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Ratzinger come Wojtyla...

Ultimo Aggiornamento: 05/10/2007 20:05
17/01/2006 12:36
 
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Il Papa Benedetto XVI ha assicurato che la stessa eredità dei Padri rende i Cristiani "consapevoli" di avere con gli Ebrei " la responsabilità" di cooperare al bene dei popoli, nella giustizia e nella pace, nella verità e nella libertà, nella santità e nell'amore"!

Tutto questo è meritevole e benedetto da Dio che è Amore.

Trovo un grande spunto di confronto, cosa ne pensate? Ciao dana [SM=x511460]
03/09/2007 20:52
 
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Re:
benimussoo, 17/01/2006 12.36:

Il Papa Benedetto XVI ha assicurato che la stessa eredità dei Padri rende i Cristiani "consapevoli" di avere con gli Ebrei " la responsabilità" di cooperare al bene dei popoli, nella giustizia e nella pace, nella verità e nella libertà, nella santità e nell'amore"!

Tutto questo è meritevole e benedetto da Dio che è Amore.

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La Chiesa esigente che piace ai giovani
di Massimo Introvigne (il Giornale, 3 settembre 2007)
Il messaggio del Papa ai quattrocentomila giovani italiani di Loreto è che la Chiesa cattolica rimane una Chiesa esigente. Non viene a compromessi con i «modelli di vita» dominanti, non fa sconti, non ha paura di proclamare «ciò che può sembrare perdente o fuori moda» ma che invece è «il risultato della vittoria dell'amore sull'egoismo». Anche sui temi più delicati - la sobrietà, l'umiltà, la castità - il Papa ricorda che «la pienezza di umanità» è nel Vangelo, e ne mostra i frutti attraverso il fiorire di buone opere di cui giustamente va orgogliosa la Chiesa in Italia.

Il Papa non cita le piccole miserie della politica italiana, ma l'evento stesso di Loreto è la più bella risposta agli attacchi. Dopo il Ferragosto delle accuse di pedofilia - che in alcuni casi si sono già sgonfiate in pochi giorni - il rientro dalle vacanze ha portato tre nuovi attacchi alla Chiesa. Qualche suggeritore italiano ha convinto l'Unione Europea - già normalmente maldisposta verso la Chiesa - a chiedere al nostro governo se le esenzioni dall'Ici di cui godono gli immobili ecclesiastici non permettano alla Chiesa una concorrenza sleale nei confronti dei proprietari di altri immobili. Bruxelles si è convinta facilmente che le mense Caritas per i barboni fanno concorrenza al ristorante dell'angolo, e le case per il soggiorno estivo degli handicappati alla vicina Pensione Miramonti.

Due quotidiani nazionali hanno sbattuto un altro prete in prima pagina, uno stimato parroco di Torino che ha rifiutato l'assoluzione a una signora che dichiarava di convivere e di voler continuare a farlo. Anche qualche «cattolico adulto» si è scagliato contro il parroco, quasi che tra i nuovi diritti ci sia ormai anche il diritto all'assoluzione. Sabato - in coincidenza con l'apertura dell'Agorà dei giovani di Loreto - buona parte del centrosinistra si è felicitata con le comunità valdesi e metodiste che, chiudendo il loro sinodo, hanno annunciato l'avvio di un percorso che dovrebbe portarle a riconoscere e benedire le unioni omosessuali. Troppo facile la contrapposizione fra le «buone» comunità protestanti tanto moderne e comprensive e la «cattiva» Chiesa di Benedetto XVI.

Ma - con tutto il rispetto per le buone opere delle istituzioni caritative valdesi - è più vicina alle attese dei giovani la Chiesa di Benedetto XVI delle comunità protestanti che tollerano l'aborto, l'eutanasia e le unioni gay. Lo dicono le cifre note ai sociologi. All'interno stesso del mondo protestante - negli Stati Uniti come in Europa e in Italia - le comunità conservatrici che sui temi morali sono più vicine alla Chiesa cattolica che ai valdesi crescono in modo spettacolare, mentre chi si adatta alla cultura dominante perde membri e rischia perfino di sparire. La triste parabola del declino del protestantesimo nel Nord Europa e il successo dei protestanti conservatori negli Stati Uniti ne sono la conferma. Le udienze di Benedetto XVI sono più affollate di quelle, già da record, di Giovanni Paolo II. I giovani, certo, non seguono sempre l'insegnamento della Chiesa. Ma non saprebbero che farsene di una Chiesa che gli dicesse che tutto quello che fanno va bene. Sono più attratti da una Chiesa esigente, capace quando è necessario di dire loro di no e di ammonirli, come ha fatto il Papa a Loreto, a non seguire chi privilegia «l'apparire e l'avere a scapito dell'essere». Sarà forse per questo che i sondaggi confermano che in Italia la Chiesa è considerata dai giovani più autorevole della scuola, dei media e del governo.


02/10/2007 10:54
 
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Re:
benimussoo, 17/01/2006 12.36:

Il Papa Benedetto XVI ha assicurato che la stessa eredità dei Padri rende i Cristiani "consapevoli" di avere con gli Ebrei " la responsabilità" di cooperare al bene dei popoli, nella giustizia e nella pace, nella verità e nella libertà, nella santità e nell'amore"!

Tutto questo è meritevole e benedetto da Dio che è Amore.

Trovo un grande spunto di confronto, cosa ne pensate? Ciao dana [SM=x511460]




Che forse il mondo cristiano sta iniziando ad evolversi e ad interrogarsi sul suo passato e sulle sue colpe nei confronti del Popolo Ebraico.
Suor Pista della Comunità evangelica.
Ciao Aialon [SM=g27985]

Quando l'orrore dell'Olocausto divenne manifesto, una domanda emerse spontaneamente: come è potuto accadere tutto questo? La tremenda verità è che l'Olocausto non fu nient'altro che il culmine di secoli e secoli di odio e di violenta persecuzione, troppo spesso aizzata dalla teologia cristiana.
Mi sento profondamente colpita – come cristiana e come tedesca – perché sin dal Medioevo nelle città tedesche migliaia di ebrei furono assassinati senza pietà. Madre Basilea, la fondatrice della nostra Comunità religiosa evangelica delle Sorelle di Maria, ne parla in modo commovente nel suo libro "Israele, Mio popolo", ricordando che, come dice la Parola in Zaccaria 2:12, chi tocca il popolo di Dio tocca Dio stesso, perché Israele è la Sua pupilla.
Se consideriamo le atrocità che nel corso di duemila anni della storia della Chiesa sono state inflitte agli ebrei nel nome di Gesù Cristo, non possiamo celebrare la svolta del millennio senza prima riconoscere con cuore profondamente pentito quale grande dolore questo passato rappresenta per noi oggi. Con la nostra dottrina e le nostre azioni tutt'altro che cristiane abbiamo recato vergogna e disonore al nome di Gesù, rendendo questo nome insopportabile per gli ebrei, il popolo di Dio…
Perciò oggi vogliamo pregare insieme affinché ovunque nel mondo molti cristiani siano spinti interiormente a celebrare l'inizio del terzo millennio con una preghiera comunitaria di pentimento, nello spirito di unità e in ricordo della nostra comune eredità cristiana. Gli estratti contenuti nelle seguenti pagine, provenienti da fonti storiche cristiane ed ebraiche, rappresentano un breve riassunto degli spaventosi crimini che la cristianità ha commesso verso gli ebrei – crimini che hanno tracciato la via all'Olocausto. Nella nostra esposizione, alquanto sintetica, non si sono potuti analizzare più approfonditamente i singoli periodi storici: per questa indagine rimandiamo alla bibliografia finale.
Suor Pista Ottobre 1997 Comunità evangelica delle Sorelle di Maria

Come tutto ebbe inizio
Nonostante i dissidi e le difficoltà che potevano emergere, avremmo avuto ogni ragione per restare loro vicini con umile affetto: è da loro infatti che abbiamo ricevuto la Legge, i Profeti e il Signore Gesù. Non per niente l'apostolo Paolo ammonisce i credenti in Cristo a non insuperbirsi nei confronti degli ebrei, ma a restare nell'umiltà, sapendo che sono loro la radice dell'albero: sono gli ebrei a portarci, e non viceversa, perché noi siamo stati innestati in loro (cfr. Romani capitolo 11).
Ma il Nemico riuscì ad allontanare la cristianità da questo atteggiamento umile e fraterno: e i cristiani, come in una vera e propria rapina, si appropriarono prepotentemente di tutte le grazie e le promesse in serbo per Israele, escludendolo in questo modo dalla storia della salvezza.
La teologia cristiana e il diritto ereditario d'Israele
Fu nella Chiesa primitiva che comparvero per la prima volta pensieri di superiorità, finché essa rivendicò per sé il diritto ereditario d'Israele, come si può ben osservare dalla
cosiddetta Lettera di Barnaba. Questa lettera, proveniente dalla Siria e databile intorno al 130, fu annoverata da alcuni dotti ecclesiastici tra i libri del Nuovo Testamento. Essa è pervasa da aspra polemica antiebraica e nega agli ebrei ogni capacità di comprendere in profondità le loro Sacre Scritture poiché – afferma l'epistola – essi non ne sono affatto degni. L'Antico Testamento è considerato solo un adombramento di Cristo e della Chiesa: l'alleanza di Dio con il Suo popolo varrebbe oggi solo per i cristiani, perché gli ebrei l'hanno persa per sempre.
Questa ed altre affermazioni simili, come si trovano ad esempio nelle Lettere di Ignazio di Antiochia (70-107), contribuirono a diffondere l'opinione secondo cui la Chiesa è il nuovo Israele: l'imperatore Costantino arrivò addirittura a dichiarare che la terra d'Israele, da quel momento in poi (IV secolo), non apparteneva più al popolo ebraico, bensì alla Chiesa
cristiana. In tutto questo si può già scorgere il seme della "teoria della diseredazione", che tra il XV. e il XVIII secolo si estese e si rafforzò in modo impressionante e che ancora ai nostri giorni fa sentire i suoi effetti negativi.
Dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme (70) e la rivolta di Bar Kochba (132-135) la fede ebraica non tramontò, anzi, riacquistò vitalità e autorità. L'antica argomentazione ("La Chiesa ha preso il posto d'Israele") non convinceva più: al contrario, le comunità cristiane e quelle ebraiche gareggiavano nello sforzo di convertire i pagani e la giovane Chiesa percepì l'ebraismo sempre più come una minaccia.
Per contrastarlo, la teologia cristiana cercò di teorizzare un Gesù non-ebreo. Vennero addotte le prove più strane – come la fede di Abramo e persino la promessa fatta ad Adamo
– per dimostrare che la Chiesa esisteva già molto tempo prima d'Israele, addirittura che
essa è "l'eterno Israele" (Tertulliano). Quanto pericolosa fosse questa dottrina si rivelò
secoli più tardi, nel Terzo Reich. Sin dagli albori della cristianità gli ebrei vennero accusati di "deicidio". "Voi avete raggiunto il culmine della vostra depravazione odiando e uccidendo il Giusto", ebbe a dire San Giustino il Martire. Alcuni teologi cristiani del III secolo, tra cui Ippolito e Origene, hanno trattato ampiamente questa teoria, e nel IV secolo il pensiero cristiano ne era già fortemente impregnato.
Mentre i cristiani comuni continuavano ad avere contatti con gli ebrei e a partecipare al culto nelle sinagoghe, i capi della Chiesa, nella paura di perdere il loro gregge, moltiplicavano gli attacchi verbali allo scopo di suscitare timore e disprezzo verso il popolo ebraico.
Sant'Agostino (354-430) assunse a riguardo un atteggiamento ambiguo. Da un lato egli concordava con Paolo sul fatto che bisognasse amare gli ebrei, ma dall'altro condivideva anche l'opinione di alcuni Padri della Chiesa che vedevano in Giuda, il traditore, l'immagine rappresentativa del popolo ebraico. Nel suo "Trattato contro gli ebrei" egli scrisse che agli ebrei era concesso vivere solo per essere, nella loro degradazione, "testimoni della loro colpa e della nostra verità". Non dovevano venire uccisi perché, come Caino, portavano un segno, un marchio: "Che vivano pure in mezzo a noi, ma dolore e nella perenne umiliazione".
La teoria secondo cui gli ebrei, con la loro vita di sofferenze, dovevano render testimonianza della gloria di Cristo, fu spesso presa a pretesto, in epoche successive, per degradare ancora di più la loro esistenza se non addirittura per condannarli a morte.
San Crisostomo (conosciuto con il soprannome di "bocca d'oro", 344-407), volendo proteggere la comunità cristiana di Antiochia dall'influsso sociale e religioso di un ebraismo tinto di ellenismo, nei suoi brillanti sermoni inveiva non di rado con parole feroci contro gli ebrei. La teologia che egli elaborò, nella convinzione che il destino degli ebrei fosse la conseguenza del "deicidio", ebbe effetti devastanti. Egli giunse ad affermare che "a causa di questo delitto, non c'è più per voi [ebrei] nessun miglioramento, nessun perdono e nessuna scusa… Dio vi odia!". "Questa professione di odio verso gli ebrei – scrive lo storico ebreo Heinrich Graetz – portò in seguito re e popoli, politici e monaci, crociati e pastori a impugnare le armi contro gli ebrei, a innalzare roghi per loro e ad escogitare per loro ogni tipo di tortura". E chi perseguitava gli ebrei, li tormentava o li uccideva, si riteneva esecutore dell'ira divina.
Complicità dello Stato Nel IV secolo, sotto Costantino, il cristianesimo divenne religione di Stato. La Chiesa iniziò ad avere il potere di influire sulla legislazione e la sinagoga dovette in parte subire pesanti restrizioni.
Sotto l'imperatore Giustiniano I (483-565) vennero abolite molte leggi che fino ad allora avevano protetto la vita religiosa e i diritti civili degli ebrei – anche se l'applicazione di tali leggi poteva variare da luogo a luogo. Il declassamento della minoranza ebraica raggiunse così il minimo livello storico. Nel VII secolo l'imperatore bizantino Eraclio ordinò per motivi politici il battesimo coatto degli ebrei. Egli intendeva in tal modo garantire l'unità nel suo impero. Questa pratica trovò altrove altri imitatori ed ebbe nei secoli seguenti conseguenze disastrose.

