Persecuzione dei Cristiani nel Mondo

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Justee
00mercoledì 1 settembre 2004 14:44
ROMA AllAngelus di domenica 29 agosto, giorno nel quale la tradizione cristiana fa memoria del martirio di san Giovanni Battista, Giovanni Paolo II ha ammonito i cristiani a esser pronti ogni giorno alla suprema testimonianza del sangue per la verit e la giustizia, di fronte ai moderni Erode:

Se relativamente pochi sono chiamati al sacrificio supremo, vi per una coerente testimonianza che tutti i cristiani devono esser pronti a dare ogni giorno anche a costo di sofferenze e di gravi sacrifici. Ci vuole davvero un impegno talvolta eroico per non cedere, anche nella vita quotidiana, alle difficolt che spingono al compromesso e per vivere il Vangelo sine glossa".

Come modello il papa ha richiamato quello dei martiri dei nostri tempi, troppo spesso ignorati:

Leroico esempio di Giovanni Battista fa pensare ai martiri della fede che lungo i secoli hanno seguito coraggiosamente le sue orme. In modo speciale, mi tornano alla mente i numerosi cristiani che nel secolo scorso sono stati vittime dellodio religioso in diverse nazioni dEuropa. Anche oggi, in alcune parti del mondo, i credenti continuano ad essere sottoposti a dure prove per la loro adesione a Cristo e alla sua Chiesa.

Il richiamo del papa arrivato proprio nel giorno in cui si celebravano in India i funerali di padre Job Chittilappilly, settantunenne parroco di Thuruthiparambu, nel Kerala, ucciso il sabato precedente mentre recitava il rosario in chiesa.

E la sua uccisione avvenuta mentre in altri stati dellIndia, Orissa e Jharkhand, bande di fanatici induisti assaltavano chiese e case di cristiani, accoltellando un parroco, John Sunderam, e il suo vice, Albino Tirkey.

Dal 2000 a oggi sono una quarantina i paesi in cui si registrato almeno un caso di morte violenta a danno di cristiani, e oltre cento le vittime. Gerolamo Fazzini, condirettore di Mondo e Missione, la rivista del Pontificio Istituto Missioni Estere di Milano, ne ha scritto un bilancio ragionato sullultimo numero di Vita e Pensiero, il bimestrale dellUniversit Cattolica di Milano. Eccolo qui di seguito:


Uccisi perch scomodi: il martirio globalizzato

di Gerolamo Fazzini


Grazie a Giovanni Paolo II, la Chiesa cattolica ha preso coscienza del fatto che lesperienza del martirio ancor oggi attualissima. Il secolo breve, segnato dai totalitarismi, ha lasciato dietro di s una lunga scia di sangue cristiano. Ma anche il terzo millennio si apre nel segno del martirio: un martirio che conosce molteplici volti e appare sempre pi come unesperienza globale.

Non soltanto in senso geografico. Oggi nei martirologi finiscono numerosi esponenti delle Chiese locali, a dimostrazione di un impegno ad gentes sempre pi marcato; non di rado sono i laici a morire, pi vulnerabili del prete o del vescovo. Un esempio tra i tanti: Ana Isabel Sanchez Torralba, di soli 22 anni, era una giovane sudamericana del volontariato missionario calasanziano, alla sua prima missione allestero. stata uccisa in Guinea equatoriale il 1 luglio 2003, durante un controllo di polizia.

Sono una quarantina i paesi in cui si registrato almeno un caso di morte violenta a danno di cristiani nel periodo 2000-2003. Il martirologio redatto dallagenzia vaticana Fides parla di 31 vittime per la fede nellanno 2000, 33 lanno successivo, 25 nel 2002, 14 nel 2003. E dallinizio di questanno dobbiamo registrare nuovamente una serie di uccisioni in vari paesi.

IL CASO ECLATANTE DELLA COLOMBIA

Per lefferatezza dei crimini, per il numero di vittime coinvolte, per la durata del conflitto in atto, quello colombiano un caso assolutamente unico. Che smentisce quanti attribuiscono unicamente al furore anti-cristiano di estremisti musulmani, da un lato, e governi comunisti, dallaltro, il numero di martiri che la Chiesa del XXI si trova oggi ad annoverare. In Colombia soltanto negli ultimi tre anni sono caduti sotto i colpi sia della guerriglia che dei paramilitari un vescovo, vari preti, seminaristi e laici, a motivo della loro testimonianza cristiana e della lotta in difesa della giustizia e dei diritti umani. La Chiesa colombiana paga a caro prezzo la sua fedelt al Vangelo e il suo impegno per la costruzione di una pace vera. Nel martirologio compilato da Fides la Colombia guidava nel 2003 ex aequo con lUganda la classifica dei paesi dove si registrato il maggior numero di martiri, con sei vittime per ciascun paese.

Anche in altri paesi ufficialmente cattolici del Centro e Sudamerica si continua a morire per lopposizione in nome della fede ai potenti di turno, siano essi fazenderos, narcotrafficanti, esercito o squadroni della morte. La violenza non pi macroscopica come in anni passati, ai tempi di monsignor Romero o delle dittature che insanguinavano vari paesi. E tuttavia sangue continua ad essere versato in Brasile, Guatemala, Salvador ecc. Tanto che la rivista teologica Concilium di recente, proprio in riferimento alla situazione latinoamericana, ha proposto di riformulare il concetto stesso di martirio alla luce di tante vicende personali di persone uccise non esplicitamente in odium fidei ma in nome dei valori evangelici della solidariet, della giustizia e della pace.

PI VITTIME NEI PAESI MUSULMANI

Dove invece lavversione esplicita alla fede cristiana miete il numero maggiore di vittime nei paesi a maggioranza musulmana, come prova anche un recente volume del libanese Camille Eid, A morte nel nome di Allah. L11 settembre e le guerre in Afghanistan e Iraq hanno, in alcuni contesti, complicato ulteriormente le cose: lestremismo religioso si mescolato con un odio anti-occidentale che ha portato a individuare nel cristiano un nemico ipso facto.

Qualche esempio. Ai primi di giugno lagenzia Asia News dava notizia di una campagna in favore di Brian Savio OConnor, cattolico indiano rapito sei mesi fa dalla Muttawa, la polizia religiosa saudita, mentre si trovava in una strada di Riad. Condotto in una moschea, stato torturato e picchiato, quindi incarcerato a Riad. Conosciuto come un cittadino esemplare OConnor stato accusato di far uso di droga, di aver venduto liquori e soprattutto di aver predicato Ges Cristo. Ma pare certo che le accuse di droga siano state inventate dalla polizia e che OConnor sia stato invece minacciato di morte se non abiurava la sua fede.

Il 24 maggio scorso un giovane cattolico, Samuel Masih, morto allospedale di Lahore, per mano di un poliziotto addetto alla sorveglianza. In prigione era finito per presunto oltraggio alla religione islamica. In realt, al momento del suo arresto nellagosto 2003 Samuel stava svolgendo il suo lavoro: pulire un giardino. Aveva ammucchiato dellimmondizia nei pressi del muro di una moschea, pensando di prenderla in un secondo tempo e bruciarla. Ma il suo atto stato considerato blasfemo: il muezzin di Lahore lo ha picchiato a sangue prima di consegnarlo alla polizia. Lassassinio di Samuel Masih lultimo di una serie di violenze di musulmani contro cristiani: una serie di cui , in Pakistan, non si intravede la fine. Sempre nel maggio scorso un altro giovane, Javed Anjum, morto per le torture infertigli da militanti islamici. Leader cristiani sono stati minacciati di morte a Quetta e un pastore protestante, Wilson Fazal, stato rapito e torturato.

Se il Pakistan oggi uno degli scenari pi problematici per i cristiani, tra le situazioni critiche va segnalata lisola di Mindanao, nelle Filippine, dove la popolazione, contrariamente al resto del paese, in maggioranza musulmana: nel 1997 venne ucciso il vescovo di Jolo, Benjamin de Jesus, e di recente si sono state minacce di morte contro missionari cattolici.

Anche in Indonesia negli ultimi anni si sono registrate forti tensioni, specie nelle Molucche: a farne le spese sono stati in pi occasioni cristiani di varie denominazioni.

In Medio Oriente, Chiese di antichissima tradizione (risalente addirittura allepoca apostolica) vivono oggi una difficilissima condizione, sottoposte come sono a pesantissime restrizioni della libert e non di rado a violenze.

La parola martirio di tremenda attualit anche in Sudan, come ha recentemente denunciato il vescovo di Rumbek, Cesare Mazzolari, missionario comboniano.

Passiamo allEgitto. La vulgata geopolitica lo considera paese moderato, eppure non certo un luogo dove ai cristiani sia permesso esercitare pienamente il loro diritto alla libert religiosa. Come ha detto a Mondo e Missione in unintervista recente il patriarca copto cattolico Stephanos II Ghattas, i cristiani sono di fatto cittadini di serie B. E la conferma che qualche mese fa sono state arrestate 22 persone semplicemente colpevoli di essersi convertite al cristianesimo.

