Avvenire: quanti equivoci culturali su Maria Maddalena

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Polymetis
00lunedì 5 giugno 2006 11:56
Sul penultimo numero della rivista femminile "Diva e donna" il dott. Nicolotti è stato intervistato per dare alle lettrici un parere sul caso Dan Brown. Ovviamente la fonte non è una rivista scientifica, qui la cito soltanto per la persona intervistata.
del sito www.christianismus.it. e www.renneslechateau.it/rennes.php?id=20&url=studi_penn...


[Modificato da mioooo 30/06/2006 11.06]

il.gabbiano
00lunedì 5 giugno 2006 14:01
Re:

Scritto da: Polymetis 05/06/2006 11.56
Sul penultimo numero della rivista femminile "Diva e donna" il dott. Nicolotti è stato intervistato per dare alle lettrici un parere sul caso Dan Brown. Ovviamente la fonte non è una rivista scientifica, qui la cito soltanto per la persona intervistata.

Per Dan Brown è la sposa di Cristo con il quale avrebbe generato una stirpe di "Sang-Réal": « Una tesi totalmente inventata»,sostiene Nicolotti. «Tutto nasce nella Parigi di fine 800», aggiunge Iannaccone
di Loredana Pennati


[Modificato da Polymetis 05/06/2006 11.57]





E' interessante come Nicolotti si dimena in questa intervista, facendo, fra l'altro, affiorare la pessima abitudine di madre CC di consentire l'uso e l'abuso di immagini, l'uso e l'abuso di luoghi di culto dedicati a santi i cui resti si dice siano stati custoditi, fra cui quelli della Maddalena; tutti argomenti scomodi oggi. Scomodi perchè?
Perchè viaggiano sulla stessa falsa riga del testo di Don Brown, nè più, nè meno: una invenzione.
Ovvio che al comune mortale possa apparire più verosimila l'invenzione del Brawn, piuttosto che quella di madre chiesa.

Secondo me Nicolotti parla per parlare, ma non dice una sola virgola di più significativo rispetto al testo incriminato.
D'altronde la CC viaggia sullo stesso filo del rasaio: ipotesi azzardate. Difatti non è in grado di portare una sola conlusione che si basi sui fatti. E' un pò il ripetersi della questione dei fratelli e sorelle carnali di Gesù.
Qualunque spiegazione non può che basarsi su ipotesi.

Emerge prepotentemente il dato certo che dai testi cosiddetti apocrifi e da quelli cosiddetti canonici non è assolutamente possibile dedurre nulla sulla nascita, vita e morte del personaggio più dibattutto di tutti i secoli da duemila anni ad oggi.
E' un silenzio impressionante.
Eppure su quel silenzio sono state costruite le più grosse assurdità e le guerre più devastanti.

Dunque: è più attendibile la versione di madre chiesa o quella ipotizzata da Don Brawn?
Per me viaggiano sulla stessa barca, una barca che fa acqua.

Tanti saluti

Il Gabbiano
Polymetis
00lunedì 5 giugno 2006 15:27
“E' interessante come Nicolotti si dimena in questa intervista, facendo, fra l'altro, affiorare la pessima abitudine di madre CC di consentire l'uso e l'abuso di immagini, l'uso e l'abuso di luoghi di culto dedicati a santi i cui resti si dice siano stati custoditi, fra cui quelli della Maddalena; tutti argomenti scomodi oggi. Scomodi perchè?”

La Chiesa consente l’uso di immagini (II Concilio di Nicea), dell’abuso non ho proprio letto nulla. Tu confondi i preti con la Chiesa.

”Secondo me Nicolotti parla per parlare, ma non dice una sola virgola di più significativo rispetto al testo incriminato.”

Spiega semplicemente che nei testi apocrifi citati non c’è scritto che Brown afferma.

“Emerge prepotentemente il dato certo che dai testi cosiddetti apocrifi e da quelli cosiddetti canonici non è assolutamente possibile dedurre nulla sulla nascita, vita e morte del personaggio più dibattutto di tutti i secoli da duemila anni ad oggi.”

Una posizione tipica della I ricerca sul Gesù storico, di moda fino agli anni 50 grazie a R. Bultmann, e oggi del tutto superata. A differenza degli apocrifi che sono di II e III secolo i Vangeli canonici sono del I ed incredibilmente concordi col resto della patrologia del I secolo nel parlarci di costui. Gesù Cristo è meglio documentato di molti imperatori romani, o altri personaggi storici. Ci sono ben 27 testi coevi che ci parlano di lui, non so quanti altri personaggi dell’antichità possano vantare simili numeri. Infatti non ci si rende conto che se si chiedessero agli altri fatti dell’antichità il livello di accertamento che viene richiesto ai poveri Vangeli, colpevoli fino a prova contraria, dovremmo dire che non sappiamo alcunché del mondo antico. Oltre a quanto già affermato, ossia che sono ben pochi i personaggi storici che hanno fonti coeve così vicine, occorre ribadire soprattutto che nessun personaggio dell’antichità ha una simile quantità di papiri che parlano di lui così vicini alla sua vita biografica. Un conto è dire che possiamo parlare della campagna in Gallia di Cesare perché abbiamo qualche manoscritto medioevale del De Bello Gallico grazie agli scriptoria benedettini, tutt’altro conto è dire che possiamo parlare di Cristo, e non grazie a qualche copia medioevale, bensì a papiri del II secolo, così vicini agli autografi che qualunque altra opera dell’antichità si sogna una tale certezza filologica, persino l’Odissea. Il prof. Flusser dell’università ebraica di Gerusalemme diceva giustamente che insieme a Giuseppe Flavio Gesù Cristo è l’ebreo del I secolo che meglio conosciamo. Ecco perché il comparativismo applicato al cristianesimo primitivo di solito fa piuttosto ridere, mettersi a cercare paralleli tra Cristo e Apollonio di Tiana (la cui “vita” scritta da di Filostrato tra l’altro è posteriore ai Vangeli), è esattamente come mettersi a confrontare le imprese di tutti i grandi generali della storia per poi concluderne che Napoleone non è mai esistito. Scriveva Jean Guitton: “Gli storici del 3000, venuti in possesso di una breve biografia di Napoleone salvata per caso dalla catastrofe atomica, se seguiranno lo stesso metodo usato per Gesù dimostreranno che l’epopea napoleonica non è altro che un mito. Una leggenda, nella quale gli uomini del lontano XIX secolo hanno incarnato l’idea pre-esistente di “Grande Condottiero”. Le spedizioni nel deserto e tra le neve, la nascita e la morte in un’isola, il nome stesso, il tradimento, la caduta, la resurrezione, la ricaduta definitiva sotto i colpi dell’invidia e della reazione, l’esilio in mezzo all’oceano. “Da tutto questo appare evidente che Napoleone non è mai esistito. Si tratta del mito eterno dell’Imperatore, forse è l’idea stessa della Francia, cui qualche gruppo oscuro di invasati da fede patriottica ha fornito nome, esistenza, imprese fittizie all’inizio dell’Ottocento”, diranno infiniti professori. I successori, cioè, di quegli studiosi che applicano questo metodo al problema di Gesù di Nazareth.”
Quanto a inizio novecento uscivano titoli che pretendevano di ridurre l’idea di salvezza cristiana alle precedenti idee di salvezza presenti nell’ellenismo si faceva esattamente questo: un accostamento grossolano. Invece di dire che l’idea di salvezza è inscritta nel cuore dell’uomo e che dunque si sviluppa anche indipendentemente e senza bisogno di plagi reciproci, la storia delle religioni di inizio novecento preferiva deliziarci con parallelismi tra la salvezza dei mitraici e quella dei cristiani, esattamente come per analizzare la resurrezione venivano accostate cose che nulla c’entravano come i miti di Tammuz e di altri dèi legati alla rinascita, ma non in quanto resurrezione di qualche corpo bensì al ciclo di rinascita stagionale che anche gli wicca celebrano. Non parliamo poi dei tentativi di parallelismo tra l’eucaristia con le teofagie dionisiache o di tutta la retorica che stancamente si trascina sull’idea di un culto mariano come sostituzione surrogata al perduto culto delle Dee madri (ma ci crede ancora qualcuno?), s’è sentito di tutto, persino che l’aggettivo “parthenos” di Maria sia stato messo per far felici gli ex seguaci di Atena. Simili schemi a priori da applicare ovunque sono l’esatto corrispondente degli abbagli dell’antropologia delle religioni, ad esempio fino a una decina di anni fa è resistito il mito di una contrapposizione tra le divinità celesti e quelle ctonie, le prime impostasi sulle seconde per via dell’invasione patriarcale indouropee. E’ bastato trovare decine di templi dedicati con iscrizioni a “Zeus ctonio” e riscoprire divinità della terra maschili nel mediterraneo per far capire che tutta questa retorica di contrapposizione non stava in piedi. Siamo capitatati in un decennio dove tutte le grandi categorie interpretative dell’antropologia come iniziazione, rito di passaggio, ecc. fino alla stessa categoria di “mito” stanno crollando.
Quando i mitologi trattano del cristianesimo dimenticano che non si ha a che fare con una religione che pone i suoi dèi in una qualche età dell’oro, e che dunque può raccontare miti come Persefone che scende agli inferi per significare la via di salvezza ad Eleusi (anche questa accostata alla discesa agli inferi di Cristo), qui si parla di una religione che a distanza di vent’anni scriveva del loro messia, collocandolo storicamente in modo preciso, e già prima che ne scrivessero sappiamo che lo predicavano, la Traditiongeschichte applicata ai Vangeli ha rivelato le tradizioni orali di cui si compongono e come sono state assemblate. Ecco perché l’ipotesi mitologia poteva esistere solo finché i Vangeli venivano collocati a fine II secolo, ma poiché i papiri hanno messo fuori gioco quest’ipotesi non c’è stato più l’arco di tempo prima ipotizzato, quell’intervallo dove avrebbe lavorato la banda di falsari affinché prima ci fosse la creazione (del resto mai spiegata), poi la tradizione orale, ed infine la composizione per iscritto. In ragione di questo il negazionismo ostinato oggi è stupido e superato.
Scriveva il dott. Nicolotti in un Ng di Google, e io sottoscrivo: “Io so solo che tutti quelli che hanno dato contro ai primi cristiani non hanno mai messo in dubbio la storicità di Gesù, la sua avvenuta crocifissione, il suo messaggio. Al massimo lo hanno accusato di magia, di aver finto miracoli, di aver ingannato la gente, di aver fatto tutto per soldi, ma nessuno ne nega gli aspetti fondamentali della vita. E per fare credere questo noi dovremmo pensare che un movimento così dirompente come quello cristiano si sarebbe basato sull'invenzione di un personaggio o sulla infioritura totale di un misero falegname, senza che né romani né ebrei abbiano nessuna capacità di far notare alla gente che erano un sacco di balle (e poi bisognerebbe capire perché tutti questi cristiani pagano con la vita il nome di una persona inventato; e non lo fanno un secolo dopo, credendo alle invenzioni di qualcuno, ma lo fanno quegli stessi che lo hanno visto che hanno vissuto con lui).Pensare che greci e romani non abbiano documentazione e non abbiano memoria storica di fatti avvenuti poco prima, mi pare assolutamente improbabile, e se così fosse applicando lo stesso discorso a tutti i personaggi storici non ci resterebbe quasi più niente. Ci sono molti altri personaggi dell’antichità che hanno molto meno 4 Vangeli a narrarci di loro,
e non capisco perché i Vangeli non debbano essere considerati come fonti poco attendibili e poi per altri ci si fidi di quattro righe di qualche storico vissuto magari 200 anni dopo. Perché questo razzismo delle fonti? Perché si arriva a pensare che possano circolare delle biografie di un personaggio che ne stravolgano totalmente la personalità, e non essere contestate da nessuno, nella stessa città pochi anni dopo?”

Ad maiora
il.gabbiano
00lunedì 5 giugno 2006 17:01
Polymetis, continui a ripetere le solite chiacchierate da 4 soldi.
Perchè si dovrebbe considerare meno attendibile la tesi di Don Brawn rispetto a quella della CC?
Tutto un lungo discorso sulla storicità dei personaggi evangelici, che non è stata richiesta.
Perchè dovrebbe essere meno storico il racconto degli apocrifi e meno attendibili le tesi di Don Brawn?
Chi l'ha deciso?
Perchè non usi la stessa splendida chiacchierata per i personaggi di Don Brawn? O li consideri meno storici?

