Agape si o no?

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angelo7
00venerdì 10 dicembre 2004 20:44
conoscete Agape, agape dei Popol Vuh?
Libero Barbera
00venerdì 10 dicembre 2004 23:58
Cos'era più...?
Quand'ero boy scout, ricordo che si "faceva agape" ma non ricordo assolutamente di cosa si trattasse. A me piacevano molto i deserti. Andarsene da solo in mezzo alla natura a riflettere. Devo dire che dopo tanti giorni di stretta convivenza con un sacco di persone, mi faceva un gran bene; tornavo rasserenato. Ma l'agape...?
angelo7
00sabato 19 marzo 2005 21:58
love love
agape, agape
love love
angelo7
00lunedì 12 settembre 2005 20:11
Agape
al di là dei popol vuh... l'agape è certamente l'amore ctistiano e fare agape significa fraternizzare...
LaseRiprova
00venerdì 16 settembre 2005 14:33
Agape ha come significato certamente anche quello di amore, ma questo termine veniva usato nella chiesa primitiva ( e anche oggi alcuni lo usano ) per indicare il banchetto sacro che facevano assieme le comunità Cristiane come segno di amore fraterno.
Bicchiere mezzo pieno
00giovedì 13 ottobre 2005 22:48
A tutti i foristi del forum di AGAPE. Al mio amico Seabicuit, col quale a volte ho avuto punti di vista diversi, a Damaride la sorella spirituale che fin dall'inizio mi ha teso la mano per aiutarmi, nonostante non sapesse affatto chi fossi, a Parliamonepino, l'unicovero psicologo della congrega, a Flash che ogni tanto mette i suoi post per coadiuvare gli interventi degli altri, a Innuendo80 con cui ho avuto uno scambio di vedute a proposito del rischio di leggere pubblicazioni in modo fondamentalista, a Husband70 grande difensore delle minoranze religiose maltrattate, al mitico Chi.dove.quando sempre pronto a rimettere in discussione tutto e tutti (se' stesso incluso), a Ljuba Alicic, con la quale ho scambiato conversazioni simpatiche, a Sonny, l'uomo che si è risvegliato dal sonno e tenta di aiutare anche gli altri che lui pensa non si siano ancora risvegliati, a Romya, che non conosco bene, a Topsy, scusa se ho detto che gli atei sono falsi profeti, a Teo60, che spero resterà con noi, a Libero1978, che spero non farà piùsedute di spiritismo, a Barnabino, l'uomo che non si scompone mai, a Polymetis, il grecista-filosofo più agguerrito, e Teodoro Studita, grecista e moderatore, e naturalmente anche al nostro grande Amministratore Justee, senza il quale noi non potremmo esseretutti qua radunati.
Se mi sono dimenticato di qualcuno, chiedo venia!opljyy E' che non ricordo tutti.
Ecco per voi tutti, voglio inserire qui in questo thread una bellissima canzone che inneggia all'amore, quell'amore universale che abbatte ogni barriera e rende tutti gli esseri umani membri di un'unica famiglia mondiale! Questa canzone è anche rivolta alle persone bisognose di ogni tipo, le quali almeno per stasera, seppur dal testo di una canzone, potranno ricevere un po' di conforto. Tutti noi bisticciamo, facciamo pace, ci risentiamo ma allo stesso tempo siamo pronti a perdonare; questo perchè dietro al nick che portiamo c'è un essere umano dotato di sentimenti propri e preoccupazioni proprie, nonchè punti di forza e timori.
Immergiamoci perciò questa sera nel testo di questa canzone, che è stata partorita dalla geniale mente di uno dei cantautori italiani più sensibili del nostro paese: Marco Masini!
AVVERTENZA: per tutti i miei fratelli Tdg. Questa canzone parla del Natale, ma non come festività pagana, bensì come simbolo della pace e della fratellanza nel mondo. Non pensate al Natale quini ma al simbolo che in questa canzone esso rappresenta. Ok?


IL GIORNO DI NATALE

Anche se non mi conosci,
e la mia lingua non capisci,
oggi voglio scriverti perchè....

...questo vecchio mondo èguasto,
e anche se non ti ho mai visto,
io mi sento troppo uguale a te.
Anche se siamo monete di valore,
svalutate da una misera realtà;
siamo petali caduti in questa vita dallo stesso fiore...

...Se ogni tanto ti perdoni
e credi in altre religioni,
o non hai trovato ancora Dio;
eppure lo bestemmi a volte con ferocia
perchè hai perso la fiducia,
ma il tuo sangue brucia come il mio...

...anche se ti hanno convinto che l’amore
è la più bugiarda delle verità;
se sei ancora prigioniero di un errore
che ti ha fatto male...

...Buon Natale,
sconosciuto fratello lontano,
ti auguro Buon Natale,
dal mio piccolo cielo italiano.
Non odiare
chi ti vuole rubare il futuro;
rendi il bene per il male
e Buon Natale.

Anche se la guerra inonda
e tutto il mondo si circonda
di frontiere senza libertà...
...anche se ai poveri non restano che fame e trucchi,
avanzi dei paesi ricchi,
briciole di generosità,
un messaggio arriva ancora dalla gente,
che ogni giorno aiuta chi non ce la fa;
per la vita che rinasce in una stalla e un cuore universale
Buon Natale,
disarmato fratello lontano,
ti auguro Buon Natale,
nella luce di un campo di grano.
Non farlo, non buttare
questo sogno a portata di mano,
e anche se spegni o cambierai canale,
Buon Natale.

Anche senza un lavoro e senza dignità,
anche se sei imbottito d’infelicità,
se questa notte come per regalo
ti ritrovi solo
dentro a un letto di ospedale,
Buon Natale...

...Fratello non mollare mai,
ma rincorri anche tu quella stella;
la vita è una grande mamma che ti culla,
col suo alito immortale,
è un oceano d’amore...

Anche senza l’albero
e i pacchetti da scartare,
anche senza tutta
questa festa artificiale,
fosse come gli altri giorni
giorno più banale...
...Buon Natale!



