I. La nascita del problema - II. Il telo sindonico - III. Dati sindonici e dati evangelici sulla crocifissione e sepoltura di Ges - IV. Principali tappe del cammino della Sindone - V. Le analisi delle scienze sperimentali sul telo sindonico - VI. Valutazione critica delle nostre conoscenze sulla Sindone - VII. La Sindone fra scienza e fede: reliquia, icona, messaggio.
I. La nascita del problema
Nei giorni fra il 25 e il 28 maggio 1898, durante l'ostensione che doveva ricordare le nozze di Vittorio Emanuele (III) di Savoia con Elena di Montenegro, l'avvocato Secondo Pia scatt nel duomo del capoluogo piemontese le prime fotografie della Sindone di Torino. Al momento dello sviluppo delle lastre Pia si rese conto che sul negativo fotografico che gli stava davanti l'immagine aveva carattere positivo (rendendo con tonalit chiara i punti chiari della realt e con tonalit oscura i punti oscuri), mentre sull'originale sindonico e sul positivo fotografico essa aveva carattere negativo (invertendo le tonalit chiare e oscure della realt). La scoperta suscit emozione fortissima (all'improvviso acquistavano familiarit i tratti del sofferente della Sindone, soprattutto quelli del volto), a cui fece seguito uno slancio di iniziative molteplici e mai pi interrotte nel campo della ricerca scientifica. Si fa coincidere con quella data l'origine della sindonologia, realt atipica, che assomma tutte le scienze che si interessano dell'antico reperto sindonico.
Le nuove prospettive di ricerca scientifica provocarono una nuova consapevolezza nel rapporto religioso che lega il credente al lenzuolo sindonico e all'immagine che vi impressa, accrescendo sia l'entusiasmo sia la problematizzazione circa la possibilit di contemplare in essa i tratti stessi di Ges. Contemporaneamente iniziarono vivaci discussioni in merito alla cosiddetta autenticit della Sindone, che si riferisce a un doppio problema: a) se quel lenzuolo abbia avuto origine all'inizio dell'era cristiana (problema della datazione) e b) se l'immagine sindonica sia stata prodotta dal contatto fra il lenzuolo e il corpo senza vita di Ges dopo la sua deposizione dalla croce (problema dell'origine dell'immagine).
Nessun reperto antico riguardante le origini cristiane ha mai suscitato una simile forma di interesse, perch nell'oggetto presente una realt di segno unica, che tende ad avvicinarsi in modo singolarissimo alla persona segnata. Sorgono spontanee le domande: quel lenzuolo ha proprio toccato il corpo di Ges di Nazaret dopo la sua deposizione dalla croce? L'immagine che esso presenta riproduce davvero i lineamenti di quell'uomo cos importante per la vita cristiana? Potervi rispondere interessa mente e cuore di ogni uomo; resta il problema se solo una risposta positiva sicura legittimi il rapporto religioso tra il credente e quell'oggetto con la sua immagine (vedi infra , VII).
Il clima nel quale si svolse la discussione e la ricerca, assai acceso fin dall'inizio, ha avuto un'impennata in emotivit a partire dal 1988, quando furono effettuate le analisi sulla componente di C14 (un isotopo radioattivo del carbonio) presente nel tessuto sindonico e venne reso noto l'esito dell'indagine, che datava l'origine del telo sindonico fra il 1260 e il 1390 d.C. (vedi infra , V.1). Le tendenze radicalizzanti nella discussione si attestarono su posizioni estreme: da una parte quanti affermavano che il verdetto era definitivo e perci era da considerarsi sanzionata l'illegittimit di un rapporto religioso fra il credente e la Sindone; dall'altra quanti affermavano l'inaffidabilit del risultato (sostenendo spesso che era stato raggiunto con procedimenti scorretti), difendendo pertanto l'autenticit del reperto sindonico e la legittimit del rapporto religioso con esso.
