Tommaso

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Viviana.30
00venerdì 31 agosto 2007 09:26
26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". 27Poi disse a Tommaso: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!". 28Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!". 29Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!".

Potremmo fare un approfondimento di questo verso , cosa significa Mio Signore e Mio Dio , oltretutto ho trovato una nota fondo pagina che dice che sono le stesse parole usate nell'antico testamento , (intendo i Nomi)
Grazie
andreiu2
00venerdì 31 agosto 2007 09:55
Re:
Viviana.30, 31/08/2007 09.26:

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". 27Poi disse a Tommaso: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!". 28Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!". 29Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!".

Potremmo fare un approfondimento di questo verso , cosa significa Mio Signore e Mio Dio , oltretutto ho trovato una nota fondo pagina che dice che sono le stesse parole usate nell'antico testamento , (intendo i Nomi)
Grazie



Questa è una delle più forti affermazioni che vengano rivolte a Gesù, passo nel quale troviamo anche "ho theos" riferito a Gesù. Tommaso non sta facendo altro che sottolineare la signorìa e deità di Cristo. Con tali parole egli si sottomette al Signore Gesù, a Colui di cui poco prima dubitava...

[SM=g27985]


barnabino
00venerdì 31 agosto 2007 10:34
Caro Andrea,


Tommaso non sta facendo altro che sottolineare la signorìa e deità di Cristo



In primo luogo è da capire se Tommaso chiamasse davvero Gesù con "ho theos". Questo significava che Tommaso identificava Gesù con Geova, l'Iddio Altissimo poichè al nominativo "ho theos" non indica una sostanza o essenza divina ma indica la persona di Dio in senso propriamente detto. Se così fosse più che trinitario Tommaso sarebbe modalista, ovvero identificherebbe la persona di Gesù risorto con Geova, colui che Gesù chiama il Padre.

In realtà, grammaticalmente, l'articolo non ha alcuna forza semantica, poichè deriva dall'uso del vocativo semitico con il pronome possessivo e non del nominativo.

Così le possibilità sono tre:

1. Tommaso dice "ho theos" e identifica la persona di Gesù con Geova

2. Tommaso dice "theos" e riconosce che Gesù è il principale rappresentante di Dio, risorto da Dio e immagine di Dio. Era normale nelle scritture usare "ho theos" e perfino "YHWH" per identificare un rappresentante di Dio.

3. Ci sarebbe a dire il vero anche una terza possibilità, in verità molto criticata dai trinitari, ovvero che quel "mio Signore e mio Dio" sia solo una invocazione che Tommaso rivolse al cielo e non a Gesù. Questa tesi ha invero anche eruditi sostenitori.

Se accettiamo la prima ipotesi dobbiamo spiegare il contesto, per esempio di Giovanno 20:17 dove Gesù risorto dice:

"Gesù le disse: “Smetti di stringerti a me. Poiché non sono ancora asceso al Padre. Ma va dai miei fratelli e di’ loro: ‘Io ascendo al Padre mio e Padre vostro e all’Iddio mio e Iddio vostro’"

Questo passo escluderebbe una identificazione tra Gesù e Geova, poichè Gesù parla di "ho theos" non come di se stesso ma come del Padre, del suo Dio al quale deve ascendere! E' un passo troppo espicito che dimostra in modo inequivocabile che Gesù non si considerava "ho theos" ma che piuttosto considerava "ho theos" suo Padre e suo Dio.

Premetto che anche Karl Rahner dice che neppure in questo passo "theos" è usato in maniera da identificare Gesù con colui che nel NT è chiamato "ho theos", cioè il Supremo Dio [Theological Investigations(1961), pp. 135ff.]

Dunque, a mio parere, qui "theos" non è da identificare con "ho theos" ed è usato da Tommaso nel senso semitico del termine ma anche classico, di una persona degna di speciale riverenza per la sua posizione. Di fatto Tommaso riconosce non che Gesù è il Dio Altissimo (cosa che Gesù stesso esclude al 20,17) ma il principale rappresentante di Dio.

Shalom
andreiu2
00venerdì 31 agosto 2007 11:53
Re:
barnabino, 31/08/2007 10.34:

Caro Andrea,


In primo luogo è da capire se Tommaso chiamasse davvero Gesù con "ho theos". Questo significava che Tommaso identificava Gesù con Geova, l'Iddio Altissimo poichè al nominativo "ho theos" non indica una sostanza o essenza divina ma indica la persona di Dio in senso propriamente detto. Se così fosse più che trinitario Tommaso sarebbe modalista, ovvero identificherebbe la persona di Gesù risorto con Geova, colui che Gesù chiama il Padre.



Barnabino, non ho assolutamente intenzione ripetere le stesse cose per l'ennesima volta. Il fatto che lì ci sia "ho theos" non indica che Tommaso stava diventando modalista, ma riconosceva la piena deità di Cristo, punto e basta. Il gioco del "modalismo, trinitarismo" ormai è sorpassato. Tommaso non stava dicendo che Gesù è il Padre (questo è il modalismo), ma stava identificando il theos nella persona del Signore Gesù (questo è il senso dell'articolo).


In realtà, grammaticalmente, l'articolo non ha alcuna forza semantica, poichè deriva dall'uso del vocativo semitico con il pronome possessivo e non del nominativo.



Ancora Moule Barnabino? Nel greco attico a proposito del nominativo in luogo del vocativo, il semplice sostantivo al nominativo ha l'articolo quando si riferisce a esseri inferiori in terza persona, ma nella LXX e nel Nt non vi è questa limitazione. Si traduce il vocativo semitico con il nominativo con l'articolo. Sta di fatto però che tale costruzione è inserita in un contesto ben particolare e la forza dell'affermazione di Tommaso è lì alla portata di tutti. Tommaso sta dicendo "Dio mio", punto, non c'entra nessuna rappresentanza.

[SM=g27985]


barnabino
00venerdì 31 agosto 2007 13:08
Caro Andrea,



ma riconosceva la piena deità di Cristo, punto e basta



Punto e basta non direi. Nel NT con "ho theos" non si indica una generica "deità" ma si identifica il Dio Supremo dell'Antico Testamento, colui che Gesù poco prima identifica come "il Padre mio e il Padre vostro" e "il Dio mio e il Dio vostro" del 20,17. Non possiamo ignorare un contesto tanto prossimo.

Inoltre non è così chiaro che Tommaso si rivolgesse direttamente a Gesù, certo, era rivolto a lui, ma quell'esclamazione poteva semplicemente essere indirizzata al cielo.


Tommaso non stava dicendo che Gesù è il Padre (questo è il modalismo), ma stava identificando il theos nella persona del Signore Gesù (questo è il senso dell'articolo)



Non vedo la differenza, per Tommaso e per Gesù "il solo Dio" era Geova, cioè il Padre. Per cui se avesse detto che Gesù era "il Dio" stava di fatto identificando Gesù non con la "sostanza" o "essenza" divina ma con il Padre stesso. Naturalmente non possiamo escluderlo a priori ma si dovrebbe capire in base a quale esperienza Tommaso sarebbe arrivato a queste conclusioni: è bastata la risurrezione per per convincere Tommaso che Gesù era Geova?


Ancora Moule



Non è Moule (che per altro era un convinto trinitario e dunque tira acqua al tuo mulino) ma piuttosto la grammatica, quando si usa il nominativo al posto di un virtuale vocativo di solito è usato l'articolo, ma questi è dovuto all'influenza del substrato semitico che usava l'articolo per esprimere il vocativo, senza che questi avesse un significato di "determinazione" (ved Colossesi 3,18 per esempio). Spero ti sia chiaro quanto ho detto, il nominativo per vocativo è un semitismo e come tale spesso mantiene l'articolo determinativo solo per questo motivo.


Si traduce il vocativo semitico con il nominativo con l'articolo



Appunto, qui non siamo davanti non ad un nominativo ma davanti ad un vocativo con un pronome possessivo, per cui l'articolo non ha nessuna pregnanza semantica essendo solo necessario alla costruzione del vocativo e alla presenza del pronome possessivo stesso. Per cui non possiamo sapere se Giovanni usa l'articolo perchè voleva identificare Gesù con "ho theos" o solo perchè rispettava la comune costruzione grammaticale del vocativo semitico, come nel Salmo 45, dove l'articolo non ha alcun valore semantico ma è dovuto all'inflenza della costruzione semitica.


tale costruzione è inserita in un contesto ben particolare e la forza dell'affermazione di Tommaso è lì alla portata di tutti.



Beh, il contesto è quello del monoteismo giudaico, in cui non era concepibile che l'esistenza "un solo vero Dio" identificato con Geova, colui che Gesù chiama il Padre. Per cui nei rarissimi passi dove Gesù è detto "theos" è in tale contesto che si deve cercare la risposata e non deformare questo contesto in base alla successiva teologia trinitaria, che non ci informa sul signifcato di quei passi nel I secolo ma sulla successiva interpretazioni da parte della tradizione cristiana.

Il contesto è quello di un Gesù che parla del "Dio suo" e "Dio dei discepoli" identificandolo con il Padre, e non con se stesso. Perchè Tommaso, solo per aver avuto la certezza della sua risurrezione, lo chiama "Mio dio?". La cosa sarebbe incoerente con le parole di Gesù e con la logica, la risurrezione non era di per sè prova della "deità" di qualcuno ma di altro, in dettaglio del fatto che Gesù era davvero il Messia Risorto. Mi pare una spiegazione più logica, che non intacca quanto le scritture dicevano di Dio e del Messia.


Dunque la domanda corretta è: che significato aveva nelle scritture chiamare qualcuno che non era Geova con l'appellativo "theos"? Poteva Tommaso riferirsi alla posizione unica di rappresentante e Messia rivestia da Gesù dopo la risurrezione?

Shalom

(Mario70)
00venerdì 31 agosto 2007 13:29
Re:



Punto e basta non direi. Nel NT con "ho theos" non si indica una generica "deità" ma si identifica il Dio Supremo dell'Antico Testamento, colui che Gesù poco prima identifica come "il Padre mio e il Padre vostro" e "il Dio mio e il Dio vostro" del 20,17. Non possiamo ignorare un contesto tanto prossimo.



Non perchè ho theos è usato per il 99% nei riguardi del padre dovremmo concludere che sia solo cosi, ti farebbe comodo, ma non esiste come regola dal momento che come sai benissimo, anche il padre è chiamato solamente theos senza articolo.
Non riuscire a vedere nelle parole da te citate "Dio mio e Dio vostro" nulla, ti rende un po miope, perchè non ha detto semplicemente "Dio nostro" ma ha ritenuto importante sottolineare questa differenza?
La risposta sarebbe troppo fuorviante per la tua teologia quindi chissà che baggianate sparerai...



Inoltre non è così chiaro che Tommaso si rivolgesse direttamente a Gesù, certo, era rivolto a lui, ma quell'esclamazione poteva semplicemente essere indirizzata al cielo.



anche gli asini volano! ma dimmi tu che ti stai inventando... strano che non ti attacchi ancora al semitismo giovanneo... te la tieni per il finale?



