Chiesa di Smirne

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00domenica 15 luglio 2007 21:14
Smirne
oggi IZMIR

Sembra che il nucleo originario di Smirne risalga alla prima meta' del III millennio a.C. Nel secolo X a.C. un gruppo di coloni provenienti dalle isole Eolie si stanziarono nella regione di Smirne dando origine ad un agglomerato che una successiva immigrazione di coloni Ioni ingrandì ancor piu' accrescendone, al tempo stesso, la prospenta' economica (fine del Sec. IX a.C.). Distrutta da Aliatte III, re della Lidia (600 a.C.), la citta' venne ricostruita. Nel 334 cadde in possesso di Alessandro Magno e, alla morte di questi, divenne dominio dei Seleucidi che se la contesero con i re di Pergamo. Passata nel 27 a.C. sotto il potere di Roma, Smirne in questo tempo figura - a dire del retore Elio Aristide che vi si stanzio' nel 162 d.C. - come « la piu' splendida citta' dell'Asia Minore ». Metropoli della Ionia, sede diun conventus iuridicus e dotata del diritto di asilo, essa ottenne ben quattro volte il neocorato. Distrutta nel 178 da un violento sisma, fu ricostruita per volere di Marco Aurelio.
Tra i suoi figli piu' illustri Smirne annovero' il poeta Omero in onore del quale nell'antichita' venne eretto un monumento commemorativo (Homereion). In Smirne insegno' il filosofo medio platonico Albino. Ed alla scuola medioplatonica appartenne anche il filosofo Teone, pure originario della citta'.
Il glorioso passato dell'antica Smirne giace ora al di sotto dell'odierna citta'. Cio' giustifica parzialmente la poverta' dei reperti archeologici a noi pervenuti.
La citta' si segnalò sempre per la sua tradizionale fedelta' al governo di Roma, per cui gia' TITO Livio la lodava per la sua singularis fides (Historiae, XXXVIII, 39). Con Efeso e Pergamo si contendeva il titolo 'di prima citta' dell'Asia.
La diaspora ebraica, come in tutte le grandi citta' dell'Asia Minore, vi era assai numerosa e si distinse sempre per la sua spiccata aggressivita' verso i cristiani.
Per quanto riguarda la vita religiosa, a Smirne c'era la presenza di una grandevaneta' di culti, ma tra tutti primeggiava quello imperiale. TACITO (Annales, IV, 55-56) ricorda che, quando al-la provincia d'Asia fu permesso di erigere un tempio all'imperatore e undici citta' si contendevano questo privilegio, il Senato decise in favore di Smirne a motivo della menzionata fedelta' a Roma.
Non sappiamo quando vi giunse la predicazione cristiana e se vi fossero delle comunita' paoline oltre a quella giovannea. L'unica menzione che si fa di Smirne nel Nuovo Testamento e' costituita dalla lettera che l'Apocalisse indirizza alla comunita' giovannea della citta', la cui vita cristiana all'epoca doveva avere un tenore ottimale, perche' essa e' la sola - assieme a quella di Filadelfia - a ricevere una lode incondizionata.
“ All'angelo della Chiesa di Smirne scrivi: Così parla il Primo e l'Ultimo, che era morto ed e' tornato alla vita: Conosco la tua tribolazione, la tua poverta' - tuttavia sei ricco - e la calunnia da parte di quelli che si proclamano Giudei e non lo sono, ma appartengono alla Sinagoga di Satana. Non temere cio' che stai per soffrire: ecco, il diavolo sta per gettare alcuni di voi in carcere, per mettervi alla prova e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e ti daro' la corona della vita. Chi ha orecchi, ascolti cio' che lo Spirito dice alle Chiese: Il vincitore non sara' colpito dalla seconda morte” (Ap 2, 8-11). In contrasto con la Situazione sociale della citta', la Chiesa di Smirne era palesemente povera, ma ciò faceva risaltare maggiormente la sua grande ricchezza spirituale, dovuta al suo esemplare fervore, che non conosceva battute d'arresto nemmeno di fronte alle gravi tribolazioni provocate dalla continua ostilita' della Sinagoga locale, che viene stigmatizzata come “Sinagoga di satana” (v.9).