Tutta la dissertazione dell'esimio Epifanio di Salamina non aggiunge nè toglie al senso del mio discorso. Restano comunque tesi indimostrabili, che si possono raccontare e credere, ma restano indimostrabili, come allo stesso modo sono indimistrabili le tesi di Brawn, a meno che per te la chiacchierata di Epifanio non serva anche a dimostrare la storicità e l'attendibilità del racconto di Brawn.
Diversamente sono due pesi e due misure.
Sta di fatto che, con il metodo epifanesco, possiamo dichiare storico ciò che vogliamo e dichiarare mito ciò che vogliamo...vedi un pò tu, ma non convinci nessuno che abbia un minimo di senso critico.
Tu, con il tuo amico, vorreste rendere attendibile e storico ciò che invece è solo argomento di fede, non suffragato da prove certe. Volete continuare ad illudervi ed a confondere ipotesi con fatti.

Tanti saluti

Il Gabbiano
spirito!libero
00lunedì 5 giugno 2006 17:35
A me interessa unicamente dimostrare che il messaggio diffuso oggi non sia propriamente quello originale di Gesù. Quindi, dando per scontata l’esistenza di un Gesù storico, ritengo che il suo messaggio sia differente negli aspetti dottrinali. La mitizzazione di Gesù, a mio avviso e non solo mio, avvenne eccome.

Rispondo quindi citando le parole di Deschner:

Il patrimonio delle tradizioni alla base dei Vangeli non venne tramandato inalterato nei decenni intercorsi fra la morte di Gesù e la redazione del Vangelo più antico, perché nel frattempo la memoria di Gesù, com'è naturale, si trasformò in leggenda popolare e certe esagerazioni e una più ampia esaltazione della sua figura non possono non essersi verificate. Tale fenomeno avrà avuto inizio già nei primissimi tempi: in realtà, è innegabile che qualsiasi tradizione orale soggiaccia a leggi evolutive universali, a un «movimento», vale a dire a un mutamento, a una variazione, e che una trasmissione diluita nel tempo modifichi necessariamente la narrazione da un giorno all'altro, e più che mai nel corso di molti anni. Un'azione riplasmatrice avviene a causa del temperamento dell'emittente, il quale svolge un ruolo meramente passivo solo in casi eccezionali. Il che vale specialmente per gli uomini di quell'epoca, caratterizzata dalla superstizione e da una religiosità esaltata, e ancor più per i primi cristiani che, provenienti dagli strati più bassi della popolazione, erano assolutamente ingenui e privi di spirito critico.

La figura di Gesù assunse tratti sempre più idealizzati nei Vangeli più recenti, tanto più, poi, che essa era già stata ingigantita dalla collettività primitiva dei cristiani ancor prima di Marco, adattata, per dirla col teologo Leipoldt, «non di rado ai bisogni e alle attese della comunità» (Jesus u. Paulus, 9). Un altro teologo, Knopf, aggiunge che immediatamente dopo la morte di Gesù «si disse tutto il bene possibile... e una parte di tali asserzioni venne espressa già da coloro che lo avevano visto e conosciuto» (Einführungen, 309). E così, come scrive il teologo Pfannmüller (30), la sua immagine venne già «modificata nei tratti essenziali nei Vangeli in nostro possesso», ovvero, come si esprime il teologo Hirsch, «fu fantasiosamente esaltata»

E ancora:
Nonostante molteplici ritocchi e aggiustamenti, i Vangeli consentono ancora di determinare con chiarezza quanto fosse lungi dalle intenzioni del Maestro di Galilea la propria identificazione con Dio. Proprio i perfezionamenti apportati dai Vangeli più recenti al testo più antico svelano il processo neotestamentario di divinizzazione, come abbiamo già dettagliatamente mostrato. A questo punto ci limiteremo ad alcune aggiunte chiarificatrici del mutamento gravido di conseguenze che, attraverso i primi Apostoli, condusse da Gesù alla Cristologia paolina.
Nel N.T. Gesù rivolge le proprie preghiere non a se stesso ma a Dio, giungendo persino a un certo grado di tensione manifesta nei suoi riguardi, quando gli chiede di allontanare il calice amaro e prorompe nella celebre lamentazione: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? » (Mc. 14, 36; 15, 34), che ben presto divenne tanto imbarazzante, che il Vangelo Apocrifo di Pietro la modifica: «Mia forza, o mia forza, perché mi hai abbandonato?» (Ev. Petr. 19), e il Vangelo di Luca sostituisce quella dubbia espressione con la frase: «Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio» (Lc. 23, 46. Cfr. inoltre Ps. 31, 6).
Inoltre, il Gesù sinottico distingue sovente fra sé e Dio, definendo buono lui, non se stesso, il che gli Evangelisti più recenti non tralasciano di comunicare. Per Gesù è poi chiaro che non è lui, ma Dio a concedere i posti nel Regno, del cui avvento solo Dio possiede la conoscenza (Mc. 10, 40; 13, 32). Soprattutto nel Vangelo più antico, benché già sottoposto allo stravolgimento di una pluridecennale tradizione orale, Gesù appare ripetutamente come un uomo, che è ben conscio dell'enorme distanza da Dio.
È certamente vero che alla domanda del Gran Sacerdote se Gesù fosse il Cristo, il figlio dell'Altissimo, ivi si legge la chiara risposta:
«Sì, lo sono; e vedrete il figlio dell'uomo assiso alla destra della potenza e giungere con le nuvole dei cielo» (Mc. 14,60 sgg.).
Ma già C.G. Montefiore osserva opportunamente:
«Come possiamo sperare di arguire anche soltanto approssimativamente ciò che Gesù ha inteso con queste parole, se non sappiamo con certezza nemmeno quel che ha effettivamente detto?».
La Teologia critica ritiene storicamente infondata qualsiasi affermazione messianica di Gesù nella Bibbia: infatti non esiste alcuna prova che il Gesù storico abbia preteso per sé uno solo dei titoli messianici - Messia, Figlio di Dio, Figlio di Davide, Figlio dell'Uomo - che circa mezzo secolo dopo la sua morte gli furono attribuiti dagli Evangelisti. E secondo il parere unanime dei teologi critici, Gesù non sollecitò alcuna forma di fede in se stesso; anzi, è loro propria l'osservazione importantissima, che al centro della sua predicazione si trova l'annuncio dell'approssimarsi del Regno, ma nessun comandamento di fede; e che il concetto di «fede» in Gesù penetrò solo in seguito in alcuni passi evangelici di creazione recente, come invenzione della Comunità successiva e della sua attività propagandistica; insomma, che Gesù non entra affatto nella dottrina da lui proclamata. Solo il Quarto Vangelo pone sulla bocca di Gesù esortazioni alla fede, mentre le due uniche eccezioni nei Sinottici sono nate in seguito a una rielaborazione posteriore, come risulta chiaramente dalla comparazione testuale.
Polymetis
00lunedì 5 giugno 2006 21:03
“Perchè si dovrebbe considerare meno attendibile la tesi di Don Brawn rispetto a quella della CC?”

Perché quell’uomo legge in alcuni Vangeli gnostici delle cose che in quei Vangeli non sono scritte.

“erchè dovrebbe essere meno storico il racconto degli apocrifi”

Perché in questo caso si tratta di Vangeli di II e III secolo, molto più distanti dai fatti che raccontano rispetto ai canonici. Inoltre si tratta di generi letterari diversi: i vangeli gnostici non hanno interesse a fare una narrazione bensì ad essere compendio di simbolismi. Come se non bastasse in questi Vangeli così tardi non c’è neppure quello D. Brown dice.

“stano comunque tesi indimostrabili”

Non so cosa tu intenda per dimostrazione nell’ambito delle scienze antichistiche. Io mi sono limitato a dire che i fatti narrati nei Vangeli sono più sicuri del fatto che Cesare abbia attraversato il Rubicone, sia per numero di documenti che ne parlano sia per antichità degli stessi. Se per te dimostrare qualcosa vuol dire trovare l’autografo che racconta quel fatto allora questo equivarrebbe a dire non possiamo sapere nulla della storia antica. Ma grazie al cielo gli statuti epistemologici delle scienze antichistiche non sono i tuoi.

“Diversamente sono due pesi e due misure.”

Esattamente, due pesi e due misure. Nel caso dei canonici siamo dinnanzi a testi del I secolo e con 2800 testimoni papiracei nella sola epoca precostantiniana, i Vangeli gnostici invece hanno in tutto due o tre esemplari per Vangelo, a volte anche uno, sono stati composti in epoche che vanno dal II al VI secolo, e ci sono pervenuti in papiri dal IV secolo in poi. Chiara la differenza? Inoltre per quanto concerne l’arco di tempo che possiamo sondare, cioè quei 2800 manoscritti dal II al IV secolo, possiamo notare che il testo è rimasto sostanzialmente invariato, con al possibilità di espungere le varianti locali grazie alla stemma codicum. Se nell’arco di tempo che possiamo sondare, cioè due secoli, non c’è stato una manipolazione globale a piacere, non si vede perché ci debba essere stata nei pochi decenni tra la composizione dei Vangeli e il primo papiro nel 125 d.C. Il tuo schema mentale è la colpevolezza fino a prova contraria e l’abbiamo capito, io ti posso solo rispondere che avrai sempre ragione tu perché nessun fatto della storia antica, e dunque neppure Cristo, può esibire le prove di storicità che tu vorresti, giacché ragioni come farebbe il RIS cercando le prove di un omicidio avvenuto 2 giorni fa. Quando agli standard che le scienze antiche richiedono invece, i Vangeli sono l’opera meglio tramandata dell’antichità.

Per Spirito

“patrimonio delle tradizioni alla base dei Vangeli non venne tramandato inalterato nei decenni intercorsi fra la morte di Gesù e la redazione del Vangelo più antico, perché nel frattempo la memoria di Gesù, com'è naturale, si trasformò in leggenda popolare e certe esagerazioni e una più ampia esaltazione”

Invece si ricava che la struttura della Chiesa primitiva aveva un’ortodossia rigidamente controllata di trasmissione e predicazione. Lo stesso Paolo va ad apprendere quale sia l’ortodossia sul cristianesimo e su Cristo dai sui apostoli a Gerusalemme. Scrive Paolo ai Galati: “Dopo tre anni, salii a Gerusalemme per visitare Cefa(Pietro) e rimasi con lui quindici giorni”(Gal 1,1[SM=g27989]. E prosegue: “Poi, dopo 14 anni, salii di nuovo a Gerusalemme con Barnaba, portando con me anche Tito. [..] Esposi loro il Vangelo che predico fra i Gentili, ma privatamente, ai capi, per non correre o aver corso in vano” (Gal 2,1). Si tratta di una predicazione rigidamente controllata dalla comunità di Gerusalemme e dagli apostoli stessi. Scrive sempre Paolo ai Galati: “Anche se io stesso o un angelo del cielo vi evangelizzasse diversamente da ciò che vi ho detto finora, sia anatema.” E’ lo scrupolo del messaggio fissato una volta per sempre dai testimoni. Del resto quando morì Giuda il criterio per scegliere chi doveva rimpiazzarlo nel collegio dei 12 fu il seguente: “Bisogna dunque che tra coloro che ci furono compagni per tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi, incominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato assunto in cielo tra di noi, uno divenga, insieme a noi, testimone della sua risurrezione.” (At 1,21-22) Si tratta di una comunità già attenta all’ortodossia della predicazione basata sulla testimonianza oculare.

“dire a un mutamento, a una variazione, e che una trasmissione diluita nel tempo modifichi necessariamente la narrazione da un giorno all'altro”

Si dimentica che abbiamo a che fare con ebrei e col corrispondente di una scuola rabbinica. La scuola di Gerusalemme ha addirittura parlato della “scuola ebraica di rabbì Gesù”, per la semplice ragione che ritraducendo in aramaico i detti di Cristo si sono trovati i giochi fonetici che servivano a mandare a memoria gli insegnamenti, un po’ come quando noi mettiamo le filastrocche in rima per ricordarle con precisione. I contributi maggiori a questa riscoperta si devono a Jeremias e alla scuola svedese.

