"PAUL GEISERT E MYNGA FUTRELL: GAY? NO, GRAZIE, NOI SIAMO ORGOGLIOSI DI ESSERE BRIGHTS!"

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Vito.Pucci
00sabato 5 gennaio 2008 07:45

"PYCCOLO, TOSTI, PASQUINELLI, MARINETTI, CERINI, JUSTEE, FRASSINETTI, SPIRITO LIBERO, KELLY70, MAX E CLAUDIO CAVA, PINO LUPO, OPERMAN, HUSBAND, SANDRAN, BARNABINO, PICCIONI, FALLACARA, GRILLO, TRAVAGLIO, DE MAGISTRIS, FORLEO, PECORA, ODIFREDDI, ECC. ECC.: SPLENDIDI CAVALLI DI RAZZA ITALIAN BRIGHT!"


Postato da: Federico Gandolfi e Alberto Stochino/Brights Italia
www.felisopus.it/Dep/bright.htm#Notizie
www.dafflitto.com/brightsitalia/


Nota importante: Ieri sera ho avvertito la necessità di mettermi in contatto con Rino Justee per informarlo dell'insolita apertura, assolutamente straordinaria, operata dalla Chiesa Cattolica di Novara a seguito e per effetto delle pesantissime e circostanziate accuse sollevate dal giudice Tosti, oltre che per effetto del Decreto 308/07, emesso in data 21/12/07, con il quale la Procura Generale presso la Corte di Cassazione ha sostanzialmente "imposto" la riapertura delle indagini relative al misterioso sequestro (e verosimile omicidio) per motivi religiosi di Emo Piccioni, padre del Forista Marco.
freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=7100722

Nel corso della breve, quanto brillante conversazione che ne è seguita, abbiamo concordato di mettere a disposizione di tutti gli interessati una serie di studi e articoli oltremodo interessanti, tutti finalizzati a far luce sulla emergente realtà, dopo quella fragorosa della cugina Francia, degli "ITALIAN BRIGHTS".

Prima, vediamo insieme di che si tratta al fine dichiarato di proseguire poi con personali apprezzamenti e commenti.




BRIGHT: Cosa vuol dire Bright, o meglio, cos'è un Bright?

L'idea è venuta a Paul Geisert e Mynga Futrell di Sacramento, che utilizzando un aggettivo traducibile con luminoso o brillante, ambiscono a riunire sotto un'unica bandiera tutti coloro che possiedano una visione del mondo priva di elementi sovrannaturali o mistici, ed al momento si autodefiniscono atei, agnostici, scettici o liberi pensatori.

I fondatori insistono molto sul fatto che la parola sia un sostantivo e non un aggettivo.

"Io sono bright" suona arrogante.

"Io sono un bright" suona troppo familiare per essere arrogante: è sconcertante, enigmatica, intrigante.

E' proprio un obiettivo sociale quello del movimento, i cui aderenti hanno intenzione di restituire alle loro idee un peso e una riconoscibilità politica che troppo spesso soccombe dinanzi alle più influenti organizzazioni religiose, seguendo etica e azioni basate su una visione naturalistica del mondo.

Capendo come il linguaggio possa contribuire a incidere sul modo con cui pensiamo il mondo, Richard Dawkins e Daniel Dennett salutano con questi articoli il tentativo di promuovere la consapevolezza del pensiero razionale eleggendo una parola con associazioni positive.

Con questa prima traduzione italiana speriamo di poter contribuire a diffondere questa presa di coscienza anche nel nostro paese.



Vito.Pucci
00sabato 5 gennaio 2008 08:04

“PIERGIORGIO ODIFREDDI: SIAMO BRILLANTI O CRETINI?”

Articolo apparso sull'inserto di sabato 6/02/04 de "La Repubblica".
groups.google.it/group/it.cultura.ateismo/msg/c2a2b7c1...


Né misticismo né religione.

Scienziati, filosofi e intellettuali escono allo scoperto formando un movimento: siamo noi gli illuminati.

Vi spieghiamo il perché.

