Suore per Scelta

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Justeee
00lunedì 22 maggio 2006 15:43
Suore per scelta

Le donne che conservavano la verginità, uscivano dal ciclo della sessualità e della nascita liberandosi dell'immagine negativa di seduttrice
C'era in questa scelta un'alternativa al ruolo di madre-moglie.
C'era quindi un valore positivo della verginità. Un argomento efficace lo usò Angela Merici fondatrice dell'ordine della Compagnia di sant'Orsola che ricordava alle allieve come le invidiassero le donne più nobili perchè la loro condizione era più degna di quella di imperatrici e duchesse.
Inoltre nella sicurezza del chiostro potevano scrivere lettere profetizzare e predicare. Erano i conventi ambienti favorevoli all'autorealizzazione e all'autonomia femminile.
Molte cercarono la vita del chiostro come Cecilia Gonzaga che era stata allieva di Vittorino da Feltre. Una scelta simile la affrontò Costanza Barbaro figlia dell'umanista Francesco.
La Riforma sciolse i conventi perché Lutero sosteneva che le donne non dovevano restare vergini essendo fatte per procreare. A Strasburgo un solo convento rifiutò di tornare a casa.
A Ginevra suor Jeanne de Jussie dell'Ordine di Santa Chiara era in un convento poco prima della Riforma e lasciò un resoconto della sua esperienza : Le Levaine du Calvinisme ou commencement de l'heresie de Geneve.
Caritas Pirckheimer narrò la difesa eroica del convento di Norimberga negli anni fra il 1524 e il 1528.
Rimane curiosa la resistenza della Chiesa a favorire l'estendersi delle organizzazioni conventuali femminili già ostacolate nel Medioevo. Ma che andarono via via riducendosi dopo il period di fioritura e di grande autonomia che le suore godevano nei monasteri benedettini.
Le varie forme di aggregazione femminile si confondevano fra di loro e sfuggivano sempre di più a una definizione.
Il mescolarsi delle forme di vita comunitaria femminile in Italia è testimoniato dalla storia del beghinaggio del Corpus Domini di Ferrara fondato nel 1406 da Bernardina Sedazzari. Era una comunità non strutturata di monache laiche fra le quali c'era Caterina Vegri futura badessa e santa.
Le nuove suore pronunciarono i voti.
Un nuovo ordine femminile non di clausura fu fondato un secolo dopo da Angela Merici.
<>.
La comunità chiamata Compagnia di sant'Orsola si rifaceva ai modelli di vita spirituali scelti
dalle donne dei secoli precedenti: beghine, clarisse, gli ordini terziari.
Queste donne vivevano nelle loro case in famiglia e si ritrovavano - dopo avere fatto voto informale di verginità- due volte al mese a Bologna.
<>
Questa compagnia sopravvisse in opere di carità a Brescia fino agli inizi del XIX secolo. Le orsoline dal 1566 erano diventate monache di clausura perché l'aveva stabilito Paolo V. Da allora le orsoline proseguirono la loro opera in educazione delle fanciulle.
Anche altri ordini come quello delle visitandone fondato da Jeanne de Chantal finì per trasformarsi in ordine claustrale.
Solo le Figlie della Carità di Luise de Marillac allieva di Francesco de Paoli sopravvisse come ordine che svolgeva lavoro ospedaliero. Forse per la bassa origine sociale delle monache.
Anche l'ordine fondato da Mary Ward venne sciolto nel 1631 e la sua fondatrice accusata di essere aggressiva nelle questioni spirituali. La Ward aveva fondato una rete di scuole europee dirette da insegnanti laiche donne. Era una scuola modellata sull'ordine dei gesuiti. La Ward aveva osato concepire un nuovo ruolo di rilievo per le donne nella chiesa.
Queste donne vivevano in comunità informali che erano collocate fra il grande corpo della Chiesa a metà fra Medioevo e prima età moderna. Questi programmi di soccorso sociale all'esame dell'istituzione maschile risultavano lodevoli ma dovevano essere lasciati da parte per organizzarsi secondo le regole delle monache. Le monache dovevano abbandonare le strade piene di bisognosi e guardare dentro di sé.< Per ironia questo schema ricorrente di crescente restrizione della pietà femminile e della riduzione a clausura delle comunità, che può essere rintracciato dal Medioevo fino alle soglie dell'era moderna, coincide con la fioritura di una pietà maschile pienamente autorizzata a trovare nuove forme di espressione: francescani, domenicani, protestanti e gesuiti>> ( pag.133)
<>
Gli albigesi , i lollardi e i guglielmiti, i primi erano sensibili al rifiuto del matrimonio, i secondi erano formati per più di un terzo da donne e i terzi veneravano la profetessa Guglielma.
C'era poi l'eresia del Libero Spirito e le visionarie che scrivevano per diffondere e difendere le proprie idee considerate molto pericolose dalla Chiesa. Per esempio Margherita Porete e nel 1400 Mary de Valenciennes. Il misticismo ebbe manifestazioni struggenti di amore per Dio che si caricava di erotismo e di esperienza e emozioni femminili.
Sulle donne pesava l'ingiunzione pseudopaolina ad ascoltare e non insegnare (1 Tim2:11-12)
E tale regola era stata adottata. Jean Gerson avvertiva che ogni insegnamento da parte delle donne doveva essere ben esaminato soprattutto se scritto in forma solenne.
Le sante ispirarono uomini colti a scrivere la loro biografia, anche studiosi non solo i confessori.
Gerson si era anche specializzato scrivendo due libri nella verifica della validità delle visioni delle sante.
Le sante nei momenti visione trascendevano la loro femminilità scambiandola con la mascolinità di Dio, questa spiegazione la quale ha avuto importanti e straordinari studi come quello della Bynum sovverte la abituale visione gerarchica dei sessi <> <>
Alcune furono accusate di truffa provata come Maria de la Visitacion, o come la Benedetta Carlini.
1x2x
00giovedì 20 luglio 2006 17:01
dal vaticano
Esaltazione della verginità e preoccupazione per le cose del Signore
Udienza Generale — 30 Giugno 1982
1. San Paolo, spiegando nel capitolo settimo della sua prima lettera ai Corinzi la questione dal matrimonio e della verginità (ossia della continenza per il regno di Dio), cerca di motivare la causa per cui chi sceglie il matrimonio fa «bene» e chi, invece, si decide ad una vita nella continenza, ossia nella verginità, fa «meglio». Scrive infatti così: «Questo vi dico fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero...»; e poi: «quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo! Io vorrei vedervi senza preoccupazioni...» (7,29.30-32).

