Satana o il Diavolo ??

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
presso
00domenica 19 agosto 2007 21:33
Può farci del male e se si come ?
Mi chiedevo se secondo voi satana può farci del male , il male può essere sia fisico che morale o nell'anima , come Cristo può aiutarci e farci del bene , cosi anche chi è all'opposto può farci del male ??
cosa ne pensate
Justee
00lunedì 20 agosto 2007 13:42
Re: Può farci del male e se si come ?
presso, 19/08/2007 21.33:

Mi chiedevo se secondo voi satana può farci del male , il male può essere sia fisico che morale o nell'anima , come Cristo può aiutarci e farci del bene , cosi anche chi è all'opposto può farci del male ??
cosa ne pensate




Ciao Stella guarda cosa combina il diavolo con giuda

"2Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, 3Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava"

benimussoo
00martedì 9 ottobre 2007 15:48
Anche io credo che satana sia qualcosa di non realistico ma legato al male che può fare un'uomo , anche perchè il male visto come bestia come dragone mi sembra molto metaforico e poi pensando all'apocalisse ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli
descubridor
00martedì 9 ottobre 2007 16:18
Re: Re: Può farci del male e se si come ?
Aialon, 07/10/2007 12.55:



Penso che prima dovresti capire che cosa è satana, se conosci il tuo nemico, puoi temerlo di meno.
Satana inteso come diavolo è un'invenzione della Chiesa,
sathàn è una parola ebraica che significa avversario, usata per identificare l'inclinazione al male presente in ogni uomo; anche se in un uomo prevale l'inclinazione al bene, deve sempre controllare che gli istinti malvagi ed animaleschi non prevalgano.
Quindi è all'uomo il potere su sathàn, e a guardarsi dal proprio e da quello altrui.
Ciao
Aialon





Nelle Scritture Ebraiche il termine satàn ricorre parecchie volte senza l’articolo determinativo. Usato in questo modo, la prima volta che ricorre si riferisce all’angelo che si appostò nella strada per resistere a Balaam in procinto di andare a maledire gli israeliti. (Nu 22:22, 32) In altri casi si riferisce a singoli individui che opponevano resistenza ad altri uomini. (1Sa 29:4; 2Sa 19:21, 22; 1Re 5:4; 11:14, 23, 25) Ma con l’articolo determinativo ha si riferisce a Satana il Diavolo, il principale Avversario di Dio. (Gb 1:6, nt.; 2:1-7; Zac 3:1, 2) Nelle Scritture Greche il termine satanàs si riferisce quasi sempre a Satana il Diavolo, e di solito è accompagnato dall’articolo determinativo ho.


descubridor
00mercoledì 10 ottobre 2007 09:18
Re: Re:
Aialon, 10/10/2007 2.04:



Bhè..si,

Nella qaballah, nei vari libri ebraici si possono trovare approfondimenti su temi apparentemente prosaici, ma in realtà profondamente studiati dalla mistica ebraica ossia la parte che permette
di capire la legge scritta e di addentrarsi in significati e motivazioni.
Del concetto di sathan, del male o yetzer harà se ne tratta profondamente nel sefer aZohar, bellissimo il seguente lavoro.
L'uomo è incapace di ricevere tutto l'influsso delle Sephiroth, ed è questa inadeguatezza che sta all'origine del male, il quale ha perciò una realtà esclusivamente negativa. Il fattore determinante è lo straniamento delle cose create dalla loro fonte d'emanazione, una separazione che porta a manifestazioni di ciò che a noi appare come la forza del male. Ma quest'ultimo non ha una realtà metafisica, ed è dubbio che l'autore del Ma'arekhet ha-Elohut e i suoi discepoli credessero all'esistenza di un regno separato del male al di fuori della struttura delle Sephiroth. D'altra parte, troviamo già nel Sepher ha-Bahir una definizione della Sephirâ Guebourâ come "la mano sinistra del Santissimo, che sia benedetto", e come "una qualità il cui nome è male", che ha molte ramificazioni nelle forze del giudizio, i poteri coercitivi e limitanti nell'universo. Già al tempo di Isaac il Cieco questo portò alla conclusione che doveva esservi necessariamente una radice positiva del male e della morte, che era controbilanciata nell'unità della Divinità dalla radice del bene e della vita. Durante il processo di differenziazione di queste forze al di sotto delle Sephiroth, tuttavia, il male diveniva sostanziato come una manifestazione separata. Si sviluppò quindi la teoria che vedeva la fonte del male nella crescita sovrabbondante del potere del giudizio, resa possibile dal sostanziamento e dalla separazione della qualità del giudizio dalla sua abituale unione con la qualità dell'amore e della bontà. Il puro giudizio, non temperato da influssi mitiganti, produceva da se stesso il sitra ahra (l'altra parte), come un recipiente che viene riempito fino a traboccare riversa al suolo il liquido superfluo. Questo sitra ahra, il regno delle emanazioni tenebrose e dei poteri demonici, quindi non è più una parte organica del Mondo della Santità e delle Sephiroth. Sebbene sia emersa da uno degli attributi di Dio, non può essere una parte essenziale di Lui. Questa concezione divenne dominante nella Cabala tramite gli scritti dei cabalisti di Gerona e lo Zohar.
Secondo gli "gnostici" della Castiglia e, in una versione diversa, anche nello Zohar, esiste una gerarchia completa dell' "emanazione della sinistra" che è il potere dell'impurità attivo nella creazione. Tuttavia, questa realtà oggettiva perdura solo in quanto continua a ricevere nuova forza dalla Sephirâ Guebourâ, che è nel santo ordine delle Sephiroth, e in particolare solo finché l'uomo la ravviva e la fortifica con le sue azioni peccaminose. Secondo lo Zohar, questo sitra ahra ha dieci Sephiroth (corone); e una concezione simile, benché con parecchie variazioni e l'aggiunta di certi elementi mitici, è espressa negli scritti di Isaac ha-Kohen e in Ammud ha-Semali dal suo allievo Moses di Burgos. Isaac ha-Kohen insegnava che i primi mondi, che furono distrutti, erano tre emanazioni tenebrose, e perirono a causa del male.
Anche nello Zohar viene implicato che il male nell'universo ebbe origine dai resti dei mondi che furono distrutti. La forza del male è paragonata alla corteccia (Qliphat) dell'albero dell'emanazione, un simbolo che ebbe origine con Azriel in Gerona e che divenne molto comune dallo Zohar in poi. Alcuni cabalisti chiamano la totalità dell'emanazione della sinistra l'albero esterno" (ha-ilan ha-hizon). Un'altra associazione, che si trova nei cabalisti di Gerona e che li segue anche nello Zohar, è quella con "il mistero dell'Albero della Conoscenza". L'Albero della Vita e l'Albero della Conoscenza erano collegati in perfetta armonia fino a quando Adamo venne a separarli, dando così sostanza al male, il quale era contenuto nell'Albero della Conoscenza del Bene e del Male e ora si materializzò nell'istinto del male (yezer ha-ra). Quindi fu Adamo che attivò il male potenziale celato nell'Albero della Conoscenza, separando i due alberi e separando inoltre l'Albero della Conoscenza dal suo frutto, ora distaccato dalla sua fonte. Questo evento è chiamato metaforicamente "il taglio dei germogli" (kizzuz ha-neti'ot) ed è l'archetipo di tutti i grandi peccati menzionati nella Bibbia, il cui comune denominatore era l'introduzione della divisione nell'unità divina. L'essenza del peccato di Adamo fu che introdusse "la separazione sopra e sotto", in ciò che doveva essere unito, una separazione della quale ogni peccato è fondamentalmente una ripetizione, a parte i peccati che riguardano la magia e la stregoneria, che secondo i cabalisti uniscono ciò che dovrebbe restare separato. In effetti, questa concezione tende anch'essa a sottolineare il potere del giudizio contenuto nell'Albero della Conoscenza del potere dell'amore e della pietà contenuto nell'Albero della Vita. Quest'ultimo riversa il suo influsso abbondantemente, mentre il primo è una forza restrittiva, con la tendenza a diventare autonoma; e può farlo sia in conseguenza delle azioni dell'uomo, sia per un processo metafisico nei mondi superiori.