Il Medioevo
Grazie allo stretto legame tra Chiesa e Stato, la semina dell'odio da parte dei cristiani verso gli ebrei fu seguita, nel Medioevo, da un terribile raccolto.
Le crociate
Con l'inizio delle crociate, nel 1096, divamparono come mai prima di allora il terrore e la persecuzione contro gli ebrei d'Europa. I predicatori delle crociate incitavano a condurre la "guerra santa" a partire dalla propria nazione, massacrando cioè i "nemici di Dio", gli ebrei. In Germania fu colpita soprattutto la Renania. Orde di cavalieri, monaci e contadini si scagliarono sulla minoranza ebraica uccidendo, saccheggiando e battezzando con la forza. Moltissimi crociati facevano giuramento di ammazzare con la loro spada almeno un ebreo prima di lasciare la nazione e partire per la Terra Santa, così da "consacrare" la spada con sangue ebreo per la battaglia contro i saraceni. L'uccisione degli ebrei era ritenuta un'azione
gradita a Dio che garantiva l'indulgenza per tutti i peccati.
Nel 1096 l'esercito dei crociati passò attraverso Speyer, Worms, Magonza, Colonia, Treviri
e altre città e in soli tre mesi, tra maggio e luglio, 12.000 ebrei furono massacrati. Complessivamente, circa un terzo o un quarto della popolazione ebraica in Germania e in Francia fu sterminato nel corso di questa prima crociata. Nell'anno 1099, conquistata Gerusalemme, i crociati infierirono con eguale crudeltà contro saraceni ed ebrei, gloriandosi di essere in tal modo gli esecutori dell'ira e della vendetta divine. Tutti gli ebrei ai quali era risparmiata la spada, venivano rinchiusi a forza in una sinagoga, che i crociati poi senza esitazione incendiavano, bruciando vivi uomini, donne e bambini. Terminato l'eccidio e il saccheggio, i crociati si lavavano viso e mani, si coprivano con un camice di lino e camminavano scalzi attraverso le pozze di sangue verso la Chiesa del Santo Sepolcro dove, tra lacrime e preghiere, ringraziavano Dio per il trionfo che avevano ottenuto combattendo per la Sua gloria.


Condannati a eterna schiavitù
Durante le prime due crociate gli ebrei tedeschi si erano rivolti alla Corona chiedendo aiuto e protezione: in risposta all'aiuto promesso essi vennero nominati "servi del re" dell'imperatore – un privilegio per cui dovevano pagare alte somme di denaro.
Col passare del tempo, i "servi del re" si rivelarono una fonte redditizia per le entrate pubbliche: in quanto proprietà del sovrano, essi potevano essere comprati, dati in prestito o venduti per estinguere i debiti. Questa attività di scambio diventò una consuetudine regolare che ben presto si diffuse anche in altre nazioni. I capi della Chiesa giustificarono teologicamente lo status dei "servi del re" con la dottrina della Chiesa primitiva: gli ebrei sono condannati a eterna schiavitù perché hanno crocifisso Cristo. Altri fattori contribuirono al declassamento degli ebrei. Per esempio, fu loro precluso l'accesso alla maggior parte delle professioni perché le gilde, le associazioni dei commercianti, accettavano solo cristiani. Emarginati dalla società, gli ebrei si trovarono costretti a praticare un' attività tanto esecrata dai cristiani: il prestito di denaro a interesse. Ma in quanto creditori per molti membri del clero (molte cattedrali e chiese furono costruite con denaro ebraico) come anche per esponenti della società secolare, essi risultavano indispensabili. La conseguenza fu che l'odio verso gli ebrei, inizialmente a sfondo religioso e sociale, si intrecciò anche e sempre più fortemente con interessi economici. Se la fonte di denaro offerta dagli ebrei si esauriva, i sovrani non esitavano a cacciarli dal loro territorio: ma spesso, trovandosi di lì a poco di nuovo in ristrettezze economiche, ne ordinavano l'immediato ritorno.
Infine, in quanto creditori, gli ebrei si attiravano anche l'odio dell'uomo comune. Ad esempio, quanto più grandi erano i debiti dei contadini dopo una cattiva annata di raccolto, tanto più l'esistenza degli ebrei era messa in pericolo. Dietro ad un preteso zelo religioso del popolo si nascondevano spesso puri motivi economici, e al massacro seguiva la distruzione delle ricevute di credito custodite nelle case degli "usurai". Nel suo "Dialogo tra un filosofo, un ebreo e un cristiano" (del 1135) lo scolastico francese Pietro Abelardo fa dire all'ebreo: "Nessun popolo ha mai sofferto così tanto per Dio. Dispersi tra tutte le nazioni, senza re né principi secolari, gli ebrei vengono caricati di pesanti tasse, come se dovessero ogni giorno da capo pagare il riscatto della propria vita. Maltrattare gli ebrei è considerata un'opera di devozione, poiché una tale condizione di schiavitù e di prigionia, com'è quella patita dagli ebrei, i cristiani la riescono a motivare solo con un odio immenso da parte di Dio. La vita degli ebrei è consegnata nelle mani dei loro nemici più feroci. Anche nel sonno essi sono perseguitati da incubi spaventosi. Non hanno alcun rifugio sicuro, se non in cielo. Se vogliono viaggiare e raggiungere una località, anche vicinissima, devono pagare con ingenti somme di denaro la protezione dei sovrani cristiani, i quali in realtà desidererebbero la loro morte per impadronirsi della loro eredità. Gli ebrei non possono possedere né campi né vigne, perché non c'è nessuno che garantisca per la loro proprietà. Perciò l'unico loro guadagno rimane l'attività del prestito ad interesse, e questo li rende nuovamente detestati
dai cristiani".

Infamia e disonore
Pur dichiarandosi contrario alle stragi di massa degli ebrei, San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) sosteneva che essi non avevano Dio per padre, bensì il diavolo. Con ciò, egli faceva eco ai teologi del suo tempo che, estrapolando dal contesto biblico il versetto di Giovanni 8:44 ("voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro") lo applicavano al popolo ebraico di tutti i tempi. Essi non furono però i soli a farlo.
Già in San Cipriano (III secolo) troviamo qualcosa di simile. Anche Lutero parlò dell'ebreo come del "diavolo incarnato". Secoli più tardi, uno dei leader nazisti, Julius Streicher, portò all'estremo quest'asserzione decretando che "fosse annientato il popolo, il cui padre era il diavolo".
Capro espiatorio Insieme a innumerevoli divieti e crudeli ordinanze, gli ebrei subirono anche perfide diffamazioni. Furono ritenuti responsabili di tutti i mali e le miserie di questo mondo, ovunque accusati di aver avvelenato le sorgenti, profanato ostie e commesso omicidi rituali . Sempre più spesso venivano loro attribuite, senza alcuna prova, le azioni più assurde. Furono persino ritenuti artefici di un terremoto e della tempesta che lo seguì, il venerdì santo del 1021, tanto che per questa ragione Papa Benedetto VIII li condannò alla morte sul rogo . Quando, nel 1348, la peste dilagò in Europa, la colpa come sempre cadde sugli ebrei: si diceva che avessero avvelenato le sorgenti per sterminare i cristiani. L'eco di questa accusa si propagò dalla Francia in Svizzera, e di qui in Belgio, in Spagna, in Polonia e in Austria. Ma in nessun luogo gli ebrei furono così atrocemente e sistematicamente annientati come nel Sacro Romano Impero di nazione tedesca, e invano l'imperatore Carlo IV emanò divieti affinché ai suoi "servi del re" non fosse torto un capello. A Worms, il primo marzo di quell'anno, la comunità ebraica diede fuoco da sé alle proprie case, e altrettanto fece il 24 luglio la comunità di Francoforte sul Meno. A Magonza gli ebrei opposero resistenza armata e solamente quando non vi fu più alcuna speranza di salvezza, le famiglie ebree, ormai accerchiate, si tolsero la vita autoimmolandosi come "olocausto", levando tra le fiamme e il fumo i loro canti di lamento. Furono in seimila a morire quel giorno, il 24 agosto, lo stesso in cui anche l'antica comunità di Colonia si estinse. La foga omicida attraversò tutta la Germania infuriando tremendamente su più di trecento cinquanta comunità ebraiche. Sessanta grandi comunità e cento cinquanta piccole comunità vennero completamente annientate, mentre i sopravvissuti fuggirono verso est. La popolazione ebraica tedesca del medioevo fu così sterminata. Eppure, nonostante questi
atroci massacri e carneficine, non vi fu mai, da parte degli ebrei, un'apostasia collettiva.

Omicidio rituale
La mostruosa e funesta menzogna dell'omicidio rituale, che affonda le proprie radici nell'antica era pagana, fece apparire gli ebrei sotto una luce sinistra e inquietante: si riteneva che essi uccidessero bambini cristiani, specialmente prima di Pasqua, per utilizzarne il sangue a scopi rituali. Fu con questa accusa che nel 1171 a Blois, in Francia, l'intera comunità ebraica venne arsa al rogo. La cosiddetta accusa del "sangue rituale", sorta in Inghilterra e in Francia, si diffuse ben presto come un'epidemia in tutta l'Europa, e neppure i divieti emanati dalle alte sfere dei regnanti riuscirono ad arrestarla. L'assassinio di cristiani, avvenuto in circostanze non chiare, portava all'assalto delle comunità ebraiche della zona, che subivano torture, uccisioni e saccheggi. Non di rado, cadaveri di cristiani venivano introdotti di nascosto in case ebraiche, per far cadere i sospetti sugli ebrei. Ad Erfurt, Colmar, Krems, Magdeburgo e Weissenburg, a Parigi, Berna, Würzburg e Posen, a Praga, Trento, Boppard, Budweis e in molti altri luoghi migliaia di ebrei morirono tra i tormenti, vittime della follia e della superstizione. In tutta Europa si diffuse la credenza che gli ebrei uccidessero i bambini cristiani, e tale credenza è sopravvissuta fino al nostro secolo dando origine in taluni casi a un vero e proprio culto, com'è il caso ad
esempio di "Simone di Trento". Tra il 1880 e il 1945, la menzogna dell'omicidio rituale trovò grande eco in Europa orientale, tra cristiani cattolici e ortodossi. Il quotidiano nazista Der Stürmer pubblicava
regolarmente caricature di rabbini che succhiavano il sangue di bambini tedeschi.

Profanazione di ostie
Come se non bastassero tutte le storie di orrore che circolavano sugli ebrei, venne divulgata verso la fine del XIII secolo una nuova calunnia: si sparse voce che gli ebrei rubavano o compravano ostie consacrate per poi perforarle con dei coltelli o pestarle con il mortaio, in odio verso Cristo, volendo reiterare con questo gesto la crocifissione di Cristo. Si diceva poi che da queste ostie così profanate fuoriuscisse del sangue avente un miracoloso potere di guarigione. Simili dicerie riguardo il sacrilegio di ostie scatenarono nel 1298, nella Germania del sud, spaventose carneficine. A Röttingen, un nobile di nome Rindfleisch, dichiarando di essere stato chiamato dal cielo a vendicare la profanazione delle ostie, uccise con una banda di seguaci tutti gli ebrei della città e andò di paese in paese, attraverso la Franconia, la Baviera e l'Austria, saccheggiando e uccidendo. Innumerevoli ebrei si tolsero la vita per sottrarsi alle truppe di Rindfleisch. Tra la primavera e l'autunno del 1298, più di cento quaranta comunità ebraiche caddero vittima dell'atroce massacro che costò la vita a circa cento mila ebrei.
Nel 1389, a Praga, alcuni bambini ebrei presi nei loro giochi gettarono inavvertitamente
della sabbia su un prete che stava portando in quel momento il Santissimo Sacramento.
Come reazione a quest'episodio tremila ebrei furono giustiziati.