SE A COLPIRE LESTREMISMO IND

Non c, tuttavia, solo lestremismo musulmano a colpire le Chiese. Quello di marca induista non meno pericoloso e devastante. Negli ultimi anni in India si verificato uno stillicidio di uccisioni a danno di figure rappresentative della Chiesa cattolica, per mano di elementi in qualche modo legati alle formazioni politiche e militari che propugnano lideologia dellhindutva, secondo cui identit nazionale e religiosa fanno un tuttuno. In base a questa dottrina, l'indiano che si converte al cristianesimo o all'islam va considerato un elemento deviante e per questo va reciso dal corpo della nazione, a meno che si riconverta.

Unondata di violento fondamentalismo religioso ha investito di recente il paese e i cattolici ne hanno fatto le spese in pi occasioni. Il 2 marzo in Gujarat due preti cattolici e due fedeli sono stati attaccati da un gruppo di attivisti del Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS, Corpo nazionale di volontari), gruppo estremista ind. Padre Nicholas Martiz, maestro dei novizi dei Missionari del Verbo Divino, padre George Bhuriya, parroco, e due loro fedeli, sono stati aggrediti mentre si recavano in jeep alla locale stazione di polizia per denunciare un attacco subito dalla scuola cattolica della missione. Lo stesso giorno un gruppo dellRSS aveva fatto irruzione nella scuola della missione, terrorizzando studenti e professori.

Sempre in Gujarat, una missione della Societ del Verbo Divino stata completamente saccheggiata a bruciata da attivisti dellRSS e del Consiglio Mondiale Ind. Padre Chackochan e fratel Gnanarul, residenti nella missione, sono stati colpiti dagli aggressori. Alla luce di tutto ci si comprende perch i vescovi, estremamente preoccupati alla vigilia delle ultime elezioni per un successo del BJP, il partito nazionalista ind, hanno tirato un sospiro di sollievo quando le urne hanno decretato la sconfitta del partito e la sua estromissione dal governo.

ANCORA PERSECUZIONI NEI PAESI COMUNISTI

Nei paesi comunisti le condizioni di vita per i cristiani permangono difficili, talora drammatiche. In Cina, ad onta dei proclami ufficiali, la libert religiosa continua a essere un concetto aleatorio e si susseguono arresti e detenzioni arbitrarie di vescovi, preti e laici, cattolici e protestanti, che si rifiutano di sottostare al partito comunista.

In Vietnam ci sono segni di miglioramento, ma lufficio per gli affari religiosi mantiene il suo stretto controllo su seminari e nomine episcopali, nonch di fatto sullesercizio del culto.

Per quanto riguarda Laos e Corea del Nord, di recente Amnesty International ha delineato un quadro decisamente allarmante: l loltraggio ai diritti umani prassi sistematica.

A Cuba la situazione migliore rispetto al passato, dal momento che, a seguito della visita papale del 98, sono state introdotte piccole novit a vantaggio della Chiesa. Quella cubana rimane comunque una societ nella quale la cappa del regime comunista mantiene il controllo rigido su tutte le espressioni culturali, religiose e politiche che in qualche modo vengono avvertite come potenzialmente ostili al potere.

LAFRICA CONTINENTE DI SANGUE

Dei trentanove paesi teatro di massacri di cristiani negli ultimi quattro anni, quasi la met si trovano nel martoriato continente africano. Non un caso. LAfrica delle mille guerre dimenticate, della violenza endemica, della povert che genera violenza chiede alla Chiesa una testimonianza particolarmente esigente. In molti paesi sacerdoti, religiose e laici hanno perso la vita per la semplice ragione che non hanno abbandonato la loro comunit nellora della guerra, pur sapendo benissimo a cosa andavano incontro.

Padre Peter Obore, sudanese, non era certo alloscuro del rischio che correva lavorando in quel Nord Uganda tormentato dalle scorribande del Lord Resistence Army dove il 24 novembre 2001 ha trovato la morte, proprio per mano del feroce esercito dei ribelli che ancora oggi continua a seminare morte.

Come dimenticare, a dieci anni di distanza, lenorme tragedia del Ruanda dove se vero che ad alzare il machete sul fratello furono molti che le statistiche consideravano cristiani oltre duecento fra preti, suore, vescovi, seminaristi e laici pagarono con la vita il loro rifiuto di adeguarsi alla logica del genocidio?

UNANALISI DELLE CAUSE

Non di rado il missionario, la suora o il laico vengono tolti di mezzo perch scomodi. Padre Gopal, ucciso a Puthkel, India, il 12 ottobre 2001, ad esempio ha pagato con la vita la sua partecipazione attiva al programma governativo di sensibilizzazione contro la violenza. stato ucciso dai guerriglieri per rappresaglia.

Suor Barbara Ann Ford, uccisa il 5 maggio 2001 a Citt del Guatemala, lavorava per la difesa dei diritti umani degli indios e per il recupero psicologico delle vittime della guerra civile. E sono in tanti a sospettare che sia questo elemento, unito allamicizia che la legava al vescovo ausiliare Juan Gerardi, ucciso nel 1998, la vera motivazione per cui stata eliminata, e non il furto come recita lufficialit.

Nel caso di padre Arley Arias Garcia, ucciso il 18 maggio 2002 in unimboscata a Florencia in Colombia, non v dubbio sulle colpe che gli hanno attribuito i suoi assassini: il religioso infatti stava cercando di avviare negoziati tra paramilitari e guerriglieri.

Pu forse sorprendere, ma da un esame delle circostanze in cui sono stati uccisi missionari e personale ecclesiastico locale negli ultimi anni emerge un dato allapparenza sconcertante: si tratta spesso di morti casuali, di omicidi dettati da motivazioni banali quali la rapina o il furto.

Il salesiano irlandese Declan Collins stato ammazzato per rapina a Johannesburg, una delle pi pericolose metropoli al mondo, dove svolgeva lincarico di parroco e si occupava soprattutto degli emarginati dei sobborghi.

Di suor Dionitia Mary, insegnante indiana, uccisa nel suo paese il 21 gennaio 2001, si legge che stata ammazzata durante un furto nella sua abitazione.

Stessa motivazione per lomicidio, avvenuto il 19 ottobre 2002, di Alberto Neri Fernarndez, laico focolarino uruguayano, impegnato in Brasile.

A volte il coinvolgimento diretto con la vita della gente porta a morti che apparentemente non hanno nulla di eroico. Padre Pietro De Franceschi, missionario dehoniano italiano, morto in Mozambico il 1 febbraio 2001 travolto dallalluvione mentre soccorreva una donna che doveva essere ricoverata in ospedale. In tutti questi casi chiaro che la definizione di martire in odium fidei non regge. Ma come non chiamare martirio grigio, se si vuole quello di chi rimane e resiste in contesti potenzialmente pericolosissimi, pur di annunciare il Cangelo e testimoniare la carit cristiana? Un missionario italiano in Colombia, padre Gaetano Mazzoleni, mi ha fatto avere copia di due diverse lettere minatorie, provenienti sia dalle FARC, la guerriglia di sinistra, che dai paramilitari, ricevute dalla sua comunit nella zona meridionale, amazzonica, del paese. Una lettera era accompagnata da una pallottola. Rimanere l, dopo un avvertimento del genere, non forse martirio?

In alcuni casi, il martirio assume i contorni del paradosso, quel paradosso tutto interno alla logica della croce. Come non chiamare unamara beffa, ad esempio, lomicidio, il 29 luglio 2002, di frere Yves Marie-Dominique Lascanne, piccolo fratello del Vangelo, di origine francese? Ad alzare la mano contro il fondatore del Foyer dellEsperance a Yaound, in Camerun, un centro di accoglienza per i ragazzi di strada, stato proprio uno dei suoi ex beneficiati. Come per Ges, c un Giuda che non comprende lamore del Maestro. Analogo destino toccato a padre Celestino Digiovambattista, camilliano italiano, ucciso in Burkina Faso il 13 ottobre 2001 da uno squilibrato nel corso della visita ai carcerati di cui era cappellano.

ANCHE I LAICI IN PRIMA FILA

Scorrendo la lista dei paesi teatro dei massacri, si scopre una variet di situazioni che fanno il paio con la diverse modalit di presenza e testimonianza che ogni Chiesa locale offre. Anche qui siamo in presenza di una forma di globalizzazione: levangelizzazione non pi patrimonio esclusivo degli istituti missionari ad gentes, le Chiese locali danno prova di un nuovo protagonismo. Stando ai dati 2003, su 29 martiri registrati da Fides sono ben 22 i seminaristi, preti, laici e laiche del posto che hanno pagato col sangue la loro fedelt al Vangelo.

Dalle pieghe delle statistiche affiorano storie di vittime meno note ma significative. Insieme con don Saulo Careno, ucciso in Colombia il 3 novembre scorso, cera ad esempio anche Marita Linares, impiegata dellospedale, cos come a fianco di don William de Jesus Ortez, parroco in Salvador, assassinato a colpi darma da fuoco allinterno della chiesa il 5 ottobre, vera il sacrestano Jaime Noel Quintanilla, di soli 23 anni. Ancora: limboscata con la quale i ribelli del Lord Resistence Army, il 1 settembre 2003, hanno ucciso don Lawrence Oyuru, costata alla vita ad altre 25 persone. Di loro non sappiamo il nome e nessuno aprir cause di beatificazione. Eppure anche a costoro i cristiani del nord del mondo, meno famigliari col martirio, dovrebbero guardare come a modelli. Silenziosi, ma modelli.

