Chiesa Cattolica e libertà di culto...

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rinata4
00mercoledì 6 ottobre 2004 23:24
Giovedì 7 Ottobre 2004

Essere cristiani in Turchia
La libertà religiosa nei Paesi a maggioranza Islamica Rapporto 1998
Turchia
POPOLAZIONE: 63.528.000
RELIGIONE: islam 99.8% (sunnita 80% - sciita 19.8%); cristianesimo 0.2%
Cattolici: 28.575
Vicariato apostolico: Anatolia - 5.000; Istanbul - 15.000; Esarcato patriarcale dei Siri: - 2.110; Diocesi: Istanbul - Costantinopoli degli Armeni - 3.670; Esarcato apostolico per i cattolici di rito bizantino - 45; Caldei: Diarbekir, Amida dei Caldei - 1.500; Latini: Diocesi: Izmir - 1.250

(alleanzacattolica.org) L’islam non è più religione di Stato in Turchia dal 1928. Secondo la Costituzione della repubblica turca, ognuno ha libertà di coscienza e credo religioso, le celebrazioni e il servizio liturgico possono essere svolti liberamente. Nessuno può essere forzato a partecipare a riti, ovvero essere accusato per il suo credo e le sue convinzioni. Educazione, istruzione religiosa ed etica vengono condotte sotto la supervisione dello Stato, sono obbligatorie nel corso degli studi primari e secondari. Altro tipo di insegnamento religioso è soggetto al desiderio del singolo e, nel caso di minori, alle richieste dei suoi rappresentanti legali. Il governo ha approvato recentemente misure destinate a sopprimere l’insegnamento islamico finanziato dallo Stato, vietato il fez e il velo e ha deciso di adottare l’alfabeto latino, abolendo quello arabo.

A nessuno è permesso sfruttare o abusare dei sentimenti e cose ritenute sacre, per qualsiasi influenza personale, politica, o anche solo parzialmente basare l’ordine fondamentale, sociale, economico, politico e legale dello stato sulle dottrine religiose. La vita per i credenti non è facile, si verificano violenze e incarcerazioni in odio alla fede, l’evangelizzazione è ostacolata perché i cristiani vengono assimilati ai terroristi armeni e ai testimoni di Geova. Nel 1996 è salito al governo Erbakan, per la prima volta un musulmano, ma il suo esecutivo è caduto nel 1997 e sostituito da Mesut Ylmaz, sfiduciato dal Parlamento nel novembre 1998.

Le comunità minoritarie devono affrontare sfide e restrizioni che riguardano, come nel caso dei musulmani, le pratiche e le tradizioni religiose. Le religioni minoritarie non riconosciute dal Trattato di Losanna del 1923, ad esempio, non sono autorizzate ad acquisire beni per le loro attività di culto. Ma anche le comunità riconosciute subiscono impedimenti, come il divieto di utilizzare locali di proprietà: accade per il Seminario di Halki del Patriarcato Ecumenico e per il Seminario della Santa Croce della Chiesa ortodossa apostolica armena, entrambi chiusi dal 1971. In altri casi, i beni delle comunità religiose sono stati confiscati dallo Stato senza che venisse riconosciuto alcun risarcimento. Difficile, se non impossibile, ottenere permessi per costruire nuovi luoghi di preghiera o per restaurare le chiese esistenti.

Anche se il proselitismo non è formalmente proibito, in Turchia sono stati incarcerati militanti musulmani e cristiani evangelici con il pretesto che l’espressione pubblica del loro culto avrebbe provocato problemi alla pace. Otto cittadini statunitensi sono stati arrestati nel marzo 1998 perché distribuivano copie del Nuovo Testamento nelle strade di Eskisehir.

Alcuni musulmani, qualificati come “estremisti” dal governo turco, sono stati vittime di discriminazioni. La partecipazione politica conosce limitazioni, come è accaduto in occasione della soppressione del Partito del Benessere (Refah) all’inizio del 1998 e delle recenti condanne e interdizioni che hanno colpito il sindaco di Istanbul Erdogan. Musulmani praticanti vengono non occasionalmente licenziati da alcuni impieghi e degradati o espulsi dall’esercito ed emarginati politicamente.

Eppure, la maggioranza del popolo è musulmana, con un ritorno al più stretto islamismo che si manifesta negli episodi d’intolleranza nei confronti dei cristiani. Un’anziana coppia di cristiano-assiri, l’ultima rimasta a Mzizah, vicino Midyat, in procinto di trasferirsi come tutti gli altri della medesima religione, verso il sud ovest della Turchia, è stata trucidata nella sua abitazione. Nel Tur Abdin vivono oggi 2.300 cristiani siro-ortodossi: meno di quaranta anni fa erano 150mila. La “KNA” del 30 settembre 1997 e “Menschenrechte” (novembre-dicembre 1997) danno la notizia di un appello lanciato affinché si trovi un luogo dove questo popolo, l’unico che parla ancora l’aramaico, lingua di Gesù Cristo, possa condurre la propria esistenza senza soprusi e violenze.

Il 12 gennaio 1998, informa “Ecumenical News International”, un sacrestano greco ortodosso è stato trovato ucciso all’interno della chiesa Agios Therapontas, una delle più antiche di Istanbul, dalla quale sono state rubate icone e oggetti preziosi. Il governo turco, accusato di non attuare alcun piano preventivo, respinge ogni responsabilità. Il 3 dicembre 1997, una bomba aveva colpito il quartier generale del Patriarca Ecumenico, ferendo un diacono e provocando danni alla chiesa. I fondamentalisti islamici, che non vogliono luoghi santi cristiani nella città, sono chiamati in causa, anche se non esistono prove evidenti della loro responsabilità nell’attacco al cittadino greco.

Il 22 gennaio 1998, riporta “Droits de l’homme sans frontières”, i cristiani caldei provenienti dal nord dell’Iraq sono stati oggetto di un’ondata di arresti che ha riguardato circa cinquemila persone. I rifugiati, di cui non si conosce il numero e tra i quali vi sono anche dei curdi, risiedevano per la maggior parte a Istanbul, ma anche in altre regioni del Paese. Tutti i corpi di polizia avrebbero ricevuto istruzioni per arrestare i rifugiati e rinviarli alla frontiera. Senonché, questo potrebbe significare spedirli al massacro in un Paese da cui sono fuggiti ai tempi della Guerra del Golfo.

Secondo l’“Agence de Presse Internationale Catholique”, di Friburgo, in Svizzera, nella notte tra il 30 e il 31 marzo 1998 sono state profanate più di 72 tombe nel cimitero cristiano di San Eleuterio. Quindici sepolcri sono stati aperti e le ossa sparse tutt’intorno. I cristiani a Istanbul sono un’effimera minoranza tra dieci milioni di musulmani. Prima dell’uccisione del sagrestano e della bomba di dicembre, c’erano stati altri attentati, uno nel 1996 e due bombe a tempo nel 1994, trovate prima dell’esplosione nel cortile del patriarcato.

Al terzo incontro del Consiglio islamico dell’Eurasia, informa l’agenzia “Fides”, il relatore responsabile della Direzione degli Affari religiosi della Turchia si è riferito al cristianesimo come una minaccia, ribadendo la necessità di attività missionarie per prevenire un incremento di questa religione.

A fronte della richiesta di inserire la Turchia tra le mete di pellegrinaggio per l’Anno Santo, il governo di questo Stato si troverà anche a dover affrontare la situazione dei cristiani nel suo Paese. Oltre ai ventimila battezzati, sono presenti in realtà quattro milioni e mezzo di cristiani che vivono nell’anonimato. Monsignor Ruggero Franceschini, in Turchia da undici anni, intervistato da “Avvenire” l’11 agosto 1998, dichiara che ci sono circa ottomila latini, centomila siro-cattolici, altrettanti ortodossi dipendenti da Damasco, quattrocentomila armeni e centocinquantamila immigrati russi ortodossi. I cristiani non accedono al parlamento, né alla carriera militare. Il pericolo del fondamentalismo c’è, a causa di integralisti che premono su un nazionalismo esasperato. La nota positiva è che dopo tanti anni è stato insediato finalmente in Anatolia un vescovo cattolico.

“Human Rights Without Frontiers” del 3 settembre 1998 informa che il Ministro degli Interni turco ha compiuto un tentativo per esautorare l’attuale Patriarca della Chiesa Apostolico-Ortodossa Armena, Mutafyan, e sostituirlo con un leader di sua scelta. Lo Stato aveva vietato ai 65mila armeni di eleggere un nuovo Patriarca fin dalla morte del precedente, avvenuta il 10 marzo, compiendo pressioni per un suo candidato, Sivacyian.

Proseguono intanto le violenze contro i cristiani: il 26 novembre 1998, nei pressi del villaggio di Besbin, nella Turchia sudorientale, il pastore sessantenne Hannah Atekti è stato assassinato mentre pascolava le sue greggi. Con lui si spegne l’ultimo capofamiglia cristiano di quel luogo, poiché il cognato Isa Karakut, che ha fornito la notizia a “Droit de l’homme sans frontières”, è rifugiato in Belgio dal 1995 a causa delle minacce di morte che gli sono state rivolte da musulmani, e sono rimasti nel villaggio soltanto la moglie Kitane Atekti, di 27 anni e i loro due figli Ziver e Verine Karakut, rispettivamente di 7 e 5 anni. Sono gli uomini, infatti, a rappresentare l’obbiettivo principale dell’ostilità religiosa dei vicini, e la donna ha voluto rimanere presso la famiglia per curare i propri genitori e accudire i bambini, ancora troppo piccoli per affrontare i disagi dell’emigrazione. Sia Karakul, che non ottiene il diritto d’asilo dalle autorità belghe, potrebbe entro breve tempo essere costretto a ritornare in Patria.

