I conti della Chiesa: ecco quanto ci costa

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presso
00domenica 2 luglio 2006 10:13
POLITICA
RIEQUILIBRIO: VERTICE NELLA NOTTE A PALAZZO CHIGI. POTREBBE SPUNTARE L’ALIQUOTA UNICA SULLE RENDITE FINANZIARIE E LA TASSAZIONE PIÙ SEVERA DELLE STOCK OPTIONS
Prodi accelera, oggi il varo della manovrina
Misure antievasione da 5,5 a 7 miliardi. L’Iva nel mirino. Nel 2006 solo 1,5 miliardi di tagli
30/6/2006
di Stefano Lepri




Il premier Romano Prodi
ROMA. Parte oggi la manovra economica. Fino a notte il governo ne ha discusso, incerto se inserire da subito l’armonizzazione delle imposte sulle rendite finanziarie (più tasse su titoli e guadagni di Borsa, meno sui conti correnti), e a quale livello.

Il decreto-legge all’esame del consiglio dei ministri di stamattina servirà a riequilibrare il bilancio e evitare di chiudere i cantieri di strade e ferrovie. I numeri potranno variare a seconda delle scelte: misure fiscali da 5,5 miliardi a di euro a 7 miliardi di euro, e tagli alle spese per 2,5 miliardi, di cui 1-1,5 valevoli per il 2006 e il resto per il 2007. Romano Prodi ha deciso di accelerare i tempi dopo il buon esito dell’incontro di ieri con le forze sociali. All’inizio del pomeriggio il varo della manovra per oggi era stato smentito, poi non più. Nell’incontro con le parti sociali, il ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa ha spiegato che occorre agire perché della riduzione del deficit 2006 a cui il governo Berlusconi si era impegnato, «0,8% strutturale» del prodotto lordo, la legge finanziaria in vigore non realizzerà praticamente nulla.

La correzione con la nuova manovra sarà di circa 0,5 punti in ragione annua (7,5 miliardi di euro), tutti «strutturali» ossia, di riduzione permanente del deficit anche negli anni successivi: non poco, ha fatto osservare Padoa-Schioppa, rispetto alla tradizione di manovre-bis composte soprattutto di «una tantum» e di espedienti finanziari disparati. Dovrà anche finanziare spese in più, perché occorrono soldi subito per Anas (circa 1 miliardo nel 2006) e Ferrovie dello Stato (quasi 2 miliardi tra 2006 e 2007) in modo da evitare che importanti cantieri chiudano con il doppio danno del ritardo e di pagamento di penali ai costruttori. Gli ultimi ritocchi sono stati dati ieri sera a palazzo Chigi. Prodi, dopo aver ascoltato la Messa nella chiesa di Santa Maria in Via, ha riunito Padoa-Schioppa, i ministri dello Sviluppo Pierluigi Bersani, del Lavoro Cesare Damiano, della Solidarietà sociale Paolo Ferrero, delle Politiche comunitarie Emma Bonino, della Sanità Livia Turco, il viceministro Vincenzo Visco e il sottosegretario alla presidenza Enrico Letta.

Poco prima delle 22, sono tornati per un’ultima consultazione i segretari generali di cgil, Cisl e Uil. Una novità dell’ultima ora consiste in una tassazione più severa delle «stock options» fonte di grandi guadagni per i manager di alto livello: dall’attuale 12,5% al 23%. Pure al 23%, livello dell’attuale aliquota più bassa sui redditi personali, potrebbe essere unificata la tassazione dei redditi finanziari (i conti in banca sono ora al 27%, i titoli al 12,5%). E’ possibile la revoca dell’esenzione Ici concessa l’anno scorso agli immobili commerciali degli enti religiosi. Respinta invece la proposta, venuta da Rifondazione comunista, di far affluire all’Inps i fondi del Tfr.

Il grosso delle misure fiscali sarà contenuto nel «pacchetto Visco» contro l’evasione Iva (false fatture, false compravendite, eccetera) di cui si parla da giorni. Visco ha dato fondo a tutte le proposte arrivategli dai suoi collaboratori e dall’Agenzia delle entrate: tra le misure più di rilievo dovrebbero esserci il ripristino per i contribuenti Iva di allegare l’elenco fornitori e clienti, e l’estensione dell’imposta di registro alle compravendite di immobili non nuovi tra società. Nelle parole di Visco, occorre «recuperare il crollo del gettito che c’è stato in questi anni» mettendo mano in primo luogo «al sistema dei rimborsi Iva».

Scartata l’ipotesi di un aumento delle aliquote Iva ridotte (4% e 10%), si cercherà di tappare tutte le falle attraverso cui i contribuenti Iva gonfiano i pagamenti ai fornitori per detrarli dall’imposta riscossa dai clienti. Al pacchetto Iva si aggiungono misure per correggere evidenti storture e scompensi della tassazione sui redditi. Le riduzioni alle spese sono risultate molto ardue in una situazione in cui già la legge finanziaria 2006 conteneva molti tagli inattuabili, colpiranno qua e là nei fondi dei diversi ministeri. Se ne è discusso ancora ieri sera, con contrasti. Padoa-Schioppa ha insistito perché le riduzioni si proiettassero anche sul 2007.

Viviana.30
00lunedì 21 maggio 2007 11:46
Ieri sono andata a trovare mia madre che è ricoverata in una struttura di sostegno per problemi di depressione , seguito consiglio del medico curante siamo andati in una struttura nella provincia di Como , questa struttura bellissima gestita da Suore e anche molto funzionale
Ho avuto anche l'occasione di conoscere il pio albergo trivulzio di Milano anche li probabilmente struttura con fondi Cattolici , la domanda che mi ponevo era questa se non ci fossero queste strutture e molte altre sparse nel pianeta con MARCHIO Cattolico come si potrebbe aiutare migliaia di persone ?
Grazie
Viviana.30
00giovedì 7 giugno 2007 13:56
Stamane , attraversando Milano ho visto per la strada sulla circonvalazione un centinaio di persone che aspettavano la busta piena di cose da mangiare da una confraternita di frati francescani che sostengono una onlus , in quelle centinaia di persone che OGNI GIORNO vanno li cerano , zingari , islamici , poveri di strada , ragazzi , disadattati , anziani e qualche furbetto vestito benino che io credo vada li per fare solo il furbo
M.Tamburino
00giovedì 7 giugno 2007 14:23
Viviana, non sprecare energie ...
Sono argomenti che non interessano a nessuno. E probabilmente è bene che sia così, in modo che anche nel nascondimento l'importante è che questi aiuti si facciano.
spirito!libero
00giovedì 7 giugno 2007 15:08
A me invece interessano e molto.

Io stesso ho partecipato in passato a qualche iniziativa. Non ho mai detto che la "base" non fa mai del bene, anzi ricordando il testo di una famosa canzone, sostengo che: "il prete di periferia va avanti nonostante il vaticano".

Dunque sono convinto che esistano frati, preti ed altri religiosi davvero altruisti, che spendono la loro esistenza per amore del prossimo, basti vedere i molti missionari sinceri, le varie madri terese anonime e molti altri che agiscono nell'ombra delle nostre inumane città.