La situazione di lotta religiosa fra cristiani e giudei doveva essere particolarmente acuta e sarebbe presto sfociata in una violenta persecuzione con imprigionamenti e forse anche sentenze capitali, per cui il profeta dell'Apocalisse sente il bisogno di rassicurare la comunita' invitandola a « non temere », perche' il momento della prova sara' breve («per dieci giorni») (v.10). Ciò non toglie comunque che l'impegno deve essere quello di una “fedelta' fino alla morte” (v.10).
Circa la diffusione del cristianesimo, a parte la testimonianza dell'Apocalisse, fonti tardive (cf Acta Johannis) collegano l'origine del cristianesimo in Smirne con l'apostolo Paolo che pertre anni risiedette nella vicina Efeso (cf At 19, 20). Stando alla tradizione, primo vescovo della citta' fu Strateias, fratello di Timoteo; seguì poi il vescovo Bucolos che ebbe come successore Policarpo.
Di quest'ultimo, che Policrate di Efeso (fine II secolo) qualifica come una delle colonne della Chiesa in Asia Minore, possediamo alcune informazioni.
Nato presumibilmente intorno all'81 d.C., entro' a contatto con la generazione subapostolica. Ireneo di Lione che lo conobbe, ricorda d'averlo sentito parlare delle sue relazioni con Giovanni ii Presbitero, presumibilmente un discepolo degli apostoli (di Giovanni?), da non identificare - come invece fa Ireneo - con l'apostolo Giovanni.
Verso ii 160 Policarpo si reco a Roma per conferire con papa Aniceto intorno alla data della pasqua: doveva prevalere l'usanza romana-palestinese di celebrare la pasqua di domenica o la prassi vigente nelle Chiese dell'Asia di celebrarla il 4 di Nisan, non importa in quale giorno cadesse? L'incontro tra Policarpo ed Aniceto non risolse il problema, eppure si svolse nel rispetto delle due tradizioni e si concluse in pace. Nel 167 scoppio a Smirne una violenta persecuzione che ebbe tra le sue vittime lo stesso Policarpo, martirizzato nello stadio della citta il 23 febbraio. Aveva 86 anni.
Sulla vita della comurnta' cristiana di Smirne nei primi decenni del II secolo siamo informati da due lettere che Ignazio d'Antiochia scrisse rispettivamente a questa Chiesa ed al suo vescovo Policarpo. Ci è altresì nota una lettera che questi indirizzo' alla comunita' di Filippi ed, infine, una lettera scritta da un cristiano di nome Marcione a nome della Chiesa di Smirne ed indirizzata alla comunita' cristiana di Filomelio, contenente il resoconto del martino di Policarpo. E la prima opera che usa la qualifica di martire per designare un cristiano morto per la fede. Dagli scritti d'IGNAZIO agli Smirnesi ed a Policarpo apprendiamo che questa comunita' cristiana e' messa piu' volte in guardia contro le tendenze docetiste di « alcuni non fedeli » che negavano l'incarnazione di Cristo e la sua morte reale.
Contro la tendenza - sembra abbastanza forte - di una frantumazione della Chiesa in gruppuscoli, IGNAZIO invita all'unita' in tutte le espressioni della vita comunitaria che trova nella persona del vescovo il suo principio di coesione. « Sia ritenuta valida» scrive « l'eucarestia che si fa dal vescovo... senza il vescovo non e' lecito ne' battezzare ne' fare l'agape » (Smirn., VIII, 1-2). « Le adunanze siano molto frequenti » (Pot., IV, 2). « Conviene agli sposi ed alle spose di stringere l'unione con il consenso del vescovo» (Pot., V, 2). « State con il vescovo perche' anche Dio stia con voi » (Pot., VI, 1).