Dall’inizio degli anni Novanta, migliaia di cristiani di rito caldeo sono fuggiti da quelle zone del Paese per le persecuzioni operate sia dalle autorità locali sia dai crudi, ma il Belgio non riconosce loro lo statuto di rifugiati.
il.gabbiano
00mercoledì 22 marzo 2006 15:56
Notizia ormai nota (Tiscali).

Cristiano afgano a processo:

Mentre non cessano le pressioni internazionali sulla corte islamica che lo sta giudicando, Abdul Rahman potrebbe scampare alla pena di morte a causa del suo stato mentale. Ai giudici afgani che stanno giudicando l'uomo, reo di aver commesso apostasia lasciando l'Islam per il Cristianesimo, Rahman è parso mentalmente disabile. Pertanto, non sarebbe in grado di sostenere il processo che lo avrebbe portato con ogni probabilità alla condanna a morte per la sua scelta di fede.
...
Nella prima udienza Rahman ha confessato di essersi convertito al Cristianesimo 16 anni fa, mentre lavorava come operatore umanitario per un'associazione internazionale cristiana che si dedica al soccorso dei rifugiati afgani a Peshawar, in Pakistan. Per la sharia, il codice penale islamico, il suo è reato di apostasia e va punito con la morte. Immediato l'intervento di molte autorità politiche occidentali, tra cui il nostro ministro degli Esteri, Gianfranco Fini...
"Qualora le notizie diffuse dalle agenzie stampa risultassero confermate - ha spiegato Fini - l'Italia si adopererà al più alto livello portando la questione all'attenzione dei vertici dell'Ue a Bruxelles. Per impedire conseguenze incompatibili con la difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali dell'individuo"....

l'ex musulmano ha ricevuto dal pubblico ministero Abdul Wasi l'offerta di abiurare la fede cristiane tornare al credo di Maometto, ma ha rifiutato. Per tale motivo è scattata la richiesta della pena di morte."

--------------

Nel caso dell'ex mussulmano la pena prevista è quella dell morte per APOSTASIA.

Nel caso di altri ex qual'è la conseguenza del loro dissenso?

Strane affinità fra le istituzioni religiose:

-Il potere di decidere le sorti del credente a proprio insidacabile giudizio.
-Il potere di scomunicarlo e di metterlo alla gogna. I metodi variano dalla morte alla discriminazione, alla emarginazione, alla privazione di affetti, del sociale, della dignità etc.
(Nei paesi occidentali non è possibile procedere all'esecuzione semplicemente perchè gli stati sono laici, ma non perchè le confessioni abbiano rinunciato al loro potere di controllo e sanzionatorio, giustificati nel nome di Dio)
-L'indisponibilità a sentir tacciato il loro potere come una violazione dei fondamantali diritti umani.
-L'appoggio che deriva loro dai credenti, incapaci di vedere nel loro comportamento la chiara dimostrazione della violazione della carta dei diritti umanitari.
-La crudeltà umana, giustificata nel nome del dio che rappresetano, portata ad altezze inaudite ed inspiegabili ad una mente razionale.
-La certezza d'avere dalla loro LA VERITA' ASSOLUTA e d'essere gli unici custodi di essa.

Se le confessioni religiose non si fanno guerra aperta (qualche volta avviene), ciò è dovuto solo alla presenza del potere degli stati laici, potere da esse spesso e volentieri criticato, ma altrettanto spesso e volentieri chiamato a dirimere dispute fra loro e per loro altrimenti incolmabili. [SM=x511458]




(flash)
00mercoledì 22 marzo 2006 22:37

La notizia è inquietante. Non credevo che l'Afganistan post-talebani fosse rimasto così illiberale e fondamentalista.

Ma il Corano cosa dice in proposito? Ma Allah non è l'Iddio misericordioso dei musulmani?

Si poteva immaginare che chi si converte al cristianesimo poteva essere malvisto o emarginato ma qui siamo in pieno medioevo con le sue esecuzioni capitali.

Allucinante.


un sorriso
00giovedì 23 marzo 2006 09:06

Strane affinità fra le istituzioni religiose:

-Il potere di decidere le sorti del credente a proprio insidacabile giudizio.

E' quello che grido io da tempo.......io sono credente e quindi....per me....ma sono sicura che è così....

E' solo Gesù Cristo che giudicherà alla fine dei tempi.....il nostro compito è di portare AMORE e non ODIO tra le persone! [SM=g27985]

Grazie gabbiano.... 345
Justee
00giovedì 4 maggio 2006 21:50
Firmata in Serbia una legge religiosa controversa
Il servizio d'informazione sulla libertà religiosa, Forum 18, riporta la notizia veramente preoccupante della promulgazione di una legge che limita notevolmente la libertà religiosa nel paese. "Nonostante sia stato chiaramente riconosciuto che la nuova e controversa legge religiosa, approvata dal parlamento il 20 aprile, viola la Convenzione europea sui diritti umani, il presidente serbo Boris Tadic l'ha firmata il 27 aprile. Aveva ordinato al Parlamento di emendare la legge "con un voto urgente" per eliminare le violazioni, anche se Aleksandar Mitrovic dell'Alleanza evangelica serba ha affermato che il presidente 'era incapace di darmi una risposta chiara su come pensa di ottenere questo, data la sua posizione e autorità'. Secondo un emendamento dell'ultimo minuto, prima che il parlamento approvasse la legge, tutte le fedi religiose, tranne sette di esse riconosciute come fedi 'tradizionali', hanno perso il proprio status legale e dovranno rifare domanda. Questo è valido anche per le chiese presenti in Serbia da più di un secolo come i nazareni, i battisti e gli avventisti. Esse hanno anche perso la possibilità di essere esentate dalle tasse. 'Questa legge rende alcuni cittadini più uguali di altri', ha commentato Zarko Djordjevic, segretario generale dell'Unione battista. Le minoranze religiose temono anche di perdere la possibilità di riavere le proprietà confiscate se non passerà il disegno di legge per la restituzione che dovrebbe iniziare l'iter parlamentare in questo mese", riferisce il notiziario Forum 18.

WorldInMyEyes1979
00martedì 29 agosto 2006 12:00
Il Sole 24 Ore 27.08.2006

Riforme. Ferrero a Prodi: ripartire dalla bozza-Spini

<<Ora la legge sulla libertà religiosa>>

Roma - Per la legge sulla libertà religiosa si ripartirà dalla proposta di legge n.134 del 2006, primo firmatario Valdo Spini. É il terzo tentativo, nelle altre due legislature precedenti il testo é stato oggetto di polemiche e di scontri e non é approdato a nulla.
Il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero (Rifondazione comunista), appartenente alla Chiesa evangelica Valdese, ne ha parlato con il premier e ha ottenuto “ascolto”. Se ne parlerà l’anno prossimo, dopo la discussione sulla Finanziaria. L’impostazione italiana – sostiene Ferrero – potrebbe far nascere un nuovo modello di integrazione se gestita in parallelo alla nuova legge su cittadinanza e libertà individuali (di cui si sta occupando il ministro dell’Interno Giuliano Amato).
Del resto, come dice Spini nella presentazione al progetto di legge “da problema di fatto coinvolgente piccole comunità religiose non coperte da intese, si é allargato anche per effetto del processo immigratorio”. Fino a coinvolgere il rapporto tra Stato italiano e l’Islam.
Ora l’obiettivo della legge Spini é evitare discriminazione tra culti (la religione Cattolica é regolata dell’articolo 7 della Costituzione e dal Concordato, rivisto nell’84; le altre confessioni sono oggetto dell’articolo 8 della Costituzione e regolate da intese specifiche con lo Stato).
Dall’84 sono state formate sei intese, di cui cinque per le confessioni cristiano evangeliche e una per gli ebrei in Italia. Il Governo D’Alema ha poi firmato le intese per l’Unione buddista italiana (UBI) e per i testimoni di Geova, ma il governo non le ha ratificate. Il Governo Berlusconi ha stipulato altre due intese con la Chiesa Avventista e quella Valdese che hanno modificato accordi precedenti. Ma anche in questo caso non c’é stato l’ok delle camere. Sono in attesa di stipulazione le intese con i Mormoni, gli ortodossi, la Chiesa Apostolica in Italia, gli Induisti e i buddisti Soka Gakkai.
La proposta Spini prevede che LA LIBERTA' DI COSCIENZA E DI RELIGIONE sia “in conformità alla COSTITUZIONE, alle CONVENZIONI INTERNAZIONALI SUI DIRITTI DELL'UOMO e ai principi del diritto internazionale generalmente riconosciuti“. É istituito anche un sistema di certificazione dei ministri di culto delle confessioni con personalità giuridica e un sistema di autorizzazione ministeriale per i culti senza personalità giuridica. Quanto al matrimonio, il rito religioso deve comunque comprendere la lettura degli articoli del codice civile sulla materia. L’insegnamento nelle scuole ”é impartito nel rispetto della libertà di coscienza e della pari dignità senza distinzione di religione”.
R.R.


