più
eclatante viene dai reporter della televisione la cui enfasi sul visivo
sopra la sostanza incoraggia un trattamento più superficiale delle
questioni.

Ad esempio, quando al corrispondente dell' NBC in Israele fu chiesto
perché i reporters si presentavano alle dimostrazioni palestinesi in
Cisgiordania, pur sapendo che erano state montate, rispose "Continuiamo
a filmare perché abbiamo bisogno delle immagini" [10].

Le reti non possono ottenere immagini sensazionali da società chiuse
come la Siria, l'Arabia Saudita, l'Iran e la Libia.



Israele si trova spesso ad affrontare situazioni impossibili in cui
cerca di contrastare le immagini con le parole. "Quando un carroarmato
entra dentro Ramallah non fa una buona impressione in TV", spiega Gideon
Meir, ministro degli esteri israeliano. "Sicuramente possiamo spiegare
perché siamo lì, e questo è ciò che facciamo. Ma sono parole. Dobbiamo
lottare contro le immagini con le parole" [10a]

L'enormità del problema che Israele deve affrontare è chiarita da Tami
Allen-Frost, deputato presidente dell'Associazione della stampa estera
e produttore per le news della ITN britannica, che afferma "l'immagine
più forte che resta nelle menti è un carroarmato in una città" e che "ci
sono più incidenti nella Cisgiordania che terroristi suicidi. In
sostanza, è la quantità che sta con te" [10b].



26.e. LA FRASE CELEBRE



"Stavamo filmando l'inizio della dimostrazione. Improvvisamente un
camioncino si è spinto all'interno frettolosamente. Dentro, c'erano
militanti di al-Fatah.

Hanno dato ordini e distribuito molotov. Stavamo filmando.

Ma queste immagini non le vedrete mai.

In pochi secondi, tutti i giovani ci hanno circondato, minacciato, e ci
hanno portato via alla stazione di polizia. Lì, siamo stati
identificati ma siamo stati anche costretti a eliminare tutte le
immagini controverse. La polizia palestinese ha calmato la situazione
ma ha censurato le nostre immagini. Ora abbiamo la prova che quelle
rivolte non erano spontanee.

Tutti gli ordini venivano da una gerarchia palestinese"



Jean Pierre Martin [11]







26.f. MITO



26.f. "I media lasciano maggior spazio di manovra ad Israele perché è un
alleato degli USA"



26.f. FATTI



Gli americani tendono ad avere un doppio standard relativamente agli
Ebrei, aspettandosi da loro più degli altri popoli. Questo è in parte
dovuto dalle stesse elevate aspettative degli Ebrei e dall'obiettivo di
essere una "luce tra le nazioni". Così, quando gli israeliani fanno
qualcosa di sbagliato, spesso questo attrae l'attenzione, laddove gli
arabi vengono collocati su uno standard inferiore.

Ad esempio, quando Israele espulse quattro palestinesi, questo evento ha
generato a una serie di titoli a caratteri cubitali, ma quando il Kuwait
ne ha deportati centinaia di migliaia, non era un evento.

Similmente, la morte di un palestinese in Cisgiordania ha ricevuto una
copertura molto maggiore delle migliaia di arabi uccisi in Algeria.

Un giorno quando Israele ebbe un titolo di testa per avere ucciso
quattro terroristi, una storia in formato A19 del Washington Post
seppellì nei dodici paragrafi la notizia che più di ottanta persone
erano state uccise in uno scontro violento tra il Pakistan e l'India.
[11a] A torto o a ragione, l'attitudine del pubblico e della stampa è
quella che gli Ebrei si debbano comportare diversamente.







26.g. MITO



26.g. "Israele !!!!!!!!!!non giustifica così tanta attenzione perché non
è uno degli alleati americani"



26.g. FATTI



Israele fa parte di una relazione unica con gli USA datata alla prima
metà del secolo quando il Congresso approvò la creazione di uno Stato
Ebraico in Palestina.

Harry Truman è generalmente considerato come la "levatrice" nella
nascita del nuovo stato, e gli USA sono stati cruciali economicamente,
diplomaticamente e militarmente nel supporto allo sviluppo e alla
sopravvivenza di Israele.

L'America ha un'affinità con Israele per via dei valori che
condividono - democrazia, amore della libertà, obbligo dell'istruzione -
che si traduce in un vasto rango di persone ....!!!!!!!!!.