2. Le ultime parole del testo citato dimostrano che Paolo si riferisce nella sua argomentazione anche alla propria esperienza, per cui la sua argomentazione diventa più personale. Non solo formula il principio e cerca di motivarlo come tale, ma si allaccia alle riflessioni e alle convinzioni personali, nate dalla pratica del consiglio evangelico del celibato. Della loro forza persuasiva testimoniano le singole espressioni e locuzioni. L'Apostolo non soltanto scrive ai suoi Corinzi: «Vorrei che tutti fossero come me» (1Cor 7,7), ma va oltre, quando, in riferimento agli uomini che contraggono il matrimonio, scrive: «Tuttavia costoro avranno tribolazioni nella carne, e io vorrei risparmiarvele» (7,2[SM=g27989]. Del resto questa sua convinzione personale era già espressa nelle prime parole del capitolo settimo della stessa lettera, riferendo, sia pure per modificarla, questa opinione dei Corinzi: «Quanto poi alle cose che mi avete scritto, è cosa buona per l'uomo non toccare donna...» (1Cor 7,1).

3. Ci si può porre la domanda: quali «tribolazioni nella carne» Paolo aveva in mente? Cristo parlava solo delle sofferenze (ovvero «afflizioni»), che prova la donna quando deve dare «alla luce il bambino», sottolineando tuttavia la gioia (cf. Gv 16,21) di cui ella si allieta come compenso di queste sofferenze, dopo la nascita del figlio: la gioia della maternità. Paolo, invece, scrive delle «tribolazioni del corpo», che attendono i coniugi. Sarà questa l'espressione di una avversione personale dell'Apostolo nei riguardi del matrimonio? In questa osservazione realistica bisogna vedere un giusto avvertimento per coloro che - come a volte i giovani - ritengono che l'unione e la convivenza coniugale debbono apportare loro soltanto felicità e gioia. L'esperienza della vita dimostra che i coniugi rimangono non di rado delusi in ciò che maggiormente si aspettavano. La gioia dell'unione porta con sé anche quelle «tribolazioni nella carne», di cui scrive l'Apostolo nella lettera ai Corinzi. Queste sono spesso «tribolazioni» di natura morale. Se egli intende dire con questo che il vero amore coniugale - proprio quello in virtù del quale «l'uomo... si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne» (Gen 2,24) - è anche un amore difficile, certo rimane sul terreno della verità evangelica e non vi è alcuna ragione per scorgervi sintomi dell'atteggiamento che, più tardi, doveva caratterizzare il manicheismo.

4. Cristo, nelle sue parole circa la continenza per il regno di Dio, non cerca in alcun modo di avviare gli ascoltatori al celibato o alla verginità, indicando loro «le tribolazioni» del matrimonio. Piuttosto si percepisce che egli cerca di mettere in rilievo diversi aspetti, umanamente penosi, del decidersi alla continenza: sia la ragione sociale, sia le ragioni di natura soggettiva, inducono Cristo a dire dell'uomo che prende una tale decisione, che egli si fa «eunuco», cioè volontariamente abbraccia la continenza. Ma proprio grazie a ciò, balza molto chiaramente tutto il significato soggettivo, la grandezza e l'eccezionalità di una tale decisione: il significato di una risposta matura a un particolare dono dello Spirito.

5. Non diversamente intende il consiglio di continenza san Paolo nella lettera ai Corinzi, ma egli lo esprime in modo diverso. Infatti scrive: «Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve...» (1Cor 7,29), e poco più avanti: «Passa la scena di questo mondo...» (7,31). Questa constatazione circa la caducità dell'esistenza umana e la transitorietà del mondo temporale, in un certo senso circa l'accidentalità di tutto ciò che è creato, deve far sì che «quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero» (7,29; cf. 7,31), e insieme preparare il terreno per l'insegnamento sulla continenza. Nel centro del suo ragionamento, infatti, Paolo mette la frase-chiave che può essere unita all'enunciato di Cristo, unico nel suo genere, sul tema della continenza per il regno di Dio (cf. Mt 19,12).