Non è Moule (che per altro era un convinto trinitario e dunque tira acqua al tuo mulino) ma piuttosto la grammatica, quando si usa il nominativo al posto di un virtuale vocativo di solito è usato l'articolo, ma questi è dovuto all'influenza del substrato semitico che usava l'articolo per esprimere il vocativo, senza che questi avesse un significato di "determinazione" (ved Colossesi 3,18 per esempio). Spero ti sia chiaro quanto ho detto, il nominativo per vocativo è un semitismo e come tale spesso mantiene l'articolo determinativo solo per questo motivo.



Eccolo finalmente!!!
Bravo, beato te che ci credi, la cosa buffa è che non hai il minimo dubbio anche sapendo che la sua lettera fu scritta in greco, ma Giovanni era ignorante non è cosi?
Tutto è valido ma non si puo proprio accettare che Cristo sia Ho theos vero?
Di nuovo sei l'esempio vivente di quello che scrissi su come i filoariani facciano del tutto per coprire o mascherare le scritture che parlano della divinità del Cristo! Sono troppo imbarazzanti vero?
Ciao

andreiu2
00venerdì 31 agosto 2007 14:21
Re:
barnabino, 31/08/2007 13.08:



Punto e basta non direi. Nel NT con "ho theos" non si indica una generica "deità" ma si identifica il Dio Supremo dell'Antico Testamento, colui che Gesù poco prima identifica come "il Padre mio e il Padre vostro" e "il Dio mio e il Dio vostro" del 20,17. Non possiamo ignorare un contesto tanto prossimo.



Su questo ti ha già risposto Mario. Se vuoi ti posso presentare anche Mt 1:23 "«La vergine sarà incinta e partorirà un figlio,
al quale sarà posto nome Emmanuele»,
che tradotto vuol dire: «Dio (ho theos) con noi».
. Questo passo è forse più chiaro?



Inoltre non è così chiaro che Tommaso si rivolgesse direttamente a Gesù, certo, era rivolto a lui, ma quell'esclamazione poteva semplicemente essere indirizzata al cielo.



Contro ogni regola esegetica...


Non vedo la differenza, per Tommaso e per Gesù "il solo Dio" era Geova, cioè il Padre.



In Gv 17:3 parla Gesùà quale uomo era logico che parlasse in quel modo. ma bisogna avere una visione globale del tutto, non fossilizzarsi sempre sui soliti passi.



è bastata la risurrezione per per convincere Tommaso che Gesù era Geova?



Ti pare poco?




Non è Moule (che per altro era un convinto trinitario e dunque tira acqua al tuo mulino)



Ma mamma mia, la stragrande maggioranza degli studiosi del greco koinè sono trinitari, ma non vi dice niente questo? Nel documentarvi seiete costretti ad andare a prendere libri fatti da trinitari, certo che è il colmo!




ma piuttosto la grammatica, quando si usa il nominativo al posto di un virtuale vocativo di solito è usato l'articolo, ma questi è dovuto all'influenza del substrato semitico che usava l'articolo per esprimere il vocativo, senza che questi avesse un significato di "determinazione" (ved Colossesi 3,18 per esempio). Spero ti sia chiaro quanto ho detto, il nominativo per vocativo è un semitismo e come tale spesso mantiene l'articolo determinativo solo per questo motivo.



In Gv 20:28 abbiamo un vocativo esclamativo solenne a mio avviso, vedi il costrutto simile anche in Mt 27:46. Inoltre l'affiancamento Kurios con Theos è formidabile e per un ebreo questo equivaleva ad "adonay-elohim" nell'AT. Vai a leggere il Sl 34:23 secondo la LXX e in Apo 4:11, 22:6 per notare la forza di quest'affiancamento.



barnabino
00venerdì 31 agosto 2007 14:29
Caro Mario,


Non perchè ho theos è usato per il 99% nei riguardi del padre dovremmo concludere che sia solo cosi



Per gli ebrei che scrissero i vangeli esisteva un "solo Dio" che in Giovanni 20,17 Gesù identifica non con se stesso ma con il Padre che è il "Dio suo" ed il "Dio dei suoi discepoli". Per Giovanni e Tommaso "ho theos" era Geova, il solo vero Dio.

Questo era il contesto culturale, biblico e religioso in cui si muoveva Gesù ed i suoi discepoli. Pertanto nei rari casi dove il termine "theos" viene utilizzato per indicare altri esseri che non erano il Dio Supremo dobbiamo chiederci che significato avesse.


ti farebbe comodo, ma non esiste come regola dal momento che come sai benissimo, anche il padre è chiamato solamente theos senza articolo



Guarda, il Padre al nominativo è sempre definito "ho theos" tranne poche eccezioni, che sono comunque spiegabili. Mi pare che ci sia già un 3d aperto a quasto riguardo. Tu quanti passi conosci in cui theos al nominativo è privo di articolo?

E comunque questo non riguarda il passo di Giovanni 20:28 perchè non si tratta di un nominativo ma di un vocativo virtuale. In tale caso non possiamo essere sicuri se l'autore lo abbia utilizzato per costruire il vocativo alla maniera semitica o perchè in effetti lo voleva utilizzare per determinare theos.


perchè non ha detto semplicemente "Dio nostro" ma ha ritenuto importante sottolineare questa differenza?



Questo è un discorso puramente teologico in cui andiamo nelle speculazioni. Grammaticalmente qui Gesù identifica il Padre come il suo Dio e il Dio dei suoi discepoli. Non si sogna neppure di identificare se stesso come Dio, ma professa Geova come suo Padre e suo Dio. Rimene saldamente legato al paradigma dell'AT.


chissà che baggianate sparerai...



Se questo è il tuo atteggiamento non vedo perchè non vai a conversare su qualche altro forum. Io sono abituato a rispettare le idee di tutti ed anche se non sono d'accordo non le considero baggianate.
Non vedo perchè escludere in modo tanto deciso che Tommaso facesse davanti a Cristo una confessione di fede in Dio, ma senza indirizzare l'invocazione direttamente Cristo. Il testo permette anche questa lettura che il tuo pregiudizio trinitario non ti permette di considerare e devi bollarla come "baggianata".


la cosa buffa è che non hai il minimo dubbio anche sapendo che la sua lettera fu scritta in greco, ma Giovanni era ignorante non è cosi?



Non capisco cosa vuoi dire. L'utilizzo del nominativo come vocativo, benchè raro, è solo un semitismo e non implica alcuna "ignoranza" da parte dello scrittore. Semplicemente è un modo diverso di esprimere il vocativo poichè in ebaico, a differenza del greco, non esisetva una forma specifica. Inè che tale costruzione l'articolo non è detto che abbia valenza semantica, poichè poteva essere solo un semitismo. Ma non vedo cosa c'entro con l'ignoranza di Giovanni.


Tutto è valido ma non si puo proprio accettare che Cristo sia Ho theos vero?



Guarda, oltre ad invitarti ad una maggior calma, ti posso assicurare io sono pronto ad accettare qualunque cosa, ma se questa è sostenuta dalle scritture e se è coerente con il loro contesto. I passi in cui Gesù è detto "theos" sono pochissimi e dunque dobbiamo analizzarli con estrama attenzione e soprattutto nel loro contesto strettamente monoteistico come quello giudaico. Ti ripeto, è un errore legger eun passo come se fosse "normale" per un ebreo sostenere che un uomo, solo per essere stato risorto, era da identificare con Geova.

Grammaticalmente Giovanni 20:28 può avere più letture che dobbiamo necessariamente inserire nel contesto del I secolo, evitando facili deformazioni trinitarie o letture anacronistiche e cerchiamo di capire cosa significa il passo.

La domanda è: cosa intendeva dire Tommaso chiamando Gesù "mio Dio"? Lo identificava con Geova, con "ho theos"? O con un essere divino, il messia risuscitato, il rappresentante di Dio? Cosa dicevano le scritture a questo proposito?

Shalom

presso
00venerdì 31 agosto 2007 14:41
Re:

Inoltre non è così chiaro che Tommaso si rivolgesse direttamente a Gesù, certo, era rivolto a lui, ma quell'esclamazione poteva semplicemente essere indirizzata al cielo.



perdonami barnabino ma hai letto tutto , lui gli dice di toccarlo perchè vuole toccare i buchi dei chiodi e le ferite , come fai a dire che non è chiaro ???



Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato



ecco perchè fa quella esclamazione !!

barnabino
00venerdì 31 agosto 2007 15:04
Caro Andrea,

Mi pare che stiamo debordando in altri passi, perchè non rimani sullo specifico di Giovanni 20,28


che tradotto vuol dire: «Dio (ho theos) con noi».. Questo passo è forse più chiaro?



Non vedo cosa dimostri, nelle scritture la presenza divina non richiede necessariamente la presenza letterale di Dio. Gesù quale "rappresentante" definitivo di Dio nel piano salvifico di Dio poteva ben indicare la presenza di Dio. Ma ti rimando all'articolo di David Jakubovic su Tdgonline che mi pare sia molto completo e ricco di citazioni.


Contro ogni regola esegetica...



Non saprei di queli regole esegetiche parli, il Wiener in A Grammar of the Idiom of the New Testament scrive.

"On the other hand, [John 20:] 28, though directed at Jesus (eipen autwi), is rather an exclamation than an address; and, in the Greek authors, such a Nom[inative] has early and strong prominence".

Dunque non vedo perchè escludere questa spiegazione con tanta veemenza, forse perchè è scomoda per i trainitari? Non c'è forse un poco di pregiudizio teologico?


In Gv 17:3 parla Gesù quale uomo era logico che parlasse in quel modo. ma bisogna avere una visione globale del tutto, non fossilizzarsi sempre sui soliti passi



Come ti ho detto io mi attengo al testo, per Gesù era il "solo vero Dio" prima di morire ed era "il mio Dio" una volta risorto. Se poi vogliamo leggere i passi alla luce dei concetti di "doppia natura" non ci siamo, perchè abbandoniamo il testo per una lettura anacronistica e prettamente teologica.

A me non interessa capire come un testo era letto nel IV-V secolo ma come lo intendeva uno scrittore ebreo del I secolo.


Ti pare poco?



No, non è poco, ma non vedo il nesso tra risurrezione di Gesù e identificazione dello stesso con Geova. Quale profezia diceva che Geova Dio doveva morire e risorgere per mano del Dio suo?


la stragrande maggioranza degli studiosi del greco koinè sono trinitari



Per me non fa differenza se motivano le loro spiegazioni. Lo dicevo per te, visto che ironizzi su Moule. Il vocativo semitico comunque non è un'invenzione di Moule o di altri, è un fatto grammaticale.


In Gv 20:28 abbiamo un vocativo esclamativo solenne a mio avviso



Non vedo come questo abbia a che fare con l'uso dell'articolo. Qui l'articolo è dovuto all'inflenza semitica (che cotruiva il vocativo con l'articolo) e con la presenza di un possessivo. L'autore era obbligato a usare l'articolo sia che volesse dire "ho theos" sia che intendesse solo "theos".


Vai a leggere il Sl 34:23 secondo la LXX



Possi dove infatti è usato l'articolo come richiesto dall'uso del vocativo semitico e del possessivo.

Quello che voglio dire è che il passo è ambiguo, non possiamo sapere se l'autore intendeva "theos" oppure "ho theos". Giovanni poteva identificare Gesù con "ho theos" (cioè con il Dio dell'AT) oppure con un "theos" alla maniera semitica.

