Cara Topsy,
La parabola di Cristo è da inscrivere nella sua polemica contro la tradizione che aveva ucciso lo spirito della legge. Commentando la domanda dell'uomo versato nella legge: "chi è realmente il mio prossimo?" l'evangelista dice che egli "voleva mostrarsi giusto" (Lc 10,29).
La legge in Levitico diceva chiaramente di amare proprio prossimo come se stessi. Una legge, se ci pensi, rivoluzionaria!
Alcuni ebrei però sostenevano che con l'espressione "prossimo" si dovesse intendere il proprio vicino ovvero solo gli eberi. Non a caso per la sua parabola Gesù sceglie un samaritano, disprezzato dagli ebrei.
Gesù sconvolge questa tradizione facendo capire che il prossimo non è colui che "ci sta" vicino ma piuttosto colui "verso il quale" andiamo vicino.
La TNM, molto letterale, rende la voce attiva del versetto 36 con: "Chi di questi tre ti sembra che
si sia reso prossimo all'uomo che cadde fra i ladroni?".
Qui diventa evidente che per Gesù la condizione di "prossimo" è attiva, sono io che devo rendermi prossimo, non dipende dalla condizione (nazionalità, religione, personalità, ecc.. ) dell'altro ma piuttosto da un mio deliberato atto di misericordia. Devo essere io, ci dice Cristo, a prendere l'iniziativa di amare. Solo in questo modo la legge ha davvero un senso.
Ciao