“La figura di Gesù assunse tratti sempre più idealizzati nei Vangeli più recenti, tanto più, poi, che essa era già stata ingigantita dalla collettività primitiva dei cristiani ancor prima di Marco, adattata, per dirla col teologo Leipoldt, «non di rado ai bisogni e alle attese della comunità» (Jesus u. Paulus, 9).”

Affermare qualcosa non è dimostrarlo. Vorrei che qualcuno mi spiegasse, visto che il Vangelo di Marco è datato in un arco di tempo tra il 64 e il 70, come sia possibile una mitizzazione in trent’anni con i testimoni oculari ancora in vita. Questo Leipoldt, illustre teologo del 1880, risente in questa dichiarazione della vecchia teoria secondo cui i Vangeli sono creazioni tarde collocabili in qualche angiporto ellenistico.

“el N.T. Gesù rivolge le proprie preghiere non a se stesso ma a Dio”

E perché dovrebbe pregare sé stesso? Ma siamo matti? Gesù non è Dio Padre per la teologia ortodossa, e in terra s’era spogliato della sua onnipotenza, come canta l’inno cristico di Fil 2,6, uno dei testi più antichi del NT, datato ben prima di Marco.

“rorompe nella celebre lamentazione: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? » (Mc. 14, 36; 15, 34)”

Che è banalmente l’inizio di un Salmo. Siccome secondo la tradizione ebraica citare l’incipit di un Salmo significa esprimerne tutto il contenuto, Gesù citando quella frase stava introducendo un tema grandissimo: il riscatto degli oppressi (lui compreso) descritto nelle ultime righe del Salmo in questione. Quell’esclamazione è paradossalmente un grido di speranza vittoriosa.

“he il Vangelo Apocrifo di Pietro la modifica: «Mia forza, o mia forza, perché mi hai abbandonato?» (Ev. Petr. 19), e il Vangelo di Luca sostituisce quella dubbia espressione con la frase: «Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio» (Lc. 23, 46. Cfr. inoltre Ps. 31, 6).”

Il Vangelo di Pietro non a caso non sta nel canone, e quando a Luca non è una sostituzione ma un’aggiunta.

“noltre, il Gesù sinottico distingue sovente fra sé e Dio, definendo buono lui, non se stesso, il che gli Evangelisti più recenti non tralasciano di comunicare.”

Si riferisce a questa celebre frase: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo.” Peccato che si fosse appena definito il buon pastore e dunque il senso della frase è volutamente paradossale: "Se mi chiami buono, considerami Dio; nessuno infatti è buono, se non Dio solo"
Gesù sta facendo proprio il contrario, cioè spingendo a credere nella sua divinità.

“er Gesù è poi chiaro che non è lui, ma Dio a concedere i posti nel Regno, del cui avvento solo Dio possiede la conoscenza (Mc. 10, 40; 13, 32)”

Questo lo spiega il già citato testo di Fil 2,6 sulla kenosis di Cristo, più antico di Marco di vent’anni, nel quale si dice che Cristo s’è sottomesso alle condizioni di serve per noi, anche all’ignoranza. Non poteva certo incarnarsi e rimanere onnisciente.

“Ma già C.G. Montefiore osserva opportunamente:
«Come possiamo sperare di arguire anche soltanto approssimativamente ciò che Gesù ha inteso con queste parole, se non sappiamo con certezza nemmeno quel che ha effettivamente detto?».”

Un’altra perla direttamente dal 1858. E perché dovrebbe essere falso? Sappiamo bene che per questi screditatori frasi di Cristo che hanno una triplice attestazioni sono comunque false, sfortunatamente per loro in Europa la prova della falsità spetta all’accusa.

“a Teologia critica ritiene storicamente infondata qualsiasi affermazione messianica di Gesù nella Bibbia”

Ma è fuori del tutto. La teologia critica? Di che secolo? C’è chi invece guarda caso è giunto all’atteggiamento opposto, ossia che sono vere solo le affermazioni messianiche ed escatologiche mentre sono false tutte le affermazioni buonistiche, era cioè la cosiddetta fissazione per il Gesù rivoluzionario.

“non esiste alcuna prova che il Gesù storico abbia preteso per sé uno solo dei titoli messianici”

La prova in ben 27 documenti dello stesso secolo scritti a partire da due decenni dopo( se sono falsi visto che non ha così fonti neppure l’imperatore Tiberio vorrei proprio sapere il perché), e soprattutto dal diffondersi esplosivo del cristianesimo che evidentemente non poteva seguire qualcuno che non s’ era mai dichiarato nessuno. Il metodo dei negatori consiste nel dichiarare spuria qualunque parte stia loro antipatica o faccia saltare i loro schemi a priori, non si sognano neppure di argomentare quello che dicono.

Devo rammentarvi che qui non si parla del Gesù storico ma della tesi di D. Brown sulle sue nozze con Maddalena, ulteriori interventi off-topic saranno cancellati.

Ad maiora
Polymetis
00martedì 6 giugno 2006 11:22
Preseguiamo il discorso sui Vangeli gnostici menzionati da Brown. Cito dal recente volume del CICAP cui ha collaborato anche A. Nicolotti con quest'articolo sulla Maddalena di cui vi cito uno stralcio:


Che valore storico hanno le notizie tratte dai Vangeli gnostici?

Nel racconto di Dan Brown, ulteriore prova del matrimonio di Gesù è tratta dai Vangeli apocrifi:

Teabing finalmente trovò un enorme libro e lo tirò verso di sé. L'edizione, rilegata in cuoio, era grossa come un atlante. La copertina diceva: I vangeli gnostici. Teabing lo aprì e Langdon e Sophie si avvicinarono. Il libro conteneva fotografie di brani ingranditi di antichi documenti: pezzi di papiro con il testo scritto a mano. Sophie non riconobbe la lingua, ma sulla pagina di fronte c'era la traduzione. «Queste sono fotocopie dei Rotoli di Nag Hammadi e del Mar Morto, a cui ho accennato prima» spiegò Teabing. «I più antichi documenti cristiani. Purtroppo non concordano molto con i vangeli della Bibbia.» (p. 288 )

Le inesattezze sono molte. Altri errori si ritrovano qualche pagina prima:

Alcuni dei vangeli che Costantino cercò di cancellare riuscirono a sopravvivere. I Rotoli del Mar Morto furono trovati verso il 1950 in una caverna nei pressi di Qumran, nel deserto della Giudea. E abbiamo anche i Rotoli copti scoperti nel 1945 a Nag Hammadi. Oltre a raccontare la vera storia del Graal, questi documenti parlano del ministero di Cristo in termini profondamente umani. Naturalmente, il Vaticano, per non smentire la sua tradizione di disinformazione, ha cercato di impedire la diffusione di questi testi. Come ci si poteva aspettare. I rotoli evidenziano i falsi e le divergenze storiche, confermando così che la Bibbia moderna è stata scelta e corretta da uomini che seguivano un ordine del giorno politico, per promuovere la divinità dell'uomo Gesù Cristo e usare la sua influenza per consolidare la base del proprio potere. (p. 275).

Si parla di rotoli di Nag Hammadi, ma in verità essi sono codici. Non è una differenza da poco: i primi venivano conservati arrotolati e andavano svolti durante la lettura, mentre gli ultimi avevano forma di libro ed erano racchiusi tra copertine di cuoio. I rotoli del Mar Morto, peraltro, non sono di papiro, bensì di pelle, scritta sul lato del pelo: evidentemente Dan Brown non ha mai neppure visto una fotografia né dei rotoli di Qumran né dei codici di Nag Hammadi. Fotografie, peraltro, non fotocopie; i manoscritti non sono carta d’ufficio che si passa tranquillamente in una fotocopiatrice.
Inoltre, i manoscritti di Qumran non c'entrano assolutamente nulla con i Vangeli gnostici, né con alcun genere di Vangeli: sono testi ebraici, aramaici ed in piccola misura greci, nessuno dei quali ha una forma che assomigli anche solo vagamente ad un Vangelo. Non solo: nessuno dei testi di Qumran può essere considerato cristiano. Nei manoscritti di Qumran, insomma, non si parla mai né di Gesù né di alcun personaggio della sua cerchia.
In nessuna delle due raccolte, ovviamente, si parla del Graal, che è una invenzione medievale. Né Costantino né il Vaticano hanno nulla a che fare con l’insabbiamento di Vangeli. E, infine, l’idea che “parlino del ministero di Cristo in termini profondamente umani” è altrettanto errata: il Gesù degli gnostici ha quasi del tutto perso ogni carattere di umanità, specialmente se messo a confronto con quello dei Vangeli canonici.
I codici - non rotoli - di Nag Hammadi, comunque, contengono Vangeli gnostici. Ma trattasi davvero dei più antichi documenti cristiani? In realtà tutti questi testi sono meno antichi di qualunque scritto contenuto nella Bibbia. Il nuovo Testamento, infatti, contiene testi composti nella seconda metà del secolo I; la prima lettera di Paolo ai Tessalonicesi è stata scritta intorno all’anno 50, mentre i testi più tardivi (probabilmente l’Apocalisse o la seconda lettera di Pietro) sono datati alla fine del medesimo secolo. Tra i Vangeli gnostici di Nag Hammadi quelli più antichi non possono essere fatti risalire più in là del II o III secolo (anche se la datazione del Vangelo di Tommaso è discussa) mentre tutti gli altri sono più tardivi. La maggioranza di essi non ci sono pervenuti nella loro redazione originaria, ma solo attraverso una traduzione in lingua copta che talora è stata portata a termine nei secoli successivi.

Così continua il romanzo:

Sfogliando le pagine verso la metà del libro, Teabing indicò un brano. «Il Vangelo di Filippo è sempre un ottimo punto per iniziare.»

Il Vangelo di Filippo è contenuto nel II codice di Nag Hammadi. Il codice è scritto in copto saidico ed è datato tra il 330 ed il 340, ragion per cui il testo deve essere precedente a questa data. Probabilmente una parte del materiale può risalire al II secolo, ma il tutto pare aver subito una definitiva sistemazione più tardi, per opera di un compilatore, nella seconda metà del III secolo. Nella sua forma attuale il testo non assomiglia per nulla a un Vangelo, ma è una antologia, una raccolta priva di un ordine evidente di passi estratti da sermoni, catechesi, trattati o epistole degli gnostici seguaci di Valentino, i quali dall'Egitto avrebbero raggiunto la Siria, forse Antiochia, probabile regione di origine di questo scritto. Essendo posteriore al Nuovo Testamento, questo testo allude ad esso abbastanza spesso, e ne cita esplicitamente una dozzina di passi.
Prima di commentarne il testo, è opportuno dare qualche indicazione sui caratteri generali dello gnosticismo, in particolare quello valentiniano professato dal Vangelo di Filippo. Esso si caratterizza per un infinito disprezzo del mondo creato, descritto come una prigione in cui gli uomini - che conservano nel loro profondo una traccia della luce celeste - sono costretti a vivere. Il creatore del mondo non sarebbe stato l'unico Dio onnipotente dei cristiani, ma un Dio secondo, detto demiurgo, invidioso dell'uomo; il demiurgo è spesso identificato con il Dio dell'Antico Testamento, parte della Bibbia che per questo motivo viene rigettata come falsa e deviante. Di qui ne derivano un'assoluta condanna del corpo e della carne umana, viste come prigioni dalle quali occorre fuggire, e spesso un rifiuto della riproduzione ed anche della sessualità, intesa come impurità.
Proprio perché la carne è impura, gli gnostici generalmente rifiutano l'idea della nascita di Cristo da una donna e dipingono Gesù come uomo apparente, non dotato di vero corpo carnale (docetismo). Conseguentemente, anche la sua passione sarebbe stata solamente apparente, una beffa messa in scena a discapito del demiurgo e dei suoi arconti. Quando invece si ammette una qualche dimensione materiale in lui, essa è considerata puramente esteriore, un involucro della sua reale consistenza psichica o spirituale, e fondamentalmente estranea alla sua vera natura.
Secondo gli gnostici la salvezza non è per tutti, ma è riservata a quegli eletti che tramite la conoscenza (gnosi) sono riusciti a riconoscere la scintilla di divinità che sta in loro; questi eletti, stranieri in questo mondo, sarebbero i veri interpreti dell’autentico messaggio di Gesù, trasmesso segretamente a qualche personaggio privilegiato della sua cerchia (Tommaso, Filippo, Maria Maddalena o Giacomo). Ed ecco il motivo per cui questi scritti di tradizione gnostica sono stati attribuiti a questi personaggi, che - a differenza dei quattro Vangeli canonici - sarebbero stati i destinatari di una rivelazione privata e segreta.
Il Vangelo di Filippo è una fonte interessantissima per conoscere il pensiero gnostico antico; non è certamente una fonte dalla quale trarre insegnamenti sulla persona e sull'insegnamento di Gesù. Gesù era un predicatore ebreo vissuto in Palestina nel primo secolo, e la sua vita e il suo messaggio non hanno nulla in comune con il pensiero gnostico dell'autore di questo Vangelo attribuito a Filippo. Nessuno storico serio pretenderebbe di poter presentare questo Vangelo come una fonte storicamente attendibile sulla vita di Gesù, né tanto meno di poterlo mettere in concorrenza con i quattro Vangeli canonici: essi rimangono le fonti più antiche e più affidabili sul Gesù della storia.

