Consiglio d’Europa - Raccomandazione 1804 (2007)

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Vitale
00lunedì 1 ottobre 2007 15:23
Stato, religione, laicità e diritti umani

assembly.coe.int/Mainf.asp?link=/Documents/AdoptedText/ta07/EREC...

(Traduzione non ufficiale – a cura di Simonetta Po)

1. L’Assemblea Parlamentare fa notare che la religione è una caratteristica importante della società europea. Ciò a causa del fatto storico che certe religioni sono presenti da secoli e a causa della loro influenza sulla storia dell’Europa. Al giorno d’oggi le religioni si stanno ancora moltiplicando nel nostro continente, con un’ampia varietà di chiese e credenze.

2. Le religioni organizzate come tali sono parte integrante della società e devono essere considerate come istituzioni costituite da, e che coinvolgono, cittadini che hanno il diritto alla libertà di religione, ma anche come organizzazioni che fanno parte della società civile, con tutto il loro potenziale per fornire una guida su questioni etiche e civiche, e che hanno un ruolo da giocare nella comunità nazionale, sia essa religiosa o laica.

3. Il Consiglio d’Europa deve riconoscere questo stato di cose e per conto dei cittadini europei accoglie e rispetta la religione, in tutta la sua pluralità, come una forma di espressione etica, morale, ideologica e spirituale, tenendo presente le differenze tra le religioni stesse e le circostanze del paese interessato.

4. L’Assemblea riafferma che uno dei valori condivisi dall’Europa, che trascende le differenze nazionali, è la separazione tra chiesa e Stato. Si tratta di un principio generalmente accettato che prevale nella politica e nelle istituzioni dei paesi democratici. Nella Raccomandazione 1720 (2005) su educazione e religione, ad esempio, l’Assemblea faceva notare che “la religione di chiunque, compresa la scelta di non avere una religione, è questione strettamente personale”.

5. L’Assemblea fa notare che, nel proteggere la libertà di espressione e la libertà di religione, la Corte Europea dei Diritti Umani riconosce il diritto dei paesi individuali a organizzare e attuare una legislazione in merito ai rapporti tra lo Stato e la chiesa, in accordo con le clausole della Convenzione Europea sui Diritti Umani, e fa notare che oggigiorno gli Stati membri del Consiglio d’Europa mostrano situazioni con un grado variabile di separazione tra governo e istituzioni religiose, in pieno accordo con la Convenzione Europea sui Diritti Umani e le Libertà Fondamentali.

6. In Europa nel corso degli ultimi venti anni il culto religioso è significativamente diminuito. Meno di un europeo su cinque partecipa al servizio religioso almeno una volta a settimana, laddove vent’anni fa la cifra era più che doppia. Contemporaneamente stiamo assistendo alla forza crescente delle comunità islamiche in praticamente tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa.

7. Come conseguenza della globalizzazione e del rapido sviluppo di nuove tecnologie di informazione e comunicazione, alcuni gruppi sono particolarmente visibili. Ciò che è tuttavia innegabile è che la religione è di nuovo diventata, in anni recenti, argomento centrale del dibattito nelle nostre società. I Cattolici Romani, i membri della Chiesa Ortodossa, gli Evangelisti e i Musulmani sembrano i più attivi sul campo.

8. L’Assemblea riconosce l’importanza del dialogo interculturale e la sua dimensione religiosa ed è disponibile a collaborare per studiare una strategia globale del Consiglio d’Europa in questo settore. Essa ritiene, tuttavia, alla luce del principio di separazione tra chiesa e Stato, che il dialogo interreligioso e interdenominazionale non sia materia per gli Stati o per il Consiglio d’Europa.

9. Nella Raccomandazione 1396 (1999) su religione e democrazia, l’Assemblea affermò che esisteva “un aspetto religioso in molti dei problemi [che la] società contemporanea [stava affrontando], come ad esempio… i movimenti fondamentalisti e le azioni terroristiche, il razzismo e la xenofobia, e i conflitti etnici”. Tale affermazione è più rilevante che mai.

10. Governo e religione non dovrebbero mescolarsi. Religione e democrazia non sono tuttavia incompatibili e a volte le religioni giocano un ruolo sociale profondamente benefico. Indirizzandosi ai problemi che la società sta affrontando, l’autorità civile può, con il sostegno delle religioni, eliminare molto di ciò che genera estremismo religioso, ma non tutto.