Si rende anzitutto necessaria una corretta posizione del problema. Esso sorge pi precisamente: acutizzato da un pronunciamento scientifico; ma dove sta precisamente il problema del rapporto scienza-fede a riguardo della Sindone? Che cosa pu o deve attendere la fede dalla scienza; quali condizioni impone la scienza alla fede? Occorre anzitutto chiarire in quale categoria di realt religiosa si pone la Sindone: immagine con rimando a un fatto? reliquia della deposizione di Ges dalla croce e della sua sepoltura (per qualcuno anche della sua risurrezione)? Alla prima domanda sembra doversi dare, senza alcun dubbio, risposta positiva; la riposta alla seconda si pone nella fascia della possibilit. Ancora: quali conseguenze ha sul rapporto di quella realt con la fede la risposta alle precedenti domande? Dove si pone il rapporto con la fede? Certamente a livello di veridicit del segno; forse anche a livello di autenticit di reliquia? E comunque, in quale modo essa agisce positivamente in favore del processo della fede?
Dove si pone il piano della significativit? Nell'espressivit dell'immagine; o anche nella materialit del rapporto con il corpo di Ges? Perch il sentimento il cuore dell'uomo pi reattivo di fronte alla consapevolezza del contatto fisico: perch maggiore la densit del ricordo? Occorre tutta quella densit per giustificare la proposta pastorale di devozione o di culto solenne? Il segno sindonico pi vero se il telo ha certamente toccato il corpo di Ges? L'eventuale assenza di densit costituisce solo un aspetto negativo nella situazione di incertezza che ne deriva?
La risposta a questa problematica richiede un complesso cammino di ricerca. La sua articolazione costituisce il sommario della nostra esposizione lungo le sezioni della voce: a) partiamo dalla lettura della realt sindonica; b) poniamo a confronto questo reperto con i dati evangelici sulla passione e sepoltura di Ges; c) proponiamo una descrizione delle tappe (sicure, probabili, possibili) del cammino che esso ha compiuto per giungere a noi; d) per passare a una scorsa sulle ricerche delle scienze matematiche e sperimentali effettuate sulla Sindone. In conclusione, due momenti di sintesi si propongono di: e) formulare un giudizio sul grado di conoscenza riguardante la realt sindonica; f) offrire una valutazione religiosa di questo stato di cose, con risposta alle domande poste, poco sopra formulate.
II. Il telo sindonico
La Sindone di Torino un antico lenzuolo di lino, di buona fattura, a struttura spigata, lungo circa m. 4,36 (un po' di pi quando sottoposto a tensione) e alto circa cm. 110. Sul verso del lenzuolo visibile l'immagine frontale e dorsale di un uomo, morto a causa delle torture della crocifissione (nella tradizionale posizione d'ostensione la parte frontale a sinistra, la dorsale a destra). Sul retro del lenzuolo l'immagine non visibile. Sul verso l'immagine causata dall'imbrunimento (per ossidazione e disidratazione) delle fibrille superficiali dei fili sporgenti del tessuto; colore autonomo (carminio) e di contrasto hanno solo le macchie di sangue, sparse un po' ovunque sul corpo. Il sangue ha superato la barriera del lenzuolo ed nettamente visibile sul retro. Dopo la polemica intercorsa negli anni Ottanta del XX secolo fra W. Mc Crone e i chimici J. H. Heller e A. Adler, e gli studi compiuti da questi ultimi e da P. Baima Bollone, sulla realt delle macchie di sangue non si pu oggi pi dubitare (cfr. Baima Bollone e Adler, in Barberis e Zaccone, 199
; l'analisi ne ha inoltre riconosciuto l'appartenenza al gruppo sanguigno AB (cfr. Baima Bollone, 1998, pp. 175-17
.