Il pubblico è affascinato da questo Popolo del Libro, che ha vagato di
paese in paese attraverso i secoli, ha sofferto grandi persecuzioni, ed
è ritornato alla sua terra d'origine, costruendo una società high-tech
florida, avendo anche combattuto e sconfitto nemici di superiorità
schiacciante.

Gli americani ammirano lo spirito pioniero degli Ebrei che per primi si
sono insediati in Palestina creando i Kibbutzim, in parte perché
rispecchia la loro storia.

Loro amano anche !!!!!!!!!i perdenti, che gli Ebrei continuano ad essere
anche quando Israele che è cresciuta come potenza militare.

Quando Israele è cresciuta come potenza militare, è diventato anche un
alleato strategico che gode dello stato speciale dell'Alleanza Maggiore
Non-NATO.





26.h. MITO



26.h. "Israele ottiene una copertura mediatica favorevole perché gli
ebrei americani controllano i media è hanno una sproporzionata influenza
politica"



26.h. FATTI



Se gli ebrei controllassero i media, sarebbe improbabile sentire così
tanti reclami degli ebrei stessi relativi all'inclinazione
anti-israeliana della stampa.

E' vero che la quantità di attenzione che riceve Israele è correlata col
fatto che la maggior parte della popolazione ebraica nel mondo è negli
USA e che Israele è molto legata agli ebrei americani. Un gran numero di
ebrei occupa posizioni significanti nei media (anche se comunque non
hanno modo di controllare la stampa come invece sostengono gli
antisemiti), e la popolazione ebraica è concentrata per lo più sui
principali mercati come New York e Los Angeles, quindi non è
sorprendente che l'attenzione sia rivolta verso Israele.



Politicamente, gli ebrei esercitano un potere sproporzionato negli USA e
lo usano per supportare politiche che rafforzano le relazioni
Israelo-Statunitensi; comunque non c'è

alcuna evidenza che questo si traduca in una copertura mediatica
favorevole ad Israele.

Si potrebbe sostenere che le forze pro-arabe, così come le industrie
petrolchimiche, hanno molta più influenza sui media ed incoraggiano una
tendenza anti israeliana.





26.i. MITO



26.i. "Gli ufficiali arabi dicono ai giornalisti occidentali le stesse
cose che dicono ai loro popoli"



26.i. FATTI





Gli ufficiali arabi, esprimono spesso il loro punto di vista in modo
molto diverso quando parlano in inglese rispetto a quando parlano in
arabo.

Esprimono i loro veri sentimenti e le loro posizioni ai loro elettori
nella loro lingua madre. Per l'esterno, comunque gli arabi hanno
imparato a parlare con toni moderati

e spesso riferiscono punti di vista molto diversi quando parlano in
inglese verso ascoltatori occidentali.

Tempo fa, i propagandisti arabi divennero molto più sofisticati.

Ora appaiono continuamente sulla TV americana durante i telegiornali e
sono citati sulla carta stampata e vengono mostrati come persone
ragionevoli con legittimi risentimenti.

Ciò che molte di queste persone dicono in arabo, invece, è spesso molto
meno moderato e ragionevole. Da quando gli israeliani possono tradurre
oralmente ciò che dicono gli arabi sono molto più consapevoli
dell'opinione dei loro nemici. Gli americani e gli altri anglofoni,
comunque, possono essere facilmente ingannati con scaltre presentazioni
della propaganda araba.



Per dare solo un esempio, il negoziatore di pace palestinese Saeb Erekat
è frequentemente citato dai media occidentali. Dopo il brutale
assassinio di due teen-agers israeliani il 9 maggio 2001, gli fu chiesto
un commento. Il Washington Post riportò la sua risposta:



Saeb Erekat, un ufficiale palestinese, ha detto in inglese durante la
conferenza stampa che "uccidere civili è un crimine, sia dal lato
israeliano che palestinese." Il commento non è stato riportato sui media
palestinesi in linguaggio arabo. [12]



L'aspetto inusuale della storia è che il Post ha riportato il fatto che
il commento di Erekat è stato ignorato dalla stampa palestinese.



Durante gli anni, Yasser Arafat ha consistentemente detto una cosa in
inglese ai media occidentali e qualcosa di totalmente diverso alla
stampa araba nella sua madre lingua.

Per questo l'amministrazione Bush insistette sul fatto che egli
ripetesse in arabo ciò che aveva detto in inglese, in particolare nelle
condanne degli attacchi terroristici e ai richiami di fine delle violenz
e.