Prima l'hanno fatto i gay.

Uno dopo l'altro sono usciti allo scoperto: "Sono omosessuale, e allora?".

Con un "outing" coraggioso hanno affrontato il pubblico moralista.

In America, patria del pensiero perbenista, per anni si è urlato allo scandalo.

E ora la stessa sorte tocca ai "bright", vale a dire illuminati.

I quali possiedono una visione naturalistica del mondo: non credono a nessun approccio soprannaturale o mistico, credono in tutto e niente, senza appellarsi a nessuna fede.

Si sono fatti forza e, durante conferenze e incontri televisivi, anziché tenersi questa estraneità per sé, hanno deciso di dichiarare la loro totale distanza dal pensiero religioso, pronti ad affrontare critiche e ghettizzazioni.

Tra di loro ci sono premi Nobel, scienziati, filosofi, intellettuali.
Perché improvvisamente hanno avvertito questo bisogno?

Oggi l'atteggiamento confessionale è considerato normale in molti Paesi e culture, compresi quelli tecnologici occidentali.

E anormale viene invece considerata la condizione naturale dell'uomo, indicata appunto mediante termini negativi (non credente, agnostico, ateo, senza Dio) volti a rafforzare la posizione opposta a quella del credente e del teista.

E' per cambiare questo stato di cose che Paul Geisert e Mynga Futrell hanno introdotto in California il termine "bright", che il noto biologo Richard Dawkins ha cominciato a diffondere con un articolo apparso sul quotidiano inglese "The Guardian", nel quale veniva portato per la prima volta a conoscenza del grande pubblico un nuovo "MEME": una parola-concetto, cioé, destinata a riprodursi culturalmente alla stessa maniera in cui i geni si riproducono geneticamente.

E ritorniamo alla domanda: perché sentire l'esigenza di dire al resto del mondo di sentirsi "bright"?

L'idea è che si debba cominciare a pretendere che i credenti portino, riferendosi agli illuminati che non abboccano alla loro fede, lo stesso rispetto che altri emarginatori e oppressori sono ormai costretti a portare verso molte categorie di emarginati ed oppressi.

Visto che non ci si riferisce (più) alle donne come "non uomini" o "sesso debole", agli omosessuali come "non eterosessuali" o "finocchi", agli africani o agli orientali come "non bianchi", "negri" o "musi gialli" e ai popoli in via di sviluppo come "non occidentali" o sottosviluppati", così è arrivata l'ora di smetterla di chiamare "non credenti" o "atei" coloro che semplicemente non accettano superstizioni o miti.

Naturalmente qualcuno penserà che parlare di emarginazione e oppressione per gli "illuminati" sia eccessivo, poiché l'Inquisizione ha smesso da tempo di far girare le ruote della tortura.

Ma nel suo articolo Dawkins portava due esempi che, nei mesi seguenti, sono diventati emblematici in Italia e negli Stati Uniti:
l'esposizione dei crocifissi e dei comandamenti nei luoghi pubblici.

Tra parentesi, vale la pena di ricordare che, di fronte a parallele azioni dei tribunali per imporre la rimozione di un crocifisso all'Aquila e di un monumento dei comandamenti in Alabama, in ottemperanza alla separazione costituzionale fra Stato e Chiesa, oltre, appunto, per rispetto verso gli "illuminati", le reazioni sono state contrapposte: negli Stati Uniti il monumento è stato rimosso, insieme al ministro della Giustizia che si opponeva alla rimozione; in Italia è stata invece rimossa la sentenza, dopo che contro di essa si erano mossi il ministro degli Interni e il Capo dello Stato, saldamente inchiodati al loro posto insieme al crocifisso.

Per tornare alle prove di emarginazione ed oppressione dei non credenti, Dawkins citava anche un sondaggio Gallup fatto qualche tempo fa negli Stati Uniti, in cui veniva chiesto agli intervistati se avrebbero votato per un candidato con certe caratteristiche.

Le risposte positive sono state il 90% per un candidato cattolico o ebreo o battista o mormone o nero o donna, il 59% per un candidato omosessuale e il 49% per un candidato ateo.