11. I governi dovrebbero tener conto della particolare capacità delle comunità religiose di promuovere la pace, la collaborazione, la tolleranza, la solidarietà, il dialogo interculturale e la diffusione dei valori mantenuti dal Consiglio d’Europa.

12. L’educazione è la chiave per combattere l’ignoranza, gli stereotipi e i malintesi delle religioni e dei loro leader, e gioca un ruolo centrale nel forgiare una società democratica.

13. Le scuole sono un forum essenziale per il dialogo interculturale e gettano anche le fondamenta del comportamento tollerante; esse possono combattere efficacemente il fanatismo insegnando ai bambini con misura e obiettività la storia e la filosofia delle religioni principali. Anche media e famiglia possono giocare un ruolo importante.

14. La conoscenza delle religioni è parte integrante della conoscenza della storia umana e delle civiltà. È diverso dal credere, o dal venerare, una particolare religione. Anche i paesi in cui una religione è prevalente hanno il compito di insegnare le origini di tutte le religioni.

15. In Europa coesistono diverse situazioni. In alcuni paesi una religione è ancora predominante. I rappresentanti religiosi potrebbero giocare un ruolo politico, come nel caso del vescovo che siede alla House of Lords del Regno Unito. Alcuni paesi hanno proibito l’esibizione di simboli religiosi nelle scuole. La legislazione di diversi Stati membri del Consiglio d’Europa contiene ancora anacronismi risalenti ad epoche in cui la religione giocava un ruolo più importante nelle nostre società.

16. La libertà di religione è protetta dall’Articolo 9 della Convenzione Europea sui Diritti Umani e dall’Articolo 18 della Dichiarazione Universale sui Diritti Umani. Tali libertà non sono tuttavia illimitate: una religione la cui dottrina o pratica si scontri con altri diritti fondamentali sarà inaccettabile. Ad ogni modo, le restrizioni che possono essere applicate a tali libertà sono quelle “previste dalla legge e sono necessarie in una società democratica nell’interesse della sicurezza pubblica, per la protezione dell’ordine, della morale, e della salute pubblici, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui” (Articolo 9.2 della Convenzione).

17. Gli Stati non possono nemmeno permettere la diffusione di principi religiosi che, se applicati, violerebbero i diritti umani. Se a questo proposito esistessero dubbi, gli Stati devono richiedere ai leader religiosi di prendere una posizione non ambigua in favore della precedenza dei diritti umani su qualsiasi principio religioso, come statuito dalla Convenzione Europea sui Diritti Umani.

18. La libertà di espressione è uno dei diritti umani più importanti, come l’Assemblea ha ripetutamente affermato. Nella raccomandazione 1510 (2006) sulla libertà di espressione e il rispetto delle credenze religiose essa esprime il punto di vista che “la libertà di espressione come protetta dall’Articolo 10 della Convenzione Europea sui Diritti Umani non dovrebbe essere ulteriormente limitata per soddisfare le crescenti sensibilità di certi gruppi religiosi”.

19. Mentre abbiamo il compito riconosciuto di rispettare il prossimo e dobbiamo scoraggiare gli insulti gratuiti, la libertà di espressione non può, inutile dirlo, essere limitata per deferenza a certi dogmi o alle credenze di una particolare comunità religiosa.

20. In merito ai rapporti tra il consiglio d’Europa e le comunità religiose, sono stati intrapresi certi passi per promuovere relazioni più strette.

21. A questo proposito sarà ricordato che in passato leader religiosi si sono rivolti all’Assemblea in diverse occasioni, e che a sua volta l’Assemblea ha accettato di partecipare a importanti convegni organizzati dalle comunità religiose. Inoltre decine di organizzazioni religiose e umanistiche sono già rappresentate al Consiglio d’Europa in virtù dello status partecipativo delle organizzazioni non governative.

22. L’Assemblea accoglie la proposta del Comitato dei Ministri affinché “scambi annuali sulla dimensione religiosa del dialogo interculturale” siano organizzati su base sperimentale tra rappresentanti di religioni tradizionalmente presenti in Europa e della società civile.