Che ogni giorno della vostra vita possa essere come il giorno di Natale di questa canzone. Ricordatevi, anche se siamo tutti separati,al contempo siamo tutti uniti in un'unica famiglia umana.
Buona serata a tutti voi, miei fratelli umani! [SM=g27998]

Un abbraccio a ognuno di voi fdetr
ljuba alicic
00venerdì 14 ottobre 2005 09:08
Buongiorno carissimi....Ieri sera, mentre alle ore 24,30, colta da insolita insonnia, mi rileggevo i post di questo forum, pensavo...ma perchè non fare di questa sezione un'isola...felice?? Una piccola oasi, una minuscola parentesi, tra le discussioni teologiche, psicologiche, in cui postare che so, oltre magari le nostre presentazioni, anche un saluto speciale, una canzone che ci è piaciuta, un libro che ho letto...oppure magari così, un pensiero che ci è scivolato addosso e che magari vorremmo fermare,un incontro speciale, una giornata nera, una sorte di bloc-notes insomma....un diario dell'anima....E mentre leggevo i vari post, ho provato il desiderio...fortissimo di essere seduta non sola davanti al pc..ma su un divano, a chiacchierare con tutti voi, con una tazza di caffè,yhuj per dare un volto e un nome a coloro con i quali scambiamo idee, opinioni teorie e......discussioni...
E stamattina, ti vado ad aprire il mio giornale preferito (emm Agape ovviamente) e che ti vedo? Che Bikky mi ruba l'idea!! Ok, evidentemente non era solo una mia esigenza...[SM=g27985]
Si, sarebbe bello che questa sezione diventasse ....questo..(Credo che Rino intendesse anche questo nell'aprirla, vero?)
Colgo l'occasione per dirvi.....che ho letto un bellissimo libro, molto breve, intenso, discutibile, ma che non lascia indifferenti, si intitola Pellegrino d'amore, scritto da Par Lagerkvist...,premio Nobel nel 1951, uno dei grandi nomi della letteratura svedese. Ve ne riporto un pezzettino, proprio per "il gusto" di condividerlo con noi...
"Non doversi angosciare tanto e non essere così turbato e disperato perchè non si è giunti a nessuna certezza, perchè non si è sicuri di nulla, proprio di nulla...Accontentarsi dell'incertezza, essere soddisfatti e felici....dell'incertezza...e sceglierla. Scegliere l'incertezza e il dubbio. Scegliere se stessi, così come si è. Osare essere come si è, senza muoversi alcun rimprovero. E scegliere il mare, il mare incostante, sconfinato, sconosciuto, e un viaggio senza fine e senza una meta precisa, senza meta..."
E' bello questo libro....degno di essere letto...
Grazie Bikky per la canzone che ci hai dedicato...
Un abbraccio
Ljubaertreyt
benimussoo
00martedì 17 gennaio 2006 11:38
DAL GRECO ANTICO....

L'enciclica tratterà della distinzione tra £eros", concetto pagano dell'amore, e "agape", amore fondato nella fede, amore fondato nella fede.

Una distinzione che viene dal greco antico, dove esistono diversi termini per definire l'amore; philia (amore tra amici), eros(amore sessuale), Agape (amore incondizionato, spesso con implicazioni religiose; non a caso compare nei Vangeli)

Non so molto del mondo greco, ma per noi timidi... lascio la parola a un grande esperto, il nostro moderatore Teodoro.

Grazie ciao Dana [SM=x511460]
Polymetis
00martedì 17 gennaio 2006 16:26
Non sempre eros è l'amore banalmente carnale, basta leggere il Simposio di Platone.

Ad maiora
benimussoo
00martedì 17 gennaio 2006 17:04
Grazie Polymetis, per il tuo suggerimento...

Sarei lieta di leggerti ancora, ma tu cosa ne pensi? Visto e considerato che sei un esperto e grande studioso! Ciao Dana [SM=x511460]
Teodoro Studita
00martedì 17 gennaio 2006 18:07

Non sempre eros è l'amore banalmente carnale, basta leggere il Simposio di Platone.



Infatti.
Consiglio ai foristi un breve saggio, dal titolo "Eros tempo istante", che tra le altre cose parla di questo.
Metto il link del sbn

sbnonline.sbn.it

E comunque per la disamina dei vari sensi di "amore" nel greco, dovrebbe cominciare polymetis (che è il vero esperto), io posso al massimo parlare dell'evoluzione semantica dai LXX al NT.

[Modificato da Justee 17/01/2006 18.56]

Polymetis
00martedì 17 gennaio 2006 18:52
Che cos’è Eros per un greco?
Per rispondere avrei bisogno di scrivere un volume temo. Per un primo momento lascio la parola a Platone che, per bocca di Socrate, narra ai suoi amici di un suo incontro con Diotima, sacerdotessa di Mantinea, la quale lo istruì sulla vera natura di Eros (il brano è lungo ma oltre ad essere un capolavoro ne vale davvero la pena):