E questo nonostante gli atei negli US, secondo un'indagine del Forum sulla Religione e la Vita Pubblica, siano circa 30 milioni: molti di più di ciascuna delle minoranze citate, donne a parte!

Se questa non è emarginazione, cosa lo è allora?

A proposito di Stati Uniti, a iniziare a diffondervi il meme "bright" in grande stile è stato il noto filosofo Daniel Dennett, autore di capolavori divulgativi quali "Brainstorm" (Adelphi, 1991) e "La mente e le menti" (Rizzoli, 2000).

In un articolo sul New York Times ha dichiarato che bisogna avere il coraggio di dire a bambini e ragazzi che non c'è niente di male (e molto di bene) a non credere in Dio, e che i non credenti hanno diritto a un rispetto uguale a (se non maggiore di) quello accordato a coloro che credono in fantasmi, spiriti, elfi, babbi natale e dèi.

Sia Dawkins che Dennett sottolineano che i non credenti sono la maggioranza fra gli scienziati: più precisamente, il 60%; addirittura il 93% dei membri dell'Accademia delle Scienze statunitense.

Il che dimostra, se ce ne fosse bisogno, che identificarli come "bright" è giusto, perché più si è intelligenti e brillanti, meno si risulta essere credenti e creduloni.

Non stupisce, dunque, che all'appello dei "bright" abbiano già risposto anche alcuni Nobel, dal fisico Shelton Glashow al biologo Richard Roberts.

Abbiamo chiesto a quest'ultimo, vincitore del premio per la medicina nel 1993 per la scoperta della segmentazione dei geni, perché sia uscito allo scoperto dichiarandosi un "bright".

Ci ha risposto: "Perché sono ateo, e non ho paura di dirlo".

E perché non crede?

"Perché non vedo nessuna ragione per credere in qualunque tipo di divinità.

E se non ci sono prove dell'esistenza di un Dio, perché mai dovremmo inventarcelo?".

La scienza e la religione possono coesistere?

"Certamente. Non c'è nessun motivo per cui debbano combattersi, visto che non hanno nulla in comune: la religione inizia dove la scienza finisce".

Ma la scienza può rispondere a domande che sono apparentemente di natura teologica, quali l'origine dell'universo o la vita?

"Finora la scienza non ha ancora risolto questi problemi, ma non mi sembra di grande aiuto postulare come spiegazione una ipotesi indimostrabile, quale appunto Dio.

Dire che Dio è la risposta è solo un altro modo di dire che non sappiamo quale sia la vera risposta".

La scienza può dunque sostituire la religione nel mondo moderno?

"Perché mai si dovrebbe sostituire la religione con qualcosa di diverso dall'ateismo?

La scienza è solo scienza, mentre la religione è essenzialmente una costruzione sociale che qualcuno, in genere i diseredati, trova utile, e qualcun altro sfrutta politicamente per il potere che ne deriva.

Sulla scia di Dawkins, Dennett, Glashow e Roberts, molti non credenti sono già usciti allo scoperto dichiarandosi appunto "bright".

Chiunque sia interessato a "seguirli", può consultare il sito www.the-brights.net, nel quale sono descritti gli obiettivi del movimento, che si riducono sostanzialmente a promuovere la conoscenza di una visione naturalistica del mondo, a farne riconoscere pubblicamente l'importanza civile, e ad educare la società ad accettarla.

Ma, come sottolinea Dennett, i "bright" non rappresentano che la punta esposta e visibile dell'iceberg dei non credenti, che probabilmente costituiscono una maggioranza silenziosa sommersa dalle urla e dal clamore dei fondamentalisti.

Lo conferma il sito www.celebatheists.com, che riporta un elenco di personalità che hanno dichiarato, in occasioni svariate, e indipendentemente dai "bright", il loro rifiuto della religione.

Fra essi si trovano menti straordinarie di ogni genere: scrittori come Josè Saramago e Salman Rushdie, attori come Dario Fo e Woody Allen, musicisti come Pierre Boulez, informatici come Bill Gates e Mrvin Minski, linguisti come Noam Chomsky, scienziati come Francis Crick e James Watson...