[Modificato da Justeee 05/04/2007 14.02]

berescitte
00giovedì 30 settembre 2004 10:30
Onore e gloria a questi nostri fratelli CAMPIONI

Vergogna e confusione a me cristiano quasi "nominale" al confronto
ariadipoesia
00mercoledì 13 ottobre 2004 22:21
io direi nulla di nuovo sotto il sole.
Il papa ci ha semplicemente ricordato che i tiepidi saranno XXXXX.

[Modificato da ariadipoesia 13/10/2004 22.23]



Angela , Calma e pazienza , mi raccomando in questo modo si urta la sensibilità di Altri , oltretutto non credo che il Papa avesse queste intenzioni e voleva esplicitare la sopracitata parola
Scusateci

[Modificato da Justee 14/10/2004 10.46]

Chi.dove.quando
00giovedì 14 ottobre 2004 01:14
Re: io direi nulla di nuovo sotto il sole.

Scritto da: ariadipoesia 13/10/2004 22.21
Il papa ci ha semplicemente ricordato che i tiepidi saranno vomitati.

[Modificato da ariadipoesia 13/10/2004 22.23]





Poveri disgraziati i tiepidi! Gente da vomitare dappertutto! Il mondo è un mare di vomito a questo punto...magnifico e stimolante l'incoraggiamento del Papa...bellissima poesia ricattatoria!

Saluti

Ho letto, carissimo Justee!

Il racconto di questi innocenti volontari è però monco, nel senso che mancano all'appello tutti gli aderenti ad altre confessioni cristiane, e non, ed anche tutti quelli che si dichiaravano in genere laici, compresi atei ed agnostici, credenti e non credenti. Non comprendo perciò l'esaltazione del solo impegno cattolico, per quanto encomiabile, anche perchè, probabilmente, le vittime non avevano nessuna voglia di martirio, loro malgrado. Come tutti si sono trovati in circostanze sfavorevoli e ci hanno rimesso la vita, cosa che, prima che a noi, è dispiaciuto sicuramente a loro ed ai loro cari.
Ribadisco che è biasimevole l'affermazione di chi, guardando a questi martiri, esorta gli altri ad imitarne l'esempio ed a calcarne le orme, salvo, caso contrario, essere vomitati come cristiani allusivamente indifferenti. Proprio non comprendo, o forse lo comprendo, la ragione di tanta esaltazione al punto da far sentire tutti gli altri indegni, incompleti ed indifferenti alle sofferenze altrui ed al mondo che cambia. Quelli che focalizzano l'attenzione sul martirio hanno tutta le possibilità di fare altrettanto: basta recarsi laddove le tensioni sono all'apice ed il loro desiderio di martirio sarà testè soddisfatto...recarsi però senza guardia del corpo o circondati da immani schieramenti militari, come ha saputo fare il Cristo mentre era in vita. Lui, secondo i vangeli, avrebbe potuto avere a sua disposizione schiere angeliche a difenderlo, ed anche i suoi stessi discepoli, ma non lo fece. Così non si può dire dei capi religiosi, "che dicono e non fanno" ed inviano semplicemente altri, esortando il resto degli altri a fare altrettanto, salvo essere designati come indegni e vomitevoli.

Questo è d'altronde il concetto cristiano di martirio...usato spesso come biglietto di presentazione. Mi spiace, ma il tiro va corretto, e proprio per rispettare la memoria di tanti innocenti sacrificati sull'altare del potere politico, economico e religioso.

Con simpatia

Chidoqua

[Modificato da Justee 15/10/2004 9.46]

Squarepusher
00venerdì 15 ottobre 2004 01:52
Lungi da me fare il cinico, ma ho sentito un interessante parere sui martiri e vorrei postarvelo.
Allora, questo baffuto signore un giorno scrisse che i martiri erano degli ignobili illusi. Motiva la sua invettiva dicendo che se un uomo decide di morire per le sue idee, crede ciecamente che queste siano la Verità Assoluta. E, quindi, i martiri sono convinti di essere depositari della Verità Assoluta. Il baffuto prosegue, spiegando che nessuno può conoscere la Verità Assoluta, ed i martiri sono solo degli illusi. Sono morti per un futile motivo. Per una Verità Assoluta che alla fine è solo un punto di vista tra i tanti.
Inoltre, morendo, si sono ritirati dalla lotta per il proprio punto di vista. Cioè i martiri sono i dimissionari, i falliti, quelli che non avendo più argomenti intelligenti, compiono un atto estremo ed assolutamente insensato.
Ovviamente il baffuto parla di coloro che si sono fatti uccidere di proposito per dare l'esempio e non delle vittime sfigate che si sono trovate in situazioni senza via d'uscita.
Che ne dite?

[Modificato da Justee 15/10/2004 9.38]

[Modificato da Squarepusher 15/10/2004 11.26]

Justee
00venerdì 15 ottobre 2004 09:42
Re:

Scritto da: Squarepusher 15/10/2004 1.52
Lungi da me fare il cinico XXXXXXXX, ma ho sentito un interessante parere sui martiri e vorrei postarvelo.
Allora, questo baffuto signore un giorno scrisse che i martiri erano degli ignobili XXXXXXX. Motiva la sua invettiva dicendo che se un uomo decide di morire per le sue idee, crede ciecamente che queste siano la Verità Assoluta. E, quindi, i martiri sono convinti di essere depositari della Verità Assoluta. Il baffuto prosegue, spiegando che nessuno può conoscere la Verità Assoluta, ed i martiri sono solo degli illusi. Sono morti per un futile motivo. Per una Verità Assoluta che alla fine è solo un punto di vista tra i tanti.
Inoltre, morendo, si sono ritirati dalla lotta per il proprio punto di vista. Cioè i martiri sono i dimissionari, i falliti, quelli che non avendo più argomenti intelligenti, compiono un atto estremo ed assolutamente insensato.
Ovviamente il baffuto parla di coloro che si sono fatti uccidere di proposito per dare l'esempio e non delle vittime sfigate che si sono trovate in situazioni senza via d'uscita.
Che ne dite?

[Modificato da Justee 15/10/2004 9.38]




Caro Squarepusher non capaisco , qui stai parlando in un forum di religione , e dunque NIENTE PAROLACCE E INSINUAZIONE , detto questo stai offendendo quello che sono i MIEI MARTIRI , e dunque i miei martiri , non hanno dato la vita perchè portatori di verità Assoluta ma di verità in Chi crede in Cristo e ne fa un Simbolo nella sua Vita
Grazie
Squarepusher
00venerdì 15 ottobre 2004 11:33
Scusa, ho corretto le parole volgari.
Quello riportato non era il mio punto di vista, ma quello di Fritz Nietzsche (che cito spesso). Inoltre, non credevo che la parola con la B fosse considerata una parola volgare (c'è pure sui dizionari), ma ho repentinamente corretto. Parolaccie e insinuazione?
Non ho insinuato niente.
Ho spiegato un punto di vista.
Argomentandolo.
Cosa che tu non hai fatto, perché hai semplicemente detto che i martiri sono portatori della tua Verità Assoluta.

PS Per quanto riguarda la forma e la scelta delle parole, scusate ma mi devo ancora abituare a questo forum. Non in tutti c'è una limitazione del lessico (giusta, per carità, e che io condivido) di questo genere. Vedrò di non sbagliare, in futuro.
Justee
00venerdì 15 ottobre 2004 11:50
Grazie

Ho spiegato un punto di vista.
Argomentandolo.
Cosa che tu non hai fatto, perché hai semplicemente detto che i martiri sono portatori della tua Verità Assoluta.



Grazie e spero che tu capisca
quello che volevo dire è che , non è vero che i Martiri hanno verità assolute , loro sono Morti perchè credono in Cristo ed è Cristo che ha verità assolute non i Martiri
Il Martire si affida a Cristo e Dio Padre , in ogni senso abbandona il suo razionale , lui vive e fa quello che vede giusto e reale attraverso la Bibbia , chiaramente partendo dal presupposto che la Bibbia è la Parola di Dio
Squarepusher
00venerdì 15 ottobre 2004 11:56
Solo ora comprendo (in realtà, allora, l'avevi argomentata anche prima, solo che non l'avevo capito).
Il martire cristiano quindi non muore per sostenere una tesi oppure un ideale, ma in quanto "copycat" di Gesù Cristo. Quindi la Verità non sta in lui, ma in Cristo.
Non mi lascia convintissimo, ma ora ho compreso.
Squarepusher
00venerdì 15 ottobre 2004 22:28
Ecco il paragrafo a cui mi riferivo in precedenza (che come vedete è molto più feroce del mio riassunto):
"È così poco vero che un martire stia a dimostrare la verità di una cosa, che vorrei affermare che un martire non ha mai avuto nien­te a che fare con la verità. Nel tono con cui un martire proclama la propria convinzione di verità in faccia al mondo è espresso un livello talmente basso di onestà intellettuale, una tale ottusità riguardo alla questione della «verità» che non è mai necessario confutare un martire. La verità non è qualcosa che alcuni possie­dono e altri no: solo i contadini o gli apostoli dei contadini della specie di Lutero possono pensare alla verità in questi termini. Si può star certi che, secondo il grado di coscienziosità nelle que­stioni dello spirito, la modestia, la moderazione su questo punto, cresceranno sempre. Sapere cinque cose e rifiutare con mano leg­gera di sapere le altre... La «verità», come la intende ogni profe­ta, ogni settario, ogni libero pensatore, ogni socialista, ogni uomo di Chiesa, è una prova assoluta che non s'è ancora dato inizio a quella disciplina dello spirito e a quel superamento di sé indi­spensabili a trovare una qualsiasi verità, sia pure la più piccola. La morte dei martiri, detto tra parentesi, è stata una grande sciagu­ra nel corso della storia: ha sedotto... La conclusione di tutti gli idioti, donne e nazioni incluse, che una causa per la quale qual­cuno è disposto a morire (ovvero che, come il cristianesimo pri­mitivo, genera addirittura un'epidemia di desiderio di morte) abbia un qualche valore, è divenuta un indicibile ostacolo per la ricerca, per lo spirito di ricerca e di prudenza. I martiri hanno nuociuto alla verità..."