Non vi sono dubbi che l'uomo raffigurato nell'immagine sindonica sia morto. Lo dimostrano i segni della rigidit cadaverica evidenti nella posizione del capo, che non si appoggia all'indietro sul lenzuolo, essendo un po' reclinato in avanti; nell'atteggiamento retratto del piede sinistro (per chi guarda, e quindi destro della persona crocifissa), che dopo lo schiodamento dalla croce non tornato completamente parallelo all'altro, che era invece stato teso; nella durezza dei muscoli degli arti che toccano il piano sepolcrale e che hanno perso l'elasticit del vivo senza avere ancora acquisito la morbidezza che d inizio alla decomposizione. Lo mostra inoltre il sangue cadaverico che sgorga dalla ferita del petto (per avvenuta dissierazione del sangue) e, nell'insieme, l'esistenza di un complesso lesivo di gravit tale da risultare incompatibile con la vita (Baima Bollone, 2000b, p. 185).
Le cause della morte sono da individuare nelle torture subite dall'uomo e attestate nell'immagine, in particolare i segni dei chiodi alle mani e ai piedi. Oltre a questi segni, che rimandano direttamente e inequivocabilmente alla crocifissione, la Sindone conserva il ricordo di molte altre torture: il volto tumefatto e coperto da un velo di sangue (come ha rivelato la scansione elettronica del retro del telo sindonico, dove non visibile alcuna immagine, mentre si rileva ogni presenza di sangue), manifesta enfiagioni, una probabile frattura del setto nasale e forse la spaccatura di un labbro; i capelli scendono rigidi ai lati del volto a causa del sangue raggrumato, cos come rigida la barba; la fronte solcata da un rivo di sangue, che si ferma al sopracciglio e, superando le rughe, assume la figura di un 3 rovesciato o di una epsilon (ε
. Anche sulla testa i capelli sono intrisi di sangue e si indovina la presenza di una molteplicit di piccole ferite che hanno offeso il cuoio capelluto e hanno provocato abbondati emorragie, che confluiscono alla base della nuca (uno dei luoghi ad alta densit ematica). Specialmente sulla parte posteriore del corpo (schiena e gambe) sono visibili numerosissimi segni di colpi provocati probabilmente da flagello (la presenza di essi anche sulla parte anteriore si spiega con l'effetto avvolgente impresso alle funi o corregge). Ancora sulla parte posteriore, all'altezza delle spalle, si notano due macchie oscure, spiegabili probabilmente per lo sfregamento del tronco trasversale della croce, il patibulum , durante il suo trasporto da parte del condannato (eccetto che si tratti di lividure cadaveriche, cfr. Zac, in Baima Bollone, 2000b, p. 17
. Sulla parte anteriore della figura umana, nel quinto spazio intercostale, presente una larga ferita (cm. 4,5 x 1,5) da punta e taglio, dalla quale proviene quel sangue cadaverico gi menzionato e che durante il trasporto del cadavere ha formato una cintura trasversale alla schiena. Tornando alla ferita dei polsi, dal sinistro (l'unico scoperto, essendo l'altro nascosto sotto la mano sinistra) si vede partire una doppia colatura di sangue, dovuta alle diverse posizioni assunte in croce dal condannato nello sforzo di ridare al torace la possibilit dell'inspirazione.
L'uomo della Sindone dunque morto per le torture della crocifissione. Pi difficile dire chi fosse quell'uomo.