-----------
Dirò invece il discorso su Amore che ho ascoltato una volta da una donna di Mantinea, di nome Diotima, la quale era dotta su questa e molte altre questioni. Facendo fare dei sacrifici agli Ateniesi prima della peste, ritardò l’epidemia di dieci anni; e fu proprio lei che mi istruí nelle cose d’amore ... Mi proverò dunque a riportarvi cosí da me solo, per quanto mi riuscirà, il discorso che mi tenne lei, partendo dai punti sui quali già siamo d’accordo io e Agatone. Naturalmente, o Agatone, è bene discutere come tu hai spiegato, in primo luogo chi è Amore nella sua essenza e natura, e in seguito le sue opere. Ora mi par piú facile parlarne nell’ordine che tenne allora la straniera, interrogandomi. Perché anch’io le dicevo quasi le stesse cose che ora Agatone sosteneva con me, che cioè Amore è un gran dio e ama le cose belle. Lei allora mi provava, con gli stessi argomenti che ho tenuto ora contro di lui, che Amore, secondo il mio stesso discorso, non era bello né buono.
E io: “Che dici mai, o Diotima? Amore è forse brutto e cattivo?”.
E lei: “Non bestemmiare;” rispose “o credi forse che ciò che non sia bello debba essere brutto?”. “Sicuramente!”.
“E così ciò che non è sapiente, ignorante? Ma non t’accorgi che c’è qualcosa di mezzo fra sapienza e ignoranza?”.
“Che cosa?”.
“Giudicare con giustezza, anche senza essere in grado di darne ragione. Non sai che ciò appunto non è scienza – perché dove non si sa dar ragione come potrebbe esservi scienza? Né ignoranza – giacché ciò che coglie il vero come potrebbe essere ignoranza? Orbene qualcosa di simile è la giusta opinione, qualcosa di mezzo fra l’intendere e l’ignoranza”.
“È verissimo” le dissi.
“Non conseguirne, dunque, che una cosa non bella sia necessariamente brutta, né una cosa non buona, cattiva. Cosí anche Amore, poiché tu stesso concordi che non è buono né bello, non credere piú in alcun modo che debba essere cattivo e brutto, ma qualcosa di mezzo fra questi due estremi”.
“E però, risposi io, tutti pensano d’accordo che sia un grande dio”.
“Quali tutti? Quelli che non sanno o anche quelli che sanno?”.
“Tutti, tutti, dico”.
E lei ridendo: “E come possono mai sostenere concordi, o Socrate, che Amore sia un grande dio, coloro che affermano che egli non è neppure dio?”.
“E chi sono questi?” esclamai.
“Uno, rispose, sei proprio tu, un’altra, io”.
E io: “Come sarebbe a dire?”.
“È facile, rispose lei, perché rispondimi: non ritieni tutti gli dèi felici e belli? Oseresti dire che qualche dio non è bello e felice?”.
“Per Giove, no di certo” risposi. “E del resto non chiami felici coloro che possiedono bontà e bellezza?”.
“Sicuro!”.
“Ma Amore, l’hai ammesso, proprio perché è privo di bontà e bellezza, desidera questi beni che non ha”.
“Già, l’ho ammesso”.
“E come potrebbe essere dio quello a cui mancano bellezza e bontà?”.
“Temo che non potrebbe in alcun modo”.
“Vedi dunque che anche tu pensi che Amore non sia un dio?”.
“Ma cosa sarebbe allora, esclamai, questo Amore? un mortale?”.
“Niente affatto”.
“Ma allora cos’altro è?”.
“Come nel caso di prima, qualcosa di mezzo fra mortale e immortale.”
“Che è dunque, o Diotima?”.
“Un demone grande (per i greci il termine “daimon” non ha un’accezione negativa N.d.R.), o Socrate. E difatti ogni essere demonico sta in mezzo fra il dio e il mortale”.
“E qual è la sua funzione?” domandai.
“Di interpretare e di trasmettere agli dèi qualunque cosa degli uomini, e agli uomini qualunque cosa degli dèi; e di quelli cioè reca le preghiere e i sacrifici, di questi invece i voleri e i premi per i sacrifici. In mezzo fra i due, colma l’intervallo sicché il Tutto risulti connesso con se stesso. Attraverso di lui passa tutta l’arte divinatoria, e l’arte sacerdotale concernente i sacrifici, le iniziazioni e gli incantesimi e ogni specie di divinazione e di magia. Gli dèi non si mischiano con l’uomo, ma per mezzo di Amore è loro possibile ogni comunione e colloquio con gli uomini, in veglia o in sonno. E chi è dotto di queste arti, è un uomo demonico, ma chi è conoscitore di altre tecniche o mestieri non è che un generico. Ora, questi demoni sono molti e vari: uno di questi è anche Amore”.
“E suo padre e sua madre, domandai, chi sono?”.
“È cosa un po’ lunga da raccontare, rispose, ma a te la dirò.
Quando nacque Afrodite gli dèi tennero un banchetto, e fra gli altri anche Poros (Espediente) figlio di Metidea (Sagacia). Ora, quando ebbero finito, arrivò Penia (Povertà), siccome era stata gran festa, per mendicare qualcosa; e si teneva vicino alla porta. Poros intanto, ubriaco di nettare (il vino non esisteva ancora), inoltratosi nel giardino di Giove, schiantato dal bere si addormentò. Allora Penia, meditando se, contro le sue miserie, le riuscisse d’avere un figlio da Poros, gli si sdraiò accanto e rimase incinta di Amore. Proprio cosí Amore divenne compagno e seguace di Afrodite, perché fu concepito il giorno della sua nascita, ed ecco perché di natura è amante del bello, in quanto anche Afrodite è bella. Dunque, come figlio di Poros(Espediente) e di Penia(Povertà), ad Amore è capitato questo destino: innanzitutto è sempre povero, ed è molto lontano dall’essere delicato e bello, come pensano in molti, ma anzi è duro, squallido, scalzo, peregrino, uso a dormire nudo e frusto per terra, sulle soglie delle case e per le strade, le notti all’addiaccio; perché conforme alla natura della madre, ha sempre la miseria in casa. Ma da parte del padre Espediente è insidiatore dei belli e dei nobili, coraggioso, audace e risoluto, cacciatore tremendo, sempre a escogitar espedienti d’ogni tipo e curiosissimo di intendere, ricco di trappole, intento tutta la vita a filosofare, e terribile mago, preparatore di filtri e sofista. E sortì una natura né immortale né mortale, ma a volte, se gli va dritta, fiorisce e vive nello stesso giorno, a volte invece muore e poi risuscita, grazie alla natura del padre; ciò che acquista sempre gli scorre via dalle mani, cosí che Amore non è mai né povero né ricco. Anche fra sapienza e ignoranza si trova a mezza strada, e per questa ragione nessuno degli dèi è filosofo, o desidera diventare sapiente (perché lo è già) , né chi è già sapiente s’applica alla filosofia. D’altra parte, neppure gli ignoranti si danno a filosofare né aspirano a diventare saggi, perché proprio per questo l’ignoranza è terribile, che chi non è né nobile né saggio crede d’aver tutto a sufficienza; e naturalmente chi non avverte d’essere in difetto non aspira a ciò di cui non crede d’aver bisogno”.
“Chi sono allora, o Diotima” replicai “quelli che s’applicano alla filosofia, se escludi i sapienti e gli ignoranti?”.
“Ma lo vedrebbe anche un bambino, rispose, che sono quelli a mezza strada fra i due, e che Amore è uno di questi. Poiché appunto la sapienza lo è delle cose più belle ed Amore è amore del bello, ne consegue necessariamente che Amore è filosofo, e in quanto tale sta in mezzo fra il sapiente e l’ignorante. Anche di questo la causa è nella sua nascita: è di padre sapiente e ingegnoso, ma la madre è incolta e sprovveduta. E questa è proprio, o Socrate, la natura di quel demone. Quanto alla tua rappresentazione di Amore, non c’è da meravigliarsi; perché tu credevi, per quanto posso dedurre dalle tue parole, che Amore fosse l’amato, non l’amante; e per questo, penso, Amore ti appariva bellissimo. E in realtà ciò che ispira l’amore è bello, delicato, perfetto e beato; ma l’amante ha un’altra natura, come t’ho spiegato”.

