Sindone

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Justee
00mercoledì 19 ottobre 2005 10:55
I. La nascita del problema - II. Il telo sindonico - III. Dati sindonici e dati evangelici sulla crocifissione e sepoltura di Ges - IV. Principali tappe del cammino della Sindone - V. Le analisi delle scienze sperimentali sul telo sindonico - VI. Valutazione critica delle nostre conoscenze sulla Sindone - VII. La Sindone fra scienza e fede: reliquia, icona, messaggio.



I. La nascita del problema
Nei giorni fra il 25 e il 28 maggio 1898, durante l'ostensione che doveva ricordare le nozze di Vittorio Emanuele (III) di Savoia con Elena di Montenegro, l'avvocato Secondo Pia scatt nel duomo del capoluogo piemontese le prime fotografie della Sindone di Torino. Al momento dello sviluppo delle lastre Pia si rese conto che sul negativo fotografico che gli stava davanti l'immagine aveva carattere positivo (rendendo con tonalit chiara i punti chiari della realt e con tonalit oscura i punti oscuri), mentre sull'originale sindonico e sul positivo fotografico essa aveva carattere negativo (invertendo le tonalit chiare e oscure della realt). La scoperta suscit emozione fortissima (all'improvviso acquistavano familiarit i tratti del sofferente della Sindone, soprattutto quelli del volto), a cui fece seguito uno slancio di iniziative molteplici e mai pi interrotte nel campo della ricerca scientifica. Si fa coincidere con quella data l'origine della sindonologia, realt atipica, che assomma tutte le scienze che si interessano dell'antico reperto sindonico.

Le nuove prospettive di ricerca scientifica provocarono una nuova consapevolezza nel rapporto religioso che lega il credente al lenzuolo sindonico e all'immagine che vi impressa, accrescendo sia l'entusiasmo sia la problematizzazione circa la possibilit di contemplare in essa i tratti stessi di Ges. Contemporaneamente iniziarono vivaci discussioni in merito alla cosiddetta autenticit della Sindone, che si riferisce a un doppio problema: a) se quel lenzuolo abbia avuto origine all'inizio dell'era cristiana (problema della datazione) e b) se l'immagine sindonica sia stata prodotta dal contatto fra il lenzuolo e il corpo senza vita di Ges dopo la sua deposizione dalla croce (problema dell'origine dell'immagine).

Nessun reperto antico riguardante le origini cristiane ha mai suscitato una simile forma di interesse, perch nell'oggetto presente una realt di segno unica, che tende ad avvicinarsi in modo singolarissimo alla persona segnata. Sorgono spontanee le domande: quel lenzuolo ha proprio toccato il corpo di Ges di Nazaret dopo la sua deposizione dalla croce? L'immagine che esso presenta riproduce davvero i lineamenti di quell'uomo cos importante per la vita cristiana? Potervi rispondere interessa mente e cuore di ogni uomo; resta il problema se solo una risposta positiva sicura legittimi il rapporto religioso tra il credente e quell'oggetto con la sua immagine (vedi infra , VII).

Il clima nel quale si svolse la discussione e la ricerca, assai acceso fin dall'inizio, ha avuto un'impennata in emotivit a partire dal 1988, quando furono effettuate le analisi sulla componente di C14 (un isotopo radioattivo del carbonio) presente nel tessuto sindonico e venne reso noto l'esito dell'indagine, che datava l'origine del telo sindonico fra il 1260 e il 1390 d.C. (vedi infra , V.1). Le tendenze radicalizzanti nella discussione si attestarono su posizioni estreme: da una parte quanti affermavano che il verdetto era definitivo e perci era da considerarsi sanzionata l'illegittimit di un rapporto religioso fra il credente e la Sindone; dall'altra quanti affermavano l'inaffidabilit del risultato (sostenendo spesso che era stato raggiunto con procedimenti scorretti), difendendo pertanto l'autenticit del reperto sindonico e la legittimit del rapporto religioso con esso.

Si rende anzitutto necessaria una corretta posizione del problema. Esso sorge pi precisamente: acutizzato da un pronunciamento scientifico; ma dove sta precisamente il problema del rapporto scienza-fede a riguardo della Sindone? Che cosa pu o deve attendere la fede dalla scienza; quali condizioni impone la scienza alla fede? Occorre anzitutto chiarire in quale categoria di realt religiosa si pone la Sindone: immagine con rimando a un fatto? reliquia della deposizione di Ges dalla croce e della sua sepoltura (per qualcuno anche della sua risurrezione)? Alla prima domanda sembra doversi dare, senza alcun dubbio, risposta positiva; la riposta alla seconda si pone nella fascia della possibilit. Ancora: quali conseguenze ha sul rapporto di quella realt con la fede la risposta alle precedenti domande? Dove si pone il rapporto con la fede? Certamente a livello di veridicit del segno; forse anche a livello di autenticit di reliquia? E comunque, in quale modo essa agisce positivamente in favore del processo della fede?

Dove si pone il piano della significativit? Nell'espressivit dell'immagine; o anche nella materialit del rapporto con il corpo di Ges? Perch il sentimento il cuore dell'uomo pi reattivo di fronte alla consapevolezza del contatto fisico: perch maggiore la densit del ricordo? Occorre tutta quella densit per giustificare la proposta pastorale di devozione o di culto solenne? Il segno sindonico pi vero se il telo ha certamente toccato il corpo di Ges? L'eventuale assenza di densit costituisce solo un aspetto negativo nella situazione di incertezza che ne deriva?

La risposta a questa problematica richiede un complesso cammino di ricerca. La sua articolazione costituisce il sommario della nostra esposizione lungo le sezioni della voce: a) partiamo dalla lettura della realt sindonica; b) poniamo a confronto questo reperto con i dati evangelici sulla passione e sepoltura di Ges; c) proponiamo una descrizione delle tappe (sicure, probabili, possibili) del cammino che esso ha compiuto per giungere a noi; d) per passare a una scorsa sulle ricerche delle scienze matematiche e sperimentali effettuate sulla Sindone. In conclusione, due momenti di sintesi si propongono di: e) formulare un giudizio sul grado di conoscenza riguardante la realt sindonica; f) offrire una valutazione religiosa di questo stato di cose, con risposta alle domande poste, poco sopra formulate.



II. Il telo sindonico
La Sindone di Torino un antico lenzuolo di lino, di buona fattura, a struttura spigata, lungo circa m. 4,36 (un po' di pi quando sottoposto a tensione) e alto circa cm. 110. Sul verso del lenzuolo visibile l'immagine frontale e dorsale di un uomo, morto a causa delle torture della crocifissione (nella tradizionale posizione d'ostensione la parte frontale a sinistra, la dorsale a destra). Sul retro del lenzuolo l'immagine non visibile. Sul verso l'immagine causata dall'imbrunimento (per ossidazione e disidratazione) delle fibrille superficiali dei fili sporgenti del tessuto; colore autonomo (carminio) e di contrasto hanno solo le macchie di sangue, sparse un po' ovunque sul corpo. Il sangue ha superato la barriera del lenzuolo ed nettamente visibile sul retro. Dopo la polemica intercorsa negli anni Ottanta del XX secolo fra W. Mc Crone e i chimici J. H. Heller e A. Adler, e gli studi compiuti da questi ultimi e da P. Baima Bollone, sulla realt delle macchie di sangue non si pu oggi pi dubitare (cfr. Baima Bollone e Adler, in Barberis e Zaccone, 199[SM=g27989]; l'analisi ne ha inoltre riconosciuto l'appartenenza al gruppo sanguigno AB (cfr. Baima Bollone, 1998, pp. 175-17[SM=g27989].

Non vi sono dubbi che l'uomo raffigurato nell'immagine sindonica sia morto. Lo dimostrano i segni della rigidit cadaverica evidenti nella posizione del capo, che non si appoggia all'indietro sul lenzuolo, essendo un po' reclinato in avanti; nell'atteggiamento retratto del piede sinistro (per chi guarda, e quindi destro della persona crocifissa), che dopo lo schiodamento dalla croce non tornato completamente parallelo all'altro, che era invece stato teso; nella durezza dei muscoli degli arti che toccano il piano sepolcrale e che hanno perso l'elasticit del vivo senza avere ancora acquisito la morbidezza che d inizio alla decomposizione. Lo mostra inoltre il sangue cadaverico che sgorga dalla ferita del petto (per avvenuta dissierazione del sangue) e, nell'insieme, l'esistenza di un complesso lesivo di gravit tale da risultare incompatibile con la vita (Baima Bollone, 2000b, p. 185).

Le cause della morte sono da individuare nelle torture subite dall'uomo e attestate nell'immagine, in particolare i segni dei chiodi alle mani e ai piedi. Oltre a questi segni, che rimandano direttamente e inequivocabilmente alla crocifissione, la Sindone conserva il ricordo di molte altre torture: il volto tumefatto e coperto da un velo di sangue (come ha rivelato la scansione elettronica del retro del telo sindonico, dove non visibile alcuna immagine, mentre si rileva ogni presenza di sangue), manifesta enfiagioni, una probabile frattura del setto nasale e forse la spaccatura di un labbro; i capelli scendono rigidi ai lati del volto a causa del sangue raggrumato, cos come rigida la barba; la fronte solcata da un rivo di sangue, che si ferma al sopracciglio e, superando le rughe, assume la figura di un 3 rovesciato o di una epsilon (ε[SM=g27988]. Anche sulla testa i capelli sono intrisi di sangue e si indovina la presenza di una molteplicit di piccole ferite che hanno offeso il cuoio capelluto e hanno provocato abbondati emorragie, che confluiscono alla base della nuca (uno dei luoghi ad alta densit ematica). Specialmente sulla parte posteriore del corpo (schiena e gambe) sono visibili numerosissimi segni di colpi provocati probabilmente da flagello (la presenza di essi anche sulla parte anteriore si spiega con l'effetto avvolgente impresso alle funi o corregge). Ancora sulla parte posteriore, all'altezza delle spalle, si notano due macchie oscure, spiegabili probabilmente per lo sfregamento del tronco trasversale della croce, il patibulum , durante il suo trasporto da parte del condannato (eccetto che si tratti di lividure cadaveriche, cfr. Zac, in Baima Bollone, 2000b, p. 17[SM=g27989]. Sulla parte anteriore della figura umana, nel quinto spazio intercostale, presente una larga ferita (cm. 4,5 x 1,5) da punta e taglio, dalla quale proviene quel sangue cadaverico gi menzionato e che durante il trasporto del cadavere ha formato una cintura trasversale alla schiena. Tornando alla ferita dei polsi, dal sinistro (l'unico scoperto, essendo l'altro nascosto sotto la mano sinistra) si vede partire una doppia colatura di sangue, dovuta alle diverse posizioni assunte in croce dal condannato nello sforzo di ridare al torace la possibilit dell'inspirazione.

L'uomo della Sindone dunque morto per le torture della crocifissione. Pi difficile dire chi fosse quell'uomo.