Do quindi atto a tutti costoro che agiscono per il bene dell'umanità, di essere nel giusto. Ma so anche che ci sono tante associazioni umanitarie non religiose, come quelle per i diritti umani, come emergency o medici senza frontiere ecc... Costoro, a mio modesto avviso, sono ancor più da lodare per due motivi: il primo è che non hanno il "vaticano" alle spalle e dunque non hanno l'appoggio politico nonchè la protezione e l'aiuto economico che una istituzione così potente può fornire, il secondo è che non sono spinti da una specie di "obbligo" religioso, cioè quello di "servire le regole di un dio", ma solamente dalla loro coscienza, dalla loro empatia e dalla loro capacità di provare compassione per le forme di vita in difficoltà. Cioè questi ultimi agiscono realmente senza alcun fine utilitaristico, nemmeno quello di salvarsi l'anima e questo li rende dei veri angeli.

Saluti
Andrea
M.Tamburino
00giovedì 7 giugno 2007 15:46
Mi pare un po' presuntuoso da parte tua ritenere che solo chi opera senza motivazioni religiose sia disinteressato. Pensi che nessuno di noi si possa sentire gratificato dalle "opere di bene"? O pensi davvero che la paura dell'inferno ti gratifichi nel cambiare quintali di pannoloni?

La verità? Come sempre è quella del Cristo ...

Vi abbiamo suonato una danza, e non avete ballato
Vi abbiamo suonato un lamento, e non avete pianto ...

Sempre con affetto, neh? [SM=x511473]
spirito!libero
00venerdì 8 giugno 2007 09:55
Re:
"Mi pare un po' presuntuoso da parte tua ritenere che solo chi opera senza motivazioni religiose sia disinteressato."

Mi pare presuntuoso da parte tua aggiungere parole che io non ho scritto. Ad esempio io quel "solo" non lo trovo nelle mie frasi tu dove te lo sei sognato ?

Questo per dire che sarebbe gentile chiedere cosa intende esattamente l'interlocutore prima di mettergli in bocca parole non dette e idee non pensate.

Io non ho detto che SOLO i laici siano spinti da compassione, ho detto che i religiosi (forse avrei dovuto scrivere spesso o a volte) hanno come moto propulsivo l'aderire a dei dettami religiosi.

Ma so benissimo che ci sono moltissimi preti e frati che agiscono per gli stessi identici motivi di amore, compassione empatia dei volontari atei. C'è da dire che senza ombra di dubbio un volontario ateo non può agire per fini religiosi.

Alla prossima
Andrea

[Modificato da spirito!libero 08/06/2007 9.57]

M.Tamburino
00venerdì 8 giugno 2007 10:16

Scritto da: spirito!libero 07/06/2007 15.08
Ma so anche che ci sono tante associazioni umanitarie non religiose, come quelle per i diritti umani, come emergency o medici senza frontiere ecc... Costoro, a mio modesto avviso, sono ancor più da lodare per due motivi: il primo è che non hanno il "vaticano" alle spalle e dunque non hanno l'appoggio politico nonchè la protezione e l'aiuto economico che una istituzione così potente può fornire, il secondo è che non sono spinti da una specie di "obbligo" religioso, cioè quello di "servire le regole di un dio", ma solamente dalla loro coscienza, dalla loro empatia e dalla loro capacità di provare compassione per le forme di vita in difficoltà. Cioè questi ultimi agiscono realmente senza alcun fine utilitaristico, nemmeno quello di salvarsi l'anima e questo li rende dei veri angeli.

Se con le espressioni sottolineate non intendevi escludere aprioristicamente qualsivoglia "gratificazione" personale e che si tratta quindi di gratuità al cento per cento, chiedo venia.

Ma l'italiano è italiano.
spirito!libero
00venerdì 8 giugno 2007 11:55
“Ma l'italiano è italiano.”

Appunto e la logica è logica. Ergo:

“sono ancor più da lodare per due motivi" il secondo è che non sono spinti da una specie di "obbligo" religioso”

visto che l’italiano è italiano e la logica logica da questa frase si può solo dedurre che ci sono motivi per lodare di più i laici ed uno di questi motivi è che sicuramente i laici (leggi atei) non sono spinti da motivi non religiosi. Questo non esclude di per se che esistano alcuni prelati motivati da uguale spinta, questo ci dice la logica deduttiva.

“ma solamente dalla loro coscienza, dalla loro empatia e dalla loro capacità di provare compassione”

Quel solamente, difatti, è riferito agli atei i quali, appunto, sono solamente spinti da ciò che ho detto, mentre i preti possono essere anche spinti da altri motivi. Ma anche qui nulla vieta, dalla mia frase, che vi sia qualcuno o tanti preti che agiscono per gli stessi motivi degli atei volontari.

Ripeto la mia pecca è quella di non aver scritto la parolina “spesso” nella frase “i preti sono spinti da motivazioni religiose”, dunque chiedo io venia per non essermi espresso, in quella frase, in maniera perfettamente chiara, anche se, ad onor di verità, non ho scritto nemmeno "tutti i preti sono spinti da motivazioni religiose".

Saluti
Andrea
M.Tamburino
00venerdì 8 giugno 2007 12:06
Non insistere! Di' che hai toppato, e basta!

Nessuno mette in dubbio che tu guardi con indulgenza una parte del mondo religioso. Quello che dovresti mettere ogni tanto in discussione è la costante, esclusiva ed elitaria superiorità dell'homo laicus sul cervello bacato ed inquinato da qualsivoglia credo religioso.

Ciò chiarito, te saludi
spirito!libero
00venerdì 8 giugno 2007 13:40
“Non insistere!”

Non insistere ? che comando perentorio ! è per caso Dio che ti autorizza a cotanto imperativo ?

“Di' che hai toppato, e basta! “

Toppato ? se intendi che non sono stato matematicamente preciso nell’esporre le mie idee può darsi, di contro c’è il tuo pregiudizio interpretativo che di fronte ad una frase ambigua ha ovviamente colto ciò che voleva cogliere e a mio avviso ciò è un "toppare" più grande. Io rispondo per quello che scrivo non per quello che la tua testolina interpreta caro.

“Quello che dovresti mettere ogni tanto in discussione è la costante, esclusiva ed elitaria superiorità dell'homo laicus sul cervello bacato ed inquinato da qualsivoglia credo religioso”

Io sono un critico e da tale metto in discussione tutto. In linea di principio, finchè qualcuno non mi fornirà argomenti sufficienti per credere il contrario, ritengo che la laicità si uno status che permette maggiore libertà ed equilibrio rispetto allo status sacerdotale.

Te saludi anca me.
M.Tamburino
00venerdì 8 giugno 2007 13:55
No, ho parlato con Dio poco prima ma del tuo intervento non mi ha detto nulla. Se vuoi domando? [SM=g27987]

Ecco, bravo. Invece di fare il critico, vedi di essere anche critico. Qui non si tratta di risolvere equazioni. Si tratta di essere obiettivi. Mica tanto. Poco poco [SM=x511442]
spirito!libero
00venerdì 8 giugno 2007 15:15
"Qui non si tratta di risolvere equazioni"

Si vede che me tapino sono capace solo di risolvere equazioni.....ma anche equazioni di logica però ! [SM=g27991] [SM=g27991] [SM=g27991] [SM=x511449] [SM=x511459]

benimussoo
00lunedì 11 giugno 2007 23:02
Re:

A me invece interessano e molto.

