chiede lo sbattezzo, scomunicato!

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purolator
00martedì 18 novembre 2008 20:12
Varese - Valerio Crugnola, insegnante di filosofia, ha chiesto alla parrocchia il disconoscimento dell’atto battesimale. La curia risponde: «È un grave peccato e un delitto nell’ordinamento ecclesiastico»
Chiede lo "sbattezzamento". La curia lo scomunica

Valerio Crugnola (foto a lato), insegnante di filosofia e consulente filosofico, è consapevole della conseguenza prevista dal diritto canonico per chi vuole disconoscere il sacramento del battesimo, ovvero la scomunica, ma la sua decisione è irrevocabile e come tale l'ha comunicata - con una lettera che alleghiamo - alla parrocchia di Varese. A sua volta il servizio per la gestione dei sacramenti della Curia di Milano ha risposto al professor Crugnola, invitandolo a incontrare il prevosto di Varese per discutere della decisione, avvertendolo delle conseguenze di ordine giuridico- canonico dello "sbattezzamento".
La scelta di Crugnola è ispirata dall'iniziativa promossa dalla UAAR (Unione degli atei e degli agnostici razionalisti).

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Alla Parrocchia di San Vittore, Varese
Al Responsabile della Parrocchia

Gentile sacerdote,
venuto a conoscenza dell’iniziativa promossa dalla UAAR (Unione degli atei e degli agnostici razionalisti) per lo scorso 25 ottobre, volta a far annotare sui registri dei battezzati la dichiarazione di non appartenenza alla chiesa cattolica e di nullità degli effetti statistici e giuridici del battesimo da parte di quanti non si riconoscano in un atto loro imposto dai genitori, pienamente e felicemente consapevole delle conseguenze di diritto canonico derivanti dal peccato di apostasia, con ferma, cosciente e risoluta volontà, tutelata da numerose sentenze e provvedimenti del Garante per la Privacy a partire dal 13.9.1999, io sottoscritto Valerio Arturo Crugnola chiedo alla parrocchia in oggetto, dove fui sottoposto al rito del battesimo nell’ottobre 1947, che presso l’atto di battesimo venga annotata la mia dichiarazione di disconoscimento dell’atto battesimale, di non appartenenza alla chiesa cattolica e di conseguente nullità di tutti gli effetti statistici, economici e giuridici derivanti da tale atto.

Chiedo mi venga inviata per conoscenza, a tutela della mia volontà, copia della avvenuta annotazione al mio domicilio, nonché alla parrocchia dei Frati minori della Brunella, dalla cui attività “pastorale” la mia presunta “anima” di sereno, radioso e saldo non credente dovrebbe dipendere.
Compio questo atto in nome del supremo principio della libertà individuale, costituzionalmente tutelato come diritto inviolabile.