Per capire quale delle du epossibilità è più realistica è necessario leggere il passo nel contesto culturale e linguistico in cui si muoveva l'autore evitando deformazioni dottrinali basate sulle speculazioni successive.

Shalom









barnabino
00venerdì 31 agosto 2007 15:12
Cara Presso,


lui gli dice di toccarlo perchè vuole toccare i buchi dei chiodi e le ferite , come fai a dire che non è chiaro ???



Non ho detto che non è chiaro a chi Gesù si rivolgesse, ma a chi indirizzava l'esclamazione.

Se tu fossi stata ferita e ti vedessi davanti a me e toccandoti ti dicessi: "mio Dio! Stai bene!" e ovvio che quel "mio Dio" è rivolto a te (parlo con te) ma è indirizzato a Dio o genericamente al cielo.


ecco perchè fa quella esclamazione !!



Perchè aver riconosciuto Gesù risorto doveva portare a far credere a Tommaso che Gesù era Geova, l'Iddio Supremo? Cioè, che rapporto ci sarebbe tra l'avvenimento e una affermazione tanto sconvlgente per un ebreo che Dio era sulla terra come uomo, non solo, ma che non era più "uno" come si credeva ma conviveva in due persone diverse?

A me pare che le due cose siano completamente slegate tra loro. Quale profezia poteva portare Tommaso a pensare che un essere risorto, per per altro poco prima aveva detto che Geova era il suo Dio ed il loro Dio ora doveva essere Geova stesso, il Dio supremo?

A mio parere si devono trovare altre spiegazioni.

halom
(Mario70)
00venerdì 31 agosto 2007 16:54
Re:
barnabino, 31/08/2007 15.12:

Cara Presso,


lui gli dice di toccarlo perchè vuole toccare i buchi dei chiodi e le ferite , come fai a dire che non è chiaro ???



Non ho detto che non è chiaro a chi Gesù si rivolgesse, ma a chi indirizzava l'esclamazione.

Se tu fossi stata ferita e ti vedessi davanti a me e toccandoti ti dicessi: "mio Dio! Stai bene!" e ovvio che quel "mio Dio" è rivolto a te (parlo con te) ma è indirizzato a Dio o genericamente al cielo.


ecco perchè fa quella esclamazione !!



Perchè aver riconosciuto Gesù risorto doveva portare a far credere a Tommaso che Gesù era Geova, l'Iddio Supremo? Cioè, che rapporto ci sarebbe tra l'avvenimento e una affermazione tanto sconvlgente per un ebreo che Dio era sulla terra come uomo, non solo, ma che non era più "uno" come si credeva ma conviveva in due persone diverse?

A me pare che le due cose siano completamente slegate tra loro. Quale profezia poteva portare Tommaso a pensare che un essere risorto, per per altro poco prima aveva detto che Geova era il suo Dio ed il loro Dio ora doveva essere Geova stesso, il Dio supremo?

A mio parere si devono trovare altre spiegazioni.

halom



Si perde la pazienza perchè non segui quello che ti viene detto, continui a dire che ho theos indichi sempre e solo Geova quando ci sono prove che indicano diversamente, ti attacchi a delle teorie (come quella del semitismo) trasformandole in certezze, vedi solo quello che ti fa comodo vedere continuando a prendere solo i passi che esaltano l'umanità del Cristo, interpretando gli altri, è ovvio che si perde la pazienza dovresti mostrare piu umiltà ma credo che sia troppo vero?
Tutto Giovanni è pieno di riferimenti alla deità di Cristo inizia addirittura cosi, parla in continuazione del suo "essere in Dio" è chiamato "IL FIGLIO unigenito di Dio" "il Dio unigenito", riporta queste parole di Tommaso solo per farci presente il fatto che Cristo le accettò (accettò quindi di essere chiamato "ho theos", una presunta esclamazione tipo la nostra "mio Dio!" sarebbe stata una bestemmia per gli ebrei chiediglielo se non mi credi, ma a costo di negare sempre e comunque ti attacchi anche a queste) gli risponde "solo perchè mi hai visto hai creduto?" ma a te questo non basta, ci piacerebbe solo che ammettessi la possibilità che questa chiave di lettura accettata da tutti in questi 2000 anni possa almeno essere plausibile, ma vediamo solo un muro invalicabile e non perchè tu abbia ragione, ci mancherebbe altro, ma solo perchè è evidente il tuo non voler ragionare quando si intacca una dottrina fondamentale del CD, altro che dogma!
Ciao

descubridor
00venerdì 31 agosto 2007 17:57
Re: Re:
andreiu2, 31/08/2007 14.21:

barnabino, 31/08/2007 13.08:



Punto e basta non direi. Nel NT con "ho theos" non si indica una generica "deità" ma si identifica il Dio Supremo dell'Antico Testamento, colui che Gesù poco prima identifica come "il Padre mio e il Padre vostro" e "il Dio mio e il Dio vostro" del 20,17. Non possiamo ignorare un contesto tanto prossimo.



Su questo ti ha già risposto Mario. Se vuoi ti posso presentare anche Mt 1:23 "«La vergine sarà incinta e partorirà un figlio,
al quale sarà posto nome Emmanuele»,
che tradotto vuol dire: «Dio (ho theos) con noi».
. Questo passo è forse più chiaro?



Inoltre non è così chiaro che Tommaso si rivolgesse direttamente a Gesù, certo, era rivolto a lui, ma quell'esclamazione poteva semplicemente essere indirizzata al cielo.



Contro ogni regola esegetica...


Non vedo la differenza, per Tommaso e per Gesù "il solo Dio" era Geova, cioè il Padre.



In Gv 17:3 parla Gesùà quale uomo era logico che parlasse in quel modo. ma bisogna avere una visione globale del tutto, non fossilizzarsi sempre sui soliti passi.



è bastata la risurrezione per per convincere Tommaso che Gesù era Geova?



Ti pare poco?




Non è Moule (che per altro era un convinto trinitario e dunque tira acqua al tuo mulino)



Ma mamma mia, la stragrande maggioranza degli studiosi del greco koinè sono trinitari, ma non vi dice niente questo? Nel documentarvi seiete costretti ad andare a prendere libri fatti da trinitari, certo che è il colmo!




ma piuttosto la grammatica, quando si usa il nominativo al posto di un virtuale vocativo di solito è usato l'articolo, ma questi è dovuto all'influenza del substrato semitico che usava l'articolo per esprimere il vocativo, senza che questi avesse un significato di "determinazione" (ved Colossesi 3,18 per esempio). Spero ti sia chiaro quanto ho detto, il nominativo per vocativo è un semitismo e come tale spesso mantiene l'articolo determinativo solo per questo motivo.



In Gv 20:28 abbiamo un vocativo esclamativo solenne a mio avviso, vedi il costrutto simile anche in Mt 27:46. Inoltre l'affiancamento Kurios con Theos è formidabile e per un ebreo questo equivaleva ad "adonay-elohim" nell'AT. Vai a leggere il Sl 34:23 secondo la LXX e in Apo 4:11, 22:6 per notare la forza di quest'affiancamento.







***Su questo ti ha già risposto Mario. Se vuoi ti posso presentare anche Mt 1:23 "«La vergine sarà incinta e partorirà un figlio,
al quale sarà posto nome Emmanuele»,
che tradotto vuol dire: «Dio (ho theos) con noi».. Questo passo è forse più chiaro?


Su questo aspetto sarebbe bello approfondire.
Magari apro un thread.
Cito solo qui ( non credo di andare OT)che non e' cosi' chiaro e definito come lasci intendere tu
Il trinitario Moses Stuart vede ad esempio l'inadeguatezza di Matt. 1:23 per la sua idea di Dio:
" Affermare che il nome Emanuele convalida la dottrina trinitaria significa ragionare in modo fallace, sebbene molti trinitari abbiano sottolineato tale tesi.Gerusalemme e' chiamata " Geova la nostra giustizia". E' forse divina anche Gerusalemme?"(M. Stuart,"Answer to Channing" in Concessions of Trinitarians,1845,Boston,Munroe,Ed Wilson.p.236)


andreiu2
00venerdì 31 agosto 2007 18:32
Re:
barnabino, 31/08/2007 15.04:

Caro Andrea,

Mi pare che stiamo debordando in altri passi, perchè non rimani sullo specifico di Giovanni 20,28



Semplicemente perchè mi pare che stiamo ripetendo le stesse cose.



Non vedo cosa dimostri, nelle scritture la presenza divina non richiede necessariamente la presenza letterale di Dio. Gesù quale "rappresentante" definitivo di Dio nel piano salvifico di Dio poteva ben indicare la presenza di Dio.



Barnabino, quel passo è rivolto chiaramente a Cristo ed è definito "ho theos" con noi. Non vi è traccia del Padre in quella profezia. Il testo è chiaro, bisogna solo accettarlo.



Non saprei di queli regole esegetiche parli, il Wiener in A Grammar of the Idiom of the New Testament scrive.

"On the other hand, [John 20:] 28, though directed at Jesus (eipen autwi), is rather an exclamation than an address; and, in the Greek authors, such a Nom[inative] has early and strong prominence".

Dunque non vedo perchè escludere questa spiegazione con tanta veemenza, forse perchè è scomoda per i trainitari? Non c'è forse un poco di pregiudizio teologico?



O mamma mia, Barnabino, ma possimo smettere di fare citazioni di libri su libri? Io ho solo libri in italiano, ma non è che devo costruire i miei post sulle citazioni di altri. A me se permetti, non interessa cosa dica l'uno o l'altro, il testo è chiaro, Tommaso si rivolge a Gesù e Gesù dopo risponde "Poichè Mi hai visto TU HAI CREDUTO". Esegeticamente parlando non si può parlare di esclamazione al cielo.



Come ti ho detto io mi attengo al testo, per Gesù era il "solo vero Dio" prima di morire ed era "il mio Dio" una volta risorto. Se poi vogliamo leggere i passi alla luce dei concetti di "doppia natura" non ci siamo, perchè abbandoniamo il testo per una lettura anacronistica e prettamente teologica.



Allor attieniti anche su altri testi nei quali chiaramente Gesù è indicato come "theos" al quale va adorazione (latreia > Da 7:14 secondo la LXX), Tt 2:13 ecc..Il fatto che tu non accetti la doppia natura è logico, in quanto è proprio con questa spiegazione che viene eliminato ogni dubbio. Infatti non deve stupire il fatto che anche dopo risorto Gesù chiama il Padre, suo Dio, la sottomissione termina in Ap 22, ora Gesù svolge il ruolo di Intermediario e Sommo Sacerdote.



A me non interessa capire come un testo era letto nel IV-V secolo ma come lo intendeva uno scrittore ebreo del I secolo.



Basta leggere cosa hanno detto gli apostoli e cosa dicono le Scritture sull'atteggiamento da tenere nei confronti di Gesù.


Per me non fa differenza se motivano le loro spiegazioni. Lo dicevo per te, visto che ironizzi su Moule. Il vocativo semitico comunque non è un'invenzione di Moule o di altri, è un fatto grammaticale.