III. Dati sindonici e dati evangelici sulla crocifissione e sepoltura di Ges
La Sindone deve il suo nome e il suo interesse ai vangeli; eppure si ha l'impressione che, fra le scienze che ne trattano, l'esegesi biblica sia quella che ha meno cose da dire su di essa. troppo chiaro che dai vangeli non possibile attendere un'indicazione che porti a concludere che il lenzuolo conservato a Torino ha 2000 anni di et e che ha avvolto il cadavere di Ges Cristo. Eppure, guardando la Sindone non possibile non guardare anche i vangeli. Il fatto che da secoli moltitudini di fedeli mettano in collegamento, istintivamente, quanto osservano sul lenzuolo con quanto i vangeli raccontano della passione di Ges non pu non provocare la curiosit anche dello scienziato. A differenza di altri reperti secolari, che hanno in s un simbolismo assai debole e che suscitano interesse quasi esclusivamente a causa di una lunga tradizione di devozione popolare nei loro confronti, la Sindone porta in s un riferimento e un messaggio nativi che si impongono da soli, dando fondamento per molti a un sentimento religioso che, partendo da quel lenzuolo, lo trascende, per diventare rapporto di vita con la Persona a cui il lenzuolo rimanda.

L'immagine sindonica un racconto. Chi lo legge scopre il verificarsi di un evento e riesce anche a seguirne lo sviluppo. Il fatto che esista un altro racconto, questa volta letterario, che narra una vicenda analoga ed analoga in modo unico di cui conosciamo il protagonista e gli eventi che hanno preceduto la sua morte, obbliga il ricercatore ad una prima verifica. Competente sul secondo racconto l'esegesi biblica ( SACRA SCRITTURA, III-IV), che ha il compito di chiarire quali sono le corrispondenze e quali sono gli aspetti di incompatibilit che passano tra i due racconti; leggendo i vangeli, possiamo aprirci con fondatezza all'ipotesi che l'attuale Sindone di Torino coincida con il telo funebre che ha avvolto il cadavere di Ges, oppure tale corrispondenza incompatibile con il dato scritturistico?

Gli ambiti del racconto evangelico riguardanti la Sindone sono quelli della passione e della sepoltura di Ges (cfr. Mc cc. 14-15; Mt cc. 26-27; Lc cc. 22-23; Gv cc. 18-19) e del rinvenimento del sepolcro vuoto (cfr. Gv 20,3-10; Lc 24,12) (cfr. Ghiberti, 1982). Le verifiche di eventuali convergenze possono iniziare dal nome, che ci rimanda alla sepoltura. Il reperto conservato a Torino ne ha pi di uno, a seconda della lingua: Turin Shroud o anche Holy Shroud , Linceul de Turin o Saint Suaire , Sbana Santa , Heiliges Grabtuch o Turiner Grabtuch . Il nome latino che ha accompagnato la presenza in Occidente di questo telo quello di Sacrosancta Sindon Domini Nostri Jesu Christi , da cui deriva l'italiano Sindone, termine tecnico, perch non abitualmente applicato ad altri teli o lenzuola.

Questo termine appunto uno di quelli presenti nei tre vangeli sinottici (Mt, Mc e Lc) per indicare il telo (o un telo) usato per la sepoltura di Ges. L'esegesi si domanda se in origine il nome indichi la Sindone che noi conosciamo. La risposta pu essere data solo tenendo presenti sia la potenzialit semantica del termine, sia i verbi che indicano l'uso fatto di questo tessuto. Lo spettro semantico del gr. sindn ci rimanda a un panno o telo che pu trovarsi allo stato grezzo oppure gi preparato per un uso specifico (per esempio come tunica, che potrebbe essere una tunica mortuaria). Le possibilit di senso sono dunque ampie e lasciano aperte le questioni sulle forme, sul tipo di stoffa (per lo pi lino) e sulla sua ampiezza, perch la documentazione dell'uso molteplice e imprecisa. Con una sindn viene avvolto il cadavere di Ges. Avvolgere potrebbe anche essere inteso come un riportare la tela che giace sotto il cadavere fin sulla parte anteriore di esso, facendola girare dietro il capo, come appunto si pensa sia avvenuto con il lenzuolo di Torino. Certo, se non ci fosse la Sindone di Torino, non saremmo forse portati istintivamente a interpretare il verbo avvolgere in quel senso, ma importante che tale senso non sia escluso dalle capacit semantiche del termine.

Nel racconto giovanneo (cfr. Gv 19,38-42, da completare con i vv. 20,3-10) i particolari crescono, ma non sono facilmente armonizzabili con quelli dei sinottici. Non si parla pi di sindone, e al suo posto si nominano teli (othnia) e poi un sudario (soudrion), mentre nel caso della sepoltura di Lazzaro (cfr. Gv 11,38-44) si parla, oltre che del sudario, anche di legacci (keirai) . Questi ultimi (che per Ges non sono nominati) servivano per tenere legati le mani e i piedi, affinch durante il tragitto verso il sepolcro non si scomponessero gli arti del cadavere, che veniva seppellito a breve distanza di tempo dalla morte (e dunque quando non era ancora del tutto subentrata la rigidit cadaverica). I teli sono indicati al plurale ed segno quindi che ne sono stati visti pi di uno, mentre il sudario (che per Lazzaro legava attorno il volto: cfr. Gv 11,44) per Ges era stato sulla sua testa (cfr. Gv 20,7). Ora, la Sindone di Torino una sola e inoltre non suggerisce la presenza del sudario sulla testa, dato che l'intensit dell'immagine sindonica omogenea su tutta la superficie del corpo, senza diminuzione sul volto. Un possibile orientamento giunge dal modo con cui apparivano i teli alla vista di chi li trov giacenti nel sepolcro: se Ges vi fosse stato avvolto (in realt Giovanni dice legato) al modo che si intravede nella Sindone, dopo la resurrezione il visitatore avrebbe visto il telo nella sua parte superiore ed in quella inferiore, come in una apparente pluralit. Il sudario potrebbe anche essere stato piegato, o arrotolato, e usato attorno al volto, con funzione di mentoniera, e cos non sarebbe stato frapposto tra il volto e la Sindone.

Resta vero che nei Vangeli sinottici e in Giovanni vi sono elementi a favore di un certo avvolgimento del cadavere di Ges per la sepoltura, per non facile immaginare come sia stato effettuato in concreto. Esso comunque esclude che a sindn si dia il senso di tunica mortuaria, perch non avrebbe praticamente senso parlare dell'avvolgimento in una tunica (le circostanze della morte inattesa di Ges e della premura per la riposizione del cadavere rendono anch'esse improbabile il ricorso alla tunica); rimarrebbero invece due possibilit: o il cadavere viene deposto nel mezzo di un grande telo, mentre su di esso vengono raccolti i capi (poi magari fissati con legamenti), oppure viene deposto sulla met inferiore del telo (lungo e stretto), che viene poi avvolto dietro la testa e fatto scendere sulla parte anteriore (che la modalit suggerita dalla visione dell'immagine sindonica). Sulla scorta dei dati giovannei non possiamo n negare n affermare l'aggiunta di qualche capo di tessuto sottaciuto dai sinottici: non possiamo escludere che per il trasporto del cadavere nel breve tragitto fino al sepolcro sia stato impiegato qualcosa di analogo ai legacci o keirai , per mantenere vicini piedi e mani. Si pu concludere che l'uso dell'espressione avvolgere in una sindone pu anche spiegare quanto vediamo oggi nel lenzuolo sindonico: un telo di quella forma, usato in quel modo.

Per i particolari delle torture subite dai protagonisti dei due racconti, Ges di Nazaret e l'uomo della Sindone, le corrispondenze sono suggestive, a causa dell'eccezionale coincidenza delle torture narrate e di quelle visibili: corona di spine, insulti al volto, flagellazione, inchiodamento dei polsi e dei piedi, ferita del costato. Qualcuno di questi particolari non abituale nelle antiche descrizioni per altro assai parche di dettagli delle crocifissioni (per esempio, l'incoronazione di spine e il colpo di lancia al petto, a morte gi avvenuta): ritrovarle nei vangeli e sulla Sindone pertanto un indizio di convergenza fra i due racconti. La spiegazione pi spontanea della presenza di questi particolari sull'immagine sindonica suggerisce che essi siano stati originati da un contatto fra il lenzuolo e il corpo di Ges dopo che fu deposto dalla croce; se non si trattava di Ges, spontaneo domandarci se non accadde con una persona che aveva subito esattamente le torture inflitte all'Uomo dei vangeli. Ma ipotesi di pura gratuit.

Non mancano per alcune difficolt ad ammettere la compatibilit tra Sindone e vangeli (cfr. in proposito Ghiberti, in Scannerini e Savarino, 2000, pp. 273-284). Innanzitutto, l'immagine impressa sul telo sembra essere il frutto di una proiezione quasi perfettamente ortogonale e le differenze di intensit di colorazione sembrano essere conseguenza solo della distanza dei diversi punti del corpo dal telo, non invece della presenza di altri corpi (altri panni mortuari?) interposti fra l'ipotetico cadavere e il telo sindonico; ma tutto ci compatibile con i verbi del racconto evangelico? Per la pluralit dei teli e il sudario sul capo stata data sopra una probabile risposta. Quanto ai verbi del rivestimento o avvolgimento del cadavere (entylsso, eneilo, do) non detto che comportino esclusivamente un avvolgimento da tutte le parti. Il procedimento con cui sono impiegati gli aromi (armata, myron, smyrna, ale) forse meno importante per la nostra verifica. Inoltre il sepolcro (mnemeon, mnma, tphos) non fa problema. Forse un sepolcro a truogolo (ossia incavato a forma di vasca) potrebbe spiegare al meglio la proiezione ortogonale su un lenzuolo nuovo, disteso e trattenuto in posizione semirigida sul cadavere.

Ancora: non conosciamo con totale precisione l'uso ebraico dell'epoca di preparare il cadavere per la sepoltura ( entaphizein di Gv 19,40). Dobbiamo presumere che nella circostanza eccezionale della parasceve di quel grande sabato si procedesse con la massima abbreviazione nel rito di preparazione del cadavere. Il fatto poi che si trattasse del cadavere di quel giustiziato comporta altre possibili prescrizioni. A noi interessa la conclusione della assai probabile omissione della lavatura del cadavere. Infine, l'uomo sindonico era certamente barbuto e aveva una lunga capigliatura; secondo alcuni poteva avere i capelli raccolti a codino dietro il capo. Tutto ci compatibile con quanto si conosce degli usi ebraici riguardanti la capigliatura maschile all'epoca della morte di Ges? Le obiezioni della capigliatura non sembrano cogenti, sia per il codino (la cui presenza discutibile) sia per la pretesa impossibilit della capigliatura fluente: non escluso che Ges possa avere vissuto almeno un periodo come nazireo (un voto praticato dagli ebrei che prevedeva, fra l'altro, il divieto di radersi il capo) e la proibizione della lunga capigliatura non inoltre dimostrata come legge recepita. Metodologicamente per sar necessario prendere pure in considerazione la questione dell'intenzionalit storiografica degli autori evangelici, quando (essi o le fonti alle quali attingono) scelsero per la loro narrazione una specifica terminologia. possibile che l'intenzionalit storiografica di quei racconti non si estenda ai singoli particolari episodici, soprattutto per i passi giovannei. Da tutti i particolari qui ricordati, si pu comunque giungere alla conclusione che tra la Sindone e i testi evangelici non c' incompatibilit.



