Domanda - Babilonia

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Justee
00lunedì 15 gennaio 2007 15:26
Vorrei chiedere con tempo e dedicazione una domanda che è questa ma Babilonia di Nabucodonosor che viene cittata nei libri di Esdra o Ester è la stessa Babilonia citata nell'apocalisse
Grazie
spirito!libero
00lunedì 15 gennaio 2007 17:37
Be, credo sia abbastanza evidente che le due Babilonie siano città o luoghi differenti. Quello che accomuna gli scritti è il simbolismo che la parola "Babilonia" rappresenta.

A tal proposito ho trovato un articolo interessante sul mito di Babilonia nelle diverse culture:

La caduta di Babilonia
Babilonia è rappresentata in modo irresistibile nella Bibbia. Ricordo ad esempio il lirismo del Salmo 137 (i famosi salici quasimodiani), le beffarde profezie di Isaia ("ti salvino ora i tuoi magi, impegnati a contemplar le stelle!"), e naturalmente la coloratissima visione dell’Apocalisse di San Giovanni (la Grande meretrice che fornica coi i re della terra, seduta sopra una fiera scarlatta piena di nomi di bestemmia, avente sette teste e dieci corna. Sulla sua fronte un mistero: “Babilonia, la grande”).

Essa costituisce dunque lo scenario ideale per storie ricche di catastrofi, lussuria ed enigmi. Ecco pochi esempi per suggerirvi quale fascino abbia esercitato l'esotismo scintillante di Babilonia sull'immaginario di ieri e di oggi.

Senza scomodare le Storie di Erodoto (pratica ormai abusata), possiamo subito rivolgerci ai tragediografi greci, per cogliere le prime "suggestioni babilonesi". Cominciamo con il prediletto Euripide. Il prologo dionisiaco delle Baccanti dispiega nell'immaginazione dello spettatore gli orizzonti cangianti dell'Oriente:

Dioniso: «Ho percorso i campi dalle infinite ricchezze dei Lidi
e dei Frigi, ho attraversato le pianure di Persia sferzate dal sole,
le rocche della Battriana, e la terra tempestosa
dei Medi, e l'Arabia Felice, e tutta l'Asia
che si estende di fronte all'acqua salsa del mare,
dove si ergono maestose di torri
le città in cui barbari e Greci si confondono».
(Euripide, Baccanti, vv. 13-18, traduz. Giorgio Ieranò, Mondadori 1999)

Nulla sfugge alla suggestione. Dai regni costieri dell'Asia Minore (Lidia e Frigia) all'Anatolia (Asia), dalla Mesopotamia e oltre (Persia, Media Bactriana = Afghanistan) allo Yemen (Arabia Fenice). E più avanti la parodo delle baccanti orientali prorompe:

«Io vengo dalla terra d'Asia
lasciato il sacro Tmolo accorro
per Bromio (=Dioniso) a un dolce tormento».
(Euripide, Baccanti, vv. 64-66, traduz. Giorgio Ieranò, Mondadori 1999)

Il monte Tmolo riecheggia nei Persiani portati in scena ad Atene nel 472 a.C. Il soggetto di questa tragedia di Eschilo era, per l'epoca, d'attualità. Greci e persiani si erano infatti affrontati pochi anni prima a Salamina. La minaccia dall'Oriente è magnificamente evocata nei versi che seguono:

Gli abitanti del sacro Tmolo hanno giurato
di aggiogare la Grecia, di farla schiava.
E Babilonia ricchissima fa avanzare
in lunga fila una schiera confusa: guerrieri che affollano le navi
o che confidano nella forza dell'arco che si tende.
E tutte le stirpi dell'Asia si accodano
con la spada sguainata, spronate dai vigorosi comandi di Serse.
(Eschilo, Persiani, vv. 49-58, traduz. Giorgio Ieranò, Mondadori 1997. Adatt. T. Porzano)

Ma le cose si metteranno male per i persiani... La parabola della fragilità del potere si era già proposta un secolo prima quando l'antenato di Serse, Ciro, strappò Babilonia all'ultimo re caldeo Baltazar (discendente del famoso Nabucodonosor). Se ricordo bene, il sogno di Baltazar che preannuncia al velleitario sovrano la perdita di Babilonia è descritta nel libro di Daniele (in realtà la Bibbia confonde Baltazar con Nabonedo, ma non sottilizziamo). Questa sarà riproposta a teatro da Calderòn de la Barca e Goethe, in pittura da Rembrandt, in musica da Haendel e Sibelius, solo per citarne alcuni.

Celebre è la visione di S. Agostino ne De Civitate Dei. Babilonia è la città terrena contrapposta alla città celeste. Essa poggia sull’amore egoistico, opposta alla città celeste poggiata sull’amore di Dio. Babilonia è insomma toponimo di male e di confusione per tutto il medioevo e i suoi sovrani sono demoni o pazzi. Nel Paradiso di Dante e anche nell’Orlando Furioso di Ariosto, il più grande dei sovrani di Babilonia, Nabucodonosor, è ricordato come il folle che muove la sua ira contro Daniele. Dante insulta i fiorentini chiamandoli “novelli babilonesi”.

