Confutazione del passo di Tacito e risposta......

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F.Vera
00sabato 25 marzo 2006 15:34
Confutazione del passo di Tacito che Don Enrico Righi ha portato come prova dell'esistenza storica di Gesù Cristo.

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Il passo riportato sugli “Annali” che la Chiesa cita come una delle maggiori prove dimostranti l’esistenza storica di Gesù è il seguente: <>. (Ann. capitolo XV- XLIV).

Sin da una prima lettura dei capitoli riguardanti l’incendio si rimarcano subito delle incoerenze che ci portano a sospettare l’intromissione di una seconda mano nella stesura originale di Tacito, prima fra queste quella riguardante la descrizione di un Nerone la cui figura ci viene presentata sotto due aspetti completamente contrastanti, quella di un pazzo criminale che cinicamente canta sullo sterminio di Roma e quella di un imperatore che, dopo aver sostenuto il popolo nella maniera più premurosa e paterna, si dedica alla ricostruzione della città con il massimo della solerzia e assennatezza: < Due figure così opposte quelle che risultano di Nerone nei capitoli riguardanti l’incendio da portarci istintivamente a chiederci se non siano il prodotto di due penne differenti, quella realista e obbiettiva di uno storico come Tacito che coerentemente riconferma un imperatore che ama il suo popolo e la sua città come nei capitoli precedenti lo aveva già presentato, e quella di un qualcuno che si è prefisso lo scopo di farlo passare per un cinico criminale per poter rendere credibile una persecuzione che soltanto un atto di pazzia avrebbe potuto giustificare.
Che i capitoli riguardanti l’incendio abbiano subito una manomissione ci viene inoltre confermato, oltre che dalle incoerenze che si trovano nei fatti riportati, anche dalla forma letteraria usata per esporli, una forma tortuosa e cincischiante così differente da quella schematica e concisa caratteristica di Tacito da far dire a Las Vergnas, uno dei maggiori esegeti del secolo scorso: <>.

Riepilogo storico.

Fatta questa premessa di carattere generale per esprimere quei primi dubbi che ci portano a sospettare sull’autenticità del passo in questione, è utile fare un riepilogo storico per poter dimostrare nella maniera più inconfutabile la falsità della testimonianza che la Chiesa trae dagli “Annali” di Tacito per sostenere la storicità di Cristo.

Nella rivolta dei Maccabei (167 a.C), in seguito all’alleanza dei Giudei con i Samaritani, si formò quella setta ebraica che, con il nome di Esseni (ex Asidei), proseguì nella lotta contro l’invasione straniera nell’attesa di un liberatore la cui figura risultò formata dall’unione dei due concetti che ognuna di esse aveva separatamente attribuito al proprio Messia, quello del guerriero davidico giudeo e quello del sacerdote spiritualista samaritano.