IV. Principali tappe del cammino della Sindone
La storia pi antica della Sindone legata a un fatto assai incerto: la data della sua origine. Il referto dell'analisi del C14 presente nel tessuto sindonico, reso pubblico il 13 ottobre 1988, pone la datazione fra il 1260 e il 1390: se esso attendibile, la storia della Sindone coincide con il suo periodo europeo conosciuto; in caso contrario, diviene lecito risalire a un'origine precedente a quell'epoca.

Nel 1353 a Lirey, nella diocesi di Troyes in Francia, veniva terminata una chiesa, fatta costruire in onore dell'Annunciazione di Maria da Geoffroy de Charny, che vi colloc la Sindone, affidandola ai canonici della chiesa (cfr. Zaccone, 1997). La Sindone diviene subito oggetto di venerazione, con grande concorso di popolo. La cosa non fu esente da polemiche, che durarono per decenni, coinvolgendo il mondo delle autorit, dal vescovo Pierre d'Arcy al re Carlo VI, all'antipapa Clemente VII. Iniziate con l'accusa di falsa reliquia, terminarono con la conferma della concessione di ostensione, pur con alcune cautele. Da allora possibile seguire senza interruzioni le vicende di quel telo: nel 1418 la Sindone viene ritirata dalla chiesa di Lirey dall'ultima Charny, Margherita, moglie di Humbert de La Roche, la quale nel 1453 la cedette a Lodovico di Savoia. I Savoia la conservarono come reliquia preziosa e la portarono con s nei loro spostamenti, finch nel 1502 la collocarono nella cappella del loro palazzo ducale a Chambry, dove ricevette dal Papa Giulio II (1503-1513), nel 1506, una liturgia propria (festa il 4 maggio) e dove sub il disastroso incendio del 4 dicembre 1532, i cui danni sul tessuto furono riparati con cura dalle clarisse di Chambry nel 1534. Nel 1578 Emanuele Filiberto la trasfer a Torino, la nuova capitale del suo ducato, e nel 1694 venne collocata stabilmente nella Cappella del Guarini, costruita sulla linea divisoria del duomo e del palazzo reale di Torino. Il reperto segu ancora la famiglia regnante in Liguria nel 1706 e si allontan un'ultima volta dalla citt fra il 1939 e il 1946, accolta dai monaci di Montevergine, in Campania, per sfuggire ai pericoli dei bombardamenti della II guerra mondiale. Le ostensioni del periodo savoiardo e torinese furono inizialmente frequenti, ma dal 1700 si fecero pi rare. Erano abituali quando si celebravano date fauste della dinastia: per esempio, per le nozze di Vittorio Emanuele (II) nel 1842, di Umberto (I) nel 1868, di Vittorio Emanuele (III) nel 1898, di Umberto (II) nel 1931 (le ultime due in ritardo sulla data). Successivamente vi furono ostensioni nel 1933 (per il giubileo della redenzione), nel 1978 (per i 400 anni dall'arrivo a Torino), nel 1998 (per i 100 della prima fotografia, i 500 anni del duomo e i 1600 del Concilio di Torino) e nell'anno 2000 (per il grande Giubileo della fine del II millennio). Nel 1973 venne concessa un'ostensione televisiva. Per diverse occasioni ci furono ostensioni private: per esempio, nel 1804, quando Pio VII pass da Torino diretto in Francia, nel 1980 per Giovanni Paolo II, ed inoltre per diverse ricognizioni, come il 14 aprile 1997, dopo l'incendio della notte fra l'11 e il 12 aprile (dal quale la Sindone usc indenne).

Come la Sindone fosse giunta a Lirey non noto con chiarezza: si parla di dono o di conquista. Il cammino precedente ipotetico e si ricostruisce in base a notizie dall'interpretazione incerta (cfr. Dubarle, 1985; Dubarle e Leynen, 199[SM=g27989]. L'anno 1204 fondamentale per le notizie che i crociati latini tramandano sulla citt di Costantinopoli. Uno di essi, Robert de Clari, descrive le reliquie che ha venerato nella capitale cristiana d'Oriente: tra di esse una Sindone sulla quale visibile l'immagine di Cristo. Dopo il sacco di Costantinopoli non se ne ricorda pi la presenza sul luogo e si ipotizza che sia giunta in Occidente o nelle mani dei Templari o, dopo una permanenza in Atene, nelle mani di cavalieri francesi che vi avevano risieduto.

Justee
00mercoledì 19 ottobre 2005 10:56
Sindone
Per la «sindone costantinopolitana» è molto meno facile parlare di identità con quella attuale di Torino che per quella di Lirey. In attesa di rispondere con sicurezza a tale domanda, è impossibile non riproporre la domanda già posta per quella: che ne era di quella Sindone, prima che giungesse a Costantinopoli? È assai probabile che fosse conservata nella capitale dell'Impero d'Oriente fin dal 944, quando l'imperatore costantinopolitano Romano I Lecopeno (920-944) riuscì a venire in possesso del Mandilion di Edessa (il che presuppone l'identificazione dei due reperti: «mandilion» e «sindone», come unica e identica realtà). Fonte principale di informazione è l'omelia pronunciata da Gregorio il Referendario per l'arrivo dell'immagine il 16 agosto 944. Egli parla del viso insanguinato e del fianco da cui sgorga sangue e acqua. A Edessa (oggi Urfa) tale immagine è presente all'inizio del secolo VII e viene spiegata in riferimento alla leggenda legata al re di Edessa Abgar V (9-46 d.C.), riportata da Eusebio di Cesarea (260-339), secondo la quale al re, caduto gravemente ammalato, un'immagine «non fatta da mani d'uomo» sarebbe stata inviata da parte di Gesù stesso. Per la presenza del Mandilion ad Edessa e l'ipotesi dei suoi rapporti con la Sindone rimandiamo a Wilson (1978 e 199[SM=g27989], Dubarle (1985), Dubarle e Leynen (199[SM=g27989], Zaninotto, in Zaccone (1997).

Il nucleo storico in questo complesso di notizie è oscuro e per risolverne le difficoltà sono state tentate molte risposte. Il Mandilion mostra solo il volto di Gesù, ma si parla di telo tetradiplon (cioè quadripiegato), probabilmente perché il lungo lenzuolo, piegato in due volte e poi in quattro, lasciava scoperto e visibile solo un ottavo della superficie totale, cioè quella del volto (su tutta la questione cfr. Dietz, in Scannerini e Savarino, 2000, pp. 330-357, che corregge e completa l'ipotesi). Questo volto fu contemplato dagli artisti dell'imperatore Giustiniano I, devoto della reliquia di Edessa e mecenate. Egli avrebbe fatto introdurre un modello (attestato a partire dalle antiche icone di santa Caterina al Sinai) che sembra imporsi con tratti costanti: volto barbuto con lunghi capelli, divisi alla sommità del capo, magari completati da un ricciolo lasciato libero al centro della fronte; volto asimmetrico, causato dal gonfiore della guancia sinistra. A partire da un certo momento si diffonde la raffigurazione cosiddetta del «compianto di Cristo», deposto dalla croce e adagiato su un telo posto per terra. Per molto tempo sembra che della Sindone si sia guardata solo la parte che mostrava il volto. Per parte della popolazione di Edessa, il Mandilion costituiva un cimelio, per altri motivo di scandalo, soprattutto nel periodo della lotta iconoclasta. Ciò spiegherebbe anche sue periodiche scomparse come pure la produzione di copie di mandilia : note sono quelle di Genova e del Vaticano, ma ne dovevano già essere esposte a Costantinopoli. Chi accetta quest'ipotesi collega con una delle fasi della tradizione di Abgar V la venuta della Sindone da Gerusalemme a Edessa e ne colloca la data nel corso del II secolo.

Lo stato di cose qui brevemente descritto è giudicato in modo differente dagli addetti ai lavori: la mancanza di notizie sicure per un periodo di tredici secoli è ritenuta da alcuni una difficoltà insuperabile, uno dei punti più deboli del discorso scientifico sulla Sindone. Altri ritengono l'assenza di dati certi un fenomeno non così eccezionale, in confronto ad altri reperti antichi che non raramente compaiono senza altra notizia di sé che la propria realtà. È però vero che la ricostruzione della storia della Sindone impone il ricorso ad altre informazioni, che possono essere offerte solo dallo studio scientifico dell'oggetto in sé.



V. Le analisi delle scienze sperimentali sul telo sindonico
Quando è stato fatto il lenzuolo sindonico con la sua immagine? Come si è formata l'immagine stessa? Alla prima domanda potrebbe rispondere una notizia storica; per la seconda, difficilmente le notizie storiche potrebbero bastare. Di fatto esse mancano per ambedue e rendono necessario il ricorso sistematico alle scienze sperimentali. «La Sindone è indiscutibilmente un reperto medico-legale che deve essere studiato con i criteri, le tecniche e il supporto di molte altre materie scientifiche proprio di questa disciplina, a cavallo tra la cultura anatomo-clinica e quella umanistica» (Baima Bollone 2000c, p. 4). Il secolo XX ha visto una grande quantità di scienze interessarsi del reperto sindonico: in questa sede ricordiamo solo quelle che si sono occupate dei nostri due problemi.

1. La datazione della Sindone. È da ritenere pacifica la dimostrazione di una età, per la Sindone, risalente almeno fino alla metà del sec. XIV (Lirey): attribuzioni posteriori, per esempio alla vita di Leonardo da Vinci, sono un non-senso scientifico. Accenniamo sia agli indizi favorevoli ad una sua collocazione in età antica sia a quelli sfavorevoli.