Non ironizzavo su Moule, ma ironizzavo sul fatto che poi vengono sempre fuori le stesse cose.



Non vedo come questo abbia a che fare con l'uso dell'articolo. Qui l'articolo è dovuto all'inflenza semitica (che cotruiva il vocativo con l'articolo) e con la presenza di un possessivo. L'autore era obbligato a usare l'articolo sia che volesse dire "ho theos" sia che intendesse solo "theos".



Vai a leggere il Sl 34:23 secondo la LXX



Lo so, infatti bisogna valutare la forza dell'affermazione che la si può capire dal contesto e dalla situazione. Un lettore che non capisce niente di greco ma che legge dall'italiano, secondo te quale idea si può fare, leggendo quel passo? Io ti ho presentato dei casi simili, di vocativo come esclamazione.



Quello che voglio dire è che il passo è ambiguo, non possiamo sapere se l'autore intendeva "theos" oppure "ho theos". Giovanni poteva identificare Gesù con "ho theos" (cioè con il Dio dell'AT) oppure con un "theos" alla maniera semitica.



Per me Tommaso è chiarissimo, se secondo te no non so cosa farci...

[SM=g27985]












andreiu2
00venerdì 31 agosto 2007 18:35
Re: Re: Re:
descubridor, 31/08/2007 17.57:







Il trinitario Moses Stuart vede ad esempio l'inadeguatezza di Matt. 1:23 per la sua idea di Dio:
" Affermare che il nome Emanuele convalida la dottrina trinitaria significa ragionare in modo fallace, sebbene molti trinitari abbiano sottolineato tale tesi.Gerusalemme e' chiamata " Geova la nostra giustizia". E' forse divina anche Gerusalemme?"(M. Stuart,"Answer to Channing" in Concessions of Trinitarians,1845,Boston,Munroe,Ed Wilson.p.236)





Caro descubridor, sinceramente non ho il tempo di andare dietro a qualsiasi citazione. Sull'argomento Trinità sono stati scritti fiumi di libri e di certo non li conosco tutti nè tantomeno cosa dicono gli autori. Come detto non voglio fare una guerra di citazioni da libri. Per me Mt 1:23 è chiarissimo..

[SM=g27988]


descubridor
00venerdì 31 agosto 2007 18:48
Re: Re: Re: Re:
andreiu2, 31/08/2007 18.35:



Caro descubridor, sinceramente non ho il tempo di andare dietro a qualsiasi citazione. Sull'argomento Trinità sono stati scritti fiumi di libri e di certo non li conosco tutti nè tantomeno cosa dicono gli autori. Come detto non voglio fare una guerra di citazioni da libri. Per me Mt 1:23 è chiarissimo..

[SM=g27988]





Guarda, non si tratta di fare guerre.
E nemmeno di conoscere tutti i libri( bisogna leggerli e il tempo e' sempre tiranno).
La citazione fatta e' fatta per mettere in evidenza che la cosa non e' cosi' scontata nemmeno in ambito trinitario.
Se per te il versetto e' chiarissimo, io rispetto la tua opinione.
Quello che non mi trova d'accordo e' il tentativo ( conscio o inconscio ) di far passare per acquisite certe posizioni teologiche. [SM=g27988]
Comunque a mio avviso la scrittura di Matt. 1:23 e le sue presunte implicazioni teologiche va approfondita.




barnabino
00venerdì 31 agosto 2007 21:14
Caro Mario,


a dire che ho theos indichi sempre e solo Geova quando ci sono prove che indicano diversamente



Ti invito a dirmi dove "ho theos" è usato con certezza e senza ambiguità grammaticali per indicare qualcuno diverso da Geova! Se noti i passi in cui "ho theos" potrebbe indicare la persona di Gesù sono ambuigui e "ho theos" può essere riferito anche per indicare la persona di Geova.

In questi casi come puoi pensare che uno scrittore o un lettore per cui era normale identificare "ho theos" con Geova (al nominativo Geova è identificato quasi sempre con "ho theos") applicare quel titolo a Gesù?

Giovanni stesso non ha dubbi: usa sempre "ho theos" al nominativo per indicare il Padre, colui che Gesù chiama "l'unico vero Dio" e "il Dio mio e Dio vostro", distinguendolo da Gesù che chiama "theos" senza l'articolo. Tale distinzione non è nuova, si trova nella LXX e in Filone.


Tutto Giovanni è pieno di riferimenti alla deità di Cristo



Se parliamo di preesistenza e divinità sono d'accordo, ma Giovanni è sempre attento a distinguera la posizione di Dio da quella di Gesù, non usando mai affermazioni ambigue.


inizia addirittura cosi, parla in continuazione del suo "essere in Dio"



La preposizione "pròs" non indica necessariamente che Gesù era "in Dio" in senso locale. Si parla di vicinanza, intimità, unione ma non vedo come si possa parlare di una identità ontologica.

Anche questo è perfettamente spiegabile alla luce dell'AT dove si parla della posiozione della Sapienza quale artefice accanto a Dio, non è il caso di scomodare concetti estranei all'ambiente culturale di Giovanni. SIamo nel I secolo e non a Calcedonia.


accettò quindi di essere chiamato "ho theos"



Mi pare che tu non segua i post, abbiamo già detto che il passo è ambiguo e non sappiamo se l'articolo dipenda dal vocativo oppure se l'autore lo abbia usato di proposito.


una presunta esclamazione tipo la nostra "mio Dio!" sarebbe stata una bestemmia per gli ebrei chiediglielo se non mi credi, ma a costo di negare sempre e comunque ti attacchi anche a queste



Non era una semplice esclamazione, ma una professione di fede nel Dio che aveva risorto Gesù. Tommaso tocca Gesù e crede, a quel punto, rivolto a Gesù, indirizza a suo Padre una toccante confessione di fede nel Dio che aveva risorto Gesù.

Ti ripeto: che relazione avrebbe la constatazione che è Gesù è stato risorto con una eventuale professione di "deità"? Cosa nella sua risurrezione farebbe pensare che Gesù è Dio? Quale profezia indicava che Dio doveva morire ed essere risorto da Dio?

Shalom






(Mario70)
00venerdì 31 agosto 2007 22:02
Re:



Ti invito a dirmi dove "ho theos" è usato con certezza e senza ambiguità grammaticali per indicare qualcuno diverso da Geova! Se noti i passi in cui "ho theos" potrebbe indicare la persona di Gesù sono ambuigui e "ho theos" può essere riferito anche per indicare la persona di Geova.



Ti abbiamo rovesciato la domanda e tu stesso hai asserito che Geova (ti pregherei di usare Yahvèh dal momento che non mi piacciono gli ibridi...) appare per 11 volte (devo comunque verificare perchè me ne risultano di piu) al nominativo senza articolo ma tu insisti che in tutti i casi c'è una spiegazione...
Le scritture che identificano Gesù con ho theos le conosciamo entrambi ma tu le interpreti tutte come riferite al padre allora cosa vuoi che ti diciamo?
In 1 giovanni 5:20 Cristo viene addirittura chiamato "il vero Dio" ma tu in questo caso mandi a farsi fottere (si puo dire?) il rasoio di Occam per preferire il soggetto piu distante (anche se tutto il capitolo è applicato a Cristo).
Ripeto se tu fossi onesto ammetteresti la possibilità che in Cristo si sia fatta l'eccezione che non conferma la regola, ma a quanto pare ti si chiede troppo.



In questi casi come puoi pensare che uno scrittore o un lettore per cui era normale identificare "ho theos" con Geova (al nominativo Geova è identificato quasi sempre con "ho theos") applicare quel titolo a Gesù?



Eppure lo hanno fatto basta scegliere la chiave di lettura piu immediata, la stessa che scelsero i padri della chiesa...



Giovanni stesso non ha dubbi: usa sempre "ho theos" al nominativo per indicare il Padre, colui che Gesù chiama "l'unico vero Dio" e "il Dio mio e Dio vostro", distinguendolo da Gesù che chiama "theos" senza l'articolo. Tale distinzione non è nuova, si trova nella LXX e in Filone.



Questo lo dici tu, ci sono almeno 2 casi in cui non è cosi, ma tu ti attacchi a pseudosemitismi o a soggetti distanti pur di non accettarlo.



Se parliamo di preesistenza e divinità sono d'accordo, ma Giovanni è sempre attento a distinguera la posizione di Dio da quella di Gesù, non usando mai affermazioni ambigue.



Non giocare con le parole con me, quello che intendi tu per "divinità" non è quello che intendono tutti gli altri... il tempo della monolatria è passato da secoli svegliati!




La preposizione "pròs" non indica necessariamente che Gesù era "in Dio" in senso locale. Si parla di vicinanza, intimità, unione ma non vedo come si possa parlare di una identità ontologica.


E chi ti ha parlato di pros? Io mi riferivo a EN ma tu (anche in questo caso Occam si rivolterebbe dalla tomba)la traduci con "unito" quando sappiamo tutti che il significato basilare è in o dentro.


Anche questo è perfettamente spiegabile alla luce dell'AT dove si parla della posiozione della Sapienza quale artefice accanto a Dio, non è il caso di scomodare concetti estranei all'ambiente culturale di Giovanni. SIamo nel I secolo e non a Calcedonia.



Non servono le forme poetiche di 1000 anni prima per identificare la persona di Cristo, altrimenti tutti gli ebrei lo avrebbero accettato non credi?




Non era una semplice esclamazione, ma una professione di fede nel Dio che aveva risorto Gesù. Tommaso tocca Gesù e crede, a quel punto, rivolto a Gesù, indirizza a suo Padre una toccante confessione di fede nel Dio che aveva risorto Gesù.



E che cosa avrebbe detto di cosi straordinario? Che professione di fede sarebbe chiamare Yahveh Signore e Dio?
Comunque mi dovresti provare che era uso comune degli ebrei del 1 secolo fare affermazioni del genere e non credo che ci riuscirai.


Ti ripeto: che relazione avrebbe la constatazione che è Gesù è stato risorto con una eventuale professione di "deità"? Cosa nella sua risurrezione farebbe pensare che Gesù è Dio? Quale profezia indicava che Dio doveva morire ed essere risorto da Dio?



A parte il fatto che spesso nei vangeli è detto che Cristo risorgesse da se e sappiamo bene che solo Dio ha questo potere, Cristo è chiamato la resurrezione e la vita, attributi propri della deità... è chiamato anche il principio o l'autore della vita, "tutto è stato creato... per lui" ma a te questo non non dice niente vero?
Interpreti, interpreti e interpreti, lascia le scritture per quello che sono.
Le prove ci sono e sono molte ma chi è miope non vede lontano, ha bisogno che qualcuno gli indichi la via e si fida ciecamente [SM=g27988] di questi...
Ciao


barnabino
00venerdì 31 agosto 2007 23:49
Caro Mario,


Ti abbiamo rovesciato la domanda e tu stesso hai asserito che Geova appare per 11 volte al nominativo senza articolo ma tu insisti che in tutti i casi c'è una spiegazione...



Non è che "insisto" per una qualche ossessione, è che quei passi vanno analizzati singolarmente e in tutti ci possono essere spiegazioni grammaticali o testuali che spiegano l'assenza dell'articolo. Di fatto se analizziamo questi 11 passi (di per sè già una numero insignificante) potremmo concludere che di regola "theos" al nom. quando è usato per Geova ha l'articolo determinativo.