[Modificato da Polymetis 06/06/2006 11.24]

Polymetis
00martedì 6 giugno 2006 11:38
Il bacio che fu galeotto…

“La compagna del [Signore è Maria] Maddalena. [Il Signore amava lei] più di tutti i discepoli e la baciava spesso sulla [bocca].”

La parola bocca su cui D. Brown ha fatto tutto il suo can can non è rinvenibile nel testo in quanto il papiro in quel punto è illeggibile, molti pensano che ci fosse scritto “fronte”, “guancia”, o chissà che altro. Ma, se anche ci fosse scritto bocca, in ambiente gnostico il bacio non ha nulla di carnale, anche perché gli gnostici disprezzavano il sesso e la carne.
Il bacio per i valentiniani, gli gnostici ai quali viene ricondotto questo testo, rappresentava la trasmissione della sapienza. Sempre nello stesso Vangelo infatti leggiamo:

"... dalla bocca, poiché se il Logos viene da quel luogo, egli nutre dalla bocca e sarà perfetto. Il perfetto infatti, concepisce e genera per mezzo di un bacio. E per questo noi ci baciamo l'un l'altro. Noi siamo fecondi della grazia che è in ognuno di noi." Da "I vangeli gnostici", "Vangelo di Filippo, 31", pag 54-55 (ed. Adelphi)

La bocca trasmette dunque la gnosi all’iniziato. Il tema è già biblico, infatti “la sapienza esce dalla bocca dell’Altissimo” (Sir 24,3)

Ad maiora
spirito!libero
00martedì 6 giugno 2006 12:27
“Devo rammentarvi che qui non si parla del Gesù storico ma della tesi di D. Brown sulle sue nozze con Maddalena, ulteriori interventi off-topic saranno cancellati. “

Sei il moderatore di questa sezione ? In ogni caso rispondo al tuo post, se non va bene qui, aprirò un 3d apposto.

“Inoltre si tratta di generi letterari diversi: i vangeli gnostici non hanno interesse a fare una narrazione “

Invece i canonici sono la cronologia della vita di Gesù ? Sono intrisi di teologia e non raccontano i “fatti” per come accaddero, ma sono le trascrizioni delle numerose storie che si raccontavano su di lui.

“sia per numero di documenti che ne parlano sia per antichità degli stessi.”

C’è una leggera differenza tra il passare il Rubiconde e il risorgere dai morti, non credi ?

“Ma grazie al cielo gli statuti epistemologici delle scienze antichistiche non sono i tuoi. “

Vogliamo parlare di epistemologia ? Vogliamo parlare di relativismo cognitivo ? Quindi lasciamo da parte l’epistemologia che ti tireresti una zappata sui piedi, soprattutto se citassi le teorie di Feyerabend (accreditato dalle commissioni vaticane), che sostiene proprio quello che dice Gabbiano in termini di certezze, ovvero che gli scienziati (compresi gli antichisti) non sono differenti dagli sciamani.

“i Vangeli gnostici invece hanno in tutto due o tre esemplari per Vangelo, a volte anche uno, [..]ci sono pervenuti in papiri dal IV secolo in poi.”

Chissà come mai eh ? Chissà chi sono stati coloro che hanno BRUCIATO tutto ciò che non era coerente con la loro teologia.

“Chiara la differenza? Inoltre per quanto concerne l’arco di tempo che possiamo sondare, cioè quei 2800 manoscritti dal II al IV secolo, possiamo notare che il testo è rimasto sostanzialmente invariato, con al possibilità di espungere le varianti locali grazie alla stemma codicum.”

Il trucco sta proprio in quel “sostanzialmente”. Il fatto è che ancora oggi, nelle Bibbie si leggono i passaggi ritenuti spuri perché NON sono in contrasto con la teologia, ma se venissero espunti, diverse cose cambierebbero.

“Invece si ricava che la struttura della Chiesa primitiva aveva un’ortodossia rigidamente controllata di trasmissione e predicazione. Lo stesso Paolo va ad apprendere quale sia l’ortodossia sul cristianesimo e su Cristo dai sui apostoli a Gerusalemme.”

Leggendo gli Atti e i Vangeli ed estrapolando frasi, si può far dire ai testi quasi tutto. Ti rispondo ancora con Deschner:

La conoscenza del periodo apostolico ci deriva, oltre che dalle Epistole paoline, soprattutto dagli Atti degli Apostoli, anche se le loro forti tendenze alla trasfigurazione degli eventi sono ben note da lungo tempo e riconosciute pressoché unanimemente. I discepoli sperarono fino all'ultimo che Gesù avrebbe salvato Israele (Lc. 24, 21);

discepoli sperarono fino all'ultimo che Gesù avrebbe salvato Israele (Lc. 24, 21); probabilmente alcuni di loro restarono a Gerusalemme, ma la maggior parte tornarono forse in patria, in Galilea, ciò si evince con buona probabilità da Mc,. 14, 28 e 16, 7. Ed è lì che si costituì, forse, la cellula prima della Chiesa cristiana (Lohmeyer) e che si rafforzò l'idea della Resurrezione di Gesù.
Dopo qualche tempo, tuttavia, almeno una parte dei fuggiaschi tornò a Gerusalemme; in effetti, anche gli Apostoli, come allora numerosi Ebrei, sul monte di Sion attesero il Messia, gli eventi definitivi della storia e la Gerusalemme celeste. Ivi si raccolsero intorno a Pietro, ai figli di Zebedeo e a Giovanni, allargando via via la loro cerchia di influenza con la predicazione e il dialogo.
Questo gruppo, in ogni caso, appariva una setta giudaica più che una nuova comunità religiosa, rappresentando in un primo tempo una mera corrente dell'Ebraismo fra le tante allora in auge, una Sinagoga che si distingueva dalla fede degli altri Ebrei principalmente per la credenza nell'immediato ritorno del Crocifisso (Atti, 24, 5). Gli Apostoli e i loro seguaci non intesero proclamare al mondo una nuova religione. Come dimostra soprattutto il Vangelo di Matteo, opera di un ebreo cristiano, l'immagine tradita di Gesù venne colorita prima di tutto proprio da loro e reinterpretata nel senso del Giudaismo dei Farisei, ossequiente alla Legge.
Gesù non si preoccupava del Sabato, come attesta anche Matteo (Mt. 12, 1 sgg.); eppure egli in altra occasione gli fa dire : «Pregate soltanto che la vostra fuga non accada d'inverno o di sabato (!)» (Mt. 24,20). Negli ambienti giudaico-cristiani, dunque, da cui proviene il Vangelo di Matteo, evidentemente il Sabato veniva di nuovo rispettato con scrupolo. Nel passo corrispondente del Vangelo di Marco (pagano-cristiano), al contrario, Gesù si limita a dire: «Ma pregate anche che ciò non accada d'inverno! » (Mc. 13, 1[SM=g27989].

La cerchia più antica dei discepoli di Gesù constava esclusivamente di Ebrei, i quali erano da un lato Israeliti rigidamente fedeli alla Legge, alla tradizione, alle festività giudaiche, alle norme alimentari, ai riti purificatori e ai tempi stabiliti per le preghiere; dall'altro, tuttavia, non mancavano adepti di stirpe ebraica, ellenizzati e di lingua greca. Rientrati dalla Diaspora, dove vivevano in numero tre volte superiore agli Ebrei di Palestina 4, erano più vicini alla cultura ellenistica; fra di loro si trovavano anche Greci convertiti all'Ebraismo, i cosiddetti proseliti.
Codesti Ellenizzati, ben presto numerosi nella Comunità primitiva, si sentivano meno vincolati alle tradizioni nazionali e religiose degli altri Ebrei, per cui talvolta non nascondevano una certa ostilità nei loro confronti. «Nei giorni in cui s'accrebbe il numero dei discepoli, si giunse alla diatriba degli Ellenizzanti con gli Ebrei» - leggiamo negli Atti, che raccontano anche che gli Ellenizzanti avevano propri capi, i «Sette», tutti recanti nomi schiettamente greci.
Il Nuovo Testamento, naturalmente, tenta di occultare l'esistenza di due fazioni all'interno della Comunità primitiva, nella quale sarebbe stata presente solo una suddivisione di compiti: la predicazione sarebbe stata riservata agli Apostoli; ai «Sette», cioè agli Ellenizzanti, il servizio di mensa (Atti, 6, 1 sgg.). In realtà, però, non si accenna mai a questa attività diaconale dei «Sette», al loro presunto servizio di mensa; al contrario, si parla dappertutto del loro servizio kerygmatico, della loro predicazione, che avrebbe dovuto essere un esclusivo privilegio degli Apostoli. E dunque non c'è dubbio che i «Sette» non esercitavano affatto il servizio di mensa, ma erano i capi degli Ellenizzanti, come gli Apostoli lo erano degli Ebrei.


“Si dimentica che abbiamo a che fare con ebrei e col corrispondente di una scuola rabbinica. La scuola di Gerusalemme ha addirittura parlato della “scuola ebraica di rabbì Gesù”, per la semplice ragione che ritraducendo in aramaico i detti di Cristo si sono trovati i giochi fonetici che servivano a mandare a memoria gli insegnamenti, un po’ come quando noi mettiamo le filastrocche in rima per ricordarle con precisione. I contributi maggiori a questa riscoperta si devono a Jeremias e alla scuola svedese. “

Non lo si dimentica affatto, infatti Deschner dice:

E in principio mancò anche una storia orale coerente dell'opera di Gesù. La trasmissione letteralmente fedele di un racconto complesso è esclusa in una tradizione orale popolaresca, anche presso gli orientali, i quali dimostrano indubbiamente un certo grado di perfezione nella trasmissione di narrazioni non-scritte. È presumibile, piuttosto, che in un primo momento, dopo la morte di Gesù circolassero singoli frammenti, piccole unità narrative, parabole, massime o gruppi di massime, storie isolate, che in seguito vennero ricomposte e accorpate come in un mosaico. Ciò è dimostrato dalla moderna critica storico-formale dei Vangeli, che qui non è possibile trattare nei dettagli.

“Vorrei che qualcuno mi spiegasse, visto che il Vangelo di Marco è datato in un arco di tempo tra il 64 e il 70, come sia possibile una mitizzazione in trent’anni con i testimoni oculari ancora in vita. “

La mitizzazione è chiara quando si comprende, proprio dai documenti più antichi in nostro possesso, che Gesù non volle affatto definirsi Dio. A tal proposito Deschner:

Nonostante molteplici ritocchi e aggiustamenti, i Vangeli consentono ancora di determinare con chiarezza quanto fosse lungi dalle intenzioni del Maestro di Galilea la propria identificazione con Dio. Proprio i perfezionamenti apportati dai Vangeli più recenti al testo più antico svelano il processo neotestamentario di divinizzazione, come abbiamo già dettagliatamente mostrato. A questo punto ci limiteremo ad alcune aggiunte chiarificatrici del mutamento gravido di conseguenze che, attraverso i primi Apostoli, condusse da Gesù alla Cristologia paolina.


"Che è banalmente l’inizio di un Salmo. Siccome secondo la tradizione ebraica citare l’incipit di un Salmo significa esprimerne tutto il contenuto, Gesù citando quella frase stava introducendo un tema grandissimo: il riscatto degli oppressi (lui compreso) descritto nelle ultime righe del Salmo in questione. Quell’esclamazione è paradossalmente un grido di speranza vittoriosa.”

