Infranti il diritto alla vita delle Donne

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il.gabbiano
00mercoledì 5 aprile 2006 13:49
I numeri fanno rizzare i capelli: almeno 10 milioni di feti di sesso femminile abortiti in India negli ultimi vent’anni nelle famiglie della classe media assetate di eredi maschi. Un’effetto indesiderato dell’era delle ecografia di massa. Si calcola che ogni anno non nascano 500 mila bambine, nonostante dal 1994 una legge proibisca l’interruzione di gravidanza sulla base del sesso e pochi giorni fa per la prima volta sia stato condannato a due anni un medico dell’Haryana, Anil Singh, che si era offerto di praticare un aborto dopo un’ecografia dal verdetto infausto: femmina. La conseguenza più immediata del feticidio è il calo abnorme della popolazione femminile rispetto a quella maschile: per ogni mille bambini fino all’età di 6 anni, il numero di bambine è sceso da 962 nel 1981 a 945 nel 1991 a 927 nel 2001. Cifre che hanno portato a un’altra mostruosità, effetto diretto della prima: il commercio delle ragazze, diventate merce rara, a scopo di matrimonio. Vittime impotenti che il più delle volte non diventano neppure mogli ma schiave comprate e rivendute.

I numeri e le statistiche per quanto impressionanti non lasciano trasparire volti e voci, le lacrime dei protagonisti: a dare carne e sangue a questo quadro dimenticato, gonfio di orrore e sofferenza è stata Justin Huggler dell’Independent con un coraggioso reportage nell’Haryana, lo stato del Nord che incapsula l’enclave di New Delhi. La Huggler mette insieme una specie di desolata Spoon River, alcune donne sono morte, altre vive ma ridotte a ombre senza speranza, sfigurate dal dolore, giocattoli rotti di un bambino crudele. Tripla è stata venduta dai famigliari per l’equivalente di 260 euro. Un tizio in cerca di moglie, Ajmer Singh, se l’è portata nel suo villaggio vicino a Delhi, un viaggio di parecchie centinaia di chilometri. E’ stata lì sei mesi senza che lui accennasse a volerla sposare anzi, questo un paio di settimane fa, le ha chiesto di dormire con suo fratello, anche lui senza moglie. No, questo Tripla non poteva proprio farlo. Ajmer Singh l’ha portata nel campo dietro la casa e con il falcetto le ha tagliato la testa.

Una storia ordinaria di violenza domestica, nota la Huggler «a pochi chilometri dagli sfarzosi shop center e dai complessi di appartamenti di New Delhi». Un attivista per i diritti umani, Rishi Kant, ha rintracciato la famiglia di Tripla nel nuovo stato del Jharkhand, nato dalla divisione del vecchio Bihar. La madre in lacrime ha sospirato: «Che potevamo fare noi, siamo troppo poveri. Non c’era altra scelta che venderla». Quando la polizia è andato ad arrestarlo, Ajmer Singh non ha potuto nemmeno mostrare un certificato di matrimonio. In reltà il matrimonio non c’è quasi mai, le donne sono soltanto «mogli sessuali» da dividere con i fratelli o da rivendere nei mercati delle spose, «baros» li chiamano, per lucrarci qualche rupia.

Munnia è fortunata, perché è riuscita a scappare. La sua bellezza è stata la sua rovina, comprata a 17 anni, pure lei del Jharkhand, è stata rivenduta tre volte nel giro di poche settimane. Ora vive in un ostello del governo per le donne bisognose. Piange e si sfrega ossessivamente le mani, come se volesse mondarle da qualcosa d’invisibile, e racconta la sua storia: «Mio padre mi ha venduta a un uomo di nome Dharma - dice - Non so se mi abbia pagata oppure no. Mia madre mi ha accompagnata a Delhi in treno poi Dharma mi ha portata al suo villaggio. Mi picchiava, mi picchiava forte. Mi batteva finché mi concedevo a lui, poi il tutto durava mezz’ora». Dopo venti giorni Dharma decise di venderla.