26.l. MITO



26.l. "I giornalisti sono molto esperti della storia mediorientale e
quindi possono contestualizzare correttamente gli eventi correnti"



26.l. FATTI

Un motivo di incomprensione relativo al medioriente e all'inclinazione
mediatica nella cronaca è l'ignoranza dei giornalisti in quella regione.
Pochi reporters parlano in arabo o in ebraico, perciò hanno un accesso
poco o nullo alle fonti primarie. Rigurgitano frequentemente storie che
hanno letto in inglese su pubblicazioni regionali piuttosto che
riportandole indipendentemente.

Quando tentano di porre eventi nel loro contesto storico, spesso
espongono scorrettamente i fatti e un'impressione inesatta e
ingannevole.

Per citare un esempio, durante l'esposizione della storia dei luoghi
sacri a Gerusalemme, Garrick Utley della CNN ha riportato che gli ebrei
potevano pregare presso il Muro del Pianto durante il regno giordano tra
il 1948 e il 1967 [13]. I fatti sono che agli Ebrei era proibita la
visita al loro luogo più sacro. Questo è un punto critico della storia
che aiuta a spiegare la posizione israeliana rispetto a Gerusalemme.

26.m. MITO


26.m. "I media illustrano propriamente il pericolo che gli israeliani
devono affrontare proveniente dai palestinesi "


26.m. FATTI


Durante l'intifada era comune per i media dipingere la battaglia in
termini di Davide e Golia, un'immagine rinforzata dalle riprese dei
bambini che scagliano pietre contro

I soldati armati. La situazione era in realtà differente, come scoprì il
giornalista americano Sidney Zion nell'agosto del 1988 visitando
Betlemme. Zion fu quasi colpito da una pietra mentre si trovava in taxi.
"E' stato un bene che la pietra mi abbia mancato", disse. "Non l'avevo
vista arrivare, e non sarei sopravvissuto per vedere l'attimo successivo
in cui il guidatore aveva accelerato. Fortunatamente nessuno stava su
quel sedile, ma era evidente che gli arabi non stavano mirando nel
vuoto"

Zion che scrisse di medioriente per oltre 20 anni, disse che ciò i media
americani riportavano lo avevano indotto a credere che "i tiratori di
rocce miravano all'esercito israeliano, e non ai taxi. Avete mai visto
qualcosa di diverso in TV? Avete mai letto qualcosa contraria a ciò sui
giornali? I bambini scagliavano pietre sui soldati, questo è tutto."



"Non era semplicemente capitato a me che i giornalisti americani
avessero soppresso delle notizie di pericolo di vita o morte. Solo un
anno dopo ho scoperto che ciò che accadeva a noi era piuttosto comune,"
scrisse Zion, "ogni maledetto giorno nella Cisgiordania, i civili
israeliani vengono danneggiati cerebralmente da questi simpatici piccoli
arabi e dai loro ciottoli." [15]



L'intifada di al-Aksa è stata rappresentata con molte delle stesse
immagini usate per la prima rivolta, e i media hanno continuato a
distorcere l'impatto sugli israeliani nel modo descritto da Zion.





26.n. MITO

26.n. "La copertura mediatica dell'intifada è stata equilibrata e
corretta"



26.n. FATTI



I membri sinceri dei media hanno ammesso che la copertura dell'intifada
era deviata. Secondo Steven Emerson, quindi un corrispondente della CNN,
i reporter americani hanno accettato il controllo palestinese su ciò che
veniva filmato. Un cameraman israeliano che aveva lavorato per diverse
reti americane disse ad Emerson che "se puntassimo la telecamera verso
la scena sbagliata, saremmo morti." In altri casi, le reti televisive
hanno distribuito dozzine di telecamere ai palestinesi in modo che
fornissero loro stessi il materiale relativo a rivolte, proteste e
funerali. "Non c'è assolutamente modo di assicurare l'autenticità di ciò
che viene filmato, né c'è modo di fermare l'uso delle telecamere come
mezzo per mobilitare le dimostrazioni," scrisse Emerson. [16]



Nonostante quasi un terzo dei palestinesi uccisi nel 1989 fosse stato
assassinato dai loro fratelli arabi, solo 12 delle oltre 150 storie
furono archiviate dalle reti americane in Cisgiordania quell'anno
relative alle reciproche ostilità. "Mentre il terrore politico
palestinese in Cisgiordania non riesce a fare notizia," osservò Emerson,
"le menzogne assolute sulla brutalità israeliana vengono riportate
acriticamente."