PS Ho usato il libro da cui è tratta per un altra discussione e, visto che c'ero, ho deciso di mettere pure questo qua.

PPS In caso non si capisse, l'uso della parola "libero pensatore" è ironica.

[Modificato da Squarepusher 15/10/2004 23.54]

Squarepusher
00sabato 16 ottobre 2004 01:38
Molto più sinteticamente, ecco qua Bertrand Russel:
"Non vorrei mai morire per le mie idee, perchè potrebbero essere sbagliate."
Chi.dove.quando
00sabato 16 ottobre 2004 16:20
OK!:

Scritto da: Squarepusher 16/10/2004 1.38
Molto più sinteticamente, ecco qua Bertrand Russel:
"Non vorrei mai morire per le mie idee, perchè potrebbero essere sbagliate."




Le proprie idee potrebbero essere sbagliate! E' vero.

Il fatto è che quelli (gerarchie religiose) che hanno le proprie idee della verità e l'assolutizzano lasciano che siano altri a pagare per le loro idee...fregiandosi poi del martirio delle vittime a loro uso e consumo, come per affermare la validità delle loro tesi e la degnazione della loro confessione.
1x2x
00venerdì 27 gennaio 2006 13:51
ASIA/INDIA - Discriminazioni verso i tribali dalit e conversioni forzate all’induismo: la denuncia di Sar news, agenzia dei Vescovi indiani

New Delhi (Agenzia Fides) - La vita è sempre più difficile per i tribali cristiani in India. Come segnala l’agenzia della Chiesa indiana Sar news, in due stati nella parte orientale dell’Unione, l’Orissa e il Chhattisgarh, la comunità locale ha sollevato la voce denunciando, per l’ennesima volta, il trattamento riservato ai dalit (gli “intoccabili” fuoricasta) che professano la fede cristiana.
In Orissa il “Global Council of Indian Christians”, organismo che raccoglie fedeli di tutte le confessioni, ha denunciato continui tentativi di convertire all’induismo i tribali cristiani, da parte di gruppi integralisti indù. Secondo quanto afferma il Consiglio, i tribali ricevono intimidazioni e minacce anche con le armi da parte di gruppi radicali come il “Bajrang Dal”, in totale violazione della libertà di coscienza e di religione garantita dalla Costituzione dell’Unione India.
I cristiani hanno raccolto le testimonianze di numerosi i tribali che hanno subito violenze e di famiglie cristiane terrorizzate, costrette ad abbandonare le loro case e i loro villaggi per sfuggire a quanti volevano imporre loro la religione indù. Si chiede l’attenzione del governo locale e di quello federale, per garantire la tutela dei diritti individuali di tutti i cittadini.
Anche nello stato del Chhattisgarh, confinante con l’Orissa, i dalit cattolici hanno denunciato discriminazioni subite nell’accesso a servizi pubblici. Il Vicario dell’Arcidiocesi di Raipur, p. Augustine, ha espresso grave preoccupazione per le loro condizioni di povertà, emarginazione e discriminazione proponendo di inoltrare un memorandum ai Parlamentari cristiani. Ai dalit vengono negati servizi essenziali come sanità e istruzione: perciò molti di loro, temendo di perdere benefici sociali necessari per la sopravvivenza e lo sviluppo, si stanno pian piano allontanando dalla Chiesa cattolica, evitando di frequentarla e di dichiarare pubblicamente la loro fede.
Alcuni di loro hanno aderito al programma “Ghar Vapasi” (“Ritorno a Casa”), propagandato da gruppi integralisti, che promuove la riconversione all’induismo di fedeli di altre religioni. “La fede cattolica potrebbe ben presto scomparire in quest’area”, dicono dalla diocesi. Lo stato del Chhattisgarh è governato dal Baratiya Janata Party, che promuove una politica di stampo nazionalista, spesso rivelatasi indulgente verso i gruppi estremisti indù. (Agenzia Fides 26/1/2006 righe 27 parole 279)
benimussoo
00sabato 28 gennaio 2006 07:42
Infatti, ultimamente, molti si sono trasferiti in Italia, chiedendo aiuto come rifugiati politici, essendo perseguitati, trovano rifugio in Italia, vedi almeno nel loro paese cercano di recuperare, pensa agli arabi, alcuni di loro si sono convertiti al Cristianesimo, e di nascosto si trovano a pregare senza che nessuno lo sappia. Hanno paura, sono stati minacciati di morte [SM=g27991] è mai possibile che l'uomo non debba sentirsi libero perchè un altro uomo può toglierli la libertà!

Tral'altro dimenticavo ci sono anche nuovi sacerdoti e Suore che prendono i voti e sono dell'India. Immaginate un Arabo che diventa sacerdote, o forse c'è già? Ciao Dana
-Giona-
00sabato 28 gennaio 2006 20:12
Re:

Scritto da: benimussoo 28/01/2006 7.42
Tral'altro dimenticavo ci sono anche nuovi sacerdoti e Suore che prendono i voti e sono dell'India. Immaginate un Arabo che diventa sacerdote, o forse c'è già? Ciao Dana


Sul numero di questo mese di "Mondo & Missione", la rivista del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) c'è la storia di un giovane Turco, cresciuto come musulmano, che si è convertito al Cattolicesimo e si è fatto prima francescano poi gesuita.
1x2x
00lunedì 27 marzo 2006 14:42
Il Papa scrive a Kabul: graziate il convertito - di Andrea Tornielli -


Andrea Tornielli

da Roma

Benedetto XVI ha scritto al presidente afghano Hamid Karzai chiedendo la grazia per il musulmano convertito al cristianesimo che rischia di essere messo a morte come apostata. L'intervento della Santa Sede è stato affiancato a quelli di molti governi occidentali – Italia compresa – e proprio grazie a questa mobilitazione internazionale il governo di Kabul sta studiando una soluzione che permetta la scarcerazione immediata di Abdul Rahman. Una scarcerazione che potrebbe avvenire nelle prossime ore, secondo fonti ufficiose vicine al presidente Karzai.
Alla riunione dei cardinali, che si è svolta giovedì scorso in Vaticano, Papa Ratzinger aveva voluto porre a tema della discussione anche il dialogo con l'islam. Nelle stesse ore arrivava per via diplomatica sul tavolo del presidente Karzai la missiva della Santa Sede, che non è certo nuova a questo tipo di iniziative e si è battuta più volte, sia pubblicamente che riservatamente, per evitare l'esecuzione delle condanne alla pena capitale. Il caso di questi giorni è certamente eclatante, perché pone ancora una volta sotto i riflettori il problema delle conversioni dall'islam alle altre religioni e il rispetto dei diritti umani nei Paesi sottoposti alla legge islamica.
La lettera è firmata dal Segretario di Stato Angelo Sodano, che a nome di Benedetto XVI chiede al presidente afghano un intervento in favore di Rahman appellandosi proprio al rispetto dei diritti umani: «Sono certo signor Presidente che lasciar cadere il caso giudiziario contro il signor Rahman arrecherebbe un grande onore a tutto il popolo afghano e solleverebbe il plauso della comunità internazionale.

