La Bibbia è un mito, e come tutti i miti contiene una parte della Verità! Ma non tutta!
Con mia sorpresa, Ecebolio era impaziente di andare a Efeso. Credevo che volesse tenermi alla larga da Massimo. Invece, mi accontentò. «Dopotutto, io sono il tuo maestro, approvato dall’imperatore! Ufficialmente, non puoi studiare né con Massimo né con altri! Io comunque non avrei obiezioni! Tutt’altro! Massimo, a quanto ho saputo, è un insegnante che trascina, anche se è inguaribilmente reazionario! Ma non dobbiamo aver paura che possa sviarti, ormai! Dopotutto, hai imparato la teologia cristiana da due grandi vescovi come Eusebio e Giorgio! Chi può avere basi più solide? Andiamo senz’altro a Efeso! Ti piacerà la vita intellettuale! Piace anche a me, del resto!» Quello che piaceva effettivamente a Ecebolio era far la parte di Aristotele con un ingenuo Alessandro come me. Dovunque andassimo, gli accademici volevano conoscermi. Di conseguenza, venivano a conoscere anche Ecebolio, il quale poco dopo proponeva con molto tatto uno “scambio” di studenti. Per “scambio” si intendeva che i maestri gli avrebbero mandato gli studenti a Costantinopoli senza ricevere nulla in cambio, salvo l’ipotetico favore del principe. In quel viaggio, Ecebolio fece la sua fortuna. In mezzo a una bufera di neve fummo ricevuti alle porte di Efeso dal prefetto della città e dal consiglio municipale. Erano tutti nervosissimi. «È un grande onore per Efeso ricevere il nobilissimo Giuliano! - disse il prefetto - Noi siamo qui per servirlo, come abbiamo servito il nobilissimo Gallo, che a sua volta ci ha onorati della sua presenza!» Al nome di Gallo, come se avessero fatto le prove, i consiglieri cominciarono a borbottare: «Generoso, buono, nobile, saggio!» «Dov’è mio fratello?» Vi fu un silenzio carico di tensione. Il prefetto guardò nervosamente i consiglieri. I consiglieri si guardarono fra loro. Tutti si spazzavano via energicamente la neve dal mantello. «Tuo fratello è a corte... - disse infine il prefetto - A Mediolano! È stato convocato dall’imperatore il mese scorso! Non abbiamo più avuto sue notizie... Assolutamente nulla! Naturalmente, speriamo che tutto vada per il meglio!» «E il meglio sarebbe...?» «Che venga nominato Cesare!» Inutile domandare che cos’era il peggio. Dopo le debite cerimonie, ci scortarono alla casa del prefetto, dov’ero ospite. Ecebolio era eccitatissimo all’idea che potessi diventare fratellastro di un Cesare. Io invece ero inquieto, e la mia inquietudine diventò panico quando, quella sera, Oribasio mi disse che Gallo era stato portato via da Efeso in stato d’arresto. «Di che cosa l’hanno accusato?» «Di nulla! Hanno detto che così voleva l’imperatore! Qui tutti si aspettano che venga giustiziato!» «Lui ha offerto qualche appiglio?» Oribasio si strinse nelle spalle: «Se Gallo viene giustiziato, la gente troverà cento ragioni per dimostrare che l’imperatore ha fatto bene! Se diventa Cesare, diranno di aver sempre saputo che tanta saggezza e tanta lealtà sarebbero state premiate!» «Se Gallo muore...» dissi con un brivido. «Ma tu non fai politica!» «Sono un problema politico dalla nascita, io! E non ci posso far niente... Prima Gallo, dopo io!» «Secondo me, nessuno è più al sicuro di te, il principe-studente!» «Nessuno è al sicuro!» Quella notte soffrii il freddo come non mai. Non so che cos’avrei fatto senza Oribasio. È stato il primo amico che abbia mai avuto. È ancora il mio migliore amico, e ne sento molto la mancanza, qui in Persia. Oribasio è sempre stato bravissimo nello scoprire le cose che io non avevo modo di sapere. Nessuno parla apertamente con i principi, Oribasio invece riusciva a farsi dire tutto da tutti. È un’arte che ha imparato facendo il medico: ispira fiducia. Due giorni dopo il nostro arrivo a Efeso, Oribasio aveva già ottenuto un rapporto completo sulla vita di Gallo in città. «Hanno paura di lui... Però lo ammirano!» «Per la sua bellezza?» domandai. Non avevo saputo trattenermi. Dopotutto, avevo passato l’infanzia incantato da