Un'occhiata alle origini dell'universo

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
spirito!libero
00martedì 15 maggio 2007 17:41
«Scruterà il big-bang» Webb, il telescopio spaziale più potente La Nasa presenta il successore di Hubble, che verrà lanciato nel 2013 e che costerà 4,5 miliardi di dollari

WASHINGTON - Il modello del più potente telescopio mai costruito campeggia davanti all’ingresso del museo dell’aeronautica e dello spazio di Washington. La Nasa che lo costruisce lo ha presentato per la prima volta in pubblico per raccontare la nuova grande sfida che ha ingaggiato al fine di scoprire e fotografare le origini dell’Universo. Questa, infatti, sarà la straordinaria capacità del James Webb Space Telescope (Jwst) che verrà lanciato nel 2013. Ma a meno di sei anni di distanza dalla sua partenza il programma è entrato ormai nella sua fase definitiva e i vari pezzi stanno già nascendo nei laboratori della società Northrop Grumman responsabile della costruzione. Web sarà la macchina dei record non solo per le straordinarie capacità ma anche per le caratteristiche e il costo che raggiungerà i 4,5 miliardi di dollari. Stranissima e inconsueta è la forma perché si presenta come una specie di parabola appoggiata su un pacco di fogli che lo schermerà dalle radiazioni inquinanti. Anche l’agenzia spaziale europea Esa collabora al progetto e in cambio ha la responsabilità di lanciarlo con un razzo Ariane-5 dalla base equatoriale in Guyana.

SCRUTERÀ IL BIG BANG - Da qui volerà verso un punto distante un milione e mezzo di chilometri dalla Terra , noto come Lagrange 2 (qui le forze gravitazionali creano una zona neutra nella quale può sostare un satellite), dove rimarrà indisturbato a scrutare per oltre dieci anni le nostre origini cogliendo la radiazioni infrarosse lasciate dall’esplosione iniziale, il Big Bang. La facoltà di scorgere tanto in profondità sarà garantita da uno specchio esagonale che si aprirà nello spazio una volta giunto a destinazione. Il suo diametro sarà di addirittura 6,5 metri, il più grande mai lanciato nello spazio e tre volte quello installato sul glorioso telescopio Hubble in orbita dal 1990. Webb Telescope sarà il suo successore e per riuscire ad arrivare alla data del 2013 e raccogliere il testimone l’anno prossimo Hubble sarà sottoposto ad un intervento di manutenzione con sostituzione di alcuni strumenti effettuato con lo shuttle. La missione, dopo molte discussioni accese da una prima decisione della Nasa di non usare più la navetta a questo fine, finalmente si realizzerà. Se non si fosse cambiata idea dati i guasti ai giroscopi di cui soffre Hubble il suo impiego sarebbe stato presto impossibile. Ma le reazioni del mondo astronomico internazionale davanti alla scelta di far morire l’osservatorio che aveva riscritto pagine fondamentali dell’astronomia, sono state tali da imporre una revisione. Ma entriamo più nel dettaglio nella lunga storia del nuovo imponente telescopio lungo 24 metri.

LA NASCITA – La Nasa credeva di costruire Webb Telescope nel 2002. Nel 1989 Riccardo Giacconi (premio nobel per la fisica) allora direttore dello Space Telescope Science Institute si rendeva conto della necessità di pensare ad un successore di Hubble considerando che per riuscire a studiarlo e costruirlo sarebbero stati necessari almeno vent’anni. Nel 1989 il primo grande telescopio spaziale stava subendo gli ultimi controlli prima di essere lanciato con la navetta. La partenza sarebbe avvenuta l’anno successivo con la sorpresa, come si scoprirà subito dopo l’arrivo in orbita, di dover rinviare le osservazioni perché a causa di un difetto di fabbricazione dello specchio di 2,4 metri di diametro, il telescopio soffriva di «aberrazione ottica» e non poteva scrutare le profondità estreme del cosmo come si era progettato. Giacconi organizzò quindi un’operazione di salvataggio studiando un sistema capace di correggere il problema e che una colta installato nell’osservatorio grazie alla perizia degli astronauti restituì il prezioso strumento ai suoi compiti originali. Fu così che iniziò una stagione di scoperte astronomiche eccezionali che continuano a lasciare il segno nella storia dell’astronomia. Nel 1989, dunque, Giacconi riunisce nel suo istituto con il supporto del Goddard Space Flight Center della NASA (sotto il cui ombrello era nato e si gestiva Hubble) astronomi e ingegneri spaziali per il «Next Generation Space Telescope Workshop» organizzato da Garth Illingworth e Pierre Bely. Insieme guardano le linee di sviluppo della ricerca astronomia, iniziano a valutare i possibili futuri obiettivi di indagine ed esaminano le tecnologie che sarebbero state necessarie per ottenere i risultati voluti. Il tutto doveva portare alla disponibilità del telescopio per il 2005 quando si riteneva che Hubble avrebbe concluso la sua carriera. Purtroppo i problemi da risolvere con Hubble fecero accantonare la prosecuzione degli studi per il suo successore perché tutte le risorse umane vennero concentrate sull’operazione di riparazione. Nel 1993, la macchina però si rimetteva in moto e l’Association of Universities for Research in Astronomy (AURA) creava un comitato (HST and Beyond) diretto da Alan Dressler per esaminare le aspettative degli astronomi. Il comitato arrivò a tre conclusioni che delinearono i primi passi da compiere. La prima indicava l’opportunità di estendere sino al 2010 la vita di Hubble per consentire una migliore e più proficua fase di transizione con il nuovo e più potente successore. La seconda suggeriva lo studio di fattibilità di uno specchio di quattro metri di diametro che allora si riteneva utile per l’osservatorio da collocare poi su un’orbita bassa intorno alla Terra.