Marchio d'infamia
Nel 1215, il quarto Concilio Lateranense indetto da Papa Innocenzo III stabilì, con riferimento al libro dei Numeri al capitolo 15:37-41, che gli ebrei dovessero differenziarsi dal resto della popolazione con un genere particolare di indumenti, come avvenne per i saraceni e più tardi, per gli eretici, le prostitute e i lebbrosi. Inoltre, essi dovevano portare sui loro vestiti un segno di riconoscimento: tutto questo accadde molti secoli prima della stella gialla imposta dal nazismo. Il funesto segno distintivo degli ebrei, il cui colore e la cui forma venivano lasciati alla scelta delle singole nazioni, era dunque nato. Con questo marchio d'infamia gli ebrei si trovarono così isolati all'interno della società cristiana, bersaglio di ogni tipo di sevizie e maltrattamenti.

Battesimo coatto
Il battesimo o la morte – il battesimo o l'esilio! Fu questa la scelta imposta agli ebrei nella Spagna medievale. Nel 1391 Ferdinando Martinez, sostituto del vescovo di Siviglia, istigò il popolo alla caccia all'ebreo. Cinquanta mila ebrei furono uccisi e centinaia di migliaia furono battezzati, tra cui molti rabbini. Tuttavia il battesimo coatto comportava un grosso problema: alcuni accettavano di cambiare fede per ottenerne un vantaggio personale, altri invece – la maggioranza di quanti avevano subito il battesimo con la forza – continuavano ad aderire segretamente alla loro antica fede. Entrambi questi gruppi vennero soprannominati "marrani" – maiali – dagli spagnoli.

Razzismo
In Spagna antisemitismo e antimarranismo presero piede in maniera impressionante. Incominciò a diffondersi l'idea secondo cui il vero problema fosse l'asse ereditario degli ebrei, o in altri termini la loro "mala sangre", il sangue cattivo, su cui neppure il battesimo coatto poteva avere alcun effetto: fu questa convinzione a generare il razzismo spagnolo. Non era molto lontana la via che avrebbe portato ai paragrafi ariani dei nazisti e alle "leggi razziali" di Norimberga, in seguito alle quali gli ebrei furono esclusi dalla vita pubblica e privati della cittadinanza tedesca.

L'Inquisizione spagnola
Nel 1480 i regnanti spagnoli Ferdinando ed Isabella istituirono un tribunale con il fine di purgare la Chiesa dai marrani che nascostamente continuavano a praticare la loro fede ebraica: seguì subito una serie di arresti in massa. Ma l'Inquisizione spagnola non era affatto sostenuta da motivi autenticamente religiosi: aveva invece a che fare con l'enorme accumulo di debiti che la casa reale aveva contratto con gli ebrei. Le prime vittime vennero bruciate al rogo nel 1481 e per tutta la durata dell'Inquisizione, ossia fino al XIX secolo, furono complessivamente trentamila i "marrani" che morirono tra le fiamme. Le atrocità di quest'epoca, riccamente documentate, si diffusero fino in Sudamerica.

Senza patria
Col passare del tempo gli ebrei vennero cacciati da quasi tutti i Paesi in cui si erano stabiliti. Nel 1290 dovettero lasciare l'Inghilterra: sedicimila profughi si rifugiarono in Francia e in Belgio, mentre molti morirono durante il viaggio per i disagi della fuga. Dalla Francia e dalla Germania essi furono nuovamente espulsi; nel 1492 Ferdinando ed Isabella li bandirono dalla Spagna, per costituire – come affermarono – un regno autenticamente cristiano. Molti dei trecentomila profughi si diressero verso il Portogallo, ove fu loro concesso, dietro pagamento, di rimanere per alcuni mesi. In seguito essi vennero fatti schiavi da Giovanni II (1481-1495). Il sovrano successivo li liberò, per poi costringerli brutalmente al battesimo coatto.

Il carnevale
Sevizie umilianti inflitte agli ebrei rappresentavano spesso il culmine dei festeggiamenti carnevaleschi. A questo scopo, nella Roma medioevale, ogni anno il più anziano della comunità ebraica veniva introdotto nudo in una botte irta di chiodi e fatto rotolare giù, lungo il Monte Testaccio, fino a provocarne la morte, mentre gli altri ebrei erano costretti ad assistere al martirio del loro compagno. Più tardi, sulla scia della Controriforma, a Roma gli ebrei venivano fatti ingrassare appositamente in vista del carnevale e poi esposti alla folla che li copriva di fango – "proprio come si meritano quegli infedeli". Infine, essi venivano obbligati a correre nudi per le strade del carnevale nel freddo gelido e sotto la pioggia. Si tennero persino disquisizioni pubbliche durante le quali gli ebrei venivano bastonati.

La Riforma
Martin Lutero (1483-1546) fu da principio ben disposto verso gli ebrei, sperando di riuscire a conquistarli alla fede cristiana attraverso la sua nuova dottrina. Giunse persino ad elogiarli quali "cugini e fratelli del Signore", ma quando alla fine fu costretto a riconoscere che gli ebrei non si convertivano, cambiò radicalmente atteggiamento:
"Non ne dubitate, miei carissimi in Cristo: dopo il diavolo voi non avete nessun nemico più insidioso e più pericolo del vero ebreo… gli ebrei sono autentici bugiardi e sanguinari… sono serpenti velenosi, assassini e figli del diavolo".

Nel suo trattato "Von den Juden und ihren Lügen" (Gli ebrei e le loro menzogne) (1543)
Lutero scrisse:
"Che cosa dobbiamo avere ancora a che fare, noi cristiani, con questo popolo dannato e
infame degli ebrei? Vi darò io il mio consiglio più sincero:
Bruciate le loro sinagoghe e le loro scuole, e ciò che non brucia seppellitelo con la terra, così che non ne rimanga pietra su pietra.
Scassinate le loro case e distruggetele.
Portate via tutti i loro libri di preghiera e i loro Talmud, nei quali non si trovano altro che empietà, menzogne, bestemmie e ingiurie.
Vietate ai loro rabbini di insegnare, pena il taglio della lingua e la condanna a morte.
Vietate loro di viaggiare. Non sono infatti né padroni, né funzionari, né
commercianti: se ne restino quindi a casa.
Vietate loro ogni tipo di usura, perché noi non siamo i loro sudditi, bensì loro i nostri.
È alle mani dei giovani ebrei e delle giovani ebree che appartengono asce, vanghe, conocchie e arcolai. Lasciate perciò che si guadagnino da vivere con queste cose, col sudore della loro fronte, come devono fare tutti i figli di Abramo. Perché grande è l'ira di Dio su di loro, così che essi peggiorano sempre più se trattati con benevolenza, ma migliorano se trattati con durezza. In conclusione, tenetevi sempre lontani da loro!"
In una predica pronunciata poco prima della sua morte, Lutero esortò ad espellere tutti gli ebrei dalla Germania. Alcuni secoli più tardi, nel Terzo Reich, la propaganda antisemita di Lutero fu citata testualmente.

I ghetti
I papi dell'Italia rinascimentale si dimostrarono relativamente benevoli verso gli ebrei. La Controriforma tuttavia, soprattutto con Papa Paolo IV (1555-1559) portò un brusco cambiamento. Vennero costruiti i ghetti, prima in Italia e poi nella monarchia austriaca e in altre nazioni. L'angustia e la degradazione del ghetto diventarono in tutta Europa il segno distintivo della vita degli ebrei.


L'epoca moderna
L'antisemitismo all'interno del cristianesimo si era intanto radicato così profondamente anche nella società che il cittadino comune ne era influenzato, non importa a quale tradizione cristiana o orientamento politico egli appartenesse. L'accusa di "deicidio" continuò a lungo a perseguitare gli ebrei: un bambino, fuggito nel 1921 con la sua famiglia da Kiev in Polonia, si ricordò in seguito che la prima frase insegnatagli in lingua polacca era stata "Gli ebrei hanno ucciso Cristo".

Tra i fronti
La Polonia era stata un tempo luogo di asilo per gli ebrei tedeschi in fuga dalle crociate, dalla peste e dal dilagare dei massacri. Ma quest'esistenza relativamente tranquilla ebbe fine con la Pasqua del 1648, quando gli ucraini ortodossi insorsero contro i loro padroni, i grandi latifondisti cattolici polacchi. Gli ebrei, che lavoravano come fittavoli e intermediari dei polacchi, furono i più colpiti nella rivolta e divennero preda della rabbia feroce dei terribili cosacchi ucraini.
Ecco cosa scrisse un testimone oculare: Ad uno i cosacchi strapparono la pelle, per gettare la carne ai cani. Ad un altro inflissero tremende ferite e poi lo abbandonarono sulla strada. Altri ancora vennero sepolti vivi. I cosacchi pugnalavano i neonati nelle braccia delle madri e talvolta gettavano i corpi dei bambini ebrei nell'acqua per farne cumuli su cui camminare e attraversare il guado dei fiumi
. Abomini ancora più atroci non possono essere neppure menzionati. Durante l'invasione svedese (1655-1658) gli ebrei polacchi si trovarono, per così dire, chiusi tra più fronti nemici. Russi, cosacchi e svedesi si avventarono uno dopo l'altro su di loro e, dopo essersene andati via, era la volta dei polacchi, che si scagliavano sugli ebrei ritenendoli alleati degli aggressori. Si stima che, tra il 1648 e il 1658, vennero uccisi in Polonia tra i centomila e i cinquecentomila ebrei: dai tempi biblici, questa fu l'epoca più sanguinosa della storia ebraica. Settecento comunità ebraiche caddero vittima dello sterminio e colonne
interminabili di profughi cercarono rifugio in altri Paesi europei.
Anche in Russia, durante la guerra civile tra armata bianca e armata rossa, gli ebrei furono
attaccati da entrambi i fronti: l'armata bianca vedeva in loro dei rivoluzionari, mentre
l'armata rossa li considerava oppressori del popolo.



Emancipazione
La parità dei diritti, che sulla spinta dell'emancipazione venne concessa agli ebrei sul finire del XVIII secolo e agli inizi del XIX, non incontrò ovunque un consenso unitario: in Germania, per reazione, vennero scritti e diffusi volantini d'ispirazione antisemita.
Nel 1819 l'autore di uno di questi volantini arrivò persino a proporre massacri, castrazione e libero uso delle ebree per la prostituzione. Riferendosi a queste esaltazioni fanatiche, lo storico ebreo Heinrich Graetz, che pure non era amico del cattolicesimo, affermò: "La teologia protestante e la filosofia tedesca hanno consigliato dei provvedimenti contro gli ebrei che sono andati ben oltre i decreti canonici dei papi Innocenzo III e Paolo IV".

L'affare Dreyfus
Nel 1884 si svolse a Parigi, di fronte alla corte marziale, il processo per spionaggio contro l'ufficiale ebreo Alfred Dreyfus: il processo sollevò un'ondata di tumulti antisemiti, e questo in una delle nazioni più civilizzate del mondo, la prima in Europa che aveva concesso agli ebrei la parità dei diritti.
Dreyfus, falsamente accusato di spionaggio a favore della Germania, venne dichiarato colpevole, pubblicamente degradato e condannato all'ergastolo. Il mondo intero reagì con proteste e il governo francese uscì fortemente danneggiato da questo affare, ma solamente nel 1906 Dreyfus fu riabilitato. L'"affare Dreyfus" lasciò dietro di sé molto rancore verso gli ebrei favorendo in seguito l'instaurarsi del regime di Vichy, che divenne stretto collaboratore dei nazisti.

Repressioni in Europa orientale
Con la spartizione della Polonia, alla fine del XVIII secolo, la Russia diventò sovrana sul gruppo più numeroso, a livello mondiale, di comunità ebraiche. Caterina II confinò gli ebrei nelle province di recente conquista, soprannominate zona di colonizzazione. Contemporaneamente, ella invitò gli stranieri, esclusi gli ebrei, ad insediarsi nella Russia centrale.
La condizione degli ebrei si aggravò sotto Nicola I (1825-1855). I giovani ebrei, di età compresa tra i dodici e i venticinque anni, venivano arruolati per il servizio militare e trasportati in regioni remote dove, con ogni mezzo, compresi gli oltraggi e le torture, erano costretti ad abiurare alla loro fede e ad aderire al cristianesimo. In quest'epoca fu la Romania, dopo la Russia, la nazione in cui gli ebrei subirono la più grave oppressione: circa duecento mila ebrei patirono qui le peggiori persecuzioni, come
nei tempi più bui del medioevo.