Quest'ultimo, ad esempio, premio Nobel per la medicina nel 1962 per la scoperta della struttura a doppia elica del Dna, e uno degli scienziati più famosi del '900, ci ha detto:

"Mi considero molto fortunato ad essere senza Dio.

L'unico problema che ha chi non è religioso, è decidere se vuole o no migliorare la qualità della vita, senza far del male a chi gli sta intorno".

E' sempre stato ateo?

"Dalla prima adolescenza. Mio padre non era credente, e mia madre era una cattolica irlandese. Io ho fatto la comunione e la cresima, ma subito dopo me ne sono andato. Non mi è mai piaciuta l'alleanza della CC con il fascismo. E nemmeno mi piace il Papa".

Neppure quello attuale, che qualche apertura alla scienza l'ha pur fatta?

"A me sembra che abbiano tutti la stessa gran confusione in testa".
Affermazioni simili ci ha fatto Harold Kroto, premio Nobel per la Chimica nel 1996 per la scoperta del fullerene, la molecola di carbonio a forma di pallone del calcio:

"Poiché sono ateo, per me l'etica si riduce a fare il minor male possibile al prossimo".

Una volta ha detto di essere addirittura un ateo devoto.

"Una volta, appunto. Oggi sono un ateo militante. E se le cose peggiorano diventerò un ateo fondamentalista".

Perché?

"Perché credo che ci siano due tipi di persone al mondo: quelli che hanno credenze mistiche, e quelle che non ce l'hanno.

Questi ultimi pensano che la vita sia tutto ciò che abbiamo, e che dobbiamo godercela ed aiutare gli altri a godersela.

Gli altri pensano che la vita futura sia più importante di quella presente e temo che faranno saltare in aria il mondo".

Il maggior pericolo per l'umanità non è forse, oggi, il fondamentalismo religioso?

"No, peggio. E' che l'1% dell'umanità ha seri problemi mentali, e buona parte di questi matti trova giustificazioni religiose per la propria pazzia".

Ma non si può essere più religiosi in un senso più alto, vedendo Dio nelle leggi della natura?

"Credere come Einstein nel Dio di Spinoza, che si rivela nell'armonia del creato, ma non si interessa delle fedi e delle azioni dell'uomo, è la stessa cosa che essere atei.

Il vero problema è che la maggioranza della gente vive una vita miserabile e ha un bisogno disperato di aggrapparsi a qualcosa.

Solo una minoranza riesce ad uscirne e accettare che questa vita è tutto ciò che c'è, e che quando è finita è finita".


Naturalmente sarebbe inutile continuare a domandare a oltranza opinioni sulla religione a scienziati famosi: a parte i rari poveri di spirito alla Zichichi, che confermano la regola, le loro risposte ricalcherebbero quelle che abbiamo sentito.

Accettiamo, allora, questa possibile ipotesi: che CHI PENSA NON CREDE, E CHI CREDE NON PENSA.

Voi che pensate e non credete, dunque, non abbiate paura: unitevi ai "bright" di tutto il mondo, perché vostro è il Regno della Terra.




Vito.Pucci
00sabato 5 gennaio 2008 08:14

"DANIEL C. DENNET: LA QUESTIONE BRIGHT" [The Bright Stuff]
www.felisopus.it/Dep/bright.htm#Notizie

Pubblicato per la prima volta sul New York Times del 12 luglio 2003.


E’ ora per noi bright di venire allo scoperto.

Cos’è un bright?

Un bright è una persona con una visione del mondo naturalista e contrapposta ad una soprannaturalista.


Noi bright non crediamo nei fantasmi o negli elfi o nel Coniglio Pasquale – o in Dio.

Noi non siamo d’accordo su molte cose, e possediamo varie visioni circa la morale, la politica e il senso della vita, ma condividiamo l’incredulità nella magia nera – e nella vita dopo la morte.