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Commenti?
Polymetis
00mercoledì 18 gennaio 2006 20:59
Dall'"Enciclopedia di scienze antiche", Einaudi scuola, a cura di Franco Montanari:

Amore/Eros

Complessità del concetto
Posta sotto il controllo di divinità diverse e non di rado contraddittorie – da Afrodite ad Era, da Eros a Hímeros («Desiderio») e Póthos («Struggimento») – la realtà articolata dell’amore presso i Greci è stata oggetto, negli ultimi cinquant’anni, di ricerche ispirate innanzitutto alla psicoanalisi, alla sociologia, all’antropologia e al femminismo, che continuano a costituire uno dei più ricchi e controversi campi d’indagine dell’antichistica contemporanea.
Al di là dei molti dissensi e delle diverse prospettive che hanno animato gli studiosi, alcuni elementi possono essere considerati punti fermi:
1) la necessità di considerare l’amore, in tutti i suoi aspetti, quale àmbito in cui si gioca la definizione di un codice comportamentale che influenza la stessa divisione dei ruoli sessuali (maschio/femmina, eterosessuale/omosessuale) e la loro collocazione sociale e politica: in questo senso, l’amore appare più che mai – in Grecia come del resto altrove – quale prodotto di una costruzione storica e culturale;
2) la stretta connessione fra il tema dell’amore, in tutti i suoi aspetti, e la fondamentale caratterizzazione sessista e maschilista della società greca nell’assoluta maggioranza – se non nella totalità – delle sue manifestazioni storiche e geografiche (cfr. condizione femminile);
3) la grande cautela resa indispensabile dalla frammentarietà della documentazione in nostro possesso, non solo per la sostanziale esclusione, dalle nostre fonti, di voci femminili non mediate dal mondo maschile, ma anche per l’inevitabile differenza fra ‘teoria’ e ‘pratica’ dell’amore: cioè fra la sua codificazione in norme, paradigmi o storie esemplari, e la sua effettiva realtà quotidiana e privata, strutturalmente sottratta alla nostra conoscenza.

Evoluzioni dell’amore antico
È opinione assai diffusa che si possa operare una distinzione fra la concezione omerica dell’amore – per lo più intonata a una certa naturalezza, in buona parte spontanea e aproblematica – e la successiva concezione sviluppata dalla polis classica, e in particolare ad Atene, che vede un progressivo incremento dei meccanismi repressivi e normativi, volti a controllare e a disciplinare le manifestazioni dell’eros. Certo è che oggi nessuno può più sostenere l’idea che godette di una certa fortuna fra Otto e Novecento, e che opponeva in blocco l’amore pagano (libero, spontaneo e naturale) al moralismo e alla sessuofobia che avrebbe invece caratterizzato il cristianesimo.

Immagini e concezioni ricorrenti
Sin dalla grecità più arcaica, in ogni caso, la letteratura ha elaborato un sistema di metafore destinato a una lunghissima durata nell’immaginario occidentale: l’amore come ‘fuoco’, come ‘follia’, come ‘malattia’, come ‘rete’, ‘trappola’ o comunque dispositivo di ‘cattura’, e in generale come forma di sentimento dispotico, incontrollato e virtualmente pericoloso per il dominio di se stessi. È una concezione largamente diffusa presso i Greci, e poi presso i cristiani, quella che vede nella donna un soggetto particolarmente incline ai molteplici eccessi dell’amore (la sessualità incontrollata, la passionalità, il sentimentalismo); resterà per lo più limitata all’àmbito greco, invece, la sublimazione dell’amore omosessuale e in particolare pederotico – non a caso chiamato per antonomasia amor Graecus – spesso opposto per le sue caratteristiche di maggiore moralità e nobiltà all’amore eterosessuale: ricerche recenti, in ogni caso, dimostrano l’ampia diffusione in tutto il dominio indoeuropeo di pratiche pederotiche (relazioni omosessuali coinvolgenti giovani in età puberale o adolescenziale), caratterizzate da una forte valenza rituale e paideutica, né si può dimenticare, per converso, che sin dall’età classica i Greci espressero altresì atteggiamenti di forte condanna nei confronti dell’omosessualità: in particolare, benché appaia sconsigliabile ogni sorta di schematismo sociologico, è verosimile che l’omosessualità costituisse una pratica valorizzata (o uno status symbol) specialmente in seno all’aristocrazia, e diversamente giudicata – se non apertamente biasimata – in ceti più umili.
Gli aspetti che possono essere considerati più diffusi e costanti, nella concezione greca dell’amore, sono i seguenti:
1) una generale tendenza a considerare l’eros come una realtà ambivalente, positiva se posta sotto il controllo di precisi meccanismi rituali (a cominciare dal matrimonio), negativa se espressa in tutta la sua violenza; di qui il timore e il rispetto dovuti ad Afrodite – tà aphrodísia, «le cose di Afrodite», comprendevano ogni aspetto dell’amore – e la sua frequente connessione con l’apáte (l’«inganno») e la thélxis (l’«incantamento» o la «fascinazione»), ma anche con una forma di díke («giustizia») che, specialmente in àmbito aristocratico, codificò come regola la necessità di una corrispondenza paritaria e quasi fatale tra i sentimenti dell’amante e i sentimenti dell’amato: sicché sia tradimento che mancata corresponsione potevano apparire come autentiche colpe;
2) l’attribuzione a Eros (divinizzato) di un potere assoluto e incontenibile, che in ampia parte della produzione letteraria – specialmente lirica e tragica, dall’arcaismo sino alla grecità tarda – pare talvolta superiore allo stesso potere degli dèi: una concezione che sul piano teologico e cosmologico ispirò teorie che ne fecero il primo e il più originario fra le divinità (così, in parte, già Esiodo).