Le due correnti rimasero unite fino a quando, in seguito alla sconfitta dell’esercito rivoluzionario (+70) non si separarono di nuovo per continuare ciascuna la propria lotta contro Roma, capitale del paganesimo, secondo il programma che gli veniva dal proprio Messia, quella zelota d’origine giudaica il programma guerriero, quella d’origine asidea il programma spirituale.
Mentre i rivoluzionari giudaici ripresero a combattere in Palestina nell’attesa dell’eroe prescelto da Dio fra gli uomini che li avrebbe portati alla vittoria finale contro Roma, gli spiritualisti, sparsi in tutto il Medio Oriente in comunità in apparenza pacifiste, rimasero a sollecitare l’avvento del loro Messia celeste fino a quando, agli inizi del secondo secolo, una certa corrente filosofica essena d’origine egiziana (gnosi) non pose fine a questa attesa dichiarando che, contrariamente a quanto essi avevano creduto fino ad allora, egli si era in realtà già realizzato svolgendo la sua missione di predicatore sulla terra ma in una maniera così discreta da non essere rimarcato.
Un capovolgimento totale nella religiosità essena spiritualista che, inaccettabile per la sua stravaganza dalla ragione e dal buon senso, fu fatta passare come verità storica attraverso l’interpretazione delle profezie e con tanta sicurezza da trarre da esse anche la data in cui era disceso dal cielo, data che fecero ricadere “nell’anno quindicesimo del regno di Tiberio, procuratore Ponzio Pilato”, come risulta dal Vangelo gnostico di Marcione (140-144) che fu usato poi dai Padri della Chiesa per costruire nella seconda metà del II secolo i vangeli canonici.
Con questo messia gnostico che secondo i filosofi di Alessandria (terapeuti) aveva preso dell’uomo soltanto le apparenze, gli esseni spiritualisti proseguirono concordi fino a quando una parte di essi non decise, intorno all’anno 150, di dargli un corpo per potersi mettere alla pari con le religioni pagane che si presentavano con Soteres che avevano svolto la missione di predicatori da veri uomini. Infatti, la Gnosi, a causa della complessità dei suoi concetti teologici tendenti a sostenere un Messia che, posto come era tra la materia e lo spirito, risultava alla fine di una natura così imbrogliata e confusa da non poter essere considerata né carne né pesce, stava perdendo sempre più terreno di fronte al paganesimo che con le sue divinità incarnate risultava più realista e comprensibile alle masse.
La trasformazione del Cristo spirituale gnostico, comportando l’istituzione dell’eucaristia, determinò la separazione tra gli esseni di origine ebraica, che mai avrebbero potuto accettare di mangiare il proprio Dio, e gli esseni di origine pagana che, provenendo dal Culto dei Misteri, erano già preparati a questa forma di teofagia.
La comunità nella quale si concepì la figura di questo messia incarnato fu quella di Roma. Fu in essa che si sviluppò, a partire dal 150, la nuova religione di Santa Madre Chiesa i cui seguaci, pur avendo assunto il nome di cristiani, non hanno avuto mai nulla a che vedere con i cristiani esseni del primo secolo che erano vissuti nell’attesa di un Cristo (logos) che doveva ancora venire.
Come conseguenza, Roma, per sostenere l’invenzione di questo Messia incarnato del quale nessuno aveva mai sentito parlare, fu costretta a costruirsi tutta una falsa documentazione che andò a costituire quelli che furono dalla Chiesa dichiarati “testi canonici”, quali i quattro vangeli, gli Atti degli Apostoli e le lettere di Paolo di Tarso.
Intromessisi attraverso uno sconvolgimento dei fatti nelle vicende del primo secolo, favoriti come erano dal fatto di avere lo stesso appellativo di cristiani, come il cuculo che pone l’uovo nel nido degli altri uccelli, i fautori di questa nuova religione si costruirono una storia appropriandosi delle comunità essene, nonché dei loro seguaci, quali Stefano, Simone (Pietro),Giacomo il Maggiore e Giacomo il Minore che, uccisi dai romani quali rivoluzionari, fecero passare per propri martiri.
Mistificata così la storia attraverso la trasformazione degli esseni in propri seguaci, Roma decise di appropriarsi anche della direzione dell’ideologia religiosa che, nonostante tutte le contraffazioni operate per far sparire ogni traccia essena, risultava appartenere comunque al mondo filosofico orientale che l’aveva originata, con particolare riferimento alla comunità di Gerusalemme che si era fatta risultare come la culla nella quale si era formata e sviluppata. (Vedi Atti degli Apostoli).
Ma su quale presupposto la comunità di Roma poteva arrogarsi il diritto di sostituirsi a Gerusalemme quale leader del nuovo cristianesimo?
E ancora una volta, ricorrendo ad una falsa rappresentazione dei fatti, la soluzione fu trovata trasferendo Pietro a Roma in maniera che facendovelo morire si fosse potuta costruire sulla sua tomba tutta l’impalcatura del cristianesimo nel rispetto di ciò che lo stesso Gesù aveva detto in quella frase che fu appositamente inserita dai falsari nel vangelo di Matteo: << Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa>>.(Mt.16,16).
Fu verso la fine del 200 che cominciarono ad uscire i primi scritti nei quali si diceva che Pietro, secondo la tradizione, era morto a Roma. La sua morte ebbe diverse versioni: In una prima si disse che era stato crocifisso per ordine di Nerone perché aveva provocato la morte di Simone il Mago facendolo sfracellare al suolo mentre, in una sfida di magia, costui stava dimostrando i suoi poteri sovrannaturali in un’esibizione di volo. Ma poiché questa morte non aveva il presupposto perché fosse dichiarato martire, gliene fu attribuita una seconda che, fatta dipendere dalla sua testimonianza al cristianesimo, ebbe a sua volta due diverse finali: nella prima, perché fosse rispettata la morte predettagli da Gesù (Gv. 21-1[SM=g27989], si raccontò che era stato trascinato al patibolo piangente e con le mani tese in avanti, nella seconda, avendo ritenuto che non era dignitoso per il capo della Chiesa mostrarsi vile davanti alla morte, fu sostenuto invece che aveva affrontato il supplizio sorridente dopo aver assistito imperturbabile alla morte di sua moglie.
Soltanto verso la fine del VI secolo, cioè dopo che era stata inventata la croce latina, fu coniata quella che diventerà la crocifissione definitiva, che tutt’oggi viene sostenuta, nella quale si dice che Pietro chiese di essere crocifisso con la testa all’ingiù perché non si riteneva degno di essere appeso come il suo Maestro. (Il ridicolo di tale posizione viene messo in evidenza dai films e dai quadri che la riproducono).
In verità, il motivo per cui la Chiesa appese Pietro alla croce con la testa in basso e le zampe all’aria fu determinato esclusivamente dal fatto che due crocifissi uguali, oltre che a generare una confusione nello svolgimento dei riti, avrebbero potuto nuocere alla figura di Cristo.