23. L’Assemblea raccomanda pertanto al Comitato dei Ministri:

23.1 di assicurare che le comunità religiose possano esercitare senza ostacoli il diritto fondamentale alla libertà di religione in tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa in accordo con le condizioni dell’Articolo 9 della Convenzione Europea sui Diritti Umani e l’Articolo 18 della dichiarazione Universale dei Diritti Umani;

23.2 di escludere qualsiasi interferenza negli affari religiosi, ma di considerare le organizzazioni religiose come parte della società civile e di invitarle a giocare un ruolo attivo nel perseguimento della pace, della collaborazione, della tolleranza, della solidarietà, del dialogo interculturale e per la diffusione dei valori del Consiglio d'Europa;

23.3 di riaffermare il principio dell’indipendenza della politica e della legge dalla religione;

23.4 di continuare a riflettere sulla dimensione religiosa del dialogo interculturale, in particolare organizzando incontri tra leader religiosi e rappresentanti dei circoli umanistici e filosofici;

23.5 di escludere dalla consultazione qualsiasi raggruppamento che non sostenga chiaramente i valori fondamentali del Consiglio d’Europa, in particolare i diritti umani, la democrazia e la regola della legge;

23.6 di identificare e diffondere esempi di buona pratica in relazione al dialogo con i leader delle comunità religiose;

23.7 di considerare l’istituzione di un istituto che metta a punto programmi, metodi di insegnamento e materiale didattico per lo studio dell’eredità religiosa degli Stati membri del Consiglio d’Europa; tali programmi dovrebbero essere stilati in stretta collaborazione con i rappresentanti delle diverse religioni tradizionalmente presenti in Europa;

24. L’Assemblea raccomanda inoltre che il Comitato dei Ministri incoraggi gli Stati membri:

24.1 a promuovere formazione iniziale e in servizio per insegnanti con attenzione particolare all’insegnamento obiettivo ed equilibrato delle religioni come esse si presentano oggi e delle religioni nella storia, e di richiedere formazione sui diritti umani a tutti i leader religiosi, in particolare a quelli con un ruolo educativo che sono in contatto con i giovani;

24.2 a rimuovere gradualmente dalla legislazione, se ciò è la volontà del popolo, elementi con probabilità discriminatorie dal punto di vista del pluralismo religioso democratico.


1 Assembly debate on 29 June 2007 (27th Sitting) (see Doc. 11298, report of the Committee on Culture, Science and Education, rapporteur: Mr de Puig). Text adopted by the Assembly on 29 June 2007 (27th Sitting).
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Vitale


Vitale
00lunedì 1 ottobre 2007 15:26
Blasfemia, insulti religiosi e linguaggio di odio contro persone sulla base della loro religione

assembly.coe.int/Mainf.asp?link=/Documents/AdoptedText/ta07/EREC1805.htm...

(traduzione non ufficiale – a cura di Simonetta Po


1. L’Assemblea Parlamentare richiama la sua Risoluzione 1510 (2006) sulla libertà di espressione e il rispetto per le credenze religiose e reitera il suo impegno per la libertà di espressione (Articolo 10 della Convenzione Europea sui Diritti Umani) e la libertà di pensiero, coscienza e religione (Articolo 9 della Convenzione), che sono basi fondamentali della democrazia. La libertà di espressione non è applicabile unicamente ad espressioni che siano favorevolmente ricevute o considerate inoffensive, ma anche a quelle che potrebbero turbare, offendere o disturbare lo stato o qualsiasi settore della popolazione entro i limiti dell’Articolo 10 della Convenzione. Qualsiasi società democratica deve permettere il dibattito aperto su questioni relative alla religione e alle credenze.

2. L’Assemblea riconosce l’importanza del rispetto per, e della comprensione delle, diversità culturali e religiose in Europa e in tutto il mondo, e riconosce il bisogno di un dialogo costante. Rispetto e comprensione possono aiutare ad evitare frizioni all’interno della società e tra gli individui. Tutti gli esseri umani dovrebbero essere rispettati, indipendentemente dalla loro credenza religiosa.

3. Nelle società multiculturali è spesso necessario riconciliare la libertà di espressione e la libertà di pensiero, coscienza e religione. In alcuni casi potrebbe poi rendersi necessario applicare restrizioni a tali libertà. In base alla Convenzione Europea sui Diritti Umani, ogni restrizione di questo tipo deve essere prevista dalla legge, necessaria in una società democratica e proporzionata agli scopi perseguiti. Nel farlo, gli Stati godono di un margine di valutazione in quanto autorità nazionali e potrebbero necessitare l’adozione di soluzioni diverse che tengano conto delle caratteristiche specifiche di ogni società; l’uso di tale margine è soggetto alla supervisione della Corte Europea dei Diritti Umani.