Il Simposio di Platone
Un’articolata riflessione filosofica sull’amore è offerta dal Simposio di Platone, che per molti aspetti, attraverso le voci dei diversi partecipanti al dialogo, si può considerare una summa delle concezioni via via elaborate dai Greci e consegnate alla riflessione teorica successiva: il giovane Fedro istruisce un’apologia dell’Amore come massimo dio, sprone alla virtù, alla lealtà, alla tenacia, e massima causa della felicità umana; Pausania, da parte sua, distingue fermamente l’Amore celeste, sublime e spirituale – rivolto piuttosto ai maschi che alle femmine, e piuttosto alle anime che ai corpi – dall’Amore terrestre, volgare e carnale; il medico Erissimaco traduce tale opposizione in termini di salute e di malattia, anticipando così la vasta riflessione che, specialmente in età imperiale, tenterà di elaborare un’autentica ‘teoria igienica’ dell’amore e dei suoi eccessi; il commediografo Aristofane, con il celebre mito degli androgini originari, successivamente divisi da Zeus in maniera tale che ciascuna delle due metà fosse destinata a una perpetua e inesausta ricerca dell’altra; l’elogio di Eros offerto dal tragediografo Agatone, invece, ne sottolinea l’ansia per la bellezza, l’indole giovanile e aggraziata, la spontanea inclinazione all’arte e alla poesia; da ultimo Socrate, riferendosi a un discorso udito dalla sacerdotessa Diotima, fa di Amore un figlio di Póros (l’«Espediente») e di Penìa (la «Povertà»), perpetuo alternarsi di vuoto e di pienezza, di insicurezza e di possesso, atto a stimolare l’individuo – per la sua essenziale natura di ‘demone’ intermediario – all’incessante ricerca della bellezza, della verità e del bene.

Conclusioni
È indispensabile osservare come la tradizione greca abbia elaborato prospettive eterogenee e complesse circa la natura dell’amore, che rendono impossibile – e spesso ideologicamente faziosa – l’elevazione a regola di una sola concezione: dall’esaltazione di un modello repressivo o contenitivo, al riconoscimento della natura liberatoria dell’eros; da una concezione spesso asettica e puramente utilitaristica del matrimonio, all’elaborazione di figure paradigmatiche di coniugi amorosi e devoti (Alcesti e Admeto, Òrfeo ed Euridice, ecc.); dall’elogio dell’amore omosessuale alla sua aspra condanna, con simmetrica e inversa valutazione dell’amore eterosessuale; dall’amore come vizio all’amore come virtù e fomento di virtù, con le rispettive sopravvalutazioni degli aspetti sessuali e/o spirituali dell’eros.

Federico Condello
Thommi
00mercoledì 18 gennaio 2006 23:20
In parole povere
L'Eros è la ricerca della profondità/complessità. L'amore vive nella povertà in quanto vive nella mancanza e muore nonappena soddisfatto.
Manca la macchina=amo la macchina
manca la ragazza=amo la ragazza (l'amore cortese si basa proprio su questo, si parla di donne come fossero Dei ma di sesso neanche l'ombra)
manca il cibo=amo il cibo
sono stressato=amo la tranquillità
mi credo ignorante=amo la sapienza

in quanto uomini completi le cose di noi che neghiamo col tempo diventano oggetti d'amore all'esterno, e tenderemo a tornare completi riavvicinandoci a quello che abbiamo negato; chi disprezza compra.

Le persone ambiziose(amore platonico trasfigurato) non a caso sono quelle che non sanno fare niente, una volta trovato il tuo posto l'ambizione cala.

Probabilmente non si è capito niente, ma che ci volete fare, nessuno nasce imparato.
Thommi
00giovedì 19 gennaio 2006 15:45
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Teodoro Studita
00domenica 22 gennaio 2006 22:19
Per chiudere il discorso su "eros" / "erws" / "eraw", c'è da dire che negli scritti biblici questi termini non ricorrono.

L'unica testimonianza relativamente vicina a questo contesto è Ignazio, dove troviamo il tema in Rm:2,1; 7,2; Pol: 4,3

II,1. Non voglio che voi siate accetti agli uomini, ma a Dio come siete accetti. Io non avrò più un'occasione come questa di raggiungere Dio, né voi, pur a tacere, avreste a sottoscrivere un'opera migliore. Se voi tacerete per me, io diventerò di Dio, se amate la mia carne di nuovo sarò a correre.

2. Anche se vicino a voi vi supplico non ubbiditemi. Obbedite a quanto vi scrivo. Vivendo vi scrivo che bramo di morire. La mia passione umana è stata crocifissa, e non è in me un fuoco materiale. Un'acqua viva mi parla dentro e mi dice: qui al Padre.

3. Non disprezzare gli schiavi e le schiave; ma essi non si gonfino, e si sottomettano di più per la gloria di Dio, perché ottengano da lui una libertà migliore. Non cerchino di farsi liberare dalla comunità per non essere schiavi del desiderio.


In tutti i casi si vedrà che "eraw/erws" è utilizzato per indicare un amore "passionale", parzialmente svuotato del suo senso di "amore carnale", ma con una connotazione decisamente negativa, come di qualcosa che "tiene in vincoli".
Nell'uso di questo termine in relazione alle umane passioni, sembra di scorgere anche qualche eco di stoicismo.