Io stesso ho partecipato in passato a qualche iniziativa. Non ho mai detto che la "base" non fa mai del bene, anzi ricordando il testo di una famosa canzone, sostengo che: "il prete di periferia va avanti nonostante il vaticano".

Dunque sono convinto che esistano frati, preti ed altri religiosi davvero altruisti, che spendono la loro esistenza per amore del prossimo, basti vedere i molti missionari sinceri, le varie madri terese anonime e molti altri che agiscono nell'ombra delle nostre inumane città.

Do quindi atto a tutti costoro che agiscono per il bene dell'umanità, di essere nel giusto. Ma so anche che ci sono tante associazioni umanitarie non religiose, come quelle per i diritti umani, come emergency o medici senza frontiere ecc... Costoro, a mio modesto avviso, sono ancor più da lodare per due motivi: il primo è che non hanno il "vaticano" alle spalle e dunque non hanno l'appoggio politico nonchè la protezione e l'aiuto economico che una istituzione così potente può fornire, il secondo è che non sono spinti da una specie di "obbligo" religioso, cioè quello di "servire le regole di un dio", ma solamente dalla loro coscienza, dalla loro empatia e dalla loro capacità di provare compassione per le forme di vita in difficoltà. Cioè questi ultimi agiscono realmente senza alcun fine utilitaristico, nemmeno quello di salvarsi l'anima e questo li rende dei veri angeli.

Saluti
Andrea



Ciao Andrea , vedi io capisco e posso essere anche daccordo perchè molte istituzioni come quelle che hai nominato non sono spinte da ideale religioso .. ma io credo che siano spinte da ideali di fede , di un Dio che comunque aiuterebbe una persona debole e afflittà
Però defvo anche dire che non è vero quello che affermi perchè sara come dici , ma io credo che emergensy o medici senza frontiere hanno alle loro spalle potenti e mezzi delle onlus che noi non immaginiamo , e poi perdonami tu credi che esempio in iran o irak o nei paesi dove operano non si siano aiutate istituzioni come il vaticano e le onlus , direi proprio di no
Sasori
00giovedì 28 giugno 2007 21:06
Dal sito di Repubblica:

C'E' CHI in Italia è abituato a ottenere privilegi da qualsiasi governo e autorizzato a non pagare il fisco, ma sul quale nessuno osa moraleggiare. Pena l'accusa di anticlericalismo. L'anomalo rapporto fra Stato italiano e clero è invece finito da tempo sul tavolo dell'Unione europea, che si prepara a mettere sotto processo il nostro Paese per i vantaggi fiscali concessi alla Chiesa cattolica, contrari alle norme comunitarie sulla concorrenza. Oltre che alla Costituzione, meno di moda. Al centro del caso è l'esenzione del pagamento dell'Ici per le attività commerciali della Chiesa. La storia è vecchia ed è tipicamente italiana.

Varato nel '92, bocciato da una sentenza della Consulta nel 2004, resuscitato da un miracolo di Berlusconi con decreto del 2005, quindi decaduto e ancora recuperato dalla Finanziaria 2006 come omaggio elettorale, il regalo dell'Ici alla Chiesa è stato in teoria abolito dai decreti Bersani dell'anno scorso.
Molto in teoria, però. Di fatto gli enti ecclesiastici (e le onlus) continuano a non pagare l'Ici sugli immobili commerciali, grazie a un gesuitico cavillo introdotto nel decreto governativo e votato da una larghissima maggioranza, contro la resistenza laica di un drappello di mazziniani radicali guidati dall'onorevole Maurizio Turco.

I resistenti laici avevano proposto di limitare l'esenzione dell'Ici ai soli luoghi senza fini commerciali come chiese, santuari, sedi di diocesi e parrocchie, biblioteche e centri di accoglienza. Il cavillo bipartisan ha invece esteso il privilegio a tutte le attività "non esclusivamente commerciali".

Basta insomma trovare una cappella votiva nei paraggi di un cinema, un centro vacanze, un negozio, un ristorante, un albergo, e l'Ici non si paga più. In questo modo la Chiesa cattolica versa soltanto il 5 o 10 per cento del dovuto allo Stato italiano con una perdita per l'erario di almeno 400 milioni di euro ogni anno, senza contare gli arretrati.

Il trucco o se vogliamo la furbata degli italiani non è piaciuta a Bruxelles, da dove è partita una nuova richiesta di spiegazioni al governo. Il ministero dell'Economia ha rassicurato l'Ue circa l'inequivocabilità delle norme approvate, ma subito dopo ha varato una commissione interna di studio per chiarirsi le idee.

L'affannosa contraddizione è stata segnalata all'autorità europea dall'avvocato Alessandro Nucara, esperto in diritto comunitario, e dal commercialista Carlo Pontesilli, due professionisti di simpatie radicali che affiancano e assistono il drappello dell'orgoglio laico.

A questo punto la commissione per la concorrenza europea avrebbe deciso di riesumare la pratica d'infrazione già aperta ai tempi del governo Berlusconi e poi archiviata dopo l'approvazione dei decreti Bersani. In più, la commissione ha chiesto al governo Prodi di fornire un quadro generale dei favori fiscali che l'Italia concede alla Chiesa cattolica, oltre all'esenzione Ici.

Che cosa potrà succedere ora? Un'infrazione in più o in meno probabilmente non cambia molto. L'Italia dei monopoli, dei privilegi e delle caste è già buona ultima in Europa per l'applicazione delle norme sulla concorrenza e naviga in un gruppo di nazioni africane per quanto riguarda la trasparenza fiscale. Quale che sia la decisione dell'Ue, i governi italiani, di destra e di sinistra, troveranno sempre modi di garantire un paradiso fiscale assai poco mistico alla Chiesa cattolica all'interno dei nostri confini. Magari tagliando ancora sulla ricerca e sulla scuola pubblica.

E' triste constatare però che senza le pressioni di Bruxelles e la lotta di una minoranza laicista indigena, l'opinione pubblica non avrebbe neppure saputo che gli enti religiosi continuano a non pagare l'Ici almeno al 90 per cento. Nonostante l'Europa, la Costituzione, le mille promesse di un ceto politico senza neppure il coraggio di difendere le proprie scelte.