Lo scisma d’Occidente.
Questo primato sul cristianesimo, basato esclusivamente sulla tradizione, Roma riuscì a imporlo fino a quando, agli inizi del XV secolo, non cominciarono le contestazioni in seguito alla decisione che prese Urbano VI (137[SM=g27989] di riportare il trono di Pietro da Avignone a Roma, decisione che portò i cardinali francesi a porsi domande sulle origini del papato per poter giustificare l’elezione di un antipapa che realizzarono nella persona di Clemente VII.
Fu così che in un continuo succedersi di papi e antipapi che si arrogavano il diritto di poter scegliere ciascuno la propria sede (vedi concili di Pisa, di Costanza, di Basilea, di Ferrara e di Firenze), la discussione sulla legalità del trono di Pietro andò avanti finché l’antipapa Felice V dei Savoia non vi pose termine abdicando nel 1449 in favore del papa Nicolò V vescovo di Roma.
L’argomento base su cui facevano leva i contestatori non era tanto la mancanza di una documentazione che confermasse la venuta di Pietro a Roma (tutte le strade vi ci portano), quanto quella crocifissione che, attribuitagli quale seguace del cristianesimo, non poteva essere storicamente accettata dal momento che i romani, tolleranti come erano sempre stati verso ogni culto, mai avevano eseguito condanne per questioni religiose.
Fu per controbattere questa motivazione che era alla base della contestazione che un certo Poggio Bracciolini, segretario del papa Martino V dei Colonna, rimasto famoso per innumerevoli altre falsificazioni, pensò di dare alla crocifissione di Pietro un movente che non fosse di natura religiosa, tirando fuori nel 1429 il passo di Tacito in questione dicendo che gli era stato consegnato, sotto forma di un manoscritto dell’XI secolo, da un frate venuto in pellegrinaggio a Roma, un frate anonimo che come dal nulla era venuto nel nulla era ritornato.
Lo scopo che il Bracciolini si propose di raggiungere con questo documento non fu tanto quello di dimostrare l’esistenza dei cristiani al tempo di Nerone, cosa questa che nel XV secolo non poteva porre problemi alla Chiesa per via dell’inquisizione che imponeva a crederlo, quanto quello di far dipendere la crocifissione di Pietro non da una causa religiosa, che storicamente non poteva essere accettata, ma da una persecuzione ordinata da Nerone contro i cristiani per aver commesso un reato comune quale quello di avere incendiato Roma.

Falsità del documento.

Che il passo riportato sugli “Annali”, dal quale la Chiesa trae una delle testimonianze per sostenere la figura storica di Gesù, sia un falso ci viene confermato da un’infinità di prove oltre a quella storica per la quale risulta indiscutibile che Pietro non può essere morto a Roma nel 64 se fu giustiziato nel 46 insieme a suo fratello Giacomo sotto il procuratore Cuspio Fado secondo quanto ci viene testimoniato da Giuseppe Flavio: <>. (Gius. Fl. Ant. Giud. XX-122).

1) Che Pietro non si trovasse a Roma sotto l’imperatore Nerone ci viene confermato dagli stessi Atti degli Apostoli dal momento che non ne fanno nessuna menzione allorché parlano della venuta di Paolo presso la comunità cristiana di Roma e del suo soggiorno che, secondo la Chiesa, si protrae fino all’anno 67. Un silenzio che assume un significato determinante per dimostrare quanto tutto ciò che si riferisce a Pietro sia tutta un’invenzione cominciando dall’attribuzione della carica di vescovo della comunità di Roma.

2) Prima del 1429, data in cui Bracciolini tirò fuori il documento del frate pellegrino, nessuno aveva mai parlato di questa persecuzione contro i cristiani. L’avevano ignorata Plinio il Vecchio, Giuseppe Flavio, Marziale, Plinio il Giovane, Svetonio, Cassio Dione e gli stessi padri della Chiesa, quali Clemente, Ireneo, Eusebio, Origene, Agostino e Ambrogio, che l’avrebbero ben volentieri citata per controbattere coloro che negavano l’esistenza dei cristani a Roma nel I secolo.
Il silenzio di Svetonio risulta poi particolarmente significativo se consideriamo che quando scrisse la “Vita dei 12 Cesari” egli conosceva gli Annali di Tacito usciti cinque o sei anni prima.
Il fatto che non abbia riportato la persecuzione, quando per lui sarebbe stato un ulteriore ottimo motivo per denigrare Nerone, verso il quale si era dimostrato sempre ostile, dimostra nella maniera più indiscutibile che il passo in questione non esisteva negli “Annali” nella sua edizione originale del 115.

3) Se il passo in questione fosse stato scritto veramente da Tacito, secondo quanto sostiene la Chiesa, come si spiega che egli non fa nessuna menzione della persecuzione dei cristiani nel suo libro “Historia”, scritto soltanto tre anni prima degli Annali, e nulla dice del “Cristo giustiziato” nel capitolo dedicato a Pilato?
Un silenzio questo di Tacito nel suo libro Historia che risulta eccezionalmente grave per la Chiesa perché, oltre che a confermare la falsità del documento, dimostra nella maniera più decisa che mai ci fu un processo contro Cristo sotto Pilato per il semplice motivo che se ci fosse veramente stato, coinvolgendo tutta Gerusalemme con la crocifissione e tutto il Medio Oriente con i suoi terremoti e oscuramenti di sole, avrebbe rappresentato un avvenimento tutt’altro che insignificante per essere taciuto.