(grassetto, corsivo, sottolineature e maiuscolo sono miei)

LUIGI FALLACARA, un cristiano testimone di Geova
il.gabbiano
00martedì 29 agosto 2006 14:34
Tutto molto intressante,

ma,


SI DICE NULLA (forse qualcosa solo per deduzione) DELLE LIBERTà DI COSCIENZA E DI SCELTA INDIVIDUALI e DELLA GARANZIA DEL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI FONDAMENTALI SIA QUANDO SI E' AMMESSI ALL'INTERNO DELLE COMUNITA', SIA QUANDO SI DECIDE DI ESTROMETTERSI DALLE COMUNITA' RELIGIOSE.

QUESTA BOZZA RISULTA DAVVERO PREOCCUPANTE PER LA CENTRALITA' ED I DIRITTI DELL'ESSERE UMANO ALL'INTERNO DELLE COMUNITA'.


Io chiederei al ministro d'essere più chiaro e specifico sulla savaguardia dei diritti dei singoli credenti che, al momento, purtroppo, subiscono impunemente attentati alle proprie libertà ed alla propria dignità dalla dirigenza religiosa.
Sarà un'ennesima presa in giro per i singoli credenti, deboli rispetto all'ente religioso?

Tanti saluti

Il Gabbiano

WorldInMyEyes1979
00martedì 29 agosto 2006 16:24
"UN'OTTIMA NOTIZIA PER TUTTI I CITTADINI!"

Scritto da: il.gabbiano 29/08/2006 14.34
Tutto molto intressante,

ma,


SI DICE NULLA (forse qualcosa solo per deduzione) DELLE LIBERTà DI COSCIENZA E DI SCELTA INDIVIDUALI e DELLA GARANZIA DEL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI FONDAMENTALI SIA QUANDO SI E' AMMESSI ALL'INTERNO DELLE COMUNITA', SIA QUANDO SI DECIDE DI ESTROMETTERSI DALLE COMUNITA' RELIGIOSE.

QUESTA BOZZA RISULTA DAVVERO PREOCCUPANTE PER LA CENTRALITA' ED I DIRITTI DELL'ESSERE UMANO ALL'INTERNO DELLE COMUNITA'.


Io chiederei al ministro d'essere più chiaro e specifico sulla savaguardia dei diritti dei singoli credenti che, al momento, purtroppo, subiscono impunemente attentati alle proprie libertà ed alla propria dignità dalla dirigenza religiosa.
Sarà un'ennesima presa in giro per i singoli credenti, deboli rispetto all'ente religioso?

Tanti saluti

Il Gabbiano




Io non sarei così pessimista Gabby. L'articolo, infatti, recita espressamente:

L’impostazione italiana – sostiene Ferrero – potrebbe far nascere un nuovo modello di integrazione se gestita in parallelo alla nuova legge su cittadinanza e libertà individuali (di cui si sta occupando il ministro dell’Interno Giuliano Amato).
Del resto, come dice Spini nella presentazione al progetto di legge “da problema di fatto coinvolgente piccole comunità religiose non coperte da intese, si é allargato anche per effetto del processo immigratorio”. Fino a coinvolgere il rapporto tra Stato italiano e l’Islam
.


Orbene, innegabile è l'impatto tellurico provocato sull'opinione pubblica dal fenomeno Islam con tutti i suoi annessi e connessi.
Una nuova sensibilità laica totalmente rispettosa dei diritti del cittadino e delle libertà individuali si è via via sviluppata nella culla della cultura e della civiltà occidentale, quella che poeticamente alcuni autori, per estensione, chiamavano Ausonia.
In Italia, in effetti, sembra rinnovarsi l'attenzione per la sfera religiosa nell'ottica di un auspicato riequilibrio dei valori tra lo Stato e le diverse Comunità la cui libertà confessionale andrà pertanto coniugata e bilanciata con gli altri principi e gli altri diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione e dall'Ordinamento Giuridico, come storicamente ribadito dai Tribunali di Bitonto/Bari nel controverso dibattimento relativo al "Caso Pucci".
L'effetto domino provocato da alcuni estremi, drammatici risvolti devozionali del movimento islamico ora coinvolgerà interamente anche i gruppi minoritari come quello a cui appartengo, i Testimoni di Geova, per i quali si profila in un futuro non molto lontano l'obbligo di rispettare i Fondamentali Diritti inviolabili dell'Uomo nell'ormai imminente scenario di piena e completa legittimazione dello Stato come garante di TUTTE LE LIBERTA' RELIGIOSE.

Plaudite cives!


LUIGI FALLACARA, un cristiano testimone di Geova



[Modificato da WorldInMyEyes1979 29/08/2006 16.28]

il.gabbiano
00martedì 29 agosto 2006 18:20
Re: "UN'OTTIMA NOTIZIA PER TUTTI I CITTADINI!"
Scritto da: WorldInMyEyes1979 29/08/2006 16.24
---------------------------
>
>
> Io non sarei così pe
> ssimista Gabby.


No, non è che sia pessimista, ma vorrei essere più ottimista, su notizie più concrete.

L'articolo, infatti, recita espressamente:[/
> FONT]

>

L’impostazione
> italiana – sostiene Ferrero – potrebbe far nascere
> un nuovo modello di integrazione se gestita in
> parallelo alla nuova legge su cittadinanza
> e libertà individuali (di cui si sta occupando
> il ministro dell’Interno Giuliano Amato).
> Del resto, come dice Spini nella presentazione a
> l progetto di legge “da problema di fatto coinvolgente
> piccole comunità religiose non coperte da intese,
> si é allargato anche per effetto del processo immigratorio”.
> Fino a coinvolgere il rapporto tra Stato
> italiano
e l’Islam
.


>

Mi pare che questa notizia sia più legata all'immigrazione ed alla tutela delle minoranze religiose, che alla TUTELA DEI SINGOLI CREDENTI ADERENTI A QUELLE COMUNITA'.
Non si capisce bene a chi siano rivolte queste garanzie, perchè se sono rivolte alle minoranze religiose, per quanto da esse gradite, non possono essere gradite a quanti,all'interno di quelle comunità, subiscono la violazione dei propri diritti.

Da qui il mio invito a porre ai ministri un quesito teso a chiarire se effettivamente l'obiettivo di questa legge tenda innanzitutto e soprattutto a salvaguardare le libertà religiose individuali, non solo nel senso solo che chiunque sia libero di aderire ad una comunità, ma soprattutto nel senso che chiunque possa essere libero di abbandonare una comunità SENZA SUBIRE L'OSTRACISMO, LA DISCRIMINAZIONE E L'EMARGNAZIONE ed un colpo al cuore alla propria dignità attraverso l'invito ai credenti di quella comuntià a prendere le distanze dai segnalati in qualche modo ed in qualche forma, con tutte le conseguenze sul piano emotivo/psicologico, morale, sociale, affettivo, economico etc. che una tale emarginazione comporterebbe per la persona.


> Orbene, innegabile
> è l'impatto tellurico provocato sull'opinione pubblica
> dal fenomeno Islam con tutti i suoi annessi
> e connessi.
> Una nuova sensibilità laica totalmente rispettosa
> dei diritti del cittadino e delle libertà
> individuali
si è via via sviluppata nella culla
> della cultura e della civiltà occidentale, quella
> che poeticamente alcuni autori, per estensione,
> chiamavano Ausonia.
> In Italia, in effetti, sembra rinnovarsi l'attenzione
> per la sfera religiosa nell'ottica di un auspicato
> riequilibrio dei valori tra lo Stato e le diverse
> Comunità la cui libertà confessionale andrà pertanto
> coniugata e bilanciata con gli altri principi e
> gli altri diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione
> e dall'Ordinamento Giuridico, come storicamente
> ribadito dai Tribunali di Bitonto/Bari nel controverso
> dibattimento relativo al "Caso Pucci".
> L'effetto domino provocato da alcuni estremi, dr
> ammatici risvolti devozionali del movimento
> islamico
ora coinvolgerà interamente anche
> i gruppi minoritari come quello a cui appartengo,
> i Testimoni di Geova, per i quali si profila
> in un futuro non molto lontano l'obbligo
> di rispettare i Fondamentali Diritti
> inviolabili dell'Uomo
nell'ormai imminente
> scenario di piena e completa legittimazione dello
> Stato come garante di TUTTE
> LE LIBERTA' RELIGIOSE
.
>
> Plaudite cives!

Questo teoricamente, nella realtà mi pare di non intravvedere, malgrado tutto, tutto questo diffuso interesse. Non bisogna dimenticare che fra i politici sono numerosi quelli che si affiancano alla religione di maggioranza, la quale non ha nessun interesse a salvaguardare le libertà dei singoli. E' tanto evidente da ciò che si scrive nei vari forum. I credenti a favore delle libertà fondamentali dell'uomo, almeno qui, sembrano contarsi sulla punta delle dita.
Io sono speranzoso, ma ciò che si va dicendo e l'interesse per le libertà individuali è ancora molto, molto, ma molto poco.
Staremo a vedere...non mancherà certo il'interesse e la nostra solidarietà di quanti han compreso l'importanza fondamentale delle libertà individuali.

Tanti saluti
(flash)
00martedì 29 agosto 2006 19:09
Chi è credente è consapevole che la sua stessa vita la deve al suo Creatore. Avendo tutto ricevuto tutto gli deve.

Per cui non è sui suoi personali diritti ma sui doveri verso il Creatore ad essere incentrata l'umana esistenza.

L'uomo non si è autocreato e non ha alcuna prerogativa di autostabilirsi i limiti dove i diritti prevalgano sui doveri e in particolare sul dovere di osservare i precetti divini.