4. In merito a blasfemia, insulti religiosi e discorsi di odio contro persone sulla base della loro religione, lo Stato è responsabile della determinazione di ciò che dovrebbe rilevare come reato penale entro i limiti imposti dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Umani. In merito, l'Assemblea ritiene che la blasfemia, come insulto a una religione, non dovrebbe essere ritenuta un reato penale. Dovrebbe essere fatta distinzione tra questioni che riguardano la coscienza morale e quelle che riguardano ciò che è legale, questioni che riguardano il pubblico dominio e quelle che riguardano la sfera privata. Anche se al giorno d’oggi le incriminazioni in questo senso sono rare tra gli Stati membri, esse sono numerose in altri paesi del mondo.

5. L’Assemblea accoglie il rapporto preliminare adottato il 16-17 marzo 2007 dalla Commissione di Venezia in materia, e concorda con la Commissione di Venezia che in una società democratica i gruppi religiosi devono tollerare, così come qualsiasi altro gruppo, le dichiarazioni critiche pubbliche e il dibattito sulle loro attività, insegnamenti e credenze, posto che tali critiche non equivalgano a insulto gratuito o linguaggio di odio e non costituiscano incitamento al disturbo della pace pubblica o alla violenza e discriminazione contro gli aderenti di una particolare religione. Il dibattito pubblico, il dialogo e migliori capacità di comunicazione dei gruppi religiosi e dei media dovrebbero essere utilizzati al fine di abbassare la sensibilità quando essa ecceda livelli ragionevoli.

6. Ricordando la sua Raccomandazione 1720 (2005) su educazione e religione, l’Assemblea enfatizza il bisogno di maggior comprensione e tolleranza tra individui di religioni diverse. Laddove persone di religioni diverse conoscono di più sulla religione e la sensibilità religiosa altrui, gli insulti religiosi avranno meno probabilità di scaturire dall’ignoranza.

7. In tale contesto, l’Assemblea accoglie l’iniziativa delle Nazioni Unite di istituire un nuovo organismo chiamato “Alleanza di Civiltà” per studiare e sostenere i contatti tra le società musulmane e quelle cosiddette occidentali, ma ritiene che tale iniziativa debba essere ampliata ad altri gruppi religiosi e non religiosi.

8. L’Assemblea richiama la giurisprudenza rilevante sulla libertà di espressione in base all’Articolo 10 della Convenzione Europea sui Diritti Umani sviluppata dalla Corte Europea dei Diritti Umani. Laddove esistano poche possibilità di restrizioni al linguaggio politico o al dibattito di questioni di pubblico interesse, la Corte accetta un più ampio margine di valutazione da parte degli Stati contraenti quando regolano la libertà di espressione in relazione a questioni soggette a offendere convinzioni personali intime nell’ambito della sfera della morale o, in particolare, della religione.

9. Tuttavia l’Assemblea sottolinea che questo margine di valutazione non è illimitato e che qualsiasi restrizione alla libertà di espressione deve conformarsi alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Umani. La libertà di espressione – garantita dall’Articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti Umani – è di vitale importanza per qualsiasi società democratica. In accordo con lo Statuto del Consiglio d’Europa, il riconoscimento comune dei valori democratici è la base per l’appartenenza al Consiglio d’Europa.

10. L’Assemblea è consapevole che, in passato, legge nazionale e pratica relativa alla blasfemia e ad altre offese religiose riflettevano spesso la posizione dominante di religioni particolari in Stati individuali. In vista di una maggiore diversità di credenze religiose in Europa e del principio democratico di separazione tra stato e religione, le leggi sulla blasfemia dovrebbero essere riviste dagli Stati membri e partecipanti.

11. L’Assemblea fa notare che in base alla Convenzione Internazionale sull’Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione Razziale, le parti firmatarie sono obbligate a condannare la discriminazione e a intraprendere misure efficaci contro di essa. Tutti gli Stati membri firmatari di questa convenzione devono assicurarsi che i membri di una particolare religione non siano né privilegiati né svantaggiati in base alle leggi sulla blasfemia e reati correlati.

12. L’Assemblea riafferma che i discorsi di odio contro le persone, siano essi su basi religiose o diverse, dovrebbero essere sanzionati dalla legge in accordo con la Raccomandazione di Politica Generale N. 7 sulla legislazione nazionale per combattere il razzismo e la discriminazione razziale, prodotta dalla Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza. Affinché il linguaggio venga qualificato in questo senso come linguaggio di odio, è necessario che esso sia diretto contro una persona o uno specifico gruppo di persone. La legge nazionale dovrebbe sanzionare le affermazioni che incitino affinché una persona o gruppo di persone siano soggette a odio, discriminazione o violenza sulla base della loro religione.