La «palinologia» o scienza dei pollini, iniziò a interessarsi della Sindone quando il professore Max Frei, esperto della polizia criminale di Zurigo, effettuò, tramite applicazione di nastri adesivi sulla superficie sindonica, l'asportazione di materiale conservato negli interstizi tra filo e filo (novembre 1973 e ottobre 197[SM=g27989]. Importanti, fra tali residui, le spore di vegetali di vario tipo. Attraverso lo studio di quel materiale al microscopio ottico ordinario e al microscopio a scansione elettronica, Frei individua (tramite confronto con immagini di pollini conosciuti) i pollini di 58 diverse specie vegetali; sembra che al momento della sua improvvisa morte, egli stesse lavorando alla identificazione di un'altra quindicina di specie. Frei stesso compie viaggi in Israele per approfondire le conoscenze della botanica del luogo; in tempi successivi intervengono esperti botanici israeliani (Avinoam Danin e Uri Baruch). Nessuna delle specie rinvenute è specie estinta; tutte sono note. Dalle spore presenti sul reperto, il criminologo risale alle località in cui esso si è trovato. I rinvenimenti di Frei e gli studi di Danin e Baruch permettono di dire che la Sindone è stata in area mediterranea; inoltre, alcune specie corrispondono solo ad aree dalle caratteristiche analoghe a Edessa o all'attuale Israele. L'osservazione più interessante riguarda il fatto che tre specie (Cistus creticus, Gundelia Tournefortii, Zygophyllum dumosum) convivono solo in alcune aree della Palestina.

Tutto ciò permette di ipotizzare la traiettoria degli spostamenti del telo sindonico; privilegia anche una stagione dell'anno, la primavera; ma lancia anche conclusioni sulla datazione? Solo la storia della botanica permetterebbe di rispondervi, nel caso che qualcuna delle specie tipiche fosse estinta, ad esempio, proprio 2000 anni fa. Il fatto che quella branca della botanica sia ancora poco sviluppata, e che tutte le specie rinvenute fino a questo momento siano ancora viventi, toglie la punta all'argomento. La pista è valida, la ricerca non è ancora conclusa.

La «numismatica» è notoriamente un utilissimo strumento di datazione nei rinvenimenti archeologici. Per la Sindone le scoperte di Filas (a partire dal 1954) e quelle di P. Baima Bollone e N. Balossino (1997), che trovano sugli occhi del crocifisso della Sindone indizi di presenza di due diverse monetine di piccolo valore (della famiglia del lepton ) coniate da Pilato negli anni 29 e 30 dell'era cristiana, assumono grande interesse: esse permettono infatti di datare con somma verisimiglianza la sepoltura di quel crocifisso proprio in quegli anni. Ma all'interesse della scoperta non corrisponde la sua sicurezza: anche in questo caso la ricerca non è conclusa (cfr. Balossino, in Barberis e Zaccone, 199[SM=g27989].

Il metodo della «radiodatazione» mediante misurazione del C14 si propone di individuare gli anni trascorsi dal momento in cui gli organismi presenti in un certo reperto hanno cessato di vivere. Esso sfrutta il «ciclo del carbonio» presente in natura e parte da una costatazione fondamentale: nella materia organica esistono tre isotopi di carbonio C12 , C13 e C14 , aventi un numero di massa crescente (i cui nuclei cioè sono formati da sei protoni e, rispettivamente, da sei, sette e otto neutroni). Di essi il C14 , presente in quantità minima, è instabile e radioattivo. Esso decade, emettendo particelle ß (elettroni), trasformandosi col tempo nell'isotopo N14 dell'azoto. Mentre l'organismo permane in vita, la quantità totale di C14 resta in un rapporto di equilibrio con gli altri isotopi attraverso lo scambio metabolico con l'ambiente esterno. Dal momento in cui cessa la vita, la quantità del radioisotopo non si rinnova più e comincia gradatamente a diminuire in modo costante, dimezzandosi in un periodo di circa 5730 anni.

La ricerca secondo questo metodo fu applicata al nostro caso supponendo che il tessuto sindonico sia stato realizzato subito dopo la cessazione di vita della pianta e quindi impiegato dopo breve tempo per l'uso a noi noto: dalla misura della quantità di C14 presente sull'attuale telo sindonico si può concludere l'età della Sindone. Per effettuare questo esame su alcuni campioni del telo venne deciso l'uso dell'acceleratore-spettrometro di massa e l'analisi venne affidata ai laboratori di Zurigo, Oxford e Tucson in Arizona. Il prelievo venne effettuato il 21 aprile 1988. Ad ogni laboratorio fu consegnato un campione del peso di ca. 50 mg. Col campione sindonico furono consegnati altri tre campioni di tessuti antichi di datazione nota (compresa fra l'epoca romana e l'epoca tardomedioevale). L'esame avrebbe dovuto svolgersi alla cieca, ma il campione sindonico fu immediatamente individuato. Il risultato dell'esame venne comunicato al cardinale Ballestrero, Custode pontificio della Sindone, il 28 settembre di quell'anno. Egli lo rese pubblico il 13 ottobre successivo: secondo i tre laboratori «la Sindone risulta radiodatata a un periodo compreso fra il 1260 e il 1390 dopo Cristo» (Savarino, in Barberis e Savarino 1997, p. 14).

L'intensità della polemica che seguì questa notificazione è facilmente spiegabile per la posta in gioco, ma essa ha avuto anche come causa la segnalazione di taluni aspetti scorretti nello svolgimento della procedura. Non vogliamo qui enumerarli; certo il rifiuto ad accettare sia la presenza di rappresentanti scientifici della proprietà sia una contestualità più ampia di ricerche ha impedito una collaborazione che avrebbe potuto sfruttare la conoscenza che gli specialisti offrivano del telo, al fine di ottenere un intervento di disinquinamento dei campioni più mirato alla realtà sindonica. Contro l'attendibilità degli esami del 1988 vennero sollevati due generi di riserve, proposti il primo da A. Kouznetsov e il secondo da L.A. Garza Valdes. Lo studioso russo ha sottoposto un campione di tessuto, la cui sicura datazione risaliva all'epoca romana, a una simulazione di incendio in condizioni analoghe a quelle verificatesi a Chambéry nel 1532 (includendovi il contatto con l'acqua e la presenza di ioni d'argento), constatando un ringiovanimento radiocarbonico; lo studioso texano ha invece ipotizzato la presenza di microrganismi viventi del genere liconothelia, alteranti la radiodatazione. Nonostante i risultati di queste prove non siano sufficienti per capovolgere il referto radiocarbonico del 1988 (le verifiche sull'esperimento di Kouznetsov forniscono una retrodatazione ancora insufficiente, e quello di Garza Valdes è stato fatto su materiale non sicuramente sindonico), essi avvertono sulla possibilità che i tre laboratori del 1988 non abbiano potuto tenere conto di tutti i condizionamenti sperimentati dalla Sindone nel corso della sua storia. Pare oggi prudentemente fondato affermare «che la problematica connessa con la radiodatazione della sindone è aperta e che i risultati degli esami del 1988, pur rappresentandone un passo nella complessa vicenda scientifica e storica, non possono essere considerati assiomaticamente conclusivi» (Savarino, in Barberis e Zaccone 1998, p. 205).

Oltre alla prove dirette, anche “prove indirette” possono essere indicative dell'età della Sindone, in particolare quelle che inducono a escludere l'artificio o addirittura l'inganno circa la sua origine. Le conoscenze acquisite dalla scoperta della fotografia e, sulla fotografia, dall'analisi informatica che ha evidenziato la caratteristica della tridimensionalità, sono sfavorevoli all'attribuzione del reperto sindonico ad un artefatto medioevale, perché il prodotto supera di gran lunga tutte le possibilità progettuali dell'epoca. Una prova “negativa” può essere considerata la qualità stessa del tessuto, che veniva ritenuto troppo raffinato e complesso per un'ipotesi di origine palestinese all'epoca di Cristo. Attualmente è invece documentata sia la presenza di tessuti di lino sia la tecnica della tessitura “a lisca di pesce” nell'area egizio-siriana fin dai secoli precedenti l'era precristiana (cfr. Baima Bollone, 2000c, pp. 13-17).

2. La formazione dell'immagine sindonica. Non è a tutt'oggi ancora noto alcun procedimento che possa spiegare il modo con cui si è formata l'immagine sindonica. La ricerca fotografica e quella informatica hanno portato a escludere la presenza di segni di intervento pittorico. Esperimenti di ogni genere, effettuati secondo i particolari della narrazione evangelica (specialmente gli unguenti di cui parla Gv 19,39-40), «hanno sinora ottenuto impronte e immagini sperimentali anche suggestive, ma mai con la finezza della Sindone» (Baima Bollone, 2000b, p. 161; cfr. anche Milanesio, Siracusa e Zacà, 1997; Balossino e Siracusa, in Ghiberti e Casale, 199[SM=g27989]. In questo momento si distinguono tre classi di spiegazioni, suffragate da sperimentazioni più o meno approfondite: formazione mediante contatto, mediante emanazione vaporigrafica oppure formazione dovuta ad energia radiante; gli autori e sperimentatori sono per lo più convinti che si tratta sempre, in massima parte, di spiegazioni parziali. L'insistenza maggiore si rileva oggi in una doppia direzione: nel suggerire che l'immagine fu ottenuta grazie al riscaldamento di una statua o calco in bronzo, sul quale fu adagiata la tela sindonica, o nel suggerire che fu prodotta da una irradiazione di luce (o di altre forme di energia) avvenuta al momento della resurrezione di Gesù. La prima si è dimostrata insostenibile, dal confronto dei teli ottenuti da (parziali) tentativi di sperimentazione con quello sindonico: nelle simulazioni l'immagine è visibile, al contrario di quanto avviene nella Sindone, sul retto e sul verso del telo e scompare nel giro di pochi mesi; il secondo suggerimento ha invece il limite della “non verificabilità” (la resurrezione è fatto irripetibile), tranne parzialmente per la proposta di Sebastiano Rodante (cfr. Scannerini e Savarino, 2000, pp. 167-16 . Nessuno può dire, dal punto di vista scientifico, che cosa ci riservi il futuro: per il momento l'unico atteggiamento oggettivo è quello del nescimus , non sappiamo.

Occorrerà a questo punto fissare almeno alcuni risultati parziali. La corrispondenza constatata tra racconti evangelici e “racconto” sindonico permette di ipotizzare che vi sia stata una relazione tra la vicenda della passione di Gesù e la formazione dell'immagine sindonica. Presa in considerazione questa ipotesi, resta però la possibilità, già accennata, di un individuo che sia stato trattato alla stessa maniera di Gesù e poi avvolto nel telo che è giunto a noi. Ma questa ipotesi, non impossibile, non è suffragata da alcun argomento e, vista da vicino, è anche altamente improbabile. Restando invece nell'ipotesi che si tratti del telo funebre della sepoltura di Gesù, senza per questo sposare nessuna delle teorie di formazione dell'immagine a cui abbiamo accennato (tutte insufficienti), è giocoforza ammettere un “contatto”, cioè una relazione assai stretta, del cadavere con il lenzuolo. Su quest'ultimo si verificano impronte diverse: la presenza del sangue deve avere preceduto la formazione dell'immagine corporea e ha influito sul tessuto più in profondità rispetto alle cause che hanno prodotto l'immagine diffusa: il sangue è visibile nel retro, l'immagine no. Non possiamo dire se l'intensità dell'immagine sia variata nel tempo: se all'inizio sia stata subito sufficiente per essere vista, se col tempo essa sia diminuita; è certamente diminuita l'intensità del contrasto con lo sfondo, e quindi è cresciuta la difficoltà di vederla nei suoi connotati.