Contribuirebbe così in modo significativo alla nostro comune missione di promuovere reciproca comprensione e rispetto tra le diverse religioni e culture nel mondo». Un intervento è stato fatto nei giorni scorsi anche dalla Conferenza episcopale italiana, che ha inviato una lettera al ministro degli Esteri Gianfranco Fini pregandolo di continuare e intensificare, di concerto con gli altri membri dell'Unione europea, gli interventi presso il governo di Kabul per evitare la condanna dell'ex musulmano convertito. La Costituzione dell'Afghanistan, all'articolo 7, contiene l'impegno a osservare la Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, che garantisce libertà di religione, ma l'articolo 3 della stessa legge fondamentale del Paese afferma che nessuna norma può contraddire l'islam. Dunque, siccome la sharia prevede la condanna a morte di chi rinnega la fede islamica per abbracciarne un'altra e non è disposto a fare marcia indietro, ecco com'è stato possibile che per il quarantunenne afghano sia stata chiesta dal pubblico ministero la condanna a morte. La sentenza deve ancora essere emessa e proprio per questo lo stesso Fini era sembrato ottimista perché «non è detto che il tribunale accolga la richiesta di condanna e che sia pronunciata la sentenza».
Rahman, era stato arrestato il mese scorso dopo essere stato accusato dalla sua stessa famiglia di essersi convertito al cristianesimo, secondo quanto ha riferito il giudice Ansarullah Mawlavezada. Nella prima udienza, Rahman aveva ammesso di essersi convertito 16 anni fa, mentre lavorava come operatore umanitario per un'associazione internazionale cristiana che si dedica al soccorso dei rifugiati afghani a Peshawar,

in Pakistan. «Noi non siamo contrari ad alcuna religione in particolare, ma in Afghanistan questo genere di cose è contro la legge», aveva detto il giudice Mawlavezada, «è un attacco all'islam». Durante il processo, il pubblico ministero ha offerto all'imputato la possibilità di tornare sui suoi passi.
Un possibile escamotage che permetta a Rahman di avere salva la vita è che venga riconosciuto infermo di mente: sarebbe proprio questa la via che intende percorre il governo di Kabul, che nelle prossime ore potrebbe sottoporre l'uomo a una perizia psichiatrica. Mentre resta rigida la posizione delle autorità religiose afghane. «Non possiamo permettere che Dio sia umiliato», ha affermato Abdul Raoulf, membro del Consiglio degli ulema: «Chiederemo alla gente di farlo a pezzi».
1x2x
00lunedì 27 marzo 2006 14:52
Legge anti-conversioni
ASIA/INDIA - Legge anti-conversioni approvata in Rajasthan: preoccupazioni della Chiesa

Jaipur (Agenzia Fides) - E’ un provvedimento che è “contrario alla Costituzione Indiana, e che limita la libertà personale. Pensiamo possa essere usato contro di noi”: così S. Ecc. Mons. Oswald Lewis, Vescovo di Jaipur, ha commentato - con una dichiarazione diffusa dal servizio informativo della Conferenza Episcopale Indiana - la “legge anti-conversioni” approvata dal governo del Rajasthan (India orientale) il 26 marzo.
Il provvedimento, denominato “Rajasthan Dharma Swatantrik Vidhayak” (Legge per la libertà religiosa del Rajasthan”) prevede pene severe (reclusione da uno a cinque anni) “per quanti compiono attività di conversione tramite frode o manipolazione” e dà potere alle autorità di usare “ogni mezzo per impedire le conversioni.
La legge ha suscitato il disappunto della Chiesa locale, dei cristiani di diverse denominazioni, delle comunità religiose minoritarie, di diversi gruppi e associazioni che difendono i diritti umani e le libertà civili. La “All India Catholic Union” ha inviato una lettera ufficiale di protesta al Primo Ministro dell’Unione Indiano, Manmohan Singh, accompagnata da una rapporto stilato dopo una visita nello stato. Il rapporto elenca fatti ed episodi del passato recente che testimoniano la discriminazione e la violenza condotta da organizzazioni integraliste contro le minoranze religiose. Il documento chiede che “la giustizia sia liberata dalle ingerenze da parte dei fondamentalisti”, che intendono eliminare la presenza cristiana in Rajasthan, dove i cristiani rappresentano lo 0,11 % della popolazione, i musulmani l’8% e gli indù l’89 %. Lo stato è governato da una coalizione guidata dal Baratiya Janata Party (Bjp), che anche in passato ha difeso posizioni nazionaliste indù.
I Vescovi indiani hanno espresso la loro preoccupazione dato che provvedimenti simili, che limitano la libertà di coscienza e di religione, sono in vigore anche negli stati indiani di Orissa, Madhya Pradesh, Gujarat, Uttar Pradesh, Arunachal Pradesh, Chhattisgarh. Nel Tamil Nadu un decreto anti-conversioni, in un primo tempo approvato, è stato revocato con la sconfitta elettorale del Bjp
il.gabbiano
00lunedì 27 marzo 2006 15:44

Riporto uno stralcio dell'intervento di 1x2x:


"La Costituzione dell'Afghanistan, all'articolo 7, contiene l'impegno a osservare la Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, che garantisce libertà di religione, ma l'articolo 3 della stessa legge fondamentale del Paese afferma che nessuna norma può contraddire l'islam. Dunque, siccome la sharia prevede la condanna a morte di chi rinnega la fede islamica per abbracciarne un'altra e non è disposto a fare marcia indietro"


Diciamo pure che, prima del papa, si sono mosse molte organizzazioni umanitarie e molti politici.

Non dimentichiamo che solo fino a qualche cinquantennio anche qui le cose erano come in Afghanistan, ovverossia la forte influenza religiosa sulle decisioni degli uomini politici.
Oggi le cose sono sensibilmente cambiate.
Tuttavia, anche se c'è separazione fra stato e chiese, ancora le confessioni religiose continuano ognuna a tenere stretta a sè la propria "sharia", ovverossia il potere di controllo e sanzionatorio sui credenti, come altrove è stato più volte dimosttrato.
Anche da noi, come in Europa, la carta costituzionale contiene l'impegno a osservare la Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,
di fatto però, nonostante tutto, ancora le comunità religiose continuano impunemente a violare i fondamentali diritti umani dei singoli credenti. Anche da noi esistono "condanne" emanate dal potere religioso contro cui ancora non si può fare ben poca cosa.Se fossero state condanne a morte, forse la vergogna del potere religioso sarebbe stato più efficacemente visibile.
Dato che si tratta di emarginazioni, violazione del diritto di parola o di assentire o dissentire, privazione degli affetti, del sociale, persino del saluto etc. etc., passano un pochettino inosservate, nonostante il grande rumore di quanti soffrono.
Tutto questo sta ad indicare anche una scarsa sensibilità dello Stato, oppure potrebbe significare che la protesta è ancora troppo debole per occuparsene.


Fa bene il papa a far sentire la sua voce, così come tutti dovrebbero far sentire la propria,
bisogna tuttavia evitare di chiedere ad altri il rispetto dei fondamentali diritti umani per i credenti, e poi infrangerli nei confronti dei propri credenti.
Dov'è dunque il problema?

In un intervento in altro forum avevo cercato di chiarire la cosa in questi termini:


"Tutte queste iniziativie di apertura sono importantissime, ma vi è un'iniziativa fondamentale:

QUELLA CHE I CREDENTI SI SCROLLINO DI DOSSO IL POTERE RELIGIOSO, CON ANNESSO POTERE GIUDICANTE E SANZONATORIO.

La fede è un sentimento PERSONALE, che non può essere ipotecato ed indirizzato a proprio piacimento, contro o a favore di qualcuno.

E' UN ABUSO DEI PIU' MADORNALI, oltre che pratica ANTICRISTIANA.

La fede appartiene al credente, l'unione in enti dei credenti appartiene alla voglia smodata di potere.
Il potere deprime, condiziona, infrange le aspirazioni, limita nei movimenti, decide i nemici e gli amici, stabilisce ed infrange regole, chiama all'ubbidienza incodizionata, a volte chiede la vita e la rinuncia alla dignità etc. etc.

Comunque è ormai sempre più certo che il futuro chiederà alle molteplici confessioni una presa di posizione: O contro o a favore dei fondamentali diritti umani.
Staremo a vedere da che parte si schiereranno.
Il mondo dei dissidenti, ma anche quello dei liaci, dei liberi pensatori, dei credenti che s'avvedono della loro prigionia (come gli esempi narrati in questo forum), non sono disposti ad attendere per molto.
Ci andrebbe coraggio di denunciare la violazione dei propri diritti.
C'è però da dire che in molti è stata infranta, forse per sempre, la forza di reazione, priginiera delle proprie paure e delle proprie condizioni di vita di relazione, della sfiducia e dello scarso senso di stima di sè, demolito magari da anni di sottomissione e di rinuncia dell'ego.
Immaginiamo se a migliaia fossero a sporgere denuncia ed a chiamare nei tribunali le confessioni che violano i fondamentali diritti umani.
Dalla loro parte le confessioni religiose hanno la forza dei numeri, la paura dei credenti, la forza finanziaria.
Ogni desiderio di mutare questa triste pagina della convivenza religiosa s'infrange nella forza immane delle comunità.
E' vero però che, grazie all'intervento della laicità, molto è stato fatto e molto ancora si farà.

Non sono contro la religiosità, ma contro il braccio di ferro (fra i più terribili che l'umanità conosca) che si danno i religiosi quando si consociano e si traformano in enti di potere.
La religione finisce cosi' per diventare la priginia dei credenti, la tomba dei loro sentimenti e delle loro aspirazioni, almeno di quelli che agognano alla libertà di pensiero, di parola, di scelta, di coscienza ed al rispetto della propria dignità.


LO STESSO DICASI PER LA VIOLAZIONE DEI FONDAMENTALI DIRITTI UMANI IN ASIA/INDIA.
Riflettano tutti colori che ostentano la gravità degli attacchi alla loro proprio confessione.

Come fare però per far capire ai credenti che è ora che valutino l'importanza irrinunciabile delle loro libertà e della loro dignità, qualità che non devono svendere alle istituzioni religiose?


Il Gabbiano











1x2x
00martedì 28 marzo 2006 20:22
La notte ricade sull'Algeria. E' terribile!

Un messaggio proveniente da un cristiano dell'Algeria.

Cari fratelli e sorelle,
Vi mando la copia della legge che è appena stata promulgata.