Nonostante le solenni dichiarazioni di Benedetto XVI e dei vescovi all'epoca dei decreti Bersani: "Non ci interessano i privilegi fiscali".
Nonostante infine siano passati duecento anni da Thomas Jefferson ("nessuno può essere costretto a partecipare o a contribuire pecuniariamente a qualsivoglia culto, edificio o ministero religioso") e duemila dalla definitiva sentenza del Vangelo: "Date a Cesare quel che è di Cesare".


fonte:
www.repubblica.it/2007/06/sezioni/esteri/ue-ici-chiesa/ue-ici-chiesa/ue-ici-chi...
(Upuaut)
00sabato 30 giugno 2007 20:25
Re:
Sarebbe ora che sparisse questa VERGOGNOSA esenzione dell'ICI alla Chiesa Cattolica.

presso
00martedì 3 luglio 2007 15:11
Re: Re:

Scritto da: (Upuaut) 30/06/2007 20.25
Sarebbe ora che sparisse questa VERGOGNOSA esenzione dell'ICI alla Chiesa Cattolica.




ma ascolta , secondo te luoghi di culto che vivono e vengono costruiti , con soldi dei fedeli (sopratutto) hanno bisogno di tasse ?? ma tu quando vai al san raffaele a milano , o al gemelli di roma qualcuno ti chiede di pagare ulteriori tasse perchè vieni curato da una struttura Cattolica !!! spiegami e poi ne parliamo
Grazie
Roberto Bellarmino
00mercoledì 29 agosto 2007 11:11
Non si può generalizzare. Sicuramente tutte le strutture che generano profitti (alberghi, pensioni, ecc.) dovrebbero pagare l'ici. Per il resto è un discorso da approfondire.
(Upuaut)
00mercoledì 29 agosto 2007 20:51
Re: Re: Re:
presso, 03/07/2007 15.11:



ma ascolta , secondo te luoghi di culto che vivono e vengono costruiti , con soldi dei fedeli (sopratutto) hanno bisogno di tasse ?? ma tu quando vai al san raffaele a milano , o al gemelli di roma qualcuno ti chiede di pagare ulteriori tasse perchè vieni curato da una struttura Cattolica !!! spiegami e poi ne parliamo
Grazie



Vorresti farmi credere che tu ignori che la costruzione di chiese e gli stipendi dei parrocci avvengono grazie all'otto per mille che noi cittadini Italiani TUTTI paghiamo come tassa obbligatoria?

E soprattutto, vorresti farmi credre che un edificio, per il solo fatto che l'ideologia cattolica lo considera "luogo di culto", dorebbe essere esentato dalle tasse?

Spero proprio di no.

Viviana.30
00giovedì 30 agosto 2007 15:50
Re: Re: Re: Re:

Vorresti farmi credere che tu ignori che la costruzione di chiese e gli stipendi dei parroci avvengono grazie all'otto per mille che noi cittadini Italiani TUTTI paghiamo come tassa obbligatoria?

E soprattutto, vorresti farmi credere che un edificio, per il solo fatto che l'ideologia cattolica lo considera "luogo di culto", dovrebbe essere esentato dalle tasse?

Spero proprio di no.



vedi noi non vogliamo farti credere proprio nulla , chiediamo la realtà , ed la realtà è che tu non sborsi una lira in più per le strutture Cattoliche italiane o mondiali e sicuramente noi sappiamo che i preti e i luoghi di culto vengono gestiti con l'8x1000 che viene offerto dai fedeli alla sua chiesa , però perchè non tieni conto del 1.000.000 euri raccolti dalla CEI per il terremoto in Peru??? tu hai dato qualcosa ??? [SM=x511479]




Justee
00domenica 9 settembre 2007 11:54
Se Cesare supera la misura


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di Vittorio Messori


Prima che dai principii val forse meglio partire dall'esperienza. Se sto alla mia, so di non violare privacy ricordando quanto ho visto praticare sovente da parroci, da religiosi, da suore. E non soltanto in Italia ma, ad esempio in Francia e in Spagna, da economi di istituti e da rettori di santuari. E ho qualche ragione per credere che la prassi non valga solo per i Paesi latini. Spesso, cioè, ho constatato che — dovendo regolare conti con muratori, artigiani, fornitori vari — uomini (e donne) di Chiesa non si comportano diversamente dal cittadino comune.

Dunque, per quanto possibile, praticano un principio di «legittima difesa», ricorrendo a sistemi che non sottopongano tutto l'importo a tutta la tassazione prevista. Non, intendiamoci, con metodi truffaldini, da professionisti dell'evasione, ma limitandosi alla forma più semplice: il pagamento in contanti di parte di quanto dovuto o una fatturazione inferiore al reale. Ora: la vita spirituale di ciascuno è inviolabile, ma oso pensare che nessuno di quegli amministratori ecclesiali aggiunga le elusioni fiscali alla lista dei peccati di cui accusarsi nelle periodiche confessioni. Una supposizione, la mia, che si fonda anche sul fatto che nessun confessore mi ha mai chiesto conto del comportamento quanto a tasse, imposte, tributi.

Malcostume clericale, mancanza di senso civico in preti e suore che non solo non predicano dal pulpito l'obbligo morale di pagare le tasse sino all'ultimo cent (come depreca il «cattolico adulto» Prodi) ma cercano essi stessi di sfuggire almeno un poco alla pressione fiscale? Ma no: semplicemente, come si diceva, un istinto di «legittima difesa». Non a caso l'aggettivo usato dal cardinal Bertone riferendosi alle imposte meritevoli di essere pagate è «giuste». Così come di «giusti tributi» parla il Nuovo Catechismo cattolico e di «giustizia» nel carico fiscale parlano tutti i trattati di morale. In effetti, è scontato ricordare che norma basilare del cristiano è il «dare a Cesare quel che è di Cesare»; e il Segretario di Stato non poteva non citarlo.

Ma, per usare giustappunto il latino della Chiesa, est modus in rebus: che fare se Cesare supera, e di molto, il modus, cioè la misura? L'Ancien Régime dava poco ma chiedeva anche poco, la tassazione era per lo più irrisoria se confrontata a quanto sarebbe poi avvenuto. È, nella teoria, con i dottrinari illuministi e poi, nella pratica, con giacobini e girondini rivoluzionari, che lo Stato si fa «etico», si fa «sociale», si fa «totalitario», assume per sé tutti i diritti e tutti i poteri, affermando che farà fronte a tutti i doveri e a tutte le necessità. Nascono e si sviluppano sino all'ipertrofia le burocrazie, si creano smisurati eserciti permanenti, si confiscano i beni con cui la Chiesa e i corpi sociali intermedi facevano fronte alle esigenze sociali, basandosi non sul torchio dell'esattore ma sulla volontarietà dell'elemosina.

Cesare, insomma, pretende sempre di più, sino a casi come quello italiano dove ogni anno, sino a fine luglio, il cittadino lavora per uno Stato di fantasia inesauribile quanto a tasse e balzelli diretti e indiretti e — bontà sua — lascia al suddito il reddito di cinque mesi su dodici del suo lavoro. Siamo in chiaro contrasto, dunque, con la «giustizia » chiesta dalla Chiesa, i cui moralisti — quelli moderni, non quelli antichi che si accontentavano delle «decime» — giudicano, in maggioranza, equa una tassazione che, nei casi più severi, non superi un terzo del reddito. Non sorprende, dunque, che anche in gente di Chiesa scatti un istinto di autodifesa, un bisogno di equità davanti a uno Stato che sembra configurarsi non come un padre ma come un padrone e un predone.