6. Mentre Cristo mette in rilievo la grandezza della rinuncia, inseparabile da una tale decisione, Paolo dimostra soprattutto come bisogna intendere il «regno di Dio», nella vita dell'uomo, il quale ha rinunciato al matrimonio in vista di esso. E mentre il triplice parallelismo dell'enunciato di Cristo raggiunge il punto culminante nel verbo che significa la grandezza della rinuncia assunta volontariamente («e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli»: Mt 19,12), Paolo definisce la situazione con una sola parola: «Chi non è sposato» («àgamos»); più avanti invece rende tutto il contenuto dell'espressione «regno dei cieli» in una splendida sintesi. Dice, infatti: «Chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore» (1Cor 7,32). Ogni parola di questo enunciato merita una speciale analisi.

7. Il contesto del verbo «preoccuparsi» o «cercare» nel Vangelo di Luca, discepolo di Paolo, indica che veramente bisogna cercare soltanto il regno di Dio (cf. Lc 12,31), ciò che costituisce «la parte migliore», l'«unum necessarium» (cf. Lc 10,41). E Paolo stesso parla direttamente della sua «preoccupazione per tutte le Chiese» (2Cor 11,2[SM=g27989], della ricerca di Cristo mediante la sollecitudine per i problemi dei fratelli, per i membri del corpo di Cristo (cf. Fil 2,20-21; 1Cor 12,25). Già da questo contesto emerge tutto il vasto campo della «preoccupazione», alla quale l'uomo non sposato può dedicare totalmente il suo pensiero, la sua fatica e il suo cuore. L'uomo, infatti, può «preoccuparsi» soltanto di ciò che veramente gli sta a cuore.

8. Nell'enunciato di Paolo, chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore (t«à toû kyrìou»). Con questa concisa espressione Paolo abbraccia l'intera oggettiva realtà del regno di Dio. «Del Signore è la terra e tutto ciò che essa contiene», dirà egli stesso poco più avanti in questa lettera (1Cor 10,26; cf. Sal 24,1). L'oggetto della sollecitudine del cristiano è tutto il mondo! Ma Paolo con il nome di «Signore» qualifica prima di tutto Gesù Cristo (cf. ex. gr., Fil 2,11), e perciò «le cose del Signore» significano in primo luogo «il regno di Cristo», il suo corpo che è la Chiesa (cf. Col 1,1[SM=g27989] e tutto ciò che contribuisce alla sua crescita. Di tutto ciò si preoccupa l'uomo non sposato e perciò Paolo, essendo nel pieno senso della parola «apostolo di Gesù Cristo» (1Cor 1,1) e ministro del Vangelo (cf. Col 1,23), scrive ai Corinzi: «Vorrei che tutti fossero come me» (1Cor 7,7).

9. Tuttavia, lo zelo apostolico e l'attività più fruttuosa non esauriscono ancora ciò che si contiene nella motivazione paolina della continenza. Si potrebbe perfino dire che la loro radice e sorgente si trova nella seconda parte della frase, che dimostra la realtà soggettiva del regno di Dio: «Chi non è sposato si preoccupa..., come possa piacere al Signore». Questa constatazione abbraccia tutto il campo della relazione personale dell'uomo con Dio. «Piacere a Dio» - l'espressione si trova in antichi libri della Bibbia (cf., ex gr., Dt 13,19) - è sinonimo di vita nella grazia di Dio, ed esprime l'atteggiamento di colui che cerca Dio, ossia di chi si comporta secondo la sua volontà, così da essergli gradito. In uno degli ultimi libri della Sacra Scrittura questa espressione diventa una sintesi teologica della santità. San Giovanni l'applica una sola volta a Cristo: «Io faccio sempre le cose che gli (al Padre) sono gradite» (Gv 8,29). San Paolo osserva nella lettera ai Romani che Cristo «non cercò di piacere a se stesso» (15,3).

Tra queste due constatazioni si racchiude tutto ciò che costituisce il contenuto del «piacere a Dio», inteso nel Nuovo Testamento come il seguire le orme di Cristo.

10. Sembra che ambedue le parti dell'espressione paolina si sovrappongano: infatti, preoccuparsi di ciò che «appartiene al Signore», delle «cose del Signore», deve «piacere al Signore». D'altra parte, colui che piace a Dio non può rinchiudersi in se stesso, ma si apre al mondo, a tutto ciò che è da ricondurre a Cristo. Questi sono, evidentemente, solo due aspetti della stessa realtà di Dio e del suo regno. Paolo, tuttavia, doveva distinguerli, per dimostrare più chiaramente la natura e la possibilità della continenza «per il regno dei cieli».

Cercheremo di ritornare ancora su questo tema.
barnabino
00venerdì 28 luglio 2006 14:23
Sul documento vaticano avrei dei dubbi, infatti le parole di Paolo erano motivate dalla sua ansia escatologica, per lui la fine del mondo era imminente, dice "il tempo rimasto è ridotto" e dunque non pensava ad una perpetua verginità ma ad uan condizione di "emargenza".

C'è poi da dire che abilmente non si cita come continua Paolo

"Ma se qualcuno pensa di comportarsi indebitamente verso la sua verginità, se questa ha passato il fiore della giovinezza, e così deve avvenire, faccia ciò che vuole; non pecca. Si sposino. Se al contrario qualcuno è fermo nel suo cuore, non avendo alcuna necessità, ma ha autorità sulla propria volontà e ha preso questa decisione nel proprio cuore, di mantenere la propria verginità, farà bene. Quindi anche chi dà la sua verginità in matrimonio fa bene, ma chi non la dà in matrimonio fa meglio"

Dunque qui dice che non è il caso di reprimere le giuste pulsioni sessuali. Dare la propria verginità in matrimonio è definito "bene" come quando Dio creò l'uomo e la donna e tutto quello che ne conseguiva e disse che era "molto buono".