È costernante, abbiamo il diritto di non fare niente!
La maniera in cui viene detto, la minima frase di sermone, la minima
pagina della Bibbia, la minima riunione non dichiarata (persino in un
edificio riconosciuto) può mandare un fratello o una sorella in
prigione. Pregate che il Signore abbia pietà di noi,
ch'egli ci riempia di sapienza e di discernimento,
ch'egli ci circondi con i suoi angeli.

L'articolo 11 ci vieta ogni attività poiché non
possiamo più stoccare la parola di Dio in qualsiasi forma
scritta o audio. Soprattutto se questa fa' vacillare la fede
dei musulmani. Non occorre più di questo per andare in
prigione fino a 10 anni!

Il più ridicolo di tutto questo è che l'Algeria
ha firmato la carta dei diritti dell'uomo; e la conversione
degli stranieri è sempre una festa nel paese. [SM=g28000]

Fonte: www.voxdei.org
Justee
00mercoledì 29 marzo 2006 18:00
Immensee (Agenzia Fides)- È morto p. Michael Traber, della Mission Bethléem Immensee (SMB), un istituto missionario con sede ad Immensee (Svizzera). Il missionario che aveva 77 anni era molto noto in Africa per il suo impegno nel campo delle comunicazioni sociali e della difesa dei diritti umani.
Nato a Zurigo nel 1929, ha compiuto studi di filosofia e teologia a Lucerna e in comunicazioni sociali presso l’Università gesuita di Fordham, a New York. Ordinato nel 1956, dopo aver lavorato in Asia, si stabilisce nell’allora Rhodesia (l’attuale Zimbabwe), dove vigeva il regime dell’apartheid. P. Traber si fece subito notare per la sua lotta pacifica contro la discriminazione razziale. Nel 1974, il governo razzista di Ian Smith lo espulse dal Paese con l’accusa di esercitare “attività sovversive”. In Rhodesia, P. Traber dirigeva la casa editrice cristiana “ Mambo Press” e il quotidiano cattolico “Moto”.
Dopo l’espulsione, P. Traber ha insegnato giornalismo a Kitwe in Zambia e ha realizzato reportage da diversi Paesi africani: Etiopia, Ghana, Malawi, Tanzania, Uganda e Zambia. In seguito ha lavorato per l’Associazione Mondiale per la Comunicazione Cristiana (WACC) e ha insegnato scienze della comunicazioni all’United Theological College (UTC), a Bangalore, in India, ed etica presso l’Università Gregoriana di Roma. (L.M.)
mioooo
00giovedì 13 aprile 2006 14:42
P. George: Nelle prigioni saudite, ho partecipato alle sofferenze di Cristo crocefisso

di Nirmala Carvalho

In un’intervista ad AsiaNews il sacerdote racconta l’arresto al termine della celebrazione della messa e l’interrogatorio; la polizia religiosa conosceva tutti i suoi spostamenti.



Trivandrum (AsiaNews) – “È stata una chiamata a partecipare e servire le sofferenze di Cristo”: così p. George Joshua, 41 anni, descrive i giorni passati in prigione a Riyadh e la sua espulsione dall’Arabia Saudita solo per aver celebrato una messa nel Paese dove la pratica di ogni altra religione, escluso l’Islam, è proibita.
In un’intervista esclusiva ad AsiaNews, p. George, sacerdote cattolico di rito malankar, racconta la sua piccola odissea. Tutto è cominciato la settimana scorsa, quando il p. George, col benestare del suo vescovo, è andato in Arabia saudita per preparare alla Pasqua le migliaia di indiani cattolici che lì vivono senza sacerdoti, eucaristia, o catechesi.

Il 5 aprile scorso P. George si trovava a Riyadh in una sala privata con un gruppo di cattolici stranieri per celebrare la messa. “Ho cominciato l’Eucaristia alle 20.30 ed era dedicata ai malati e a coloro che soffrono. Il rito orientale del Malankar è molto elaborato e la liturgia è durata fino alle 22.30. Avevo appena tolto i paramenti quando un gruppo di poliziotti della muttawa (polizia religiosa) e 2 poliziotti ordinari sono arrivati nella sala. I muttawa hanno un costume speciale e all’inizio ho pensato che fossero dei sacerdoti che volevano aggiungersi a noi”.

“Subito si sono diretti verso di me e mi hanno elencato tutti i luoghi dove io ero stato fino allora, le mie attività, le preghiere di gruppo che avevo organizzato nelle case private, ecc.”.

“Mi hanno domandato che tipo di visto io avevo e ho loro risposto: Un visto per business.

“Al che i muttawa mi dicono: Non lo sai che è illegale svolgere attività cristiane senza un visto speciale per religiosi? E io: Io sono un sacerdote, il mio ‘business’ è Gesù Cristo; per questo il visto da business va bene”.

“I muttawa mi hanno poi costretto a rivestirmi con i paramenti e mi hanno fatto stare di fronte al tavolo usato come altare e davanti a un crocefisso. Hanno scattato un sacco di foto, come prova che io ero un prete cristiano che svolgeva attività religiose illecite”.

“A un certo punto mi fanno parlare al telefono con il quartier generale della Muttawa. Qualcuno mi grida con arroganza: Non sai che posso mandarti in prigione anche per un anno? Io ho detto loro che svolgevo il mio lavoro religioso per la ‘mia’ gente e non per la loro. Gli ho detto che non sono colpevole, sono venuto cosicché, essendo buoni cristiani, possono amare e servire meglio il vostro popolo. Questo è il mio business”.

La muttawa ha portato Thomas, un guardiano sudanese, e me in un ufficio.

La polizie religiosa era entrata nella sala dove avevo finito di celebrare la messa intorno alle 22.30 e mi hanno interrogato fino alle 3 di notte, prima di portarmi al comando. Da lì sono stato portato alla stazione di polizia di Al Badia. Alle 4.30 sono stato gettato nella cella della polizia. Ho provato una sensazione di pace ed un’intensa gioia: Cristo era nato in una stalla, una mangiatoia, ed era morto sulla Croce. Per me partecipare alla sua sofferenza, proprio una settimana prima del Venerdì Santo era un dono speciale. Io ero benedetto”.

La sera di sabato 8 sono atterrato a Trivandrum (Kerala), ospite nella casa dell’arcivescovo.
il.gabbiano
00giovedì 13 aprile 2006 23:18
Esprimo la mia solidarietà a questo sacerdote, mentre nel frattempo collaboro nella denuncia del paese per la violazione del diritto alla libertà religiosa.

Va comunque ricordato che anche nel nostro paese le libertà individuali sono spesso soppresse, anche per mano delle proprie comunità religiose. Le conseguenze non saranno le stesse, ma il principio di libertà è comunque impunemente violato.
Non bisogna abbassare la guardia ed attendere che le situazioni precipitino come in questi paesi, dove non sanno nemmeno che cosa siano le libertà di scelta, di coscienza, di parola etc.
Chi è attento al minimo è a maggior ragione attento a questioni più grandi (principio del cristianesimo).
Ci strappiamo giustamente le vesti per quel povero sacerdote, ma spesso ci accorgiamo di non essere altrettanto attenti alle violazioni dei diritti, per fare un esempio, del giudice Tosti e dell'avv. Pucci e di quanti soffrono per mano del potere religioso.

Tanti saluti

Il Gabbiano
1x2x
00venerdì 14 aprile 2006 19:07
India: lo Stato del Rajasthan instaura una legge anti-conversione

Lo Stato del Rajasthan è il sesto Stato ad aver votato una
legge che vieta ogni tentativo di convertire una persona che ha
già la sua religione "con l'utilizzo della forza, della
seduzione o con mezzi fraudolenti". La mancata osservanza di questa
legge è punita da 2 a 5 anni di carcere e con una multa di
50000 rupie (950 euro).

Gli ultranazionalisti indù accusano i missionari cristiani di
corrompere e di sedurre gli indù delle caste inferiori
affinché cambino fede. Le opere caritatevoli sono considerate
come dei tentativi di seduzione e possono quindi rientrare
nell'ambito della legge contro il proselitismo ironicamente chiamata
"legge della libertà religiosa". Il BJP (The Bharatiya Janata
Party) partito ultranazionalista indù è riuscito a far
instaurare questa legge in sei stati indiani: il Rajasthan, il
Gujarat, l'Orissa, il Madhya Pradesh, il Chhattisgarh, l'Arunachal
Pradesh. La legge è stata promulgata lo scorso 7 aprile col
pretesto "di mantenere l'armonia tra persone di diverse religioni".

In questi sei stati i missionari e i cristiani sono molestati,
incarcerati e assassinati. Nel 1998, nello Stato del Gujarat, tutti i
luoghi di culto sono stati incendiati. Nel 1999, nello Stato
dell'Orissa, il missionario australiano Staines e i suoi due figli,
dell'età di sette e dieci anni, sono stati bruciati vivi nella
loro macchina. Il missionario Staines lavorava accanto ai lebbrosi da
trentaquattro anni. Nel 2005, i cristiani sono stati vittime di
almeno 200 aggressioni da parte degli ultranazionalisti indù.

In India, i cristiani rappresentano il 2,3 % della popolazione, i
musulmani il 13,4 % e gli indù l'80,5 %.

Magdaléna Morisset

Fonte: www.aleloo.com
1x2x
00martedì 18 aprile 2006 11:37
Copti - Mussulmani
Cairo

After three days of sectarian tension following a series of attacks on Coptic Christian church-goers in Alexandria, activists blamed the government for failing to subdue rising interdenominational friction.