In 1 giovanni 5:20 Cristo viene addirittura chiamato "il vero Dio" ma tu in questo caso mandi a farsi fottere (si puo dire?) il rasoio di Occam per preferire il soggetto piu distante



Fottere? si vede che hai una formazione classica! Premetto che in greco l'ordine delle parole non è così importante come nelle lingue moderne, per cui non è "strano" cercare il soggetto più o meno distante, lo fanno tutti i traduttori.

In questo caso il soggetto della frase può essere sia Gesù che "ho theos". Ora, di fronte alla forza semantica di "ho theos" la posizione passa in secondo piano. Dovendo scegliere se riferire la frase "il vero Dio" a "ho theos" oppure a "Gesù" è ovvio che qualunque lettore non aveva Dubbi. Solo "ho theos" era il "vero Dio". Tanto più che Giovanni stesso fa identificare da Gesù "il solo vero Dio" con il Padre.

Se davvero Giovanni avesse voluto identificare Gesù con "il vero Dio" non lo avrebbe usato in un contesto così ambiguo, dove ovviamente il lettore sceglieva la spiegazione per lui più ovvia, cioè che il solo vero Dio era riferito ad "ho theos".

E questo vale con tutti i passi, in tutti i passi disputati "ho theos" potrebbe essere anche riferito a Geova. Nel dubbio cosa avrebbe scelto chi era abituato ad identificare immediatamente "ho theos" con Geova?


Eppure lo hanno fatto basta scegliere la chiave di lettura piu immediata, la stessa che scelsero i padri della chiesa...



Quali Padri Apostolici danno della lettura dei passi ritenuti "trinitari" quella che tu chiami "immediata"? Molti passi sono bellamente ignorati o non leti in modo trinitario.


E chi ti ha parlato di pros? Io mi riferivo a EN ma tu la traduci con "unito" quando sappiamo tutti che il significato basilare è in o dentro



Il significato di "en" come "dentro" non è certo il più immediato o il più diffuso. Nel BDAG ci sono otto colonne di possibili significati ed usi e solo meno di mezza è riservata a "en" come "dentro", di solito anche in senso locale indica presso, vicino, nel campo di azione di, tra, in mezzo.

Circa il senso di unità o tretta associazione non sono io che lo traduco così ma è la definizione che circa i passi di Giovanni trovi nel BDAG o nel Nida. Questi studiosi sfiderebbero il "rasoio di Occam" proponendo un significato a tuo avviso improbabile e teologico? O la Parola del Signore sbaglierebbe ad usarlo in due passi di Giovanni? Cerca di ragionare, accuse di questo tipo sono prive di senso.


E che cosa avrebbe detto di cosi straordinario? Che professione di fede sarebbe chiamare Yahveh Signore e Dio?



Tommaso non aveva messo in dubbio la deità di Cristo ma che fosse davvero risorto. Dunque era in dubbio la fede in Dio, la sua capacità e volontà di risorgere il suo principale rappresentate, suo figlio.

Di fronte al miracolo della risurrezione Tammaso ha fede in Dio, riconosce che davvero Geova è Dio e Signore, ha la capacità di risorgere il suo principale rappresentante dai morti.


sappiamo bene che solo Dio ha questo potere, Cristo è chiamato la resurrezione e la vita, attributi propri della deità...



Gesù aveva già operato delle risurrezioni e così i profeti del passato, come Eliseo ed Elia, ma non venne per questo identificato come Dio (semmai Marta lo definisce il Cristo, il figlio di Dio) così come non lo furono i profeti del passato.

Ti ripeto, quale profezia specifica poteva indurre Tommaso a credere che Dio era morto ed era stato risorto da Dio per identificarlo come tale al momento che ne constatò la risurrezione?

Shalom






andreiu2
00sabato 1 settembre 2007 12:25
Re:
barnabino, 31/08/2007 23.49:


Non è che "insisto" per una qualche ossessione, è che quei passi vanno analizzati singolarmente e in tutti ci possono essere spiegazioni grammaticali o testuali che spiegano l'assenza dell'articolo. Di fatto se analizziamo questi 11 passi (di per sè già una numero insignificante) potremmo concludere che di regola "theos" al nom. quando è usato per Geova ha l'articolo determinativo.



Spiegati in che modo? Per quanto concerne Ro 8:33, mi hai citato una regola che non sussite nelle grammatiche. Per regola intendo una norma da seguire sempre o quasi. Come ti ho detto Ro 8:33 posso sia mettere l'articolo che non, piuttosto è "dikaiwn" che deve avere l'articolo essendo un participio che con l'articolo diviene sostantivato. In 2 Co 1:3, il secondo "theos" rivolto al Padre (Dio di ogni consolazione), non ha l'articolo, perchè? Deve averla se è una regola neotestamentaria che theos al nominativo rivolto al Padre ha l'articolo. Inoltre ti vorrei far notare e gradirei che tu l'ammettessi, tu hai esordito dicendo che non c'erano casi in cui theos al nominativo rivolto al Padre, fosse privo di articolo, ma quando io ti ho fatto notare che così non era ecco che saltano fuori 11 casi (Mario ha detto che ce ne sono di più). Ammetti quindi di esserti sbagliato?




Premetto che in greco l'ordine delle parole non è così importante come nelle lingue moderne, per cui non è "strano" cercare il soggetto più o meno distante, lo fanno tutti i traduttori.



Hai mai studiato i capitoli di sintassi del periodo, proposizione principale e secondaria, ecc..? Guarda che l'ordine delle parole è importante in quanto se tu andassi a leggere testi filosofici con proposizioni lunghissime, non ci capiresti niente.



In questo caso il soggetto della frase può essere sia Gesù che "ho theos". Ora, di fronte alla forza semantica di "ho theos" la posizione passa in secondo piano.



Ma chi l'ha detto? Il tutto si riduce alla traduzione di "en" che voi rendete con "per mezzo di Suo Figlio", le traduzioni "trinitarie" "nel Suo Figlio Gesù Cristo". Si tratta di vedere quale traduzione si avvicina di più ad "en" che è senz'altro "nel, dentro". Vorrei ricordarti che "en" nel greco corrisponde esattamente al nostro "in" italiano.



Dovendo scegliere se riferire la frase "il vero Dio" a "ho theos" oppure a "Gesù" è ovvio che qualunque lettore non aveva Dubbi.



Che di "ho theos" era conosciuto solo il Padre è qualcosa che ripetete all'inverosimile, ma così non è, i passi li ho già citati. Secondo: di Gesù solo è detto che Egli è "la vita eterna", quindi ammettendo per ipoetsi ho theos solo il Padre, rimane che la seconda opzione è rivolta solo a Gesù.



Se davvero Giovanni avesse voluto identificare Gesù con "il vero Dio" non lo avrebbe usato in un contesto così ambiguo, dove ovviamente il lettore sceglieva la spiegazione per lui più ovvia, cioè che il solo vero Dio era riferito ad "ho theos".



Ribalto: se è vero che solo il Padre è "vero Dio", Giovanni non avrebbe usato un passo ambiguo nel quale il lettore può anche capire Gesù.


E questo vale con tutti i passi, in tutti i passi disputati "ho theos" potrebbe essere anche riferito a Geova. Nel dubbio cosa avrebbe scelto chi era abituato ad identificare immediatamente "ho theos" con Geova?



Quello che la stragrande maggioranza dei cristiani ha scelto...




Il significato di "en" come "dentro" non è certo il più immediato o il più diffuso



Cosaaaaaaaaa?



Nel BDAG ci sono otto colonne di possibili significati ed usi e solo meno di mezza è riservata a "en" come "dentro", di solito anche in senso locale indica presso, vicino, nel campo di azione di, tra, in mezzo.



Grazie tante, en si presta a diverse traduzioni a secondo del costrutto della frase, basti pensare all'accoppiamento en più dativo...Bisogna valutare di che dativo si tratta ecc.., ma il termine in sè e per sè indica prima di tutto "in, dentro). Vai a leggerti il Montanari che è il lessico italiano di greco tra i più completi in Italia.

Per il resto lascio rispondere a Mario.

[SM=g27988]
-Gaetano-
00sabato 1 settembre 2007 16:55
 
Ragazi incomincio col salutarvi in praticolar modo Mario, Andreju(andrea poco tempo fa di spedii un e-mail ma dato che non ti è arrivata forse non ti è arrivata, per caso nel tuo indirizzo e-mail vi è l'espressione andreaesara?) e Barnabino.

Ad ogni modo vi espongo la mia opinione su Giovanni 20,28

GIOVANNI 20,28

Questa è senza dubbio una delle testimonianze più eclatanti della piena divinità di Cristo. Tommaso senza mezzi termini appena vide Gesù e si rese conto chi era veramente, esclamò: "Signor mio e Dio mio!"

Il passo tradotto letteralmente dal greco dice: "il Signore di me e il Dio di me!" (Ho kurios mou kai ho theos mou). Nel versetto come possiamo vedere, il termine "Dio", è preceduto dall’articolo determinativo. Ciò vuol dire, tendendo conto delle affermazioni di Barclay e Harner sui predicati nominali evidenziati durante l’esposizione del commento a Giovanni 1,1; una sola cosa: Gesù viene definito "vero Dio".

L’apostolo Tommaso nella sua schiettezza e semplicità credeva semplicemente in quello che vedeva. Il Figlio con la sua risurrezione aveva dimostrato di essere Dio(Figlio) colui in cui abitava la pienezza della "deità", (Colossesi 2,9).

GIOVANNI 20,28; e GIOVANNI 17,3.

Nel passo terzo del capitolo diciassette di Giovanni è scritto:

"Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo".

Il Signore Gesù, durante la sua preghiera sacerdotale, invocò il Padre celeste definendolo il solo "vero Dio", però esaminando (Giovanni 20,28); abbiamo visto come lo stesso Figlio di Dio è definito tale. Vi è contraddizione fra le due espressioni del vangelo di Giovanni? Come conciliare l’affermazione del Cristo con quella di Tommaso?

Effettivamente in apparenza sembra vi sia contrasto, ma vedremo poi che non è così.
Per chiarire la questione è importante prendere in esame e come esempio il passo di 1Corinzi, capitolo otto, dal verso quarto al sesto: "Quanto dunque al mangiar carni sacrificate agli idoli, sappiamo che l'idolo non è nulla nel mondo, e che non c'è che un Dio solo. Poiché, sebbene vi siano cosiddetti dèi, sia in cielo sia in terra, come infatti ci sono molti dèi e signori, tuttavia per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi viviamo per lui, e un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale anche noi siamo".