quella creatura dorata. «Dispensa la sua bellezza con molta liberalità fra le mogli dei maggiorenti locali!» «Prevedibile!» «Lo giudicano intelligente...» «È astuto!» «Politicamente preparato, molto ambizioso...» «Però impopolare e temuto! Perché?» «Cattivo carattere, talvolta violento!» «È vero...» Pensai al boschetto di cedri a Macello. «La gente ha paura di lui e non sa perché!» «Povero Gallo... - ero quasi sincero - E di me, che cosa dicono?» «Vorrebbero che ti tagliassi la barba!» «Eppure credevo che non fosse più così orrenda! Somiglia un po’ a quella di Adriano!» Mi strofinai con affetto la barba, già abbastanza folta. Solo il colore non mi piaceva: era ancora più chiara dei capelli, che sono biondo-castani. Per farla diventare più scura e lucida, ogni tanto la frizionavo con l’olio. Adesso che comincio a diventar grigio, la barba mi si scurisce, misteriosamente. Io la trovo simpatica. Ma sono il solo. «E poi si domandano che cosa stai combinando!» «Mi sembra chiaro: studio! Sono uno studente!» «Da queste parti siamo Elleni! - spiegò Oribasio sorridendo, con aria molto ellenica - Non crediamo mai alle apparenze!» «Beh, non ho intenzione di dedicarmi ad attività sovversive! - replicai, nero - Il mio unico piano segreto è quello di sopravvivere!» Ecebolio, a suo dispetto, aveva simpatia per Oribasio. «... perché stiamo disobbedendo al Gran Ciambellano, sai? Eusebio ha stabilito il numero del personale di casa e non ha previsto un medico!» «Ma Oribasio è un medico speciale!» «Questo sì: ha saputo curare la mia febbre e ha licenziato la cruda ancella della pena!» «Ha anche il vantaggio di essere più: ricco di me! Ci aiuta a pagare i conti!» «È vero... È la triste verità!» Ecebolio ha un profondo rispetto per il denaro, per questo ho potuto tenere Oribasio con me. Passarono alcuni giorni prima che potessi vedere Massimo. Era in ritiro, in comunione con gli Dèi. Ma ricevevamo bollettini giornalieri da sua moglie. Finalmente, l’ottavo giorno verso l’ora seconda, arrivò uno schiavo a dirmi che Massimo sarebbe stato onorato di ricevermi nel pomeriggio. Strappai a Ecebolio il permesso di andare da solo. Dopo molte discussioni cedette, a condizione che al ritorno gli mettessi per iscritto tutto quello che ci eravamo detti. Massimo abitava in una casa modesta alle pendici del monte Pione, poco lontano dal teatro scavato nel fianco della montagna. Le guardie rimasero in strada. Un servo mi introdusse in una sala dove fui accolto da una donna magra e nervosa. «Sono Placidia, la moglie di Massimo! - mi baciò l’orlo della tunica e la lasciò ricadere - Siamo così spiacenti che mio marito non abbia potuto vederti prima... Ma era sotto terra con la Dea Cibele!» Fece segno a uno schiavo, che le porse una torcia accesa, e me la passò. «Mio marito è ancora nell’oscurità! Ti chiede di raggiungerlo!» Presi la torcia eseguii Placidia in una camera con la parete di fondo coperta da un tendaggio: quando la donna lo tirò indietro apparve il fianco nudo della montagna. Nella roccia si apriva un passaggio. «Devi andare da solo, nobilissimo principe!» Entrai nell’apertura. Per ore e ore (o così mi parve, ma probabilmente furono pochi minuti) avanzai barcollando e inciampando verso un bagliore lontano, in fondo al cunicolo. Finalmente, arrivai a una specie di sala scavata nella roccia, bene illuminata e densa di fumo. Mi feci avanti, pieno d’impazienza, e andai a sbattere contro un solido muro sbucciandomi i piedi. Pensai d’essere diventato matto. Davanti a me si aprìva una stanza e non potevo entrarvi. Poi sentii la bella voce profonda di Massimo: «Vedi? La vita di questo mondo non è che illusione; soltanto gli Dèi sono reali!» Mi voltai a sinistra e vidi la sala che mi era sembrato di avere davanti. Il fumo si era dissipato. La sala pareva vuota. Eppure la voce era vicinissima. «Hai cercato di entrare in uno specchio! Allo stesso modo, gli ignoranti che cercano di entrare nel regno dei Beati, sono respinti dalla propria immagine! Se non rinunzierai a te