Pogrom
Sotto il regno dello zar Alessandro III, durante la Pasqua del 1881, scoppiò il primo grande pogrom che colpì più di cento comunità ebraiche. Il consigliere antisemita dello zar progettava di risolvere a suo modo la questione ebraica: un terzo degli ebrei avrebbe dovuto emigrare, un terzo morire e un terzo scomparire (ossia, venire convertito). I pogrom, e i conseguenti esodi di massa da essi provocati, proseguirono anche sotto lo zar Nicola II (1894-1917) il quale riteneva gli ebrei assassini di Cristo.
Nonostante l'orrore dell'Olocausto e nonostante la popolazione ebraica fosse fortemente decimata, anche dopo la seconda guerra mondiale si ripeterono in Polonia nuovi pogrom.

I protocolli dei Saggi di Sion
Questa propaganda antisemita apparve per la prima volta nel 1905 nella Russia zarista. I cosiddetti "protocolli dei Saggi di Sion", che accusavano gli ebrei di una congiura mondiale, furono tradotti in parecchie lingue dopo la prima guerra mondiale e continuarono ad esercitare un influsso duraturo per tutto il ventesimo secolo. Nel 1921 si scoprì che si trattava di falsi, ma ciò non ne interruppe la diffusione. Per iniziativa di Henry Ford, il potente e influente industriale, tre edizioni dei protocolli ebbero in America un'ampia diffusione. Nel 1922 due fanatici dell'estrema destra assassinarono il ministro degli esteri della repubblica di Weimar, Walther Rathenau, ebreo, convinti che egli fosse uno dei "Saggi di Sion". Questi "protocolli" esercitarono il loro influsso più grande nella Germania nazista.



Il nazionalsocialismo
Fu innanzitutto l'antisemitismo cristiano a rendere possibile l'Olocausto, benché il nazionalsocialismo fosse di per sé anticristiano. Hitler e i nazisti proclamarono un Cristo "ariano", non ebreo, per trarre dalla loro parte i cristiani, e presero a modello la legislazione cattolica e antiebraica del medioevo insieme ai venefici scritti antiebraici di Martin Lutero, che essi lessero e divulgarono. È significativo come, tra tutte le grandi nazioni d'Europa, l'Olocausto ha avuto luogo nell'unica nazione che ha circa la stessa percentuale di cattolici e di protestanti, segno che entrambe le tradizioni cristiane erano impregnate di odio antisemita.
Le Chiese e la maggioranza dei loro esponenti collaborarono apertamente con i nazisti. Gli organi direttivi delle Chiese emanarono delle dichiarazioni comuni in cui approvavano espressamente le leggi degradanti emesse dai nazisti contro gli ebrei, appellandosi anch'essi in parte a Lutero. Quando nel 1936 alcuni ecclesiastici tedeschi manifestarono personalmente a Hitler la loro protesta per i maltrattamenti subiti dagli ebrei, Hitler rispose sbrigativamente: "Di che cosa vi lamentate? Io eseguo solo ciò che voi da secoli avete insegnato!".
Non fu dunque certamente una coincidenza se in Germania le sinagoghe bruciarono proprio
nella notte del 455° compleanno di Lutero (tra il 9 e il 10 novembre 1938). In quella notte,
passata alla storia come "notte dei cristalli", con un'azione imponente e accuratamente
studiata i nazisti realizzarono quanto Lutero un tempo aveva consigliato di fare. Se è vero che alcuni cristiani per iniziativa individuale aiutarono gli ebrei, in generale le due grandi Chiese non lo fecero

La seconda guerra mondiale
Anche quando il nazionalsocialismo fu all'apogeo della sua potenza e atrocità indicibili iniziarono a diventare di dominio pubblico, soltanto una esigua minoranza si schierò dalla parte degli ebrei ed essi furono lasciati soli proprio quando più si trovarono nell'estremo bisogno. La maggior parte degli Stati non intraprese nulla di ufficiale: nessuno voleva gli ebrei. Il plurisecolare antisemitismo iniziava ad esigere il suo tributo.
Al processo per crimini di guerra a Ulma, nel 1958, fu chiesto ad un ex prete lituano perché avesse taciuto di fronte alle spaventose fucilazioni cui aveva assistito: questi rispose di aver creduto che, in tal modo, si adempisse per gli ebrei la parola "Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli".
È spaventoso come questo passo biblico potesse essere utilizzato per giustificare una tale freddezza; eppure, anche cristiani di altre nazionalità hanno espresso idee simili. Un nunzio pontificio, che era stato pregato di intervenire contro le deportazioni dalla Slovacchia ad Auschwitz – perché altrimenti, gli era stato detto, sarebbe stato versato tanto sangue innocente di bambini ebrei – rispose indifferente: "In tutto il mondo non esiste sangue innocente di bambini ebrei. Tutto il sangue ebreo è intaccato dalla colpa. Voi dovete morire: è la punizione che attraverso questo peccato [la crocifissione di Gesù] vi siete attirati". Interrogato in processo davanti al tribunale internazionale di Norimberga, Julius Streicher, il più feroce aguzzino degli ebrei nel Terzo Reich, dichiarò: "Il Dottor Martin Lutero siederebbe oggi al mio posto sul banco degli imputati se l'accusa prendesse in considerazione il suo libro, "Gli ebrei e le loro menzogne", in cui il Dottor Martin Lutero scrive che gli ebrei sono una genia di serpenti, che bisogna bruciare le loro sinagoghe, che bisogna sterminarli… proprio questo abbiamo fatto!". La Svizzera chiuse le frontiere. Il Canada e l'America avevano leggi sull'immigrazione così rigide che vi fu vietato l'ingresso a molti ebrei. Il governo britannico ritirò la concessione della Dichiarazione Balfour del 1917, che permetteva agli ebrei di costruire in Palestina, territorio del mandato, un focolare nazionale, e per migliaia di ebrei fuggiaschi, che durante il Terzo Reich o subito dopo cercarono rifugio nella terra dei loro Padri, le porte rimasero chiuse. A questo proposito va ricordata anche la tragedia della "Struma", una nave carica di ebrei a cui gli inglesi non permisero di approdare in Palestina e che dovette perciò cambiare rotta: giunta nel Mar Nero, la nave colò a picco nell'inverno del 1942 sotto i siluri delle torpediniere. Dei 769 profughi a bordo, uno solo sopravvisse.

Indifferenti e passivi
L'indifferenza e la passività di quasi tutte le nazioni alla vigilia della seconda guerra mondiale favorì Hitler in modo decisivo e questi poté proseguire liberamente il suo piano
di sterminio di massa degli ebrei. Nel luglio 1938 il presidente Roosevelt indisse a Evian-les-Bains, in Francia, una conferenza sulla questione profughi, per deliberare in merito al destino degli ebrei europei. Deludente fu l'esito della conferenza: delle trenta nazioni rappresentate, solo la Danimarca e l'Olanda si dichiararono disposte ad accogliere alcune migliaia di ebrei. Tutti gli altri Paesi posero così tante condizioni che non riuscirono a soddisfarne alcuna di quelle dei profughi. Spie naziste riferirono a Hitler: "Fate pure ciò che volete degli ebrei: nessuno li vuole".
Quattro mesi dopo ebbe inizio l'orribile persecuzione che costò la vita a sei milioni di ebrei.



Chiamata al pentimento
Dopo l'Olocausto iniziò nel nostro popolo un lento processo di ripensamento. Un passo importante in questo senso è stata la Dichiarazione Sinodale delle Chiese evangeliche di Renania, del 1980, in cui si afferma:
"Noi riconosciamo amareggiati la corresponsabilità e la colpa della cristianità tedesca nell'Olocausto".
E nel Voto della Chiesa Evangelica dell'Unione "Chiesa come Comunità di fratelli" (Barmen III, 1980) si legge:
"Siamo chiamati all'umile confessione della nostra infedeltà e della nostra colpa personale.
Poiché, per quanto concerne le relazioni tra cristiani ed ebrei, la storia della cristianità è stata un rinnegamento quasi ininterrotto dell'elezione, mai revocata, di Israele.
All'antisemitismo che c'è stato nella storia della nostra Chiesa, non possiamo che rispondere con vergogna e rimorso, aprendoci al pentimento".
Il secondo studio delle Chiese Evangeliche Tedesche (EKD) sull'atteggiamento nei confronti dell'ebraismo (1991) deplora "l'ininterrotta tradizione di polemica, critica e discredito dell'ebraismo e degli ebrei" nella storia della Chiesa:
"Mostrare concretamente, per quanto possibile, la propria colpa, e riconoscerla chiamandola per nome, è la condizione indispensabile affinché la confessione del peccato non rimanga un puro rito, ma piuttosto sia fonte di conversione e di rinnovamento". Nella Chiesa cattolica, il Concilio Vaticano II ha posto con la Dichiarazione Nostra Aetate (1965) una pietra miliare. Nella Dichiarazione la Chiesa condanna "tutte le esplosioni di odio, le persecuzioni e le manifestazioni di antisemitismo". Papa Giovanni Paolo II ha in seguito ripetuto: "L'antisemitismo è senza alcuna giustificazione e in ogni caso da condannare". Ma ciò non deve riguardare solo le prese ufficiali della Chiesa: la chiamata al pentimento è rivolta a ciascuno di noi. Alcuni vedono una corrispondenza tra il mancato pentimento personale riguardo la nostra colpa verso il popolo di Dio, e un certo ristagno spirituale all'interno delle comunità: "Finché i cristiani non riconosceranno davanti a Dio e davanti agli ebrei la loro parte di colpa nella sofferenza del popolo ebraico… non vi sarà neppure alcun risveglio spirituale".
Lo storico e prete cattolico Edward H. Flannery ha affermato, parlando dell'antisemitismo cristiano: "È una tragedia alla quale Gesù partecipa. È Lui che nel Suo popolo è stato di nuovo
crocifisso, attraverso la mano di molti che erano battezzati nel Suo nome. Il peccato dell'antisemitismo racchiude in sé molti peccati, ma in definitiva si tratta di un rinnegamento della fede cristiana, di un rifiuto e di una negazione della speranza cristiana e di una infermità e paralisi dell'amore cristiano.
Non è forse stata questa la vera apostasia della cristianità? Che cioè il popolo più perseguitato dell'epoca cristiana non sono stati i cristiani, a cui il loro Maestro aveva preannunciato persecuzione (Giovanni 16:2-4), ma il Suo popolo, il popolo da cui Egli veniva. E non è forse stato questo lo scandalo più grande: gli ebrei, che nel corso della storia hanno dovuto portare il peso dato loro da Dio, non hanno trovato nelle Chiese cristiane né alleati né difensori. Al contrario vi hanno trovato i loro oppressori e diffamatori più fanatici. Una storia, questa, che chiama al pentimento".
Con lo stesso spirito Madre Basilea ha scritto:
"L'imperativo di oggi è schierarsi dalla parte di Gesù e vedere il Suo popolo con i Suoi
stessi occhi, il Suo sguardo di amore e di misericordia. Solo così ci toccherebbe il cuore
come un intero popolo, chiamato popolo di Dio, attraversa i secoli disprezzato, povero,
rifiutato ed esiliato, carico di malattie e dolori, simile al servo di Dio descritto in Isaia 53 la cui immagine subito ci verrebbe in mente (…)".