Dopo avere detto che è «dovere del cittadino pagare le tasse» ma «secondo leggi giuste» (e tali spesso non sono, secondo il giudizio comune), il cardinal Bertone ha aggiunto che lo Stato ha il dovere «di destinare i proventi di esse ad opere giuste e all'aiuto ai più poveri e ai più deboli». E qui c'è tutto lo spazio per un'ironia amara, tutti sapendo in quali «opere» siano dissipate somme enormi prelevate dai redditi di chi lavora. Tutti sanno, ad esempio, che stando alle impietose statistiche, buona parte delle «istituzioni sociali» statali hanno sì un fine assistenziale: ma, in massima parte, a favore delle burocrazie che le gestiscono.

Tutti sanno — o almeno intuiscono — che sprechi, ruberie, privilegi, demagogie, incurie inghiottono tanta parte non del «tesoretto» casuale ma dell'immenso, sempre rinnovato «tesoro» fiscale. Giustizia, dunque, nel prelievo ed impiego virtuoso di esso: queste le basi della prospettiva cattolica a proposito di tributi. Basi che sono ben lontane dall'essere rispettate. Per cui non sembra ingiustificato il commento di Rocco Buttiglione: «Non pagare le tasse è una colpa. Indurre i cittadini nella tentazione di non pagare, pretendendo tributi esosi ed ingiustificabili, è colpa ancora più grave».

Sasori
00venerdì 28 settembre 2007 10:01
Dal sito di Repubblica:

"Quando sono arrivato alla Cei, nel 1986, si trovavano a malapena i soldi per pagare gli stipendi di quattro impiegati". Camillo Ruini non esagera. A metà anni Ottanta le finanze vaticane sono una scatola vuota e nera. Un anno dopo l'arrivo di Ruini alla Cei, soltanto il passaporto vaticano salva il presidente dello Ior, monsignor Paul Marcinkus, dall'arresto per il crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. La crisi economica è la ragione per cui Giovanni Paolo II chiama a Roma il giovane vescovo di Reggio Emilia, allora noto alle cronache solo per aver celebrato il matrimonio di Flavia Franzoni e Romano Prodi, ma dotato di talento manageriale. Poche scelte si riveleranno più azzeccate. Nel "ventennio Ruini", segretario dall'86 e presidente dal '91, la Cei si è trasformata in una potenza economica, quindi mediatica e politica. In parallelo, il presidente dei vescovi ha assunto un ruolo centrale nel dibattito pubblico italiano e all'interno del Vaticano, come mai era avvenuto con i predecessori, fino a diventare il grande elettore di Benedetto XVI.
Le ragioni dell'ascesa di Ruini sono legate all'intelligenza, alla ferrea volontà e alle straordinarie qualità di organizzatore del personaggio. Ma un'altra chiave per leggerne la parabola si chiama "otto per mille". Un fiume di soldi che comincia a fluire nelle casse della Cei dalla primavera del 1990, quando entra a regime il prelievo diretto sull'Irpef, e sfocia ormai nel mare di un miliardo di euro all'anno. Ruini ne è il dominus incontrastato. Tolte le spese automatiche come gli stipendi dei preti, è il presidente della conferenza episcopale, attraverso pochi fidati collaboratori, ad avere l'ultima parola su ogni singola spesa, dalla riparazione di una canonica alla costruzione di una missione in Africa agli investimenti immobiliari e finanziari.

Dall'otto per mille, la voce più nota, parte l'inchiesta di Repubblica sul costo della chiesa cattolica per gli italiani. Il calcolo non è semplice, oltre che poco di moda. Assai meno di moda delle furenti diatribe sul costo della politica. Il "prezzo della casta" è ormai calcolato in quattro miliardi di euro all'anno. "Una mezza finanziaria" per "far mangiare il ceto politico". "L'equivalente di un Ponte sullo Stretto o di un Mose all'anno".

Alla cifra dello scandalo, sbattuta in copertina da Il Mondo e altri giornali, sulla scia di La Casta di Rizzo e Stella e Il costo della democrazia di Salvi e Villone, si arriva sommando gli stipendi di 150 mila eletti dal popolo, dai parlamentari europei all'ultimo consigliere di comunità montane, più i compensi dei quasi trecentomila consulenti, le spese per il funzionamento dei ministeri, le pensioni dei politici, i rimborsi elettorali, i finanziamenti ai giornali di partito, le auto blu e altri privilegi, compresi buvette e barbiere di Montecitorio.

Per la par condicio bisognerebbe adottare al "costo della Chiesa" la stessa larghezza di vedute. Ma si arriverebbe a cifre faraoniche quanto approssimative, del genere strombazzato nei libelli e in certi siti anticlericali.

Con più prudenza e realismo si può stabilire che la Chiesa cattolica costa in ogni caso ai contribuenti italiani almeno quanto il ceto politico. Oltre quattro miliardi di euro all'anno, tra finanziamenti diretti dello Stato e degli enti locali e mancato gettito fiscale. La prima voce comprende il miliardo di euro dell'otto per mille, i 650 milioni per gli stipendi dei 22 mila insegnanti dell'ora di religione ("Un vecchio relitto concordatario che sarebbe da abolire", nell'opinione dello scrittore cattolico Vittorio Messori), altri 700 milioni versati da Stato ed enti locali per le convenzioni su scuola e sanità. Poi c'è la voce variabile dei finanziamenti ai Grandi Eventi, dal Giubileo (3500 miliardi di lire) all'ultimo raduno di Loreto (2,5 milioni di euro), per una media annua, nell'ultimo decennio, di 250 milioni. A questi due miliardi 600 milioni di contributi diretti alla Chiesa occorre aggiungere il cumulo di vantaggi fiscali concessi al Vaticano, oggi al centro di un'inchiesta dell'Unione Europea per "aiuti di Stato". L'elenco è immenso, nazionale e locale. Sempre con prudenza si può valutare in una forbice fra 400 ai 700 milioni il mancato incasso per l'Ici (stime "non di mercato" dell'associazione dei Comuni), in 500 milioni le esenzioni da Irap, Ires e altre imposte, in altri 600 milioni l'elusione fiscale legalizzata del mondo del turismo cattolico, che gestisce ogni anno da e per l'Italia un flusso di quaranta milioni di visitatori e pellegrini. Il totale supera i quattro miliardi all'anno, dunque una mezza finanziaria, un Ponte sullo Stretto o un Mose all'anno, più qualche decina di milioni.

La Chiesa cattolica, non eletta dal popolo e non sottoposta a vincoli democratici, costa agli italiani come il sistema politico. Soltanto agli italiani, almeno in queste dimensioni. Non ai francesi, agli spagnoli, ai tedeschi, agli americani, che pure pagano come noi il "costo della democrazia", magari con migliori risultati.

Si può obiettare che gli italiani sono più contenti di dare i soldi ai preti che non ai politici, infatti se ne lamentano assai meno. In parte perché forse non lo sanno. Il meccanismo dell'otto per mille sull'Irpef, studiato a metà anni Ottanta da un fiscalista all'epoca "di sinistra" come Giulio Tremonti, consulente del governo Craxi, assegna alla Chiesa cattolica anche le donazioni non espresse, su base percentuale. Il 60 per cento dei contribuenti lascia in bianco la voce "otto per mille" ma grazie al 35 per cento che indica "Chiesa cattolica" fra le scelte ammesse (le altre sono Stato, Valdesi, Avventisti, Assemblee di Dio, Ebrei e Luterani), la Cei si accaparra quasi il 90 per cento del totale. Una mostruosità giuridica la definì già nell'84 sul Sole 24 Ore lo storico Piero Bellini.