Ad offrire ancora un po' di luce sulla Chiesa di Smirne concorre anche la Lettera sul martirio di Policarpo, scritta qualcheanno piu' tardi. Da essa apprendiamo che i cristiani alloramartirizzati - non tutti originari di Smirne - furono in numero di 12. Di uno ci viene ricordato anche il nome: Germanico. La Lettera costituisce una conferma che l'ostilita' dei Giudei verso il cristianesimo, gia' attestata nell'Apocatisse, non s'e' per nulla attenuata. Furono essi a raccogliere legna con piu' zelo, « come e' loro costume », per il rogo su cui bruciare Policarpo (XIII, 1), ed ancora loro si impegnarono perche' quanto rimaneva del suo corpo non venisse trafugato dai cristiani (cf XVII, 2). I cristiani o gli atei - come vengono ancora chiamati - in questo tempo sono dunque in aperto conflitto con l'ambiente circostante, loro avverso. Dopo la morte di Policarpo la Chiesa di Smirne venne retta da Papirio al quale successe il vescovo Camerio. Fu sotto uno di questi due che la citta' venne devastata da un terribile sisma (17[SM=g27989]. Non e' inverosimile pensare che la successiva ondata persecutoria sostenuta dalla politica anticristiana di Marco Aurelio, sia da collegare con questi fatti. Forse lo e' pure la condanna di Traseas di Eumenia (Tracia), « vescovo e martire addormentatosi a Smirne» (POLIGRATE DI EFESO).
Tra i suoi martin illustri, questa citta' annovera anche il presbitero Pionio. Circa la sua collocazione cronologica (al tempo di Policarpo o sotto l'imperatore Decio?) i pareri sono ancora controversi. Gli Atti del suo martirio che possediamo contengono comunque un nucleo di verita' e sono una testimonianza del coraggio e della fede di questo presbitero. Con lui vennero processati anche il presbitero Limno, il laico Asclepiade, Sabina e Macedonia, il montanista Eutichiano ed un presbitero della Chiesa marcionita di nome Metrodoro.
La presenza di un montanista e di un marcionita e la stessa domanda rivolta dal proconsole a Pionio: « A quale comunita' cristiana appartieni? », lascia supporre che a Smirne in questo tempo, accanto alla grande Chiesa, esistessero diversi gruppi eterodossi d’ispirazione cristiana. I timori di frazionamento gia' paventati da Ignazio non erano dunque infondati. In effetti, nel fermento di idee che una grande citta' quale Smirne poteva conoscere, verso la fine del II secolo emerse un certo Noeto, condannato dai presbiteri della citta' per le sue affermazioni patripassiane. Assertore d'uno stretto monoteismo, Noeto insegnava che Cristo era identico al Padre. Di conseguenza questi si sarebbe incarnato, avrebbe sofferto e sarebbe risorto. Sulla storia della Chiesa di Smirne nel periodo successivo ci e' noto ben poco. Al concilio di Nicea compare il nome del suo vescovo Eutichio (325). Gli storici SOCRATE e SOZOMENO ci informano poi su incontri che gruppi di macedoniani (= negatori della divinita' dello Spirito Santo) tennero a Smirne con il vescovo di questa citta'. In tempi posteriori, nella serie dei vescovi segue Iddia (431), Aiterico (449, 451), Fozio, di tendenze monofisite (51[SM=g27989] e Caloas (536). Con questi nomi si conclude per noi la storia antica di questa importante comunita' cristiana.