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[3]
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[4]
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[5]
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[6]
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[7]
Secondo Olga Marshall, op. cit., pag. 7.
[8]
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[9]
Fritz May, Israel zwischen Blut und Tränen, Der Leidensweg des jüdischen Volkes (Israele tra sangue e lacrime, Il cammino di dolore del popolo ebraico), Verlag Schulte + Gerth, Aslar 1987, pag. 32ss.
[10]
Werner Keller, pag. 129.
[11]
Werner Keller, op. cit., pag. 129 / Edward H. Flannery, op. cit., pag. 68ss.
[12]
Michael Krupp, Vergesse ich dein, Jerusalem (Se ti dimentico, Gerusalemme), Sternberg-Verlag, Metzingen 1962, pag. 23.
[13]
Werner Keller, op. cit., pag. 237ss.
[14]
Edward H. Flannery, op. cit., pag. 93.
[15]
Michael Krupp, op. cit., pag. 25.
[16]
Fritz May, op. cit., pag. 49.
[17]
Werner Keller, op. cit., pag. 254.
[18]
Michael L. Brown, Our Hands are Stained with Blood, The tragic Story of the "Church" and the Jewish People (Le nostre mani sono macchiate di sangue, La tragica storia della "Chiesa" e del popolo ebraico), Destiny Image Publishers, Shippensburg, Usa 1996, pag. 13.
[19]
Werner Keller, op. cit., pag. 253 / Hans Kühner, op. cit., pag. 120.
[20]
Werner Keller, op. cit., pag. 341.
[21]
Gerhard Czermak, Christen gegen Juden, Geschichte einer Verfolgung (I cristiani contro gli ebrei, storia di una persecuzione), Eichborn Verlag, Frankfurt am Main 1991, pag. 81.
[22]
Werner Keller, op. cit., pag. 254.
[23]
Werner Keller, op. cit., pag. 245.
[24]
Gerhard Czermak, op. cit., pag. 27.
[25]
Fritz May, op. cit., pag. 56.
[26]
Michael L. Brown, op. cit., pag. 12.
[27]
Fritz May, op. cit., pag. 52.
[28]
Hans Kühner, op. cit., pag. 108.
[29]
Werner Keller, op. cit., pag. 277.
[30]
Werner Keller, op. cit., pag. 278.
[31]
Hans Kühner, op. cit., pag. 145.
[32]
Werner Keller, op. cit., pag. 259.
[33]
Gerhard Czermak, op. cit., pag. 60ss.
[34]
Secondo Michael L. Brown, op. cit., pag. 62ss.
[35]
Werner Keller, op. cit., pag. 268.
[36]
Vedi sopra, pag. 268ss. / Edward H. Flannery, op. cit., pag. 107.
[37]
Edward H. Flannery, op. cit., pag. 112.
[38]
Edward H. Flannery, op. cit., pag. 103ss.
[39]
Vedi sopra, pag. 132.
[40]
Vedi sopra, pag. 135ss.
[41]
Edward H. Flannery, op. cit., pag. 137.
[42]
Vedi sopra, pag. 120.
[43]
Vedi sopra, pag. 139ss.
[44]
Hans Kühner, op. cit., pag. 107.
[45]
Vedi sopra, op. cit., pag. 166.
[46]
Martin Lutero, Ausgewählte Werke (Opere selezionate), Monaco 1938, citato in: Fritz May, op. cit., pag. 56.
[47]
Martin Lutero, op. cit., pag. 60ss.
[48]
Edward H. Flannery, op. cit., pag. 153.
[49]
Edward H. Flannery, op. cit., pag. 155.
[50]
Werner Keller, op. cit., pag. 341.
[51]
Edward H. Flannery, op. cit., pagg. 155-156.
[52]
Werner Keller, op. cit., pag. 348.
[53]
Edward H. Flannery, op. cit., pagg. 157-158.
[54]
Vedi sopra, pag. 158.
[55]
Heinrich Graetz, Volkstümliche Geschichte der Juden (La storia popolare degli ebrei), III volume, R. Löwit Verlag, Vienna e Berlino, 10 edizione, pag. 540.
[56]
Simon Wiesenthal, Jeder Tag ein Gedenktag, Chronik jüdischen Leidens (Ogni giorno una memoria, Cronaca della sofferenza ebraica), Ullstein, Frankfurt/M-Berlino 1990, pag. 32.
[57]
Edward H. Flannery, op. cit., pag. 171ss.
[58]
Vedi sopra, pag. 173.
[59]
Vedi sopra, pag.189ss.
[60]
Vedi sopra, pagg. 191, 272.
[61]
Edward H. Flannery, op. cit., pag. 192ss.
[62]
Vedi sopra, pag. 207ss.
[63]
Dennis Prager e Joseph Telushkin, Why the Jews? The Reason for Antisemitism (Perché gli ebrei? La ragione dell'antisemitismo), Simon & Schuster, New York 1983, pag. 104, citato da Michael L. Brown, op. cit., pag. 7.
[64]
Fritz May, op. cit., pag. 98.
[65]
Secondo Fritz May, op. cit., pag. 103.
[66]
Franklin H. Littell, Den Holocaust erfinden (Inventare l'Olocausto), Freiburger Rundbrief Neue Folge, 2/1997, pag. 111.
[67]
Fritz May, op. cit., pagg. 61, 94.
[68]
Rudolf Pfisterer, Verantwortung, Informative Texte: Jüdisch-christlicher Dialog, Strafvollzug (Responsabilità, Testi informativi: Dialogo Ebraico-Cristiano, esecuzione della pena), Hänssler-Verlag, Neuhausen-Stuttgart, 1985, pag. 217.
[69]
Vedi sopra, pag. 217 / Eliezer Berkovits, Faith After the Holocaust (La fede dopo l'Olocausto), Ktav, New York, 1973, pag. 19, citato da Michael L. Brown, op. cit., pag. 218.
[70]
Der Prozess gegen die Hauptkriegsverbrecher (Il processo contro i principali criminali di guerra), volume III, pag. 346, citato da Fritz May, op. cit., pagg. 94-95.
[71]
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[72]
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[73]
Vedi sopra, pag. 601ss.
[74]
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[75]
Die Kirchen und das Judentum (La Chiesa e l'Ebraismo), op. cit., pag. 43.
[76]
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[77]
Fritz May, op. cit., pag. 136.
[78]
Edward H. Flannery, op. cit., pag. 295.
[79]
M. Basilea Schlink, op. cit., pag. 39(*).



[Modificato da Aialon 02/10/2007 10:56]
05/10/2007 19:50
 
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Ma per favore...

Erano ben altre le ideologie che spinsero Hitler ad aizzarsi contro gli ebrei...

Cos'è si continua questa solfa di: "tutti contro la Chiesa Cattolica"?

Se si vuol fare un discorso serio assieme, bisogna riconoscere i propri errori...anche da parte ebraica nei confronti dei cristiani (ci sono parti del Talmud che risuonano ancora di queste cose) ed in particolare dei cattolici.

Non esistono ancora uomini che non sbagliano.

Parimenti ci sono stati uomini dell'una e dell'altra fede, che hanno dato prova di grande amore inter-religioso.
Tra i quali anche il nostro papa...

E' ora, specialmente se si scrive su un forum di dialogo inter-religioso, di SVELENIRSI un pochino e vedere che cosa ci avvicina...più che tutto ciò che ci ha allontanato.




Ebrei russi salvati dalla prigionia grazie alla Santa Sede sostano nel cortile di San Damaso in Vaticano prima di recarsi in udienza da papa Pio XII



Pio XII e gli ebrei. Una difesa

di David G. Dalin








La campagna scatenata contro Pio XII è inquietante. Negare la gratitudine espressagli dagli ebrei dell'epoca equivale a negare la credibilità della loro testimonianza personale e del loro giudizio sull'Olocausto stesso. È in atto un tentativo di utilizzare le loro sofferenze per imporre cambiamenti in seno alla Chiesa cattolica odierna. Questo abuso dell'Olocausto deve essere rifiutato.







Ancor prima che Pio XII morisse, nel 1958, in Europa già veniva messa in circolazione l'accusa - un pezzo classico della propaganda comunista contro l'Occidente - che il suo pontificato era stato favorevole ai nazisti.

Dopo la morte del Papa l'accusa venne sommersa da un'alluvione di omaggi tanto da parte di ebrei quanto di gentili, per riaffiorare in occasione della prima, nel 1963, de Il Vicario (1), il dramma di uno scrittore tedesco di sinistra - già membro della Hitlerjugend, la "Gioventú hitleriana" - di nome Rolf Hochhuth.

Il Vicario, romanzesco e fortemente polemico, sosteneva che la preoccupazione di Pio XII per le finanze vaticane lo aveva reso indifferente di fronte alla distruzione dell'ebraismo europeo. Ma, ciononostante, il dramma di Hochhuth - sette ore di durata - ebbe un'eco notevole, scatenando una controversia protrattasi lungo gli anni 1960. E adesso, oltre trent'anni dopo, quella controversia è riesplosa all'improvviso e per ragioni non immediatamente evidenti.

Infatti, il termine "esplosa" non descrive adeguatamente l'attuale torrente di polemiche. Negli ultimi diciotto mesi sono usciti nove libri su Pio XII: Il Papa di Hitler. La storia segreta di Pio XII di John Cornwell (2), Pio XII e la Seconda Guerra mondiale negli Archivi Vaticani di Pierre Blet (3), Papal Sin di Garry Wills (4), Pio XII. Architetto di pace di Margherita Marchione (5), Hitler, the War and the Pope di Ronald J. Rychlak (6), The Catholic Church and the Holocaust, 1930-1965 di Michael Phayer (7), Under His Very Windows. The Vatican and the Holocaust in Italy di Susan Zuccotti (8), The Defamation of Pius XII di Ralph McInerny (9), e, piú di recente, Constantine's Sword. The Church and the Jews: A History di James Carroll (10).

Dal momento che quattro di essi - quelli di Blet, della Marchione, di Rychlak e di McInerny - prendono le difese del Papa, e due - i libri di Wills e di Carroll - si occupano di Pio XII solo nell'ambito di un piú ampio attacco contro il cattolicesimo, il quadro può apparire equilibrato. Di fatto, dopo averli letti tutti e nove, si deve concludere che i difensori di Pio XII hanno gli argomenti piú forti, soprattutto con Hitler, the War and the Pope di Rychlak, il migliore e piú accurato fra i lavori recenti, un elegante volume di seria critica scientifica.

Eppure, quelli che hanno ottenuto maggior attenzione sono i libri che denigrano il Papa, in particolare Il Papa di Hitler, un volume ampiamente recensito e messo in vendita con l'avviso che Pio XII è stato "l'ecclesiastico piú pericoloso della storia moderna", senza il quale "Hitler non avrebbe mai potuto [...] farsi strada". Il "silenzio" del Papa si sta affermando sempre piú come stabile opinione nei media americani: "Il fatto che Pio XII abbia elevato l'interesse privato cattolico al di sopra della coscienza cattolica costituisce il punto piú basso raggiunto dalla storia moderna del cattolicesimo", osservava quasi di sfuggita il New York Times recensendo il mese scorso Constantine's Sword di Carroll.

Strano a dirsi, quasi tutti quelli oggi su questa linea - dagli ex seminaristi John Cornwell e Garry Wills all'ex prete James Carroll - sono cattolici non praticanti o del dissenso. Per i leader ebraici della vecchia generazione, la campagna contro Pio XII sarebbe stata un colpo. Durante e dopo la guerra molti ebrei famosi - Albert Einstein, Golda Meir, Moshe Sharett, il rabbino Isaac Herzog e innumerevoli altri - espressero pubblicamente la loro gratitudine a Pio XII. Nel suo libro uscito nel 1967 Roma e gli ebrei. L'azione del Vaticano a favore delle vittime del Nazismo (11) il diplomatico Pinchas Lapide - che era stato console israeliano a Milano e aveva intervistato alcuni italiani sopravvissuti all'Olocausto - dichiarò che Pio XII "fu lo strumento di salvezza di almeno 700.000, ma forse anche 860.000, ebrei che dovevano morire per mano nazista".

Ciò non significa che Eugenio Pacelli - il potente ecclesiastico che aveva prestato servizio come nunzio in Baviera e in Germania dal 1917 al 1929, e poi come Segretario di Stato vaticano dal 1930 al 1939, prima di diventare Papa Pio XII sei mesi prima dello scoppio della seconda guerra mondiale - fosse amico degli ebrei come lo è stato Giovanni Paolo II. Né che Pio XII abbia avuto in definitiva successo come difensore degli ebrei. Malgrado i suoi disperati sforzi per mantenere la pace, la guerra ci fu e, malgrado le sue proteste contro le atrocità tedesche, il massacro dell'Olocausto ebbe luogo. Anche se con il senno di poi, uno studio accurato rivela che la Chiesa cattolica perse l'occasione d'influenzare gli eventi, sbagliò ad accreditare in pieno le intenzioni dei nazisti e fu contagiata in alcuni dei suoi membri da un occasionale antisemitismo, che avrebbe approvato - e, in qualche orrendo caso, anche ratificato - l'ideologia nazista.

Ma fare di Pio XII un bersaglio del nostro sdegno morale contro i nazisti e annoverare il cattolicesimo fra le istituzioni delegittimate dall'orrore dell'Olocausto significa mancare di comprensione storica. Quasi nessuno dei recenti libri su Pio XII e l'Olocausto è in realtà su Pio XII e l'Olocausto. Il loro vero tema si rivela essere una disputa fra cattolici riguardo a come è diretta la Chiesa oggi, con l'Olocausto che gioca il ruolo del randello piú grosso a disposizione dei cattolici progressisti contro i tradizionalisti.

Un dibattito teologico sul futuro del papato è ovviamente qualcosa in cui i non-cattolici non dovrebbero farsi coinvolgere troppo in profondità. Ma gli ebrei, quali che siano i loro sentimenti nei confronti della Chiesa cattolica, hanno il dovere di rifiutare ogni tentativo di usurpare l'Olocausto e di usarlo per ragioni di parte in questo dibattito, particolarmente quando tale tentativo scredita la testimonianza dei sopravvissuti all'Olocausto ed estende a personaggi impropri la condanna che invece appartiene a Hitler e ai nazisti.