III. Dati sindonici e dati evangelici sulla crocifissione e sepoltura di Ges
La Sindone deve il suo nome e il suo interesse ai vangeli; eppure si ha l'impressione che, fra le scienze che ne trattano, l'esegesi biblica sia quella che ha meno cose da dire su di essa. troppo chiaro che dai vangeli non possibile attendere un'indicazione che porti a concludere che il lenzuolo conservato a Torino ha 2000 anni di et e che ha avvolto il cadavere di Ges Cristo. Eppure, guardando la Sindone non possibile non guardare anche i vangeli. Il fatto che da secoli moltitudini di fedeli mettano in collegamento, istintivamente, quanto osservano sul lenzuolo con quanto i vangeli raccontano della passione di Ges non pu non provocare la curiosit anche dello scienziato. A differenza di altri reperti secolari, che hanno in s un simbolismo assai debole e che suscitano interesse quasi esclusivamente a causa di una lunga tradizione di devozione popolare nei loro confronti, la Sindone porta in s un riferimento e un messaggio nativi che si impongono da soli, dando fondamento per molti a un sentimento religioso che, partendo da quel lenzuolo, lo trascende, per diventare rapporto di vita con la Persona a cui il lenzuolo rimanda.
L'immagine sindonica un racconto. Chi lo legge scopre il verificarsi di un evento e riesce anche a seguirne lo sviluppo. Il fatto che esista un altro racconto, questa volta letterario, che narra una vicenda analoga ed analoga in modo unico di cui conosciamo il protagonista e gli eventi che hanno preceduto la sua morte, obbliga il ricercatore ad una prima verifica. Competente sul secondo racconto l'esegesi biblica ( SACRA SCRITTURA, III-IV), che ha il compito di chiarire quali sono le corrispondenze e quali sono gli aspetti di incompatibilit che passano tra i due racconti; leggendo i vangeli, possiamo aprirci con fondatezza all'ipotesi che l'attuale Sindone di Torino coincida con il telo funebre che ha avvolto il cadavere di Ges, oppure tale corrispondenza incompatibile con il dato scritturistico?
Gli ambiti del racconto evangelico riguardanti la Sindone sono quelli della passione e della sepoltura di Ges (cfr. Mc cc. 14-15; Mt cc. 26-27; Lc cc. 22-23; Gv cc. 18-19) e del rinvenimento del sepolcro vuoto (cfr. Gv 20,3-10; Lc 24,12) (cfr. Ghiberti, 1982). Le verifiche di eventuali convergenze possono iniziare dal nome, che ci rimanda alla sepoltura. Il reperto conservato a Torino ne ha pi di uno, a seconda della lingua: Turin Shroud o anche Holy Shroud , Linceul de Turin o Saint Suaire , Sbana Santa , Heiliges Grabtuch o Turiner Grabtuch . Il nome latino che ha accompagnato la presenza in Occidente di questo telo quello di Sacrosancta Sindon Domini Nostri Jesu Christi , da cui deriva l'italiano Sindone, termine tecnico, perch non abitualmente applicato ad altri teli o lenzuola.
Questo termine appunto uno di quelli presenti nei tre vangeli sinottici (Mt, Mc e Lc) per indicare il telo (o un telo) usato per la sepoltura di Ges. L'esegesi si domanda se in origine il nome indichi la Sindone che noi conosciamo. La risposta pu essere data solo tenendo presenti sia la potenzialit semantica del termine, sia i verbi che indicano l'uso fatto di questo tessuto. Lo spettro semantico del gr. sindn ci rimanda a un panno o telo che pu trovarsi allo stato grezzo oppure gi preparato per un uso specifico (per esempio come tunica, che potrebbe essere una tunica mortuaria). Le possibilit di senso sono dunque ampie e lasciano aperte le questioni sulle forme, sul tipo di stoffa (per lo pi lino) e sulla sua ampiezza, perch la documentazione dell'uso molteplice e imprecisa. Con una sindn viene avvolto il cadavere di Ges. Avvolgere potrebbe anche essere inteso come un riportare la tela che giace sotto il cadavere fin sulla parte anteriore di esso, facendola girare dietro il capo, come appunto si pensa sia avvenuto con il lenzuolo di Torino. Certo, se non ci fosse la Sindone di Torino, non saremmo forse portati istintivamente a interpretare il verbo avvolgere in quel senso, ma importante che tale senso non sia escluso dalle capacit semantiche del termine.