stesso non troverai la giusta via, nel labirinto che termina nell’Unico!» Il piede destro mi faceva male. Avevo freddo. La situazione mi turbava e mi irritava. «Sono Giuliano, della casa di Costantino!» dissi. «E io sono Massimo, della casa di tutti gli Dèi!» D’un tratto me lo trovai al fianco. Pareva emerso dalla roccia. Massimo è un uomo alto e proporzionato, con una barba che sembrava una cascata grigia e gli occhi luminosi di un gatto. Indossava una tunica verde adorna di strani segni. Mi prese per mano. «Entra... - invitò - Qui ci sono meraviglie!» La sala in realtà era una grotta naturale con la volta irta di stalattiti e uno stagno d’acqua scura e immobile nel centro. Accanto allo stagno c’era una statua in bronzo di Cibele, che raffigurava la Dea seduta, con il tamburo sacro in mano; i soli mobili della grotta erano due sgabelli. Massimo mi invitò a sedere. «Farai molti viaggi...» esordì. Mi caddero le braccia. Parlava come una chiromante dell’agorà. «E io ti accompagnerò fino alla fine!» «Non potevo sperare in un maestro migliore!» risposi educatamente, ma alquanto sconcertato. Massimo era borioso e sfacciato. «Non allarmarti, Giuliano...» Sapeva esattamente che cosa stavo pensando. «Non sono io che t’impongo di prendermi! Al contrario, ci sono costretto... Come te! È una forza alla quale non possiamo opporci! E quel che dovremo fare insieme non sarà facile! Correremo gravi pericoli! Specialmente io! Ho terrore, a diventare tuo maestro!» «Veramente, speravo...» «Ma sono il tuo maestro... - concluse Massimo - Che cosa desideri sapere, più di tutto?» «La verità!» «Quale verità?» «Dove andiamo e donde veniamo, e qual è il senso del nostro viaggio!» «Sei cristiano...» Aveva parlato con prudenza: non era una domanda, né un’affermazione. Se ci fosse stato un testimonio alla scena mi sarei chiuso in me stesso. Invece feci una pausa e pensai al vescovo Giorgio e alle sue interminabili spiegazioni sulla differenza fra “simile” e “identico”. Ricordai il diacono che mi cantava le canzonette di Ario. Risentii la sua voce mentre leggeva il “Vangelo” nella chiesetta di Macello. Poi, di colpo, mi vidi davanti la “Bibbia” rilegata in cuoio che il vescovo Giorgio mi aveva regalato: «Non offenderai gli Dèi!» «No... - disse in tono grave Massimo - “poiché per quella via vi sono le tenebre eterne”!» Trasalii. «Non ho detto niente!» «Hai citato un passo dell’”Esodo”, nel libro degli Ebrei: “Non offenderai gli Dèi”!» «Ma io non ho aperto bocca!» «L’hai pensato!» «Sai leggere il mio pensiero?» «Quando gli Dèi me ne danno il potere, sì!» «Allora guarda bene dentro di me e dimmi: sono cristiano?» «Io non posso parlare per te, né dire quello che vedo!» «Io credo nell’esistenza di un primo creatore, di un potere assoluto...» «Lo stesso Dio che parlò a Mosè “da bocca a bocca”?» «Così mi hanno insegnato...» «Ma quello non era un Dio assoluto! Creò il cielo e la terra, gli uomini e gli animali! Ma secondo Mosè, non creò le tenebre né la materia, poiché la terra era già prima di lui, invisibile e informe! Egli si limitò a plasmare ciò che già esisteva... Non è preferibile il Dio di Platone, che creò l’universo “come una creatura viva, dotata di anima e d’intelligenza della verità, per grazia del Dio”?» «Dal “Timeo”...» dissi meccanicamente. «E poi c’è una discrepanza tra il libro degli Ebrei e il libro del Nazareno! Il Dio del primo dovrebbe essere il Dio del secondo! Invece, nel secondo, è il padre del Nazareno...» «Per grazia! Sono di una sostanza simile, ma non identica!» Massimo rise: «Hai imparato bene la lezione, mio giovane ariano!» «Sono ariano perché non posso credere che Dio sia stato un uomo, giustiziato per tradimento! Gesù era un profeta, figlio di Dio per qualche via misteriosa, d’accordo, ma non il Dio Unico...» «E nemmeno il suo delegato, nonostante gli sforzi di Paolo di Tarso, l’impossibile individuo che tentò di dimostrare che il Dio tribale degli Ebrei era il Dio Unico universale, benché il libro santo degli Ebrei contraddica sistematicamente