A me sembra sempre che la chiesa di Roma su questo punto mantenga un atteggiamento poco chiaro che non ha caso ha portato ad una crisi delle vocazioni.

Shalom [SM=x511460]
M.Tamburino
00venerdì 28 luglio 2006 20:24

Come vi spiegate che tutte queste suore vengono dai paesi del terzo mondo?

Vocazione? [SM=g27991]

Dunque qui dice che non è il caso di reprimere le giuste pulsioni sessuali. Dare la propria verginità in matrimonio è definito "bene" come quando Dio creò l'uomo e la donna e tutto quello che ne conseguiva e disse che era "molto buono".

Domanda: Fare meglio, per dirla alla paolina, dà o non dà un ordine alle cose? Ciò premesso, Barnabino che sei sempre così attento alle origini giudaiche del cristianesimo, da quale prassi giudaica Paolo prende l'idea di una verginità almeno da equiparare al matrimonio? Davvero solo dall'urgenza? O non piuttosto dalla possibilità evangelica che ci possa essere qualcuno che si rende eunuco per il Regno dei Cieli? E se possibile, quest'ultimo messaggio è legato all'urgenza dei tempi oppure fa riferimento ad un concetto semitico?

Per me è un punto di rottura. Tu che ne pensi?
barnabino
00sabato 29 luglio 2006 01:19
Caro Tamburino,


Vocazione?


Non ho mica detto il contario, mi chiedevo solo perchè siano concentrate nei paesi del terzo mondo.

Fare meglio, per dirla alla paolina, dà o non dà un ordine alle cose?


Paolo non pone alcun "ordine", dice che si può benissimo servire Dio sia da vergini che da sposati ma che in un tempo in cui, a suo parere, il tempo era "contratto" (letteralmente) era necessario dare la priorità alle cose più urgenti.

Paolo dice che "si fa meglio" ma questo non comporta nessun voto perpetuo, egli dice che anche chi si sposa "fa bene" se sente delle pulsioni in tal senso.

Secondo Paolo fa male, invece, chi ignora o reprime le proprie naturali pulsioni sessuali che Dio ha stabilito di soddisfare all'interno del vincolo matrimoniale. Nel NT la verginità non è di per sè un merito ed alle vergini giovani non è dato alcun privilegio, anzi ad esse Paolo suggerisce di sposarsi.

Ciao [SM=x511460]






M.Tamburino
00sabato 29 luglio 2006 17:56
Non vedo l'ora ...

Scritto da: il.gabbiano 29/07/2006 15.40
Credo che, per parcondicio, anche sulle suore bisognerebbe spendere un pò di tempo per annunciare la costante ed abituale violazione dei loro fondamentali diritti umani.

Me lo riprometto per la prossima volta.

Il Gabbiano

La "par condicio" potrebbe essere invocata se fossero state le "suore" ad arricchire questo forum di tanta profusione di pensiero/i sull'argomento.

Io nella mia vita ne ho conosciute parecchie: giovani e anziane, felici ed infelici, dubbiose e convinte, serene e depresse, di clausura e secolari, di ordini storici o di "nuove comunità", italiane e straniere, bianche, africane ed asiatiche, in Italia ed all'estero, simpatiche ed antipatiche, belle e brutte-bruttissime.

Non vedo l'ora di leggere le esaustive sintesi che già si profilano dietro l'angolo ... [SM=g28003]
il.gabbiano
00sabato 29 luglio 2006 18:16
Re: Non vedo l'ora ...

Scritto da: M.Tamburino 29/07/2006 17.56
La "par condicio" potrebbe essere invocata se fossero state le "suore" ad arricchire questo forum di tanta profusione di pensiero/i sull'argomento.

Io nella mia vita ne ho conosciute parecchie: giovani e anziane, felici ed infelici, dubbiose e convinte, serene e depresse, di clausura e secolari, di ordini storici o di "nuove comunità", italiane e straniere, bianche, africane ed asiatiche, in Italia ed all'estero, simpatiche ed antipatiche, belle e brutte-bruttissime.

Non vedo l'ora di leggere le esaustive sintesi che già si profilano dietro l'angolo ... [SM=g28003]




Evidentemente non conoscono questo forum. [SM=g27987]
Non riporto nulla di mio, ma la dichiarazione di religiose americane sulla violazione dei loro diritti umani. Peccato che è scritto in inglese, ma se qualcuno riuscisse a tradurre farebbe cosa gradita a tutti:


"The National Coalition of American Nuns continues to hold in our hearts
the plight of our sisters in Africa as well as that of women and children in
countries around the world who suffer rape, indignity, and other kinds of
violence at the hands of those whom they trusted.

It is particularly appalling when those responsible for such crimes are
agents of a Church which is slow to hear the cries of these victims. It is
unforgiveable that years go by between the reporting of these terrible
incidents and any acknowledgement of them by the Vatican. Each year that
passes means countless other young women and girls must endure extreme
physical and emotional suffering, often abandoned by family and Church.

We agree with Sister Maura O'Donohue--who seven years ago presented
the Congre-gation for Religious a detailed, confidential report documenting
what was happening--that the situation is a "delicate" one. However, it is
evident that silence merely encourages the oppressor and allows the evil to
continue unabated.