VI. Valutazione critica delle nostre conoscenze sulla Sindone
Il cammino compiuto fin qui impone conclusioni assai ponderate. Partiti dalla constatazione della corrispondenza fra il racconto neotestamentario della passione e morte di Gesù e il dato sindonico, abbiamo fatto una prima verifica sulla compatibilità del racconto della sepoltura di Gesù e l'immagine sindonica, concludendo per un giudizio di “non incompatibilità”. Concentrando l'attenzione sulla possibilità che il reperto sindonico (lenzuolo e immagine) sia il panno (o uno dei panni) usato per la sepoltura di Gesù (fatto a cui si dà il nome, convenzionalmente, di «autenticità»), siamo andati alla ricerca di indizi capaci di confermare, nell'ambito delle scienze storiche e fisico-sperimentali, l'autenticità sindonica, oppure di contraddirla. È stato possibile giungere alla sicurezza che l'origine dell'immagine non è da attribuire a un intervento pittorico. La scoperta dell'effetto negativo-positivo fotografico e della proprietà tridimensionale dell'immagine sindonica porta ad escludere ogni intervento di finzione programmata, dato che fino a un'epoca assai recente la conoscenza di quegli effetti non apparteneva alla consapevolezza né dell'uomo comune né dello scienziato. Lo stesso si dica per tutti i possibili interventi artificiali che sono stati sperimentati fino al momento presente, e che si sono dimostrati incapaci di supportare un'ipotesi di intervento programmatico per produrre un risultato quale noi lo possediamo.

Le varie branche della sindonologia, fatta eccezione dell'analisi del C14 , convergono nel dimostrare che la Sindone è un unicum che trova una certa spiegazione quando si ipotizza la sua origine a partire dall'impiego per la sepoltura di Gesù e che perde possibilità di spiegazione sufficiente quando ci si allontana da tale ipotesi. Nessuna delle ricerche conclude con un giudizio di certezza storica o sperimentale sull'origine “gesuana” della Sindone, ma la loro convergenza è altamente significativa. Certamente un argomento di natura matematica è in grado da solo di mettere in crisi questo sistema; e i risultati dell'analisi del carbonio sono di natura matematica. Ciò vale, però, quando sarà stata raggiunta la certezza che l'applicazione di tale metodo di ricerca avvenga sulla base di una totale conoscenza dei condizionamenti che ogni singolo caso o reperto deve affrontare; ma questa certezza è ben lungi dall'essere al momento ottenuta, come dimostrano molti casi di divergenza fra le datazioni indicate dagli archeologi o dai botanici (per esempio a partire dagli anelli di un tronco d'albero) e quelle indicate dai radiocarbonisti. È dunque lecito continuare la ricerca su tutte le piste già aperte.

Justee
00mercoledì 19 ottobre 2005 10:59
Sindone
Nella difficolt di valutare questa messe di dati, pu offrirci una funzione orientativa il metodo del calcolo delle probabilit (cfr. Barberis, in Barberis e Savarino, 1997 e in Barberis e Zaccone 1998; cfr. anche Fanti e Marinelli, 1999), che si propone di valutare quantitativamente, e non solo qualitativamente, quanto attendibile una teoria, una serie di congetture, l'accadere di un dato evento, ecc. (Barberis, 1997, p. 30). Il metodo ha un'innegabile suggestivit, ma deve essere applicato con circospezione e grande correttezza scientifica: l'attribuzione del grado di probabilit a un'affermazione o a un'osservazione dipende dall'esattezza delle relative conoscenze archeologiche e storiche, che deve basarsi su una precisione di informazione da noi invece posseduta sovente solo in via approssimativa. Per questo motivo possibile che i calcoli varino in modo rilevante a seconda degli operatori. Una formulazione, ad esempio, come la Sindone di Torino autentica, perch ha le caratteristiche di un telo funerario ebraico del I secolo d.C. pu essere rifiutata da ogni valutazione, quando si riconosca che dei teli funerari ebraici del I secolo non sappiamo nulla, semplicemente perch manca la documentazione corrispondente. Molto relativa anche l'attendibilit del quoziente di probabilit riconosciuto alle singole affermazioni: se, ad esempio, le escoriazioni presenti su spalla e scapola dell'uomo della Sindone non fossero state causate dal patibulum trasportato dal condannato prima di giungere al luogo del supplizio, bens fossero costituite solo da lividure cadaveriche, la probabilit che tale segno rimandi alla crocifissione diminuirebbe notevolmente.

Fatte queste riserve a un metodo, quello probabilistico, che pu essere stato visto con eccessivo entusiasmo, resta per innegabile una sua forza suggestiva. L'incontro di molte probabilit, di vario quoziente, fa diminuire il grado di inverosimiglianza dell'affermazione della provenienza diretta della Sindone dalla vicenda della morte e sepoltura di Ges di Nazaret. Barberis, muovendosi direttamente nella linea di Y. Delage, P. de Gail e T. Zeuli, conclude i suoi calcoli affermando che su 200 miliardi di eventuali crocifissi ve ne pu essere stato uno solo che abbia posseduto le sette caratteristiche dell'uomo della Sindone (Barberis, in Barberis e Zaccone, 1998, p. 275) e in Ges di Nazaret questo si proprio verificato. Fanti e Marinelli (1999), con un calcolo pi complesso (ma in numerosi punti non esente da critica), affermano che data la pratica impossibilit che siano verificate le alternative N [n A n F] e F [falsa], ne consegue che l'unica alternativa possibile la A [autentica] che afferma la piena autenticit della ST [Sindone di Torino] (p. 183) e che la Sindone autentica al 100% con un'incertezza assolutamente trascurabile (rivendicando quindi per essa la qualifica di reliquia in senso stretto: p. 18[SM=g27989].

Riteniamo impossibile condividere le ultime conclusioni, perch esse non danno abbastanza ragione dei limiti prudenziali suggeriti dal responso dell'analisi del C14 , che fino ad oggi stato relativizzato ma non cancellato, e neppure delle incertezze che permangono nell'ambito della ricostruzione storica; ma l'argomento non privo di forza. Ciononostante, esso non permette di dare alla probabilit dell'autenticit della Sindone il grado di certezza, nemmeno intendendo tale certezza in senso morale. La somma di un grande numero di probabilit aumenta forse il grado di probabilit globale, ma non produce certezza; ci vale soprattutto quando l'argomento discutibile (a volte molto discutibile, come nel caso di supposte scritte sul telo o per le monete sugli occhi) o quando la ricerca che lo supporta non ancora giunta a conclusione (come nel caso dei pollini e soprattutto delle monete).



VII. La Sindone fra scienza e fede: reliquia, icona, messaggio
Il cammino che abbiamo riassunto ci permette di dire che non impossibile che la Sindone sia del primo secolo dell'era cristiana e che abbia avvolto il cadavere di Ges deposto dalla croce; ci pare che sia anche ragionevole riconoscere a queste affermazioni il grado di una seria probabilit. Andare oltre, fino al grado di certezza, allo stato attuale delle conoscenze, sembra a nostro avviso ingiustificato. Possiamo anche aggiungere che sarebbe ingiustificato affermare che la Sindone sicuramente di epoca tardomedievale o moderna e meno ancora che si tratta di un falso intenzionale: ci sono ragioni in favore dell'et tardomedievale, ma non sono definitive. Non neppure giustificato affermare con assoluta certezza che la Sindone di epoca romana ed stata in contatto con il corpo di Ges crocifisso: le ragioni in questo senso non chiudono ancora il problema in modo risolutivo.

Sorge a questo punto la domanda se le precedenti conclusioni recano con s conseguenze per la fede cristiana nel Figlio di Dio crocifisso e risorto. La realt sindonica pare orientarci verso due cose: a riconoscere l'oscurit nella quale si dibatte la conoscenza (solo attuale?, o cos sar per sempre?); a valorizzare al tempo stesso tutti gli aspetti di questo mistero: immagine indubitabile della passione e morte di Ges, lenzuolo che potrebbe averne avvolto il cadavere, ecc. Il credente pu essere portato a pensare che, almeno per il momento, Dio abbia disposto che alle questioni fondamentali suscitate dalla Sindone che sono oggetto adeguato della ricerca scientifica, ma anche orientano a sospettare l'esistenza di una dimensione superiore ad essa non sia possibile dare una risposta univocamente risolutiva.

1. Origine del rapporto religioso. Riconosciuto il dato di fatto, senza minimismi e senza maggiorazioni, si pu passare alle sue conseguenze. La storia passata e presente ha sempre registrato un interesse di fede, da parte dei credenti, verso la Sindone. Per qualificare questa relazione di fede, occorre prendere l'avvio da quanto di pi tipico presente nella Sindone: l'immagine e l'eccezionale corrispondenza fra la vicenda che essa attesta e la vicenda narrata dai vangeli circa la passione di Ges. Di tale vicenda la Sindone d una testimonianza particolarmente suggestiva, esprimendo con linguaggio visivo ci che il racconto evangelico esprime, molto pi succintamente, con linguaggio letterario. Ne consegue che, per chi ha qualche conoscenza della vicenda di Ges, la visione della Sindone diventa rimando spontaneo ai vangeli e la Sindone stessa diventa testimone, eco silenziosa eppure eloquente, della voce del Vangelo.

Tutto ci accade ancor prima che siano poste domande sui perch della Sindone e siano cercate risposte mediante indagini scientifiche. Il rapporto dell'uomo con la Sindone , nella sua fase spontanea, di natura pre-scientifica. Si pu anzi dire che, quando inizia il dialogo con la scienza, gi sorta la tendenza a postulare a causa dell'eccezionalit della corrispondenza fra i due racconti un rapporto diretto tra la vicenda di Ges e l'origine della Sindone. La scienza chiamata in causa per la verifica di questo sospetto e per la risposta a ogni altra domanda sul telo e la sua conservazione, e sull'origine dell'immagine. Ma il rapporto di fede gi iniziato, legittimamente. Ed esso spiega e giustifica le corrispondenti iniziative pastorali intraprese dalla Chiesa aventi per oggetto questo lino.

Le caratteristiche del rapporto di fede si pongono su un vasto registro. Anzitutto la venerazione per lo strumento che rimanda, nella sua natura di segno, alla persona che oggetto diretto di fede e amore, e cio a Cristo. evidente che il segno in s non destinatario di alcuna adesione di fede, ma innegabile che esso si pone nell'economia della fede, svolgendovi una funzione ausiliaria. Neppure esso , di per s, destinatario di amore, anche se un riflesso di affettuosa venerazione si riversa pure secondariamente su ci che contribuisce a rendere pi vicino l'oggetto proprio dell'amore. Il segno non convenzionale ma naturale, come immagine che riporta una rappresentazione diretta dell'evento, rappresentazione inoltre particolarmente viva. Nel periodo di storia a noi noto non consta che si sia sviluppata una riflessione sulla funzione dell'immagine sindonica paragonabile alla teologia orientale dell'icona, dato il realismo che ha caratterizzato la sensibilit della cultura occidentale, prevalendo su una riflessione che valorizzasse l'elemento simbolico ( SIMBOLO). Ciononostante la teologia dell'icona non affatto estranea da questo contesto, anche se in un modo tutto suo proprio (si vedano le opere di Schnborn, 1988, e di Mondzain, 1996, che concludono ambedue con un riferimento, di segno opposto, sulla Sindone).