Ma pur considerando il meccanismo "facilitante" dell'otto per mille, rimane diffusa la convinzione che i soldi alla Chiesa siano ben destinati, con un ampio "ritorno sociale". Una mezza finanziaria, d'accordo, ma utile a ripagare il prezioso lavoro svolto dai sacerdoti sul territorio, la fatica quotidiana delle parrocchie nel tappare le falle sempre più evidenti del welfare, senza contare l'impegno nel Terzo Mondo. Tutti argomenti veri. Ma "quanto" veri?

Fare i conti in tasca al Vaticano è impresa disperata. Ma per capire dove finiscono i soldi degli italiani sarà pur lecito citare come fonte insospettabile la stessa Cei e il suo bilancio annuo sull'otto per mille. Su cinque euro versati dai contribuenti, la conferenza dei vescovi dichiara di spenderne uno per interventi di carità in Italia e all'estero (rispettivamente 12 e 8 per cento del totale). Gli altri quattro euro servono all'autofinanziamento. Prelevato il 35 per cento del totale per pagare gli stipendi ai circa 39 mila sacerdoti italiani, rimane ogni anno mezzo miliardo di euro che il vertice Cei distribuisce all'interno della Chiesa a suo insindacabile parere e senza alcun serio controllo, sotto voci generiche come "esigenze di culto", "spese di catechesi", attività finanziarie e immobiliari. Senza contare l'altro paradosso: se al "voto" dell'otto per mille fosse applicato il quorum della metà, la Chiesa non vedrebbe mai un euro.

Nella cultura cattolica, in misura ben maggiore che nelle timidissime culture liberali e di sinistra, è in corso da anni un coraggioso, doloroso e censuratissimo dibattito sul "come" le gerarchie vaticane usano il danaro dell'otto per mille "per troncare e sopire il dissenso nella Chiesa". Una delle testimonianze migliori è il pamphlet "Chiesa padrona" di Roberto Beretta, scrittore e giornalista dell'Avvenire, il quotidiano dei vescovi. Al capitolo "L'altra faccia dell'otto per mille", Beretta osserva: "Chi gestisce i danari dell'otto per mille ha conquistato un enorme potere, che pure ha importantissimi risvolti ecclesiali e teologici". Continua: "Quale vescovo per esempio - sapendo che poi dovrà ricorrere alla Cei per i soldi necessari a sistemare un seminario o a riparare la cattedrale - alzerà mai la mano in assemblea generale per contestare le posizioni della presidenza?". "E infatti - conclude l'autore - i soli che in Italia si permettono di parlare schiettamente sono alcuni dei vescovi emeriti, ovvero quelli ormai in pensione, che non hanno più niente da perdere...".

A scorrere i resoconti dei convegni culturali e le pagine di "Chiesa padrona", rifiutato in blocco dall'editoria cattolica e non pervenuto nelle librerie religiose, si capisce che la critica al "dirigismo" e all'uso "ideologico" dell'otto per mille non è affatto nell'universo dei credenti. Non mancano naturalmente i "vescovi in pensione", da Carlo Maria Martini, ormai esiliato volontario a Gerusalemme, a Giuseppe Casale, ex arcivescovo di Foggia, che descrive così il nuovo corso: "I vescovi non parlano più, aspettano l'input dai vertici... Quando fanno le nomine vescovili consultano tutti, laici, preti, monsignori, e poi fanno quello che vogliono loro, cioè chiunque salvo il nome che è stato indicato". Il già citato Vittorio Messori ha lamentato più volte "il dirigismo", "il centralismo" e "lo strapotere raggiunto dalla burocrazia nella Chiesa". Alfredo Carlo Moro, giurista e fratello di Aldo, in uno degli ultimi interventi pubblici ha lanciato una sofferta accusa: "Assistiamo ormai a una carenza gravissima di discussione nella Chiesa, a un impressionante e clamoroso silenzio; delle riunioni della Cei si sa solo ciò che dichiara in principio il presidente; i teologi parlano solo quando sono perfettamente in linea, altrimenti tacciono".

La Chiesa di vent'anni fa, quella in cui Camillo Ruini comincia la sua scalata, non ha i soldi per pagare gli impiegati della Cei, con le finanze scosse dagli scandali e svuotate dal sostegno a Solidarnosc. La cultura cattolica si sente derisa dall'egemonia di sinistra, ignorata dai giornali laici, espulsa dall'universo edonista delle tv commerciali, perfino ridotta in minoranza nella Rai riformata. Eppure è una Chiesa ancora viva, anzi vitalissima. Tanto pluralista da ospitare nel suo seno mille voci, dai teologi della liberazione agli ultra tradizionalisti seguaci di monsignor Lefebrve. Capace di riconoscere movimenti di massa, come Comunione e Liberazione, e di "scoprire" l'antimafia, con le omelie del cardinale Pappalardo, il lavoro di don Puglisi a Brancaccio, l'impegno di don Italo Calabrò contro la 'ndrangheta.
Dopo vent'anni di "cura Ruini" la Chiesa all'apparenza scoppia di salute. È assai più ricca e potente e ascoltata a Palazzo, governa l'agenda dei media e influisce sull'intero quadro politico, da An a Rifondazione, non più soltanto su uno. Nelle apparizioni televisive il clero è secondo soltanto al ceto politico. Si vantano folle oceaniche ai raduni cattolici, la moltiplicazione dei santi e dei santuari, i record di audience delle fiction di tema religioso. Le voci di dissenso sono sparite. Eppure le chiese e le sagrestie si svuotano, la crisi di vocazioni ha ridotto in vent'anni i preti da 60 a 39 mila, i sacramenti religiosi come il matrimonio e il battesimo sono in diminuzione.

Il clero è vittima dell'illusoria equazione mediatica "visibilità uguale consenso", come il suo gemello separato, il ceto politico. Nella vita reale rischia d'inverarsi la terribile profezia lanciata trent'anni fa da un teologo progressista: "La Chiesa sta divenendo per molti l'ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l'ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo". Quel teologo si chiamava Joseph Ratzinger.


fonte: www.repubblica.it/2007/09/sezioni/cronaca/conti-della-chiesa/conti-della-chiesa/conti-della-chi...
(Upuaut)
00venerdì 16 novembre 2007 18:19
Peccato che ratzinger non si ricordi più di cosa aveva detto...
Justee
00domenica 18 novembre 2007 22:17
Re:

Il clero è vittima dell'illusoria equazione mediatica "visibilità uguale consenso", come il suo gemello separato, il ceto politico. Nella vita reale rischia d'inverarsi la terribile profezia lanciata trent'anni fa da un teologo progressista: "La Chiesa sta divenendo per molti l'ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l'ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo". Quel teologo si chiamava Joseph Ratzinger.



io non riescoa capire .. si parla di soldi che la chisa ruba e alla fine in questo scritto si legge che la chiesa sembra quasi qualcuno che alla fine implode , sembra una chiesa ferma e morta mentre invece negli ultimi anni sta crescendo e educando i suoi fedeli , ogni notizia sembra l'incontrario dell'altra


Justee
00lunedì 24 dicembre 2007 13:07
Re: Re:
(Upuaut), 30/06/2007 20.25:

Sarebbe ora che sparisse questa VERGOGNOSA esenzione dell'ICI alla Chiesa Cattolica.