Il termine “bright” è stato recentemente coniato da due bright di Sacramento, California, i quali pensano che il nostro gruppo sociale – che ha una storia che si spinge fino all’Illuminismo, se non prima – potrebbe offrire un’immagine nuova di zecca e che un nome fresco potrebbe essere d’aiuto.

Non confondete il sostantivo con l’aggettivo: “Io sono un bright” non è un vanto ma l’ammissione di una visione del mondo interrogativa.

Voi potreste ben essere dei bright.

Se no, avete di certo a che fare coi bright ogni giorno.

Questo perché siamo tutt’intorno a voi: siamo medici, infermieri, ufficiali di polizia, insegnanti di scuola, guardie agli incroci e uomini e donne che servono nell’esercito. Siamo i vostri figli e figlie, vostri fratelli e sorelle.

I college e le università pullulano di bright.

Tra gli scienziati, siamo la maggioranza dominante.

Volendo preservare e trasmettere una grande cultura, noi insegniamo anche nelle scuole di catechismo e nei corsi ebraici.

Molti membri del clero nazionale sono forti bright, sospetto.

Noi siamo, infatti, l’ossatura morale della nazione: i bright prendono i loro compiti civili seriamente precisamente perché non credono che Dio salvi l’umanità dalle sue follie.


Come adulto maschio, bianco, sposato, sicuro economicamente, non ho l’abitudine di considerarmi membro di una minoranza bisognosa di protezione.

Se c’è qualcuno seduto ai posti di comando, ho pensato, è gente come me.

Ma ora comincio a sentire un pò di caldo, e nonostante non sia ancora insopportabile, ho pensato che è ora di suonare l’allarme.

Sia che siamo una minoranza o, come sono incline a credere, una maggioranza silenziosa, le nostre più profonde convinzioni sono sempre più respinte, sminuite e condannate da quelli al potere – dai politici che abbandonano la loro via per invocare Dio e, pavoneggiandosi e benedicendosi, passare in quella che chiamano “la parte degli angeli”.

Un sondaggio del 2000 del Forum Ecclesiastico sulla Religione e la Vita Pubblica (Pew Forum on Religion and Public Life) stima che 27 milioni di americani sono atei o agnostici o non hanno alcuna preferenza religiosa.

Risulta ben troppo basso, dal momento che molti non credenti sono restii ad ammettere che la loro osservanza religiosa è più un compito civico e sociale che religioso – più un motivo di colorazione protettiva che convinzione.

La maggior parte dei bright non ricopre il ruolo dell’“ateo aggressivo”.

Noi non desideriamo trasformare ogni nostra discussione in un dibattito religioso, e non desideriamo offendere i nostri amici e vicini, quindi manteniamo un silenzio diplomatico.


Ma il prezzo è l’impotenza politica.

I politici non pensano di doverci neanche un riconoscimento di facciata, e leader che neanche morti oserebbero fare insulti religiosi o etnici, non esitano a denigrare i “senza dio” tra di noi.

Dalla Casa Bianca in giù, colpire i bright è considerata una strategia per ottenere voti a basso rischio.

E, di certo, l’attacco non è solo metaforico: l’amministrazione Bush ha portato avanti cambiamenti nelle regole di governo e nelle politiche per incrementare il ruolo delle organizzazioni religiose nella vita quotidiana, un grave sovvertimento della Costituzione.

E’ ora di porre un freno a questa erosione e reagire: gli Stati Uniti non sono uno stato religioso, sono uno stato secolare che tollera le religioni e – sì – altrettanto ogni genere di credenze etiche non religiose.

Ho recentemente preso parte ad una conferenza a Seattle che ha riunito importanti scienziati, artisti e autori per parlare onestamente e informalmente delle loro vite ad un gruppo di studenti delle scuole superiori molto intelligenti.

Verso la fine dei miei 15 minuti a disposizione, ho tentato un piccolo esperimento. Mi sono dichiarato bright.

Ora, la mia identità non sorprenderebbe chiunque avesse la benché minima conoscenza del mio lavoro.

Ciononostante, il risultato è stato elettrizzante.