La tecnica usata nei recenti attacchi a Pio XII è semplice. Richiede solo che le prove a favore siano interpretate nella peggiore luce e sottoposte all'esame piú rigoroso, mentre le prove contro siano invece interpretate nella miglior luce e non siano sottoposte ad alcun esame.

Cosí, per esempio, quando Cornwell ne Il Papa di Hitler si propone di provare che Papa Pio è stato antisemita - un'accusa che anche i piú accaniti oppositori del Pontefice hanno di rado sollevato -, fonda gran parte del suo deferimento in giudizio di Pacelli su una lettera del 1917 indirizzata "al culto ebraico", come se per un prelato cattolico italiano nato nel 1876 il termine "culto" avesse lo stesso suono che ha oggi in inglese (12), e come se lo stesso Cornwell non facesse occasionale riferimento al culto cattolico dell'Assunzione e al culto della Vergine Maria. (La parte piú immediatamente utile di Hitler, the War and the Pope può essere considerata l'epilogo di trenta pagine in cui Rychlak si dedica a demolire questo genere di argomenti contenuti ne Il Papa di Hitler).

Lo stesso modello è adottato in Under His Very Windows della Zuccotti. Per esempio: esiste testimonianza di un sacerdote secondo cui il vescovo di Assisi, Giuseppe Nicolini, tenendo una lettera in mano, dichiarò che il Papa gli aveva scritto per chiedere aiuto in favore degli ebrei italiani durante la retata tedesca del 1943. Ma, poiché il sacerdote non aveva effettivamente letto la lettera, la Zuccotti ipotizza che il vescovo avrebbe potuto ingannarlo, e che di conseguenza la deposizione andrebbe rigettata.

Si può confrontare questo accostamento scettico alla prova giudiziale con il modo in cui fu esaminata, per esempio, un'intervista del 1967, in cui il diplomatico tedesco Eitel F. Mollhausen diceva di aver inviato informazioni all'ambasciatore nazista in Vaticano, Ernst von Weizsäcker, e che "presumeva" che Weizsäcker le avesse trasmesse a "funzionari" della Chiesa. La Zuccotti assume questa presunzione come una prova irrefutabile che il Papa aveva diretta conoscenza in anticipo della retata tedesca. (Una lettura corretta suggerisce invece che Pio XII avesse udito voci a riguardo e le avesse riferite agli occupanti tedeschi. La principessa Enza Pignatelli Aragona narrò che, quando l'interruppe portandogli la notizia della retata nel primo mattino del 16 ottobre 1943, le prime parole del Papa furono: "Ma i tedeschi avevano promesso di non toccare gli ebrei!").

Attraverso questo criterio duplice, gli scrittori recenti non hanno problemi ad arrivare a due conclusioni preconcette. La prima è che la Chiesa cattolica deve accollarsi la colpa dell'Olocausto: "Pio XII è il principale colpevole", propone la Zuccotti. E la seconda è che la colpevolezza del cattolicesimo è dovuta ad aspetti della Chiesa che ora sono rappresentati da Giovanni Paolo II.

Infatti, il parallelismo diviene chiaro nel capitolo conclusivo de Il Papa di Hitler e lungo tutti Papal Sin e Constantine's Sword: il tradizionalismo di Giovanni Paolo II fa tutt'uno con il presunto antisemitismo di Pio XII; le attuali posizioni vaticane sull'autorità del papa sono in linea diretta con la complicità nello sterminio nazista degli ebrei. Di fronte a tale mostruosa equivalenza di ordine morale e a un tale abuso dell'Olocausto, come possiamo non avere obiezioni?

È vero: nel corso della disputa su Il Vicario e ancora durante il difficoltoso iter vaticano della sua causa di beatificazione - che si protrae dal 1965 - Pio XII ha avuto denigratori fra gli ebrei. Nel 1964, per esempio, Guenter Lewy diede alla luce I nazisti e la Chiesa (13), cui si aggiunse, nel 1966, Pio XII e il Terzo Reich. Documenti di Saul Friedländer (14). Entrambi i volumi sostenevano che l'anticomunismo di Pio XII lo aveva portato ad appoggiare Hitler come baluardo contro i russi.

Ma, mentre dal 1989 sono aumentate le informazioni relative alle atrocità sovietiche e l'ossessione anti-staliniana pare meno assurda di quanto potesse sembrare a metà degli anni 1960, di fatto sono altrettanto aumentate le prove che Pio XII abbia accuratamente classificato le minacce incombenti. Per esempio, nel 1942 egli disse a un visitatore: "È ben vero che il pericolo comunista esiste, ma in questo momento la minaccia nazista è piú seria". Egli intervenne altresí presso i vescovi americani per sostenere la concessione di prestiti ai sovietici e si rifiutò esplicitamente di benedire l'invasione nazista della Russia. (L'accusa di acceso anticomunismo è, nonostante questo, ancora viva: in Constantine's Sword Carroll attacca il concordato del 1933, che Hitler sottoscrisse per la Germania, ponendo la domanda: "Si può immaginare che Pacelli avrebbe negoziato un accordo del genere con i bolscevichi di Mosca?", apparentemente non accorgendosi che era esattamente quello che Pacelli aveva tentato a metà degli anni 1920).

In ogni modo, Pio XII fra gli ebrei ebbe anche i suoi difensori. Oltre a Roma e gli ebrei di Lapide si potrebbero elencare Pio XII e gli ebrei, l'opuscolo scritto nel 1963 dal membro dell'Anti-Defamation League Joseph Lichten (15), nonché le graffianti recensioni di Friedländer redatte da Livia Rotkirchen, la storica dell'ebraismo slovacco allo Yad Vashem, il Memoriale israeliano dell'Olocausto. Jenö Levai, il grande storico ungherese, s'arrabbiò a tal punto davanti alle accuse di silenzio rivolte al Papa che scrisse Hungarian Jewry and the papacy. Pope Pius XII did not remain silent. Reports, documents and records from church and state archives assembled by Jeno Levai - pubblicato in inglese nel 1968 -, con una forte introduzione di Robert M. W. Kempner, sostituto procuratore capo statunitense a Norimberga (16).

In risposta ai nuovi attacchi contro Pio XII, parecchi scienziati ebrei l'anno scorso hanno preso posizione. Sir Martin Gilbert ha detto a un intervistatore che Pio XII non merita biasimo bensí ringraziamenti. Michael Tagliacozzo, la principale autorità fra gli ebrei romani durante l'Olocausto, ha aggiunto: "Ho un raccoglitore sul mio tavolo in Israele intitolato Calunnie contro Pio XII [...]. Senza di lui, anche molti di noi non sarebbero vivi". Richard Breitman - l'unico storico autorizzato a studiare gli archivi della seconda guerra mondiale dello spionaggio statunitense - ha osservato che i documenti segreti provano fino a qual punto "Hitler diffidava della Santa Sede perché nascondeva gli ebrei".

Tuttora il libro di Lapide del 1967 resta il piú autorevole lavoro svolto da un ebreo sull'argomento, e nei trentaquattro anni trascorsi da allora molto materiale si è reso disponibile negli archivi vaticani e altrove. I nuovi centri di storia orale hanno raccolto un'impressionante massa d'interviste con sopravvissuti all'Olocausto, cappellani militari e civili cattolici. Visti i recenti attacchi, è venuto il tempo di riprendere di nuovo le difese di Pio XII, poiché, nonostante si presuma il contrario, le migliori prove di natura storica confermano ora che egli non tacque e che quasi nessuno a quel tempo pensava che lo avesse fatto.

Nel gennaio del 1940, per esempio, il Papa diede istruzione a Radio Vaticana di rivelare "le tremende crudeltà di una barbara tirannia", che i nazisti stavano infliggendo agli ebrei e ai cattolici polacchi. Dando notizia della trasmissione la settimana successiva, il Jewish Advocate di Boston la lodò per quello che in realtà era: un'"esplicita denuncia delle atrocità tedesche nella Polonia nazista, che le dichiarava un insulto alla coscienza morale dell'umanità". Il New York Times pubblicò un editoriale in cui si diceva: "Ora il Vaticano ha parlato, con un'autorità che non può essere discussa e ha confermato i peggiori indizi di terrore emersi dalla tenebra polacca". In Inghilterra il Manchester Guardian salutò Radio Vaticana come "l'avvocata piú potente della Polonia torturata".

Qualsiasi esame onesto e scrupoloso delle prove dimostra che Pio XII è stato un tenace critico del nazismo. Basta considerare solo alcuni punti salienti della sua opposizione prima della guerra.

* Dei quarantaquattro discorsi pronunciati da Pacelli in Germania come nunzio pontificio fra il 1917 e il 1929 quaranta denunciavano qualche aspetto dell'emergente ideologia nazista.

* Nel marzo del 1935 scrisse una lettera aperta al vescovo di Colonia in cui chiamava i nazisti "falsi profeti con l'orgoglio di Lucifero".

* In quello stesso anno attaccava le ideologie "possedute dalla superstizione della razza e del sangue" davanti a un'enorme folla di pellegrini a Lourdes. A Notre Dame di Parigi, due anni dopo, chiamò la Germania "quella nobile e potente nazione che cattivi pastori vorrebbero portare fuori strada verso l'ideologia della razza".

* Ad alcuni amici disse in privato che i nazisti erano "diabolici". Hitler "è completamente invasato", disse a quella che fu per lungo tempo sua segretaria, suor Pasqualina: "Tutto ciò che non gli serve, lo distrugge [...]; quest'uomo è capace di calpestare i cadaveri". Incontrando nel 1935 l'eroico antinazista Dietrich von Hildebrand dichiarò: "Non vi può essere riconciliazione" fra cristianesimo e razzismo nazista: essi erano come "l'acqua e il fuoco".

* Nel 1930, l'anno dopo che Pacelli divenne Segretario di Stato, fu fondata Radio Vaticana, che cadeva fondamentalmente sotto il suo controllo. Mentre sul quotidiano vaticano L'Osservatore Romano vi furono interventi discontinui, benché migliorassero nella misura in cui Pacelli gradatamente ne prese carico - per esempio, dando estesa notizia della Kristallnacht, la "Notte dei cristalli", del 1938 (17) -, la stazione radio si comportò invece sempre bene, con trasmissioni polemiche al punto di richiedere agli ascoltatori di pregare per gli ebrei perseguitati in Germania a seguito delle leggi di Norimberga del 1935.

* Nel 1938, quando Pacelli era il principale consigliere del suo predecessore, Pio XI fece la famosa dichiarazione a un gruppo di pellegrini belgi secondo cui "l'anti-semitismo è inammissibile. Spiritualmente siamo tutti semiti". E fu Pacelli a stendere la bozza dell'enciclica di Pio XI Mit brennender Sorge, "Con bruciante preoccupazione", una condanna della Germania fra le piú dure mai emesse dalla Santa Sede. Infatti, lungo tutti gli anni 1930, Pacelli fu largamente oggetto di attacchi satirici da parte della stampa nazista come il cardinale di Pio XI "amante degli ebrei" per le oltre cinquantacinque note di protesta inviate ai tedeschi come Segretario di Stato vaticano.

A questi vanno aggiunti i punti salienti dell'azione di Pio XII durante la guerra.

* La sua prima enciclica, Summi pontificatus, pubblicata in fretta nel 1939 per implorare la pace, era in parte la dichiarazione che il ruolo del papato era di far appello a entrambi i campi in conflitto piuttosto che condannarne uno. Ma molto significativamente citava san Paolo - "non esiste piú greco e giudeo", usando la parola "giudeo" specificatamente nel contesto di un rigetto dell'ideologia razziale. Il New York Times, il 28 ottobre 1939, accolse l'enciclica con il titolo di prima pagina Il Papa condanna i dittatori, i violatori di trattati, il razzismo. Aeroplani alleati lanciarono migliaia di copie del giornale sulla Germania nello sforzo di alimentare il sentimento antinazista.

* Nel 1939 e nel 1940, Pio XII agí da intermediario segreto fra i congiurati tedeschi contro Hitler e gl'inglesi e avrebbe corso del pari un rischio avvisando gli Alleati dell'imminente invasione tedesca di Olanda, Belgio e Francia.

* Nel marzo del 1940, Pio XII concesse udienza a Joachim von Ribbentrop, ministro degli Esteri tedesco e unico nazista di alto rango a prendersi la briga di visitare il Vaticano. Che i tedeschi capissero qual era la posizione di Pio XII era almeno chiaro: Ribbentrop espresse severe critiche al Papa, accusandolo di parteggiare per gli Alleati. Dopo la qual cosa Pio XII cominciò la lettura di una lunga lista di atrocità tedesche. "Con le infiammate parole con cui parlò a Herr Ribbentrop", scrisse il New York Times il 14 marzo, Pio XII "si trovò a essere il difensore degli ebrei in Germania e in Polonia".

