Una sintesi sul Filioque
Premetto che ciò che segue è una personale sintesi sulla questione del filioque, non ha alcuna pretesa di esaurire l'argomento, né di essere facilmente comprensibile al largo pubblico. Spero che comunque i foristi apprezzino lo sforzo
Una sintesi sul problema del Filioque
Per chi non lo sapesse, stiamo parlando della adozione, all’interno del “Credo” cattolico, della formula di processione dello Spirito “dal Padre E dal Figlio”, che compare nell’uso liturgico in occidente a partire dal 1014, contro la formula tradizionale secondo la quale lo Spirito procede “dal Padre”.
Al contrario di quanto si possa pensare, non è una questione oziosa e di carattere terminologico, ma di portata teologica notevolissima.
Sicuramente occorre operare un distinguo tra la questione terminologica relativa alla processione e quella teologica relativa allo Spirito.
Sulla prima cominciamo con il ricordare che il Credo formulato nel Concilio di Costantinopoli del 381, recitato tuttora dalla Chiesa Ortodossa e modificato con il filioque da quella cattolica, deve la sua formulazione riguardo allo Spirito a Gv:15,26
Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza;
San Gregorio il Teologo fu il primo a distinguere nettamente i verbi “exporeuomai” e “proienai” riferiti allo spirito. In italiano esiste una serie difficoltà nel rendere questi due termini, che potremmo definire così
Ekporeuomai = procedere per filiazione
Proienai = procedere non per filiazione
Secondo Gregorio la prima lo Spirito l’ha in comune anche con il Figlio (cfr.Discorso /39,12/ Sources Chrétienne/ 358,175), mentre la seconda no.
La confusion si fa totale con la traduzione di ekporeusis=processio nella Vulgata, ponendo le basi per un serio equivoco.
L’ekporeusis orientale si va configurando come relazione d’origine in rapporto esclusivo con il Padre, mentre la processio occidentale come la comunicazione della divinità tra Padre e Figlio e dal Padre per mezzo e con il Figlio allo Spirito.
Lo stesso Gregorio il Teologo, nella polemica macedoniana, risponde:”Che cosa manca dunque allo Spirito per essere il Figlio, poiché se non gli mancasse nulla Egli sarebbbe il Figlio?... non gli manca nulla, poiché nulla manca a Dio; ma è la differenza della manifestazione, se posso dire, o della relazione tra di loro che crea anche la differenza della loro appellazione” (cfr. Discorso /31,9/SC/250,290-292)
Agostino, forse anche in considerazione di Gal:4,6 in cui lo Spirito Santo è anche “Spirito del Figlio”, sostiene che Questi trae origine dal padre “principaliter” (De Trinitate/ XV,25,47, PL 42, 1094-1095).
Una formulazione simile la troviamo in S.Basilio che sostiene che lo Spirito si ricongiunge al Padre “per mezzo del Figlio” (cfr.Trattato sullo Spirito Santo, XVIII, 45 /SC/ 17bis, 40
. Massimo il Confessore gli fa il coro parlando dello Spirito “generato attraverso il Figlio” (cfr. Questiones ad Thalassium, LXIII /PG/ 90,672 C). Dottrina, questa, che verrà ripresa dal VII Concilio Ecumenico, che approverà la formula “procedente attraverso il Figlio”. Nel Concilio di Lione del 1274, la Chiesa Cattolica cercò di ricucire lo strappo con la Chiesa Ortodossa specificando che, pur avendo ormai adottato il filioque, la Causa dello Spirito rimaneva una, il Padre, eliminando ogni rischio di subordinazionismo.
La posizione attuale della Chiesa cerca di ridurre il fatto del Filioque ad un equivoco lessicale tra processio latina e proienai greco, che non essendo tra loro equivalenti, non possono entrambi ammettere il filioque.
Dal punto di vista filosofico e teologico le cose sono in realtà ancora più complesse, a causa del pensiero di Agostino. Questi infatti sostiene che :
1) Lo Spirito Santo può essere definito come “L’amore che vi è tra Padre e Figlio”
2) “In Dio tutto ciò che può essere compreso riguarda la sostanza”
La conseguenza di queste affermazioni è che, non potendo essere “l’Amore tra Padre e Figlio” definito come sostanza, si tratterebbe di un’attributo della sostanza, dunque una energia, che però secondo il secondo postulato sarebbe comunque messa sullo stesso piano della sostanza.
Il problema è che, secondo tutto il pensiero orientale (in primis dei Padri Cappadoci), la sostanza divina è inconoscibile ed incomunicabile, invece secondo Agostino le energie possono essere conosciute e comunicate. Mettendo tutto sullo stesso piano, il conflitto è inevitabile.
Ad aggiungere confusione nella confusione, il CCC (246), citando il Concilio di Firenze, sostiene che il Padre comunica tutto al Figlio, vero, se ivi non fosse compresa anche la processio dello Spirito. In questo caso, poiché lo stesso teorema vale anche per lo Spirito, che ha tutto ciò che c’è in comune tra Padre e Figlio, possiede in sé stesso la sua causa, il che è logicamente impossibile.
Come risolvere la questione?
Essendo ormai l’equivoco terminologico piuttosto radicato, ancorché riconosciuto da entrambe le parti, si dovrebbe scegliere quale senso dare alla “processione” del Credo. Nel caso di quella latina (processio), si potrebbe utilizzare la formula “procede dal Padre attraverso il Figlio”, già approvata da entrambe le Chiese e dunque possibile. Nel caso di quella greca (proienai) si dovrebbe tornare alla formula conciliare del 381 “procedente dal Padre”.
Per quello che riguarda l’interpretazione del pensiero di Agostino invece le cose sono più complesse, ma ritengo che già risolvere il problema del Credo potrebbe essere un enorme passo avanti.
Un saluto,