La terza conclusione, infine, chiedeva che il lavoro del nuovo telescopio sostenesse la strategia della ricerca delle “Origini” come la NASA aveva prospettato. Quindi le osservazioni dovevano indagare i processi di formazione delle galassie, delle stelle, dei pianeti e la nascita della vita. In quei momenti nasceva lo slogan “visitare il tempo quando le galassie erano giovani” e per questo bisognava poter scrutare oggetti con un redshift più elevato di quello che Hubble avrebbe permesso. Così veniva proposto formalmente un progetto battezzato “Hi-Z” alla base del quale c’era un telescopio con uno specchio di quattro metri di diametro completamente protetto, e da inserire su un’orbita ellittica con i parametri di 1 per 3 unità astronomiche. Con simili impostazioni, nel 1994 si concludeva la prima delle quattro fasi di preparazione che avrebbero portato al successore di Hubble. La seconda fase si sarebbe svolta nei due anni successivi (1995-96) e sarebbe stata significativa per lo sviluppo del progetto. A segnare un drastico cambiamento interveniva l’amministratore della Nasa, Dan Goldin, che rammaricato per la scarsa innovazione presente nel progetto sollecitava a pensare più in grande, ad affrontare sfide tecnologiche più d’avanguardia, progettando uno specchio di otto metri di diametro. Il tutto, però, stabiliva Goldin, doveva costare meno dei livelli indicati dal progetto fino allora esaminato. E anche questo era un modo per stimolare una maggiore innovazione. Scientificamente la sfida si faceva più ardua perché con uno strumento più potente si poteva estendere ulteriormente il confine del redshift osservando nel basso infrarosso. E ciò significava che il telescopio doveva essere portato ancora più lontano dalla Terra per essere nelle condizioni di migliore visibilità.


Nasceva quindi un progetto con un grande specchio di 8 metri da aprire in orbita secondo un’impostazione di “telescopio aperto”, e un sistema di raffreddamento passivo grazie ad un grande schermo a più strati capace di fermare la radiazione solare e neutralizzarne gli effetti. Per l’orbita si sceglieva di collocare l’osservatorio nel punto di Lagrange “L2” . Lo strumento principale era una camera per l’infrarosso-vicino sistemata nel piano focale. Intorno a questa impostazione formulata dal comitato dell’AURA (che doveva rispettare un programma di realizzazione del costo di 500 milioni di dollari) si coagulavano quattro studi realizzati dal Centro Goddard della NASA e dalle società TRW, Ball Aerospace e Lockheed Martin.


NUOVI OBIETTIVI - Mentre i tecnologi si impegnavano nel trovare le soluzioni adeguate, dal 1997 al 2000 si registrava la terza fase di sviluppo concentrata soprattutto sugli scopi scientifici da perseguire. Si delineavano così i cinque obiettivi del nuovo sforzo di osservazione permessi dall’NGST, come ormai era diventato noto il successore di Hubble. Essi riguardavano la cosmologia e la struttura dell’universo, l’origine e l’evoluzione delle galassie, la storia della Via Lattea e dei suoi dintorni, la nascita e la formazione delle stelle e, infine, l’origine e l’evoluzione dei sistemi planetari. E’ in questa fase che i Science Working Groups impegnati nella definizione delle ricerche maturano il genere di strumenti necessari alle osservazioni, i quali saranno tre: una camera a grande campo per il vicino-infrarosso, uno spettrografo per la stessa frequenza con almeno cento elementi e una camera/spettrografo “general purpose” per il medio-infrarosso. E’ ancora in questa fase che si coagula la collaborazione al programma della Canadian Space Agency e dell’ESA europea inizialmente poco propensa a condividere il nuovo piano. Fisici e ingegneri delle industrie nel frattempo sperimentano le nuove tecnologie che dovevano permettere la grande sfida. Si collaudano, quindi, specchi leggeri di nuova concezione, sensori e sistemi di controllo, rilevatori e apparati criogenici per dimostrare la fattibilità delle impostazioni di base. Ma alla fine del Duemila un’analisi dei costi e della tabella di marcia rivela una sgradevole sorpresa: il bilancio ha superato di cento milioni di dollari le spese stabilite e lo sviluppo dello specchio è fuori tempo e non rispetta la data del 2008 per il lancio. Nel 2001 i problemi tecnologici emersi assieme alla lievitazione dei costi costringono perciò ad un’amara revisione del programma. E la prima vittima è la dimensione dello specchio che viene ridotta a 6,5 metri di diametro. Così si arriva al 2002 con la selezione, a settembre, del prime-contractor, la Northrop Grumman, cioè il costruttore principale che coordina l’opera sia dello specchio che dell’intero osservatorio, integrandone anche le diverse parti. E contemporaneamente viene battezzato con un nome illustre, che ha fatto la storia dello spazio, James Webb, l’uomo che a capo della Nasa negli anni Sessanta ha portato l’America sulla Luna.