San Paolo in questo scritto fa un raffronto-contrasto fra i numerosi dei e signori in cui confidavano i pagani, con l’unico Dio e Padre e il solo Signore Gesù Cristo in cui credevano i cristiani. Adesso il punto in questione su cui bisogna riflettere è questo. Il fatto che Paolo nella sua lettera ai credenti di Corinto definisce Gesù come "solo Signore" dei cristiani, esclude per caso il Padre da tale giusto privilegio? In sostanza l’apostolo dei gentili voleva dirci che i discepoli del Cristo non riconoscevano o non dovevano riconoscere il Padre come loro Signore? Non credo. Anzi vi sono numerosi prove del contrario. Per esempio in (Atti 4,24-31); la Chiesa primitiva nel rivolgersi a Dio per mezzo del Cristo, si rivolgono a lui nominandolo con l’appellativo di Signore (Despota), senza considerare tutte le volte in cui nelle scritture ebraiche la Signoria del Creatore viene riconosciuta senza problemi dal suo popolo.

Allora perché Saulo di Tarso nell’epistola ai corinzi definisce Gesù come "solo Signore"? Il contesto immediato ci aiuta grandemente a risolvere l’enigma. Il Figlio di Dio è il solo Signore non in contrapposizione al Padre suo, bensì ai falsi signori definiti tali dal paganesimo, (1Corinzi 4,4-5).

Un altro esempio atto a chiarire la questione lo possiamo trovare nella parola "Salvatore". In (Isaia 43,11); troviamo scritto:

"Io, sono io Yahvé, e non ci sono salvatori all'infuori di me". (BJ)

Yahvé è il solo Salvatore per Isaia. Non mi sembra vi siano dubbi a riguardo. L’affermazione del profeta è chiara. Eppure (Matteo 1,21; e Luca 2,11); definiscono anche il Cristo come Salvatore, come mai? Ebbene, seguendo il ragionamento precedente sulla Signoria di Cristo e Dio, il gerosolimitano considera il Padre come solo Salvatore, non in opposizione a Gesù, ma agli idoli di pietra, muti e senza vita. Certo, il Figlio di Dio nelle scritture, e precisamente in Giuda 25 viene visto come il mezzo mediante il quale il Padre salva, ma ciò non toglie che gli scrittori neotestamentari riconoscono in ogni modo il Verbo incarnato come loro Salvatore, (Tito 2,13; 2Pietro 1,1; Ebrei 9,28).

Concludendo, se poi noi confrontiamo, (Zaccaria 14,9; con Apocalisse 19,16); comprendiamo che il Padre è il solo Re in contrapposizione con le false divinità e non certamente in opposizione al Figlio.

Identico discorso deve essere quindi fatto per (Giovanni 17,3). Il Padre è definito il solo vero Dio non in contrapposizione a Gesù Cristo, essendo, come abbiamo visto prima, pure questi "vero Dio", (Giovanni 20,28; e Colossesi 2,9); ma sempre in contrasto con le false divinità.

GIOVANNI 20,28; E MOULE

Un altra teoria tendente a voler indebolire l'efficacia probante del passo giovanneo è quella formulata dal grecista Moule esposta nella sua opera:

"An Idiom Book of New Testament Greek, Cambridge University Press, Cambridge 1975". Secondo tale studioso il passo in questione forse non è stato utilizzato per sostenere la piena deità di Cristo e sarebbe proprio l'elemento grammaticale a suscitare tale dubbio. In sostanza Giovanni dato che era obbligato da motivi grammaticali ad inserire l'articolo, infatti la frase ha il pronome possessivo e quindi "theos" essendo vocativo nominale definito richiede l'articolo, può darsi che ha scritto il passo evangelico in quel modo unicamente perché costretto dalla grammatica e non per comunicare verità teologiche. In pratica tutto ciò secondo il Moule susciterebbe delle perplessità, ossia se considerarlo o no rilevante dal punto di vista teologico.

RISPOSTA

Quì non si vuole certamente impugnare le conclusioni grammaticali raggiunte da Moule a riguardo (Giovanni 20,28). L'apostolo è stato certamente obbligato dalla grammatica ad agire in quel modo, ma proviamo ad esaminare la questione a trecentosessanta gradi in modo da vederla da tutti i punti di vista. Innanzitutto, ammettendo per ipotesi assurda che solo il Padre dovrebbe essere "ho theos", perché Giovanni avrebbe utilizzato una struttura grammaticale che lo avrebbe costretto a definire Gesù Cristo "il Dio" pur sapendo che solo al Padre celeste era attribuibile tale affermazione? Per crearsi delle difficoltà? Per suscitare ai lettori dubbi e incertezze come quelle evidenziate da Moule? L'apostolo se voleva, invece del vocativo nominale "theos" poteva benissimo utilizzare un normale vocativo come "theon", il quale non lo avrebbe obbligato a inserire l'articolo e che lui oltretutto dimostra di conoscere molto bene, infatti sempre nello stesso capitolo, questa volta però al passo diciassette troviamo scritto nel testo greco, (riporto solo la parte essenziale al discorso):

"Anabainô pros ton patera mou kai patera humôn kai 'theon mou' kai theon humôn". Come si può notare in questo caso non vi è l'articolo, contrariamente al verso ventotto dove vi è appunto "theos": "Ho kurios mou kai 'ho theos mou'".

Tutto questo ci porta a comprendere come Giovanni non ha avuto nessun problema a redigere la frase del verso ventotto così come l'ha scritta anche se essa l'obbligava a definire Gesù: "ho Theos", segno evidente che per l'apostolo non vi era alcuna difficoltà ad etichettare il Figlio di Dio in quel modo, in caso contrario è ovvio che avrebbe utilizzato regole grammaticali differenti che gli permettevano di non inserire per forza l'articolo davanti al "Dio" attribuito al redentore.

La parola di Dio nei suoi fondamenti dottrinali è sempre chiara e lineare. Nel ventottesimo verso del quarto vangelo, il Figlio di Dio viene definito da Tommaso, "il Dio", ossia "vero Dio", e se in tal caso notiamo una regola della Koiné la quale ha obbligato Giovanni ha scrivere quello che ha scritto, ciò vuol dire semplicemente che Iddio ha messo nel cuore dell'apostolo ha utilizzare tale struttura del greco antico affinché fosse spinto a proclamare una sacrosanta verità: "Gesù Cristo è Dio come il Padre suo".

Rispondendo quindi alle perplessità del Moule possiamo dire:

"E' vero che l'apostolo era costretto dal "vocativo nominale definito: theos" a inserire l'articolo, ma è altrettanto vero che Giovanni non era certamente obbligato a utilizzare nel passo giovanneo quel tipo di "vocativo". Quindi la libertà dell'evangelista d'inserire o meno l'articolo nel verso in questione rimane e con essa l'importanza teologica dello stesso.
-Gaetano-
00sabato 1 settembre 2007 16:59
Scusate ragazzi ma ho fatto un po di confusione quando vi ho scritto salutandovi. Riporto la frase in modo corretto.

Ragazzi incomincio col salutarvi in praticolar modo Mario, Andreju(andrea poco tempo fa di spedii un e-mail ma dato che non mi hai risposto forse non ti è arrivata, per caso nel tuo indirizzo e-mail vi è l'espressione andreaesara?) e Barnabino.

Ciao
andreiu2
00sabato 1 settembre 2007 17:11
Re:
-Gaetano-, 01/09/2007 16.55:

 
Ragazi incomincio col salutarvi in praticolar modo Mario, Andreju(andrea poco tempo fa di spedii un e-mail ma dato che non ti è arrivata forse non ti è arrivata, per caso nel tuo indirizzo e-mail vi è l'espressione andreaesara?) e Barnabino.

Ad ogni modo vi espongo la mia opinione su Giovanni 20,28

GIOVANNI 20,28

Questa è senza dubbio una delle testimonianze più eclatanti della piena divinità di Cristo. Tommaso senza mezzi termini appena vide Gesù e si rese conto chi era veramente, esclamò: "Signor mio e Dio mio!"

Il passo tradotto letteralmente dal greco dice: "il Signore di me e il Dio di me!" (Ho kurios mou kai ho theos mou). Nel versetto come possiamo vedere, il termine "Dio", è preceduto dall’articolo determinativo. Ciò vuol dire, tendendo conto delle affermazioni di Barclay e Harner sui predicati nominali evidenziati durante l’esposizione del commento a Giovanni 1,1; una sola cosa: Gesù viene definito "vero Dio".

L’apostolo Tommaso nella sua schiettezza e semplicità credeva semplicemente in quello che vedeva. Il Figlio con la sua risurrezione aveva dimostrato di essere Dio(Figlio) colui in cui abitava la pienezza della "deità", (Colossesi 2,9).

GIOVANNI 20,28; e GIOVANNI 17,3.

Nel passo terzo del capitolo diciassette di Giovanni è scritto:

"Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo".

Il Signore Gesù, durante la sua preghiera sacerdotale, invocò il Padre celeste definendolo il solo "vero Dio", però esaminando (Giovanni 20,28); abbiamo visto come lo stesso Figlio di Dio è definito tale. Vi è contraddizione fra le due espressioni del vangelo di Giovanni? Come conciliare l’affermazione del Cristo con quella di Tommaso?

Effettivamente in apparenza sembra vi sia contrasto, ma vedremo poi che non è così.
Per chiarire la questione è importante prendere in esame e come esempio il passo di 1Corinzi, capitolo otto, dal verso quarto al sesto: "Quanto dunque al mangiar carni sacrificate agli idoli, sappiamo che l'idolo non è nulla nel mondo, e che non c'è che un Dio solo. Poiché, sebbene vi siano cosiddetti dèi, sia in cielo sia in terra, come infatti ci sono molti dèi e signori, tuttavia per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi viviamo per lui, e un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale anche noi siamo".

San Paolo in questo scritto fa un raffronto-contrasto fra i numerosi dei e signori in cui confidavano i pagani, con l’unico Dio e Padre e il solo Signore Gesù Cristo in cui credevano i cristiani. Adesso il punto in questione su cui bisogna riflettere è questo. Il fatto che Paolo nella sua lettera ai credenti di Corinto definisce Gesù come "solo Signore" dei cristiani, esclude per caso il Padre da tale giusto privilegio? In sostanza l’apostolo dei gentili voleva dirci che i discepoli del Cristo non riconoscevano o non dovevano riconoscere il Padre come loro Signore? Non credo. Anzi vi sono numerosi prove del contrario. Per esempio in (Atti 4,24-31); la Chiesa primitiva nel rivolgersi a Dio per mezzo del Cristo, si rivolgono a lui nominandolo con l’appellativo di Signore (Despota), senza considerare tutte le volte in cui nelle scritture ebraiche la Signoria del Creatore viene riconosciuta senza problemi dal suo popolo.

Allora perché Saulo di Tarso nell’epistola ai corinzi definisce Gesù come "solo Signore"? Il contesto immediato ci aiuta grandemente a risolvere l’enigma. Il Figlio di Dio è il solo Signore non in contrapposizione al Padre suo, bensì ai falsi signori definiti tali dal paganesimo, (1Corinzi 4,4-5).

Un altro esempio atto a chiarire la questione lo possiamo trovare nella parola "Salvatore". In (Isaia 43,11); troviamo scritto:

"Io, sono io Yahvé, e non ci sono salvatori all'infuori di me". (BJ)

Yahvé è il solo Salvatore per Isaia. Non mi sembra vi siano dubbi a riguardo. L’affermazione del profeta è chiara. Eppure (Matteo 1,21; e Luca 2,11); definiscono anche il Cristo come Salvatore, come mai? Ebbene, seguendo il ragionamento precedente sulla Signoria di Cristo e Dio, il gerosolimitano considera il Padre come solo Salvatore, non in opposizione a Gesù, ma agli idoli di pietra, muti e senza vita. Certo, il Figlio di Dio nelle scritture, e precisamente in Giuda 25 viene visto come il mezzo mediante il quale il Padre salva, ma ciò non toglie che gli scrittori neotestamentari riconoscono in ogni modo il Verbo incarnato come loro Salvatore, (Tito 2,13; 2Pietro 1,1; Ebrei 9,28).