Ad esempio, all'inizio del 1988, i reporters furono chiamati
all'ospedale di el-Mokassed a Gerusalemme per filmare un ragazzo
palestinese morente. Il suo dottore palestinese lo mostrò agganciato ai
tubi vitali, e dichiarò che era stato selvaggiamente picchiato

dalle truppe israeliane. L'8 febbraio 1988, Peter Jennings dell'ABC
introdusse il suo servizio dicendo che gli ufficiale dell'ONU "dicono
che gli israeliani hanno picchiato un altro palestinese morto nei
territori." NBC e CBS diedero anch'esse grande clamore a queste
affermazioni.

Ma la storia non era vera. Secondo l'autopsia del bambino e la
documentazione medica, era morto di emorragia cerebrale. Era malato da
più di un anno. Soprattutto le reti americane, scrisse Emerson, "sono
state complici in un raggiro di massa relativo al conflitto in
Cisgiordania”.



Il capo dell'NBC a Tel Aviv Martin Flechter riconobbe che l'intifada
aveva posto un problema di correttezza. Notò che i palestinesi
manipolavano i media occidentali dipingendo loro stessi come i "David" e
gli israeliani come i "Golia", una metafora usata da Fletcher stesso in
un servizio nel 1988.



"L'intero insorgere era orientato verso i media, e, senza dubbio, si è
inoltrato a causa si essi," disse. Fletcher ha ammesso apertamente di
aver accettato gli inviti palestinesi a filmare i violenti attacchi
contro gli Ebrei residenti in Cisgiordania.



"E' davvero un caso di manipolazione dei media. E la questione è: Quanto
dobbiamo giocare questo gioco? [Lo facciamo] nello stesso modo in cui ci
presentiamo a tutte le occasioni di far foto a Bush o Reagan.
Continuiamo a giocare perché abbiamo bisogno delle immagini." [17]





26.n. CASE STUDY



Una storia del Washington Post a proposito del ciclo di morte in
Cisgiordania includeva un'intervista con Raed Karmi, un officiale di
al-fatah, la fazione dominante all'interno dell'Organizzazione per la
Liberazione della Palestina di Yasser Arafat.

Il servizio inizia con un'immagine di Karmi che si immette in una
battaglia contro i soldati americani afferrando un fucile d'assalto
M-16. Ciò che la storia sbaglia a menzionare è che la polizia
palestinese non dovrebbe essere armata.

Il servizio implica che la violenza di israeliani e palestinesi è
equivalente i questo "ciclo" poiché Karmi dice che sta agendo per
vendicare la morte di un palestinese assassinato dagli israeliani per
aver organizzato un attentato terroristico.

Karmi ammette che ha partecipato al rapimento e all'uccisione con un'
esecuzione di due israeliani che stavano pranzando in un ristorante a
Tulkarem, Karmi era stato imprigionato dall'Autorità Palestinese, ma fu
rilasciato dopo solo quattro mesi e in seguito ha ucciso altri quattro
israeliani, incluso un uomo che comprava delle spezie ed un uomo a cui
aveva teso un agguato. "Continuerò ad attaccare gli israeliani", ha
dichiarato al Post.[18]



26.o. MITO



26.o. "Israele non può negare la verità delle foto che illustrano i suoi
abusi"



26.o. FATTI



Una foto può essere meglio di mille parole, ma a volte le foto e le
parole usate per descrivere sono distorte e devianti.

Non c'è dubbio che i fotografi e le telecamere cercano le foto più
drammatiche che possano trovare, che molto spesso mostrano il brutale
Israele-Golia che maltratta il David-Palestinese sofferente, ma il
contesto spesso manca.



In un classico esempio, l'Associated Press ha diffuso la foto (
www.us-israel.org/jsource/images/roshpic.jpg ) in tutto il mondo.
La drammatica immagine fu pubblicata sul New York Times [19] e ha
fomentato il risentimento internazionale dato che la didascalia, fornita
dall'AP, diceva:"Un poliziotto israeliano e un palestinese sul Monte del
Tempio".

Scattata in un momento in cui i palestinesi si rivoltavano a fronte
della visita controversa di Ariel Sharon alla moschea di al-Aksa, la
foto appariva essere un lampante

caso della brutalità israeliana. Si è scoperto, comunque, che la
didascalia era scorretta e che la foto in realtà mostrava un incidente
che avrebbe dovuto trasmettere quasi l'impressione opposta a quella
suscitata, se fosse stata riportata correttamente.