Chiedevo ad andreiu se può dirci qualcosa di più , o verificare l'esattezza di ciò che ho riportato o se lui ha fonti più autorevoli
Grazie
andreiu2
00lunedì 16 luglio 2007 09:01
Si mi pare tutto esatto anche se certe informazioni da te riportate, non le conoscevo.
Comunque per comune interesse riporto la lettera di Policarpo, vescovo di Smirne, agli stessi smirnesi:

"Lettera agli Smirnesi



Saluto

Ignazio, Teoforo, alla Chiesa di Dio Padre e dell'amato Gesù Cristo che ha ottenuto misericordia in ogni grazia, che è piena di fede e di carità, piena di ogni carisma, carissima a Dio e portatrice dello Spirito Santo, che sta a Smirne dell'Asia, il saluto migliore nello spirito irreprensibile e nella parola di Dio.



Inchiodati nel corpo e nell'anima alla croce di Cristo

I, 1. Gloria a Gesù Cristo Dio che vi ha resi così saggi. Ho constatato che siete perfetti nella fede che non muta, come inchiodati nel corpo e nell'anima alla croce di Gesù Cristo e confermati nella carità del Suo sangue. Siete pienamente convinti del Signore nostro, che è veramente della stirpe di David secondo la carne, Figlio di Dio secondo la volontà e la potenza di Dio, nato realmente dalla vergine, battezzato da Giovanni, perché ogni giustizia fosse compiuta da lui. Egli, sotto Ponzio Pilato e il tetrarca Erode, per noi fu veramente inchiodato nella carne, e dal frutto di ciò e dalla sua divina e beata passione noi per innalzare per sempre, con la sua resurrezione, uno stendardo sui suoi santi e i suoi fedeli, giudei e pagani, nell'unico corpo della sua Chiesa.



Il Signore soffrì realmente e risuscitò realmente

II. Tutto questo soffrì il Signore perché fossimo salvi. E soffrì realmente come realmente risuscitò se stesso, non come dicono alcuni infedeli, essi che sono apparenza, che soffrì in apparenza. Come pensano, avverrà loro di essere incorporei e simili ai demoni.



La risurrezione nella carne

III, 1. Sono convinto e credo che dopo la risurrezione egli era nella carne. 2. Quando andò da quelli che erano intorno a Pietro disse: "Prendete, toccatemi e vedete che non sono un demone senza corpo". E subito lo toccarono e credettero, al contatto della sua carne e del suo sangue. Per questo disprezzarono la morte e ne furono superiori. 3. Dopo la risurrezione mangiò e bevve con loro come nella carne, sebbene spiritualmente unito al Padre.



Sopportare tutto in Cristo

IV, 1. Questo vi raccomando, carissimi, sapendo che così l'avete nell'animo. Vi metto in guardia da queste belve in forma umana, che non solo non bisogna ricevere, ma se possibile neanche incontrare; (occorre) soltanto pregare per loro che si ravvedano, cosa difficile. Gesù Cristo, nostra vera vita, ne ha la potenza. Se è un'apparenza quanto è stato fatto dal Signore, anch'io sono in apparenza incatenato. Allora perché mi sono offerto alla morte? Per il fuoco, per la spada, per le belve? Ma vicino alla spada vicino a Dio, vicino alle belve vicino a Dio, solo nel nome di Gesù Cristo. Per patire con lui tutto sopporto, dandomene la forza lui che si è fatto uomo perfetto.



La passione di Cristo, la nostra risurrezione

V, 1. Alcuni non conoscendolo lo rinnegano e più che mai sono da lui rinnegati. Difensori della morte più che della verità non li hanno convinti né i profeti né la legge di Mosè e sinora né il vangelo né le nostre sofferenze singole. 2. Di noi la pensano allo stesso modo. Cosa importa a me se uno mi loda e bestemmia il mio Signore, dicendo che non si è incarnato? Chi dicendo così lo rinnega completamente, è un necroforo. 3. Non mi è parso opportuno scrivere neanche i loro nomi che sono infedeli. Essi non sono per me da ricordare sino a quando non si convertono alla passione che è la nostra risurrezione.



La fede e la carità.

VI, 1. Nessuno si lasci ingannare; anche gli esseri celesti, la gloria degli angeli, i principi visibili ed invisibili se non credono nel sangue di Cristo hanno la loro condanna. "Chi può comprendere, comprenda". Il posto non inorgoglisca nessuno; tutto è la fede e la carità, cui nulla è da preferire. 2. Considerate quelli che hanno un'opinione diversa sulla grazia di Gesù Cristo che è venuto a noi come sono contrari al disegno di Dio. Non si curano della carità, né della vedova, né dell'orfano, né dell'oppresso, né di chi è prigioniero o libero, né di chi ha fame o sete.




Praticare la carità per risorgere

VII, 1. Stanno lontani dalla eucaristia e dalla preghiera perché non riconoscono che l'eucaristia è la carne del nostro salvatore Gesù Cristo che ha sofferto per i nostri peccati e che il Padre nella sua bontà ha risuscitato. Costoro che disconoscono il dono di Dio, nel giorno del giudizio, moriranno. Sarebbe meglio per loro praticare la carità per risorgere. Conviene star lontano da essi e non parlare con loro né in privato né in pubblico, per seguire invece i profeti e specialmente il vangelo nel quale è manifestata la passione e compiuta la risurrezione. Fuggite le faziosità come il principio dei mali.