4) Come si può poi credere che Tacito abbia potuto scrivere che il fondatore dei “cristiani” sia stato il Cristo giustiziato da Pilato nel trentatré quando lui stesso nel libro “Historia”, scritto precedentemente agli “Annali”, sostiene che i seguaci di questa setta erano stati già espulsi da Roma, quali apportatori di disordini, due volte da Cesare Augusto e una terza dal suo successore Tiberio nell’anno 19? (Emilio Bossi - “Gesù Cristo non è mai esistito” - Cap. III - pag.36).

5) Come si può, poi, non considerare come un’ulteriore prova della falsificazione la contraddizione che ci viene da un Tacito nell’esprimere la pietà che i romani provavano per le sofferenze inflitte a questi cristiani, quando lui in tutti gli altri scritti riferentesi agli spettacoli del Circo (Annali III-27- Germ. 33) dice che le atrocità che venivano in essi operate contro i condannati a morte erano motivo di divertimento per il popolo romano?
Chi altri può aver cercato di suscitare della commozione verso questi cristiani se non una mano interessata a suscitare sentimenti di pietà perché fossero venerati come santi martiri?

Sulpicio Severo.
Ma dove aveva preso Poggio Bracciolini gli estremi per costruire questo falso documento che lui sosteneva di aver ricevuto da un frate pellegrino?
La persecuzione ordinata da Nerone contro i cristiani per avere incendiato Roma fu riportata per la prima volta da un certo Sulpicio Severo (IV sec) nel suo libro “Historia Sacra” (II-29). Questo libro, ritirato dalla circolazione in seguito ad un processo che lo aveva dichiarato una raccolta di assurde invenzioni, fu ricopiato da Bracciolini in maniera così fedele da riprodurne letteralmente alcuni passi con le stesse parole, come quello riguardante i cristiani che venivano bruciati per rischiarare di notte le strade di Roma: <>.(Come cominciava a far sera, venivano usati come illuminazione notturna).
Soltanto un rimbecillito dal fanatismo religioso avrebbe potuto concepire l’idea di trasformare questa combustione umana in una fonte d’illuminazione da essere usata anche da Nerone per rischiarare i suoi giardini, come viene riportato nel passo in discussione.
<>, rimarca Renan e Las Vergnas, ridendoci sopra, commenta: <>.
Per dimostrare la demenza di Poggio Bracciolini e di quanti hanno creduto e continuano a credere a questa assurdità, basterebbe considerare la reazione che potrebbe avere il nostro vicino di casa se gli si cuocessero sotto la finestra quattro braciole alla griglia, almeno che costui non sia quel Dio della Bibbia a cui certi fetori risultano particolarmente graditi. (Lev. 17-6).
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La confutazione riguardante la testimonianza di Plinio il Giovane che don Enrico Righi ha messo nella sua lettera al terzo posto, dopo quelle di Giuseppe Flavio e Tacito, sarà presto divulgata attraverso il sito www.luigicascioli.it e la mia mailing list che invito tutti a rendere il più numerosa possibile attraverso l’invio di nuove e-mail rappresentando l’unico mezzo disponibile per sopperire al boicottaggio che riceviamo dai mass media con il loro silenzio.

Risposta di ADRIANO BASTON


ALCUNE OSSERVAZIONI PER LA FAVOLA DEL SIGNOR CASCIOLI.

Secondo il mio modesto parere le analisi condotte dal signor Luigi, che contestano l’esistenza storica di Gesù e la presenza dei cristiani a Roma al tempo di Nerone, non sono coerenti con gli studi che da alcuni secoli se ne occupano.
In materia di critica storica e letteraria gli esperti di queste discipline, pur affermando le difficoltà delle ricerche, non mi risulta che siano giunti alla conclusione della negazione storica della figura di Cristo, così come è accaduto al signor Luigi.
Anche sull’autenticità degli Annali di Tacito non si riscontrano dubbi e, se ce ne fossero da parte di qualcuno vissuto nel passato, sono tentativi marginali e deboli. Non esistono prove contro la loro trasmissione autentica. Dove sono le prove storiche della negazione di Gesù? I silenzi costituiscono delle prove? “Il silenzio non è una menzogna” (E. Sue)

Veniamo ora ad alcune riflessioni su quanto scrive il signor Luigi:

1. Non trovo nessuna contraddizione tra il cosiddetto soccorso verso la popolazione romana, colpita dalla tragedia dell’incendio, causata dallo stesso Nerone, che il signor Luigi chiama “premurosa e paterna” sollecitudine e il cantare del paterno santo Nerone mentre Roma bruciava. Sugli atteggiamenti di questo imperatore non c’è da stupirsi, sono conformi al suo carattere paranoico e omicida, tanto è vero che, nonostante tutta questa premurosa paterna sollecitudine, Tacito osserva: “non fruttarono a Nerone popolarità”. Addirittura Nerone aveva ordinato ai soldati di minacciare coloro che osassero “combattere l’incendio” e, mentre le case di legno ardevano e molti morivano, egli era “salito sul palcoscenico del Palazzo reale, a cantare la rovina di Troia, raffigurando in quell’antica sciagura i lutti presenti”. Da questo atteggiamento è evidente che gli aiuti che egli offrì furono offerti, più che per amore paterno, per accattivarsi la simpatia del popolo di cui non godeva tanto è vero che “Nerone sfruttò il disastro cittadino per edificarsi una sontuosa dimora” ed era “infatuato d’ogni assurda stravaganza”. Nerone era un assassino opportunista, una delle figure più nefaste che il mondo abbia partorito: questa in breve la sua aureola!
2. Il signor Luigi afferma: “il vangelo gnostico di Marcione (140-144) fu usato poi dai Padri della Chiesa per costruire nella seconda metà del II sec. i Vangeli canonici”. E’ falso! I Vangeli canonici precedettero di molto quello di Marcione, tanto è vero che per formare il suo canone si servirà soltanto del Vangelo di Luca, e non degli altri, spurgandolo da tutte le espressioni ebraiche, includendo anche alcune lettere di Paolo ed escludendo il Vecchio Testamento. Nel suo periodo gli scritti del Nuovo Testamento erano già affermati e diffusi nelle varie comunità cristiane. Le Lettere Clementine (95-100 circa), nel periodo dell’apostolo Giovanni, fanno riferimento alle lettere di Paolo e alludono al Vangelo di Marco. Aristide che scrisse la sua Apologia nel 124-126, inviandola all’imperatore Adriano, fa riferimento a “…quel (testo) che dagli altri è chiamato Santa Scrittura evangelica” (15, 1-3). Un altro filosofo pagano, Giustino Martire, convertitosi intorno agli anni 130-135 e martirizzato nel 165 circa, conosce le “memorie degli apostoli che si chiamano Vangeli” e cita anche le lettere di Paolo, senza menzionare il loro autore.
Importanti sono gli studi dei papirologi C.P.Thide, M. D’antona’ che portano indietro dagli anni 70-80, data ufficiale dei Vangeli, agli anni 50 la datazione specialmente del Vangelo di Matteo, riportandolo così ai tempi dei testimoni oculari.
3. Dice il signor Luigi: “a partire dal 150 la nuova religione di Santa Madre Chiesa” si sarebbe sbarazzata dei “cristiani esseni del I° secolo.” per imporre il suo cristianesimo. La storia non è questa. L’essenismo era un movimento ebraico e non cristiano. Filone di Alessandria, contemporaneo di Gesù, parla di loro e non dice affatto che fossero dei cristiani. Era un movimento ebraico tra gli altri come per esempio il movimento zelota e quello delle frange più estreme cosiddetto dei sicari. Nella regione della Palestina vi era anche la comunità di Qumran, che gli studiosi ritengono fosse all’origine del movimento essenico. Troviamo anche gli erodiani, la setta dei farisei, dei sadducei sette disprezzate dagli stessi esseni, perché secondo la loro visione religiosa non erano così rigorosi nell’osservanza della Torà. Né gli uni né gli altri erano cristiani. La storia della Palestina di allora ci mostra come gli ebrei di Palestina e gli ebrei della diaspora, molto più numerosi, attendevano in modo diverso la venuta di un Messia che non è da confondere con l’attesa dei cristiani, che dopo la morte del loro Maestro, attendevano la sua seconda venuta, pertanto l’attesa di questi ultimi era di tipo escatologico.
Gli scritti di Paolo sono di fondamentale importanza per provare l’esistenza storica di Gesù Cristo. Infatti inaugurano il Nuovo Testamento ed esprimono i primi vagiti della chiesa nascente. Sorsero in seguito, oltre ai marcioniti, altri gruppi cristiani tra i quali gli ebioniti, gli encratici e vari gruppi gnostici il più famoso dei quali fu quello valentiniano con elaborazioni teologiche più complesse di quelle degli altri gruppi che professavano più o meno le stesse idee.
Per non fare confusione sui vari movimenti del tempo apostolico e quello che segue, segnalo alcune opere significative: “Gli esseni, Qumran, Giovanni Battista e Gesù” di H. Stegemann, ed. Dehoniane. Tra l’altro Stegemann è direttore del centro studi del Qumran ed è autore di circa 40 opere scientifiche.
“Giudaismo, fede e prassi” dello storico E.P.Sanders ed Morcellana.
“La gnosi” e “Testi gnostici in lingua greca e latina” di M.Simonetti, specializzato in varie discipline letterarie. Lo stesso vale per le opere di E. Luppieri: “I mandei” e “Gli ultimi gnostici” ecc., solo per menzionarne alcuni.