Denaro e Vaticano

Ho inserito questo link credo che aiuti un pò a fare chiarezza
L'ho inserito anche per il nostro forista Gengiskan , se vorrà rispondere e approfondire ...
Grazie


(Upuaut)
00giovedì 27 dicembre 2007 21:55
Re: Re: Re: Re: Re:
Viviana.30, 30/08/2007 15.50:


Vorresti farmi credere che tu ignori che la costruzione di chiese e gli stipendi dei parroci avvengono grazie all'otto per mille che noi cittadini Italiani TUTTI paghiamo come tassa obbligatoria?

E soprattutto, vorresti farmi credere che un edificio, per il solo fatto che l'ideologia cattolica lo considera "luogo di culto", dovrebbe essere esentato dalle tasse?

Spero proprio di no.



vedi noi non vogliamo farti credere proprio nulla , chiediamo la realtà , ed la realtà è che tu non sborsi una lira in più per le strutture Cattoliche italiane o mondiali e sicuramente noi sappiamo che i preti e i luoghi di culto vengono gestiti con l'8x1000 che viene offerto dai fedeli alla sua chiesa , però perchè non tieni conto del 1.000.000 euri raccolti dalla CEI per il terremoto in Peru??? tu hai dato qualcosa ??? [SM=x511479]






Le due cose non sono nemmeno lontanamente paragonabili.
L'otto per mille, oltre ad essere una tassa obbligatoria che non solo i fedeli ma tutti i cittadini italiani pagano (ebbene sì: anche l'otto per mille di chi non mette alcuna crocetta viene ripartito tutto in base alle scelte degli ALTRI), nonserve certo a fare beneficienza. Solo il 20%, ma anche meno, serve a fare opere di carità, il resto serve per stipendiare preti, vescovi e cardinali, per costruire nuove chiese (come se ne avessimo poche) e per pagare i viaggetti di Ratzinger in giro per il mondo.
Se la gente sapersse come funziona l'otto per mille, e qualsi siano i suoi veri scopi, probabilmente solo quattro gati darebbero il suo otto per mille alla chiesa cattolica. La chiesa cattolica invece, in Italia, riesce a sfruttare ignoranza e creduloneria popolare per diventare sempre più potente di quel che è già...

Riguardo all'ICI, proprio non si capisce per quale motivo degli esercizi commerciali A SCOPO DI LUCRO non dovrebbero pagare l'ici solo perchè appartenenti a quella Multinazionale chiamata Chiesa Cattolica. Se non è ingiustizia e mancata laicità questa, non lo è più nient'altro...!





benimussoo
00lunedì 23 giugno 2008 15:28
Da che parte cominciare a smontare La questua. Quanto costa la Chiesa agli italiani, il libro del giornalista di Repubblica Curzio Maltese appena giunto in libreria? Ma dall’inizio, e dall’equivoco di fondo che Maltese non nasconde, anzi dichiara apertamente.

La confusione tra Vaticano e Santa Sede di qua, Chiesa italiana e Cei di là. A pagina 31 sbotta: signori, è la stessa zuppa ed è vano perderci tempo. «Una volta scartati il politicamente corretto e il cattolicamente corretto, mi sono concentrato su quello di cui finanche l’autore capiva il senso: il costo della Chiesa, una e trina». In realtà la correttezza non c’entra. Maltese ha bisogno di confondere Santa Sede e Cei perché il mirino è puntato sull’otto per mille, che va alla Cei ma che ai lettori va fatto credere vada al Vaticano, insinuando l’idea che la distinzione sia un cavillo, una pura formalità. Invece è sostanza.

Un libro a tesi
Altra tesi iniziale: la percentuale degli italiani che vanno a Messa (circa un terzo della popolazione) e di quanti firmano per l’otto per mille a favore della Chiesa cattolica coincide. Si tratta insomma delle stesse persone. Sbagliato, e lo dicono i numeri. Primo, il confronto è tra gruppi non omogenei: di qua tutti gli italiani, di là i soli contribuenti. Secondo, a firmare è più del 40% dei contribuenti, ma mal distribuiti: sono il 61,3% di coloro che sono costretti a presentare la dichiarazione (730 o Unico) e una percentuale davvero minima di chi non è obbligato, per lo più pensionati, che invece sono in larga misura praticanti. Un bel pasticcio. Scrive Maltese che questi italiani «dichiarano di andare a messa e di essere influenzati nel voto dall’opinione del papa e dei vescovi». Quale sia la fonte non si sa, ma che un italiano, credente o miscredente, ammetta di essere «influenzato» ha dell’incredibile.

Per Ruini bastava Google
Da pagina 36 in poi, Maltese si avventura in brevi cenni di storia recente della Chiesa che farebbero sorridere un redattore di Topolino. Parla di «fronte passatista» che si oppone alle «aperture della Chiesa conciliare». I 27 anni di Papa Wojtyla sono così riassunti: «I risultati concreti del pontificato di Giovanni Paolo II sono il ritorno alla Chiesa preconciliare, l’alleanza privilegiata con le forze tradizionaliste e la progressiva riduzione, fino all’estinzione, del dissenso cattolico». Fine. Non si può dire che manchi di sintesi. E Camillo Ruini? Sarebbe bastato Google per evitare sciocchezze del genere: «Quando Giovanni Paolo II lo chiama a Roma da Reggio Emilia, Ruini è un giovane vescovo noto alle cronache solo per aver celebrato il matrimonio di Flavia Franzoni e Romano Prodi».

Le cronache di Eva Express, forse. Com’è arcinoto, Ruini, già stimato docente di teologia dommatica a Bologna, si fa apprezzare in particolare come vicepresidente del Comitato preparatorio del Convegno ecclesiale di Loreto (1985), dove ricopre un ruolo di primo piano.

Il prete, una "casta" da 853 euro al mese
Capitolo otto per mille. Ruini, assicura Maltese, ha «l’ultima parola su ogni singola spesa». In un’inchiesta seria ti aspetteresti una descrizione del sistema, di come è "composta" la remunerazione di preti e vescovi, di chi decide la destinazione degli aiuti all’estero... Nulla di nulla. Sembra una dittatura, con i vescovi a capo chino succubi dei capricci del presidente. In realtà i criteri di distribuzione sono oggettivi e Maltese deve averli letti o su Avvenire o nei siti della Cei, di cui finalmente pare essersi accorto. I preti italiani, ovunque prestino servizio pastorale (anche i fidei donum> all’estero), ricevono la stessa remunerazione, a partire da 853 euro netti mensili; idem i vescovi, che alla soglia della pensione ne ricevono 1.309. Non sono cifre segrete. Maltese pubblica la remunerazione dei pastori valdesi (650 euro): perché non quella dei preti cattolici?