La comprò Dharam che se la portò in Rajasthan per rivenderla poco dopo a un tale dell’Haryana: avanti e indietro per l’India settentrionale. «Mi disse - ricorda la ragazza - che mi avrebbe venduto per 30 mila rupie (circa 550 euro). Ma quando vidi chi voleva comprarmi compresi che aveva intenzione di vendermi ancora e allora sono scappata». Munnia è fortunata, perché ha trovato un assistente sociale che la aiutata a fuggire. Poche donne ci riescono e di quelle che ce la fanno, poche lo possono raccontare. Una visita medica in un ambulatorio governativo ha stabilito che Munnia era stata violentata da due uomini, all’età di 17 anni, un anno prima della maggiore età. Quando le si chiede se vuole tornare a casa, risponde: «Non so, non voglio più nulla, non spero più in nulla».

Nel lurido villaggio di Ghasera, a un’ora e mezza di auto dall’India scintillante, sono state importate almeno cento spose. La gente è ostile, la polizia si spinge nel villaggio solo in forze e con attacchi di sorpresa, l’altro giorno agli agenti hanno bruciato una macchina. Anwari Katun abita in una casupola piena di mosche. Anche lei arriva dall’Est, venduta per 200 euro. Una bambinetta le dorme accanto, la faccia tormentata dagli insetti. Anche lei vuole raccontare la sua storia ma una piccola folla minacciosa si raccoglie davanti alla sua porta. E’ terrorizzata, riesce solo a dire che è infelice, prendendosi un occhiataccia da un donnone che le si è piantato davanti. Molte spose-schiave sono minori ma raccontano di avere più anni di quelli che hanno, come Shabila che viene dalle colline coltivate a tè del lontano Assam. Le ragazze possono anche spiegare che sono arrivate di loro volontà ma una volta nel villaggio non c’è più modo di andarsene. Afsana, a differenza delle altre, non teme di dire in faccia all’uomo con cui vive da anni (neanche loro sono sposati) la sua infelicità: «Non avrei mai immaginato di finire qui, l’Haryana non sapevo neppure dove fosse. Molte ragazze non vogliono rimanere, ma che possono fare, sciagurate?».

Da a.d.i.d - Fidelis-associazione sociale onlus-
assessorato alle politiche sociali
provincia regionale di Palermo.


Cosa ne pensate?







presso
00giovedì 13 aprile 2006 21:43
AFRICA/REPUBBLICA CENTRAFRICANA - “La pace non ha prezzo” dicono le donne centrafricane che chiedono al governo e ai gruppi ribelli di incontrarsi per trovare una soluzione pacifica

Bangui (Agenzia Fides)- Almeno 2mila donne hanno dimostrato la settimana scorsa per le vie di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana per rivolgere un appello alla pace e all’unità nazionale. “Il nostro obiettivo è quello di mettere in guardia la nazione e la comunità internazionale dalla nuova ondata di disordini che incombono sul Paese” ha detto all’Agenzia IRIN delle Nazioni Unite, Georgette Debale, la studentessa universitaria che ha organizzato l’evento.
La dimostrazione si è tenuta sulla scia dell’aumento del banditismo e della ribellione nel nord-ovest del Paese, al confine con il Ciad. Secondo le manifestanti, vi sono 3 gruppi ribelli attivi nella regione
La dimostrazione si è conclusa nei pressi del Palazzo Presidenziale, dove le donne, incluse le impiegate della pubblica amministrazione e i membri delle associazioni femminili e di organizzazioni religiose, hanno consegnato un memorandum al Presidente François Bozizé. “Nel memorandum, abbiamo chiesto alle autorità e ai ribelli di incontrarsi e di negoziare la pace. Dovrebbero sapere che la pace non ha prezzo” ha detto Georgette Debale.
La Repubblica Centrafricana sta cercando di uscire con fatica da un periodo di instabilità dopo che l’attuale Presidente, François Bozizé, ha preso il potere nel marzo 2003, al termine di una guerra civile condotta contro l’ex Presidente Ange-Félix Patassé. Il Centrafrica è tra i paesi più poveri del mondo con un reddito pro capite di 260 dollari e un debito estero di 1 miliardo e 325 milioni di dollari. La speranza di vita è di 39,5 anni e più di un bambino su 10 (11,5 percento) muore prima di 5 anni. Meno della metà degli adulti (48,5 percento) sono alfabetizzati
Gruppi di ribelli sono apparsi nella regione dal settembre 2005, creando seri problemi umanitari. Almeno 10mila persone sono state costrette a fuggire in Ciad.