Se non ci sono ulteriori commenti passerei a Philia
barnabino
00martedì 24 gennaio 2006 00:17
Ciao Teodoro,


Per chiudere il discorso su "eros" / "erws" / "eraw", c'è da dire che negli scritti biblici questi termini non ricorrono.


Volevo solo ricordarti che la LXX usa il verbo eraw in Proverbi 4,6 ed in Ester 2,17.

Ciao
Teodoro Studita
00domenica 29 gennaio 2006 22:52
Grazie Barnabino, vediamo i testi

___________________________
Pr:4,5-7

5 Acquista la sapienza, acquista l'intelligenza;
non dimenticare le parole della mia bocca
e non allontanartene mai.
6 Non abbandonarla ed essa ti custodirà,
amala e veglierà su di te.
7 Principio della sapienza: acquista la sapienza;
a costo di tutto ciò che possiedi
acquista l'intelligenza.

Ester 2,17

Il re amò Ester più di tutte le altre donne ed essa trovò grazia e favore agli occhi di lui più di tutte le altre vergini. Egli le pose in testa la corona regale e la fece regina al posto di Vasti.
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Il campione non è certo significativo, ma sostanzialmente conferma il quadro che già avevamo delineato. Eraw indica anche qui un amore "passionale", soprattutto di un amore "che vincola", che stabilisce una relazione stretta o strettissima tra il soggetto amante e l'oggetto amato.
Gli esempi sono talmente pochi che non mi sembra opportuno spendere altre parole. Vorrei solo finire di leggere l'enciclica, che nella prima parte si occupa di questo, per inserire un commento finale su eraw e poi passare a philia.

benimussoo
00lunedì 13 febbraio 2006 11:14
Vi scriverò il capitolo per intero dell'Enciclica del Papa Benedetto XVI

"Eros" e "Agape" - differenza e unità

Par.3 pag.10
All'amore tra uomo e donna, che non nasce dal pensare e dal volere ma in certo qual modo s'impone all'essere umano, l'antica Grecia ha dato il nome di eros. Diciamo già in anticipo che l'Antico Testamento grco usa solo due volte la parola eros, mentre nel Nuovo Testamento non usa mai: delle tre parole greche relative all'amore - eros, philia (amore di amicizia) e agape - gli scritti neotestamentari privilegiano l'ultima, che nel linguaggio greco era piuttosto messa ai margini.

Quanto all'amore di amicizia (philia), esso viene ripreso e approfondito nel Vangelo di Giovanni per esprimere il rapporto tra Gesù e i suoi discepoli. La messa in disparte della parola eros, insieme alla nuova visione dell'amore che si esprime attraverso la parola agape, denota indubbiamente nella novità del cristianesimo qualcosa di essenziale, proprio a riguardo della comprensione dell'amore.

Nella critica al cristianesimo che si è sviluppata con crescente radicalità a partire dall'illuminismo, questa novità è stata valutata in modo negativo. Il Cristianesimo, secondo Friedrich Nietzsche, avrebbe dato da bere del veleno all'eros, che, pur non morendone, ne avrebbe tratto la spinta a degenerare in vizio.

Con ciò il filosofo tedesco esprimeva una percezione molto diffusa: La Chiesa con i suoi comandamenti e divieti non ci rende forse amara la cosa più bella della vita? Non innalza forse cartelli di divieto proprio là dove la gioia, predisposta per noi dal Creatore, ci offre una felicità che ci fa pregustare qualcosa del Divino?

FINE PRIMA PARTE seguè una seconda parte...se qualcuno desidera postare chiedo serietà nell'esposizione grazie! Benimussoo Dana
benimussoo
00mercoledì 15 febbraio 2006 10:23
Par.4 pag.12 dall'Enciclica del Papa Benedetto XVI

Ma è veramente così? Il Cristianesimo ha davvero distrutto l'eros? Guardiamo al mondo pre-cristiano. I greci - senz'altro in analogia con altre culture - hanno visto nell'eros innanzitutto l'ebbrezza, la sopraffazione della ragione da parte di una "pazzia divina" che strappa l'uomo alla limitatezza della sua esistenza e, in questo essere sconvolto da una potenza divina, gli fa sperimentare la più alta beatitudine.

Yutte le altre potenze tra il cielo e la terra appaiono, così, d'importanza secondaria: "Omnia vincit amor" afferma Virgilio nelle Bucoliche - l'amore vince tutto - e aggiunge: " et nos cedamus amori= - cediamo anche noi all'amore. Nelle religioni questo atteggiamento si è tradotto nei culti della fertilità, ai quali appartiene la prostituzione "scacra" che fioriva in molti templi. L'eros venne quindi celebrato come forza divina, come comunione col Divino.

A questa forma di religione, che contrasta come potentissima tentazione con la fede nell'unico Dio, l'Antico Testamento si è opposto con massima fermezza, combattendola come perversione della religiosità. Con ciò però non ha per nulla rifiutato l'eros come tale, ma ha dichiarato guerra al suo stravolgimento distruttore, poichè la falsa divinizzazione dell'eros, che qui avviene, lo priva della sua dignità, lo disumanizza. Infatti, nel tempio, le prostitute, che devono donare l'ebbreza del Divino, non vengono trattate come esseri umani e persone, ma servono soltanto come strumenti per suscitare la "pazzia divina" in realtà, esse non sono dee, ma persone umane di cui si abusa.

Per questo l'eros ebbro ed indisciplinato non è ascesa,"estasi" verso il Divino, ma caduta, degradazione dell'uomo. Così diventa evidente che l'eros ha bisogno di disciplina, di purificazione per donare all'uomo non il piacere di un istante, ma un certo pregustamento del vertice dell'esistenza, di quella beatitudine a cui tutto il nostro essere tende.