4 Dice il signor Luigi: “…i romani, tolleranti com’erano verso ogni culto”. Tacito afferma il contrario: “in quello stesso anno (il 20 circa) adottò il senato severi provvedimenti …” a parte quello contro la “costumanza delle donne”, “si discusse pure della soppressione del culto egizio e giudaico; e il Senato votò un decreto per il quale ben quattromila liberti, infetti di codeste superstizioni, in età valida per il servizio, venivano trasferiti in Sardegna per combattervi il brigantaggio: che se poi vi fossero morti, per la insalubrità del clima, poco danno! Gli altri dovevano lasciar l’Italia se entro il termine fissato non avessero ripudiato quei culti di empietà”. Alla faccia della tolleranza! Per quanto riguarda la presenza di cristiani a Roma al tempo di Nerone, che nessuno si è mai sognato di mettere in dubbio, dice lo storico ecclesiastico Eusebio di Cesarea, che conosceva le opere letterarie romane e naturalmente anche quelle di Tacito: “rafforzato il suo potere, Nerone si diede ad azioni empie, contro la stessa fede nel Dio nel mondo. Ma non è scopo di questa opera descrivere per intero le sue scelleratezze, perché molti scrittori ne hanno già parlato nelle loro accuratissime opere. Chi lo vuole può apprendere da esse la cattiveria di cui diede prova questo folle, che causò irragionevolmente la morte di innumerevoli persone e giunse a tale grado di crudeltà da non esitare neppure a far uccidere i parenti più prossimi e gli amici più cari, né la madre, né i fratelli, né la moglie con altre migliaia di consanguinei che mandava a morte come suoi nemici con varie torture…” (II, 1-5). Questo autore menziona pure il martirio di Pietro e Paolo e di molti altri cristiani. Parecchi decenni prima di Eusebio, Tertulliano, nell’Apologetico, alle autorità romane dice: “consultate i vostri annali e troverete che fu Nerone il primo a incrudelire con la spada imperiale contro questa setta (cristiani) che allora sorgeva soprattutto a Roma” (15, 3)
5 . Afferma il signor Luigi che Pietro fu crocifisso nel 46 assieme al fratello Giacomo e cita a sostegno di ciò le Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio, XX, 102. Niente di più falso. Giuseppe Flavio non sostiene per nulla quanto afferma il signor Luigi. Nelle Antichità testualmente, privo della parentesi che viene astutamente inserita, dice quanto segue: “…furono portati in giudizio Giacomo e Simone, figli di Giuda il Galileo” i quali non hanno nulla a che vedere con gli apostoli Giacomo e Simone detto Pietro. Il vangelo dice che Giacomo è il fratello del Signore e di Simon Pietro vien detto figlio, non di Giuda il Galileo, ma figlio di Giona o figlio di Giovanni che vuol dire la stessa cosa, per non confondersi sarà bene leggere l’opera “Gli zeloti” di M.Engel ed. Paideia, Brescia 1996 e altre opere di questo genere.
6 Non conosco autore che, seriamente impegnato, dubiti dell’autenticità delle opere di Tacito, infatti non vi è ragione alcuna per dubitare. Nessuna opera antica si pose il problema della non autenticità del personaggio di Gesù Cristo e dei suoi seguaci. A prescindere dal modo spregevole col quale affronta il discorso di Cristo e dei suoi seguaci, il dotto pagano Celso riferisce, nella sua discussione contro i cristiani, l’esistenza di Cristo come personaggio realmente storico. Si incominciò a dubitare su Gesù nei tempi moderni ad opera del professore di lingue Reimarus, che non era né storico né teologo, che visse a cavallo tra il 1600 e il 1700. Da quel tempo gli studiosi, di diverse tendenze culturali, si sono impegnati nell’indagine storica di Cristo al di là del Gesù della fede, mentre per i cristiani di ogni tempo non esistevano differenze tra il Gesù storico e il Gesù della fede.
Alcuni studiosi, sollecitati dalla fantasia, dal tempo di Reimarus crearono una pletora di immagini su Gesù che fa davvero sorridere: chi dice che fosse un Guru indiano, chi un insegnante di etica, chi ancora un rivoluzionario politico, un socialista, un comunista ecc. Ma Gesù Cristo è tutt’altro: le sue parole autentiche sono arrivate fino al nostro tempo, il suo messaggio ha cambiato la storia dell’uomo.
7. Riguardo al fatto che Tacito, nella sua opera “Historia”, non parli della presenza dei cristiani a Roma al tempo di Nerone, a me risulta che neppure lo neghi. Non lo sappiamo anche perché dal momento che dei quattordici libri (altri dicono sedici) di detta opera ci sono pervenuti solo i primi quattro e una piccola parte, l’inizio, del quinto libro che è un libello contro i giudei. La storia antica è frammentaria, anche gli Annali non sono pervenuti completi. Purtroppo questo è il destino di tutte le opere letterarie dei primi secoli, per non parlare delle opere prima di Cristo. A questo destino non sfuggono neppure le opere cristiane, che purtroppo non fanno eccezione, ed è proprio il contrario della storia moderna che abbonda invece di particolari. I passi di Tacito sono citati nei capitoli II, 85 e XV, 38-45, Einaudi.