Molti studenti alla fine si sono alzati per ringraziarmi, con passione notevole, per averli “liberati”.

Ho capito quanto soli e insicuri questi adolescenti pensierosi si sentissero.

Non avevano mai udito un adulto di rispetto dire, in un modo del tutto prosaico, di non credere in Dio.

Avevo tranquillamente rotto un tabù e mostrato quanto fosse facile.
In più, molti degli speakers successivi, inclusi alcuni Nobel, furono ispirati a dire che loro, pure, erano bright.

In ogni caso l’affermazione sollevava l’applauso.

Anche più gratificanti furono i commenti di adulti e studenti come quelli che in seguito mi cercarono per dirmi che, sebbene non fossero bright, supportavano i diritti dei bright.

E questo è quello che più di tutto noi vogliamo: essere trattati con lo stesso rispetto accordato a Battisti e Indù e Cattolici, né più né meno.


Se si è bright, cosa si può fare?

Per primo, possiamo essere una potente forza nella vita politica americana semplicemente se ci identifichiamo.

(I bright fondatori tengono un sito Web in cui potete risultare e venire contati)

Comprendo, comunque, che mentre venire fuori dall’anonimato è stato facile per un accademico come me – o per il mio collega Richard Dawkins, che ha pubblicato un appello simile in Inghilterra – in alcune parti del paese ammettere di essere un bright potrebbe condurre ad una calamità sociale.

Per cui per favore: niente “outing”.

Ma non c’è ragione perché tutti gli Americani non supportino i diritti dei bright.

Io non sono né un gay né un afro-americano, ma nessuno può insultare i neri o gli omosessuali mentre io ascolto e andarsene tranquillo.

Al di là della vostra teologia, potete fermamente obiettare quando sentite la famiglia o gli amici schernire atei o agnostici o altri gruppi di persone senza dio.

E potete fare ai vostri politici candidati la domanda: votereste per un candidato bright altrimenti qualificato?

Sopportereste la nomina di un bright alla Corte Suprema?

Pensate che ai bright dovrebbe essere concesso di diventare insegnanti di scuola superiore? E capi di polizia?

Lasciate che i candidati d’America pensino come rispondere al coro crescente dei bright.

Con un pò di fortuna, presto sentiremo qualche politico in imbarazzo provare ad uscire dalla situazione col fievole commento “alcuni dei miei migliori amici sono bright”.




Vito.Pucci
00sabato 5 gennaio 2008 08:16

"RICHARD DAWKINS: IL FUTURO E’ BRIGHT" [The future looks bright]
www.felisopus.it/Dep/bright.htm#Notizie

Pubblicato per la prima volta sul The Guardian del 21 giugno 2003.


Il suo ultimo libro è The God Delusion - L'illusione di Dio.

Il linguaggio può contribuire a incidere sul modo con cui pensiamo il mondo.

Richard Dawkins saluta il tentativo di promuovere la consapevolezza dell'ateismo eleggendo una parola con associazioni positive.

Una volta mi è capitato di leggere una storia di fantascienza in cui degli astronauti in viaggio verso una stella lontana diventavano sempre più nostalgici:

“E pensare che là dietro sulla terra è primavera!”

Potreste non accorgervi subito di cosa c’è di sbagliato, tanto è radicato il nostro inconscio sciovinismo da emisfero settentrionale.

“Inconscio” è proprio la parola giusta.

E’ lì che subentra la presa di coscienza.

Sospetto che sia per una ragione più profonda della trovata divertente se, in Australia e Nuova Zelanda, si possono acquistare cartine del mondo col polo sud in alto.

Ora, non sarebbe una cosa eccellente da appendere nelle pareti delle nostre aule di scuola? Splendido per far prendere coscienza.

Giorno dopo giorno, i bambini si ricorderebbero che il nord non ha il monopolio dell’alto.

La mappa li incuriosirebbe e al tempo stesso aumenterebbe la loro consapevolezza.

Tornerebbero a casa e ne parlerebbero coi propri genitori.