13. L’Assemblea enfatizza che la libertà di religione come protetta dall’Articolo 9 della Convenzione Europea sui Diritti Umani protegge anche le religioni nei loro valori fondanti in relazione ai propri seguaci. Mentre le religioni sono libere di sanzionare in senso religioso qualsiasi infrazione religiosa, tali sanzioni non devono minacciare la vita, l’integrità fisica, la libertà o la proprietà di un individuo o i diritti umani e civili delle donne. In tale contesto, l’Assemblea richiama la sua Risoluzione 1535 (2007) sulle minacce alla vita e alla libertà di espressione dei giornalisti e condanna fermamente le minacce di morte emesse da leader musulmani contro giornalisti e scrittori. Gli Stati membri hanno l’obbligo di proteggere gli individui contro le sanzioni religiose che minaccino il diritto alla vita e il diritto alla libertà e sicurezza di una persona in base agli Articoli 2 e 5 della Convenzione Europea sui Diritti Umani. Nessuno Stato ha nemmeno il diritto di imporre esso stesso tali sanzioni per reati religiosi.

14. L’Assemblea fa notare che gli Stati membri hanno l’obbligo in base all’Articolo 9 della Convenzione Europea sui Diritti Umani di proteggere la libertà di religione, compresa la libertà di manifestare la propria religione. Ciò richiede la protezione contro il disturbo di altri a tale manifestazione. Tuttavia questi diritti potrebbero a volte essere soggetti a certe limitazioni giustificate. La sfida posta alle autorità è su come raggiungere un giusto equilibrio tra gli interessi degli individui in quanto membri di una comunità religiosa nell’assicurare il rispetto del loro diritto a manifestare la loro religione o il loro diritto all’educazione, e l’interesse pubblico generale o i diritti e gli interessi altrui.

15. L’Assemblea ritiene che, ove sia necessario in una società democratica in accordo con l’Articolo 10, paragrafo 2 della Convenzione Europea sui Diritti Umani, la legge nazionale dovrebbe sanzionare unicamente le espressioni relative a questioni religiose che disturbino intenzionalmente e gravemente l’ordine pubblico e incitino alla violenza pubblica.

16. Essa invita i parlamenti nazionali a iniziare azioni legislative e di controllo in merito all’attuazione nazionale di questa Raccomandazione.

17. L’Assemblea raccomanda che il Comitato dei Ministri:

17.1 prenda nota della Risoluzione 1510 (2006) sulla libertà d’espressione e rispetto per le credenze religiose unitamente a questa Raccomandazione e inoltri entrambi i testi ai ministri e autorità nazionali competenti;

17.2 si assicuri che legge e pratica nazionale:

17.2.1. permettano il dibattito aperto su questioni relative a religioni e credenze e non privilegino in
questo senso una particolare religione, il che sarebbe incompatibile con gli Articoli 10 e 14 della Convenzione Europea sui Diritti Umani;

17.2.2. sanzionino dichiarazioni che incitino affinché una persona o gruppo di persone siano
soggetti a odio, discriminazione o violenza sulla base della loro religione o su qualsiasi altra base;

17.2.3 proibiscano azioni che disturbino intenzionalmente e gravemente l’ordine pubblico e invitino
alla pubblica violenza con riferimenti a questioni religiose, ove sia necessario in una società democratica in accordo con l’Articolo 10, paragrafo 2 della Convenzione Europea sui Diritti Umani;

17.2.4 vengano revisionati al fine di depenalizzare la blasfemia come insulto alla religione;

17.3 incoraggi gli Stati membri a firmare e ratificare il Protocollo N. 12 della Convenzione Europea sui Diritti Umani (CETS N. 177);

17.4 istruisca il suo Comitato Guida competente a delineare linee guida per i ministri nazionali della giustizia intese a facilitare l’attuazione delle raccomandazioni contenute al paragrafo 17.2 di cui sopra;

17.5 istruisca il suo Comitato Guida competente a delineare linee guida per i ministri nazionali dell’educazione intese ad accrescere comprensione e tolleranza tra studenti di religioni diverse;

17.6 inizi attraverso i propri ministri degli esteri nazionali un lavoro a livello di Nazioni Unite al fine di assicurare che:

17.6.1 si faciliti l’attuazione delle raccomandazioni contenute al paragrafo 17.2 di cui sopra;