Nel racconto giovanneo (cfr. Gv 19,38-42, da completare con i vv. 20,3-10) i particolari crescono, ma non sono facilmente armonizzabili con quelli dei sinottici. Non si parla pi di sindone, e al suo posto si nominano teli (othnia) e poi un sudario (soudrion), mentre nel caso della sepoltura di Lazzaro (cfr. Gv 11,38-44) si parla, oltre che del sudario, anche di legacci (keirai) . Questi ultimi (che per Ges non sono nominati) servivano per tenere legati le mani e i piedi, affinch durante il tragitto verso il sepolcro non si scomponessero gli arti del cadavere, che veniva seppellito a breve distanza di tempo dalla morte (e dunque quando non era ancora del tutto subentrata la rigidit cadaverica). I teli sono indicati al plurale ed segno quindi che ne sono stati visti pi di uno, mentre il sudario (che per Lazzaro legava attorno il volto: cfr. Gv 11,44) per Ges era stato sulla sua testa (cfr. Gv 20,7). Ora, la Sindone di Torino una sola e inoltre non suggerisce la presenza del sudario sulla testa, dato che l'intensit dell'immagine sindonica omogenea su tutta la superficie del corpo, senza diminuzione sul volto. Un possibile orientamento giunge dal modo con cui apparivano i teli alla vista di chi li trov giacenti nel sepolcro: se Ges vi fosse stato avvolto (in realt Giovanni dice legato) al modo che si intravede nella Sindone, dopo la resurrezione il visitatore avrebbe visto il telo nella sua parte superiore ed in quella inferiore, come in una apparente pluralit. Il sudario potrebbe anche essere stato piegato, o arrotolato, e usato attorno al volto, con funzione di mentoniera, e cos non sarebbe stato frapposto tra il volto e la Sindone.
Resta vero che nei Vangeli sinottici e in Giovanni vi sono elementi a favore di un certo avvolgimento del cadavere di Ges per la sepoltura, per non facile immaginare come sia stato effettuato in concreto. Esso comunque esclude che a sindn si dia il senso di tunica mortuaria, perch non avrebbe praticamente senso parlare dell'avvolgimento in una tunica (le circostanze della morte inattesa di Ges e della premura per la riposizione del cadavere rendono anch'esse improbabile il ricorso alla tunica); rimarrebbero invece due possibilit: o il cadavere viene deposto nel mezzo di un grande telo, mentre su di esso vengono raccolti i capi (poi magari fissati con legamenti), oppure viene deposto sulla met inferiore del telo (lungo e stretto), che viene poi avvolto dietro la testa e fatto scendere sulla parte anteriore (che la modalit suggerita dalla visione dell'immagine sindonica). Sulla scorta dei dati giovannei non possiamo n negare n affermare l'aggiunta di qualche capo di tessuto sottaciuto dai sinottici: non possiamo escludere che per il trasporto del cadavere nel breve tragitto fino al sepolcro sia stato impiegato qualcosa di analogo ai legacci o keirai , per mantenere vicini piedi e mani. Si pu concludere che l'uso dell'espressione avvolgere in una sindone pu anche spiegare quanto vediamo oggi nel lenzuolo sindonico: un telo di quella forma, usato in quel modo.
Per i particolari delle torture subite dai protagonisti dei due racconti, Ges di Nazaret e l'uomo della Sindone, le corrispondenze sono suggestive, a causa dell'eccezionale coincidenza delle torture narrate e di quelle visibili: corona di spine, insulti al volto, flagellazione, inchiodamento dei polsi e dei piedi, ferita del costato. Qualcuno di questi particolari non abituale nelle antiche descrizioni per altro assai parche di dettagli delle crocifissioni (per esempio, l'incoronazione di spine e il colpo di lancia al petto, a morte gi avvenuta): ritrovarle nei vangeli e sulla Sindone pertanto un indizio di convergenza fra i due racconti. La spiegazione pi spontanea della presenza di questi particolari sull'immagine sindonica suggerisce che essi siano stati originati da un contatto fra il lenzuolo e il corpo di Ges dopo che fu deposto dalla croce; se non si trattava di Ges, spontaneo domandarci se non accadde con una persona che aveva subito esattamente le torture inflitte all'Uomo dei vangeli. Ma ipotesi di pura gratuit.