"There have been signs of growing tension between Muslims and Christians for years," said director of the Egyptian Initiative for Personal Rights Hossam Bahgat. "Under the pretext of preserving national unity and harmony, the state has failed to implement adequate strategies - now it's paying the price."

The criticism came after violent street clashes between dozens of Christians and Muslims in the Mediterranean port city of Alexandria, 225 km north of Cairo, entered their fourth day. The clashes first broke out during the funeral on 15 April of Sobhi Girgis, an elderly Copt who died from stab wounds inflicted the day before, and continued through the next day.

The alleged perpetrator of the attack, described by the interior ministry as "mentally unstable", reportedly entered two separate churches on 13 April wielding a knife, where he injured five people and killed one before being caught trying to enter a third church.

According to the interior ministry, clashes broke out the following day when Christian and Muslim "fundamentalists and extremists" hurled rocks and bottles at each other, set fire to cars and destroyed public and private property. Dozens of rioters from both sides have since been arrested, while security forces have reportedly stepped up their presence in Alexandria. There have also been unconfirmed reports of the death of a Muslim man wounded during the disturbances.

Meanwhile, the government blamed the clashes on the existence of "extremist elements" on both sides. "In general, relations between Muslims and Christians in Egypt are very good," said an interior ministry official on condition of anonymity. "The attack on the church was an exception to the rule of good coexistence."

According to veteran local journalist Gamal Essam al-Din, political discourse has also worked against national unity. "Regardless of what Islamist groups say to the media about coexistence, they encourage sectarian hatred with slogans that mix politics and religion," he said.

On the party's website, however, the Muslim Brotherhood condemned the attacks as "cowardly". The online statement also urged an end to the clashes and warned against "exploiting these random acts of violence either to paint a false picture of religious persecution of Copts in Egypt or to be used by the government as an excuse to extend the emergency law".

While relations between Christians and Muslims are generally peaceful, two prominent incidents of sectarian violence have taken place over the past year: one in Alexandria in October of last year, and another near the Upper Egyptian city of Luxor in January.

Many Coptic Christians, who comprise approximately 10 percent of Egypt's population of 70 million, say they suffer from discrimination, mostly in the form of job exclusion in the civil services. "There are growing signs of anti-Christian sentiments in Egypt," said leading Coptic thinker Samir Morcos. "Growing religiosity in Egypt only compounds such sentiments, while the government turns a blind eye to its responsibility to work harder to promote notions of citizenship."

In an attempt to show that the government does not discriminate against the country's Christian minority, a full half of the executive appointments to the People's Assembly after last year's parliamentary elections were Copts.

Nevertheless, pointing to the recent occurrence of similar incidents, activists criticised the authorities for treating them as isolated acts. "The government resorts to describing such acts as perpetrated by madmen, and fails to act on the pattern," said Nigad al-Borai, director of the Cairo-based Group for the Development of Democracy. "Meanwhile, the legitimate concerns of both Muslims and Copts aren't dealt with."

That pattern, say activists, is the result of social frustrations harboured by both Muslims and Christians, which are then powered by an increasingly politicised religious discourse visible in media and educational outlets. "The fact that the man accused of the stabbings in Alexandria said he was acting to avenge insults to the Prophet Muhammad by the Danish press is worrying," said al-Borai, adding that the Egyptian media played no small part in enflaming passions during that crisis in an apparent bid to compete with Islamist-leaning publications.

Relevant Links

North Africa
Crime and Corruption
Egypt
Religion
Legal and Judicial Affairs
Human Rights



Another source of the problem, activists maintained, is a continued policy of exclusion - both of Muslims and Christians - from debate on religious and social issues alike. "The violence is the result of an exclusion from debate on religious and social matters, which is enforced by the emergency law," said George Ishaq, coordinator of the Kifaya opposition movement. "If such matters were open to discussion, rather than being hijacked by state security under the emergency law, then it wouldn't be hard for people to reconcile their differences."

Ishaq added, however, that it was not unlikely that the incident was instigated by foreign agents in a bid to stir up instability in Egypt. "Nevertheless, the matter should be dealt with in a national context," he said. "Civil society needs to act in order to promote education and better media coverage of religious and sectarian affairs."

Justee
00mercoledì 17 maggio 2006 13:51
ASIA/SRI LANKA - Continua l’escalation di violenza, gli operatori umanitari lasciano il paese

Colombo (Agenzia Fides) - I timori espressi nelle settimane scorse si stanno trasformando in realtà: molte organizzazioni non governative internazionali stanno chiudendo i progetti di ricostruzione post-tsunami, lasciando lo Sri Lanka. La difficile situazione di violenza attualmente in corso non garantisce la sicurezza degli operatori. Come denunciato dalla Chiesa locale, dalla Caritas Internationalis (che aveva definito la guerra “un secondo tsunami”) e da numerose organizzazioni non governative, l’escalation di violenze incide pesantemente sui lavori di ricostruzione
Numerosi operatori hanno dovuto lasciare l’area Nord-Est del paese, centro degli scontri. Alcuni progetti nell’area procedono grazie alla rete di collaboratori locali, ma molti risentiranno dell’assenza dei coordinatori e degli operatori umanitari stranieri.
La popolazione intanto “si sente quasi spettatrice di una tragedia che nessuno vuole e alla quale, però, non ci si può opporre”, notano alcuni operatori del Volontariato Internazionale per lo Sviluppo (Vis), mentre gli osservatori parlano già di “conflitto civile a bassa intensità”.
Soprattutto nel Nordest dell’isola numerose famiglie hanno abbandonato le proprie abitazioni e c’è grande incertezza per il futuro. Nel resto del paese - anche se il rischio di una nuova ondata di ostilità si percepisce in misura minore - molte aree sono fortemente militarizzate. “Quel sentimento di appartenenza comune del popolo srilankese, affiorato dopo lo tsunami, sembra sparito. Anzi, il maremoto sembra ormai dimenticato, così come le speranze di concordia. Il nuovo presidente non trova la strada del dialogo, le pressioni della comunità internazionale non hanno portato a grandi risultati”, nota il Vis che un mese fa a Kallampathai, 40 chilometri da Trincomalee, ha consegnato 86 nuove abitazioni agli sfollati dello tsunami.
Intanto nell’ultimo fine-settimana le vittime del conflitto sono state almeno 19 e “il cessate-il-fuoco siglato nel 2002 resta ormai lettera morta”, come affermano fonti della Chiesa locale, notando che nell’ultimo mese il conteggio delle vittime tocca quota 200
mioooo
00martedì 6 giugno 2006 16:34
ASIA/PAKISTAN - Conversioni forzate all’islam: denunce dei cristiani e delle altre comunità religiose di minoranza

Lahore (Agenzia Fides) - Il fenomeno delle conversioni forzate all’islam sta creando preoccupazioni nella comunità cristiana e in altre minoranze religiose del Pakistan.
Di recente un forum di leader religiosi ha scritto un documento dal titolo “Conversioni forzate di donne e diritti delle minoranze in Pakistan” che ha lanciato l’allarme per una pratica che si diffonde con crescente capillarità nel paese, soprattutto a scapito di donne e bambini. Fra i firmatari del documento, Mons. Joseph Cutts,Vescovo di Faisalabad, ha notato: “E’ triste constatare che le minoranze religiose, in particolare i cristiani e gli indù, non possano godere dell’uguaglianza dei diritti, un principio sancito nella Costituzione del Pakistan”.
A essere interessate dal fenomeno delle “conversioni forzate” sono soprattutto le province del Punjab, della Frontiera di Nord Ovest e del Sind, dove è diffuso un islam integralista che vede la presenza di comunità religiose diverse come “corpi estranei” nella società pakistana. Spesso la bassa condizione sociale delle comunità cristiane, indù e sikh, è un elemento sfavorevole: i grandi proprietari terrieri, tutti musulmani, chiedono ai contadini di convertirsi all’islam prima di dare loro un lavoro oppure, forti del loro potere economico e politico, sequestrano giovani donne, le costringono a convertirsi all’islam e le prendono come mogli.
Secondo diverse organizzazioni non governative che monitorano la situazione dei diritti umani in Pakistan, il fenomeno delle conversioni forzate all’islam è diffuso e molto preoccupante, soprattutto perché nessuno cerca di mettere un freno alla pratica, e si agisce nella più completa impunità. I leader delle associazioni civili e i leader religiosi hanno deciso di stilare un documento che raccolga gli episodi più eclatanti, di sottoporlo alle autorità civili e politiche, di lanciare una campagna di pressione internazionale.
La Chiesa in Pakistan, attraverso la Commissione “Giustizia e pace” e la Caritas è in prima linea in questa lotta e da anni sta conducendo una campagna a largo raggio in difesa delle minoranze religiose. Fra le proposte in agenda, vi è l’abolizione della “legge sulla blasfemia”, ritenuta ingiusta, iniqua e discriminatoria. In Pakistan, su 156 milioni di persone, la popolazione è al 96% musulmana. I cristiani sono il 2,5% (circa 1,2 milioni i cattolici), gli indù l’1,5%. [SM=x511458]
Justeee
00lunedì 3 luglio 2006 14:19
2 Luglio 2006
TURCHIA
Turchia, aggredito sacerdote cattolico

Aveva riaperto la chiesa di don Andrea Santoro. Ferito ad un fianco, è ricoverato in ospedale non in pericolo di vita. Già fermato il suo aggressore.