Therefore, the National Coalition of American Nuns asks all women and
our
concerned brothers in the Church to join their voices with ours to call the
Vatican and the African hierarchy to accountability by:
1. making a public apology for the sins of sexual abuse of these young
women
and girls by some members ofthe clergy;
2. providing financial support for counseling and other therapeutic services
for those who have been abused;
3. making a public commitment to educate themselves and the clergy about
respect for women;
4. providing reparations to the women whose lives have been violated;
5. making a public disclosure of the steps being taken to correct this
scandal and transgression of the rights of women.

We further ask:
1. If the perpetrators were not priests, would not criminal charges be
filed
against them?
2. Are Church people aware that the United Nations has declared rape a
crime
against humanity?
3. Would withholding and/or not acting upon this information for years make
those who kept this shameful silence complicit in the further crimes
committed against these women?
4. Does our own silence lend consent?

Washington april 2001

(L'Associazione delle religiose americane sugli abusi sessuali dei preti verso le suore)- Da "noi siamo Chiesa"

Leggendo da voi potrete constatare in che cosa consiste la violazione dei diritti di queste donne religiose.
C'è però il fatto positivo ed importantissimo, caro Barnabino, che sono milioni i cattolici che denunciano questo comportamento all'interno della propria chiesa...avrai compreso cosa intendo dirti.

Tanti saluti

Il Gabbiano




M.Tamburino
00sabato 29 luglio 2006 18:17
Caro amico,

Non ho mica detto il contario, mi chiedevo solo perchè siano concentrate nei paesi del terzo mondo

Dai, Barnabino, non fare il modesto: lo so che muori dalla voglia di dire quello che pensi. Fallo. Non ti preoccupare. Il mondo è bello perché è vario ...
Ridurre la verginità alla castrazione delle proprie pulsioni sessuali mi pare riduttivo. A scanso di equivoci, non ho detto né che non si presenti mai nella casistica (diffusa o meno) né che nel passato o nella storia più recente ci sia la preponderanza di tale attitudine.
La verginità per il Signore è da leggere sempre in chiave positiva e non negativa (come purtroppo siamo abituati in questo forum) e quindi per il servizio (ministeriale, pastorale o comunitario).
Anche le suore di clausura, per quanto uno possa ritenerle dedite ad uno stile di vita accettabile, non sono mai un'isola a sé (e non sto parlando delle "tante" preghiere per il mondo): mai sentito delle attività anche intellettuali che vi si svolgono?

Paolo non pone alcun "ordine", dice che si può benissimo servire Dio sia da vergini che da sposati ma che in un tempo in cui, a suo parere, il tempo era "contratto" (letteralmente) era necessario dare la priorità alle cose più urgenti.

Paolo dice che "si fa meglio" ma questo non comporta nessun voto perpetuo, egli dice che anche chi si sposa "fa bene" se sente delle pulsioni in tal senso.

Secondo Paolo fa male, invece, chi ignora o reprime le proprie naturali pulsioni sessuali che Dio ha stabilito di soddisfare all'interno del vincolo matrimoniale. Nel NT la verginità non è di per sè un merito ed alle vergini giovani non è dato alcun privilegio, anzi ad esse Paolo suggerisce di sposarsi

Anche qui, dài Barnabino, possibile che non ti vengono in mente tanti tuoi confratelli che "de facto" hanno optato per questa scelta? A me ne vengono in mente almeno cinque o sei che ho conosciuto nella mia vita. E non venirmi a dire che se vogliono, si possono sposare in qualunque momento, perché in venti e più anni non l'hanno mai fatto. In effetti mi chiedo che fine hanno fatto le loro pulsioni sessuali ... a meno che non pensi che le loro motivazioni siano più nobili e degne di quelle delle povere "sorelle della carità" (ad esempio conosco uno che è finito dritto dritto a Roma). "Fare meglio" non vuole dire "fare bene come se ci si sposa", ma fare meglio. Punto.
Piuttosto siamo noi cattolici che mitighiamo questa posizione paolina abbastanza estrema, quando poniamo sullo stesso piano e il matrimonio e la vita consacrata. E non venirmi a dire che il concetto di santità è più intimamente collegato a queste forme di vita perché siamo sempre noi cattolici a riconoscere con un detto molto popolare "che l'inferno è lastricato di suore ...". [SM=g27988] (io lo dicevo sempre alla mia amica sr. Germana che si arrabbiava alquanto ...).

Quello che ha introdotto la verginità per il Regno dei Cieli NON è stato Paolo ma Gesù nei vangeli, senza alcuna connotazione temporale (semmai escatologica ... scusami la pomposità ...). E per l'ambiente semitico è un punto di frattura.

La chiesa l'ha colta e sicuramente si è evoluta (nel bene E nel male), come è avvenuto per molte cose: o mi vuoi dire che le vostre signore al culto si recano ancora velate? Beh, da noi succede ancora: a ben guardare siamo una comunità veramente paolina ... [SM=g27990]

Pace a te, Barnabino (e non dubitare mai del mio affetto [SM=g28003] : ispirati un po' di più al tuo avatar che è davvero molto bello, mai quanto il mio ovviamente!)


barnabino
00giovedì 10 agosto 2006 15:10
Ciao Tamburino,


Dai, Barnabino, non fare il modesto: lo so che muori dalla voglia di dire quello che pensi. Fallo. Non ti preoccupare. Il mondo è bello perché è vario ...
Ridurre la verginità alla castrazione delle proprie pulsioni sessuali mi pare riduttivo.