Stante la certezza che sembra del tutto consolidata che nella realt sindonica da escludere ogni intervento pittorico, l'uso della categoria icona assume aspetti eccezionali. Ma non viene per questo cancellato, perch se la tchne altra, non assente l'aspetto fondamentale della sua funzionalit: solo evidente che ad esso deve essere riconosciuta una ricchezza probabilmente superiore. Icona di fattura sconosciuta, che implementa la ricchezza del suo mistero, affondandolo nella profondit del silenzio di Dio.

2. La dinamica del rapporto. La problematica riguardante la Sindone tocca molteplici campi del sapere e del credere. Poich essa immagine, e molti la chiamano anche reliquia, ci si imbatte immediatamente nel contenzioso del rapporto delle immagini e delle reliquie con la fede. Ma non questo l'aspetto tipico della problematica sindonica: infatti, chi rifiuta la relazione immagine-reliquia all'interno del cammino della fede, ricorre anche sempre al discorso scientifico per dimostrare che, comunque, la qualifica di vera reliquia non sarebbe corretta (gi Calvino, ad esempio, ricorreva all'esegesi e alla storia per sostenere che si trattava di un inganno; una corrente di evangelici contemporanei ricorre ad argomenti scientifici per proporre la stessa interpretazione: cfr. Papini, 1982 e 199[SM=g27989], a significare che l'eventuale ammissione di autenticit della Sindone creerebbe comunque un certo disagio.

Vi poi una fascia di problemi che potremmo raggruppare sotto il nome di questione sindonica e che toccano il preteso diritto di condizionamento che viene riconosciuto alla scienza nei confronti del rapporto di fede del credente verso la Sindone. Se esatto dire che il rapporto religioso con la Sindone nasce in fase pre-scientifica (senza diventare n antiscientifico, n ascientifico, perch anzi da esso che nasce facilmente l'interesse per tutta la problematica scientifica), ne consegue che il cammino della ricerca scientifica non pu condizionarlo. importante mantenere questa visione, perch essa rende possibile, anche a chi convinto che la scienza abbia obiezioni insuperabili contro l'autenticit del reperto, di accogliere tutto il messaggio di vita che proviene dall'immagine sindonica.

vero per che la possibilit di dire che quel lenzuolo ha avvolto veramente il corpo esanime di Ges ha una grande forza di coinvolgimento, ma essa non aggiunge nulla alla intelligenza di fede. Il cuore conta, certamente, nel momento in cui si assumono decisioni: d slancio, muove a generosit; anche se il motivo fondamentale per credere e agire dato da ci che Ges ha fatto e detto, e questo attestato comunque in modo insuperabile dall'immagine sindonica. Nel margine di incertezza che ci lascia lo studio sulla Sindone possibile addirittura vedere una funzione educativa: dando questo aiuto alla fede, senza liberarlo totalmente dalle incertezze scientifiche, il Dio che ha resuscitato suo Figlio parrebbe voler invitare a concentrarci sull'essenziale del messaggio. La debolezza dello strumento non lo fa amare di meno, anzi lo concilia con la nostra debolezza: il poco che sappiamo invita ad amare di pi. Non estraneo allo stile di Ges ( VANGELI, III) servirsi delle cose deboli.

3. Il messaggio. La Sindone una realt in certo modo debole e umile, e deve essere accettata cos; ma anche un segno estremamente espressivo, efficace, impegnativo. tanto umile, che non ci concesso ancora dire l'ultima parola sul suo luogo di provenienza, sull'epoca in cui nata, sul processo con cui si formata l'immagine di cui depositaria; essa deve essere accettata nella sua realt, senza forzarla verso gradi di certezza che possiamo desiderare, ma in questo momento non abbiamo. La Sindone debole, perch non ha l'efficacia sacramentale della Eucaristia, ma solo un rimando a quel corpo dato per voi, a quel sangue sparso per voi ( EUCARESTIA, I). Ancor meno, la Sindone mezzo necessario per giungere alla salvezza: per molti non importante, per moltissimi non fu e non conosciuto, e ci non ha diminuito nei credenti la loro consapevolezza ed il loro impegno nel rispondere all'invito di Cristo a seguirlo. Per molti non cristiani o cristiani di altre confessioni non cattoliche, la Sindone non accettata nemmeno come compagnia lecita in un cammino verso Dio. dunque un ben povero segno e, quando la si concettualizza, diventa anche cosa assai complicata. difficile rispettare la povert della Sindone, segno dell'attesa, segno del silenzio del sepolcro.

Per la Sindone c', e dice le stesse cose che dice il vangelo sulla morte e sepoltura di Ges, anzi diventa segno proprio e solo attraverso il vangelo. Le dice in un modo come nessun altro le dice, e le dice oggi, nella cosiddetta civilt dell'immagine. Si direbbe che questo segno abbia atteso il nostro tempo per manifestarsi a un gran numero di persone, per diventare sempre di pi, cassa di risonanza di quel messaggio. Poich dice cose d'evangelo, doveroso fare il possibile affinch siano udite anche da altri. Quest'immagine richiamo significativo al passaggio pi trascurato del credo paolino: e fu sepolto ( 1Cor 15,4), che occorre ricuperare anche nel nostro tempo.

La conclusione suggerita dall'insegnamento di Giovanni Paolo II, dalla riflessione che egli stesso ha proposto in occasione del suo pellegrinaggio alla Sindone il 24 maggio 1998 (cfr. La Sindone: icona della sofferenza innocente di tutti i tempi , Insegnamenti , XXI,1 (199[SM=g27989], pp. 1036-1040; testo completo anche in Ghiberti, 1999, pp. 271-275). La Sindone provocazione all'intelligenza. Il fascino misterioso esercitato dalla Sindone spinge a formulare domande sul rapporto tra il sacro Lino e la vicenda storica di Ges. Non trattandosi di una materia di fede, la Chiesa non ha competenza specifica per pronunciarsi su tali questioni. Essa affida agli scienziati il compito di continuare ad indagare per giungere a trovare risposte adeguate agli interrogativi connessi con questo Lenzuolo che, secondo la tradizione, avrebbe avvolto il corpo del nostro Redentore quando fu deposto dalla croce. La Chiesa esorta ad affrontare lo studio della Sindone senza posizioni precostituite, che diano per scontati risultati che tali non sono; li invita ad agire con libert interiore e premuroso rispetto sia della metodologia scientifica sia della sensibilit dei credenti.

Stabilito ci, Giovanni Paolo II prosegue enunciando i temi di evangelizzazione che provengono dalla contemplazione di quest'immagine benedetta. La Sindone specchio del Vangelo [] e invita a modellare la propria esistenza su quella di Colui che ha dato se stesso per noi. Nella Sindone si riflette l'immagine della sofferenza umana . Essa [] non solo ci spinge ad uscire dal nostro egoismo, ma ci porta a scoprire il mistero del dolore che, santificato dal sacrificio di Cristo, genera salvezza per l'intera umanit. La Sindone immagine dell'amore di Dio, oltre che del peccato dell'uomo []. Facendo eco alla parola di Dio ed ai secoli di consapevolezza cristiana, la Sindone sussurra: credi nell'amore di Dio, il pi grande tesoro donato all'umanit, e fuggi il peccato, la pi grande disgrazia della storia. La Sindone immagine di impotenza []. l'esperienza del Sabato Santo, passaggio importante del cammino di Ges verso la Gloria, da cui si sprigiona un raggio di luce che investe il dolore e la morte di ogni uomo. La Sindone immagine del silenzio , [] non solo il silenzio della morte, ma anche il silenzio coraggioso e fecondo del superamento dell'effimero, grazie all'immersione totale nell'eterno presente di Dio.

Accostarsi alla Sindone, prosegue il Papa, un venire a vedere questo segno tragico ed illuminante della Passione, che annuncia l'amore del Redentore. Questa icona del Cristo abbandonato nella condizione drammatica e solenne della morte [] esorta ad andare al cuore del mistero della vita e della morte per scoprire il messaggio grande e consolante che ci in essa consegnato. La Sindone ci presenta Ges al momento della sua massima impotenza, e ci ricorda che nell'annullamento di quella morte sta la salvezza del mondo intero. La Sindone diventa cos un invito a vivere ogni esperienza, compresa quella della sofferenza e della suprema impotenza, nell'atteggiamento di chi crede che l'amore misericordioso di Dio vince ogni povert, ogni condizionamento, ogni tentazione di disperazione.



Giuseppe Ghiberti
Teodoro Studita
00martedì 29 novembre 2005 23:33
Secondo me la cosa più affascinante è la presunta identificazione della sindone con il mandylion.
Purtroppo i fatti relativi all'incendio rendono il C14 poco attendibile. Se guardiamo i fatti nell'ottica cristiana effettivamente Gesù ha sempre fatto in modo di non fornire mai "prove" evidenti a chi le richiedeva, ma ha sempre chiesto la fede. Chissà che anche in questo caso...
Tornelius
00mercoledì 30 novembre 2005 07:37
la sindone ha a suo favore una mole di prove impressionante che la identificano necessariamente con il sacro lenzuolo con il quale è stato avvolto Gesù.
c'è solo un dubbio che non sono riuscito ancora a togliermi: perchè i santi stigmatizzati hanno ricevuto le piaghe sulle palme mentre "l'uomo" della sindone possiede segni di inchiodatura nei polsi?
ClintEastwood82
00giovedì 1 dicembre 2005 13:34
Un giorno cara Genyus, li capirò a fondo i tuoi messaggi, che secondo me sono più profondi di qualsiasi lungo discorso.
noi ci dilaghiamo sempre in lunghi discorsi, te con poche parole dici la tua.
Justee
00domenica 1 gennaio 2006 12:51
CELEBRAZIONE DELLA PAROLA E VENERAZIONE DELLA SINDONE
CELEBRAZIONE DELLA PAROLA E VENERAZIONE DELLA SINDONE

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 24 maggio 1998

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Con lo sguardo rivolto alla Sindone, desidero salutare cordialmente tutti voi, fedeli della Chiesa torinese. Saluto i pellegrini che durante il periodo di questa ostensione vengono da ogni parte del mondo per contemplare uno dei segni più sconvolgenti dell'amore sofferente del Redentore.