Il mio gesto serve, nel suo piccolo, a confermare che esiste in Italia una maggioranza reale (ma ahimé silenziosa, troppo silenziosa) di non aderenti ad alcuna religione, che chiamerei non tanto atei quanto agnostici, indifferenti, scettici o dubbiosi. Nulla significano le statistiche dei battezzati, dacché i frequentanti le messe obbligatorie di Natale e Pasqua, ossia i cattolici convinti, si aggirano attorno al 35% della popolazione. Questa maggioranza reale non trova però espressione pubblica e finisce schiacciata dal soverchiante potere, mediatico e di lobby, della Chiesa, con il risultato che leggi doverose in un paese liberale e pluralista, che non accoglie nell’attività legislativa alcuna pretesa verità assoluta di ordine ideologico, non possono essere introdotte anche da noi, benché adottate nella stragrande maggioranza dei paesi europei. Gli esiti sono nefasti: coppie lasciate senza tutele di legge; la ricerca scientifica azzerata in interi settori; persone in carne ed ossa, come la famiglia Englaro, trascinate in un circuito infernale di sofferenza perché l’Italia ignora il diritto al testamento biologico. Là dove dovrebbero dare esempio di amore per gli altri – intendo gli altri in nome e cognome, gli individui con i loro problemi e le loro sofferenze, come i Welby e gli Englaro, veri santi moderni –, la Chiesa italiana e il Vaticano mostrano di amare soltanto i loro principi, la loro saldezza ideologica, la loro pretesa di Verità, i loro metafisici embrioni, il loro potere di lobby. Trovo questo un doppio pericoloso segnale. Ve n’è uno di sottile e ben celata intolleranza, in un’epoca in cui avremmo bisogno almeno di quattro cose: un’esplicita, aperta, fraterna tolleranza; un dialogo aperto tra le religioni e tra queste e i non credenti o semplicemente i non praticanti; il ripudio di qualunque forma di integralismo, comunque si manifesti; più moschee, per garantire a tutti i residenti la piena libertà religiosa in barba agli operatori politici dell’odio (ma il solo che ho sentito pronunciarsi in tal senso è l’arcivescovo di Milano, vox clamans in deserto mediolanensi!). E vi è un segnale di incomprensione da parte della Chiesa della società reale, che la rende incapace di entrarvi in autentica relazione, come ha di recente sostenuto parlando al Centro San Fedele lo stesso cardinal Martini, figura stimabile proprio perché capace, al contrario dell’istituzione e di molti altri ecclesiastici, di ascolto e non di prediche dottrinarie dal pulpito, magari da un pulpito che si vuole per giunta, in spregio ad ogni ragionevolezza, dogmaticamente infallibile!

In ogni caso esiste in Italia un vasto numero di persone che hanno subito la volontà dei loro genitori. Una volontà totalitaria, proprio come i regimi nazifascisti tanto cari alla chiesa italiana, spagnola, portoghese, ungherese, slovacca e croata, al beatificando Pacelli, ai beati Schuster, Escrivà e Stepinač e a San Pio, al secolo Forgione. Esiste infatti anche un totalitarismo familiare, oltre che politico, come ovunque non siano consentite scelte alternative e quando un’autorità purchessia, in virtù del suo nudo potere, decida per conto dei diretti interessati, i quali altrimenti, in una società liberale, sarebbero i soli titolati a decidere.

Nel mio caso, quella volontà fu invero assai tiepida, non spacciabile per il cosiddetto “dono della fede”, che comunque dovrebbe essere sempre possibile restituire al mittente. Nessuno dei miei genitori è mai stato particolarmente devoto, anzi. La loro scelta fu compiuta per abitudine, per una malintesa premura, se non per viltà, perché negli anni oscurantistici in cui sono nato pochissimi se la sentivano di fare altrimenti, e così persone di fatto laiche come i miei preferirono battezzarmi per evitarmi in futuro qualunque rischio di emarginazione. Ho un dolce ricordo di mio padre, gli sono grato per quanto mi ha dato, ma non posso perdonare – a lui antifascista, che subì il primo processo politico a Varese durante la guerra mentre il beato Schuster benediceva truppe e cannoni, e che fu rinchiuso tre anni nella galera nazifascista dei Miogni – di avere scelto per me, in modo totalitario, anziché consentire a me, da grande, di scegliere in modo libero, autonomo e consapevole. Perché non consentire finalmente il battesimo da adulti, come accadde, a quanto si legge, allo stesso Gesù, con più sintonia con le libertà individuali di scelta, ossia con i principi fondanti della modernità e della civiltà in cui viviamo? Gli anabattisti avevano ragione? Costa troppo alla Chiesa riconoscerlo a mezzo millennio di distanza?