No, guarda che non voglio dire questo, ci sono anche tanti TdG che decidono di rimanere vergini o single per servire meglio Dio, non voglio generalizzare dicendo che si tratti di una forma di "castrazione". Certo quello del celibato non è il solo problema, anche in confessioni dove non esiste questo obbligo sembra esserci una simile tendenza.

Volevo solo chiedere cosa ne pensi del fatto che è nel terzo mondo che vi sono più vocazioni.

E non venirmi a dire che se vogliono, si possono sposare in qualunque momento, perché in venti e più anni non l'hanno mai fatto. In effetti mi chiedo che fine hanno fatto le loro pulsioni sessuali ... a meno che non pensi che le loro motivazioni siano più nobili e degne di quelle delle povere "sorelle della carità" (ad esempio conosco uno che è finito dritto dritto a Roma). "Fare meglio" non vuole dire "fare bene come se ci si sposa", ma fare meglio. Punto.

barnabino
00giovedì 10 agosto 2006 15:18
Ciao Tamburino,


Dai, Barnabino, non fare il modesto: lo so che muori dalla voglia di dire quello che pensi. Fallo. Non ti preoccupare. Il mondo è bello perché è vario ...
Ridurre la verginità alla castrazione delle proprie pulsioni sessuali mi pare riduttivo.


No, guarda che non voglio dire questo, ci sono anche tanti TdG che decidono di rimanere vergini o single per servire meglio Dio, non voglio generalizzare dicendo che si tratti di una forma di "castrazione". Certo quello del celibato non è il solo problema, anche in confessioni dove non esiste questo obbligo sembra esserci una simile tendenza.

Volevo solo chiedere cosa ne pensi del fatto che è nel terzo mondo che vi sono più vocazioni.

E non venirmi a dire che se vogliono, si possono sposare in qualunque momento, perché in venti e più anni non l'hanno mai fatto. In effetti mi chiedo che fine hanno fatto le loro pulsioni sessuali ... a meno che non pensi che le loro motivazioni siano più nobili e degne di quelle delle povere "sorelle della carità"


Dico solo che la verginità non debba divenatre discriminante, è una scelta personale, questo intendeva Paolo, che dice anche che chi si sposa "fa bene". Si può fare "meglio" come tu dici ma non impedisce di servire Dio "bene".

Per questo che a me un obbligo a vita sembra assurdo e inutile, io posso servire bene fin quando la "verginità" non mi è di ostacolo. Se sono "obbligato" da un "voto" fatto a Dio potrei finire per servire "peggio".

Poi non metto in dubbio che ci sono tante suore e TdG sinceri e felici nella loro decisione. Non metto i TdG su un piano superiore, dico solo che quanto è volontario di solito dà modo di servire più facilmente di cuore.


Quello che ha introdotto la verginità per il Regno dei Cieli NON è stato Paolo ma Gesù nei vangeli, senza alcuna connotazione temporale (semmai escatologica ... scusami la pomposità ...). E per l'ambiente semitico è un punto di frattura



Gesù parlava di risuscitati, neppure di cieli, dunque non mi pare un buon argomento per sostenere una priorità della verginità per coloro che sono vivi nel servire Dio.

Shalom
M.Tamburino
00giovedì 10 agosto 2006 21:18
Ne sei proprio certo?
Matteo 19:12
Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca

Per venire alla tua domanda, le motivazioni di una maggior presenza di vita consacrata nei paesi del terzo mondo (o di missione) può avere mille motivazioni. Dal fatto che, come da noi decenni o secoli fa, la vita religiosa costituisce una sistemazione al fatto che gli ideali che traspaiono dalle congregazioni religiose incontrano i bisogni di una vita alla ricerca di un senso diverso da quello corrente.

Nel mondo occidentale, inutile dirlo, la secolarizzazione può portare anche ad un inaridimento nella ricerca di tali ideali; in paesi dove gli squilibri sono diversi (economici, sociali, spirituali ed anche religiosi) l'esperienza cristiana può avere un fascino ed una forza attrattiva diversa, perché percepita quale elemento con forti elementi di novità.

Chi ha ricevuto molto, o ritiene di averlo ricevuto, spesso si spinge agli estremi delle scelte. Anche se, personalmente, ritengo che nel nostro mondo occidentale, cioè oggi, le scelte più coraggiose sono proprio quelle familiari e non religiose.

Non è possibile a mio avviso generalizzare ma forse le risposte vanno contestualizzate il più possibile. La sociologia forse non è la spiegazione assoluta, ma può aiutare ad inquadrare la situazione.

Ho conosciuto persone stanche delle loro vita religiosa ed altre della loro vita matrimoniale. Ma ho conosciuto anche persone pienamente appagate e dell'una e dell'altra.

Noi cattolici ad esempio riteniamo che questo secolo, come il precedente, sia attraversato dalla prevalenza della vita matrimoniale perché è la testimonianza di cui oggi il mondo, o una parte di esso, ha più bisogno. Mi rendo conto che può apparire una spiegazione artatamente costruita per nascondere la crisi delle vocazioni. Ma ogni anima è un mondo a sè.