Chi non crede in questi principi e crede in principi diversi
non può imporli al credente.

Pertanto la società laica ed avulsa dai principi di fede non può imporre i suoi punti di vista ai credenti che osservano la superiore legge di Dio.

Questa sarebbe la più grave violazione della coscienza di ogni credente.

In ogni caso la Costituzione tutela il credo religioso sia del cattolicesimo, che da' le sue radici alla cultura europea, sia di tutte le altre fedi di origine cristiana e non cristiana.

Ogni laica interferenza nel trascendente è anche costituzionalmente illeggittima.

owsr
Bicchiere mezzo pieno
00martedì 29 agosto 2006 19:44

Chi è credente è consapevole che la sua stessa vita la deve al suo Creatore. Avendo tutto ricevuto tutto gli deve.

Per cui non è sui suoi personali diritti ma sui doveri verso il Creatore ad essere incentrata l'umana esistenza.



Perfetto! Ma allora perché richiedere il riconoscimento dallo Stato laico che invece incentra i suoi principi sui diritti fondamentali degli esseri umani? Nessuno obbliga il credente a farlo!


L'uomo non si è autocreato e non ha alcuna prerogativa di autostabilirsi i limiti dove i diritti prevalgano sui doveri e in particolare sul dovere di osservare i precetti divini.



Parole Sante! Ma visto che, mancando il telefono rosso col Creatore, il credente interpreta le scritture secondo il suo personale punto di vista, i precetti divini in realtà non sono divini ma UMANI e RELATIVIZZABILI. Perciò in tal caso come regolare contrasti di credo fra credenti che credono in modo diverso?


Chi non crede in questi principi e crede in principi diversi
non può imporli al credente.



Non hai capito il problema. Qui non è in discussione la facoltà del credente di credere come desidera, ma il suo riconoscimento giuridico di fronte allo Stato. Essendo che Gesù ha detto di non mischiarsi con la politica, perché allora le religioni organizzate desiderano a tutti i costi il riconoscimento da una legge che è diversa dalla legge di Dio?


Pertanto la società laica ed avulsa dai principi di fede non può imporre i suoi punti di vista ai credenti che osservano la superiore legge di Dio.



Nessuno impone niente! Si parla di riconoscimenti e diritti garantiti costituzionalmente e implicanti determinate regole e principi laici.


In ogni caso la Costituzione tutela il credo religioso sia del cattolicesimo, che da' le sue radici alla cultura europea, sia di tutte le altre fedi di origine cristiana e non cristiana.

Ogni laica interferenza nel trascendente è anche costituzionalmente illeggittima.



Peccato che non è quello che è stato fatto dal governo laico. Lo Stato non interferisce con il credo religioso ma decide solamente a chi concedere il riconoscimento o no. La religione in questione è in linea coi principi costituzionali relativi ai diritti fondamentali degli esseri umani? Bene, riconoscimento concesso! Non lo è perché il suo credo è diverso da tali principi? Allora niente riconoscimento.
Questa cosa non dovrebbe dar fastidio ai credenti, in quanto la sua fede in Dio non centra con ciò che lo Stato riconosce ma con il suo seguire i precetti derivanti dalla sua ortodossia. Anzi, non ottenere il riconoscimento dovrebbe far piacere al credente, poiché così non si mischia con la politica seguendo un principio ben esposto dallo stesso figlio di Dio!
spirito!libero
00martedì 29 agosto 2006 19:53
“L'uomo non si è autocreato e non ha alcuna prerogativa di autostabilirsi i limiti dove i diritti prevalgano sui doveri e in particolare sul dovere di osservare i precetti divini”

Bene allora aboliamo i diritti civili degli individui in toto. Io che non sono credente dunque, domani posso venire a casa tua e portarmi via tutto, mi dai l’indirizzo ?

Non vi è alcun nesso logico tra il fatto che l’uomo non si e' autocreato(?) e il fatto che non ha la prerogativa di stabilire i propri stessi diritti e doveri. Secondo te solo chi si autocrea (?) può decidere per se stesso ?

“Chi non crede in questi principi e crede in principi diversi non può imporli al credente”

La società, caro Flash, esiste principalmente in tre sistemi: dittatura, anarchia, democrazia. Scarterei le prime due, sei d’accordo ? Quindi in democrazia il consenso dei più è ciò che stabilisce quali siano le regole di civile convivenza. Tra queste regole, vi è anche il rispetto per le minoranze democratiche e per le credenze religiose. Ma i riti e le usanze di queste ultime, sono e devono essere SOTTOMESSE alle leggi laiche condivise, nel senso che in caso di conflitto tra legge della società (stato) e leggi religiose, queste ultime devono essere abbandonate.

“Pertanto la società laica ed avulsa dai principi di fede non può imporre i suoi punti di vista ai credenti che osservano la superiore legge di Dio”

E secondo quale principio tu sostieni questo ? E’ esattamente il contrario, poiché le leggi degli stati democratici si fondano su principi condivisi dai più, mentre le leggi religiose sono per loro natura condivise solo dai credenti di quella specifica fede.

“In ogni caso la Costituzione tutela il credo religioso sia del cattolicesimo, che da' le sue radici alla cultura europea, sia di tutte le altre fedi di origine cristiana e non cristiana”

Anche questo è un diritto che viene sancito dall’uomo civile, laico e democratico e non deriva di certo da alcun comandamento religioso, bensì dal pensiero di uomini “illuminati” che hanno tracciato la strada che fortunatamente oggi la società cerca di seguire, la via della laicità nel rispetto delle singole religioni.

“Ogni laica interferenza nel trascendente è anche costituzionalmente illegittima”

Sempre che il “trascendente” non entri in conflitto con la società laica. La differenza tra la società laica e quella religiosa è che alla prima appartengono TUTTI, credenti compresi, mentre alla seconda appartengono solo i fedeli del medesimo culto.

Saluti
Andrea

[Modificato da spirito!libero 29/08/2006 19.57]

il.gabbiano
00martedì 29 agosto 2006 23:06
I diritti umani fondamentali.



"Acquistiamo il diritto di criticare severamente una persona solo quando siamo riusciti a convincerla del nostro affetto e della lealtà del nostro giudizio, e quando siamo sicuri di non rimanere assolutamente irritati se il nostro giudizio non viene accettato o rispettato. In altre parole, per poter criticare, si dovrebbe avere un'amorevole capacità, una chiara intuizione e un'assoluta tolleranza ...
Dato che non penseremo mai nello stesso modo e vedremo la verità per frammenti e da diversi angoli di visuale, la regola della nostra condotta è la tolleranza reciproca. La coscienza non è la stessa per tutti. Quindi, mentre essa rappresenta una buona guida per la condotta individuale, I'imposizione di questa condotta a tutti sarebbe un'insopportaibile interferenza nella libertà di coscienza di ognuno" (Mohandas Karamchand Gandhi)


"La tolleranza dovrebbe essere una fase di passaggio. Dovrebbe portare al rispetto. Tollerare è offendere" (Wolfgang Goethe)

Dai vangeli:
"...se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero."

"...conoscerete la verità e la verità vi farà liberi."

"...Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù." (CEI-il grassetto è mio)
spirito!libero
00martedì 29 agosto 2006 23:41
Quando a suo tempo dibattemmo sull’opportunità di escludere un docente dall’università cattolica perché esprimeva idee e concetti, oltre che di fede, anche laici, mi fu replicato che in una istituzione di proprietà cattolica, dove si è pagati per divulgare le idee cattoliche è giusto essere licenziati se non si adempie a questo incarico. La questione è da analizzare alla base, ovvero può una istituzione che offre un servizio pubblico pretendere tutto ciò ? Ossia un insegnamento "guidato" e a senso unico ?
Ecco la risposto di Bertolini sulla questione prendendo spunto proprio dal caso Vallauri, buona lettura.