Ritroviamo Nabucodonosor protagonista del Nabucco (1842) di Giuseppe Verdi. Il celeberrimo coro ‘Va pensiero’, ispirato al citato Salmo 137, esprime il dolore dell’esule popolo ebraico e l’acredine verso il dominatore caldeo. Molto buffa, se vogliamo, è la conclusione dell’opera di Verdi dove Nabucodonosor ‘rinsavito’ fa infrangere la statua di Belo (Marduk) e libera gli ebrei unendosi a loro festanti la gloria di Yehova! La reinterpretazione del giovane Verdi (su libretto di Solera) rivela l’interesse verso temi patriottici, all’epoca particolarmente sentiti, attraverso rivisitazioni del passato (come già nei Lombardi alla prima crociata, con stesso librettista).

Facciamo un salto di duemila anni per ritrovare Babilonia archetipo di civiltà, lusso, progresso e inevitabile declino. L'energica Berlino pre-hitleriana è vissuta dall'anti-eroe Franz Biberkopf come una Babilonia prossima alla catastrofe:

Con gli occhi scintillanti il vecchio rabbino guardò lo straniero [Franz]. Disse Geremia, noi vogliamo salvare Babilonia, ma Babilonia non voleva essere salvata. Abbandonatela e ognuno di noi ritornerà alla sua casa. La spada scenda sui Caldei, sugli abitanti di Babilonia. Il vecchio uscì senza dire più una parola.
(da Berlin Alexanderplatz, Alfred Döblin, ed. Rizzoli 1995, p. 25)

Ho prima accennato alla Babilonia di D.W. Griffith (Intolerance, 1916). La sua fu forse la rappresentazione migliore di cosa divenne, di lì a pochi anni, la mecca del cinema nell'immaginario collettivo. L'appellativo Hollywood Babilonia, fu coniato dal giornalista Kenneth Anger per descrivere lo stato di corruzione e immoralità dell'ambiente cinematografico americano. Il periodo di massima sregolatezza si ebbe appunto negli anni '20 dove una sequela vertiginosa di scandali (il caso 'Fatty' ne fu l'apice) condusse l'America puritana a darsi un codice di autoregolamentazione (o meglio autocensura), il celeberrimo Codice Hays.

Babilonia, nel cinema come nei libri. L'arcipelago letterario di Abarat immaginato da Clive Barker (HarperCollinsPublishers 2002) è un luogo magico dove ogni ora del giorno corrisponde ad un'isola. L'ora sesta coicide con l'isola di Babilonium, dove è possibile incontrare una moltitudine di artisti (mimi, musici, maghi) e attraversare luoghi di piacere (arene, ippodromi). Ma per arrivare a Babilonium dovrete prima incrociare la grande Ziggurat di Noè di Soma Plume (sic!).

"Ziggurat", a Babilonia sinonimo di Esagil (ovvero la torre di Babele), è - guarda un po' - il grattacielo sede del partito di Marduk (dio di Babilonia...) nell'affresco animato Metropolis (regia di Rintaro, 2002). E "marduk" è il nome dato ai funzionari super-armati pronti a farvi fuori se vi intercettano nel coprifuoco vigente in città. Il monito contro il totalitarismo ipertecnologico è allegoricamente rappresentato nel crollo finale della Ziggurat, che ricalca in modo agghiacciante quello del WTC dell'11 Settembre, mentre placidamente suona una ballata di Ray Charles.

Ma tutto era già stato previsto dalla sconfinata fantasia di Georges I. Gurdjieff nel quinto viaggio di Belzebù sulla Terra! E' in quell'occasione che Belzebù ode l'anatema dell'assiro Hamolinadir contro la torre di Babele, simbolo della follia umana:

«Noi innalziamo in questo momento qui, nella città di Babilonia, una 'torre di Babele' internazionale, con la speranza di salire fino al cielo e vedere coi nostri propri occhi che cosa capita lassù. E' una torre composta da mattoni di aspetto simile in apparenza ma fatti in realtà dei materiali più vari.
Fra questi mattoni ce ne sono di ferro, di legno, di 'pasta', e ce ne sono persino di 'piuma'. Ebbene [...] qualsiasi uomo più o meno cosciente deve ammettere che prima o poi la torre crollerà e schiaccerà non solo tutti gli abitanti della città, ma tutto quello ch'essa contiene.
Quanto a me, io voglio ancora vivere; non voglio finir schiacciato dalla torre e me ne vado al più presto. Voialtri fate come vi pare!»
(da I racconti di Belzebù a suo nipote, Neri Pozza Editore, 1999, pp. 290-291)

Chissà se anche Babylon 5, sorta di la base spaziale delle Nazioni Unite ipergalattiche, collasserà su sé stessa nell'ultimo episodio, non ancora uscito, della omonima serie televisiva di fantascienza. Il pubblico americano va pazzo per questi affreschi pieni di alieni in doppio petto. La cosa più divertente della serie di Babylon 5, sfacciatamente ispirata al Deep Space 9 di Star Trek, sono i nomi dei personaggi. Uno fra tutti: Garibaldi...

Ma concludo osservando che l’esotismo multietnico di Babilonia, più che la sua depravazione, pare tornato in auge nelle contaminazioni. Si pensi ai recenti film Matrix dove la navicella degli artefici della resistenza contro le macchine si chiama Nab ovvero Nabucodonosor (e l'ammiraglia si chiamava Ninive!). Un omaggio, forse involontario, al vero spirito libertario, esploratore ed innovatore della civiltà babilonese.

Saluti
Andrea
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