Mamma mia come si mette con facilità in bocca a Gesù parole che non ci sono nemmeno scritte nei Vangeli. Addirittura si deduce da alcune parole che casualmente coincidono con l’inizio di un salmo, ciò che aveva in mente di dire Gesù.

“Il Vangelo di Pietro non a caso non sta nel canone, e quando a Luca non è una sostituzione ma un’aggiunta. “

L’autore si riferisce alla sostituzione rispetto a Pietro.

“Si riferisce a questa celebre frase: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo.” Peccato che si fosse appena definito il buon pastore e dunque il senso della frase è volutamente paradossale: "Se mi chiami buono, considerami Dio; nessuno infatti è buono, se non Dio solo"
Gesù sta facendo proprio il contrario, cioè spingendo a credere nella sua divinità. “

E anche qui attraverso un’esegesi “ad hoc”, si fa dire a Gesù quello che serve. Al NT si può far dire tutto e il contrario di tutto. Dobbiamo limitarci al significato meno “contorto” altrimenti è inutile discutere. Il fatto che si definisca un buon pastore non significa affatto che intenda “buono” nel senso che si da a questo aggettivo se riferito a Dio, ed infatti lo dice chiaramente. Secondo questo contorto ragionamento Gesù ammonirebbe colui che lo paragona a Dio per fargli credere che invece è proprio di natura divina. Direi un contorsionismo mentale degno di uno Yogi.

“Questo lo spiega il già citato testo di Fil 2,6 sulla kenosis di Cristo, più antico di Marco di vent’anni, nel quale si dice che Cristo s’è sottomesso alle condizioni di serve per noi, anche all’ignoranza. Non poteva certo incarnarsi e rimanere onnisciente. “

Non vedo che rilevanza abbia questa obbiezione. Se sapeva del padre e di se stesso in quanto divino, sapeva anche che egli stesso avrebbe potuto aprire le porte del regno di Dio. Ma invece dice chiaramente che solo il Padre può.

“C’è chi invece guarda caso è giunto all’atteggiamento opposto, ossia che sono vere solo le affermazioni messianiche ed escatologiche mentre sono false tutte le affermazioni buonistiche, era cioè la cosiddetta fissazione per il Gesù rivoluzionario. “

Questo non fa che dimostrare quanta verità possa venir fuori da questi studi.

“evidentemente non poteva seguire qualcuno che non s’ era mai dichiarato nessuno. “

Una evidenza che evidenza non è. Difatti il cristianesimo e la divinizzazione di Cristo si diffuse in maniera direttamente proporzionale alla progressiva scomparsa dei testimoni oculari e al progressivo allontanamento dai luoghi della predicazione

saluti
Andrea
Polymetis
00martedì 6 giugno 2006 20:11
“sei il moderatore di questa sezione ?”

No, ma esiste una cartella nascosta come in tutti i forum dove i moderatori si mettono d’accordo sul da farsi.

“Invece i canonici sono la cronologia della vita di Gesù ?”

Sono una rilettura in chiave post-pasquale della vita di Cristo. Oggi si parla di storia kerygmatica.

“Sono intrisi di teologia e non raccontano i “fatti” per come accaddero, ma sono le trascrizioni delle numerose storie che si raccontavano su di lui.”

Io non so cosa voglia dire la parola “fatto”, in filosofia ormai va di moda dire “non esistono i fatti ma solo le interpretazioni”, cioè il prospettivismo ermeneutico. Io non condivido quest’ipostazione, ma, se vogliamo parlare dei Vangeli, basterà dire che nessun tipo di racconto, nemmeno un verbale stenografato mentre Cristo parlava, riporterebbe “i fatti”, nessun tipo di narrazione, anche la più fedele, esclude l’interpretazione dello scrittore, non è possibile cioè eliminare la sua mediazione. Infatti la Chiesa sostiene che nessuna scrittura va interpretata fuori dalla Traditio.

“C’è una leggera differenza tra il passare il Rubiconde e il risorgere dai morti, non credi ?”

Io no. Sei tu hai un paradigma scientista a priori secondo cui è vero solo ciò che vedi con frequenza o empiricamente rilevabile. Io qui mi limito a fare una constatazione di metodo storiografico: la vita di Cristo è uno dei fatti meglio testimoniati della storia antica, più della vita di Cesare.

“ogliamo parlare di epistemologia ?”

No, ho detto gli statuti epistemologici delle scienze antiche.

“ovvero che gli scienziati (compresi gli antichisti) non sono differenti dagli sciamani. “

Fayerabend ha solo preso di mira la certezza del metodo scientifico e l’assolutezza dei risultati. Il mio discorso è molto simile per certi versi a quello di Feyerabend,; sto appunto dicendo che le scienze antichistiche non hanno lo statuto epistemico delle cosiddette scienze dure né i loro stessi metodi di verifica dei dati.

“Chissà come mai eh ? Chissà chi sono stati coloro che hanno BRUCIATO tutto ciò che non era coerente con la loro teologia.”

No, per la banale ragione che questi Vangeli appartengono a delle sette minoritarie egizie, che per loro stessa ammissione vogliono essere d’élite. Qui non si tratta di campagne di roghi, anche per nel periodo storico che stiamo esaminando il cristianesimo aveva l’unico potere di nascondersi, e non certo di fare roghi in piazza.

“l trucco sta proprio in quel “sostanzialmente”.”

Il mio sostanzialmente vuol dire che il 98% delle differenze consistono in errori come parole ripetute o un termine saltato. Gli errori che possono cambiare il senso del periodo sono solo 200, e tutti facilmente espungibili, come è stato fatto. Di questi 200 che cambiano il senso della frase circa 15 hanno una portata dottrinale. Ergo stiamo parlando del nulla. Il NT in media ha meno errori di copiatura di altre opere classiche, fatta la proporzione ovviamente col numero di codici che esse posseggono.

“si leggono i passaggi ritenuti spuri perché NON sono in contrasto con la teologia, ma se venissero espunti, diverse cose cambierebbero.”

Vediamo di capirci. La Chiesa non ha canonizzato il Vangelo di Giovanni uscito dalle mani dell’autore, ha canonizzato tale Vangelo come si presentava nel IV secolo ai Concili di Ippona e Cartagine. Tutti i libri della Bibbia hanno una storia redazionale, ad esempio Isaia ha 3 autori, ma la Chiesa non ha canonizzato solo il proto-Isaia, bensì il libro intero con anche i capitoli del deutero-Isaia e del trito-Isaia. Se nelle Bibbie moderne si leggono ancora le pericopi di solito considerate aggiunge è perché la Chiesa considera canonico il testo ad punto fissato della sua formazione redazionale, cioè ritiene che i contribuiti della scuola giovannea, o aggiunti dall’autore stesso in un secondo momento, siano ispirati quanto il testo primitivo. Per la Chiesa non è in discussione quante redazioni abbia avuto un testo bensì se tali redazioni siano volute dallo Spirito Santo, come del resto avviene per tutti i libri dell’Antico Testamento. La Chiesa non pubblica un Vangelo di Giovanni senza la pericope dell’adultera per la semplice ragione che quando ha dichiarato ispirato il testo tale pericole era presente. Distinguere tra redazione originaria e redazione definitiva può interessare al filologo, al cristiano interessa invece sapere non se quel brano sia stato scritto da Giovanni ma se sia opera di Dio. Ecco perché non ha senso chiedere che vengano tolti dalla Bibbia quei passi. Ma ci sono altri tipi di aggiunte e quelli sì espungibili, come il comma giovanneo o altre varianti locali.

“Leggendo gli Atti e i Vangeli ed estrapolando frasi, si può far dire ai testi quasi tutto.”

Qui non si tratta di dire “quasi tutto” bensì che la Chiesa di Gerusalemme controllava la predicazione, e questo è attestato.

“La conoscenza del periodo apostolico ci deriva, oltre che dalle Epistole paoline, soprattutto dagli Atti degli Apostoli, anche se le loro forti tendenze alla trasfigurazione degli eventi sono ben note da lungo tempo e riconosciute pressoché unanimemente.”

Ma davvero? E ci fa degli esempi?

“I discepoli sperarono fino all'ultimo che Gesù avrebbe salvato Israele (Lc. 24, 21)”

Sì è una cosa ben nota. I discepoli di Cristo in tutto il Nuovo Testamento fanno ripetutamente la figura degli idioti perché pensano che Cristo sia un messia venuto a liberare Israele in armi, e Gesù li corregge continuamente. Ma questo non è un problema di Gesù ma del tipo di attesa messianica ebraica.

“obabilmente alcuni di loro restarono a Gerusalemme, ma la maggior parte tornarono forse in patria, in Galilea, ciò si evince con buona probabilità da Mc,. 14, 28 e 16, 7. Ed è lì che si costituì, forse, la cellula prima della Chiesa cristiana (Lohmeyer) e che si rafforzò l'idea della Resurrezione di Gesù.”

Mc 14,28 “Vi precederò in Galilea”
Mc 16:7 “Ma andate a dire ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea; là lo vedrete, come vi ha detto”

Questi versetti sono parole di Cristo risorto che dice ai suoi discepoli che apparirà loro in Galilea, cosa poi effettivamente raccontata (Mt 26,32; 28,7.10.16; Gv 21). Mi spiega costui come si possa ricavare da ciò che si fu un’emigrazione della Chiesa in Galilea e soprattutto che lì fu inventata la resurrezione? E come soprattutto?

“Questo gruppo, in ogni caso, appariva una setta giudaica più che una nuova comunità religiosa, rappresentando in un primo tempo una mera corrente dell'Ebraismo fra le tante allora in auge,”

Bisogna capirci su questo punto perché è un’ipotesi seria sostenuta anche dalla cosiddetta scuola di Gerusalemme e largamente condivisibile. I primi apostoli ebrei non si sentivano affatto non-ebrei, pensavano cioè che la loro religione non fosse separata dall’ebraismo bensì il compimento dell’ebraismo. Il problema avverrà con al conversione dei pagani. A questo punto il dilemma diventa se per diventare cristiani occorra passare per l’ebraismo. Il Concilio di Gerusalemme su questa faccenda darà le disposizioni che ben sappiamo. In seguito, la persecuzione ad opera degli ebrei propriamente detti, produrrà il vero distacco dalla sinagoga.

“he si distingueva dalla fede degli altri Ebrei principalmente per la credenza nell'immediato ritorno del Crocifisso (Atti, 24, 5)”

Le coordinate indicate non c’entrano nulla. Che credessero al ritorno immediato di Cristo è vero, ma non così immediato. Scrive Paolo: “Ora vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e alla nostra riunione con lui, di non lasciarvi così facilmente confondere e turbare, né da pretese ispirazioni, né da parole, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente. Nessuno vi inganni in alcun modo” (2Ts 2,3)

Nella scuola bultmanniana si insisteva molto sulla teoria secondo cui i cristiani attendevano un’imminente fine del mondo per ovvi motivi: chi è convinto che la fine sia questione di mesi non si prodiga certo nell’arte di scrivere testi. Era un modo come un altro per posdatare i Vangeli. Per far ciò ci si era serviti di una carrellata di passi che in realtà si riferivano alla resurrezione o alla trasfigurazione come questo: “In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza” (Mc 9,1) Peccato che subito dopo si racconti la trasfigurazione e dunque l’esaltazione gloriosa di Cristo, non ci voleva molto a fare due più due.

“rattutto il Vangelo di Matteo, opera di un ebreo cristiano, l'immagine tradita di Gesù venne colorita prima di tutto proprio da loro e reinterpretata nel senso del Giudaismo dei Farisei, ossequiente alla Legge.”