E’ vero che gli ebrei furono un tempo cacciati da Roma, ma non si parla di un’espulsione dei cristiani, persone pacifiche protese verso l’amore per il prossimo, non erano rivoluzionari politici e forse per queste loro caratteristiche che il popolo romano provava pietà. Che i cristiani fossero presenti al tempo di Nerone a Roma lo affermano Atti degli apostoli e alcune lettere di Paolo. Il fatto che Paolo non ci parli di Pietro, presente a Roma, sarà dovuto a delle buone ragioni, non si dimentichi che le autorità politiche romane del tempo più volte si sono dimostrate ostili ai cristiani, per cui essi dovettero operare spesso clandestinamente. Su Pietro a Roma vi è una tradizione ben consolidata, si dirà che è poco, ma dove c’è fumo c’è arrosto, dice un proverbio. La tradizione non è sorta dal nulla!
8. Per quanto riguarda il passo di Matteo 16: 16-18 “inserito dai falsari del Vangelo di Matteo” a detta del signor Luigi, non è riuscito a dimostrare niente, è una sua idea priva di ogni giustificazione letteraria. Lascio la risposta a un noto studioso che non è simpatizzante del papato, egli afferma sul ruolo dei discepoli di Gesù Cristo: “si spiega così l’espressione relativa alla chiesa in Matteo (16, 1[SM=g27989] la cui autenticità non può essere oggettivamente negata” in altre parole “l’esegesi protestante ha preso la cosa troppo alla leggera quando ha ritenuto di poter eliminare radicalmente questo problema a priori, affermando che il passo era apocrifo o contestando che Pietro fosse mai stato a Roma. In realtà gli argomenti della critica letteraria e quelli oggettivi portati contro l’autenticità del testo non sono abbastanza solidi: il fatto che queste parole figurino solo nel vangelo di Matteo di per sé non dice nulla non è mai stata messa in dubbio neppure l’autenticità di molte altre espressioni che figurano solo in esso”. Oscar Culmann, “Cristo e il tempo” ed. Dehoniane, pagg. 181, 206.
9. Tacito afferma, a differenza di ciò che dice il signor Luigi, che il popolo romano provava pietà nel vedere la crudeltà con la quale le autorità romane giudicavano i cristiani. Non credo nel modo più assoluto che il popolo romano fosse così cinico e privo di ogni sentimento umano. Una cosa sono i gladiatori e i loro giochi sanguinari nel circo, un’altra sono le sofferenze di persone innocenti. Una cosa è vedere due che si battono sul ring, un’altra picchiare qualcuno e maltrattarlo senza ragione.
10. Le vittime per lo più potevano solo “friggere” e non “illuminare”. Che prova decisiva per dimostrare la non esistenza cristiana al tempo di Nerone! Se le prove si riducono a questo e legittima la lamentela che nessuno risponda alle argomentazioni del signor Luigi. Alcuni cristiani erano cosparsi di pece , mentre bruciavano, davano l’impressione di ardere come torce, che è un modo di dire, penso che nessuno creda che i monti abbiano i piedi quando si dice che tizio abita ai piedi del monte!
11. Non mi risulta che il brillante pensatore E. Renan, dopo aver separato Gesù della fede da quello storico, negasse la sua esistenza!
12. Infine il signor Luigi lamenta che nessuno dei “mass-media” risponde alle sue “prove inconfutabili”. Che cosa pretende: dopo aver raccontato la favola delle falsificazioni delle opere di Tacito, che i primi cristiani erano degli esseni, un movimento gnostico, che confonde i Vangeli Canonici con quelli che vennero scritti più tardi, cioè gli Apocrifi, che la Bibbia sia falsa, un Luigi che non tiene conto dei generi letterari, della storia delle forme, dell’ambiente vitale, che la gente di quel tempo si esprime in base a come essa vedeva il mondo che la circondava, diversamente da noi, che non tiene conto che la storia, la biografia, il romanzo nell’antichità si esprimevano in modo diverso dal nostro tempo, ecc.ecc. Che, sarcasticamente, dice che Pietro è stato crocifisso con “le zampe all’aria”, che “Dio ama certi fetori”, che cosa possono rispondere? Gli studiosi seri, invocati dal signor Luigi, non possono rispondere in nessun altro modo che con il silenzio. Non stupisce se alcuni rifiutano di credere alla storicità di Gesù, ci sono al mondo anche quelli che, nonostante tutte le evidenze, negano che ci sia stato un olocausto, che si tratti di un’invenzione da parte degli ebrei. Che si dirà su ciò fra 100 o 200 anni?
Per una ricerca letteraria seria segnalo alcune opere significative: “Gli Apocrifi del Nuovo testamento” M. Erbetta, ed. Marietti. - “Gesù e la verità storica” E.P.Sanders, ed. Mondadori. - “Gesù ebreo di Galilea” G:Barbaglio, ed. Dehoniane. Per non menzionare l’opera monumentale (deve uscire ancora il IV vol.) “Un ebreo marginale” J.P.Meier ed. Queriniane.