17.6.1. legge e pratica nazionale degli Stati firmatari della Convenzione Internazionale
sull’Eliminazione di Ogni Forma di Discriminazione Razziale non privilegi persone di una particolare religione;

17.6.2 il lavoro della Alleanza delle Civiltà eviti lo stereotipo della cosiddetta cultura “occidentale”, amplifichi la sua portata ad altre religioni mondiali e promuova dibattiti più aperti tra diversi gruppi religiosi e con gruppi non religiosi;

17.7 condanni per conto dei propri governi qualsiasi minaccia di morte e incitamento alla violenza di leader e gruppi religiosi emessi contro persone che abbiano esercitato il proprio diritto alla libertà di espressione su questioni religiose;

17.8 inviti gli Stati membri a intraprendere più iniziative per promuovere la tolleranza, in cooperazione con la Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza (ECRI).


1 Assembly debate on 29 June 2007 (27th Sitting) (see Doc. 11296, report of the Committee on Culture, Science and Education, rapporteur: Mrs Hurskainen, Doc. 11319, opinion of the Committee on Legal Affairs and Human Rights, rapporteur: Mr Bartumeu Cassany, and Doc. 11322, opinion of the Committee on Equal Opportunities for Women and Men, rapporteur: Mr Dupraz). Text adopted by the Assembly on 29 June 2007 (27th Sitting).
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Vitale


Viviana.30
00domenica 16 dicembre 2007 21:38






Firmato il Trattato europeo che garantisce Chiese e valori
Dora Bognandi
Con sollievo accogliamo la firma, oggi, a Lisbona, del nuovo Trattato europeo che recepisce, e in parte modifica, il precedente testo firmato nel 2004 a Roma, ma che nel 2005 era stato bloccato dal voto contrario di Francia e Olanda. Il nostro sollievo è dovuto al fatto che sono rimasti nel nuovo testo quei valori che avevamo strenuamente difeso e i principi relativi ai rapporti da mantenere con le Chiese.
Nel Preambolo rimane sostanzialmente immutato il testo che afferma che l’Unione europea si ispira “alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza e dello Stato di diritto”. Non sono quindi menzionate quelle “radici cristiane” di cui si era tanto parlato, ma che avrebbero innescato molte polemiche perché non sarebbe stato chiaro a quali radici rifarsi: se al mercato delle indulgenze o alla sua denuncia a opera di Martin Lutero, al sacerdozio universale dei fedeli o all’infallibilità del romano pontefice, alla Chiesa-istituzione o alla Chiesa-comunità di credenti, come affermava Claudio Rinaldi nel 2003. L’Europa si è macchiata di gravissimi fatti come le Crociate, l’Inquisizione, la caccia alle streghe, le persecuzioni agli ebrei, eventi in cui i cristiani sono stati indiscussi protagonisti, ma che non avremmo mai voluto vivere.
È anche benvenuto l’inserimento dell’articolo 1 bis in cui si afferma che “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.
Altro motivo di soddisfazione è l’articolo 16 C che, in sostanza, riprende l’art. 52 del precedente testo e che recita: “1) L’Unione rispetta e non pregiudica lo status di cui le chiese e le associazioni o comunità religiose godono negli Stati membri in virtù del diritto nazionale. 2) L’Unione rispetta ugualmente lo status di cui godono, in virtù del diritto nazionale, le organizzazioni filosofiche e non confessionali. 3) Riconoscendone l’identità e il contributo specifico, l’Unione mantiene un dialogo aperto, trasparente e regolare con tali chiese e organizzazioni”. Dunque, l’Unione europea desidera rispettare i rapporti esistenti nelle varie nazioni fra Chiese e Stato, ma vuole anch’essa mantenere un rapporto aperto, trasparente e regolare con le varie Chiese. Riteniamo che questo sia l’atteggiamento migliore da tenere e ci auguriamo che il dialogo Chiese-Istituzioni si intensifichi sempre di più per contribuire a costruire una società basata sul rispetto delle persone e dei valori.
Ci auguriamo anche che i vari Stati membri ratifichino al più presto questo Trattato, ma credo che possiamo essere fiduciosi, in quanto questo nuovo testo prevede la possibilità di recesso per quegli Stati che vogliono tirarsene fuori senza che questo loro atto pregiudichi tutto il resto.
Come diverse Chiese hanno fatto, anche la Chiesa avventista europea ha aperto a Bruxelles un ufficio di rappresentanza avventista per mantenere i rapporti con le istituzioni europee.

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