Infatti la vittima non era un palestinese picchiato da un soldato
israeliano, si trattava bensì di un poliziotto che proteggeva uno
studente ebreo americano, Tuvia Grossman, che si trovava in taxi quando
fu colpito da una pietra di un palestinese. Grossman era stato tirato
fuori dal taxi, picchiato e pugnalato. Riuscito a liberarsi si era
diretto verso un poliziotto israeliano. In quel momento il fotografo ha
scattato la foto.



Oltre a fare un torto alla vittima, l'AP ha anche erroneamente riportato
che la fotografia era stata fatta sul Monte del Tempio. (NdT: dove non
sono notoriamente presenti distributori di benzina)



Quando l'AP fu avvertita dei suoi errori, ha apportato una serie di
correzioni, molte delle quali non portano ancora alla storia
direttamente. Com'è tipico, quando i media commettono un errore, il
danno è già fatto. Molte emittenti che avevano usato la foto non hanno
poi pubblicato i chiarimenti. Altri hanno pubblicato correzioni che non
hanno ricevuto un rilievo lontanamente paragonabile alla storia
iniziale.



Un altro esempio di come le foto possono essere drammatiche e fuorvianti
è quello della foto della Reuters mostrata (
www.us-israel.org/jsource/images/reuterpic.jpg ) in cui si ritrae
un giovane palestinese arrestato dalla polizia il 6 aprile 2001. Il
ragazzo è ovviamente spaventato e ha i pantaloni bagnati. Ancora una
volta la foto ha attratto la pubblicità del mondo e ha rinforzato
l'immagine mediatica degli Israeliani come brutali occupanti che abusano
di bambini innocenti.



In questo caso è il contesto ad essere fuorviante. Un altro fotografo
della Reuters aveva scattato la fotografia mostrata in (
www.us-israel.org/jsource/images/reuterpic2.jpg ) poco prima che
venisse scattata la precedente.

Mostra lo stesso ragazzo che partecipa in una rivolta contro i soldati
israeliani. Pochi media hanno pubblicato questa foto.







26.p. MITO



26.p. "La stampa non fa apologie dei terroristi"



26.p. FATTI



Al contrario, i media accettano quotidianamente e ripetono le banalità
dei terroristi e dei loro portavoce che devono tirar l'acqua al loro
mulino. La stampa tratta ingenuamente le affermazioni che dicono

che gli attacchi contro i civili innocenti sono atti di "combattenti di
libertà". Negli anni recenti alcune organizzazioni di informazione hanno
sviluppato una resistenza al termine "terrorista" e l'hanno sostituito
con eufemismi come "militante" perché non vogliono essere visti come
coloro che prendono parte o danno un giudizio su questi assassini.



Ad esempio, dopo che un terrorista suicida palestinese si era fatto
esplodere in una pizzeria a Gerusalemme il 9 agosto 2001 uccidendo 15
persone, il terrorista è stato descritto come un "militante" (Los
Angeles Times, Chicago Tribune, NBC Nightly News) e "bombarolo suicida"
(New York Times, USA Today).

Le News della ABC non usarono la parola "terrorista". Al contrario, ogni
testata giornalistica ha definito l'attacco dell'11 settembre contro gli
Stati Uniti un attacco terroristico.



Clifford May della Rete di Informazione del Medio Oriente ha evidenziato
l'assurdità della copertura mediatica:"Nessun giornale scriverebbe,
'Militanti hanno colpito il World Trade Center ieri', o direbbe,
'Potrebbero considerarsi come combattenti per la libertà, e chi siamo
noi per giudicare, noi siamo persone di informazione.'"[19a]



Più che un'apologia dei terroristi, i media a volte ritraggono le
vittime del terrore come equivalenti ai terroristi stessi.

Ad esempio, le foto che vengono a volte mostrate delle vittime
israeliane sulla stessa pagina con le foto degli israeliani che
catturano i terroristi, danno l'idea, ad esempio, che i palestinesi
ammanettati e bendati da un soldato è una vittima tanto quanto una donna
sotto shock mentre viene aiutata sulla scena di un attacco terroristico.



In uno degli esempi più incredibili, dopo un attacco suicida a Petah
Tikwa il 27 maggio 2002, la CNN intervistò la madre del terrorista,
Jihad Titi. I genitori della bambina di 15 mesi uccisa nell'attacco,
Chen e Lior Keinan, furono anch'essi intervistati.

Le interviste coi Keinan non furono mostrate dalla CNN internazionale in
Israele o altrove nel mondo se non dopo diverse ore in cui l'intervista
alla madre di Titi era stata diffusa svariate volte.