Entrambe le concezioni appaiono nella letteratura cabalistica, senza che tra esse venga operata una chiara distinzione. Il male cosmico derivante dalla dialettica interna del processo d'emanazione qui non è differenziato dal male morale prodotto dalle azioni umane. Lo Zohar tenta di unire questi due regni, postulando che la disposizione alla corruzione morale, al male sotto forma di tentazione umana, deriva dal male cosmico che è il regno del sitra ahra (III:163a). La differenza fondamentale tra lo Zohar e gli scritti degli gnostici della Castiglia stava nel fatto che questi ultimi indulgevano in personificazioni esagerate delle forze di questo regno, facendo talvolta ricorso a precedenti credenze demonologiche, e chiamando le potenze dell'emanazione della sinistra con nomi propri, mentre l'autore dello Zohar si atteneva generalmente a categorie più impersonali, con l'eccezione delle figure di Samaël - l'equivalente cabalistico di Satana - e della sua compagna Lilith, alle quali assegnava un ruolo centrale nel regno del male. Un'altra deviazione da questa regola è la descrizione dettagliata dei "palazzi dell'impurità" e dei loro custodi nel suo commento a Esodo 38-40, che segue una descrizione parallela dei "palazzi della santità".
Nel simbolismo dello Zohar concernente il sitra ahra, vi sono numerosi temi talora in conflitto. Le Qliphoth ("gusci" o "bucce" di male) sono talvolta intese in maniera neoplatonica come gli ultimi anelli della catena dell'emanazione dove tutto si trasforma in tenebra, come "la fine dei giorni" nella metafora dello Zohar. Altre volte, esse vengono definite semplicemente come intermediarie tra i mondi superiori e inferiori, e come tali non vengono necessariamente viste come malefiche. Anzi, ogni principio mediante è un "guscio" dalla prospettiva di ciò che sta al di sopra, ma è un "nocciolo" dal punto di vista di ciò che sta al di sotto (Zohar I:19b). In altre decisioni, il regno del male è delineato come il naturale prodotto di rifiuto di un processo organico, ed è paragonato al "sangue cattivo", a un ramo amaro dell'albero dell'emanazione, ad acque contaminate (II:167b), alla scoria che rimane dopo che è stato raffinato l'oro (hittukhei ha-zahau), o alla feccia del vino buono. Queste descrizioni del sitra ahra nello Zohar sono particolarmente ricche di immagini mitiche. L'identificazione del male con la materia fisica, sebbene ricorra talvolta nello Zohar e in altri libri cabalistici, non divenne mai una dottrina accettata. L'equivoco della filosofia medievale tra la concezione aristotelica e quella platonico-emanatista della materia è sentito altrettanto fortemente nella Cabala, sebbene solo di rado vi siano riferimenti al problema del modo in cui è emanata la materia. In generale, la questione della natura della materia non è centrale nella Cabala, dove l'interesse fondamentale era piuttosto la questione del modo in cui il Divino era riflesso nella materia. Discussioni occasionali della natura della materia da un punto di vista neoplatonico si possono già trovare nella letteratura del circolo del Sepher ha-lyyun. Cordovero, nel suo Rabbati Elimah, spiega l'emanazione della materia dallo spirito per mezzo di un trattamento dialettico del concetto di forma che era comune nella filosofia medievale.
Secondo lo Zohar vi è una scintilla di santità persino nel regno dell'altra parte, sia proveniente da un'emanazione dell'ultima Sephirâ, sia come risultato indiretto del peccato dell'uomo, perché come l'adempimento di un comandamento rafforza la parte della santità, un atto peccaminoso rivitalizza il sitra ahra. I regni del bene e del male sono in una certa misura commisti, e la missione dell'uomo è di separarli. In contrasto con questa concezione che riconosce l'esistenza metafisica del male, un punto di vista alternativo ha trovato la sua espressione fondamentale in Gikatilla, il quale definì il male come un'entità che non era nel suo posto legittimo: "ogni atto di Dio, quando è nel posto ad esso accordato alla creazione, è bene; ma quando si volge e lascia il suo posto, è male". Queste due concezioni - quella dello Zohar, che riconosce al male un'esistenza attuale come fuoco dell'ira e della giustizia di Dio, e quella di Gikatilla, che gli attribuisce solo un'esistenza potenziale che nulla può attuare, se non le azioni degli uomini - ricorrono in tutta la letteratura cabalistica senza che l'una riporti la vittoria sull'altra. Anche nelle diverse versioni della dottrina lurianica, le due concezioni sono perpetuamente in conflitto. (Sul problema del male nella Cabala lurianica si veda più sotto.) Uno sviluppo successivo e finale riguardo il problema del male si ebbe nella dottrina degli Shabathei, formulata particolarmente negli scritti di Nathan di Gaza. Secondo lui, vi erano fin dall'inizio due luci in Aïn Soph, "la luce che conteneva il pensiero" e "la luce che non conteneva il pensiero". La prima aveva in sé, fin dal principio, il pensiero di creare i mondi, mentre nella seconda tale pensiero non c'era, e tutta la sua essenza tendeva a rimanere occulta e a restare in se stessa senza emergere dal mistero di Aïn Soph. La prima luce era interamente attiva e la seconda interamente passiva e immersa nel profondo di se stessa. Quando il pensiero della creazione sorse nella prima luce, questa si contrasse per far spazio alla creazione, ma la luce senza pensiero, che non aveva parte nella creazione, rimase al suo posto. Poiché