SEGUIRA LA TERZA PARTE...
benimussoo
00giovedì 16 febbraio 2006 10:14
Par.5 Pag. 13 dall'Enciclica Deus Caritas Est del Papa Benedetto XVI


Due cose emergono chiaramente da questo rapido sguardo alla concezione dell'eros nella storia e nel precedente. Innanzitutto che tra l'amore e il Divino esiste una qualche relazione: l'amore promette infinità, eternità - una realtà più grande e totalmente altra rispetto alla quotidianità del nostro esistere. Ma al contempo è apparso che la via per tale traguardo non sta semplicemente nel lasciarsi sopraffare dall'istinto.


Sono necessarie purificazioni e maturazioni, che possano anche attraverso la strada della rinuncia. Questo non è rifiuto all'eros, non è il suo "avvelenamento", ma la sua guarigione in vista della sua vera grandezza. Ciò dipende innanzitutto dalla costituzione dell'essere umano, che è composto di corpo e di anima. L'uomo diventa veramente se stesso, quando corpo e anima si ritrovano in intima unità; la sfida dell'eros può dirsi veramente superata, quando questa unificazione è riuscita.


Se l'uomo ambisce di essere solamente spirito e vuol rifiutare la carne come eredità soltanto animalesca, allora spirito e corpo perdono la loro dignità. E se, d'altra parte egli rinnega lo spirito e quindi considera la materia, il corpo, come realtà esclusiva, perde ugualmente la sua grandezza.

SEGUIRA LA QUINTA PARTE...
ShivaBhakta
00giovedì 16 febbraio 2006 19:54
Salve.Come ho già detto sul post sullo yoga,era da molto tempo che non venivo in questo forum.E devo aggiungere che non conosco tutti i post postati sin dalla fondazione del forum Agape.Avrei una curiosità:durante tutto questo tempo è mai avvenuto un dialogo interreligioso in questo forum?
Ciao a tutti.
sandraN
00giovedì 16 febbraio 2006 20:25
Certo che c'è dialogo interreligioso su questo forum.

Per quanto ho capito finora questo è lo scopo per il quale questo forum è venuto all'esistenza, anche se non sempre il dialogo è sereno quando facciamo prevalere con eccessiva foga le nostre ragioni a quelle degli altri.

E' chiaro che chiunque segua un credo possa ritenere che il proprio credo sia l'unico approvato da Dio ma io non credo che questo fatto debbe avere dei connotati negativi, l'importante che non si usino termini sprezzanti e offensivi verso l'altrui credo.

Se io, in perfettissima buona fede espongo i motivi che mi spingono a seguire il mio credo e altrettanto fa un postatore
di un credo diverso, (che sia similmente spinto da sincerità e buona fede), queste qualità emergono e facilitano il superamento dei pregiudizi.

Il vero dialogo aiuta la comprensione, permette di migliorare noi stessi, aggiunge conoscenza.

Su questo forum, se fai una panoramica dei vari argomenti e dei vari posts, potrai renderti conto che questo obbiettivo è stato non di rado raggiunto.

Sandra

ShivaBhakta
00venerdì 17 febbraio 2006 15:33
Cara Sandran,grazie per la tua eccellente risposta.
Saluti.
benimussoo
00sabato 18 febbraio 2006 09:52
Continuazione...l'Enciclica del Papa Benedetto XVI

L'epicureo Gassendi, scherzando, si rivolgeva a Cartesio col saluto: "O Anima!". E Cartesio replicava dicendo: "O Carne!". Ma non sono nè lo spirito nè il corpo da soli ad amare: è l'uomo, la persona, che ama come creatura unitaria, di cui fanno parte corpo e anima. Solo quando ambedue si fondono veramente in unità, l'uomo diventa pienamente se stesso. Solo in questo modo l'amore - l'eros - può maturare fino alla sua grandezza.


Oggi non di rado si rimprovera al cristianesimo del passato di essere stato avversario della corporietà; di fatto, tendenze in questo senso ci sono sempre state. Ma di modo di esaltare il corpo, a cui noi oggi assistiamo, è ingannevole. L'eros degradato a puro "sesso" diventa merce, una semplice "cosa" che si può comprare e vendere, anzi, l'uomo stesso diventa merce. In realtà questonon è proprio il grande sì dell'uomo al suo corpo.


Al contrario, egli ora considera il corpo e la sessualità come la parte soltanto materiale di sè da adoperare e sfruttare con calcolo. Una parte, peraltro, che egli non vede come ambito della sua libertà, bensì come qualcosa che, a modo suo, tenta di rendere insieme piacevole ed innocuo. In realtà, ci troviamo di fronte ad una degradazione del corpo umano, che non è più integrato nel tutto della libertà della nostra esistenza, non è più espressione viva della totalità del nostro essere, ma viene come respinto nel campo puramente biologico. L'apparente esaltazione del corpo può ben presto convertirsi in odio verso la corporietà.

La fede cristiana, al contrario, ha considerato l'uomo sempre come essereuni-duale, nel quale lo spirito e materia si compenetrano a vicenda sperimentando proprio così ambedue una nuova nobiltà. Sì l'eros vuole sollevarci "in estasi" verso il Divino, condurci al di là di noi stessi, ma proprio per questo richiede un cammino di ascesa, di rinunce, di purificazioni e di guarigioni.


CI SARA' UNA CONTINUAZIONE...
benimussoo
00lunedì 27 febbraio 2006 11:25
Dall'Enciclica del Papa Benedetto XVI

Parg. 6 pag. 16

Come dobbiamo configurarci concretamente questo cammino di ascesa e di purificazione? Come deve essere vissuto l'amore, perchè si realizzi pienamente la sua promessa umana e divina?

Una prima indicazione importante la possiamo trovare nel Cantico dei Cantici, uno dei libri dell'Antico Testamento ben noto ai mistici. Secondo l'interpretazione oggi prevalente, le poesie contenute in questo libro sono originariamente canti d'amore, forse previsti per una festa di nozze israelitica, nella quale dovevano esaltare l'amore coniugale.