Le femministe ci hanno fatto lezione sulla presa di coscienza.

Ero solito ridere ai «lui o lei», e ai “chairperson” [neologismo inglese delle femministe per sostituire con un neutro il titolo di presidente; NdT], e cerco ancora di evitarli per motivi estetici.

Ma riconosco il potere e l’importanza della presa di coscienza.

Ora mi ritraggo a «un uomo un voto». La mia coscienza è aumentata.

Probabilmente anche la vostra, e questo è importante.

Deploravo quello che consideravo come formalismo nei miei amici atei americani.

Erano ossessionati dall’eliminare “sotto Dio” dal Giuramento di Fedeltà (era stato inserito successivamente nel 1954), mentre io me la prendevo di più proprio per l’atto, ripugnantemente sciovinistico, di giurare fedeltà ad una bandiera.

Avrebbero cancellato il «In God we Trust» da ogni biglietto da un dollaro che gli passava tra le mani (di nuovo, era stato inserito solo nel 1956), mentre io ero più preoccupato per i dollari esentasse accumulati dai televangelisti coi capelli fonati che derubavano le vecchiette ingenue dei loro risparmi di una vita.

I miei amici avrebbero rischiato di essere allontanati dai vicini per protestare contro i cartelloni dei Dieci Comandamenti alle pareti delle aule di scuola.

“Ma sono solo parole”, avrei protestato.

“Perché mobilitarsi tanto solo per le parole, mentre c’è molto altro su cui puntare?” Ora la penso diversamente.

Le parole non sono banali. Sono importanti perché fanno prendere coscienza.

Il mio contributo preferito per la presa di coscienza è quello che ho menzionato tante volte prima (e non me ne scuso perché la presa di coscienza si basa sulla ripetizione).

Un’espressione come “bambino cattolico” o “bambino musulmano” dovrebbero far battere violentemente i campanelli di protesta nella mente, come quando indietreggiamo al sentire «un uomo un voto».

I bambini sono troppo piccoli per conoscere le loro opinioni religiose.

Proprio come non si può votare fino a 18 anni, si dovrebbe essere liberi di scegliere la propria cosmologia ed etica senza l’impertinente presunzione da parte della società che si erediteranno quelle dei genitori.

Dovremmo essere inorriditi se ci raccontassero di un bambino leninista o di uno neoconservatore o di uno monetarista hayekiano.

Così non è forse una sorta di abuso del bambino parlare di bambino cattolico o di bambino protestante?

Specialmente nell’Irlanda del nord e a Glasgow dove tali epiteti, tramandati per generazioni, hanno diviso i vicini per secoli e possono anche equivalere ad una condanna a morte.

Bambino cattolico? Orrore. Bambino protestante? Disgusto.

Bambino musulmano? Brividi.

Ognuno dovrebbe prendere coscienza a questo livello.

Occasionalmente è necessario un eufemismo, e suggerisco “Bambino di genitori ebrei (ecc.)”.

Quando ne converrete, questo è tutto quello che stiamo dicendo.

Proprio come l’alto-basso (di nuovo lo sciovinismo da emisfero nord: orrore!) delle cartine della Nuova Zelanda fa prendere coscienza sulla verità geografica, i bambini dovrebbero sentirsi descritti non come “bambini cristiani” ma come “bambini di genitori cristiani”.

Questo di per sé farebbe prendere loro coscienza, rendendoli in grado di formare le proprie menti e scegliere se o quale religione preferiscano, piuttosto che credere solo che religione significhi “stesse credenze dei genitori”.

Io posso ben immaginare che questa libertà di scegliere tradotta linguisticamente potrebbe portare a non scegliere alcuna religione.

Per piacere uscite e impegnatevi perché le persone prendano coscienza delle parole che usano per definire i bambini.

Ad una cena, per esempio, se mai udiste una persona parlare di una scuola per bambini islamici, o bambini cattolici (potete leggere frasi del genere ogni giorno sui giornali), prorompete: “Come osi? Non parleresti mai di un bambino Tory o di un bambino New Labour, per cui come potresti descrivere un bambino come cattolico (islamico, protestante, ecc.)?”