non aveva altra finalità che rimanere in se stessa, resistette passivamente alla struttura dell'emanazione che la luce contenente il pensiero aveva costruito nel vuoto creato dalla propria contrazione. La resistenza trasformò la luce senza pensiero nella suprema fonte del male nell'opera della creazione. L'idea di un dualismo tra materia e forma quale radice del bene e del male assume qui un aspetto originalissimo: la radice del male è un principio esistente nello stesso Aïn Soph, che si tiene distaccato dalla creazione e cerca di impedire che vengano attuate le forme della luce contenente il pensiero, non perché sia malefico per natura, ma solo perché il suo unico desiderio è che nulla debba esistere al di fuori di Aïn Soph. Rifiuta di ricevere in sé la luce che contiene il pensiero, e di conseguenza si sforza di frustrare e di distruggere tutto ciò che è costruito da quella luce. Quindi il male è il risultato di una dialettica tra due aspetti della luce dello stesso Aïn Soph. La sua attività nasce dalla sua opposizione al cambiamento. L'affinità di questa idea con la concezione neoplatonica della materia quale principio del male appare evidente. La lotta tra le due luci si rinnova ad ogni fase della creazione, e non avrà termine fino al tempo della redenzione finale, quando la luce che contiene il pensiero penetrerà completamente la luce senza pensiero e vi delineerà le sue forme sante. Il sitra ahra dello Zohar non è altro che la totalità della struttura che la luce senza pensiero è costretta a produrre quale risultato di questa lotta. Via via che il processo della creazione prosegue, la lotta diviene più acuta, perché la luce del pensiero, per sua stessa natura, vuole penetrare tutto lo spazio lasciato vuoto dalla sua contrazione e non lasciare nulla d'intoccato in quel regno primordiale e senza forma che Nathan chiama golem (hyle senza forma). La premessa che i principi del bene e del male esistono insieme nella mente suprema di Dio e che non vi è altra possibile soluzione logica al problema del male in un sistema monoteistico, fu condivisa da Leibnitz, il quale affrontò il problema in modo simile, circa quaranta anni dopo, nella sua Théodicée.
Benché non vi sia il dubbio che in maggioranza i cabalisti ritenessero che il male avesse un'esistenza reale a vari livelli, anche se operava attraverso la negazione, essi erano divisi nelle diverse visioni del problema escatologico di come avrebbe avuto fine nel mondo e nell'uomo. I1 potere del male verrebbe totalmente distrutto nel tempo a venire? O forse sopravviverebbe, ma rimarrebbe privo di ogni possibilità d'influenzare il mondo redento, quando il bene e il male, che si erano mescolati, fossero finalmente separati di nuovo? O forse il male verrebbe ritrasformato in bene? La concezione che nel mondo futuro, quando ciò avverrà, tutte le cose ritorneranno al santo stato originale, ebbe sostenitori eminenti dai tempi dei cabalisti di Gerona in poi. Nachmanide parlava del "ritorno di tutte le cose alla loro vera essenza", un concetto forse tratto dall'escatologia cristiana e dalla dottrina dell'apokatasis (reintegrazione); ed egli intendeva con questo la riascesa di ogni essere creato alla sua fonte nell'emanazione, il che non avrebbe più lasciato spazio per la continuazione dell'esistenza del regno del male nella creazione o del potere dell'istinto malefico nell'uomo. Sembrerebbe, in effetti, che tale ritorno fosse connesso nella sua concezione al grande giubileo, secondo la dottrina delle shemittot. Questa posizione accettava la realtà del male nelle diverse shemittot, in ogni shemittah secondo la sua natura specifica.
In generale, le argomentazioni cabalistiche circa il fato finale del male si limitavano al tempo della redenzione e al giorno del giudizio. L'opinione prevalente era che il potere del male sarebbe stato distrutto e sarebbe scomparso, poiché non vi sarebbe più stata alcuna giustificazione per la continuazione della sua esistenza. Tuttavia, altri sostenevano che il regno del male sarebbe sopravvissuto quale luogo di punizione eterna per i malvagi. Una qualche incertezza tra queste due convinzioni si trova tanto nello Zohar quanto nella Cabala lurianica. Nel complesso, lo Zohar sottolinea che il potere delle Qliphoth verrà "spezzato" nel tempo a venire, e in vari passi afferma chiaramente che il sitra ahra "sparirà dal mondo" e la luce della santità "risplenderà senza ostacoli". Gikatilla afferma, d'altra parte, che nel tempo a venire "Dio prenderà l'attributo di [punire] la sfortuna [cioè il potere del male] in un luogo dove non potrà essere maligna" (Sha'arei Orah, cap. 4). Quanti sostenevano la dottrina che il male sarebbe ridivenuto bene affermavano che lo stesso Samaël si sarebbe pentito e si sarebbe trasformato in un angelo di santità, il che avrebbe causato automaticamente la scomparsa del regno del sitra ahra. Questa concezione è espressa nel libro Kaf ha-Ketoret (1500) e particolarmente nell'Asarah Ma'amarot di Menahem Azariah Fano; ma è contrastata negli scritti di Vital, il quale assunse una posizione meno liberale. Una potente affermazione simbolica del futuro ritorno di Samaël alla santità, particolarmente diffusa a partire dal secolo XVII, fu la concezione che il suo nome sarebbe mutato, e la lettera Mêm significante morte (mavet) sarebbe caduta per lasciare Sa'el, uno dei 72 Nomi sacri di Dio.