Non mancano per alcune difficolt ad ammettere la compatibilit tra Sindone e vangeli (cfr. in proposito Ghiberti, in Scannerini e Savarino, 2000, pp. 273-284). Innanzitutto, l'immagine impressa sul telo sembra essere il frutto di una proiezione quasi perfettamente ortogonale e le differenze di intensit di colorazione sembrano essere conseguenza solo della distanza dei diversi punti del corpo dal telo, non invece della presenza di altri corpi (altri panni mortuari?) interposti fra l'ipotetico cadavere e il telo sindonico; ma tutto ci compatibile con i verbi del racconto evangelico? Per la pluralit dei teli e il sudario sul capo stata data sopra una probabile risposta. Quanto ai verbi del rivestimento o avvolgimento del cadavere (entylsso, eneilo, do) non detto che comportino esclusivamente un avvolgimento da tutte le parti. Il procedimento con cui sono impiegati gli aromi (armata, myron, smyrna, ale) forse meno importante per la nostra verifica. Inoltre il sepolcro (mnemeon, mnma, tphos) non fa problema. Forse un sepolcro a truogolo (ossia incavato a forma di vasca) potrebbe spiegare al meglio la proiezione ortogonale su un lenzuolo nuovo, disteso e trattenuto in posizione semirigida sul cadavere.
Ancora: non conosciamo con totale precisione l'uso ebraico dell'epoca di preparare il cadavere per la sepoltura ( entaphizein di Gv 19,40). Dobbiamo presumere che nella circostanza eccezionale della parasceve di quel grande sabato si procedesse con la massima abbreviazione nel rito di preparazione del cadavere. Il fatto poi che si trattasse del cadavere di quel giustiziato comporta altre possibili prescrizioni. A noi interessa la conclusione della assai probabile omissione della lavatura del cadavere. Infine, l'uomo sindonico era certamente barbuto e aveva una lunga capigliatura; secondo alcuni poteva avere i capelli raccolti a codino dietro il capo. Tutto ci compatibile con quanto si conosce degli usi ebraici riguardanti la capigliatura maschile all'epoca della morte di Ges? Le obiezioni della capigliatura non sembrano cogenti, sia per il codino (la cui presenza discutibile) sia per la pretesa impossibilit della capigliatura fluente: non escluso che Ges possa avere vissuto almeno un periodo come nazireo (un voto praticato dagli ebrei che prevedeva, fra l'altro, il divieto di radersi il capo) e la proibizione della lunga capigliatura non inoltre dimostrata come legge recepita. Metodologicamente per sar necessario prendere pure in considerazione la questione dell'intenzionalit storiografica degli autori evangelici, quando (essi o le fonti alle quali attingono) scelsero per la loro narrazione una specifica terminologia. possibile che l'intenzionalit storiografica di quei racconti non si estenda ai singoli particolari episodici, soprattutto per i passi giovannei. Da tutti i particolari qui ricordati, si pu comunque giungere alla conclusione che tra la Sindone e i testi evangelici non c' incompatibilit.
IV. Principali tappe del cammino della Sindone
La storia pi antica della Sindone legata a un fatto assai incerto: la data della sua origine. Il referto dell'analisi del C14 presente nel tessuto sindonico, reso pubblico il 13 ottobre 1988, pone la datazione fra il 1260 e il 1390: se esso attendibile, la storia della Sindone coincide con il suo periodo europeo conosciuto; in caso contrario, diviene lecito risalire a un'origine precedente a quell'epoca.