Entrando nel Duomo, che mostra ancora le ferite prodotte dal terribile incendio di un anno fa, mi sono fermato in adorazione davanti all'Eucaristia, il Sacramento che sta al centro delle attenzioni della Chiesa e che, sotto apparenze umili, custodisce la presenza vera, reale e sostanziale di Cristo. Alla luce della presenza di Cristo in mezzo a noi, ho sostato poi davanti alla Sindone, il prezioso Lino che può esserci di aiuto per meglio capire il mistero dell'amore del Figlio di Dio per noi.

Davanti alla Sindone, immagine intensa e struggente di uno strazio inenarrabile, desidero rendere grazie al Signore per questo dono singolare, che domanda al credente attenzione amorosa e disponibilità piena alla sequela del Signore.

2. La Sindone è provocazione all'intelligenza. Essa richiede innanzitutto l'impegno di ogni uomo, in particolare del ricercatore, per cogliere con umiltà il messaggio profondo inviato alla sua ragione ed alla sua vita. Il fascino misterioso esercitato dalla Sindone spinge a formulare domande sul rapporto tra il sacro Lino e la vicenda storica di Gesù. Non trattandosi di una materia di fede, la Chiesa non ha competenza specifica per pronunciarsi su tali questioni. Essa affida agli scienziati il compito di continuare ad indagare per giungere a trovare risposte adeguate agli interrogativi connessi con questo Lenzuolo che, secondo la tradizione, avrebbe avvolto il corpo del nostro Redentore quando fu deposto dalla croce. La Chiesa esorta ad affrontare lo studio della Sindone senza posizioni precostituite, che diano per scontati risultati che tali non sono; li invita ad agire con libertà interiore e premuroso rispetto sia della metodologia scientifica sia della sensibilità dei credenti.

3. Ciò che soprattutto conta per il credente è che la Sindone è specchio del Vangelo. In effetti, se si riflette sul sacro Lino, non si può prescindere dalla considerazione che l'immagine in esso presente ha un rapporto così profondo con quanto i Vangeli raccontano della passione e morte di Gesù che ogni uomo sensibile si sente interiormente toccato e commosso nel contemplarla. Chi ad essa si avvicina è, altresì, consapevole che la Sindone non arresta in sé il cuore della gente, ma rimanda a Colui al cui servizio la Provvidenza amorosa del Padre l'ha posta. Pertanto, è giusto nutrire la consapevolezza della preziosità di questa immagine, che tutti vedono e nessuno per ora può spiegare. Per ogni persona pensosa essa è motivo di riflessioni profonde, che possono giungere a coinvolgere la vita.

La Sindone costituisce così un segno veramente singolare che rimanda a Gesù, la Parola vera del Padre, ed invita a modellare la propria esistenza su quella di Colui che ha dato se stesso per noi.

4. Nella Sindone si riflette l'immagine della sofferenza umana. Essa ricorda all'uomo moderno, spesso distratto dal benessere e dalle conquiste tecnologiche, il dramma di tanti fratelli, e lo invita ad interrogarsi sul mistero del dolore per approfondirne le cause. L'impronta del corpo martoriato del Crocifisso, testimoniando la tremenda capacità dell'uomo di procurare dolore e morte ai suoi simili, si pone come l'icona della sofferenza dell'innocente di tutti i tempi: delle innumerevoli tragedie che hanno segnato la storia passata, e dei drammi che continuano a consumarsi nel mondo.

Davanti alla Sindone, come non pensare ai milioni di uomini che muoiono di fame, agli orrori perpetrati nelle tante guerre che insanguinano le Nazioni, allo sfruttamento brutale di donne e bambini, ai milioni di esseri umani che vivono di stenti e di umiliazioni ai margini delle metropoli, specialmente nei Paesi in via di sviluppo? Come non ricordare con smarrimento e pietà quanti non possono godere degli elementari diritti civili, le vittime della tortura e del terrorismo, gli schiavi di organizzazioni criminali?

Evocando tali drammatiche situazioni, la Sindone non solo ci spinge ad uscire dal nostro egoismo, ma ci porta a scoprire il mistero del dolore che, santificato dal sacrificio di Cristo, genera salvezza per l'intera umanità.

5. La Sindone è anche immagine dell'amore di Dio, oltre che del peccato dell'uomo. Essa invita a riscoprire la causa ultima della morte redentrice di Gesù. Nell'incommensurabile sofferenza da essa documentata, l'amore di Colui che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3,16) si rende quasi palpabile e manifesta le sue sorprendenti dimensioni. Dinanzi ad essa i credenti non possono non esclamare in tutta verità: "Signore, non mi potevi amare di più!", e rendersi subito conto che responsabile di quella sofferenza è il peccato: sono i peccati di ogni essere umano.

Parlandoci di amore e di peccato, la Sindone invita tutti noi ad imprimere nel nostro spirito il volto dell'amore di Dio, per escluderne la tremenda realtà del peccato. La contemplazione di quel Corpo martoriato aiuta l'uomo contemporaneo a liberarsi dalla superficialità e dall'egoismo con cui molto spesso tratta dell'amore e del peccato. Facendo eco alla parola di Dio ed a secoli di consapevolezza cristiana, la Sindone sussurra: credi nell'amore di Dio, il più grande tesoro donato all'umanità, e fuggi il peccato, la più grande disgrazia della storia.

6. La Sindone è anche immagine di impotenza: impotenza della morte, in cui si rivela la conseguenza estrema del mistero dell'Incarnazione. Il telo sindonico ci spinge a misurarci con l'aspetto più conturbante del mistero dell'Incarnazione, che è anche quello in cui si mostra con quanta verità Dio si sia fatto veramente uomo, assumendo la nostra condizione in tutto, fuorché nel peccato. Ognuno è scosso dal pensiero che nemmeno il Figlio di Dio abbia resistito alla forza della morte, ma tutti ci commuoviamo al pensiero che egli ha talmente partecipato alla nostra condizione umana da volersi sottoporre all'impotenza totale del momento in cui la vita si spegne. E' l'esperienza del Sabato Santo, passaggio importante del cammino di Gesù verso la Gloria, da cui si sprigiona un raggio di luce che investe il dolore e la morte di ogni uomo.

La fede, ricordandoci la vittoria di Cristo, ci comunica la certezza che il sepolcro non è il traguardo ultimo dell'esistenza. Dio ci chiama alla risurrezione ed alla vita immortale.

7. La Sindone è immagine del silenzio. C'è un silenzio tragico dell'incomunicabilità, che ha nella morte la sua massima espressione, e c'è il silenzio della fecondità, che è proprio di chi rinuncia a farsi sentire all'esterno per raggiungere nel profondo le radici della verità e della vita. La Sindone esprime non solo il silenzio della morte, ma anche il silenzio coraggioso e fecondo del superamento dell'effimero, grazie all'immersione totale nell'eterno presente di Dio. Essa offre così la commovente conferma del fatto che l'onnipotenza misericordiosa del nostro Dio non è arrestata da nessuna forza del male, ma sa anzi far concorrere al bene la stessa forza del male. Il nostro tempo ha bisogno di riscoprire la fecondità del silenzio, per superare la dissipazione dei suoni, delle immagini, delle chiacchiere che troppo spesso impediscono di sentire la voce di Dio.

8. Carissimi Fratelli e Sorelle! Il vostro Arcivescovo, il caro Cardinale Giovanni Saldarini, Custode Pontificio della Santa Sindone, ha proposto come motto di questa Ostensione solenne le parole: "Tutti gli uomini vedranno la tua salvezza". Sì, il pellegrinaggio che folle numerose vanno compiendo verso questa Città è proprio un "venire a vedere" questo segno tragico ed illuminante della Passione, che annuncia l'amore del Redentore. Questa icona del Cristo abbandonato nella condizione drammatica e solenne della morte, che da secoli è oggetto di significative raffigurazioni e che da cento anni, grazie alla fotografia, è diffusa in moltissime riproduzioni, esorta ad andare al cuore del mistero della vita e della morte per scoprire il messaggio grande e consolante che ci è in essa consegnato. La Sindone ci presenta Gesù al momento della sua massima impotenza, e ci ricorda che nell'annullamento di quella morte sta la salvezza del mondo intero. La Sindone diventa così un invito a vivere ogni esperienza, compresa quella della sofferenza e della suprema impotenza, nell'atteggiamento di chi crede che l'amore misericordioso di Dio vince ogni povertà, ogni condizionamento, ogni tentazione di disperazione.

Lo Spirito di Dio, che abita nei nostri cuori, susciti in ciascuno il desiderio e la generosità necessari per accogliere il messaggio della Sindone e per farne il criterio ispiratore dell'esistenza.

Con questi auspici, imparto a tutti voi, ai pellegrini che visiteranno la Sindone ed a quanti sono spiritualmente ed idealmente uniti intorno a questo segno sorprendente dell'amore del Cristo, una speciale Benedizione Apostolica.

mioooo
00lunedì 29 maggio 2006 10:02

Museo della Sindone

Sindone


L'avvocato Secondo Pia è conosciuto e ricordato per le eccezionali fotografie rivelatrici del volto della Sindone, che egli ottenne il permesso di scattare il 28 maggio del 1898, ma Pia svolse anche un ruolo particolarmente significativo nella storia culturale di Asti, dove nacque a metà del secolo scorso.
Esponente della borghesia illuminata della città, dedicò molta parte della sua vita a campagne fotografiche, che rimangono punti di riferimento a distanza di un secolo per ricostruire la storia architettonica e ambientale della città e della provincia. La sua tecnica fotografica, appresa come autodidatta e sul campo, rappresentò elementi di innovazione per il suo tempo. La sua passione per l'arte, i musei, la storia della città lo portarono a partecipare, con il suo amico Niccola Gabiani, ad alcuni avvenimenti significativi di valorizzazione del patrimonio culturale e del territorio.
E', infatti, molto indicativo il rapporto che l'avvocato Pia ebbe con la sua terra, con la città e i paesi, con i movimenti che già davano segni evidenti di degrado. Pia fotografo riuscì, soprattutto nelle immagini di scorci della città, esprimendo una capacità tecnica straordinaria, a dare il senso dinamico della vita della contrada o della piazza.
Nel 1995 l'Amministrazione comunale ha posto come obbiettivo programmatico la riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico di pregio, il riallestimento dei musei cittadini, l'ampliamento dell'Archivio e la promozione turistica di Asti e del territorio. E' stato più volte evocato il lavoro e il contributo di Secondo Pia al progetto del Sistema integrato dei musei.
L'occasione dell'ostensione della Sindone ci ha quindi suggerito di esporre il materiale del fondo Pia, depositato presso l'Archivio Storico Comunale, un fondo consistente, che sta alla pari di altre donazioni, fatte da Pia e dai suoi eredi ad altri enti,come quelle al Museo nazionale del Cinema, alla Confraternita del SS. Sudario di Torino, alla Soprintendenza per i Beni Artistici e storici del Piemonte, alla Biblioteca Reale e al Seminario vescovile di Asti.
La mostra delle fotografie dell'avvocato astigiano e questo catalogo consentono di entrare nel mondo di Pia e della Asti tra Ottocento e Novecento, con una capacità di immagine fotografica molto qualificata, ma anche di interpretazione emozionale e affettiva di monumenti e paesaggi, che facevano parte del mondo dell'Autore.
Tale iniziativa culturale offre alla comunità astese e ai turisti l'opportunità di entrare in contatto con una personalità che ha dedicato parte di sè alla collettività, con generosità, sia con attività culturali intraprese e condivise con altri, sia attraverso la partecipazione alla vitab amministrativa come consigliere e per breve tratto anche come sindaco.
La mostra delle fotografie dei monumenti astigiani rimanda ovviamente al territorio, dove quei monumenti sono inseriti e offre la possibilità di comparare il passato all'oggi, di scoprire cosa è stato fotografato ma non esiste più, cosa è stato restaurato e rifunzionalizzato, cosa è ancora in stato di degrado.
Contemporaneamente ad Asti, Giuseppe Franco ha allestito a Mombarone, frazione della città, dove i familiari di Pia possedevano il castello, una mostra di ritratti componenti della famiglia dell'avvocato, scattati dal padre Carlo Franco, fotografo-contadino, assistente di Pia nei suoi viaggi sul territorio per le campagne fotografiche dei monumenti.
L'obbiettivo fotografico e culturale di Secondo Pia è, dunque, ancora attuale e l'omaggio che il Comune gli fa in questa iniziativa segna una tappa nella storia della riappropriazione del passato di una comunità e del suo territorio e fornisce alcune avvertenze per il futuro e a tutti coloro che hanno responsabilità nell'ambito della tutela del territorio e dei beni artistici.