ogni sua parola! Nelle epistole ai Romani e ai Galati, Paolo sostiene che il Dio di Mosè non è solo il Dio degli Ebrei, ma anche il Dio dei Gentili! Il libro degli Ebrei, invece, lo nega in mille punti diversi! Come disse il Dio ebraico a Mosè: “Israele è mio figlio, il mio primogenito!” Ora, se questo Dio degli Ebrei fosse veramente il Dio Unico, come sosteneva Paolo, perché avrebbe riservato a una razza di nessun conto l’unzione, i profeti e la legge? Perché lasciare il resto dell’umanità per millenni nel buio, ad adorare falsi idoli? D’accordo, gli Ebrei riconoscono che il loro è un “Dio geloso”! Ma che cosa strana, la gelosia, per l’Assoluto! E poi, geloso di che? Ed era anche crudele, perché vendicava le colpe dei padri sui bambini innocenti! Non è più plausibile, il Demiurgo descritto da Omero e da Platone? Un essere che comprende ogni vita (che è ogni vita) e da questa fonte essenziale emana gli Dèi, i Demoni e gli uomini? Oppure, per citare il famoso oracolo orfico che i Galilei cominciano a far loro: “Zeus, Elio e Ade, tre Dèi in una sola unità divina”!» «Dall’Uno molti...» cominciai, ma con Massimo non si può mai terminare una frase. Previene sempre il pensiero dell’interlocutore. «Come si può negare la molteplicità? Le emozioni sono tutte uguali? Oppure ciascuna ha caratteristiche proprie? E se ogni razza ha le sue qualità, non le vengono dal Dio? E se no, perché queste caratteristiche non sono simboleggiate da un Dio nazionale, tipico di ogni razza? Nel caso degli Ebrei un patriarca geloso e collerico! Per i Siriani, intelligenti ed effeminati, un Dio come Apollo! Oppure, prendiamo i Germani e i Celti, che sono feroci guerrieri, è proprio un caso che adorino Ares, il Dio della Guerra? Oppure è inevitabile? I primi Romani erano tutti presi a dettar leggi e a governare: il loro Dio? Il re degli Dèi, Zeus! E ogni Dio ha molti aspetti e molti nomi, perché in cielo c’è varietà come tra gli uomini! Alcuni hanno domandato: li abbiamo creati noi, gli Dèi, o sono stati gli Dèi a crearci? È un antico problema... Siamo un sogno nella mente del Dio, oppure ognuno di noi è un sognatore a sé, che evoca la propria realtà? Non possiamo saperlo con certezza, ma tutti i nostri sensi ci dicono che esiste una creazione unica e che noi ne facciamo parte, per sempre! Ora, i Cristiani vorrebbero imporci un mito rigido e definitivo su cose che noi sappiamo varie e mutevoli! No, neanche un mito, perché il Nazareno è esistito in carne e ossa, mentre gli Dèi che noi adoriamo non sono mai stati uomini, sono piuttosto qualità e forze che la nostra sapienza ha trasformato in poesia! Con il culto dell’ebreo morto, invece, la poesia è finita... I Cristiani vogliono sostituire le nostre meravigliose leggende con la fedina penale di un rabbino riformatore! E con questo materiale impossibile, sperano di raggiungere la sintesi definitiva di tutte le religioni conosciute! Ora si appropriano le nostre feste! Trasformano le divinità locali in Santi, saccheggiano i nostri misteri, specie quelli di Mitra! I sacerdoti di Mitra si chiamano “padri”... Così i Cristiani chiamano “padri” i loro sacerdoti! Adottano perfino la tonsura, sperando di far colpo sui convertiti con l’apparato familiare di un culto più antico! Adesso cominciano a chiamare il Nazareno “Salvatore”, e “Guaritore”! Perché? Perché uno dei nostri Dèi più amati è Asclepio, che noi chiamiamo “Salvatore”, “Guaritore”!» «Ma in Mitra non c’è nulla che eguagli il mistero cristiano!» obiettai con calore facendo l’avvocato del Diavolo. «E l’eucarestia? E il mangiare pane e vino, e le parole di Cristo: “Colui che mangia il mio corpo e beve il mio sangue, avrà la vita eterna”? - Massimo sorrise - Credo di non tradire nessun segreto di Mitra, rivelandoti che anche noi prendiamo parte a un pasto simbolico ricordando le parole del profeta Zoroastro agli adoratori del Dio Unico e di Mitra: “Colui che mangia il mio corpo e beve il mio sangue sarà una cosa sola con me e io con lui e conoscerà la salvezza”! Queste