TRE STRUMENTI – Il telescopio Webb è dotato di tre strumenti che al contrario di quanto accade su Hubble, non potranno essere accuditi o riparati dagli astronauti dal momento che non esiste ancora un’astronave che possa raggiungere L2, né è prevista un’eventuale manovra per riportare nelle vicinanze della Terra l’osservatorio in caso di avarie per effettuare la manutenzione. Il primo strumento è NIRCam (Near-Infrared Camera) preparata da un gruppo di scienziati dell’Università dell’Arizona. Si tratta dello strumento più importante del telescopio per raccogliere immagini ad una lunghezza d’onda tra 0,6 e 5 micron. Lo strumento è disegnato per poter rilevare i primi oggetti capaci di emettere luce e formatisi dopo il Big Bang. La camera sarà anche dotata di un coronografo che sarà utilizzato per ottenere immagini di dischi di materia come la fascia di Kuiper o di pianeti di grande massa intorno alle stelle più vicine. La camera sarà dotata di un filtro regolabile per cui cambiando colore sarà possibile isolare gli oggetti ripresi. Il secondo strumento è il Near-Infrared Spectrometer (NIRSpec) fornito dall’ESA europea. La sua lunghezza d’onda va da 0,6 a 5 micron. Con esso si potrà stabilire la composizione, la temperatura e altre caratteristiche fisiche degli oggetti celesti. Il NIRSpec avrà l’abilità di ottenere lo spettro simultaneo di cento oggetti in un’area di 9 minuti d’arco. Il terzo strumento, infine, è il Mid-Infrared Instrument realizzato nell’ambito di una collaborazione internazionale guidata dal Jet Propulsion Laboratory di Pasadena. Esso fornirà immagini e spettroscopie ad una lunghezza d’onda tra 5 e 28 micron. Con questo strumento sarà possibile studiare la creazione dei primi elementi pesanti, la formazione e l’evoluzione delle galassie e le popolazioni di stelle molto vecchie. Inoltre avrà pure la capacità di indagare i primissimi stadi di formazione di stelle e pianeti in regioni del cosmo dove tutta la luce visibile è bloccata dalle polveri e la maggior parte delle emissioni avvengono solo nella lunghezza d’onda del medio-infrarosso. Tutti e tre gli strumenti saranno impacchettati in uno speciale contenitore che formerà il cuore dell’osservatorio. Chiamato Integrated Science Instrument Module (ISIM) fornisce la struttura, il controllo ambientale e elettronico, il trattamento dei dati. Incluso nel sistema c’è anche il sensore di guida fine preparato dall’agenzia spaziale canadese. Mentre l’ottica e gli strumenti dovranno operare alla temperatura di 35 Kelvin i computer saranno inseriti in un ambiente a temperatura più alta (250 Kelvin). Ci sarà poi un sistema a idrogeno solido che servirà a raffreddare i rilevatori del medio-infrarosso sino alla temperatura record di 7 Kelvin.


OSSERVAZIONI SCIENTIFICHE - Il James Webb Space Telescope è capace di raccogliere radiazioni con una lunghezza d’onda variabile da 0,6 a 28 micron anche se è ottimizzato per una regione tra 1 e 5 micron. La sua sensibilità è quattrocento volte superiore a quella dei più potenti osservatori terrestri (Keck Observatory o Gemini) o degli attuali osservatori spaziali all’infrarosso (ISO, Nicmos, Sirtf) mentre la sua risoluzione spaziale è comparabile a quella di Hubble. Lo scopo di “JWST” è dunque quello di scrutare i primi passi della formazione dell’Universo. Ma non solo. Le osservazioni saranno quindi concentrate, come indicato originariamente quando il progetto del nuovo telescopio prese l’avvio, su cinque tematiche: Cosmologia e struttura dell’universo, Origine ed evoluzione delle galassie, Storia della Via Lattea e dei suoi dintorni, Nascita e formazione delle stelle e Origine e evoluzione dei sistemi planetari.

Giovanni Caprara
11 maggio 2007
fonte corriere.it
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 10:11.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com