Origine. Le Scritture indicano che la creatura chiamata Satana non ha avuto sempre questo nome. Esso gli fu dato perché intraprese una condotta di opposizione e resistenza a Dio. Non è indicato che nome avesse prima. Dio solo è il Creatore, e “la sua attività è perfetta”, assolutamente priva di ingiustizia o malvagità. (De 32:4) Perciò, quando fu creato, colui che poi divenne Satana era una creatura di Dio giusta e perfetta. Si tratta di una persona spirituale, poiché compariva in cielo alla presenza di Dio. (Gb capp. 1, 2; Ri 12:9) Gesù Cristo disse di lui: “Egli fu un omicida quando cominciò, e non si attenne alla verità, perché in lui non c’è verità”. (Gv 8:44; 1Gv 3:8) Qui Gesù mostra che un tempo Satana era nella verità, ma poi la abbandonò. Fu un omicida fin dalla sua prima azione palese, quella di allontanare Adamo ed Eva da Dio, perché in tal modo provocò la morte di Adamo ed Eva, i quali, a loro volta, trasmisero il peccato e la morte alla loro progenie. (Ro 5:12) In tutte le Scritture le qualità e le azioni attribuite a Satana si possono attribuire solo a una persona, non a un astratto principio del male. È chiaro che gli ebrei, e anche Gesù e i discepoli, sapevano che Satana esisteva come persona.