* Quando i vescovi francesi, nel 1942, diffusero lettere pastorali che attaccavano le deportazioni, Pio XII mandò il suo nunzio a protestare presso il governo di Vichy contro "gl'inumani arresti e le deportazioni di ebrei dalla zona d'occupazione francese in Slesia e in certe parti della Russia". Radio Vaticana commentò le lettere episcopali per sei giorni di seguito, in un momento in cui ascoltare Radio Vaticana in Germania e in Polonia era un crimine per cui alcuni furono condannati a morte (il 6 agosto 1942 il New York Times titolava: Si dice che il Papa abbia lanciato un appello per gli ebrei in lista di deportazione dalla Francia. E il Times, tre settimane dopo, scriveva: Vichy cattura gli ebrei. Ignorato Papa Pio XII). Come ritorsione, nell'autunno del 1942, l'ufficio di Goebbels diffondeva dieci milioni di copie di un opuscolo che definiva Pio XII "il Papa filo-ebraico" e menzionava esplicitamente i suoi interventi in Francia.

* Nell'estate del 1944, dopo la liberazione di Roma e prima della fine della guerra, Pio XII disse a un gruppo di ebrei romani che erano venuti a ringraziarlo per la sua protezione: "Per secoli gli ebrei sono stati ingiustamente trattati e disprezzati. È tempo che vengano trattati con giustizia e umanità. Dio lo vuole e la Chiesa lo vuole. San Paolo ci dice che gli ebrei sono nostri fratelli. Essi dovrebbero essere accolti come amici".

Dal momento che questi esempi - e centinaia di altri - nei libri che di recente hanno attaccato Pio XII sono a uno a uno screditati, il lettore perde di vista la loro enorme entità e il loro effetto cumulativo, che non lasciava nel dubbio nessuno, meno di tutti i nazisti, sulla posizione del Papa.

Un esame approfondito rivela lo schema costantemente adottato. Scrittori come Cornwell e la Zuccotti considerano, per esempio, degno di nota il messaggio natalizio del Papa del 1941 in primo luogo perché sbaglia nel non usare il linguaggio che useremmo noi oggi. Ma gli osservatori contemporanei lo considerarono del tutto esplicito.

Nell'editoriale del giorno seguente il New York Times dichiarava: "La voce di Pio XII è una voce isolata nel silenzio e nella tenebra che in questo Natale avvolge l'Europa [...]. Nel suo richiamo a "un autentico nuovo ordine" basato sulla "libertà, la giustizia e l'amore" [...] il Papa si schiera in pieno contro l'hitlerismo".

Cosí pure il messaggio natalizio del Papa dell'anno seguente - in cui esprimeva la sua preoccupazione per quelle "centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento" - venne largamente inteso come una condanna pubblica dello sterminio nazista degli ebrei. In verità, gli stessi tedeschi lo videro come tale. Un'analisi di fonte interna nazista cosí interpreta: "Il suo discorso è un unico lungo attacco a tutto ciò che rappresentiamo [...]. Egli sta chiaramente parlando per conto degli ebrei [...]. Sta virtualmente accusando il popolo tedesco d'ingiustizia verso gli ebrei e si fa portavoce dei criminali di guerra ebraici".

Inoltre, questa consapevolezza nazista poteva avere conseguenze tremende. Esistevano numerosi precedenti perché il Papa temesse un'invasione: Napoleone aveva assediato il Vaticano nel 1809 catturando Pio VII in punta di baionetta; Pio IX fuggí da Roma per salvare la vita dopo l'assassinio del suo ministro degl'Interni; e Leone XIII fu costretto a una sorta di temporaneo esilio, confinato in Vaticano per decenni, alla fine del secolo XIX.

Ancora, Pio XII - inveiva il ministro degli Esteri di Mussolini - era "pronto anche ad essere deportato in un campo di concentramento, ma non a fare alcunché contro coscienza". Hitler parlava apertamente di entrare in Vaticano per "far sloggiare tutta quella masnada di puttanieri" e Pio XII era al corrente dei vari piani nazisti per rapirlo. Ernst von Weizsäcker ha scritto che egli metteva regolarmente in guardia i funzionari vaticani dal provocare Berlino. L'ambasciatore nazista in Italia Rudolf Rahn descrive in termini simili uno dei piani di rapimento hitleriani e gli sforzi dei diplomatici tedeschi per scongiurarlo. Il generale Karl Wolff testimoniò di aver ricevuto, nel 1943, ordine da Hitler di "occupare il piú presto possibile il Vaticano e la Città del Vaticano, mettere al sicuro gli archivi e i tesori d'arte, di valore unico, e di trasferire il Papa, insieme alla Curia, per la loro protezione, in modo che non cadessero nelle mani degli Alleati ed esercitassero alcuna influenza politica". All'inizio di dicembre del 1943 Wolff riuscí a dissuadere Hitler dall'attuare il piano.

Nel valutare quali azioni Pio XII avrebbe potuto svolgere, alcuni - e io fra loro - desiderano che fossero state comminate scomuniche esplicite. Certo, i nazisti battezzati erano già incorsi automaticamente nella scomunica per tutto quanto va dalla mancata frequenza alla Messa all'omicidio non confessato e al pubblico ripudio del cristianesimo. E, come rivelano i suoi scritti e le conversazioni a tavola, Hitler aveva smesso di considerarsi cattolico - anzi, si considerava un anticattolico - molto prima di salire al potere. Ma una dichiarazione pontificia di scomunica avrebbe potuto in qualche misura giovare.

D'altra parte, avrebbe potuto anche essere inutile. Don Luigi Sturzo, fondatore del movimento democratico cristiano in Italia negli anni della guerra, fece notare che l'ultima volta in cui "fu pronunciata una scomunica contro un capo di Stato" né la regina Elisabetta I, né Napoleone mutarono la loro politica. "Le proteste di Pio XII furono inutili. Sapeva - sostiene la Marchione - che se avesse pubblicamente denunciato le atrocità di Hitler verso gli ebrei, la situazione sarebbe facilmente peggiorata. Non solo avrebbe esposto i cattolici a pericoli piú gravi, ma sapeva anche che sarebbe fallita la sua azione di aiuto agli ebrei. Ogni volta che i vescovi cattolici protestarono, i nazisti aumentarono le deportazioni e le atrocità".

I sopravvissuti all'Olocausto come Marcus Melchior, il rabbino capo danese, sostenne che "se il Papa avesse solo aperto bocca, probabilmente Hitler avrebbe trucidato molto piú dei sei milioni di ebrei che eliminò, e forse avrebbe assassinato centinaia di milioni di cattolici, solo se si fosse convinto di aver bisogno di un tal numero di vittime". Robert M. W. Kempner - in una lettera al direttore dopo che il periodico Commentary, nel 1964, pubblicò un brano del libro di Lewy - rievocò la sua esperienza al processo di Norimberga per affermare: "Ogni mossa propagandistica della Chiesa cattolica contro il Reich hitleriano sarebbe stato non solo "un procurato suicidio" [...], ma avrebbe affrettato l'esecuzione di ancor piú numerosi ebrei e sacerdoti".

E questa non è solo una preoccupazione teorica. Una lettera pastorale dei vescovi olandesi, che condannava "lo spietato e ingiusto trattamento riservato agli ebrei", venne letta nelle chiese cattoliche olandesi nel luglio del 1942. La lettera, ben intenzionata - che mostrava di essere ispirata da Pio XII -, si rivelò in realtà controproducente. Come nota Lapide: "La conclusione piú triste e sulla quale ci sarebbe molto da riflettere è che, mentre il clero cattolico d'Olanda protestava piú vibratamente, piú formalmente e piú spesso contro le persecuzioni ebraiche di qualsiasi altro, è stata proprio l'Olanda che ha visto il numero maggiore di ebrei - circa 110.000, circa il 79 per cento di tutti - deportato verso i campi di sterminio, piú di qualunque altro Stato dell'Europa occidentale".

Il vescovo Jean Bernard del Lussemburgo, detenuto a Dachau dal 1941 al 1942, avvisò il Vaticano che "tutte le volte che venivano sollevate proteste, il trattamento dei prigionieri immediatamente peggiorava". Verso la fine del 1942, l'arcivescovo Sapieha di Cracovia e due altri vescovi polacchi, avendo sperimentato le selvagge rappresaglie naziste, pregarono Pio XII di non pubblicare le sue lettere sulle condizioni della Polonia. Perfino la Zuccotti ammette che, nel caso degli ebrei romani, il Papa "avrebbe ben potuto essere preoccupato per gli ebrei, per il fatto di nasconderli, e per i loro protettori cattolici".

Si potrebbe naturalmente chiedere che cosa ci sarebbe stato di peggio dell'omicidio di massa di sei milioni di ebrei. La risposta è: il massacro di altre centinaia di migliaia. E il Vaticano ha operato nel senso di salvare quelli che poteva salvare.

La sorte degli ebrei italiani è divenuta uno dei maggiori argomenti delle critiche contro Pio XII, nel senso che la mancanza di senso cattolico nella sua stessa casa dimostrerebbe apparentemente l'ipocrisia di ogni odierno richiamo del Papa alla sua autorità morale. (Si noti, per esempio, il titolo del libro della Zuccotti: Under His Very Windows, "Proprio sotto le sue finestre".)

Ma resta il fatto che mentre circa l'80 per cento degli ebrei europei è perita durante la seconda guerra mondiale, l'80 per cento degli ebrei italiani furono salvati.

Nei mesi in cui Roma si trovava sotto l'occupazione tedesca, Pio XII diede istruzioni al clero italiano di salvare vite con ogni possibile mezzo (una fonte trascurata sulla condotta di Pio XII durante questo periodo è la biografia, del 1966, But for Grace of God: the story of an Irish priest who became a resistence leader and later a father to thousand of children in the boy's towns of Italy (18), di monsignor John Patrick Carroll-Abbing, che lavorò come soccorritore sotto la guida di Pio XII).

A partire dall'ottobre del 1943, Pio XII domandò alle chiese e ai conventi di tutta Italia di dar rifugio agli ebrei. In conseguenza di ciò - e malgrado Mussolini e i fascisti avessero ceduto alle richieste di deportazioni fatte da Hitler - molti cattolici italiani disubbidirono agli ordini tedeschi.

A Roma, 155 conventi e monasteri diedero rifugio a circa cinquemila ebrei. Almeno tremila ebrei trovarono rifugio presso la residenza pontificia estiva a Castelgandolfo. Sessanta ebrei vissero per nove mesi nell'Università Gregoriana e molti furono ospitati nella cantina del Pontificio Istituto Biblico. Centinaia trovarono asilo dentro il Vaticano stesso. Seguendo le istruzioni di Pio XII, singoli sacerdoti italiani, monaci, monache, cardinali e vescovi si prodigarono a salvare la vita a migliaia di ebrei. Il cardinale Boetto di Genova ne salvò almeno ottocento. Il vescovo di Assisi nascose trecento ebrei per oltre due anni. Il vescovo di Campagna, mons. Giuseppe Maria Palatucci, e due suoi parenti ne salvarono anche di piú a Fiume.

Il cardinale Pietro Palazzini, allora assistente vice rettore del Seminario Romano, nascose per parecchi mesi Michael Tagliacozzo e altri ebrei italiani nel Seminario - che era di proprietà del Vaticano - nel 1943 e nel 1944. Nel 1985, lo Yad Vashem rese onore al cardinale come a un Giusto fra le Nazioni, e nell'accettare l'onorificenza Palazzini sottolineò che "il merito è interamente di Pio XII, che ci ordinò di fare tutto ciò che potevamo fare per salvare gli ebrei dalla persecuzione". Anche alcuni laici prestarono aiuto e, nelle loro deposizioni successive, attribuirono invariabilmente al Papa la loro ispirazione ad agire.

Di nuovo, la testimonianza piú eloquente viene dagli stessi nazisti. Documenti di provenienza fascista, pubblicati nel 1998 - e riassunti nel libro della Marchione Pio XII. Architetto di pace -, parlano di un piano tedesco, denominato Rabat-Fohn, che avrebbe dovuto essere eseguito nel gennaio del 1944. Il piano prevedeva che l'ottava divisione di cavalleria delle SS, travestita da italiani, assalisse San Pietro e attuasse "l'assassinio del Papa con tutti i cardinali in Vaticano", e menzionava specificamente quale causa "la protesta pontificia in favore degli ebrei".

La stessa storia potrebbe venir ritrovata attraverso tutta l'Europa.






Pio XII parla alla folla subito dopo il bombardamento di Roma (14 luglio 1943)






Se vi è spazio per sostenere che la Chiesa cattolica avrebbe dovuto sforzarsi di piú - in quanto restano gl'innegabili fatti che davvero Hitler salí al potere, davvero la seconda guerra mondiale si verificò e davvero sei milioni di ebrei morirono -, il punto di partenza della discussione dev'essere la verità che la gente di quel tempo, in uguale misura i nazisti e gli ebrei, compresero che il Papa era l'oppositore piú chiaro dell'ideologia nazista.