Questo Vangelo è per la vera legge, contro l’ipocrisia dei farisei. Si trovano infatti le celebri invettive contro la setta farisaica, dunque viene da chiedersi come l’autore possa parlare di “reinterpretazione nel senso del giudaismo farisaico”. Inoltre se Gesù rispetta il Sabato è per sua scelta, perché si sentiva di farlo, ma richiama a se una prerogativa divina dicendo: “Il Figlio dell'uomo è padrone anche del sabato” (M 12,[SM=g27989]

«Pregate soltanto che la vostra fuga non accada d'inverno o di sabato (!)» (Mt. 24,20)”

Che scoperta sensazionale. Qualcuno l’ha mai negato? Ci sono intere pagine degli Atti degli apostoli dove si spiega che la comunità ebraica continuava a rispettare la legge di Mosè mentre i gentile che si convertono dovevano limitarsi a poche restrizioni (At 15,23-29)
Oggi come nell’ottocento questa balla della mortale contrapposizione tra giudeo-cristiani e gentili è una balla.

“Nel passo corrispondente del Vangelo di Marco (pagano-cristiano), al contrario, Gesù si limita a dire: «Ma pregate anche che ciò non accada d'inverno! » (Mc. 13, 1[SM=g27989]

Per la banale ragione che il Vangelo di Marco era il Vangelo per comunità di Roma e dunque l’autore toglie sistematicamente tutte le disposizioni per soli Giudei, come aveva stabilito il Concilio di Gerusalemme, e ne mette di nuove, specifiche per i romani, quando ad esempio dice che non solo l’uomo non può divorziare dalla donna, ma neppure la donna dall’uomo, una precisazione del tutto inutile per i lettori di Matteo visto che nell’ebraismo divorziavano solo i mariti ma di capitale importanza per un pubblico di romani. Questa è quello che studia la storia della tradizione e che i protestanti col loro cieco letteralismo non si mettono in testa, ossia che i Vangeli sono solo la trascrizione della catechesi orale della Chiesa e che dunque dipendono da lei.

“La cerchia più antica dei discepoli di Gesù constava esclusivamente di Ebrei”

Che rivelazione sconcertante, guarda caso è quello che sta scritto anche nei nostri Vangeli. All’inizio della predicazione ebbe soli discepoli ebrei per la semplice ragione che predicava nel loro paese, ma questo non esclude la conversione di alcuni pagani come il centurione di Cafarnao.

“quali erano da un lato Israeliti rigidamente fedeli alla Legge, alla tradizione, alle festività giudaiche, alle norme alimentari”

Questo non è del tutto esatto, Cristo aveva dichiarato cadute le regole di purità col suo avvento. “Ascoltatemi tutti ed intendete: Non c'è nulla di esterno all'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono da lui che lo contaminano. Chi ha orecchi da udire, oda!». Quando poi egli fu rientrato in casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogarono sul significato della parabola. Ed egli disse loro: «Siete anche voi cosí privi d'intelligenza? Non capite voi che tutto ciò che dal di fuori entra nell'uomo non può contaminarlo, perché non entra nel suo cuore, ma nel ventre, e poi se ne va nella fogna?». Cosí dicendo, dichiarava puri tutti gli alimenti.” (Mc 7, 14-19) Il fatto è narrato anche da Matteo 7, 10-20

“n realtà, però, non si accenna mai a questa attività diaconale dei «Sette», al loro presunto servizio di mensa; al contrario, si parla dappertutto del loro servizio kerygmatico, della loro predicazione, che avrebbe dovuto essere un esclusivo privilegio degli Apostoli.”

Il testo non dice che i sette facessero servizio solo di mensa, bensì che furono scelti quei 7 proprio perché gli ellenizzanti si lamentavano che nella distribuzione dei beni in comune le loro vedove venivano trascurate. Non si dice cioè che i giudei provenienti dall’ellenismo non predicassero, si dice solo che questi sette in particolare avevano il compito di servire a mensa.

“Non lo si dimentica affatto, infatti Deschner dice”

Quando costui scrive la scuola svedese manco aveva pubblicato i suoi risultati, dunque non può né ricordarsi né dimenticarsi le loro teorie. Come già detto si tratta di archeologia bibliografica.

“E in principio mancò anche una storia orale coerente dell'opera di Gesù. La trasmissione letteralmente fedele di un racconto complesso è esclusa in una tradizione orale popolaresca, anche presso gli orienta”

Questo tordo evidentemente ignora che i giudei di allora sapevano a memoria quasi tutto l’Antico Testamento come ci dice Flavio nel Contra Apionem, ed ignora forse che intere epopee come l’Odissea e L’Iliade sono state tramandate oralmente dai rapsodi dei greci per secoli. Inoltre qui non si fa menzione, ne si potrebbe farla, del fatto che i logia di Cristo hanno dimostrato di esseri messi quasi in poesia (ovviamente in aramaico) al fine di facilitarne la memorizzazione, e che dunque si tratta di un messaggio veicolato da mandare a memoria.

“presumibile, piuttosto, che in un primo momento, dopo la morte di Gesù circolassero singoli frammenti, piccole unità narrative, parabole, massime o gruppi di massime, storie isolate, che in seguito vennero ricomposte e accorpate come in un mosaico.”

Questo non dice nulla di strano. Che circolino episodi raccontati in vario modo è palese. Si imparavano a memoria gli insegnamenti e non i fatti di cornice, che venivano raccontati a voce di volta in volta. Quello che non è ancora capito è come sia possibile, visto che i primi scritti del Nuovo Testamento sono di vent’anni dopo i fatti che raccontano, che si sia stata una deformazione così completa degli episodi, per giunta attestati spesso tra triplice fonte sinottica.

“Nonostante molteplici ritocchi e aggiustamenti, i Vangeli consentono ancora di determinare con chiarezza quanto fosse lungi dalle intenzioni del Maestro di Galilea la propria identificazione con Dio. Proprio i perfezionamenti apportati dai Vangeli più recenti al testo più antico svelano il processo neotestamentario di divinizzazione, come abbiamo già dettagliatamente mostrato. A questo punto ci limiteremo ad alcune aggiunte chiarificatrici del mutamento gravido di conseguenze che, attraverso i primi Apostoli, condusse da Gesù alla Cristologia paolina.”

Queste righe non dicono né dimostrano nulla. Non vedo l’argomentazione di cui parla.

“Mamma mia come si mette con facilità in bocca a Gesù parole che non ci sono nemmeno scritte nei Vangeli. Addirittura si deduce da alcune parole che casualmente coincidono con l’inizio di un salmo, ciò che aveva in mente di dire Gesù.”

Ma cosa stai dicendo? Nemmeno scritte nei Vangeli? Gesù da ebreo sulla croce cita un salmo molto famoso: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? L’esegesi è questa sin dagli albori della patristica.

“L’autore si riferisce alla sostituzione rispetto a Pietro.”

Appunto, il Vangelo di Pietro è stato esploso proprio perché inventava rispetto alla tradizione e ai Vangeli già consolidati.

“anche qui attraverso un’esegesi “ad hoc”, si fa dire a Gesù quello che serve.”

L’esegesi è banalissima.

“l fatto che si definisca un buon pastore non significa affatto che intenda “buono” nel senso che si da a questo aggettivo se riferito a Dio”

Ma il tizio che gli stava parlando si era rivolto a lui dicendo “Maestro buono”, perché mai rifiutare un titolo simile visto che lui stesso se l’era dato? Qui non è in questione cosa voglia dire “buono” riferito a Dio, ma perché mai Gesù dovrebbe rifiutare quel titolo che più volte lui si dà se non per condurre costui ad una verità superiore. Non è la prima volta che Gesù ragiona in via paradossale.

“on vedo che rilevanza abbia questa obbiezione. Se sapeva del padre e di se stesso in quanto divino, sapeva anche che egli stesso avrebbe potuto aprire le porte del regno di Dio.”

Veramente citavo Filippesi in relazione al fatto portato avanti dal tuo autore secondo cui Gesù non poteva essere Dio giacché ignorava la data della fine dei tempi, e io ho risposto che per la teologia ortodossa non fa invece nessuno scandalo in quanto il Figlio dell’uomo è sottomesso all’ignoranza intrinsecamente legata alla condizione di servo. Quanto al fatto che Cristo dica: non spetta a me scegliere chi siederà alla mia destra e alla mia sinistra, la spiegazione è altrettanto basilare, non può scegliere perché Dio conosce il nome degli eletti sin dall’inizio dei tempi, e dunque, poiché vede il futuro, sa chi sarà alla sua destra e chi no. Il padre stesso può solo preparare i posti in cielo per coloro che sa li avranno, ma spetta ai discepoli “meritarli”. Bisogna poi che ti schiarisci le idee sul fatto che la teologia cattolica insegna la sottomissione ed obbedienza di Cristo al Padre ma non la sua inferiorità, sono due cose diversissime. Questa è la miglior pagina internet che conosco a tal proposito: digilander.libero.it/domingo7/SOTTOMESSO.htm
Se vuoi indicazioni bibliografiche ovviamente sono a disposizione.

“Questo non fa che dimostrare quanta verità possa venir fuori da questi studi.”

Non fa che dimostrare come scartando a priori tutto quello che non ci piace si può creare qualsiasi Gesù che risponda ai nostri presupposti: il pacifista buonista, lo zelota, il femminista, il rabbì esistenzialista, il mago, il taumaturgo, l’esseno, ecc. Tutto le volte che si sono presi in mano i Vangeli e s’è provato a dire “questo sì e questo no” si sono prese strade che hanno portato in vicoli ciechi e che solo dopo decenni sono state riaggiustate.

“Una evidenza che evidenza non è.”

Io sto parlando delle primitivo kerygma cristiano. Com’è possibile che subito dopo la sua scomparsa questa gente si sia radunata in un movimento e abbia cominciato a predicare se costui a detta di Deschner non s’era neppure mai proclamato Messia?
Scrive C. Guignebert, ateo dichiarato, per trent’anni titolare della cattedra di storia del cristianesimo alla Sorbona di Parigi: “Questo profeta, che al massimo aveva suscitato una curiosità venata di simpatia tra i proletari di Galilea, fu uno di quei pretendenti al titolo messianico (più o meno degni di fiducia) che Israele vedeva di tanto in tanto spuntare tra le sue file. Il suo fallimento è stato totale. Egli si è dunque ingannato. La verosimiglianza, la logica, richiedevano che il suo nome e la sua opera cadessero nell’oblio, al pari di tanti altri che in Israele avevano creduto di essere qualcuno”. Di tanti messia sconfitti, solo i discepoli di Cristo, rinchiusi nel cenacolo per paura di essere trovati e fatti fuori come il loro maestro, risorgono tutto a un tratto e trovano la forza di conquistare il mondo e di arrivare fino al martirio. Questo è il miracolo che la scuola critica non è mai riuscita a spiegare.
Infatti prima che i papiri provassero che i Vangeli fossero del I secolo la scuola mitologica, cioè i negatori radicali dell’esistenza di Cristo, rinfacciavano alla scuola critica che se costui era davvero esistito non era possibile la sua divinizzazione in così poco tempo e soprattutto l’esplosione planetaria della predicazione. Scrive Couchaud il mitologo: “Chiunque tenterà di chiarire le origini cristiane dovrà prendere una grande decisione. Gesù è un problema. Il cristianesimo è un altro,. Egli non potrà risolvere l’uno dei due problemi se non rendendo l’altro insolubile. Se egli si attacca al problema Gesù , dovrà percorrere le vie di Renan, di Loisy, di Guignebert ( cioè le vie della scuola critica). Dipingerà, con maggiore o minore quantità di colori un agitatore messianico, un maestro del tempo degli ultimi Erodi. Gli attribuirà lineamenti verosimili per poterlo integrare nella storia. Se egli è un abile critico, farà un ritratto plausibile, tale da meritare un applauso. Ma il cristianesimo si leverà come un fatto inesplicabile. Come mai l’oscuro maestro si è mutato in Figlio di Dio, oggetto inesplicabile del culto e della teologia cristiani? Qui ci troviamo fuori dalle strade aperte dalla storia. Nel suo caso mancano le analogie, per le leggi che conosciamo della storia la nascita del cristianesimo è un’incredibile assurdità e il più bizzarro dei miracoli”. E sempre Couchaud aggiungeva: “In molte zone dell’impero, deificare una creatura particolare poteva essere cosa semplice. Ma in una nazione almeno ciò era del tutto impossibile: presso i giudei. Essi adoravano Jahvè, l’unico Dio, il Dio trascendente, l’indicibile, di cui non si tracciava la figura, di cui non si pronunciava nemmeno il nome, che era separato da abissi invalicabili da ogni creatura. Associare Jahvè a un uomo, chiunque fosse, era il massimo sacrilegio, l’abominazione suprema. I giudei onoravano l’imperatore, ma erano disposti a farsi lapidare, piuttosto che confessare anche solo con l’estremità delle labbra che l’imperatore era un Dio. Si sarebbero fatti lapidare, del resto, anche se fossero stati obbligati a dirlo di Mosè. E il primo cristiano di cui ascoltiamo la voce, Paolo, un ebreo figlio di Ebrei, assocerebbe un uomo a Jahvè nel modo più naturale? Ecco il miracolo di fonte al quale recalcitro[…] Come sostenere che Paolo, un giudeo della Cilicia, fariseo d’educazione, parlando di un giudeo della Galilea, suo contemporaneo, abbia potuto impiegare senza ribellarsi i testi sacri coi quali viene nominato Jhavè?”
Si chiedeva Malochovec, il marxista autore di un “Gesù per gli atei” e professore a Praga: “Come mai i seguaci di Gesù, in particolare il gruppo di Pietro, furono capaci di superare la terribile delusione, lo scandalo della croce, approdando anzi a un offensiva vittoriosa? Come mai un profeta le cui predizioni non s’erano avverate è potuto diventare il punto di partenza della più grande religione del mondo? Intere generazioni di storici si sono poste queste domande e continueranno a porsele.” Questo miracolo che ha portati i discepoli dalla frustrazione più totale della morte servile del loro maestro all’opera entusiasta di predicazione è a mio avviso la resurrezione. Poi ognuno tragga le conseguenze che vuole. E si badi che Guignebert dà per scontato che Cristo si fosse dichiarato messia, dunque il suo movimento sarebbe l’inspiegabile ripresa di un messianismo sconfitto. Mentre per Deschner Gesù neppure s’era dichiarato messia. Ma allora come spiegare il primissimo kerygma poi fluito trent’anni dopo nei Vangeli?