Seguire il vescovo e il clero

VIII, 1. Come Gesù Cristo segue il Padre, seguite tutti il vescovo e i presbiteri come gli apostoli; venerate i diaconi come la legge di Dio. Nessuno senza il vescovo faccia qualche cosa che concerne la Chiesa. Sia ritenuta valida l'eucaristia che si fa dal vescovo o da chi è da lui delegato. 2. Dove compare il vescovo, là sia la comunità, come là dove c'è Gesù Cristo ivi è la Chiesa cattolica. Senza il vescovo non è lecito né battezzare né fare l'agape; quello che egli approva è gradito a Dio, perché tutto ciò che si fa sia legittimo e sicuro.



Onorare il vescovo

IX, 1. E' saggio del resto ritornare in senno, e sino a quando abbiamo tempo di convertirci a Dio. E' bello riconoscere Dio e il vescovo. Chi onora il vescovo viene onorato da Dio. Chi compie qualche cosa di nascosto dal vescovo serve il diavolo. Fate tutto nella carità, ne siete degni. In tutto avete confortato me e Gesù Cristo (conforta) voi. Assente e presente mi avete amato. Vi contraccambi Dio che raggiungerete sopportando tutto per lui.



La mia anima e le mie catene

X, 1. Bene avete fatto ad accogliere, come diaconi di Cristo Dio, Filone e Agatopo che mi accompagnano nella parola di Dio. Essi ringraziano il Signore per voi, poiché li avete confortati in ogni maniera. Nulla per voi andrà perduto. In cambio della vita sono per voi la mia stima e le mie catene che non avete disprezzato e di cui non vi siete vergognati. Neppure di voi si vergognerà la fede perfetta, Gesù Cristo.



Gioia per la Chiesa di Antiochia che ha riacquistato la pace

XI, 1. La vostra preghiera è giunta alla Chiesa di Antiochia in Siria, da dove, legato con queste catene preziose a Dio, saluto tutti, pur non essendo degno di appartenervi come ultimo di voi. Per (Sua) volontà sono stimato degno, non per mia coscienza, ma per la grazia di Dio, che prego mi sia data in pieno per raggiungerlo con la vostra preghiera. 2. Perché l'opera vostra sia perfetta in terra e in cielo, conviene che la vostra Chiesa, a gloria di Dio, elegga un inviato di Dio per andare in Siria a congratularsi con quei fedeli, perché hanno riacquistato la pace e ripreso la loro grandezza, ed è stato ricostituito il corpo della loro (comunità). Mi è parso, dunque, un'opera degna che uno di voi sia inviato con una lettera, per rallegrarsi con loro della serenità conseguita grazie a Dio, e del porto raggiunto con la vostra preghiera. Pensate cose perfette perché siete perfetti. Dio è pronto ad aiutare quelli che vogliono fare il bene.



Congedo

XII, 1. Vi saluta la carità dei fratelli di Troade, da dove anche vi scrivo per mezzo di Burro, che avete mandato con me insieme agli efesini, vostri fratelli, e che mi ha confortato in ogni cosa. E' utile che tutti lo imitino perché è un modello del servizio di Dio. La grazia lo ricompenserà in tutto. Saluto il vescovo degno di Dio ,'il venerabile presbiterato, i diaconi miei conservi e, uno ad uno, tutti insieme nel nome di Gesù Cristo, nella sua carne e nel suo sangue, nella passione e nella resurrezione corporale e spirituale, in unione a Dio e a voi. A voi la grazia, la misericordia, la pace e la pazienza per sempre.

XIII, 1. Saluto le famiglie dei miei fratelli, con le mogli e i figli, e le vergini chiamate vedove. Siate forti nella potenza dello Spirito. Vi saluta Filone che è con me. Saluto la famiglia di Tavia che prego sia rafforzata nella fede, nella carità corporale e spirituale. Saluto Alce, nome che mi è caro; l'impareggiabile Dafno ed Eutecno e tutti col loro nome. State bene nella grazia di Dio.


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