* Già nel dicembre del 1940, in un articolo sul Time Magazine, Albert Einstein rese cosí omaggio a Pio XII: "Solo la Chiesa sbarra pienamente il cammino alla campagna hitleriana per la soppressione della verità. Prima d'ora non ho avuto alcun interesse particolare per la Chiesa, ma ora sento un grande affetto e ammirazione per essa perché solo la Chiesa ha avuto il coraggio e la perseveranza di schierarsi dalla parte della verità intellettuale e della libertà morale. Sono pertanto costretto ad ammettere che quanto una volta disprezzavo, ora lo apprezzo senza riserve".

* Nel 1943, Chaim Weizmann, che sarebbe diventato il primo presidente d'Israele, scrisse che "la Santa Sede sta prestando il suo potente aiuto dove può per attenuare la sorte dei miei correligionari perseguitati".

* Moshe Sharett, il secondo nella serie dei primi ministri israeliani, incontrò Pio XII negli ultimi giorni di guerra e gli disse che il suo "primo dovere era di ringraziarlo e, attraverso lui, ringraziare la Chiesa cattolica da parte dell'opinione pubblica ebraica per tutto quanto avevano fatto nei vari paesi per salvare gli ebrei".

* Il rabbino Isaac Herzog, rabbino capo d'Israele, nel febbraio del 1944 inviò un messaggio in cui dichiarava: "Il popolo d'Israele non dimenticherà mai quello che Sua Santità e i suoi illustri delegati, ispirati dagli eterni principi della religione, che formano le vere basi di un'autentica civiltà, stanno facendo per i nostri sfortunati fratelli e sorelle nell'ora piú tragica della nostra storia, prova vivente dell'esistenza della divina Provvidenza in questo mondo".

* Nel settembre del 1945, Leon Kubowitzky, segretario generale del Congresso Ebraico Mondiale, ringraziò personalmente il Papa per i suoi interventi e il Congresso Ebraico Mondiale donò 20.000 dollari alla opere caritative vaticane "in riconoscimento del lavoro svolto dalla Santa Sede nel salvare gli ebrei dalle persecuzioni fascista e nazista".

* Nel 1955, quando l'Italia celebrò il decennale delle sua liberazione, l'Unione delle Comunità Israelitiche Italiane proclamò il 17 aprile Giorno della Gratitudine, per l'assistenza avuta dal Papa durante la guerra.

* Il 26 maggio 1955 l'Orchestra Filarmonica d'Israele volò a Roma per un'esecuzione speciale della Settima Sinfonia di Beethoven, come espressione della duratura gratitudine dello Stato d'Israele verso il Papa per l'aiuto prestato al popolo ebraico durante l'Olocausto.

Quest'ultimo esempio è particolarmente significativo. Per ragioni di Stato, la Filarmonica israeliana non ha mai suonato la musica di Richard Wagner, per la sua ben nota reputazione di "compositore di Hitler" e di santo patrono culturale del Terzo Reich. Specialmente durante gli anni 1950, l'opinione pubblica israeliana, in centinaia di migliaia dei suoi membri costituita da sopravvissuti all'Olocausto, vedeva ancora Wagner come simbolo del regime nazista. È inconcepibile che il governo israeliano avrebbe pagato le spese della trasferta di tutta l'orchestra a Roma per rendere omaggio al "Papa di Hitler". Al contrario, il concerto senza precedenti della Filarmonica israeliana in Vaticano fu un gesto unico comunitario di riconoscimento collettivo offerto a un grande amico del popolo ebraico.

Centinaia di altri reperti storici potrebbero essere citati. Nella conclusione di Under His Very Windows la Zuccotti scarta - come mal diretto, male informato o perfino ambiguo - l'elogio che Pio XII ricevette dai leader e dagli scienziati ebrei, come pure le espressioni di gratitudine dei cappellani ebrei e dei sopravvissuti all'Olocausto, che diedero testimonianza personale dell'assistenza ricevuta dal Papa.

Che la studiosa si comporti cosí è inquietante. Negare la legittimità della gratitudine da loro espressa a Pio XII equivale a negare la credibilità della loro testimonianza personale e del loro personale giudizio sull'Olocausto stesso. "Piú di chiunque altro - ricordava Elio Toaff, un ebreo italiano che visse attraverso l'Olocausto e divenne in seguito rabbino capo di Roma - noi abbiamo avuto modo di beneficiare della grande e caritatevole bontà e della magnanimità del rimpianto Pontefice, durante gli anni della persecuzione e del terrore, quando ogni speranza sembrava essere morta per noi".

Ma la Zuccotti non è sola. Vi è un'inquietante componente in quasi tutti i lavori attuali su Pio XII. A parte il libro di Rychlak Hitler, the War and the Pope, nessuno dei libri recenti - dal brutale attacco di Cornwell ne Il Papa di Hitler alla difesa acritica che McIrnery fa in The Defamation of Pius XII - è in ultima analisi un libro sull'Olocausto. Tutti sono intenti a utilizzare le sofferenze degli ebrei di cinquant'anni fa per imporre cambiamenti in seno alla Chiesa cattolica odierna.

Questo abuso dell'Olocausto deve essere rifiutato. Un resoconto veritiero su Pio XII arriverebbe, credo, all'esatto opposto delle conclusioni di Cornwell: Pio XII non fu il Papa di Hitler, bensí in lui gli ebrei ebbero il maggior sostenitore papale che abbiano mai avuto, e proprio nel momento in cui era piú importante averlo.

Nel 1983, scrivendo su Yad Vashem Studies, John S. Conway - la maggiore autorità in materia degli undici volumi degli Actes et Documents du Saint-Siège relatifs à la seconde Guerre mondiale - cosí concludeva: "Un rigoroso studio delle molte migliaia di documenti pubblicati in questi volumi offre scarso sostegno alle tesi che l'autoperpetuazione ecclesiastica sia stata il motivo principale della condotta dei diplomatici vaticani. Piuttosto, l'immagine che ne emerge è quella di un gruppo di uomini intelligenti e coscienziosi, che cercarono di perseguire le vie della pace e della giustizia in un tempo in cui questi ideali erano inesorabilmente ridotti all'irrilevanza in un mondo di "guerra totale"". Questi volumi trascurati - che il lettore inglese può trovare riassunti nel libro di Blet Pio XII e la Seconda Guerra mondiale negli Archivi Vaticani - rivelerà "ancora piú chiaramente e in modo piú convincente - come Giovanni Paolo II ha detto a un gruppo di leader ebrei a Miami nel 1987 - quanto profondamente Pio XII ha sentito la tragedia del popolo ebraico, e quanto intensamente ed efficacemente si è adoperato per assisterlo durante la Seconda Guerra Mondiale".

Il Talmud insegna che "chiunque salva una vita, è considerato dalla Scrittura come se avesse salvato il mondo intero". Pio XII ha adempiuto questo detto talmudico piú di ogni altro leader del secolo XX, quando fu in gioco la sorte dell'ebraismo europeo. Nessun altro papa è stato cosí largamente apprezzato dagli ebrei, ed essi non si sbagliarono. La loro gratitudine, come pure quella dell'intera generazione di sopravvissuti all'Olocausto, attesta che Pio XII fu genuinamente e profondamente un Giusto fra le Nazioni.



David G. Dalin















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(1) Cfr. ROLF HOCHHUTH, Il Vicario, dramma in 5 atti, trad. it., con una prefazione di Carlo Bo, Feltrinelli, Milano 1964.

(2) Cfr. JOHN CORNWELL, Il Papa di Hitler. La storia segreta di Pio XII, trad. it., Garzanti, Milano 2000.

(3) Cfr. PIERRE BLET S. J., Pio XII e la Seconda Guerra mondiale negli Archivi Vaticani, trad. it., San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1999.

(4) Cfr. GARRY WILLS, Papal Sin. Structures of Deceit [Peccato pontificio. Strutture d'inganno], Doubleday, New York 2000.

(5) Cfr. suor MARGHERITA MARCHIONE, delle Maestre Pie Filippini, Pio XII. Architetto di pace, Editoriale Pantheon, Roma 2000.

(6) Cfr. RONALD J. RYCHLAK, Hitler, the War and the Pope [Hitler, la guerra e il Papa], Our Sunday Visitor, Huntington (Indiana) 2000.

(7) Cfr. MICHAEL PHAYER, The Catholic Church and the Holocaust, 1930-1965 [La Chiesa cattolica e l'Olocausto. 1930-1965], Indiana University Press, Bloomington (Indiana) 2000.

(8) Cfr. SUSAN ZUCCOTTI, Under His Very Windows. The Vatican and the Holocaust in Italy [Proprio sotto le sue finestre. Il Vaticano e l'Olocausto in Italia], Yale University Press, New Haven (Connecticut) 2000.

(9) Cfr. RALPH MCINERNY, The Defamation of Pius XII [La diffamazione di Pio XII], St. Augustine's, South Bend (Indiana) 2000.

(10) Cfr. JAMES CARROLL, Constantine's Sword. The Church and the Jews: A History [La spada di Costantino. La Chiesa e gli ebrei. Una storia], Hougthon Mifflin Company, Boston (Massachusetts) 2001.

(11) Cfr. PINCHAS EMILIO LAPIDE, Roma e gli ebrei. L'azione del Vaticano a favore delle vittime del Nazismo, trad. it., Mondadori, Milano 1967.

(12) Con il termine cult l'inglese attuale traduce sia l'italiano "culto" - è il senso in cui usa il termine Pio XII riferito alla religione ebraica -, sia l'italiano "setta", in senso peggiorativo.

(13) Cfr. GUENTER LEWY, I nazisti e la Chiesa, trad. it., Il Saggiatore, Milano 1965.

(14) Cfr. SAUL FRIEDLÄNDER, Pio XII e il Terzo Reich. Documenti, trad. it., Feltrinelli, Milano 1965.

(15) Cfr. JOSEPH L. LICHTEN, Pio XII e gli ebrei, trad. it., Edizioni Dehoniane, Bologna 1988.

(16) Cfr. JENÖ LEVAI, Hungarian Jewry and the papacy. Pope Pius XII did not remain silent. Reports, documents and records from church and state archives assembled by Jeno Levai [L'ebraismo ungherese e il papato. Papa Pio XII non restò in silenzio. Resoconti, documenti e testimonianze dagli archivi ecclesiastici e statali raccolti da Jeno Levai], ed. inglese, con introduzione di Robert M. W. Kempner, Sands and Co. Ltd., Londra 1968).

(18) Cfr. monsignor JOHN PATRICK CARROLL-ABBING, But for Grace of God: the story of an Irish priest who became a resistence leader and later a father to thousand of children in the boy's towns of Italy [Se non per grazia di Dio. La storia di un sacerdote irlandese divenuto un capo della resistenza e poi un padre per migliaia di fanciulli nelle città dei ragazzi d'Italia], con prefazione del card. Giuseppe Pizzardo, Secker & Warburg, Londra 1966.







Cfr. DALIN D. G., Pio XII e gli ebrei. Una difesa, in Cristianità n. 304 (2001), s. p. Traduzione redazionale. Le note, pure redazionali, si limitano - con poche eccezioni - a dare gli estremi bibliografici delle opere esaminate dall'autore; anche le citazioni reperite in lingua italiana sono state lasciate senza rimando per non alterare il testo originale: cfr. DALIN D. G., Pius XII and the Jews. A defense, in The weekly Standard, volume 6, n. 23, New York 26-2-2001.











Nota bio-bibliografica

David Gil Dalin nasce a San Francisco, in California, negli Stati Uniti d'America, nel 1949. Rabbino di osservanza conservatrice, appartiene alla corrente religiosa ebraica che si colloca intermediamente fra gli "ortodossi" e i "riformati". Laureato a Berkeley, ha insegnato in vari atenei e seminari ebraici statunitensi. Attualmente è docente di studi giudaici alla Georgetown University di Washington. Dal 1989 ha pubblicato e curato - sia da solo sia con altri autori - piú volumi sulle relazioni fra la religione ebraica e lo Stato in America, fra i quali, con Alfred J. Kolatch, The presidents of the United States & the Jews, Jonathan David Publishers, Middle Village [New York] 2000; e, con Jonathan D. Sarna, Religion and State in the American Jewish experience, University of Notre Dame Press, Notre Dame [Indiana] 1997. Collabora a diverse riviste americane - ebraiche e non -, fra le quali The weekly Standard di New York.


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Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia...(b'Avodà zarà 3b)
05/10/2007 20:05
 
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Se poi ti piace leggere articoli in proposito al rapporto fra ebrei e cattolici ti consiglio anche questo link:

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Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia...(b'Avodà zarà 3b)
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