Quindi da un inizio giusto, perfetto, questa persona spirituale cadde nel peccato e nella degradazione. Il processo che portò a questo risultato viene descritto da Giacomo: “Ciascuno è provato essendo attirato e adescato dal proprio desiderio. Quindi il desiderio, quando è divenuto fertile, partorisce il peccato; a sua volta il peccato, quando è stato compiuto, produce la morte”. (Gc 1:14, 15) Il comportamento di Satana può essere paragonato, sotto qualche aspetto, a quello del re di Tiro descritto in Ezechiele 28:11-19. — 

Le Scritture indicano dunque che fu Satana a parlare per mezzo di un serpente, inducendo Eva a disubbidire al comando di Dio. Eva a sua volta persuase Adamo a seguire la stessa condotta ribelle. (Ge 3:1-7; 2Co 11:3) Poiché Satana si servì del serpente, la Bibbia gli dà l’appellativo di “Serpente”, che assunse il significato di “ingannatore”; egli diventò anche “il Tentatore” (Mt 4:3) e un bugiardo, “il padre della menzogna”. — Gv 8:44; Ri 12:9.

presso
00sabato 13 ottobre 2007 12:18
Probabilmente tutti abbiamo ragione e tutti abbiamo torto , perchè sicuramente il diavolo , satana NON è invenzione cattolica .. ma dall'altra sicuramente NON è vero che è qualcosa di inventato , la verità io credo ta nel mezzo il male potrebbe essere qualcosa che è l'opposto del bene
perchè esempio come noi crediamo che la Forza di Dio sia presente e quella di Cristo attraverso lo SS cosi potremmo affermare che il male è presente con i suoi personaggi
descubridor
00lunedì 15 ottobre 2007 09:32
Re:
presso, 13/10/2007 12.18:

Probabilmente tutti abbiamo ragione e tutti abbiamo torto , perchè sicuramente il diavolo , satana NON è invenzione cattolica .. ma dall'altra sicuramente NON è vero che è qualcosa di inventato , la verità io credo ta nel mezzo il male potrebbe essere qualcosa che è l'opposto del bene
perchè esempio come noi crediamo che la Forza di Dio sia presente e quella di Cristo attraverso lo SS cosi potremmo affermare che il male è presente con i suoi personaggi



Non credo.
Satana e' o non e' una creatura spirituale.


Sollevata la questione della sovranità. Quando Satana si rivolse a Eva (per bocca del serpente), in effetti sfidò la legittimità e la giustezza della sovranità di Geova. Insinuò che Dio privava ingiustamente la donna di qualcosa, e inoltre affermò che Dio mentiva nel dire che sarebbe morta se avesse mangiato del frutto proibito. Per di più Satana le fece credere che sarebbe stata libera e indipendente da Dio, e che sarebbe diventata simile a Dio. In questo modo quella malvagia creatura spirituale s’innalzò al di sopra di Dio agli occhi di Eva, e diventò il suo dio, anche se allora Eva a quanto pare non conosceva l’identità di colui che la ingannava. Con la sua azione Satana assoggettò l’uomo e la donna al suo comando e al suo dominio, ergendosi come un dio rivale in opposizione a Geova. — Ge 3:1-7.

La Bibbia, dandoci un’idea delle attività celesti, rivela che Satana, quale dio rivale, in seguito si presentò a Geova in cielo e Lo sfidò apertamente dicendo che avrebbe potuto allontanare da Lui il Suo servitore Giobbe, e implicitamente qualsiasi servitore di Dio. In effetti accusò Dio di dare ingiustamente tutto a Giobbe, insieme a una completa protezione, cosa che impediva a lui, Satana, di mettere alla prova Giobbe e mostrare cosa c’era veramente nel suo cuore, che, a suo dire, era cattivo. Satana concluse che Giobbe serviva Dio principalmente per ragioni egoistiche e lo disse chiaro e tondo: “Pelle per pelle, e l’uomo darà tutto ciò che ha per la sua anima. Per cambiare, stendi la tua mano, ti prego, e tocca fino al suo osso e alla sua carne e vedi se non ti maledirà nella tua medesima faccia”. — Gb 1:6-12; 2:1-7; vedi SOVRANITÀ.

In quel caso particolare, Geova permise a Satana di far abbattere su Giobbe la calamità, non interferendo quando Satana provocò un’incursione di predoni sabei e lo sterminio dei greggi e dei pastori per mezzo di quello che un messaggero di Giobbe definì “il medesimo fuoco di Dio” proveniente dai cieli; non è precisato se si fosse trattato di fulmini o di fuoco d’altro genere. Satana provocò pure l’attacco da parte di tre schiere di caldei, e anche un uragano. Queste cose causarono la morte di tutti i figli di Giobbe e la distruzione della sua proprietà. Infine Satana colpì lo stesso Giobbe con una malattia ripugnante. — Gb 1:13-19; 2:7, 8.

Tutto questo rivela la forza e il potere di questa creatura spirituale, Satana, e anche la sua mentalità corrotta, omicida.

È importante però notare che Satana riconobbe la sua impotenza di fronte a un espresso comando di Dio. Infatti non sfidò la potenza e l’autorità di Dio quando questi gli vietò di togliere la vita a Giobbe. — Gb 2:6.

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 16:31.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com