Luciano Di Ienno - coordinatore circolo UAAR Varese

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purolator
00lunedì 31 dicembre 2007 12:05
a nome del circolo UAAR di Varese,vi scrivo in merito al vostro articolo del 28 dicembre, riguardante la visita pastorale del parroco di Saronno, don Pasquale Colombo, presso la scuola elementare “Pizzigoni”, impedita dal dirigente scolastico dell’istituto stesso.
Dato che nel brano giornalistico presentato mancavano elementi importanti, come l’esposizione del parere della dirigenza scolastica interessata, o del quadro giurisprudenziale e legislativo in merito alla questione delle visite pastorali nelle scuole, è opportuno fare alcune precisazioni per dare maggior completezza alla notizia, nella speranza che tali informazioni possano essere utili.
Infatti, l'esposizione della sola "ragione" del sacerdote e di altri soggetti quali l'assessore comunale e il segretario della Lega – tutte orientate ad una condanna più o meno esplicita della decisione della dirigenza scolastica, sulla base dell’appello alla tradizione – nel clima generale dell’esaltazione natalizia, non rappresenta il massimo della completezza. Si rischia infatti di fornire un’immagine distorta dei fatti. In particolare, sembra quasi che il sacerdote potesse tranquillamente svolgere a scuola un rito (tale è infatti la benedizione) e che tale diritto “sacrosanto” gli sia stato negato da una dirigenza scolastica laicista. Da notare che, dopo varie discussioni, la scuola ha concesso al sacerdote un incontro coi bambini, senza riferimenti alla religione.
E’ opportuno quindi esporre un breve resoconto degli orientamenti legislativi e giurisprudenziali in merito alle visite pastorali, in modo da spiegare come la situazione sia invece molto diversa.
Dopo il fascismo, che vide una massiccia confessionalizzazione delle istituzioni scolastiche, i mutamenti della società italiana portarono ad una ridefinizione dei rapporti tra scuola e religione.
In particolare alla revisione concordataria del 1984 seguirono alcune intese con confessioni cristiane di minoranza e con la componente ebraica, nelle quali si prevedeva espressamente – proprio nel rispetto delle diverse credenze – di non celebrare riti durante l’orario scolastico.
Nel 1992, una circolare del Ministero della Pubblica Istruzione (13377/544/MS, Partecipazione degli alunni ad attività di carattere religioso), retto in quel periodo dal democristiano Misasi, permetteva di nuovo la celebrazione di tali cerimonie, sulla base di un’interpretazione fin troppo ampia, tale da apparire discutibile, del DPR 416/74 su Istituzione e riordinamento di organi collegiali della scuola materna, elementare, secondaria e artistica.
La debolezza legislativa di tale circolare divenne presto palese, dato che una sentenza del TAR dell’Emilia Romagna (250/93, confermata dal TAR del Veneto con la sentenza 489/95 e da altre), sancì l’illegittimità dell’approvazione, da parte dei consigli d’istituto, di pratiche religiose in orario scolastico, ritenendole estranee alle finalità scolastiche.
Il d.lgs. 297/1994 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione), all’articolo 311 vietò lo svolgimento delle pratiche religiose nelle classi in cui ci fossero alunni che non si avvalevano dell’insegnamento religioso. Anche il DPR 567/1996 sul Regolamento recante la disciplina delle iniziative complementari e delle attività integrative nelle istituzioni scolastiche, nonostante non considerasse i riti religiosi, venne usato da componenti cattoliche per riproporre la liceità dei riti religiosi nelle scuole, ma tale interpretazione venne sconfessata dalla sentenza 2478/99 del TAR del Veneto.
In sostanza, è ormai confermato dalla prassi giurisprudenziale e dalla normativa il fatto che i sacerdoti non abbiano la prerogativa di svolgere cerimonie durante l’orario scolastico, proprio nel rispetto delle credenze di tutti gli alunni e della laicità delle istituzioni.
Il fatto che tale prassi sia di fatto tollerata da decenni in moltissime scuole non è una giustificazione, soprattutto nel momento in cui la nostra società va configurandosi come aperta e multiculturale (non solo per la presenza di comunità religiose diverse da quella cristiana, ma anche e soprattutto per la presenza di una percentuale ben più ampia di non credenti). Non si tratta quindi di difendere le tradizioni di una certa parte della società – quella cattolica, che nonostante sia maggioritaria, non rappresenta affatto la totalità degli italiani – da un islam che sembra invadente, dato che tali problematiche sono emerse già da decenni, e nemmeno di impedire la fruizione di certe libertà – come quella religiosa – quanto di rispettare tutte le componenti della società senza ammettere privilegi, specie nel caso di un contesto così delicato come la scuola, dove si incontrano bambini provenienti da contesti diversi e che devono imparare a convivere e a costruire una società paritaria e plurale. La scelta di ammettere riti religiosi nelle scuole pubbliche, pagate e frequentate da tutti – cattolici, islamici, non credenti, e altri – appare piuttosto come un malcostume generalizzato, ulteriore segno della scarsezza di senso civico e del rispetto delle più elementari regole di convivenza, sotto l’apparenza della difesa della tradizione.
L’UAAR si impegna nella difesa della laicità anche promuovendo il rispetto delle leggi in materia di cerimonie nelle scuole ed è a disposizione di qualunque cittadino che voglia un aiuto o anche semplicemente dei consigli in merito a casi simili a quelli della scuola “Pizzigoni”.
Per ulteriori informazioni sul tema: < www.uaar. it/laicita/ visite_pastorali > www.uaar.it/ laicita/visite_ pastorali.
Vi ringrazio per l’attenzione, nella speranza che questo messaggio, rivolto anche al sig. Sulayman Franco La Spina, esponente musulmano, sia utile per un dibattito costruttivo sul tema e per una più corretta informazione.

Domenica 30 Dicembre 2007
Luciano Di Ienno - coordinatore circolo UAAR Varese

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