Questo era anche troppo per la CNN, che di conseguenza annunciò una
politica di cambiamento laddove non avrebbe più "riportato su frasi dei
terroristi suicidi o delle loro famiglie a meno che non ci sia una
ragione impellente per farlo"[20a]







26.q. MITO



26.q. "L'autorità palestinese non pone alcuna restrizione ai giornalisti
stranieri"



26.q. FATTI



Un caso di studio dell'idea dell'Autorità Palestinese di libertà di
stampa si è verificato a seguito dell'attacco terroristico dell'11
settembre contro gli Stati Uniti.

Un cameraman dell'Associated Press aveva filmato un raduno di
palestinesi a Nablus che festeggiavano gli attacchi terroristici il
quale era stato convocato in un ufficio di sicurezza dell'Autorità
Palestinese e gli era stato detto che il materiale non andava trasmesso.
I Tanzim di Yasser Arafat avevano anche affermato di minacciarlo se
avesse mandato in onda il filmato. Anche un altro fotografo dell'AP si
trovava sul luogo dell'incontro. Era stato avvertito di non fare foto e
di obbedire.



Diversi ufficiali dell'Autorità Palestinesi dissero all'AP di
Gerusalemme di non mandare in onda il video. Ahmed Abdel Rahman, il
segretario del Gabinetto di Arafat, disse che l'Autorità Palestinese non
poteva garantire la vita del cameraman se il documento fosse stato
trasmesso. [20b]



Al cameraman fu richiesto che il materiale non venisse trasmesso e, l'AP
cedette al ricatto e si rifiutò di rilasciare il materiale.



Più di una settimana dopo, l'Autorità Palestinese rilasciò il filmato
che aveva confiscato all'AP che mostrava un raduno nella striscia di
Gaza in cui alcuni dimostranti portavano dei ritratti supportavano il
terrorista saudita Osama bin Laden. Due parti separate del filmato di
sei minuti che includevano elementi chiave erano state cancellate dai
Palestinesi, secondo un ufficiale dell'AP.[20c]



L'Associazione della Stampa Estera (FPA) in Israele espresse "molta
preoccupazione in merito alle molestie subite dai giornalisti da parte
dell'Autorità Palestinese, poiché le forze di polizia e gli uomini
armati cercavano di impedire foto e filmati relativi al raduno a Nablus
di Giovedì dove centinaia di palestinesi hanno celebrato gli attacchi
terroristici a New York e Washington." L'FPA ha anche condannato la
minaccia contro i fotografi e "l'atteggiamento degli ufficiali
palestinesi che non hanno fatto alcuno sforzo per contenere le minacce,
controllare la situazione, o per garantire l'incolumità dei giornalisti
e la libertà di stampa."



La radio israeliana riportò il 14 settembre 2001 che l'Autorità
Palestinese si era impadronita di tutto l'insieme dei filmati di quel
giorno ripresi dai fotografi di varie agenzie di stampa internazionali
(arabe incluse) relative ai festeggiamenti degli attacchi contro
l'America tenutisi nelle città attraverso la Cisgiordania e Gaza da
Hamas. I celebranti avevano innalzato le foto del terrorista ricercato
Osama Bin Laden.[21]

Esattamente gli stessi programmi di notizie e le reti che diffondono le
foto opportunamente prodotte dall'Autorità Palestinese (Arafat che dona
il sangue, gli studenti palestinesi in un momento di silenzio, dei
poster che supportano l'America)

hanno mancato di riportare la notizia che l'Autorità Palestinese usa il
terrore e l'intimidazione per scoraggiare la diffusione di notizie
sfavorevoli.



Nell'Ottobre 2001, dopo che gli USA avevano lanciato l'attacco contro
l'Afghanistan, i palestinesi che supportavano Osama bin Laden avevano
organizzato raduni nella striscia di Gaza che erano stati soppressi
brutalmente dalla polizia palestinese.

I Reporters Senza Frontiere di Parigi avevano dato vita ad un'aspra
protesta contro l'Autorità palestinese. "Temiamo che l'Autorità
palestinese prenda vantaggio dal focus dei media internazionali sulla
risposta americana per impedire ancora di più il diritto di
un'informazione libera", disse Robert Menard, segretario generale
dell'organizzazione dei giornalisti.

