00 03/02/2008 09:21
università romane
Dopo l'aborto «rianimare il feto se è vivo»
Uno dei firmatari: «Occorre intervenire anche se la madre è contraria»

ROMA - Nel caso in cui un feto nasca vivo dopo un'interruzione di gravidanza, il medico neonatologo deve intervenire per rianimarlo, «anche se la madre è contraria, perché prevale l'interesse del neonato». A sostenerlo è Domenico Arduini, direttore della clinica di ostetricia e ginecologia dell'università di Tor Vergata, e uno dei firmatari del documento approvato sabato dalle università romane di medicina. Nel testo si sostiene che va rianimato qualsiasi prematuro che mostri segni di vitalità. «Un neonato vitale, in estrema prematurità, va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio e assistito adeguatamente» riporta il testo. Il documento è stato discusso nel corso del convegno al Fatebenefratelli dedicato alla giornata della vita in relazione alla prematurità estrema, i margini di gestione ostetrica e i risvolti neonatologici. «Con il momento della nascita la legge - recita il documento - attribuisce la pienezza del diritto alla vita e quindi all'assistenza sanitaria». «L'attività rianimatoria esercitata alla nascita dà il tempo necessario per una migliore valutazione delle condizioni cliniche, della risposta alla terapia intensiva e delle possibilità di sopravvivenza, e permette di discutere il caso con il personale dell'Unità ed i genitori». Tuttavia, sostengono i firmatari, «se ci si rendesse conto dell'inutilità degli sforzi terapeutici, bisogna evitare ad ogni costo che le cure intensive possano trasformarsi in accanimento terapeutico». Il documento si riallaccia alle problematiche emerse in questi ultimi mesi circa i limiti dell'aborto in relazione all'avanzamento delle tecniche rianimatorie e di sopravvivenza del feto. Alcune preoccupazioni erano state espresse dai vescovi italiani, mentre le società scientifiche dei neonatologi hanno prodotto linee guida per adeguare gli interventi.