Forse perché è così bassa da non essere minimamente riconducibile ai «privilegi di una casta»? Criteri oggettivi, dicevamo. La quota assegnata alle singole diocesi viene divisa per metà in parti uguali, per l’altra metà in base al numero di abitanti. Per l’estero, un apposito Comitato riceve le richieste e provvede alle assegnazioni. È tutto così misterioso che l’elenco dettagliato dei primi 6.275 interventi è stato pubblicato nella primavera del 2005 in un volume di 386 pagine, Dalla parola alle opere. 15 anni di testimonianze del Vangelo della carità nel Terzo Mondo, con una ricca documentazione fotografica e alcuni saggi introduttivi. Il libro è stato presentato ai giornalisti in una conferenza stampa. Escluse le testate d’ispirazione cattolica, nessuno ne ha scritto niente. E quasi niente, quindi, ne ha saputo chi non legge la stampa d’ispirazione cattolica. Si può consultare il volume online nel sito www.chiesacattolica.it/sictm.

Chi vota e chi no
Il sistema dell’otto per mille, scrive Maltese, non è democratico. In realtà è il primo caso di democrazia diretta applicata al sistema fiscale. Non c’è nulla di automatico, la Chiesa non ha alcuna garanzia – per dire: nessun minimo garantito – e dipende completamente dalla volontà degli italiani, che oggi firmano a suo favore, domani chissà. E gli astenuti? In gran parte sono contribuenti non tenuti a presentare la dichiarazione, costretti a compiere alcune operazioni complesse per far valere la propria firma. È inevitabile che molti, specialmente se anziani, se ne dimentichino o rinuncino; ed è un peccato proprio per la democrazia. Degli altri, due terzi firmano. Il meccanismo è analogo a quello di una votazione. Se per il Parlamento vota l’80% degli elettori, non per questo il 20% dei seggi rimane non assegnato. Chi si astiene si rimette alla volontà di chi partecipa. In effetti non si firma per il proprio otto per mille, ma per l’otto per mille complessivo, di tutti. A Maltese scappano queste precisazioni, tutt’altro che irrilevanti.

Spot pieni zeppi di preti
Otto per mille e comunicazione. Maltese dà i numeri. Negli spot, scrive, le due voci – carità in Italia e nel Terzo Mondo – occupano il 90% dei messaggi, mentre assorbono solo il 20% dell’otto per mille. Controlliamo. Nel sito www.8xmille.it è possibile vedere ben 47 spot, con relativo documentario, degli ultimi anni, così distribuiti: carità Italia 20, carità estero 15, preti 6, culto 6. La carità occupa meno del 90%. Ma basterebbe guardare quegli spot per scoprire che tra i protagonisti ci sono sempre dei preti, che spesso costruiscono chiese, oratori, scuole, officine... Una divisione netta per destinazioni è assurda. Tutti i preti italiani sono impegnati, chi più chi meno, sul versante della carità; tutti i parroci custodiscono luoghi di culto.

La parola "colletta" dice niente?
E le offerte per il clero, quelle deducibili? Maltese ironizza: se dipendesse dai fedeli, il clero morirebbe di fame. Ma come si fa a ignorare che la forma ordinaria, normale, di contribuzione alle esigenze del parroco e della parrocchia è l’offerta fatta durante la Messa domenicale, o direttamente al parroco in tante occasioni, a cominciare dalla benedizione delle famiglie? È la forma ordinaria indicata anche dal documento Sovvenire alle necessità della Chiesa del 1988, che fonda l’intero sistema e che Maltese non cita mai. E viene il dubbio se sappia che esiste.

Ricevere per poter donare
Con dispiacere ritroviamo nel libro un’aspra dichiarazione attribuita alla moderatrice della Tavola Valdese, Maria Bonafede: «I soldi dell’otto per mille arrivano dalla società ed è lì che devono tornare. Se una Chiesa non riesce a mantenersi con le libere offerte, è segno che Dio non vuole farla sopravvivere». Che cosa Dio voglia o non voglia siamo convinti non lo possa stabilire con tanta certezza nessuno, cattolico o valdese che sia. E i soldi tornano assolutamente tutti a quegli italiani che li affidano alla Chiesa. Tornano sotto forma di tempo dedicato a loro, di servizi, di strutture educative, formative, sanitarie e sportive, di luoghi in cui pregare. Altro che casta. Nulla serve a costruire personali carriere. Chiunque abbia un’esperienza anche superficiale di Chiesa – cattolica o valdese – lo sa.

Il fantasma di Luciano Moggi
Un capitolo a parte merita una notizia, falsa, in fondo marginale. Ma serve a comprendere come sia stata costruita l’inchiesta. Maltese, nonostante le smentite, insiste: il 27 agosto, sul volo Mistral da Roma a Lourdes, al pellegrinaggio dell’Orp, con il cardinale Ruini c’era anche «l’invitato Luciano Moggi». Moggi non c’era, andò a Lourdes per i fatti suoi come privato cittadino. Maltese ci ha letti, infatti corregge un dettaglio (Boeing 737-300, non 707-200). Ma insiste: la fonte è il «blog di papa Ratzinger, ufficioso ma benedetto dal Santo Padre». Papa Ratzinger ha un suo blog? Una rapida indagine. In effetti esiste un «Papa Ratzinger blog», tenuto da una fedele cattolica, che però sotto la testata si affretta a precisare: «Si tratta di una iniziativa personale che non ha alcun riconoscimento ufficiale». Dov’è la «benedizione»? Il sito si limita a riprodurre quattro articoli del 28 agosto 2007 relativi al volo Mistral. Uno solo, dell’Eco di Bergamo, tira in ballo Moggi. Gli altri tre no. Uno è anonimo. Uno è del Giornale. L’ultimo, sorpresa, è di Orazio la Rocca di Repubblica.

Non ci sono né Moggi né il rettore della Lateranense che avrebbe benedetto il viaggio. Maltese farà bene a mettersi d’accordo con il collega. Se non basta, potrà leggersi la cronaca di Virginia Piccolillo dell’autorevole Corriere della sera: Moggi era mescolato tra migliaia di pellegrini, nella basilica a Lourdes, mentre Ruini celebrava. Tutto qui. Grande giornalismo d’inchiesta, davvero.

Demolite le chiese
A un certo punto Maltese stigmatizza l’eccesso di spese per tante chiese e chiesine italiane, e sembra elogiare la Francia, che le chiese «inutili» le demolisce. Maltese trascura un dettaglio che certo non può ignorare: lo Stato francese è proprietario di tutti gli edifici di culto costruiti prima del 1905. Sono suoi, quindi se li può restaurare (a sue spese) o demolire. E la carità? Merce di scambio tra lo Stato e una Chiesa a cui è delegato il "lavoro sporco". Tutto qua. E comunque, «non bisogna dimenticare che per la dottrina cattolica e per la musulmana l’azione sociale è secondaria rispetto all’indottrinamento» (pagina 136). Servono ulteriori commenti?

Ho trovato interessante questo scritto sul sito dell'avvenire appena un attimo di tempo analizzeremo il contesto
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