Fonte:
lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/990500c.htm


Una questione di libertà
Mi sembra ovvio che qualsiasi opinione sull'infallibilità del papa o sull'inferno riguardi unicamente il popolo dei credenti; come d'altra credo legittimo che qualsiasi associazione volontaria (nel caso la Chiesa Cattolica), nel rispetto dei diritti di libertà e dignità riconosciuti a ciascun cittadino, possa assumere sanzioni interne nei confronti di chi esprime opinioni contrastanti rispetto ai propri statuti e regolamenti. Il caso Lombardi Vallauri rientra in questa fattispecie? La risposta dipende dal quesito se l'università cattolica è una istituzione pubblica o privata? Se si assume un punto di vista che invece di guardare agli assetti proprietari, intenda riflettere sulla funzione, non credo possano sussistere molti dubbi che l'università cattolica e istituzioni similari (quale che sia la loro ascendenza ideologica), svolgano una funzione pubblica.
L'Università cattolica non ha solo il compito di formare dei buoni credenti e di sviluppare la ricerca scientifica all'interno delle tematiche religiose, ma è anche, e forse ancora di più, parte del sistema formativo pubblico; infatti i titoli di studio che rilascia non sono solo attestazioni di una frequenza più o meno profittevole, ma hanno un valore ben preciso (e non direttamente legato all'aspetto religioso), tale e quale quello di qualsiasi altra istituzione pubblica. Ora credo che sia unanime il riconoscimento che il sistema formativo pubblico debba garantire il pluralismo culturale. Tuttavia, ad evitare equivoci, è necessario chiarire che esiste una differenza fondamentale fra pluralismo delle istituzioni e pluralismo nelle istituzioni. E' diverso infatti intendere il pluralismo a) come libertà delle singole istituzioni di organizzarsi ciascuna secondo il proprio orientamento ideologico (non necessariamente di tipo religioso) o b) che all'interno delle singole istituzioni, "laicamente" orientate, tutti gli orientamenti, ideologici o confessionali, possano coesistere. In un certo senso è la stessa differenza che sussiste tra libertà positiva e libertà negativa; come la libertà negativa non pregiudica affatto l'esercizio della libertà positiva (ma non c'è simmetria) cosi l'adozione dell'opzione b) non impedisce affatto che organizzazioni cattoliche, mussulmane, marxiste, massoniche ecc. organizzino strutture formative, o di altro tipo (ovviamente nel rispetto della legislazione) secondo il proprio orientamento culturale. Uunica limitazione è che a queste strutture non può essere riconosciuto di svolgere una funzione pubblica. Ammettere il contrario, significherebbe un ritorno al prìncipio cuius rex eius religio, cosa che a molti - almeno a leggere le cronache politiche a molti non dispiacerebbe.
Uargomento prìncipale dei fautori di una parità ad usum delphini è che la conoscenza impartita dall'istituzione scolastica può essere neutrale rispetto all'ideologia e alle credenze del gestore dell'istituzione, salvo poì ribadire il diritto dei genitori ad educare i propri fìgli secondo i propri principi (e di nuovo con il principio cuius ecc.). Ora, anche se con qualche difficoltà è possibile ipotizzare un complesso di discipline in cui le conoscenze standard non siano condizionate da particolari principi o religiosi o sociali o politici, non è invece possibile astrarre dalle condizioni al contorno in cui avviene l'attività didattica, ossia quell'insieme di comportamenti a cui debbono conformarsi sia i discenti che i docenti. Se scopo dell'istruzione pubblica, indipendentemente dalla titolarità dell'istituzione, è, come credo, quella di formare prima di tutto dei cittadini, che sceglieranno poi di essere dei buoni cattolici o dei buoni mussulmani o nessuna di queste e altre credenze allora non è concepibile istituzioni che pretendano di svolgere una funzione pubblica e contestualmente esigano che al proprio interno sia obbligatorio l'uso del chador o la frequentazione quotidiana della messa o più semplicemente l'adesione ad una qualsiasi forma di pensiero unico.
Rimane un'osservazione che non è possibile trascurare: non esiste una istituzione che sia completamente neutrale rispetto a qualsiasi principio; se non altro il principio di essere neutrale rispetto a qualsiasi principio. Ma esiste una sostanziale differenza fra una concezione ideale che ammette e propugna il pluralismo ed una concezione che afferma in modo esplicito una visione monoculturale.
Per finire, credo che il caso Vallauri meriti una ulteriore valutazione, quasi di tipo sociologico; da un po' di tempo l'autorità ecclesiastica cerca di accreditarsi come magistero morale rivolto non ai soli credenti, ma come espressione di una concezione etica universale. Ci si potrebbe chiedere come mai, nonostante episodi come quello dì cui è stato vittima il professar Vallauri, questo accreditamento possa avere una discreta apertura nel cosiddetto mondo "laico". L'etica laica e quella di ispirazione religiosa hanno scopi radicalmente dìversi: la prima ha lo scopo di definire norme che rendano possibile la convivenza civile, mentre l'altra vuole realizzare un uomo che sia buono secondo le norme della morale cattolica. Anche questa è una differenza significativa perché quest'ultimo obiettivo può contrastare con la libertà lasciata da chi persegue il primo.

Di Vittorio Bertolini


A conclusione di ciò pare evidente che le pretese dei “dirigenti” dell’università cattolica contrastino con l’interesse comune e dello stato, poiché l’istituzione rilascia titoli identici a quelli rilasciati da strutture di proprietà pubblica, non garantendo però la medesima pluralità di insegnamento.

Saluti
Andrea
Polymetis
00mercoledì 30 agosto 2006 00:13
Questa argomentazione fu tirata fuori anche per il caso Severino, e già allora dissi che faceva acqua. L’autore sembra ipotizzare che per avere una buona formazione occorra per forza sentir parlare male della Chiesa, e che per essere istruiti occorra avere due professori atei e due cattolici.
Quando i professori si fanno assumere firmano un preciso contratto in cui dicono a che condizioni sono assunti, e non c’è un deficit di informazione solo perché non si sente la propaganda anticlericale, ciò è dimostrato dal fatto che agli esami (quando c’erano le commissioni esterne che spero tornino presto) gli studenti di scuole cattoliche andavano in media come gli altri se non meglio. Quell’articolo parte dalla premessa che per avere una buona formazione si debba avere il pluralismo. Un concetto interessante, anche perché io fino al liceo non ho mai avuto un solo professore credente eppure non credo che mi abbiano tirato su meglio o peggio di come avrebbero fatto in una istituzione cattolica, per la banale ragione che affinché un corso prepari a svolgere il lavoro per cui si studia non ha rilevanza la fede del docente ma se rispetta o meno il programma ministeriale. Non si capisce poi perché ce l’abbia con le scuole che vogliono che i ragazzi vadano a messa o le ragazze abbiano lo chador, il punto è se rispettino il programma ministeriale non se facciano qualcosa in più. Non esiste qualcosa insegnato dalla Chiesa che possa impedire di essere ottimi cittadini o essere delle vette d’eccellenza in tutti i campi, sia delle scienze sia del ramo umanistico. Se mi dicessero cioè che qualcuno si laureerà ad un università protestante dove ai corsi di biologia si insegna il creazionismo allora sì anche avrei delle perplessità che poi costui possa insegnare a mio figlio, ma conoscete forse qualcosa dell’insegnamento cattolico che impedisca di essere ai vertici della scienza in qualunque campo?

Ad maiora
spirito!libero
00mercoledì 30 agosto 2006 00:34
"ma conoscete forse qualcosa dell’insegnamento cattolico che impedisca di essere ai vertici della scienza in qualunque campo?"

Si, in filosofia del diritto. Proprio la motivazione principale che ha fatto espellere Vallauri.

Egli si è limitato ad osservare, e non poteva fare altrimenti essendo un docente di filosofia del diritto, che, cito testualmente da una intervista al professore: "il peccato originale è contrario al principio della responsabilità personale, cioè a un principio cardine del diritto; e che una pena eterna è, da un lato, sproporzionata a qualunque delitto uno possa avere compiuto e, dall'altro, inadatta alla rieducazione del condannato, due caratteristiche che la rendono giuridicamente inammissibile"

Ora uno studente che venga privato di tali paragoni anche sulla dottrina cattolica, è senz'altro meno preparato di uno studente che invece riceva anche questi insegnamenti.

Ma questo è solo un esempio ed è illuminante sul comportamento di censura attuato all'interno degli atenei, quando i principi delle materie insegnate, confrontati con la dottrina cattolica, ne evidenziano le contraddizioni. Come si può dichiarare che gli insegnamenti di un sistema ideologicamente "controllato" siano uguali a quelli di un sistema ideologicamente libero ?


saluti
Andrea

[Modificato da spirito!libero 30/08/2006 0.35]

(flash)
00mercoledì 30 agosto 2006 02:36
Lo stato laico non ha concesso proprio nulla e non concede proprio nulla di più di quando non deve doverosamente prendere atto.

L'assemblea costituente era a maggioranza cattolica e rappresentava un popolo che in maggioranza era credente.

La Democrazia Cristiana, il partito cattolico, era eletta al
governo del paese dalla maggioranza dei cittadini.

E anche adesso che la DC si è sciolta lamaggioranza dei voti si distribuisce in un arco di partiti che da AN fino alla Margherita si riconosce nei valori della religione cattolica.

In democrazia il consenso dei più è ciò che stabilisce le regole? Benissimo, è ciò che è successo. E in una società che prevalentemente è composta da credenti sono le leggi religiose che devono prevalere su quelle dell'homo laicus.

La religione non mendica alcun riconoscimento, semmai sono i politici che hanno bisogno della legittimazione della Chiesa e del suo Capo perchè diversamente non sarebbero accreditati agli occhi della maggioranza credente.

Il Capo dello Stato, benchè di estrazione laica, dopo essere eletto è stato lui a rendere omaggio al Pontefice e non il contrario.

Lo stato italiano si fonda sui valori cristiani accettati dallamaggioranza dei cittadini e non su quelli della agnostica laicità di una minoranza ed è a questa che è richiesto il dovuto riconoscimento. Le leggi e la Costituzione devono rispecchiare questo dato di fatto.

Saluti cordiali.



[Modificato da (flash) 30/08/2006 2.40]

spirito!libero
00mercoledì 30 agosto 2006 09:16
“Lo stato laico non ha concesso proprio nulla e non concede proprio nulla di più di quando non deve doverosamente prendere atto. “

O ma davvero ? Vallo a spiegare a chi abita negli stati totalitari specie comunisti.

“popolo che in maggioranza era credente”

Appunto era.

“La Democrazia Cristiana, il partito cattolico, era eletta al
governo del paese dalla maggioranza dei cittadini”

Questo cosa c’entra con la laicità odierna dello stato ? Se poi la vuoi mettere in politica, che comunque non c’entra nulla con il mio discorso che era incentrato sui "principi” dello stato, oggi i partiti di ispirazione cattolica sono in minoranza non solo in Italia, ma soprattutto in Europa. Un esempio emblematico è stato il rifiuto da parte degli organi europei di accetare Buttiglione quale candidato italiano (non ricordo per quale carica), poiché quet’ultimo era, a parer loro, troppo influenzato dalla CCR.