Il gruppo aveva anche protestato contro gli ordini palestinesi di non
diffondere le chiamate alle rivolte generali, alle attività
nazionalistiche, alle dimostrazioni e ad altre notizie senza il permesso
dell'Autorità palestinese. L'obiettivo del blackout giornalistico era
espresso da un ufficiale palestinese anonimo, "Non vogliamo niente che
possa minare la nostra immagine."[22]



Nell'Agosto 2002, l'unione dei giornalisti palestinesi vietarono ai
giornalisti di fotografare i bambini palestinesi mentre trasportavano
armi o mentre prendevano parte alle attività delle organizzazioni
terroristiche perché queste foto urtavano l'immagine palestinese. Il
divieto uscì dopo che molte foto erano state mostrate in cui si
ritraevano bambini

che trasportavano armi ed erano vestiti come terroristi suicidi. Poco
dopo prima dell'azione dell'unione, sei bambini erano stati ritratti
mentre trasportavano fucili M16 e Kalashnikov durante un raduno pro-Iraq
nella striscia di Gaza. Un altro gruppo, il sindacato dei Giornalisti
Palestinesi, realizzò un divieto simile che includeva le foto di uomini
mascherati. L'Associazione della Stampa Estera espresse una "profonda
preoccupazione" relativa allo sforzo di censurare la stampa, e alla
minaccia di sanzioni contro i giornalisti che avrebbero disobbedito al
divieto.[22a]



I giornalisti delle nazioni arabe sono anch'essi soggetti alla censura.
Nel gennaio 2003, ad esempio, il Servizio di Intelligence generale
dell'Autorità palestinese arrestò un corrispondente della televisione
al-Jazeera.

Il giornalista era accusato di nuocere all'interesse nazionale del
popolo palestinese riportando che al-Fatah aveva dichiarato la sua
responsabilità di un attacco suicida a Tel-Aviv.









26.r. MITO



26.r. "Al-jazeera è la CNN araba e fornisce al mondo arabo una fonte
obiettiva di notizie"



26.r. FATTI



Al-jazeera è una rete televisiva in lingua araba con sede nel Qatar
ampiamente seguita in tutto il mondo arabo.

Il canale nacque nel 1996 come un piccolo progetto di un emiro del
Qatar, Sheik Hamad bin-Khalifa al-Thani ed ha guadagnato importanza
durante la guerra USA in Afghanistan per i suoi lunghi contatti coi
Talebani e con Osama bin Laden. Mandando in onda una serie di punti di
vista, inclusi quelli degli ufficiali dell'amministrazione Bush, la rete
tentava di creare l'impressione di essere una fonte obiettiva di notizie
per il mondo arabo. Infatti, Al-jazeera ha una lunga storia come testata
di propaganda per gli estremisti del mondo arabo. Uno scolaro musulmano
aveva criticato la rete per aver incitato le masse arabe contro
l'Occidente e per aver fatto bin Laden e i suoi aiutanti delle
celebrità. "C'è una differenza tra il dare alle diverse opinioni
un'opportunità [di essere sentite] e lasciare

lo schermo aperto agli assassini armati per diffondere le loro idee",
disse il Dr. Abd Al-Hamid Al-Ansari, preside della facoltà di Shar'ia e
Legge della Università del Qatar.[23]



In un'intervista a 60 Minutes, a un corrispondente di al-Jazeera era
stato intervistato in merito alla cronaca della questione palestinese.

Si riferiva ai palestinesi uccisi come "martiri". Quando Ed Bradley
evidenziò che gli israeliani li avrebbero piuttosto chiamati terroristi,
rispose, "Questo è un problema degli israeliani. E' un punto di vista".
Quando gli fu chiesto come chiamava gli israeliani che vengono uccisi
dai palestinesi, il reporter rispose, "Li chiamiamo così: israeliani
uccisi dai palestinesi". Bradlet aggiunse che la copertura di al-Jazeera
dell'intifada era "accreditata con crescenti dimostrazioni
pro-palestinesi in tutto il medioriente." [24]





26.s. MITO



26.s. "I media esaminano attentamente le affermazioni palestinesi prima
di pubblicarle"



26.s. FATTI



I palestinesi hanno imparato che possono seminare quasi tutte le
informazioni ai media e sarà pubblicata o diffusa da qualche parte.

Una volta che viene raccolta da una testata giornalistica, è
inevitabilmente ripetuta dagli altri. Rapidamente, la disinformazione
può prendere il sopravvento sull'apparenza dei fatti, e mentre Israele
può presentare l'evidenza per correggere le inesattezze che sono
riportate, il danno di solito è già fatto. Una volta che l'immagine o
l'impressione è nella mente di qualcuno, è spesso difficile, se non
impossibile cancellarla.