Nel nostro mondo, qui in Italia, qui in Europa, ho visitato comunità di vita (le cosiddette Nuove Comunità, spesso di derivazione carismatica) dove l'età media è di 30 anni e dove le fondazioni si susseguono molto velocemente. Ho conosciuto ordini secolari dove l'età media è di settanta/ottanta anni.

Ma i motivi, non li conosco ...
barnabino
00venerdì 11 agosto 2006 16:45
Caro Tamburino,

Anche quell'affermazione di Cristo non mi pare che possa far pensare a un "primato" della verginità sul matrimonio o una invito a praticare un celibato perpetuo. Esso è un "dono" fintanto che rimane tale, non ha senso pronunciare un "voto" in tal senso poichè quello che è un dono potrebbe diventare un peso, come dice Paolo allora sposatevi.

Ma a parte questo i motivi della crisi vocazionale, anche "laica", sono d'accordo con te, sono molteplici e non dipendono solo dal celibato.

Shalom [SM=x511460]

M.Tamburino
00venerdì 11 agosto 2006 23:26
Però spiegami dove avrei parlato di "primato" ... il CCC stesso recita al n° 1620 che "la stima delle verginità per il Regno ed il senso cristiano del matrimonio sono inseparabili e si favoriscono a vicenda". S. Giovanni Crisostomo dice che chi denigra il matrimonio, sminuisce la gloria della verginità e chi lo loda, aumenta l'ammirazione che è dovuta alla verginità. Nessun primato, quindi.

Mi sembra che alle varie obiezioni tese a negare lo stato verginale nella chiesa primitiva sia stato risposto sia secondo la prassi paolina, che dà appunto una valenza spirituale tanto quanto al matrimonio, sia secondo quella gesuana. Quest'ultima, poi, non introduce assolutamente un termine temporale alla questione, anzi. Come riconosce che uno può essere eunuco per nascita o per mano d'uomo (e quindi secondo uno stao irrevocabile) così anche chi si fa eunuco per il Regno dei Cieli (in risposta anche a questa obiezione) si fa per sempre, o quantomeno senza quel "termine" che invece forzatamente mi pare tu introduca nell'esegesi del testo.

barnabino
00venerdì 8 settembre 2006 16:16
Caro Amico,

Che nelle scritture non si parli di un "termine temporale" mi pare ovvio visto che si trattava di una libera decisione ciascuno era libero di portarlo avanti fino a quando lo riteneva giusto e neppure che l'essere non sposati doveva diventare una condizione necessaria per avere determinati incarichi nella congregazione. Gli apostoli conducevano con loro la moglie, questo non ne limitava il ruolo... paradossalmente oggi Pietro non avrebbe potuto essere papa!

così anche chi si fa eunuco per il Regno dei Cieli (in risposta anche a questa obiezione) si fa per sempre, o quantomeno senza quel "termine" che invece forzatamente mi pare tu introduca nell'esegesi del testo


Leggo solo il testo nel modo più ovvio. Gesù dice solo che qualcuno potrebbe decidere di non volersi sposare a motivo del regno, diventare eunuco. Ma è ovvio che tale condizione è solo simbolica e non definitiva come quella fisica. Non pone alcun obbligo a quella condizione, essa è scelta e mantenuta volontariamente, solo "Chi vi può far posto vi faccia posto". Non doveva diventare una condizione particolare che identificasse una classe "clericale".

Shalom
M.Tamburino
00venerdì 8 settembre 2006 17:55

Scritto da: barnabino 08/09/2006 16.16
Caro Amico,

Che nelle scritture non si parli di un "termine temporale" mi pare ovvio visto che si trattava di una libera decisione ciascuno era libero di portarlo avanti fino a quando lo riteneva giusto e neppure che l'essere non sposati doveva diventare una condizione necessaria per avere determinati incarichi nella congregazione. Gli apostoli conducevano con loro la moglie, questo non ne limitava il ruolo... paradossalmente oggi Pietro non avrebbe potuto essere papa!

così anche chi si fa eunuco per il Regno dei Cieli (in risposta anche a questa obiezione) si fa per sempre, o quantomeno senza quel "termine" che invece forzatamente mi pare tu introduca nell'esegesi del testo


Leggo solo il testo nel modo più ovvio. Gesù dice solo che qualcuno potrebbe decidere di non volersi sposare a motivo del regno, diventare eunuco. Ma è ovvio che tale condizione è solo simbolica e non definitiva come quella fisica. Non pone alcun obbligo a quella condizione, essa è scelta e mantenuta volontariamente, solo "Chi vi può far posto vi faccia posto". Non doveva diventare una condizione particolare che identificasse una classe "clericale".

Shalom



La verginità nella chiesa travalica i confini della "classe clericale", mi spiace. Inoltre, non è nemmeno corretto quello che affermi perché i presbiteri di rito orientale si possono tranquillamente sposare, ergo non è nemmeno una condizione della classe "clericale" tout court (basta visitare qualunque eparchia greco-cattolica per accertarsene). Il punto è un altro, è come abbia fatto nel mondo evangelico a farsi strada l'idea di una verginità (temporanea o meno, poco importa) quando nella società del tempo (semitica o giudaica che dir si voglia) era poco meno che una iattura. E' vero che gli Esseni pare la praticassero, ma da qui a dire che era una prassi consolidata, ce ne passa.

E se ci pensi i "voti cristiani" che spesso accompagnano la scelta celibataria (obbedienza e povertà) sono in antitesi alla famiglia, libertà e ricchezza che sono i cardini della sicurezza.