Polymetis
00lunedì 29 maggio 2006 10:57
Ci sono due spiegazioni sul perché i santi ricevono la stimmate nei polsi. Chi pensa ad un effetto psicosomatico ritiene che, poiché nell'iconografia tradizionale sono inchiodati i palmi, allora la mente di quei santi si sia regolata di conseguenza. Chi invece crede che la stimmate sia opera di Dio potrebbe ribattere che se Dio desse la stimmate sui polsi farebbe dissanguare tutti in poche ore; inoltre, proprio perché l'iconografia tradizionale era sui palmi della mano, il messaggio era comunque chiarissimo. C'è chi sostiene una via di mezzo, vale a dire che Dio ha certo agito ma, come si dice in teologia, per cause seconde, vale a dire che la mente del santo e l'intervento di Dio non si escludono a vicenda. Forse è proprio Dio all'origine di quel procedimento psicosomatico che alcuni medici vedono dietro alla formazione della stimmate.

Ad maiora
Viviana.30
00giovedì 16 agosto 2007 11:17
Il Sudario di Oviedo (conosciuto anche come Telo di Oviedo) è una reliquia della Chiesa cattolica, costituita da un telo di lino conservato nella cattedrale di Oviedo in Spagna. Secondo la tradizione cristiana questo telo sarebbe stato usato per avvolgere il capo di Gesù Cristo dopo la sua morte; si trova ad Oviedo dal 718. Diversamente dalla più famosa Sindone di Torino, esso non porta impressa alcuna immagine, ma solo macchie di sangue. Inoltre si tratta di un telo di dimensioni ridotte (circa 84x53 cm).


L'arca che contiene il Sudario di OviedoIl Vangelo di Giovanni parla di un sudario usato per la sepoltura di Gesù: "Simon Pietro [...] entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte" (Gv 20, 6-7). Se il sudario di Oviedo è autentico, le macchie di sangue indicano che esso fu usato per coprire il capo di Gesù; secondo altre teorie, con "sudario" Giovanni avrebbe indicato la Sindone, oppure un panno o fazzoletto che sarebbe stato annodato intorno al volto di Gesù per tenere chiusa la bocca.

Volevo aggiungere questa notizia perchè ascoltavo su una radio la questione di questo sudario che si dice appoggiato sul viso di Gesu dopo la sua morte
(Upuaut)
00sabato 18 agosto 2007 21:49


Processo alla Sindone
Indagine scientifica sul misterioso lenzuolo
di Luigi Garlaschelli


www.cicap.org/new/prodotto.php?id=3028

Una risposta per tutte le domande capziose e artificiose avanzate dai sedicenti «sindonologi» su cui - in occasione delle mediatiche ostensioni/ostentazioni - si sono pubblicati una quantità di volumi/video/gadget della cervellotica sindonologia. Così il lettore potrà farsi un’opinione criticamente informata (non solo edificatoria o apologetica) sull’icona più decantata del mondo cattolico. Tutto quello, insomma, che vorreste sapere sul «sacro lenzuolo» e che nessuno vi ha mai detto.

- C’è il sospetto che, nelle accese controversie scientifiche aventi per oggetto la Sindone, si sia insinuata anche della cattiva scienza - caratterizzata da metodi di studio non rigorosi - o addirittura della pseudoscienza, che della scienza vera scimmmiotta solo il linguaggio. Poiché le accuse tra sindonologi «autenticisti» e la scienza indipendente sono reciproche (ma del resto si sa che il buon senso è la cosa meglio ripartita al mondo, in quanto ognuno se ne ritiene ben provvisto), il tentativo di portare ancora un po’ di chiarezza non è forse inutile a priori (Introduzione, 11).

- Papa Clemente VII mette fine alla lunga controversia emanando 4 bolle (6 gennaio 1390) con le quali permette l’ostensione, ma senza solennità, e ordina che ogni volta, alla presenza del pubblico si dica ad alta voce, per far cessare ogni frode, che la «suddetta raffigurazione o rappresentazione non è il vero Sudario del Nostro Signore Gesù Cristo, ma una pittura o tavola fatta a raffigurazione o imitazione del Sudario» (Una reliquia senza passato, 15).

- Erano invece consuete un altro tipo di immagini, consistenti nell’impronta del volto di Cristo vivente lasciata su un asciugamano: le «veroniche», vere icone. [...] La Sindone nasce - dopo il giubileo del 1350 che aveva reso celebre la veronica romana - come unione di due elementi: l’impronta di Cristo e il suo telo sepolcrale (Altre sindoni e reliquie medievali, 23).

- Nel corso del tempo sono state avanzate ipotesi «miracolistiche». L’immagine sarebbe stata creata per emissione di energia (lampi di luce, calore, raggi laser, protoni, neutroni, eccetera), sprigionata dal corpo di Cristo al momento della resurrezione. [...] In questo caso, ai fini della ricerca scientifica, è un altro: se si postula una tale emissione di energia da parte di un corpo umano, di qualunque tipo essa sia, si invoca già un miracolo. A questo punto ogni ulteriore discussione è vana (Altre ipotesi soprannaturali, 67).

- Radiodatazione. I risultati complessivi dei tre laboratori (Tucson, Oxford e Zurigo) ricevuti dal cardinale Ballestrero il 28 settembre, furono da lui resi pubblici in una conferenza stampa indetta a Torino il 13 ottobre 1988. I test di datazione circoscrissero l’età del telo al periodo compreso tra 1260 e il 1390. [...] L’età reale della Sindone coincide quindi con quella «storica»: l’immagine, apparsa a metà del Trecento, fu fabbricata proprio in quegli anni e non tredici secoli prima; il dato risulta anche in accordo con quanto affermato nel memoriale del vescovo Pietro d’Arcis, il quale afferma che il suo predecessore - il vescovo Enrico di Poitiers - aveva individuato l’artefice del falso (102).

- [...] Nonostante questi giudizi, è chiaro che la sindonologia ha ora un nuovo giocattolo con cui divertirsi e un nuovo argomento col quale sopravvivere. [...] Nella medesima letteratura sindonologica vengono citati anche altri esperimenti, con risultato ugualmente negativo (Obiezioni al test di radiodatazione, 105).

- Abbiamo visto che la Sindone di Torino è storicamente nota a partire dal 1357. [...] Come si ricorderà, già nel 1357 il vescovo Enrico di Poitiers obiettava in merito alla plausibilità e autenticità della Sindone, dato che di una simile immagine il santo evangelo non fa alcuna menzione, mentre invece, se ciò fosse vero, non è verosimile che venisse taciuto od omesso dai santi evangelisti, né che fino a questa epoca sia stato tenuto celato od occultato (Preistoria della Sindone? 119).

- Abbiamo tentato di offrire un contributo di approfondimento e un’analisi critica, presentando le tesi dei sostenitori dell’autenticità accanto alle tesi contrarie. [...] Anche l’autore non può esimersi dal formulare un proprio verdetto finale. Lo farò parafrasando quanto scritto (vedi pagina 28) da papa Pio XI in una lettera al cardinal Fossati: «Abbiamo seguito personalmente gli studi sulla S. Sindone e ci siamo persuasi della non autenticità. Si sono fatte opposizioni, ma non reggono» (Conclusioni, 132).

www.cicap.org/new/prodotto.php?id=3028
benimussoo
00lunedì 20 agosto 2007 22:57
Re:

Processo alla Sindone
Indagine scientifica sul misterioso lenzuolo
di Luigi Garlaschelli


www.cicap.org/new/prodotto.php?id=3028

Una risposta per tutte le domande capziose e artificiose avanzate dai sedicenti «sindonologi» su cui - in occasione delle mediatiche ostensioni/ostentazioni - si sono pubblicati una quantità di volumi/video/gadget della cervellotica sindonologia. Così il lettore potrà farsi un’opinione criticamente informata (non solo edificatoria o apologetica) sull’icona più decantata del mondo cattolico. Tutto quello, insomma, che vorreste sapere sul «sacro lenzuolo» e che nessuno vi ha mai detto.



c'è tutto un prologo preso da un sito di valore scientifico riconosciuto in tutta italia e tu cosa fai riporti un libro senza approfondire quello che è scritto nel prologo .. complimenti

(Upuaut)
00mercoledì 22 agosto 2007 14:18
Re: Re:
benimussoo, 20/08/2007 22.57:


Processo alla Sindone
Indagine scientifica sul misterioso lenzuolo
di Luigi Garlaschelli


www.cicap.org/new/prodotto.php?id=3028

Una risposta per tutte le domande capziose e artificiose avanzate dai sedicenti «sindonologi» su cui - in occasione delle mediatiche ostensioni/ostentazioni - si sono pubblicati una quantità di volumi/video/gadget della cervellotica sindonologia. Così il lettore potrà farsi un’opinione criticamente informata (non solo edificatoria o apologetica) sull’icona più decantata del mondo cattolico. Tutto quello, insomma, che vorreste sapere sul «sacro lenzuolo» e che nessuno vi ha mai detto.



c'è tutto un prologo preso da un sito di valore scientifico riconosciuto in tutta italia e tu cosa fai riporti un libro senza approfondire quello che è scritto nel prologo .. complimenti




Questo libro è l'indagine scientifica.


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