Si dice che ci sono tre tipi di bugie: bugie, bugie dannate e
statistiche.

Un punto della propaganda palestinese è stato di distribuire false
statistiche in uno sforzo in cui si cercava di mostrare le azioni
israeliane come mostruose.

Ad esempio, se un incidente coinvolgeva alcuni morti o distruzioni,
esageravano enormemente le figure e i media ingenui ripetevano i dati
prefabbricati finché non diventavano accettati da tutti come accurati.
Questo è accaduto, ad esempio, durante la guerra del Libano quando il
fratello di Yasser Arafat aveva affermato che le operazioni di Israele
avevano lasciato 600.000 libanesi senza casa.

Aveva alzato la cifra, ma era stato ripetuto dalla Commissione
internazionale della Croce Rossa e pubblicizzato dai media. In quel
momento l'ICRC aveva ripudiato quella figura, era tropo tardi per
cambiare l'impressione delle operazioni militari d'Israele che per
difendere se stesso dagli attacchi terroristici sui suoi confini
settentrionali aveva creato senza scrupoli il problema dei rifugiati.



Questo era accaduto anche dopo l'operazione israeliana a Jenin
nell'aprile 2002 quando il portavoce palestinese Saeb Erekat disse alla
CNN il 17 aprile che almeno 500 persone erano state massacrate e 1600
persone, incluse donne e bambini erano dispersi.

Erekeat non poteva produrre alcuna prova per le sue affermazioni e
infatti, !!!!!!!!!!la commissione del riesame dei palestinesi riportò
che il morti arrivavano al massimo a 56 di cui 34 erano combattenti. Non
erano riportate donne o bambini dispersi.



Ciò che forse è maggiormente offensivo più che la ripetizione della
bugia di Erekeat è che i media continuano a trattarlo come un portavoce
legittimato, dandogli un accesso che gli permette di disseminare
regolarmente disinformazione. Se un ufficiale americano fosse stato
trovato colpevole di aver mentito, avrebbe probabilmente perso tutta la
sua credibilità e avrebbe poche o nessuna chance di partecipare a una
discussione per esprimere il suo punto di vista.



NOTE



1. Daniel Pipes, The Long Shadow: Culture and Politics in the Middle
East, (NJ: Transaction Publishers, 1990), p. 278.

2. Pipes, p. 278.

3. Jerusalem Report, (May 7, 1991).

4. Associated Press and Jerusalem Post, (September 13, 2001); Jewish
Telegraphic Agency, (September 20, 2001).

5. New York Jewish Week, (August 31, 2001).

6. Jerusalem Report, (May 7, 1991).

7. Al Hayat-Al-Jadidah, (October 16, 2001)

8. Al Hayat-Al-Jadidah (November 2, 2001)

9. Jewish Telegraphic Agency, (September 12, 2001).

10. Near East Report, (August 5, 1991).

10a. Jerusalem Report, (April 22, 2002).

10b. Jerusalem Report, (April 22, 2002).

11. Report filed by Jean Pierre Martin on October 5, 2000, a day after
his Belgian television team from RTL-TV1 was filming in the area of
Ramallah.

11a. Washington Post, (July 18, 2001).

12. Washington Post, (May 10, 2001).

13. CNN, (October 10, 2000).

14. Al-Hamishmar, (December 6, 1991).

15. Sidney Zion, "Intifada Blues," Penthouse, (March 1990), pp. 56, 63.

16. Wall Street Journal, (February 21, 1990).

17. Near East Report, (August 5, 1991).

18. Washington Post, (September 7, 2001).

19. New York Times, (September 30, 2000).

19a. Washington Post, (September 13, 2001).

20. Washington Post, (September 13, 2001).

20a. Forward, (June 28, 2002).

20b. AP, (September 12, 2001).

20c. Jewish Telegraphic Agency, (September 20, 2001).

21. Associated Press and Jerusalem Post, (September 13, 2001); IMRA,
(September 13-14, 2001); Jewish Telegraphic Agency, (September 20,
2001).

22. Jerusalem Post, (October 10, 2001).

22a. Jerusalem Post, (August 26, 2002).

23. Al-Raya (Qatar), (January 6, 2002).

24. 60 Minutes, "Inside Al Jazeera," (October 10, 2001).

25. Washington Post, (June 25, 1982).

26. New York Post, (May 3, 2002).
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