Qui di dimenticano due cose. In primis la vicinanza temporale che non consente di aggiungere e togliere a piacimento, pena l’essere smentiti dai testimoni oculari. Scriveva giustamente il biblista tedesco A. Läpple: “Se gli apostoli e con loro le prime comunità, nel loro insegnamento e nei loro scritti, si fossero allontanati dalla verità anche di poco, avrebbero scavato la fossa alla chiesa nascente con le loro stesse mani. Nella Palestina di allora erano ancora vivi tanti che avevano visto Gesù e che avrebbero smascherato subito le falsificazioni. Ma, soprattutto, l’ostilità degli oppositori li costringeva a non allontanarsi dai fatti come si erano svolti”.


A parte il fatto che non ci sono precedenti di gente mitizzata in pochi decenni, resta sempre il fatto che la Chiesa primitiva non era in mano a pagani ma a giudei, dei rigidi monoteisti venati da un disprezzo vetero-testamentario per il paganesimo e quella che loro consideravano idolatria. Come già scritto lo stesso Paolo va ad apprendere quale sia l’ortodossia sul cristianesimo e su Cristo dai sui apostoli a Gerusalemme. Com’è possibile che questo mito-Cristo sia stato costruito con elementi pagani da dei giudei quando nel Nuovo Testamenti stesso, e soprattutto in Paolo che viene accusato di essere l’ellenizzatore, traspare il disprezzo per l’idolatria pagana tipico dell’Antico Testamento? E’ Paolo stesso, colui che abbiamo visto esaltare Cristo al pari di YHWH nella lettera ai Filippesi, a condannare nella lettera ai Romani i pagani con queste parole: “Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli.”(Rm 1,24) E costui si sarebbe sognato di divinizzare Cristo se lui stesso non avesse proclamato di essere Dio? Ne dubito. Quando va ad Atene la sua psicologia verso il paganesimo ci viene ben descritta dal suo discepolo Luca: “Mentre Paolo li attendeva ad Atene, fremeva nel suo spirito al vedere la città piena di idoli.” (At 17,16)

Quando iniziano a circolare i vangeli negli anni sessanta molti apostoli erano ancora vivi, ma, anche se così non fosse ci si trovasse dinnanzi ad un negazionismo oltranzista, si può forse immaginare che già la seconda generazione, cioè coloro che avevano ascoltato direttamente gli apostoli e dunque erano al corrente della verità, siano improvvisamente impazziti e abbiano divinizzato quest’uomo? Questo fenomeno supposto non ha spiegazione, e francamente è un tantino ridicolo. Il negazionismo dell’ottocento se ne rendeva conto, e infatti posdatava i Vangeli, ma ora che i papiri egizi hanno messo un limite alla loro fantasia come spiegano una cosa simile? Deschner fa il finto tonto e cita tutti esponenti della vecchia scuola, quella cioè in cui era possibile ipotizzare un arco di cronologico considerevole per dar tempo al mito di formarsi. Per l’ennesima volta ripeto dunque che qui non servono libri sul Gesù storico ma saggi sulla storia della ricerca del Gesù storico, sono arcistufo di confutare teorie di 50 anni fa già demolite da intere biblioteche specialistiche. Non ho né tempo né voglia di stare a confutare intere pagine incollate da dilettanti con gli scritti di un dinosauro screditato da tutti, e sopratutto non ho tempo da perdere con gli antichisti improvvisati che pensano d’aver capito qualcosa del cristianesimo primitivo (come tutti ormai). Questa discussione ritorni in tema.
spirito!libero
00martedì 6 giugno 2006 21:03
Re:

Scritto da: Polymetis 06/06/2006 20.11
“sei il moderatore di questa sezione ?”

No, ma esiste una cartella nascosta come in tutti i forum dove i moderatori si mettono d’accordo sul da farsi.

Non ho né tempo né voglia di stare a confutare intere pagine incollate da dilettanti con gli scritti di un dinosauro screditato da tutti, e sopratutto non ho tempo da perdere con gli antichisti improvvisati che pensano d’aver capito qualcosa del cristianesimo primitivo (come tutti ormai). Questa discussione ritorni in tema.



Non c'è problema. Dalla prima fase capisco che non è gradito il mio apporto, dalla seconda il solito disprezzo/attacco ad personam. Sono io che mi sono rotto di continuare a parlare di contenuti senza lanciare accuse alle persone ed essere ricambiato con accuse personali e, se va bene, qualche riga che parli dei contenuti. Di tutte le volte che ho parlato di Deschner è il primo 3d nel quale entri nel merito di qualche sua frase, concludendo degnamente [SM=x511458] !!.

Visto che fai un giudizio di merito, ti rispondo con la stessa moneta, a mio avviso invece tu ti limiti a seguire il tuo autore preferito, che sappiamo chi è, dal quale pendi dalle labbra e del quale riporti ogni volta, per ogni obbiezione, la contro obbiezione costruita "ad hoc".

In ogni caso, visto che questo 3d deve ritornare in tema, non risponderò qua alle tue obiezioni ma aprirò un 3d apposito.


saluti
Andrea

[Modificato da spirito!libero 06/06/2006 21.04]

Polymetis
00martedì 6 giugno 2006 21:17
“Dalla prima fase capisco che non è gradito il mio apporto”

Non in questa discussione.

“Sono io che mi sono rotto di continuare a parlare di contenuti”

Non è esatto, continui a copiare contenuti, da pessima fonte come abbiamo visto. Il vero probelam è che senza una formazione antichistica non si ha modo di sapere se quello che si legge è spazzatura, e sopratutto senza conoscere le varie scuole di pensiero e la loro evoluzione interna non si è in grado di capire quali sono gli approcci superati.

“senza lanciare accuse alle persone ed essere ricambiato con accuse personali e, se va bene, qualche riga che parli dei contenuti”

Il mio post era interamente dedicato a confutare riga per riga quell’articolo. Semplicemente visto che il tuo stile consiste nell’incollare pagine, oltre all’esasperazione di leggerle e di confutarle per chi si rende conto che sono idiozie, si aggiunge il dispendio di tempo.

“Visto che fai un giudizio di merito, ti rispondo con la stessa moneta, a mio avviso invece tu ti limiti a seguire il tuo autore preferito”

Ne ho molti, ma di solito non vado a simpatia bensì a branca specialistica.

“In ogni caso, visto che questo 3d deve ritornare in tema, non risponderò qua alle tue obiezioni ma aprirò un 3d apposito.”

Meraviglioso. Possibilmente non postare papiri, perché c’è chi le risposte non le incolla ma le scrive, e ci impiega tempo.

Ad maiora
spirito!libero
00mercoledì 7 giugno 2006 00:25
"Meraviglioso. Possibilmente non postare papiri, perché c’è chi le risposte non le incolla ma le scrive, e ci impiega tempo."

Non le incollo e basta le risposte, scrivo molto del mio e prendo dei brani dopo essermi letto quale migliaio di pagine, il che ha richiesto tempo, anche se secondo te non ne valeva la pena, del resto tu leggi solo quello che tira acqua al tuo mulino.
spirito!libero
00sabato 10 giugno 2006 20:55
Ho postato la risposta nel 3d che presenta temi analoghi:

freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=43257&idd=2525
barnabino
00giovedì 27 luglio 2006 01:03
Che rivista scientifica è questa "diva donna"?

Il fatto è che la "logica" di Dan Brown nasce, volgarizzata, d una certa critica che chiesa cattolica ha recentemente sposato. Sei vangeli sono della fine del I secolo e sono il prodotto della "tradizione" cattolica allora non sono molto più storici degli apocrifi, sono solo due "tradizioni" che si scontrano.

La chiesa voleva tenere la "critica" dentro le università e dare in pasto ai fedeli le solite storielle, ora si trova sul filo del rasoio, divisa tra il sostegno dati alla critica e la paura di Dan Brown. In quanti a Nicolotti concordo con gabbiano che non dice assolutamente nulla nel timore di sbilaciarsi ora contro la CCR e ora contro la critica.

Caro spirito libero


del resto tu leggi solo quello che tira acqua al tuo mulino



Te ne sei accorto solo ora? [SM=g27988]

Shalom

[Modificato da barnabino 27/07/2006 1.08]

M.Tamburino
00giovedì 27 luglio 2006 09:38
Retropensiero: vediamo se riusciamo a "navigare" tra gli interessantissimi posts di questi giorni...

Il fatto è che la "logica" di Dan Brown nasce, volgarizzata, d una certa critica che chiesa cattolica ha recentemente sposato. Sei vangeli sono della fine del I secolo e sono il prodotto della "tradizione" cattolica allora non sono molto più storici degli apocrifi, sono solo due "tradizioni" che si scontrano

Premetto che questa affermazione non mi sconquiffera neanche un po' e non è retrodatando uno scritto che si esce dal dilemma (altrimenti dovremmo dire che se il Codice da Vinci fosse stato scritto nel primo secolo sarebbe meno romanzoromanzato di quello che in realtà è oggi ...).
Il punto è, al di là delle critiche che si possono muovere a Polymetis ed alle sue opinabili idee ma non certo da quattro soldi (o volete dirmi che la "cultura" si fa nei forum? Ai miei tempi c'era la Scuola Radio Elettra ...), che gli apocrifi non vengono rigettati in quanto posticci-perché-lo-dice-la-CCR ma in quanto "romanzati" (come Il Codice da Vinci, appunto). Non c'entra nulla la retrodatazione ma il contenuto.
In Dan Brown i protagonisti sono due "fighi", COME negli apocrifi ("l'acqua smise di scorrere, si fece silenzio nei cieli ...) mentre nei vangeli Pietro è un traditore, che capisce poco, che si fa spaventare da una portinaia ecc. ecc. ecc.
A chi, come me, non disquisisce se la Scrittura è da annoverare fra la cronaca o meno, tutto il resto è chiacchera: non mi interessa sapere se la serva che spaventa Pietro in realtà fosse un energumeno. La buona novella sta nel fatto che anche per i traditori c'è una speranza ...
Ciò detto, la vera verità è che la Chiesa Cattolica Romana non teme proprio nulla, caro Barnabino, e lo sai perché? Perché mediamente (e lo dico a ragion veduta visto che mi considero parte del mondo medio), mediamente dicevamo alla "casalinga di Voghera" non può fregare di meno e degli apocrifi e dei vangeli e del romanzo di Dan Brown.
Può dare fastidio, questo sì, ma temere uno che sforna libri come il mio panettiere ... dài!!!!
[SM=x511455]

[Modificato da M.Tamburino 27/07/2006 9.42]

barnabino
00giovedì 3 agosto 2006 00:50
Caro Tamburino,


gli apocrifi non vengono rigettati in quanto posticci-perché-lo-dice-la-CCR ma in quanto "romanzati"



Per la critica moderna anche i vangeli sono "romanzati" ne più e ne meno degli apocrifi. Si tratta solo di tradizioni differenti ma entrambe frutto di rielaborazioni più o meno prive di storicità, parlo dei miracoli, delle profezie e per qualcuno persino la morte sullo stauros e la risurrezione.