“In democrazia il consenso dei più è ciò che stabilisce le regole? Benissimo, è ciò che è successo. E in una società che prevalentemente è composta da credenti sono le leggi religiose che devono prevalere su quelle dell'homo laicus”

Per te i battezzati sono credenti ? Fai parte di quella scihera di persone che leggendo che ci sono un miliardo di cattolici crede che tutti siano realmetne credenti ? Non vorrei disilluderti ma di cattolici veri sia in Italia che nel mondo ce ne sono molti meno rispetto ai battezzati. In Italia, che ti piaccio o meno, siamo in uno stato LAICO e non in una teocrazia, rassegnati o cambia paese.

“La religione non mendica alcun riconoscimento, semmai sono i politici che hanno bisogno della legittimazione della Chiesa e del suo Capo perchè diversamente non sarebbero accreditati agli occhi della maggioranza credente”

Questa è davvero bella. Adesso è lo stato che deve essere riconosciuto dalla Chiesa e non viceversa. Ti sei perso qualche secolo di storia ?

“Il Capo dello Stato, benchè di estrazione laica, dopo essere eletto è stato lui a rendere omaggio al Pontefice e non il contrario.”

Questa si chiama politica estera.

“Lo stato italiano si fonda sui valori cristiani[..]Le leggi e la Costituzione devono rispecchiare questo dato di fatto.


No, una lettura alla costituzione ti aiuterebbe. Anzi ti riporto gli articoli del fondamento della Repubblica democratica italiana:

Art. 1.
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Art. 2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 3.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Art. 7.
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.

Comunque, in parte hai ragione, erchè le ingerenze del vaticano nella politica italiana ci sono ancora e sono dure a morire purtroppo. Ma sono fiducioso che prima o poi questa situazione anomala, tutta italiana, verrà sistemata, almeno lo spero.

Saluti
Andrea

[Modificato da spirito!libero 30/08/2006 9.19]

[Modificato da spirito!libero 30/08/2006 9.27]

(flash)
00mercoledì 30 agosto 2006 11:08
Hai volutamente eluso e saltato uno dei passaggi del mio intervento:


E anche adesso che la DC si è sciolta lamaggioranza dei voti si distribuisce in un arco di partiti che da AN fino alla Margherita si riconosce nei valori della religione cattolica.



Pertanto il mio era ( che si riferiva al momento della stesura della Costituzione ) e che tu hai rimarcato, si buon ben dire
che rispecchia anche la situazione attuale così come è.

Non vedo poi cosa c'entrino mgli stati totalitari come quelli comunisti. Io mi riferisco allo stato italiano e alla legislazione italiana.

Anche il riferimento a Buttiglione non c'entra con il mio intervento. Il nome di questo parlamentare proposto dal governo italiano, rispecchia i sentimenti politici e religiosi della maggioranza degli italiani.

Noi siamo uno stato sovrano e non siamo succubi di altri stati europei acattolici o addirittura scristianizzati.

E non possono certo imporci le loro legislazioni in materia religiosa, la nostra legislazione deve corrispondere alla sensibilità e ai sentimenti religiosi della maggioranza dei cittadini italiani e non di quella dei danesi, degli svedesi o dei norvegesi.

Tanti cordiali saluti.

[Modificato da (flash) 30/08/2006 11.10]

spirito!libero
00mercoledì 30 agosto 2006 11:44
"E non possono certo imporci le loro legislazioni in materia religiosa, la nostra legislazione deve corrispondere alla sensibilità e ai sentimenti religiosi della maggioranza dei cittadini italiani e non di quella dei danesi, degli svedesi o dei norvegesi"

La maggioranza dei cittadini ha deciso che lo stato sia LAICO. Quindi tu puoi credere ciò che vuoi, ma lo stato è laico e lo ribadiscono tutti gli esponenti policiti, cattolici e non cattolici. Inoltre tutti sostengono che la Chiesa non deve influenzare le scelte politiche e che le leggi dello stato vengono PRIMA dei precetti religiosi, o mi vuoi dire che in Italia i precetti religiosi sono superiori giuridicamente alle leggi dello stato ?

Ti chiedo inoltre, se un domani ci fosse una maggioranza islamica, lo stato dovrebbe inserire nel proprio ordinamento la Sharia ?

Scusa se te lo dico, ma il tuo atteggiamento mi sembra molto simile a quello degli islamici che chiedono ai propri governanti di istituire la Sharia.


saluti
Andrea

(flash)
00mercoledì 30 agosto 2006 12:05
Re:

Scritto da: spirito!libero 30/08/2006 11.44

"E non possono certo imporci le loro legislazioni in materia religiosa, la nostra legislazione deve corrispondere alla sensibilità e ai sentimenti religiosi della maggioranza dei cittadini italiani e non di quella dei danesi, degli svedesi o dei norvegesi"

La maggioranza dei cittadini ha deciso che lo stato sia LAICO. Quindi tu puoi credere ciò che vuoi, ma lo stato è laico e lo ribadiscono tutti gli esponenti policiti, cattolici e non cattolici. Inoltre tutti sostengono che la Chiesa non deve influenzare le scelte politiche e che le leggi dello stato vengono PRIMA dei precetti religiosi, o mi vuoi dire che in Italia i precetti religiosi sono superiori giuridicamente alle leggi dello stato ?



Lo stato è laico non nel senso che lo abbia stabilito qualcuno
ma per sua stessa natura di organizzazione politica e non prettamente religiosa.

La Chiesa non influenza proprio nulla, sono i rappresentanti del popolo italiano liberamente eletti a maggioranza cattolica che indirizzano le scelte in base alla sensibilità religiosa della maggioranza.

Sono una minoranza di laici non cristiani che vorrebbero imporsi alla sensibilità della maggioranza, come la pretesa di abolire il crocifisso dai luoghi pubblici.

Giustamente un giudice che pretendeva l'abolizione del crocifisso da un aula di tribunale ha perso la sua causa dal momento che con arroganza intendeva imporre i suoi personali orientamenti alla sensibilità religiosa e ai sentimenti che nutrono la quasi totalità dei cittadini italiani, calpestando il diritto di esporre il simbolo nel quale si riconoscono.


Ti chiedo inoltre, se un domani ci fosse una maggioranza islamica, lo stato dovrebbe inserire nel proprio ordinamento la Sharia ?

Scusa se te lo dico, ma il tuo atteggiamento mi sembra molto simile a quello degli islamici che chiedono ai propri governanti di istituire la Sharia.



La tua è propaganda e niente di più, la Sharia è fuori degli ordinamenti o addirittura fuorilegge in tutti o quasi tutti gli stati islamici. Figuriamoci come potrebbe essere accolta nell'ordinamento italiano!

Il tuo esempio assurdo indica quanto il tuo atteggiamento sia prevenuto verso una qualunque forma di cristiana religiosità.


saluti
Andrea



Ricambio. [SM=x511460]

[Modificato da (flash) 30/08/2006 12.08]

spirito!libero
00mercoledì 30 agosto 2006 13:59
“Giustamente un giudice che pretendeva l'abolizione del crocifisso da un aula di tribunale ha perso la sua causa dal momento che con arroganza intendeva imporre i suoi personali orientamenti alla sensibilità religiosa e ai sentimenti che nutrono la quasi totalità dei cittadini italiani, calpestando il diritto di esporre il simbolo nel quale si riconoscono. “

No, la motivazione della sentenza non fu è affatto quella che dici. I giudici stabilirono che il crocefisso oltre che un simbolo religioso è una icona della nostra cultura e di una buona parte delle nostre radici culturali. Se fosse stato riconosciuto unicamente un simbolo religioso, i giudici avrebbero dovuto dar ragione al tizio, dandogli ragione sul fatto che non volesse lavorare in un’aula con il crocefisso.

“la Sharia è fuori degli ordinamenti o addirittura fuorilegge”

Ma se mi dici ciò ammetti che i precetti religiosi devono sottostare alle leggi dello stato ! Difatti mi dici che è fuorilegge, ovvero la legge laica è superiore a quelle religiose. A me interessa stabilire solo questo.

Poi sui fondamenti del nostro ordinamento giuridico, i filosofi del diritto si scannano da una vita.

Saluti
Andrea
1x2x
00venerdì 15 settembre 2006 13:35
Re:

Il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero (Rifondazione comunista), appartenente alla Chiesa evangelica Valdese, ne ha parlato con il premier e ha ottenuto “ascolto”. Se ne parlerà l’anno prossimo, dopo la discussione sulla Finanziaria. L’impostazione italiana – sostiene Ferrero – potrebbe far nascere un nuovo modello di integrazione se gestita in parallelo alla nuova legge su cittadinanza e libertà individuali (di cui si sta occupando il ministro dell’Interno Giuliano Amato).



Vorrei porre una questione dal trafiletto preso in questa sezione freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=43257&idd=1209
sugli articoli dei diritti fondamentali dell'uomo vi è una parte che dice

L'ASSEMBLEA GENERALE

proclama

la presente dichiarazione universale dei diritti umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.


ora mi domando e chiedo secondo voi quanti conoscono queste situazioni o sanno dei diritti fondamentali dell'uomo ?