Ciò detto, non mi dichiaro ateo: sono, semplicemente, a-religioso, quale che sia la religione (inclusi il marxismo o l’ateismo, l’omeopatia o la tecnica, il Denaro o il Mercato, insomma qualunque credenza dogmatica e non accertabile razionalmente, o qualunque corrente idolatria), ma non a-teo. Le religioni sono un fatto culturale, storico e antropologico; Dio può darsi di no, anche se qualunque Dio possibile somiglia ben poco a quello che le religioni positive hanno fatto esistere. Del divino ho un mio personale sentimento, che coltivo salendo in montagna, o recandomi in quei luoghi di misticismo, come il Monte Athos, le abbazie cisterciensi, la tomba di Mevlana a Konya o certi monasteri buddisti in Nepal, dove l’opera dell’uomo ha saputo far dimorare un Dio che lì sento vicino. E apprezzo molti dei miei amici, siano essi cattolici, valdesi, ebrei, buddisti, islamici o atei senza trattino, perché sanno testimoniarmi con dolcezza, mitezza, senza dogmatismi o ostensioni di verità, in modo vissuto e reciprocamente rispettoso, i loro valori.

In attesa della conferma da parte vostra dell’avvenuta annotazione, ringrazio la parrocchia per la sollecita espletazione della pratica richiesta.

Sia fatta la mia volontà, amen.

Valerio Crugnola

Varese, 29 ottobre 2008

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La risposta dell'Arcidiocesi di Milano

ARCIDIOCESI DI MILANO
Curia Arcivescovile
servizio per la disciplina dei sacramenti

Milano, 5 novembre 2008

Egregio signore,

ho preso atto della Sua richiesta di “disconoscimento dell’atto battesimale, di non appartenenza alla Chiesa cattolica e di conseguente nullità di tutti gli effetti statistici, economici e giuridici derivanti da tale atto”, datata 30 ottobre 2008, espressa con lettera raccomandata del 29.10.2008, indirizzata al Parroco della parrocchia di S. Vittore in Varese, inviatami in data odierna (brevi manu) dal medesimo parroco per competenza e darò disposizione al Parroco del luogo del suo battesimo, secondo quanto da Lei richiesto.

Nel frattempo mi sembra doveroso, lo riterrà opportuno, invitarla ad un incontro per illustrarLe le conseguenze di ordine giuridico-canonico della Sua scelta[1][1].

L’incontro potrà essere fissato telefonicamente.

Mi preme ricordarLe che un tale atto rompe i legami di comunione con la Chiesa, che esistevano dal momento del Battesimo e viene considerato non solo un grave peccato, ma anche un delitto nell’ordinamento ecclesiastico, per cui è prescritta la più onerosa delle pene canoniche, cioè la scomunica. Tuttavia, come Lei ben certo saprà, il legame sacramentale di appartenenza al Corpo di Cristo, che è la Chiesa, dato dal carattere del sacramento del battesimo, viene considerato dalla Chiesa stessa un legame ontologico permanente e non viene meno a motivo di nessun atto o fatto di defezione.

Nel caso in cui, entro quindici giorni a partire dalla data sopra riportata, non ricevessi alcun riscontro da parte Sua, nei tempi ragionevoli degli invii e delle risposte per posta, darò disposizioni al parroco e, successivamente, Le confermerò l’avvenuta annotazione.

Pur rammaricandomi per la Sua decisione, desidero anche manifestarLe sentimenti di fiducia nel cammino di ricerca della verità, che idealmente ci accomuna, e distintamente La saluto.

Don Mario Bonsignori, Responsabile

[1] Conseguenze di ordine giuridico:
- esclusione dall’incarico di padrino per battesimo e confermazione (cann. 874 § 1; 983 § 1);
- licenza dell’Ordinario del luogo per l’ammissione al matrimonio (cann. 1971 § 1 n.5; 1124);
- esenzione dall’obbligo della forma canonica per il matrimonio (can. 1117):
- privazione delle esequie ecclesiastiche in mancanza di segni di pentimento (can. 1884 § 1, 1°);
- esclusione dai sacramenti e dai sacramentali (cann. 1331 § 1, 2°; 915);
- scomunica latae sententiae (can. 1364 § 1).
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