Era in questo senso che intendevo che Dan Brown non fa altro che "volgarizzare" (guarda che ho scritto volgarizzare!) quello che circola da anni in un certo mondo accademico che piace tanto a certi cattolici, il fatto è che oggi si trovano a navigare tra Scilla e Cariddi per salvare da una parte la critica tanto osannata fino a ieri e dall'altra il primato dei vengeli... ne risulta un tentativo piuttosto ibcerto visto dalla parte di chi ha da sempre sostenuto una datazione alta dei vangeli, senza l'ossessione dogmatica del 70.

Non a caso il Nicolotti, da "bravo scolaretto" diligente, non si sbilancia (in attesa di istruzioni da Roma?).

Ciao



[Modificato da barnabino 03/08/2006 0.53]

M.Tamburino
00giovedì 3 agosto 2006 08:47

Per la critica moderna anche i vangeli sono "romanzati" ne più e ne meno degli apocrifi. Si tratta solo di tradizioni differenti ma entrambe frutto di rielaborazioni più o meno prive di storicità, parlo dei miracoli, delle profezie e per qualcuno persino la morte sullo stauros e la risurrezione

Esattamente. Esistono poi romanzi di fantascienza oppure più "realistici" dove i personaggi possono essere più o meno reali ma credibili. Il punto è quindi la credibilità del personaggio: se ti parlo delle gesta di Schindler posso ancora romanzare alcune parti ma la storia può essere credibile; se ti parlo di uno che si veste di tuta e mantello e sfreccia nel cielo per salvare gli Ebrei deportati, forse un po' meno ...
In un mondo, quello dei primi secoli, dove non c'era Internet e l'elenco del Telefono, io credo che la scelta dei libri sacri fu fatta individuando quelli apostolici o della cerchia apostolica. E non essendoci il rogito notarile, si scelsero alcuni criteri (fallibili?) di apostolicità (definita come sopra) e di diffusione presso le comunità. E probabilmente fu il contenuto ad aiutare il rispetto di quei due requisiti.

Era in questo senso che intendevo che Dan Brown non fa altro che "volgarizzare" (guarda che ho scritto volgarizzare!) quello che circola da anni in un certo mondo accademico che piace tanto a certi cattolici, il fatto è che oggi si trovano a navigare tra Scilla e Cariddi per salvare da una parte la critica tanto osannata fino a ieri e dall'altra il primato dei vengeli... ne risulta un tentativo piuttosto ibcerto visto dalla parte di chi ha da sempre sostenuto una datazione alta dei vangeli, senza l'ossessione dogmatica del 70

Anche questo non mi sconquiffera. L'errore che a mio avviso fai tu, ed altri miei confratelli, è quello di prendere il "metodo" adottato nel mondo del Sola Scriptura e pensare che si adatti a quello cattolico. In quest'ultimo c'è il mondo della ricerca, che è una zona piuttosto franca, e quello della Pastorale.
Nel secondo si insegna come "andare in cielo" (od in Terra ... e non commentare!), nel primo si applicano metodi umani a ciò che è ritenuto il deposito del primo (concetto che fa rabbrividire, perché mi pare che si metta Dio in una provetta).
Nel mondo del Sola Scriptura questo è potenzialmente inconcepibile. E non lo dico con disprezzo. Dico solo che le scelte a monte sono diverse. Per cui, nello specifico, pensare che esista un "modo TdG da cattolicizzare" (passamelo) è per me inconcepibile.

Non a caso il Nicolotti, da "bravo scolaretto" diligente, non si sbilancia (in attesa di istruzioni da Roma?)

Guarda che i romanzi di Dan Brown li trovi tranquillamente alle Paoline. E questo la dice lunga sulle istruzioni romane e sul diverso grado di controllo presente in altre case editrici o librerie che dir si voglia.

Sai comunque qual è il vero spartiacque? Che nel mondo diciamo "riformato" la Fede segue subito dopo il Libro che, non essendo appunto oggetto di discussione, diventa un elemento esogeno. Nel mio mondo, la Fede precede il Libro e l'ingloba.

PS Se ti chiedo chi sono Scilla e Cariddi, mi mandi al diavolo??
barnabino
00giovedì 3 agosto 2006 10:52
Caro Tamburino,

Guarda che io sono completamente d'accordo con te, il problema è che la critica la vede un pò diversamente

E non essendoci il rogito notarile, si scelsero alcuni criteri (fallibili?) di apostolicità (definita come sopra) e di diffusione presso le comunità. E probabilmente fu il contenuto ad aiutare il rispetto di quei due requisiti.


Su questo la critica ci va a nozze, infatti il criterio di "apostolicità" per essi fu scelto da un gruppo genericamente "maggioritario" o che si impose per motivi "politici" senza alcun rapporto con la maggiore o minore storicità dei vangeli canonici rispetto aa quelli apocrifi.

Per al critica i vangeli sono solo il racconto della "comunità" che rielaborò, come i vangeli apocrifi, fonti comuni in senso mitico.

Tieni conto che ci soni poi differenze, ci sono vangeli apocrifi che la chiesa non ritenne "eretici" (e sono quelli più fantasiosi) scritti alla fine del II secolo e inizio del III con storie più o meno mirabolanti su Maria, Santi e varie (storie che la chiesa accetta come tradizione) ed altri "eretici" molto antichi, sorta di logia segreti, come Tommaso che molti considerano come il quinto vangelo.

Nel mondo del Sola Scriptura questo è potenzialmente inconcepibile. E non lo dico con disprezzo. Dico solo che le scelte a monte sono diverse


Non vedo davvero perchè, la critica è nata non nel mondo cattolico (che fino a pochi anni fa disassociava o licenziava gli studiosi modernisti) ma in quello protestante della "sola scrittura". Anche chi crede nella "sola scrittura" usa il metodo storico-critico ma non lo radicalizza. Non è un discorso di metodo ma di "conclusioni" a cui si arriva. Se tu parti dal presupposto che Dio "non possa" fare miracoli o ispirare una profezia è certo che non puoi che arrivare a certe conclusioni il fatto è che metti dei "paletti" alla tua ricerca e dunque non sei scientifico ma piuttosto diventi dogmatico più di chi crede nella "sola scrittura" come dimostrano le nostre discussioni. Non si tratta di questioni "filologiche", almeno per quanto ho letto io in questi anni.

Guarda che i romanzi di Dan Brown li trovi tranquillamente alle Paoline. E questo la dice lunga sulle istruzioni romane e sul diverso grado di controllo presente in altre case editrici o librerie che dir si voglia


Io nella mia città non l'ho visto, e neppure nella tua, vedi un pò tu! Io comunque non parlo di sbilanciamento delle autorità romane o delle librerie Paoline ma di quello di certi "studiosi" cattolici alla Nicolotti che trovandosi a ripetere peddissequamente quello che dice la critica ora si trovano nell'impasse di difendere la stessa critica ed al contempo tempo di mettere dei paletti alla stessa.

Che nel mondo diciamo "riformato" la Fede segue subito dopo il Libro che, non essendo appunto oggetto di discussione, diventa un elemento esogeno. Nel mio mondo, la Fede precede il Libro e l'ingloba


La fede precede sempre il "libro" anche nella chiesa riformata. E' la fede in Dio che ci fa credere che la sua parola è verità e non viceversa. La critica, quando non metti dei paletti, non fa che confermare questo pensiero.

Shalom


Claudio Cava
00mercoledì 3 gennaio 2007 20:18

Una storia di equivoci è quella che ha segnato fin dalle origini la figura di Maria proveniente da Magdala, un villaggio posto sulla costa occidentale del lago di Tiberiade, allora centro commerciale ittico, tant’è vero che in greco si chiamava Tarichea, cioè «pesce salato». Da questa località, Maria emerge all’improvviso nel Vangelo di Luca (8, 1-3), in un elenco di discepole di Cristo. Il ritratto è abbozzato con una sola pennellata: «Maria di Magdala, dalla quale erano usciti sette demoni». Il «demonio» nel linguaggio evangelico non è solo radice di un male morale ma anche fisico che può pervadere una persona. Il «sette», poi, è il numero simbolico della pienezza. Non possiamo, dunque, sapere molto sul male grave, morale o psichico o fisico che colpiva Maria e che Gesù le aveva eliminato. La tradizione popolare, però, nei secoli successivi non ha avuto esitazioni e ha fatto diventare Maria Maddalena una prostituta. Ma perché? La risposta è semplice: nella pagina evangelica precedente, il capitolo 7 di Luca, si narra la storia di un’anonima «peccatrice nota in quella (innominata) città». L’applicazione era facile ma infondata: questa «peccatrice» pubblica dovrebbe essere Maria di Magdala, presentata poche righe dopo! A lei venne, allora, attribuita tutta la vicenda raccontata dall’evangelista. Saputo della presenza di Gesù a un banchetto in casa di un notabile fariseo, essa aveva compiuto un gesto di venerazione e di amore particolarmente apprezzato dal Cristo: aveva cosparso di olio profumato i piedi del rabbì di Nazaret, li aveva bagnati con le sue lacrime e li aveva asciugati coi suoi capelli.
A questo primo equivoco ne subentrava un altro, in una specie di giuoco delle sovrimpressioni. È noto, infatti, che nel capitolo 12 di Giovanni, Maria, sorella di Marta e di Lazzaro, amici di Gesù, compie lo stesso gesto - che, tra l’altro, era segno di ospitalità e di esaltazione dell’ospite - dell’anonima peccatrice di Luca. Infatti, durante il pranzo, «cospar ge i piedi di Gesù con una libbra di olio profumato di vero nardo assai prezioso e li asciuga coi suoi capelli». È così che nella tradizione cristiana Maria di Magdala viene trasformata in Maria di Betania, sobborgo di Gerusalemme! Frattanto, però, Maria Maddalena era effettivamente giunta a Gerusalemme alla sequela di Gesù per vivere con lui e coi discepoli le sue ultime ore tragiche. Tutti gli evangelisti sono, infatti, concordi nel segnalare la sua presenza al momento della crocifissione e della sepoltura di Cristo. Ed è proprio accanto a quella tomba nella luce ancora pallida dell’alba di Pasqua che il Vangelo di Giovanni (20, 11-1[SM=g27989] ambienta il celebre incontro tra Cristo e Maria di Magdala. […]
Ce n’è abbastanza per chi, ignaro di simbolica biblica (la Sapienza esce dalla bocca dell’Altissimo secondo l’Antico Testamento), voglia seminare sospetto su Maria e su Gesù, fantasticando una relazione sessuale tra i due. In realtà, in tutti gli scritti gnostici cristiani la Maddalena è solo l’esempio della conoscenza piena dei misteri divini. In un altro testo gnostico, il trattato Pistis Sophia, ove appare per ben 77 volte, la Maddalena diventa l’emblema dell’umanità redenta di tipo androgino (un’altra deformazione!) perché, secondo Paolo, «non ci sarà più né uomo né donna ma tutti saranno uno in Cristo Gesù» (Galati 3, 2[SM=g27989]. Ma la sua funzione di segno della Sapienza divina sarà esplicita in questa beatitudine messa in bocca a Gesù dall’autore gnostico: «Te beata, Maria, ti renderò perfetta in tutti i misteri dell’alto. Parla apertamente tu, il cui cuore è rivolto al Regno dei cieli più di tutti i tuoi fratelli!» (17, 2). Una santa vittima di equivoci, quindi, sospesa tra due estremi: carnalmente abbassata a prostituta o ad amante, spiritualmente elevata a Sapienza trasfigurata. Per fortuna l’unico che la chiamò per nome, Maria, e la riconobbe confermandola come sua discepola fu proprio Gesù di Nazareth, in quell’alba di Pasqua.

Fonte: Avvenire.it
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