Concludendo, se poi noi confrontiamo, (Zaccaria 14,9; con Apocalisse 19,16); comprendiamo che il Padre è il solo Re in contrapposizione con le false divinità e non certamente in opposizione al Figlio.

Identico discorso deve essere quindi fatto per (Giovanni 17,3). Il Padre è definito il solo vero Dio non in contrapposizione a Gesù Cristo, essendo, come abbiamo visto prima, pure questi "vero Dio", (Giovanni 20,28; e Colossesi 2,9); ma sempre in contrasto con le false divinità.

GIOVANNI 20,28; E MOULE

Un altra teoria tendente a voler indebolire l'efficacia probante del passo giovanneo è quella formulata dal grecista Moule esposta nella sua opera:

"An Idiom Book of New Testament Greek, Cambridge University Press, Cambridge 1975". Secondo tale studioso il passo in questione forse non è stato utilizzato per sostenere la piena deità di Cristo e sarebbe proprio l'elemento grammaticale a suscitare tale dubbio. In sostanza Giovanni dato che era obbligato da motivi grammaticali ad inserire l'articolo, infatti la frase ha il pronome possessivo e quindi "theos" essendo vocativo nominale definito richiede l'articolo, può darsi che ha scritto il passo evangelico in quel modo unicamente perché costretto dalla grammatica e non per comunicare verità teologiche. In pratica tutto ciò secondo il Moule susciterebbe delle perplessità, ossia se considerarlo o no rilevante dal punto di vista teologico.

RISPOSTA

Quì non si vuole certamente impugnare le conclusioni grammaticali raggiunte da Moule a riguardo (Giovanni 20,28). L'apostolo è stato certamente obbligato dalla grammatica ad agire in quel modo, ma proviamo ad esaminare la questione a trecentosessanta gradi in modo da vederla da tutti i punti di vista. Innanzitutto, ammettendo per ipotesi assurda che solo il Padre dovrebbe essere "ho theos", perché Giovanni avrebbe utilizzato una struttura grammaticale che lo avrebbe costretto a definire Gesù Cristo "il Dio" pur sapendo che solo al Padre celeste era attribuibile tale affermazione? Per crearsi delle difficoltà? Per suscitare ai lettori dubbi e incertezze come quelle evidenziate da Moule? L'apostolo se voleva, invece del vocativo nominale "theos" poteva benissimo utilizzare un normale vocativo come "theon", il quale non lo avrebbe obbligato a inserire l'articolo e che lui oltretutto dimostra di conoscere molto bene, infatti sempre nello stesso capitolo, questa volta però al passo diciassette troviamo scritto nel testo greco, (riporto solo la parte essenziale al discorso):

"Anabainô pros ton patera mou kai patera humôn kai 'theon mou' kai theon humôn". Come si può notare in questo caso non vi è l'articolo, contrariamente al verso ventotto dove vi è appunto "theos": "Ho kurios mou kai 'ho theos mou'".

Tutto questo ci porta a comprendere come Giovanni non ha avuto nessun problema a redigere la frase del verso ventotto così come l'ha scritta anche se essa l'obbligava a definire Gesù: "ho Theos", segno evidente che per l'apostolo non vi era alcuna difficoltà ad etichettare il Figlio di Dio in quel modo, in caso contrario è ovvio che avrebbe utilizzato regole grammaticali differenti che gli permettevano di non inserire per forza l'articolo davanti al "Dio" attribuito al redentore.

La parola di Dio nei suoi fondamenti dottrinali è sempre chiara e lineare. Nel ventottesimo verso del quarto vangelo, il Figlio di Dio viene definito da Tommaso, "il Dio", ossia "vero Dio", e se in tal caso notiamo una regola della Koiné la quale ha obbligato Giovanni ha scrivere quello che ha scritto, ciò vuol dire semplicemente che Iddio ha messo nel cuore dell'apostolo ha utilizzare tale struttura del greco antico affinché fosse spinto a proclamare una sacrosanta verità: "Gesù Cristo è Dio come il Padre suo".

Rispondendo quindi alle perplessità del Moule possiamo dire:

"E' vero che l'apostolo era costretto dal "vocativo nominale definito: theos" a inserire l'articolo, ma è altrettanto vero che Giovanni non era certamente obbligato a utilizzare nel passo giovanneo quel tipo di "vocativo". Quindi la libertà dell'evangelista d'inserire o meno l'articolo nel verso in questione rimane e con essa l'importanza teologica dello stesso.



Perfettamente d'accordo: hai riassunto molto bene ciò che io e Mario abbiamo detto, con altre aggiunte interessanti.
[SM=g28002]



(Mario70)
00sabato 1 settembre 2007 19:25
Re: Re:
andreiu2, 01/09/2007 17.11:



Perfettamente d'accordo: hai riassunto molto bene ciò che io e Mario abbiamo detto, con altre aggiunte interessanti.
[SM=g28002]





Amen!
Ma tanto è inutile, quello che mi da piu fastidio è il voler aver ragione a tutti i costi, anche quando ci si contraddice o è eclatante che le teorie altrui sono piu che plausibili.
Ammettere questo significherebbe che la dottrina della trinità tanto cattiva e pagana non è, questo implicherebbe relativizzare la colpa di chi comincia a mettere in dubbio la creaturalità del Cristo, ma questo per loro è inammissibile (verrebbero disassociati in tronco!) Ecco perchè mi piacerebbe piu onestà, e l'ammissione che forse il non voler accettare tale dottrina deriva piu dalla paura che da altro... ma forse chiedo troppo!

Ciao Gaetano, la mia stima nei tuoi riguardi cresce sempre piu...


barnabino
00domenica 2 settembre 2007 14:21
Caro Geatano,


Nel versetto come possiamo vedere, il termine "Dio", è preceduto dall’articolo determinativo. Ciò vuol dire, tendendo conto delle affermazioni di Barclay e Harner sui predicati nominali evidenziati durante l’esposizione del commento a Giovanni 1,1; una sola cosa: Gesù viene definito "vero Dio"



Grazie per il tuo intervento, ma per il versetto, come abbiamo già commentato, sono possibili altre lettura, tutte assolutamente permesse:

1. Tommaso indirizzò quella frase non direttamente a Gesù, ma a "ho theos" (cioè Geova) che aveva risorto Gesù. Ti ricordo che qui la "mancanza di fede" di Tommaso non riguardava la "deità" di Gesù, ma il fatto che fosse davvero stato risorto dal Padre.

2. Giovanni qui usa un "nominativo per vocativo", cioè un semitismo, seguito da un possessivo. In questo caso non sappiamo se l'articolo abbia un valore semantico (cioè se volesse definire Gesù "ho theos") oppure se venisse usato solo per ragioni grammaticali, cioè per formare il vocativo, entrambe le possibilità sono aperte.

Una cosa è certa, nel NT il termine "ho theos" generalmente indica Geova (ci sono solo poche eccezioni dove l'assenza dell'articolo è giustificata da ragioni grammaticali) colui che Gesù chiama suo Padre. Ammettere che Gesù fosse identificato con "ho theos" significherebbe che Tommaso aveva identificato il Cristo con il Padre, cosa che non possiamo naturalmente rifiutare a priori, ma che risulterebbe assai improbabile per l'ambiete giudaico.


Innanzitutto, ammettendo per ipotesi assurda che solo il Padre dovrebbe essere "ho theos"?



A dire il vero quella era LA SOLA ipotesi possibile! Per gli ebrei (e dunque per Tommaso e Giovanni) il solo che era detto "ho theos" nella LXX era Geova, cioè colui che Gesù chiama il Padre. Semmai sarebbe stati "assurdo" affermare che altri esseri oltre a Geova potevano essere definiti "ho theos".

Attenzione a non cadere nel pregiudizio trinitario. Se era difficile nel IV secolo stabilire in che senso Gesù era "theos" figuriamoci nel I secolo!


perché Giovanni avrebbe utilizzato una struttura grammaticale che lo avrebbe costretto a definire Gesù Cristo "il Dio" pur sapendo che solo al Padre celeste era attribuibile tale affermazione



Semplicemente perchè per un lettore contemporaneo quella non era una struttura che definiva Gesù "ho theos". Chi leggeva quel passo sapeva benissimo che l'articolo era solo usato per formare il vocativo. D'altronde nel Salmo 45 risultarebbe che "ho theos" sia il re Davide, ma per un lettore ebreo era ovvio dal contesto che non si trattava di "ho theos". Anche in quel caso poteva essere usato un altro "vocativo", ma evidentemente non era un problema per i traduttori della LXX.

Lo stesso in questo caso, per il lettore era così forte la regola che "ho theos" indica solo Geova che non era possibile alcuna ambiguità, sarebbe stato ovvio che l'articolo non indicava una identità di persona ma che fosse solo un uso grammaticale. Spero che ti sia chiaro quanto voglio dire.

E' quanto ho già fatto notare a Mario. I rari passi in cui Gesù potrebbe essere detto "ho theos" non sono mai univochi, ma grammaticalmente è sempre possibile applicare questo termine anche a Geova, il Padre. La domanda è: per un lettore ed uno scrittore che erano abituati ad usare "ho theos" sempre per Geova, dovendo scegliere se attribuirlo a Gesù o a Geova cosa avrebbero scelto? Il contesto culturale, storico e linguistico ci obbliga a fare la stessa scelta, se non cadiamo nell'anacronismo, non leggiamo il passo come un discepolo del I secolo ma come un vescovo educato nella cultura classica del V secolo, magari introducendo persono concetti di "doppia natura" e così via.

Libero di farlo, ovviamente, ma non mi pare un metodi esegetico corretto. Io cerco, in tutta umiltà naturalmente, di capire il senso che il passo aveva per un ebreo del I secolo e la sua cultura.

Shalom

christofer2006
00domenica 2 settembre 2007 18:06

Ma tanto è inutile, quello che mi da piu fastidio è il voler aver ragione a tutti i costi, anche quando ci si contraddice o è eclatante che le teorie altrui sono piu che plausibili.


Se ti da fastidio, perchè allora insisti nel voler avere ragione a tutti i costi contro le evidenze che ti smentiscono?

Anzitutto qui si continua a fuorviare il discorso sulla questione dell'articolo. L'uso dell'articolo determinativo ho davanti a thèos in Giovanni 20:28, ha una motivazione diversa, rispetto a quella ontologica che furbescamente cercate di dimostrare. Vi abbiamo ripetutamente spiegato che nella fattispecie l'uso dell'articolo ho davanti a theos e kurios non ha rilevanza semantica essendo richiesto per ragioni grammaticali. Infatti la presenza dell'articolo è data dall'uso del pronome possessio mou, che in greco esige appunto l'articolo determinativo. Ma questa è una nozione grammaticale piuttosto elementare. Perciò questo vostro accanimento non vi fa fare una bella figura!