Anche noi siamo interessati a queste tematiche caro Gabbiano e ci battiamo perchè si sappia e si conosca il valore delle Donne [SM=g28002]
il.gabbiano
00giovedì 13 aprile 2006 22:22
Re:

Anche noi siamo interessati a queste tematiche caro Gabbiano e ci battiamo perchè si sappia e si conosca il valore delle Donne [SM=g28002]




[SM=g28002] [SM=g28002] [SM=g28002] [SM=g28002]
1x2x
00mercoledì 26 aprile 2006 12:41
Statistiche
Si osserva, in totale, una diminuzione di 9.385 religiose, così distribuita: un incremento di 3.954 religiose in Asia e di 1.285 in Africa, una diminuzione di 9.755 religiose in Europa, di 4.563 in America (sebbene vada distinta la diminuzione che riguarda l’America del Nord mentre in America Latina si registra un aumento) e di 306 in Oceania.
La continua diminuzione del numero delle religiose avvenuta negli ultimi anni ha colpito per lo più l’Europa, continente con la maggiore tradizione cattolica che ha contribuito con tanti missionari ad evangelizzare il resto del mondo, seguito dall’America. Altri continenti, come l’Asia e l’Africa, di tradizione cattolica più recente, hanno invece registrato un incremento. Da notare dunque il rapporto esistente tra povertà materiale e ricchezza vocazionale. I continenti più poveri, l’Asia e l’Africa, sono, appunto, quelli che mostrano un numero più elevato di nuove vocazioni, mentre quelli più ricchi, l’Europa e l’America del Nord, si dimostrano meno generosi verso la totale devozione.
Secondo i dati forniti dal Cardinale Crescenzio Sepe, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, nella presentazione del Messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata Missionaria Mondiale 2004, al servizio del mondo missionario lavorano 85.000 sacerdoti diocesani e religiosi e 28.000 religiosi non sacerdoti, 450.000 religiose e 1.650.000 catechisti.
Si può osservare che complessivamente 113.000 uomini - tra sacerdoti e religiosi - lavorano in missione, in rapporto a 450.000 religiose. Cioè quasi l’80% del personale religioso che si trova in paesi di missione è rappresentato dalle donne e solo il 20% da uomini.
Justeee
00venerdì 19 maggio 2006 16:58
AFRICA - In Africa Orientale nove bambine su dieci subiscono abusi fisici o psicologici: la denuncia dell’African Child Policy Forum

Roma (Agenzia Fides) - L’agenzia di informazioni delle Nazioni Unite IRIN ha dato notizia di quanto rilevato dall’African Child Policy Forum (ACPF) in merito all’incidenza di abusi sulle bambine in Africa Orientale: 9 bambine su 10 sarebbero oggetto di abusi fisici, sessuali o psicologici che maturano prevalentemente nella sfera di conoscenze più prossime, in primo luogo la famiglia.
La ricerca ha coinvolto 1500 donne fra i 18 e i 24 anni in Kenya, Uganda e Etiopia, ed ha riguardato le esperienze vissute durante infanzia e adolescenza. Gli abusi iniziano dentro casa: a denunciare violenze subite da parte delle proprie madri è stato il 99% delle donne keniote, il 94% delle ugandesi e l’84% delle etiopi. La metà delle donne ugandesi hanno dichiarato di aver subito violenza sessuale, in Etiopia la percentuale scende al 29,7% e in Kenya al 26,3. Solo l’1,5% delle vittime ha sporto denuncia in Etiopia e il 4% in Uganda.
Secondo l’ACPF, in Africa Orientale, gli abusi frequenti deriverebbero dalle persone più vicine. In Etiopia la metà delle donne è costretta a sposarsi prima dei 18 anni e migliaia di ragazze sono sequestrate in Uganda per essere trasformate in soldati o schiave. (AP) (18/5/2006 Agenzia Fides; lmof
.gandhi.
00venerdì 19 maggio 2006 18:24
Re:




Cosa ne pensate?