[Modificato da 1x2x 15/09/2006 13.36]

irias
00sabato 16 settembre 2006 18:11
ciao 1x2x

ora mi domando e chiedo secondo voi quanti conoscono queste situazioni o sanno dei diritti fondamentali dell'uomo ?


ti riferisci ad organismi istituzionali o privati cittadini?
Siria fdetr
1x2x
00giovedì 21 settembre 2006 18:53
Re:

ti riferisci ad organismi istituzionali o privati cittadini?
Siria


Ciao Siria , intendevo tutti e due , sia persone private che organismi nazionali che internazionali , perchè esempio so "non siamo tanto a genio con i non credenti" , ma io questa cosa di divulgare i diritti la vedo molto piu insegnata dalle religioni che dagli organismi o privati che siano , cioè le religioni se non sono fondamentaliste e non vogliono isolarsi cercano sempre un punto di riferimento o di aggancio che possono trovare con i Diritti fondamentali dell'uomo mmm
alenis
00domenica 14 settembre 2008 20:23

La Chiesa Cattolica afferma che ognuno di noi è libero di aderire alla religione che desidera; secondo questo articolo, però, essa sbaglia a farlo:


------------------------------------------------------------
Il principio della libertà

di Mons. Richard Williamson
(tratto da "La Tradizione Cattolica, anno VI, n. 3")



La libertà è uno di quei termini che, al giorno d’oggi, è così carico di emotività che appena lo pronunziamo non pensiamo più al suo vero significato profondo. Ma chi ha un po’ di buon senso e guarda il mondo che gli sta attorno capisce che il senso profondo del termine libertà non è comodo. E non siamo solamente noi Cattolici che dobbiamo rivedere la parola.
Cominciamo, dunque, con una definizione di libertà, nel senso in cui è più spesso recepito, ossia come un’assenza di costrizione. La costrizione può essere esterna o interna; per esempio, un uccellino in gabbia o con la zampetta legata con uno spago, è costretto dall’esterno, poiché né gabbia né spago fanno parte di lui. Ma se l’uccellino è libero da costrizioni esterne, non vuol dire che sia libero anche all’interno, poiché tutte le sue azioni, il volare, il mangiare e così via sono regolate dall’istinto. Osservate un cane in cui due istinti sono in conflitto aperto: il cane non sceglie, non decide liberamente. Alla fine, uno dei due istinti prevarrà e il cane agirà di conseguenza.
L’uomo, invece, è dotato della facoltà superiore dell’intelletto e dunque non è obbligato dagli istinti (di solito). Può applicare la ragione per scegliere quale istinto assecondare; diciamo dunque che l’uomo gode della libertà esterna (purchè non sia in carcere) e di quella interna.
Il carcerato gode della sola libertà interna e non di quella esterna; l’uccellino che vola gode di quella esterna e non di quella interna. Non ci interessa qui la libertà esterna, detta anche fisica perché indica l’assenza di costrizioni fisiche o materiali. Ci interessa piuttosto la libertà interna, detta anche naturale (perché fa parte della natura dell’uomo), o psicologica (perché compone la sua psiche).
Questa libertà naturale altro non è se non il libero arbitrio, ossia quella facoltà di scelta senza le costrizioni dell’istinto, tra due alternative proposte. La facoltà del libero arbitrio o libertà naturale è molto spesso confusa e fraintesa; la studiamo bene per capirne meglio la natura. Diciamo innanzitutto che ha quattro caratteristiche:
è una (1) facoltà (2) inalienabile, dalla (3) capacità (4) illimitata, che ai fini della spiegazione possiamo paragonare ad un’automobile.

Libertà = mancanza di costrizioni
Libertà fisica = mancanza di costrizioni esterne
Libertà naturale = mancanza di costrizioni interne (ossia libero arbitrio)
Prima di tutto, il libero arbitrio è una capacità e non un atto. E’ una facoltà, una capacità di agire, che fa parte della natura dell’uomo e che precede tutte le sue azioni. E’ presupposto da esse e dunque si identifica con nessuna in particolare. L’automobile, in qualità di automobile, è capace di percorrere la strada, anche se in questo momento sta ferma nell’autorimessa.
In secondo luogo, la libertà naturale è una caratteristica inalienabile della natura razionale. Dovunque esiste la facoltà della ragione, o un uomo in pieno possesso della ragione, là esiste la libertà naturale, il libero arbitrio. Se si perde, magari in stato di ebbrezza, l’uso della ragione, non si è più liberi. Ma, al di fuori di questo caso, la libertà naturale è inalienabile dalla natura umana. Finchè l’auto funziona, finchè non si rovina, ha l’inalienabile capacità di guidare lungo la strada.
Per la Morale la libertà naturale è una capacità di agire senza limiti, ma non un diritto. Così come certi atti (ad esempio, il volare) sono negati fisicamente all’uomo, così pure certi altri gli sono da escludersi moralmente, quali il furto, l’adulterio, l’assassinio.
La libertà naturale ha la capacità di commettere questi atti, ma non il diritto. Allo stesso modo, l’automobile può percorrere la strada a sinistra, ma non ne ha il diritto, poiché provocherà danni. La capacità naturale di andare dove può deriva dal suo interno, dalla sua natura di automobile, ma il suo diritto deriva da fuori, dal codice della strada. La libertà naturale mi dà la capacità dal di dentro di fare quello che posso, ma il diritto di farlo nasce al di fuori di me. La capacità di compiere un determinato atto non costituisce un diritto.
In senso più largo, però, la libertà è illimitata dal di dentro, ossia la libertà non è limitata ad un tale atto o ad un tal altro: è una facoltà libera di compiere tutte le azioni fisicamente possibili in una data circostanza. La facoltà è limitata solo dall’esterno: un uomo, ad esempio, non è libero di volare, perché è una possibilità che gli è fisicamente negata. Dall’interno, però. Il libero arbitrio non ha limiti. Allo stesso modo, l’automobile, in quanto automobile, non è limitata ad andare solo da nord a sud; può andare in senso contrario o anche in un’altra direzione. Non può attraversare l’acqua, perché questa è una possibilità che le è fisicamente negata.
Se il codice della strada non esistesse, l’auto avrebbe il diritto di andare dovunque fosse libera di andare; dunque capacità e diritto sarebbero la stessa cosa. Sappiamo bene che nella Morale esiste un “codice della strada”. Sappiamo bene –e lo dicevano i grandi pagani- che, nonostante si sogni di fare quel che si vuole, l’universo ha una cornice morale propria, nella quale, indipendentemente da quello che possiamo dire o pensare, certe azioni sono sempre ed oggettivamente giuste, mentre altre sono sempre ed oggettivamente errate. Ne segue che la libertà naturale è una capacità e non un diritto.
Si capisce dall’esperienza che, tra tute le azioni che si possono scegliere con la libertà naturale, alcune sono giuste o moralmente lecite, ed altre errate o moralmente illecite.
Se si abusa della facoltà del libero arbitrio colla scelta di azioni illecite, si ha l’abuso della libertà naturale, ciò che chiamiamo licenza, cioè ogni atto peccaminoso. D’altra parte, poiché le azioni umane si suddividono in buone e cattive, se la facoltà del libero arbitrio viene usata nel bene (cioè nel preferire il bene), abbiamo l’uso retto della libertà naturale, ciò che chiamiamo libertà morale.