Circa l'uso di theos in riferimento al Cristo, l'abbiamo spiegato fino alla nausea. Infatti anzichè estrapolare e forzare in maniera univoca e anacronistica un determinato versetto, è doveroso intendere ogni espressione ala luce di tutta la dottrina giovannea che è intrisa di subordinazionismo. Pertanto una cristologia espressa in termini funzionali e di relazione personale piuttosto che nella categoria ontologica, è sicuramente quella più aderente alla prospettiva biblica!

Il contesto inoltre aiuta a fare una corretta luce sul senso dell'espressione tommasea. Ad es. leggiamo in Giovanni 14:8-11:

"Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9 Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? 10 Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. 11 Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse."

Come è quin ben spiegato, Gesù è venuto per mostrarci il Padre (GV 1:18). Ma Tommaso non vedeva il Padre in Cristo.

Ecco che invece con la risurrezione, dopo essersi accertato che fosse realmente il Cristo risorto, ora Tommaso vede in Cristo la manifestazione di quel Padre che prima non vededa e di cui chiedeva una manifestazione. Ma è chiaro che non vi è alcuna identificazione ontologica, semmai funzionale, perchè Cristo agiva con l'autorità stessa di Dio, facendo la Sua volonta!

Al riguardo è interessante il commento dei biblisti Mateos e Barreto, che possiamo leggere ne Il Vangelo di Giovanni. Analisi linguistica e commento esegetico, Cittadella editrice, p. 827:

"Il Padre, unico vero Dio (17,3), il Dio di Gesù (20,17), è in lui (14,10) ed è uno con lui (10,30). Gesù è in sua presenza (12,45; 14,9). Tommaso, nel suo contatto con Gesù, sperimenta ciò che egli aveva annunciato ai discepoli: quel giorno sperimenterete che io sono in mio Padre, voi in me e io in voi (14,20). Tommaso è giunto a scoprire l'identificazione di Gesù con il Padre (Dio mio) e l'identificazione con loro (Signore mio). In Gesù si realizza il contatto con il Padre (14,9: chi vede me presente, vede presente il Padre; cfr 1,51 Lett.)".

Credo che sia una citazione piuttosto eloquente!



(Mario70)
00domenica 2 settembre 2007 19:28
Re:
christofer2006, 02/09/2007 18.06:


Ma tanto è

Il contesto inoltre aiuta a fare una corretta luce sul senso dell'espressione tommasea. Ad es. leggiamo in Giovanni 14:8-11:

"Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9 Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? 10 Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. 11 Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse."




Citare questo contesto, addirittura con la giusta traduzione e non vederci nulla di piu di quello che hai scritto tu è incredibile!
Comincio sul serio a credere al plagio mentale...


christofer2006
00domenica 2 settembre 2007 19:50

Comincio sul serio a credere al plagio mentale...


Sai che comincio a crederlo anche io?

Se avessi usato la TNM avrei dimostrato il plagio mentale nell'usare solo quella traduzione

Ho usato la CEI e anche in questo caso avrei dimostrato il plagio mentale...

Tutto ciò mi ricorda un noto episodio evangelico:

(Matteo 11:16-19) 16 “A chi paragonerò questa generazione? È simile a fanciullini seduti nei luoghi di mercato che gridano ai loro compagni di gioco, 17 dicendo: ‘Vi abbiamo suonato il flauto, ma non avete ballato; abbiamo fatto lamenti, ma non vi siete percossi con dolore’. 18 Così, Giovanni è venuto senza mangiare né bere, e dicono: ‘Ha un demonio’; 19 il Figlio dell’uomo è venuto mangiando e bevendo, e dicono: ‘Ecco, un uomo che è un ghiottone e un bevitore di vino, amico di esattori di tasse e peccatori’. In ogni modo, che la sapienza sia giusta è provato dalle sue opere”.


Svegliati amico mio e inizia a ragionare con la tua testa e lascia da parte i prediugizi che ti hanno inculcato!
andreiu2
00lunedì 3 settembre 2007 14:12
Re:
christofer2006, 02/09/2007 18.06:


Anzitutto qui si continua a fuorviare il discorso sulla questione dell'articolo. L'uso dell'articolo determinativo ho davanti a thèos in Giovanni 20:28, ha una motivazione diversa, rispetto a quella ontologica che furbescamente cercate di dimostrare. Vi abbiamo ripetutamente spiegato che nella fattispecie l'uso dell'articolo ho davanti a theos e kurios non ha rilevanza semantica essendo richiesto per ragioni grammaticali. Infatti la presenza dell'articolo è data dall'uso del pronome possessio mou, che in greco esige appunto l'articolo determinativo. Ma questa è una nozione grammaticale piuttosto elementare. Perciò questo vostro accanimento non vi fa fare una bella figura!



Innanzitutto non è una nozione elementare. Fatto sta che nelle grammatiche compare l'uso del vocativo al posto del nominativo ma non la regola dell'obbligo dell'articolo. Questo compare, almeno dai libri che ho io, sul Blass-Debrunner che è ben lungi dall'essere una grammatica elementare. In secondo luogo, il vostro discorso si sofferma solo sull'articolo obbligato o meno, ignorando volutamente la forza dell'affermazione di Tommaso che ha almeno due peculiarità:
1) unisce "kurios" con "theos" due appellativi uniti che non si riscontrano MAI nei confronti di una creatura seppure autorevole. Infatti il dualismo "kurios-Theos" si rifà al dualismo veterotestamentario "Adonay- Elohim" > Signore Dio.
2) Il pronome possessivo che si trova nell'affermazione di Tommaso indica che per questo discepolo, Gesù era il SUO Signore ed il SUO Dio. Al di là di quelle che possono essere le disquisizioni gramamticali, questo è il senso dell'affermazione di Tommaso, nè più nè meno.



Circa l'uso di theos in riferimento al Cristo, l'abbiamo spiegato fino alla nausea. Infatti anzichè estrapolare e forzare in maniera univoca e anacronistica un determinato versetto, è doveroso intendere ogni espressione ala luce di tutta la dottrina giovannea che è intrisa di subordinazionismo.



Veramente il vangelo di Giovanni è intriso di affermazioni di Gesù le quali intendono un'uguaglianza con il Padre e nello stesso tempo sottomissione.


Pertanto una cristologia espressa in termini funzionali e di relazione personale piuttosto che nella categoria ontologica, è sicuramente quella più aderente alla prospettiva biblica!


Il contesto inoltre aiuta a fare una corretta luce sul senso dell'espressione tommasea. Ad es. leggiamo in Giovanni 14:8-11:

"Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9 Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? 10 Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. 11 Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse."

Come è quin ben spiegato, Gesù è venuto per mostrarci il Padre (GV 1:18). Ma Tommaso non vedeva il Padre in Cristo.

Ecco che invece con la risurrezione, dopo essersi accertato che fosse realmente il Cristo risorto, ora Tommaso vede in Cristo la manifestazione di quel Padre che prima non vededa e di cui chiedeva una manifestazione. Ma è chiaro che non vi è alcuna identificazione ontologica, semmai funzionale, perchè Cristo agiva con l'autorità stessa di Dio, facendo la Sua volonta!



Ancora non avete capito che nessuna CREATURA può rilevare appieno Dio se non Dio. Il fatto di dire per una creatura "Chi ha visto Me ha visto Dio, io e Dio siamo uno" (non dico Padre, in quanto è chiaro per voi che solo il Padre è Dio) è assolutamente assurdo. Il fatto di interpretare questa identificazione solo da un punto di vista funzionale è una vostra interpretazione che esula dalla richiesta iniziale "Facci vedere il Padre". Filippo intendeva ben di più...

[SM=g27985]





barnabino
00lunedì 3 settembre 2007 15:58
Caro Andrea,


Fatto sta che nelle grammatiche compare l'uso del vocativo al posto del nominativo ma non la regola dell'obbligo dell'articolo



A dire il vero non si tratta di una regola ma di un semitismo. Esite una forma senza articolo con w o senza w. Non è questo il caso di Giovanni 20:28 che è una forma articolare.

La forma articolare ha due diverse "nuaces", può indicare il vocativo indirizzato ad un inferiore oppure può semplicemente ricalcare la forma Semitica per il vocativo che usava l'articolo, senza riguardo per la posione inferiore o superiore a colui al quale veniva rivolto.

Ne caso di Giovanni 20:28 non possiamo allora sapere se l'articolo è usato con la sila funzione di costruire il vocativo o con la funzione di articolo determinativo ad indicare Gesù come la persona di "ho theos" ovvero Geova, colui che Gesù chiama il Padre.


Questo compare, almeno dai libri che ho io, sul Blass-Debrunner che è ben lungi dall'essere una grammatica elementare



Il Blass-Debrunner dice solo che nella LXX il nom per vocativo non conosce la limitazione dell'attico circa l'uso dell'articolo, dunque un semitismo, per cui nella LXX è possibile usare la forma con l'articolo rivolta a qualcuno superiore. Il Moule a quanto detto aggiunge che l'articolo è tanto più necessario in quanto è usato il possessivo. Il Blass-Debrunner non si occupa di questo aspetto, come di altri, ma questo non vedo come possa significare che il Moule si sbagli.

Circa la difficoltà ad attribuire un valore semantco all'articolo basta considerare il passo di Salmo 45:7 dove "ho theos" potrebbe essere un nom. per voc. e dove ovviamente "theos" (rivolto al figlio del re) non poteva essere inteso come "ho theos" (cioè identificato con Geova) ma semplicemente come "theos", ovvero come una generica attestazione rivolta ad un rappresentante divino, uso di cui abbiamo altre attestazioni nella LXX.


unisce "kurios" con "theos" due appellativi uniti che non si riscontrano MAI nei confronti di una creatura seppure autorevole



Che tale appellativo venne indirizzato davvero a Gesù e non al Padre (come potrebbe essere possibile) è non venne mai usato prima per nessun altro personaggio è abbastanza ovvio visto che Gesù è un essere unico, il Figlio di Dio, il Messia, il Salvatore, l'ultimo Adamo, il Logos preesistente, l'immagine perfetta del Padre. Giovanni non ci dice che Gesù è un "uomo comune" o un'altro profeta. E' qualcosa di più. Ovvio che lo definisca con termoni mai usati prima per una creatura di Dio, Gesù è un essere fuori dal comune per Giovanni, il figlio unigenti di Dio. Ma questo non lo rende necessariamente uguale o consustanziale a Dio, semplicemente ne evidenzia il ruolo unico: egli è Signore dell'umanità e "dio", cioè come dice il Kittel "il rappresentante" di Dio, il Re Messianico che Isaia chiama "dio potente".


Il pronome possessivo che si trova nell'affermazione di Tommaso indica che per questo discepolo, Gesù era il SUO Signore ed il SUO Dio



Che Tommaso riconoscesse personalmente l'autorità di Cristo quale Re Messianico risorto e la sua posizione di sommo rappresentante del Dio supremo non indica in nessun modo che lo mettesse sullo stesso piano del Dio Supremo, Geova, colui che Gesù stesso chiama "il Dio mio e il Dio vostro".

Shalom






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