Nel 1353 a Lirey, nella diocesi di Troyes in Francia, veniva terminata una chiesa, fatta costruire in onore dell'Annunciazione di Maria da Geoffroy de Charny, che vi colloc la Sindone, affidandola ai canonici della chiesa (cfr. Zaccone, 1997). La Sindone diviene subito oggetto di venerazione, con grande concorso di popolo. La cosa non fu esente da polemiche, che durarono per decenni, coinvolgendo il mondo delle autorit, dal vescovo Pierre d'Arcy al re Carlo VI, all'antipapa Clemente VII. Iniziate con l'accusa di falsa reliquia, terminarono con la conferma della concessione di ostensione, pur con alcune cautele. Da allora possibile seguire senza interruzioni le vicende di quel telo: nel 1418 la Sindone viene ritirata dalla chiesa di Lirey dall'ultima Charny, Margherita, moglie di Humbert de La Roche, la quale nel 1453 la cedette a Lodovico di Savoia. I Savoia la conservarono come reliquia preziosa e la portarono con s nei loro spostamenti, finch nel 1502 la collocarono nella cappella del loro palazzo ducale a Chambry, dove ricevette dal Papa Giulio II (1503-1513), nel 1506, una liturgia propria (festa il 4 maggio) e dove sub il disastroso incendio del 4 dicembre 1532, i cui danni sul tessuto furono riparati con cura dalle clarisse di Chambry nel 1534. Nel 1578 Emanuele Filiberto la trasfer a Torino, la nuova capitale del suo ducato, e nel 1694 venne collocata stabilmente nella Cappella del Guarini, costruita sulla linea divisoria del duomo e del palazzo reale di Torino. Il reperto segu ancora la famiglia regnante in Liguria nel 1706 e si allontan un'ultima volta dalla citt fra il 1939 e il 1946, accolta dai monaci di Montevergine, in Campania, per sfuggire ai pericoli dei bombardamenti della II guerra mondiale. Le ostensioni del periodo savoiardo e torinese furono inizialmente frequenti, ma dal 1700 si fecero pi rare. Erano abituali quando si celebravano date fauste della dinastia: per esempio, per le nozze di Vittorio Emanuele (II) nel 1842, di Umberto (I) nel 1868, di Vittorio Emanuele (III) nel 1898, di Umberto (II) nel 1931 (le ultime due in ritardo sulla data). Successivamente vi furono ostensioni nel 1933 (per il giubileo della redenzione), nel 1978 (per i 400 anni dall'arrivo a Torino), nel 1998 (per i 100 della prima fotografia, i 500 anni del duomo e i 1600 del Concilio di Torino) e nell'anno 2000 (per il grande Giubileo della fine del II millennio). Nel 1973 venne concessa un'ostensione televisiva. Per diverse occasioni ci furono ostensioni private: per esempio, nel 1804, quando Pio VII pass da Torino diretto in Francia, nel 1980 per Giovanni Paolo II, ed inoltre per diverse ricognizioni, come il 14 aprile 1997, dopo l'incendio della notte fra l'11 e il 12 aprile (dal quale la Sindone usc indenne).
Come la Sindone fosse giunta a Lirey non noto con chiarezza: si parla di dono o di conquista. Il cammino precedente ipotetico e si ricostruisce in base a notizie dall'interpretazione incerta (cfr. Dubarle, 1985; Dubarle e Leynen, 199
. L'anno 1204 fondamentale per le notizie che i crociati latini tramandano sulla citt di Costantinopoli. Uno di essi, Robert de Clari, descrive le reliquie che ha venerato nella capitale cristiana d'Oriente: tra di esse una Sindone sulla quale visibile l'immagine di Cristo. Dopo il sacco di Costantinopoli non se ne ricorda pi la presenza sul luogo e si ipotizza che sia giunta in Occidente o nelle mani dei Templari o, dopo una permanenza in Atene, nelle mani di cavalieri francesi che vi avevano risieduto.