In tal contesto è molto istruttivo il fatto che, nel corso del libro, si trovano due parole diverse per indicare l'"amore". Dapprima vi è la parola "dodim" - un plurale che esprime l'amore ancora insicuro, in una situazione di ricerca indeterminata. Questa parola viene poi sostituita dalla parola"ababà", che nella tradizione graca dell'Antico Testamento è resa col termine di simile suono "agape" che, come abbiamo visto, diventò l'espressione caratteristica per la concezione biblica dell'amore.

In opposizione all'amore indeterminato e ancora in ricerca, questo vocabolo esprime l'esperienza dell'amore che diventa ora veramente scoperta dall'altro, superando il carattere egoistico prima chiaramente dominante. Adesso l'amore diventa cura dell'altro e per l'altro. Non cerca più se stesso, l'immersione nell'ebbrezza della felicità; cerca invece il bene dell'amato; diventa rinuncia, è pronto al sacrificio, anzi lo cerca.

Fa parte degli sviluppi dell'amore verso livelli più alti, verso le sue intime purificazioni, che esso cerchi ora la definitività, e ciò in un duplice senso nel senso dell'esclusività - "solo quest'unica persona" - e nel senso del " per sempre". L'amore comprende la totalità dell'esistenza in ogni sua dimensione, anche in quella del tempo.

Non potrebbe essere diversamente, perchè la sua promessa mira al definitivo; l'amore mira all'eternità. Si, amore è "estasi", ma estasi non nel senso di un momento di ebbrezza, ma estasi come cammino, come esodo permanente dall'io chiuso in se stesso verso la liberazione nel dono di sè, e proprio così verso il ritrovamento di sè, anzi verso la scoperta di Dio:" Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà, chi invece la perde la salverà" ( Lc 17,33), dice Gesù - una sua affermazione che si ritrova nei Vangeli in diverse varianti (cfr Mt 10,39; 16, 25; Mc 8,35; Lc 9,24; Gv 12,25).

Gesù con ciò descrive il suo personale cammino, che attraverso la croce lo conduce alla resurrezione; il cammino del chicco di grano che cade nella terra e muore e così porta molto frutto. Partendo dal centro del suo sacrificio personale e dell'amore che in esso giunge al suo compimento, egli con queste parole descrive anche l'essenza dell'amore e dell'esistenza umana in genere.

CI SARA UNA CONTINUAZIONE...
benimussoo
00lunedì 27 febbraio 2006 11:48
Par. 7 pag. 18

Le nostre riflessioni, inizialmente piuttosto filosofiche, sull'esistenza dell'amore ci hanno ora condotto per interiore dinamica fino alla fede biblica. All'inizio si è posta la questione se i diversi, anzi opposti, significati della parola amore sottintendessero una qualche unità profonda o se invece dovessero restare slegati, l'uno accanto all'altro.

Sopratutto, pero è emersa la questione se il messaggio sull'amore, a noi annunciato dalla bibbia e dalla Tradizione della Chiesa, avesse qualcosa a che fare con la comune esperienza umana dell'amore o non si opponesse piuttosto ad essa.

A tal proposito, ci siamo imbatutti nelle due parole fondamentali ; eros come termine per significare l'amore "mondano" e agape come espressione per l'amore fondato sulla fede e da essa plasmato. Le due concezioni vengono spesso contrapposte come amore "ascendente" e amore "discendente".

Vi sono altre classificazioni affini, come per esempio la distinzione tra amore possessivo e amore oblativo (amor concupiscentiae - amor benevolentiae), alla quale a volte viene aggiunto anche l'amore che mira al proprio tornaconto.

Nel dibattito filosofico teologico queste distinzioni spesso sono state radicalizzate fino al punto di porle tra di loro in contrapposizione: tipicamente cristiano sarebbe l'amore discendente, oblativo, l'agape appunto, la cultura non cristiana, invece, sopratutto quella greca, sarebbe caratterizata dall'amore ascendente, bramoso e possessivo, cioè l'eros.

CI SARà UNA CONTINUAZIONE...
Justee
00mercoledì 8 marzo 2006 21:10
Ringrazio Sandra della risposta che ti ha dato come potrai vedere ci sono MOLTE discussioni con Religioni e credi diversi [SM=g28002]
)Mefisto(
00venerdì 3 novembre 2006 19:03
Agape Nel Nuovo Testamento, il termine "agape" (in greco, "amore") designa la natura di Dio quale si rivela pienamente nella vicenda di Gesù Cristo: Dio e amore (Giovanni 4:[SM=g27989]. Correlativamente indica il modo d'essere di coloro che aderendo a tale rivelazione sperimentano ed esprimono la novita dell'esistenza del credente.

Espressione dell'iniziativa gratuita di Dio, l'amore rappresenta il comandamento nuovo consegnato da Gesu ai suoi discepoli cosi che nell'amore di Dio e del prossimo trova sintesi e compimento l'intera Torah di Mose (Matteo 22:36-40).

Posta da san Paolo al vertice dei doni spirituali e di ogni espressione umana (1 Corinzi 13), l'agape e realizzazione dell'uomo nel dono di se e carattere permanente anche della vita futura.


Ma c'è veramente Amore fra i Foristi? So che sia Rino che i Moderatori ce la mettono tutta, per far prevalere l'Amore nel Forum; ma quanti entrano ed attaccano subito, con spada e scudo, perchè devono far "valere" per forza le LORO idee?

Amare, significa anche un sano scambio di idee, e NON voler imporre le Proprie idee con l'arroganza e la forza, sennò il termine Amore va tramutato in Odio ed Intransigenza!

Ho lasciato questo Forum un pò di tempo fa, ma al mio ritorno, invece di discussioni pacate ed allegre, ho trovato una lotta fra religioni, Amore è anche rispettare il prossimo non cercare di sopraffarlo.

Vediamo se anche questa mia, cadrà nel vuoto o se finalmente la parola "Amore" ritornerà a far da luce fra i Foristi!


)Mefisto(
Thommi
00venerdì 3 novembre 2006 19:14
E l'amore per l'accesa disputa dove lo metti? l'amore per le proprie idee e per la verità dove? non disse anche Gesù in Matteo 10:34 "Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a mettere pace, ma spada"?

Thommy
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