Trabzon (AsiaNews) – Un sacerdote cattolico di nazionalità francese, padre Pierre Brunissen, è stato accoltellato oggi in Turchia da uno sconosciuto, subito fermato dalla polizia.

Il sacerdote aveva riaperto la chiesa di don Andrea Santoro, il sacerdote italiano assassinato il 5 febbraio scorso mentre pregava nella sua chiesa di Trabzon.

Secondo un funzionario della polizia locale, il sacerdote cattolico è stato aggredito in una strada di Samsun, località balneare a circa 350 chilometri da Trabzon, e ferito a un fianco.

Padre Brunissen è stato ricoverato in un ospedale del posto, ma non è in pericolo di vita. L'aggressione è avvenuta a un chilometro circa dalla chiesa in cui il sacerdote esercita il suo magistero.

La conferma della sua identità e la situazione di salute del padre sono state confermate dal nunzio apostolico in Turchia, mons. Antonio Lucibello.

Il 5 marzo scorso padre Brunissen aveva riaperto con una funzione eucaristica la chiesa di S.Maria a Trebisonda, la chiesa in cui era parroco don Andrea Santoro.

Il 21 febbraio scorso alcuni giovani - bollati dalla polizia locale come “drogati” - sono penetrati nella chiesa di Samsun ed hanno minacciato don Pierre Brunissen.

Si tratta del terzo attacco contro esponenti cattolici avvenuto in Turchia: dopo la tragica morte di don Santoro, infatti, aveva ricevuto minacce di morte un francescano sempre di Trebisonda. cvbn
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00venerdì 15 settembre 2006 13:29
14 Settembre 2006
CINA - VATICANO
Arrestato il vescovo di Zhouzhi, aveva sfidato il governo per amore del Papa

L’11 settembre scorso un commando di circa 30 poliziotti ha scavalcato il muro della parrocchia dove vive mons. Wu Qinjing e l’ha portato via senza alcuna accusa dopo aver molestato un sacerdote 80enne e delle suore . Il presule, della Chiesa ufficiale, era stato ordinato da mons. Li Duan senza il permesso del governo.



Zhouzhi (AsiaNews) – La polizia della provincia settentrionale dello Shaanxi ha arrestato il vescovo di Zhouzhi, mons. Martino Wu Qinjing, l’11 settembre scorso: per non scendere a compromessi con la sua fede e la lealtà al Papa, aveva celebrato una messa solenne nonostante le minacce del governo. Lo denuncia ad AsiaNews una fonte locale, anonima per motivi di sicurezza.

Alle dieci di sera dell’11, circa 30 poliziotti - arrivati con 4 autoblindo – si sono fermati davanti alla parrocchia maggiore della diocesi e, trovata chiusa la porta, hanno scavalcato il muro e svegliato il vescovo.

Gli agenti, con atteggiamento violento, hanno allontanato un anziano sacerdote di 80 anni, quattro seminaristi e quattro suore che cercavano di fermarli. Appena arrivati davanti al presule lo hanno minacciato ed arrestato: la polizia non ha fornito alcuna accusa contro di lui e l’ha portato in un luogo sconosciuto. Non è chiaro se siano state arrestate anche le religiose.

Il presule, è un vescovo della Chiesa ufficiale. É stato ordinato nell’ottobre del 2005 dal defunto arcivescovo di Xian, mons. Antonio Li Duan. La sua ordinazione - approvata dalla Santa Sede - non è stata riconosciuta dal governo, che la definisce “illegale”.

In realtà le autorità locali avevano pensato di mettere al posto di mons. Wu un altro sacerdote, Zhao Yinshen, famoso per il suo fiuto negli affari e per aver fatto favori al governo. L’unico problema è che nessuno dei cattolici locali lo rispetta, tranne pochissimi membri dell’Associazione patriottica dei cattolici cinesi [Ap, organizzazione di controllo della Chiesa in Cina che ha come scopo l’edificazione di una chiesa nazionalista e separata da Roma ndr].


Sin dall’ordinazione, il governo ha avvertito il presule di “non comportarsi da vescovo” e mantenere un basso profilo nei confronti dei fedeli: egli è stato molestato in continuazione dalla polizia che è arrivata ad impedirgli di portare avanti il suo ministero, “fermandolo per controlli” ogni volta che vi erano occasioni pubbliche come prime comunioni o cresime.

La sua ordinazione è stata resa finalmente pubblica il 22 maggio scorso. Il 25 dello stesso mese è morto mons. Li Duan e due giorni dopo, nonostante le minacce del governo, mons. Wu ha celebrato la messa nella cattedrale di Zhouzhi: non indossava i paramenti episcopali ma aveva in testa lo zucchetto episcopale e portava al dito l’anello pastorale.

Secondo una fonte locale, l’Ap “lo ha avvertito, poi gli ha chiesto ed infine ordinato di non comportarsi da vescovo: quella di maggio è stata la sfida finale”. “Il nostro vescovo – continua la fonte - vorrebbe dare al governo il tempo necessario per farsi riconoscere, ma nello stesso tempo è fermo nel proposito di non scendere a compromessi con la fede cattolica e con la lealtà al Papa”.

La diocesi di Zhouzhi ha 60 mila cattolici, 54 sacerdoti, 200 chiese, 120 seminaristi e 208 religiose. “Questo modo di comportarsi – conclude la fonte – è degno dei terroristi e fa piangere chiunque ami la pace. Chiediamo a tutti di pregare per il nostro vescovo, affinché torni presto ed in salute”. [SM=x511472]

Justeee
00sabato 23 settembre 2006 13:00
Esecuzione ..ma chi se frega

PALU (Indonesia) - Tre cattolici sono stati fucilati nella provincia indonesiana di Sulawesi. Erano stati condannati a morte nel 2001 per aver capeggiato l'anno prima un attacco a una scuola islamica di Poso in cui erano stati uccisi oltre 200 musulmani. Il sanguinoso episodio era avvenuto in un periodo di violenti scontri tra le due confessioni religiose. Secondo diverse organizzazioni umanitarie, l'iter giuridico che ha portato alle sentenze di condanna è stato viziato da varie irregolarità, quali testimonianze non ascoltate e prove non accettate.

Un funzionario di polizia trinceratosi dietro l'anonimato ha riferito che Fabianus Tibo, Marianus Riwu e Dominggus Silva sono stati giustiziati nei pressi dell'aeroporto di Palu, capoluogo della provincia. In un primo momento l'esecuzione era stata fissata per agosto ma all'ultimo momento era stata rinviata per le manifestazioni inscenate da migliaia di indonesiani e per un appello lanciato da papa Benedetto XVI.

L'anno scorso il presidente Susilo Bambang Yudhoyono aveva respinto la richiesta di grazia avanzata dai tre condannati, che avevano invocato clemenza ancora una volta il mese scorso.

Padre Federico Lombardi, direttore della sala Stampa del Vaticano, si è detto sgomento per la notizia dell'esecuzione: "E' una notizia tristissima e dolorosa. Ogni volta che viene eseguita una pena capitale è una sconfitta per l'umanità. Spiace che gli sforzi fatti da varie organizzazioni, tra cui anche Sant'Egidio, non abbiano avuto successo. Anche il Papa era intervenuto con un appello". [SM=x511472]
benimussoo
00mercoledì 4 aprile 2007 17:45
ASIA/FILIPPINE - Ucciso da criminali comuni un missionario Verbita nel Nord delle Filippine
Manila (Agenzia Fides) - Si conferma la pista della criminalità comune e del banditismo per la morte del sacerdote cattolico indonesiano assassinato il 1° aprile nella provincia di Kalinga, nel Nord dell’isola di Luzon, una fra le maggior isole delle Filippine. Padre Franciskus Madhu, 30 anni, della Società del Verbo Divino, si apprestava a celebrare la Santa Messa della Domenica della Palme nella chiesa del villaggio di Labuagan, quando è stato avvicinato da quattro uomini, uno dei quali ha esploso sei colpi contro di lui, uccidendolo con un fucile da guerra M-16.
La polizia è sulle tracce dell’assassino, identificato come Nestor Wailan, un contadino di Lubuagan, e dei suoi complici. Secondo fonti di polizia, l’omicida, già ricercato per altri crimini, aveva minacciato il missionario poche ore prima dell’agguato. Sembra che la banda forse sotto gli effetti dell’alcool. Stando a queste informazioni, sparse e frammentarie, il movente dell’omicidio non sembra essere legato all’attività pastorale o missionaria del sacerdote, impegnato al servizio della comunità locale dal 2005. “L’omicida è un uomo con problemi personali, ricercato dalla polizia”, ha spiegato P. Antonio Pernia, Superiore Generale dei Missionari Verbiti.
P. Franciskus era nato nel 1976. Ha emesso i voti perpetui nella Società del Verbo Divino nel 2003 ed è stato ordinato sacerdote nel 2004. Era in servizio presso la stazione missionaria di Lubuagan, nella provincia montuosa di Kalinga. I suoi parrocchiani e confratelli lo ricordano come una persona gentile, sempre disponibile e solidale con le necessità del prossimo, attivo e loquace.
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