Comunque sia, sono d'accordo con te quando dici "chi vuol far posto, vi faccia posto". Non sono invece d'accordo quando ritieni che questa non possa essere una scelta vocazionale e perciò cristiana, ma solo pratica e contingente.

Perché ripeterei la domanda: da dove i cristiani presero tale prassi?
barnabino
00sabato 9 settembre 2006 01:28
Caro Tamburino,


La verginità nella chiesa travalica i confini della "classe clericale", mi spiace


Lo sà bene, ci sono anche molti TdG che decidono di non sposarsi.

Inoltre, non è nemmeno corretto quello che affermi perché i presbiteri di rito orientale si possono tranquillamente sposare, ergo non è nemmeno una condizione della classe "clericale" tout court


Non puoi però negare che per il clero della chiesa romana essa sia una condizione di fatto obbligatoria, lettura che io non trovo coerente con le scritture

come abbia fatto nel mondo evangelico a farsi strada l'idea di una verginità (temporanea o meno, poco importa) quando nella società del tempo (semitica o giudaica che dir si voglia) era poco meno che una iattura


La spiegazione te l'ho già data ed era nell'urgenza escatologica dei primi cristiani, cosa per altro molto vicina agli esseni. Non ci si sposava perchè si riteneva prossima la parousia di Cristo come Cristo non si sposà perchè conosceva la sua sorte imminente e la priorità del ministero. Questo senso di imminenza della fine continuò per tutto il primo secolo, più tardi, con l'elenizzazione, contribuirono altri fattori a trasformare la verginità in un valore aggiunto, basta leggere Tertulliano.

Shalom [SM=x511460]

Shalom
barnabino
00sabato 9 settembre 2006 15:25
Si potrebbe farne un risssunto nelle linee principali? Non so bene perchè ma questa logorrea mi fa sempre pensare al fatto che si voglia intortare qualcuno. Per di più vedo che il link è ad noto forum anti-testimoni di Geova... lo avrei trovato più significativo a qualche sito di preti sposati.

Il punto è che il celibato è diventato, di fatto, una condizione necessaria per entrere in una classe clericale, concetto che non trovo nel NT dove la maggiro parte di cristiani, apostoli compresi, erano tranquillamente sposati. Comunque io non sono cattolico, per cui la cosa non mi tocca minimamente.

Shalom

[Modificato da barnabino 09/09/2006 15.30]

Justee
00mercoledì 3 gennaio 2007 14:40
Stavo leggendo levitico Cap.29 e trovo tutta questa serie di prescrizioni sul voto fatto da Donne per Dio e dedicato all'astensione e dedicazione

2Mosè disse ai capi delle tribù degli Israeliti: "Questo il Signore ha ordinato: 3Quando uno avrà fatto un voto al Signore o si sarà obbligato con giuramento ad una astensione, non violi la sua parola, ma dia esecuzione a quanto ha promesso con la bocca. 4Quando una donna avrà fatto un voto al Signore e si sarà obbligata ad una astensione, mentre è ancora in casa del padre, durante la sua giovinezza, 5se il padre, avuta conoscenza del voto di lei e dell'astensione alla quale si è obbligata, non dice nulla, tutti i voti di lei saranno validi e saranno valide tutte le astensioni alle quali si sarà obbligata. 6Ma se il padre, quando ne viene a conoscenza, le fa opposizione, tutti i voti di lei e tutte le astensioni alle quali si sarà obbligata, non saranno validi; il Signore la perdonerà, perché il padre le ha fatto opposizione. 7Se si marita quando è legata da voti o da un obbligo di astensione assunto alla leggera con le labbra, 8se il marito ne ha conoscenza e quando viene a conoscenza non dice nulla, i voti di lei saranno validi e saranno validi gli obblighi di astensione da lei assunti. 9Ma se il marito, quando ne viene a conoscenza, le fa opposizione, egli annullerà il voto che essa ha fatto e l'obbligo di astensione che essa si è assunta alla leggera; il Signore la perdonerà. 10Ma il voto di una vedova o di una donna ripudiata, qualunque sia l'obbligo che si è assunto, rimarrà valido. 11Se una donna nella casa del marito farà voti o si obbligherà con giuramento ad una astensione 12e il marito ne avrà conoscenza, se il marito non dice nulla e non le fa opposizione, tutti i voti di lei saranno validi e saranno validi tutti gli obblighi di astensione da lei assunti. 13Ma se il marito, quando ne viene a conoscenza, li annulla, quanto le sarà uscito dalle labbra, voti od obblighi di astensione, non sarà valido; il marito lo ha annullato; il Signore la perdonerà. 14Il marito può ratificare e il marito può annullare qualunque voto e qualunque giuramento, per il quale essa sia obbligata a mortificarsi. 15Ma se il marito, da un giorno all'altro, non dice nulla in proposito, egli ratifica così tutti i voti di lei e tutti gli obblighi di astensione da lei assunti; li ratifica perché non ha detto nulla a questo proposito quando ne ha avuto conoscenza. 16Ma se li annulla qualche tempo dopo averne avuto conoscenza, porterà il peso della colpa della moglie".

Stavo pensando a quanto questa corrisponda abbastanza all'atuale situazione delle Suore ... e ni viene anche da dire quando si parla di Donne nella Chiesa ... ma le suore che ci stanno a fare
MAH
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 04:15.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com