Sinceramente non so che pensare.
Qualche giorno fa ho aperto una discussione dal tema "la sofferenza", riferendomi a fatti di questo genere che accadono ogni giorno.
Essendo questo un forum in cui si parla di religione, spero di ottenere delle risposte, perchè credo che la religione dovrebbe prefiggersi di rispondere a questo tipo di sofferenza, altrimenti a cosa serve la religione?

gandhi
benimussoo
00giovedì 15 giugno 2006 22:46
Re:

Written by: Justeee 19/05/2006 16.58
AFRICA - In Africa Orientale nove bambine su dieci subiscono abusi fisici o psicologici: la denuncia dell’African Child Policy Forum

Roma (Agenzia Fides) - L’agenzia di informazioni delle Nazioni Unite IRIN ha dato notizia di quanto rilevato dall’African Child Policy Forum (ACPF) in merito all’incidenza di abusi sulle bambine in Africa Orientale: 9 bambine su 10 sarebbero oggetto di abusi fisici, sessuali o psicologici che maturano prevalentemente nella sfera di conoscenze più prossime, in primo luogo la famiglia.
La ricerca ha coinvolto 1500 donne fra i 18 e i 24 anni in Kenya, Uganda e Etiopia, ed ha riguardato le esperienze vissute durante infanzia e adolescenza. Gli abusi iniziano dentro casa: a denunciare violenze subite da parte delle proprie madri è stato il 99% delle donne keniote, il 94% delle ugandesi e l’84% delle etiopi. La metà delle donne ugandesi hanno dichiarato di aver subito violenza sessuale, in Etiopia la percentuale scende al 29,7% e in Kenya al 26,3. Solo l’1,5% delle vittime ha sporto denuncia in Etiopia e il 4% in Uganda.
Secondo l’ACPF, in Africa Orientale, gli abusi frequenti deriverebbero dalle persone più vicine. In Etiopia la metà delle donne è costretta a sposarsi prima dei 18 anni e migliaia di ragazze sono sequestrate in Uganda per essere trasformate in soldati o schiave. (AP) (18/5/2006 Agenzia Fides; lmof



Che tristezza queste notizie , e pensare che dovremmo essere trattate come dei vasi di argilla [SM=x511460]
Justee
00sabato 23 giugno 2007 13:10
“Salute delle donne migranti e/è salute globale”, Convegno per la salute e la sopravvivenza di molte donne nel mondo
Roma (Agenzia Fides) - Si è appena concluso, a Firenze, il convegno “Salute delle donne migranti e salute globale”. Nell’ambito del progetto regionale “Mum Health” e all’interno di un dialogo che vuole collegare realtà nazionali e internazionali sono stati presentati, tra l’altro, alcuni dei materiali prodotti, fra cui il video multilingue sulla salute riproduttiva, “Parole di donne, parole di salute”.
Nella Sezione Donne migranti, Vaifra Palanca, Vicepresidente della Commissione Salute e Immigrazione, ha parlato dell’impegno del Ministero della salute nell’attualizzazione del tema della salute delle donne migranti nel piano sanitario nazionale. Letizia Mencarini, demografa dell’Università di Firenze, e Ruba Salih, antropologa dell’Università di Bologna, hanno dibattuto sull’impatto sempre più significativo delle presenze migranti sulla società secondo una prospettiva di genere. Hedi Jemiai, del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, ha messo in evidenza le linee di indirizzo delle politiche sulla salute e i diritti delle migranti dell’organismo internazionale che a questo tema ha dedicato il suo Rapporto 2006.
Nello spazio delle esperienze ci sono stati i contributi di partecipanti provenienti dal Bradford Teaching Hospital (UK), ad alta concentrazione di pazienti pakistane e dalla Struttura regionale per la mediazione culturale in sanità “L’albero della salute” che ha attuato il percorso del Mum Health.
Il progetto Mum Health si rivolge agli operatori sociosanitari, alle donne migranti e alla società nel suo complesso, con l'obiettivo di favorire situazioni di conoscenza e scambio tra persone di varia provenienza, genere, appartenenza culturale e linguistica che abitano lo stesso territorio.
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