13. Ammesso e non concesso che Gesù Cristo sia una figura inventata, chi lo ha fatto dimostra di essere stato il più grande filosofo di tutti i tempi! Gandhi, un induista, disse che ‘se il mio popolo e il vostro popolo mettessero in pratica il Discorso della Montagna avremo risolto i problemi di tutto il mondo’.
In conclusione, mi sento di poter condividere il paradosso di Dostoevskij: “Preferisco stare con l’errore, con Cristo, piuttosto che con la verità”: la “verità” del signor Luigi Cascioli!



Adriano Baston

il.gabbiano
00sabato 25 marzo 2006 16:50
Nonostante la indubitale buona volontà,
trovo essenzialmente troppo, troppo debole la replica agli assunti del sig.r Cascioli.
Non vedo poi perchè l'uso di termini interpretati offensivamente debba impedire a qualunque teologo cattolico di replicare alle tesi del detto sig.r Cascioli.
Non credo che il silenzio dei dotti cattolici sia dettato dall'uso del sarcasmo del Cascioli, ma da conreta mancanza di risposte, perchè, se le avessero avute, lo avrebbero confinato nella melma e nel letame.
Troppo comodo metterla sul piano dell'educazione.
So che il sig.r Cascioli ha chiesto d'essere sentito dalla corte europea per la violazione dei suoi diritti di libero cittadino.
Staremo a vedere cosa succederà.
Per me ovviamente interessa l'esito non tanto per la questione che riguarda il cristianesimo, che ognuno deve sentirsi libero di accettare o rifiutare, quanto per la violazione dei fondamentali diritti umani perpetrata e perpetuata dalle religioni organizzate.

Il Gabbiano
Polymetis
00sabato 25 marzo 2006 17:30
Per non perdere altro tempo con Cascioli

“Trovo essenzialmente troppo, troppo debole la replica agli assunti del sig.r Cascioli.”

Tu trovi debole? Hai forse mai studiato letteratura latina al fine di poter giudicare con discernimento chi abbia ragione in una disputa simile?

Le affermazioni sul sito di Cascioli sono così dilettantistiche e puerili che non ci vuole una laurea in lettere classiche per smascherale, un qualsiasi grecista al terzo anno di liceo classico saprebbe che negare la storicità dell’incendio di Roma come fa Cascioli è una corbelleria. Invece di guardare siti internet curati da dilettanti vi consiglio caldamente qualche manuale universitario o, se non volete spendere soldi, siti internet curati da gente competente. Ad esempio questo è un sito di stampo storico-filologico curato da alcuni professori dell’università di Torino:
www.christianismus.it
(Se volete il loro curriculum lo trovate nella sezione “gli autori”)
C’è poi un buon sito internet, sebbene meno specialistico, che si occupa di confutare tutti i presunti paralleli tra Gesù Cristo e le altre divinità pagane facendo notare che o sono inventati di sana pianta senza avere nessuna attestazione nelle fonti antiche oppure sono tirati per i capelli:
www.tektonics.org/copycat/copycathub.html

Quanto a Cascioli è sintomatico che non una sola biblioteca universitaria abbia acquistato i suoi libri, si tratta infatti di spazzatura scientifica, basterà citare qualche perla. Qualche tempo fa scrissi al sig. Cascioli la seguente e-mail, raccogliendo alcune critiche che vari amici grecisti avevano fatto alle sciocchezze pubblicate:


Salve sig. Cascioli, vorrei da lei alcuni chiarimenti:

1)Come può continuare a ripetere la frase di Leone X sulla “favola di Cristo” quando è un clamoroso falso storico e nessuno ha mai trovato un’epistola che la contenesse essendosi rivelate false tutte le collocazioni nelle varie biblioteche?
2)Come può dire che incendio di Roma del 64 è una invenzione dei cristiani quando è talmente testimoniato che sta su ogni libro di storia romana, dalle Garzatine in su? E’ talmente vero che Nerone sulle ceneri di Roma ha potuto costruire la sua Domus Aurea.
3)Come può dire che gli storici contemporanei non trattano dell'incendio di Roma a parte Tacito quando ne parla Svetonio?
4)Come può sostenere che il capitolo di Tacito sull'incendio di Roma uscì fuori soltanto nel XV secolo per opera di un certo Pogge (poi corretto con Poggio Bracciolini)? Non sa che il cap. XV degli Annales è conservato in un codice beneventano del secolo XI (il Mediceus plut 68.2) tuttora custodito alla Biblioteca Medicea di Firenze, scoperto da Zanobi da Strada e dal Boccaccio (fiorentini), sempre restato a Firenze, mai andato a Roma da nessun segretario pontificio?
5)Come può dire che la dimostrazione che il documento presentato da Pogge sia un falso ci viene anche dallo storico della Chiesa Duchesne che è arrivato alla conclusione di proporre la soppressione dalla storia della Chiesa dei primi nove papi, compreso Pietro, quando l’abate Duchesne non ha mai detto nulla di simile? Mi darebbe le coordinate esatte dell’opera in cui avrebbe asserito ciò?
6)Come può sostenere ancora che il Testimonium Flavianum sia interamente spurio? Sono spurie solo le aggiunte di un copista cristiano successivo, ossia quelle troppo elogiative nei confronti di Cristo e che lo identificano come messia. Infatti è stata di recente trovata una versione araba del passo in questione, guarda caso senza le glosse cristiane che i filologi avevano già espunto, e dunque nessuno crede più che il testo sia interamente interpolato.
7)Come può dire che la lettera di Plinio il Giovane a Traiano parla di esseni e non di cristini quando nel testo il governatore di Bitinia chiede all’imperatore se deve tener conto dell’età dei bambini? Non sa forse che gli esseni non accettavano bambini né tanto meno le donne di cui accenna il passo? Al contrario tra i primi cristiani c’erano diaconesse come la Giunia di Rm 16,7.



Non ho avuto risposta a nessuno di questi interrogativi.
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