parole sono state pronunciate sei secoli prima che nascesse il Nazareno!» Rimasi sbalordito. «Zoroastro era un uomo?» «Un profeta! Fu ucciso dai suoi nemici in un tempio! Mentre giaceva a terra morente disse: “Il Dio vi perdoni come vi ho perdonato io!” No, non c’è nulla di sacro per noi che i Galilei non abbiano rubato! Lo scopo principale dei loro innumerevoli concilii è cercare di dare un senso a tutto quello che hanno preso a prestito di qua e di là! Non li invidio!» «Ho letto Porfirio...» cominciai. «Allora sai fino a che punto si contraddicono i Galilei!» «E le contraddizioni dell’ellenismo?» «Le antiche leggende devono contraddirsi, per forza! Ma noi non pensiamo mai che siano verità in senso letterale! Sono soltanto messaggi misteriosi degli Dèi, i quali a loro volta sono aspetti del Dio Unico! Sappiamo benissimo che bisogna interpretarle! A volte ci riusciamo, e a volte no... I Cristiani, invece, credono verità letterale il libro che è stato scritto sul Nazareno molto tempo dopo la sua morte! Eppure, anche il libro li mette in tanti guai che sono obbligati continuamente ad alterarne il significato! Ad esempio, non dice mai che Gesù era effettivamente Dio...» «Salvo in Giovanni! - e citai - “E il Verbo si fece carne ed abitò in mezzo a noi.” Non per nulla sono stato per cinque anni lettore in chiesa!» «Questo passo si presta a varie interpretazioni... Che cosa s’intende di preciso per “Verbo”? Significa veramente, come sostengono oggi i Cristiani, lo Spirito Santo, che è ancora Dio, che è ancora Gesù Cristo? Questo ci riporta alla triplice empietà che loro chiamano “verità”... Che a sua volta ci rammenta che il nobilissimo Giuliano desidera conoscere la verità...» «È quello che desidero, infatti!» Mi sentivo strano. Il fumo delle torce si era addensato nella caverna. Tutto mi sembrava indistinto, irreale. Se d’un tratto le pareti si fossero aperte e fosse apparso un Sole sfolgorante, non mi sarei meravigliato. Ma quel giorno Massimo non fece magie. Fu molto concreto. «Nessun uomo può insegnare a un altro che cosa è vero! La verità è tutt’intorno a noi, ma ognuno deve trovarla a suo modo... Platone è una parte della verità! Anche Omero! Anche la storia del Dio ebreo, se non si bada alle sue pretese arroganti! La verità è dovunque l’uomo scorge un barlume della divinità! La teurgia può provocare questo risveglio! E anche la poesia! Oppure gli stessi Dèi, spontaneamente, possono aprirci gli occhi all’improvviso!» «I miei sono chiusi...» «Sì...» «Però so che cosa voglio trovare!» «Ma davanti a te c’è un muro come lo specchio nel quale hai tentato di entrare!» Lo guardai negli occhi. «Massimo, mostrami una porta, non uno specchio!» Lui rimase in silenzio per un lungo istante. Quando si decise a parlare non guardò me, ma studiò il volto di Cibele. «Tu sei cristiano!» «Non sono niente!» «Ma devi essere cristiano perché è la religione della tua famiglia!» «Devo sembrare cristiano... Non di più!» «Non hai paura di essere un ipocrita?» «Ho molto più paura di non conoscere la verità!» «Sei disposto a farti iniziare ai segreti di Mitra?» «È questa la via per la quale devo passare?» «È una via... Se sei disposto a fare un tentativo, io posso condurti fino alla porta! Ma dovrai varcare la soglia da solo! Una volta al di là, io non ti potrò più aiutare!» «E quando avrò passato la porta?» «Saprai che cosa è morire e che cosa è rinascere!» «Allora, Massimo, tu devi essere il mio maestro e la mia guida!» «Certo, lo sarò! - disse lui sorridendo - È il nostro Destino! Ti ricordi che cosa ti ho detto? Non abbiamo scelta, né tu né io! È intervenuta la Moira! Andremo insieme fino in fondo alla tragedia!» «Tragedia?» «La vita umana è una tragedia: si conclude nella sofferenza e nella morte!» «Ma dopo la sofferenza? Dopo la morte?» «Quando avrai varcato la soglia di Mitra saprai che cosa significa essere al di là della tragedia, al di là di ciò che è umano, essere una cosa sola con il Dio!»
Tratto da "Giuliano" di Gore Vidal
Spero sia chiaro....