Libertà naturale = libero arbitrio, di per sé illimitato, ossia dignità potenziale
Licenza = limitata nell’agire al male
Libertà morale (o dignità vera) = limitata nell’agire al bene
Vediamo bene, per capirne tutto il senso, la vera natura della libertà morale, che consiste in quattro punti:
è un (1) uso (2) alienabile di una facoltà, con (3) diritto (4) limitato.
Ora, nell’uomo, la libertà morale, o l’uso retto del libero arbitrio, è l’uso della facoltà, ma non la facoltà in sé, così come la guida dell’automobile è l’uso che se ne fa e non l’auto che si guida. Deve esservi la facoltà prima dell’uso e così ogni uso – o abuso- presuppone una facoltà, come il guidare bene o male presuppone un’automobile. La facoltà è diversa dall’uso o abuso che se ne fa, perché entrambi sono possibili. La libertà naturale è di per sé soltanto potenziale, mentre la libertà morale e la licenza sono sempre attuali, almeno in parte; siccome poi la libertà morale non può esistere senza della libertà naturale, la Chiesa ha sempre combattuto gli eretici che negano l’esistenza del libero arbitrio nell’uomo. Perciò la libertà morale dà quel tocco di buono al semplice potenziale della facoltà del libero arbitrio. Come la guida presuppone l’automobile, così tutti gli autisti curano la propria. Ciò nonostante l’automobile tenuta bene nell’autorimessa non significa che sulla strada sia guidata bene: la buona guida è diversa dall’automobile.
In secondo luogo la libertà morale è alienabile, nel senso che ogni volta che si abusa della propria libertà scegliendo di peccare, si può dire di avere una libertà peccaminosa, una licenza, ma non la libertà di fare del bene; nostro Signore dice che colui che pecca è schiavo del peccato. Allo stesso modo, se si guida un’automobile così male da rovinarla, non la si può più guidare finchè non le si ridà la sua capacità di essere guidata. La guida disastrosa esclude o aliena nel frattempo la guida sicura. Certo è che la libertà di un uomo non si può distruggere finchè vive: avrà fino alla morte la facoltà inalienabile della libertà naturale, ma l’abuso di detta facoltà ne aliena o esclude l’uso giusto, fin tanto che l’abuso dura. La libertà morale è dunque alienabile.
In terzo luogo, poiché gli eventuali limiti posti dalla libertà morale si riducono ad azioni puramente buone, la libertà si può dunque dire un diritto, poiché in assenza del diritto di compiere il male, o peccare, si ha il diritto di fare il bene. Si può dire che la libertà è un diritto che si gode soltanto nel compiere azioni buone. La libertà morale, per definizione, si ha soltanto nel compiere azioni buone, mentre la libertà naturale si ha anche in quelle cattive. La libertà morale è dunque un diritto ad agire, ma la libertà naturale è solamente la capacità, o la potenzialità, di agire. Nell’obbedire al codice della strada, si ha il diritto di condurre l’auto fuori dall’autorimessa e sulla pubblica strada.
Questo perché, nell’agire, la libertà morale è limitata dall’interno, ossia la libertà morale è limitata a tutte le azioni positive. Esclude –ed è esclusa da- tutte le azioni cattive della licenza. Per ciò che riguarda la gamma di possibili azioni, la libertà morale è più limitata della libertà naturale, la quale permette e il bene e il male. Giacchè la guida buona esclude la guida disastrosa, la guida buona limita il numero di modi in cui guidare.
Arriviamo dunque alla distinzione netta ed essenziale, spiegata in quattro punti, fra libertà naturale e libertà morale; mentre la libertà naturale è una facoltà inalienabile, una capacità illimitata (dal suo interno), quella morale è un uso inalienabile di quella facoltà, un diritto limitato (dal suo interno). Tra libertà naturale e libertà morale vi è la stessa differenza che passa tra un’auto ferma e una che va lungo la strada, o tra una bottiglia piena di vino e una piena di acquerugiola.
Se le due libertà sono così distinte, come mai si sono potute confondere? Per dirla in poche parole, finchè si vive non si può perdere la libertà naturale, la quale permette tutti gli atti possibili, buoni o no. La libertà morale è un diritto. Se confondiamo la distinzione fra le due, la libertà naturale diventa un diritto e si è in “diritto” di compiere tutti gli atti possibili, buoni o cattivi che siano! Dire che la libertà naturale è un diritto è un modo molo comodo per abolire la distinzione tra bene e male. Tutto diventa “lecito”, come nei sogni del vecchio sporcaccione! Si è “liberi”, “emancipati”, si può fare di tutto: tanto “non si fa male a nessuno”. Invece nella realtà dei fatti (ed è proprio così, se uno ci pensa), ci si comporta così anche quando si fa male a qualcuno. Se provi a dire che la libertà naturale è un diritto, finisci vittima dei tuoi ascoltatori.
Molti liberali però ammettono che esiste una differenza tra bene e male, eppure si dicono in diritto di commettere il male. Per trovare una spiegazione convincente, dunque, bisogna andare a fondo: il vero motivo è la divinizzazione dell’uomo. La bottiglia ha un valore così altro che poco importa se contiene vino o acqua sporca. L’automobile è un gioiellino così splendido che poco importa se la guidiamo o la schiantiamo contro un platano. Ma guarda un po’! Che bel catorcio contro quell’albero! L’uomo, per natura, è ritenuto di una dignità tale, con delle facoltà di un altissimo valore intrinseco, che comunque le sfrutti intravedi quella dignità trascendente; quindi l’uso che se ne fa, buono o cattivo che sia, è di importanza secondaria. La libertà naturale dell’uomo diventa un diritto, perché in qualunque modo si usi, se ne intravede la dignità. Ma guarda un po’! Che bei relitti che sono, Giuda Iscariota e Lucifero, là all’inferno, nel fuoco eterno! Che bella la dignità dell’odio!
La divinizzazione della natura dell’uomo di per se stessa non considera (o addirittura nega) il fatto che l’uomo non può essere un valore. Così come la bottiglia esiste al solo fine di contenere il vino, o l’automobile per essere guidata senza andare contro un platano, l’uomo esiste soltanto per guadagnare tanti meriti affinché, alla morte, vada in Paradiso. Non esiste altro fine per nessuno. I liberali, però, e gli umanisti negano la relatività dell’uomo rispetto a qualche cosa di superiore. Egli è il valore supremo ed è quindi superiore al bene e al male. Sappiamo che solo Dio è superiore al bene o al male (essendo Sommo Bene, non può fare il male): perciò i liberali fanno dell’uomo una divinità.
Inoltre i liberali hanno guadagnato da due o trecento anni una posizione di importanza tale che hanno trasformato il mondo che ci circonda: la divinizzazione dell’uomo si fa sentire col loro dominio nel mondo dell’arte e della musica, nei mezzi di comunicazione di massa, nella scuola, nella politica, nell’economia, nel nazionalismo e così via. Succede che quando ci danno un diritto come quello di compiere il male, per la formazione che abbiamo ricevuto e gli effetti che proviamo, tutto in un mondo liberale, l’errore e la confusione ci casca nel cuore come una lettera nella buca.
Quando ci chiedono se è vera libertà quella naturale o quella morale, tendiamo a dire quella naturale, perché la libertà morale è “limitata” e i limiti “tolgono” qualche cosa alla libertà. La risposta andrebbe pur bene se l’uomo fosse un fine a se stesso, perché allora sarebbe la misura del bene e del male, ossia non potrebbe fare alcun male; potrebbe fare come gli piace e la libertà morale cesserebbe di esistere. Chi capisce che per il Paradiso l’uomo vale ancor più che non la bottiglia per il vino o l’auto per la guida sicura, capisce pure che la vera libertà è la libertà –per la bottiglia- dall’acquerugiola, oppure –per l’automobile- dallo scontrarsi, oppure –per l’uomo- dal peccato (Chi pecca è schiavo del peccato, dice Nostro Signore), ragion per cui la libertà vera è la libertà morale. La libertà naturale ricusa limiti e leggi, mentre la libertà morale accetta limiti o leggi che l’aiutano a raggiungere il suo fine. Se la libertà naturale, che può essere peccaminosa, fosse libertà vera, allora nè Dio nè gli Angeli in Cielo, che non possono peccare, godrebbero della vera libertà!

Libertà---> Fisica; Naturale = libero arbitrio (facoltà inalienabile, dalla capacità illimitata)
Libertà naturale ---> usata male: Licenza; usata bene: Libertà morale (uso alienabile di una facoltà, con diritto limitato)
Ma, ahimè! Questi discorsi difficilmente “hanno presa” quando gli effetti, la formazione, gli amici, la scuola, il nazionalismo e compagnia bella, ci tirano per il verso opposto. Ma quand’anche tutto il mondo fosse calato nell’errore di divinizzare l’uomo e di esaltare la libertà naturale, non sarebbe gravissimo, se la Chiesa opponesse resistenza e condannasse l’errore. Vediamo ora, però, qualche esempio del magistero conciliare sulla libertà religiosa:

L’uomo ha diritto alla libertà religiosa (Dignitatis Humanae, cap.II). Ha la facoltà naturale di scegliere qualsiasi religione? Sì. Ha il diritto morale di scegliere una falsa religione? No!

Il diritto alla libertà religiosa è fondato sulla dignità dell’uomo (ibid. ) L’uomo è degno, secondo la sua libertà naturale, di andare in Paradiso? Sì. Ha il diritto di andare all’inferno? No!

L’uomo ha il diritto alla libertà religiosa, anche quando ne abusa, non cercando la verità (ibid. ) L’uomo può allontanarsi dalla verità? Sì. E’ libero di farlo? No!

Gli enti religiosi hanno il diritto di far propaganda, qualunque sia la loro fede (ibid. cap. IV) . Gli enti religiosi hanno la facoltà naturale, propria dei loro componenti, di diffondere la verità o l’errore e una libertà civile di farlo se lo Stato lo permette, ma hanno la libertà morale -cioè il diritto- di diffondere la sola verità cattolica.
Questi sono soltanto quattro esempi della terribile confusione che imperversa nella Chiesa dopo il Concilio. E’ una confusione che può sembrare ordine nel mondo di oggi; si crede che l’uomo sia divino, glorioso. Ma il Cattolico, che conosce la dipendenza dell’uomo da Dio, non la può accettare. Eppure quanti Cattolici oggi accettano questa “dichiarazione di indipendenza da Dio”?
Chi legge i giornali non può essersi accorto della velocità con cui il mondo si precipita verso il burrone. L’uomo si è eretto a dio, si arroga la libertà naturale come un diritto, diritto che deve poi dare –o che addirittura vuol dare- ai giovani, che non hanno il suo ritegno e che si comportano come delle belve. I segni della confusione, del caos, del disordine, si vedono dappertutto, ma l’uomo non vuol rimettere tutto a Dio. Quando mai?
Cattolici! Accrescete in voi la Fede e la Carità! Riconoscete la supremazia di Dio Padre e del suo Figliolo Gesù Cristo e il Primato della Sua Chiesa! Ricordatevi che l’uomo, di natura, non solo è capace di compiere e il bene e il male, ma che tende più o meno verso il male! Cancellate in voi ogni traccia di confusione tra la facoltà naturale di libertà e il diritto morale! E poi, secondo il vostro stato, fate tutto quello che potete per censurare, limitare e fermare l’abuso nei giovani della libertà naturale, affinché scelgano esclusivamente ciò per cui hanno il diritto morale! Forse non capiranno e forse non farete loro piacere, ma almeno non i avrete traditi!
Che il Signore abbia pietà di noi tutti, ci faccia schiavi di quella giustizia e servi di quella verità che sole ci faranno liberi.

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secondo voi la Chiesa sbaglia o no?
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