Con un pò di fortuna, tutti quelli a cena, la prossima volta che sentiranno questo tipo di frasi offensive, ne saranno disgustate, o almeno le noteranno e il meme si diffonderà.

Un successo della presa di coscienza è stato il dirottamento omosessuale verso la parola “gay”.

Lamento la perdita di gay nel (cosa penso sia ancora) suo vero senso.
Ma nel suo lato positivo [bright] gay ha ispirato un nuovo imitatore, che è l’oggetto principale di questo articolo.

Gay è succinto, leggero, positivo: una parola “alta”, dove omosessuale è una parola bassa, e finocchio, checca e frocio sono insulti.

Quelli di noi che non danno contributo a nessuna religione; quelli di noi la cui visione dell’universo è naturale piuttosto che soprannaturale; quelli di noi che sono contenti nel reale e sprezzano il falso conforto dell’irreale, abbiamo bisogno di una parola nostra, una parola come “gay”.

Potete dire “io sono un ateo” ma nel senso migliore suona borioso (come “Io sono un omosessuale”) nel peggiore infiamma il pregiudizio (come “Io sono un omosessuale”).

Paul Geisert and Mynga Futrell, di Sacramento, California, hanno convenuto di creare una nuova parola, un nuovo “gay”.

Come gay, dovrebbe essere un sostantivo derivato da un aggettivo, col suo significato originale cambiato ma non troppo.

Come gay, dovrebbe essere orecchiabile: un meme potenzialmente prolifico.

Come gay, dovrebbe essere positiva, fresca, allegra, luminosa [bright].

Bright? Sì, bright. Bright è la parola, il nuovo nome.

Io sono un bright. Tu sei un bright. Lei è una bright.

Noi siamo i bright.

Non è tempo che tu ti riveli come un bright? Lui è un bright?

Non posso immaginare di innamorarmi di una donna che non sia una bright.

Il sito www.celebatheist.com suggerisce numerosi intellettuali e altre persone famose che sono bright.

I bright costituiscono il 60% degli scienziati americani ed uno straordinario 93% di quegli scienziati abbastanza bravi per essere eletti all’elite della National Academy of Sciences (equivalenti ai Fellow membri della Royal Society) sono bright.

Guarda un lato positivo [bright]: nonostante al momento presente non possono ammetterlo ed essere eletti, il Congresso degli Stati Uniti deve essere pieno di bright nascosti.

Come per i gay, in più si rivelano, più facile sarà per ancora più bright fare lo stesso.

Le persone restie ad usare la parola ateo potrebbero essere felici di rivelarsi come bright.

Geisert and Futrell insistono molto sul fatto che la loro parola è un sostantivo e non un aggettivo.

“Io sono bright” suona arrogante.

“Io sono un bright” suona troppo familiare per essere arrogante: è sconcertante, enigmatica, intrigante.

Fa venire la domanda, “Cosa è un bright sulla terra?”

A quel punto voi: “Un bright è una persona la cui visione del mondo è libera da elementi sovrannaturali e mistici.

L’etica e le azioni di un bright sono basate su una visione naturalistica del mondo”.

“Vuoi dire che un bright è un ateo?”

“Allora, alcuni bright sono lieti di chiamarsi atei.

Alcuni bright chiamano se stessi agnostici.

Alcuni chiamano se stessi umanisti, altri liberi pensatori.


Ma tutti i bright possiedono una visione del mondo priva di elementi sovrannaturali e mistici”

“Oh, ho capito. E’ un pò come ‘gay’.

Allora, cos’è il contrario di bright?

Come chiameresti una persona religiosa?”

“Cosa suggeriresti?”

Certo, anche se noi bright insisteremo scrupolosamente che la nostra parola è un sostantivo, se diventasse popolare probabilmente seguirebbe gay per eventualmente riemergere come nuovo aggettivo.

E quando questo succederà, chissà, potremmo finalmente avere un presidente bright.


- Puoi firmarti come un bright su www.the-brights.net.


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