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Induismo

Ultimo Aggiornamento: 06/11/2007 11:21
21/10/2006 18:38
 
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||Credo che chiunque si accorgerebbe della tua insencerità quando dici ora non ti sto dicendo questo per condannare i simboli indù.Inoltre il tuo raggionamente è settario e strano.L'Antico Testamente è parte della Bibbia.Poichè sono indù e non cristiano,per me la Bibbia non costituisce alcuna autorità spirituale.Quindi il fatto che nella Bibbia Dio proibisca di adorare simboli non mi aiuta affatto a ma per farti capire che il simbolo ha importanza e non è un gioco(ho citato in neretto le tue stesse parole). ||


Non capisco perchè definisci settario questo atteggiamento, io avevo semplicemente messo in risalto i simboli dal mio punto di vista cristiano, nell'AT, non ti ho citato l'AT perchè tu lo prendessi come legge, l'ho citato per dire quanto lì i simboli avessero importanza.
16/11/2006 17:27
 
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Salve a tutti.
Nel thread Satana il creatore delle religioni non cristiane?Che squallida idea!!! della sezione ..::Religione Ecumenico - Interreligioso - New Age::..
..::Le altre religioni - Analisi - Approfondimenti - Domande::..
ho citato e tradotto alcune cose dal libro Living
with Siva Hinduism's Contemporary Culture

di Satguru Sivaya Subramuniyaswami(1927-2001).
Ho tradotto da www.himalayanacademy.com/resources/books/lws/lws_ch-02.html le seguenti parole.

We all know that Hindus, who are one-sixth of the human race today, believe in the existence of God everywhere, as an all-pervasive, self-effulgent energy and consciousness. This basic belief creates the attitude of sublime tolerance and acceptance toward others. Even tolerance is insufficient to describe the compassion and reverence the Hindu holds for the intrinsic sacredness within all things. Therefore, the actions of all Hindus are rendered benign, or ahimsa. One would not want to hurt something which one revered.

On the other hand, when the fundamentalists of any religion teach an unrelenting duality based on good and evil, man and nature or God and Devil, this creates friends and enemies. This belief is a sacrilege to Hindus, because they know that the attitudes which are the by-product are totally dualistic, and for good to triumph over that which is alien or evil, it must kill out that which is considered to be evil.

The Hindu looks at nothing as intrinsically evil. To him the ground is sacred. The sky is sacred. The sun is sacred. His wife is a Goddess. Her husband is a God. Their children are devas. Their home is a shrine. Life is a pilgrimage to mukti, or liberation from rebirth, which once attained is the end to reincarnation in a physical body. When on a holy pilgrimage, one would not want to hurt anyone along the way, knowing full well the experiences on this path are of one's own creation, though maybe acted out through others.



Nel tradurre colorai in rosso la parte che volevo far maggiormente notare a ClintEastwood82.La copierò di nuovo in rosso allo scopo di farla maggiormente notare a tutti.

Noi tutti sappiamo che gli indù,che sono un sesto della razza umana oggi,credono nell'esistenza di Dio ovunque,come un'onnipervadente,auto-effulgente energia e coscienza.Questo credo basilare crea l'atteggiamento di sublime tolleranza e accettazione verso gli altri.Anche la tolleranza è insufficiente per descrivere la compassione e la riverenza che gli indù tengono per l'intrinseca sacralità dentro tutte le cose.Perciò,le azioni di tutti gli indù sono rese benigne,o ahimsa[non-violenza].Uno non vorrebbe far del male a qualcosa che uno riverirebbe.
D'altro canto,quando i fondamentalisti di qualche religione insegnano un'inesorabile dualità basata su bene e male,uomo e natura o Dio e Diavolo,questo crea amici e nemici.Questo credo è un sacrilegio per gli indù,perchè loro sanno che gli atteggiamenti che ne sono prodotti sono totalmente dualistici,e perchè il bene trionfi su ciò che è alieno o male,esso deve uccidere tutto ciò che è considerato essere cattivo.
L'indù non guarda niente come intrinsecamente cattivo.Per lui il terreno è sacro.Il cielo è sacro.Il sole è sacro.Sua moglie è una Dea.Suo marito è un Dio.I loro figli sono deva[esseri celesti].La loro casa è un santuario.La vita è un pellegrinaggio per la mukti,o liberazione dalla rinascita,che una volta ottenuta è la fine alla reincarnazione in un corpo fisico.Quando in un santo pellegrinaggio,uno non vorrebbe far del male a nessuno lungo il viaggio,sapendo pienamente bene che le esperienze su questo sentiero sono di sua stessa creazione,nonostante forse [siano] attuate mediante altri.


Siccome non vorrei che tali parole facessero pensare che nell'Induismo non esiste la distinzione tra il bene e il male,ho deciso di provvedere io stesso ad evitare che tale fraintendimento si verifichi.
Allo scopo di evidenziare come anche nella religione induista esista il concetto di male copierò dei versi dalla Brhadaranyaka Upanishad.
Ma prima di citare i versi ritengo opportuno copiare un'introduzione a tale testo indù e alla figura di Yajnavalkya il quale era,come già detto altrove,un celebro saggio di epoca vedica.Posso assicurare che il copiare tale introduzione non ha alcuno scopo proselitistico.

Da www.visionaire.org/brhaup/Brhadaranyaka%20Up.htm

[INTRODUZIONE]


La Brhadaranyaka Upanisad è parte dei testi che compongono la cosiddetta Sruti, la dottrina rivelata, di cui fanno parte i Veda, i Brahmana, gli Aranyaka e le Upanisad. Le origini di questi testi sono da collocare in un tempo remoto, in cui i Risi, poeti-veggenti dell'antichità, conobbero direttamente e trascrissero i contenuti primordiali della Tradizione indiana. Come altri testi della Tradizione arcaica, la Brhadaranyaka ci è giunta anonima e impossibile da datare con esattezza, ma certamente è una delle Upanisad più antiche.
Aranyaka indica la dottrina che si insegnava e praticava nel folto delle selve, dove si ritiravano in meditazione gli uomini che sceglievano di seguire la via della conoscenza nell'anacoresi. Le Upanisad, invece, sono un insieme di testi che raccolgono l'essenza degli insegnamenti comunicati attraverso l'ascolto diretto da parte del discepolo alla presenza di un maestro ("upanisad" indica l'atto di sedersi accanto al maestro). La radice "upas" indica anche un atteggiamento psicologico di attesa silenziosa, in alcuni casi anche di devozione amorevole. Da questo atteggiamento il discepolo si prepara a ricevere la conoscenza iniziatica, che distruggendo l'ignoranza metafisica (avidya), fornisce i mezzi per conseguire la Conoscenza suprema. Le Upanisad costituiscono l'essenza dei Veda, lo scopo finale (Vedanta), poiché quello che vi è insegnato è da considerarsi come il conseguimento della meta finale di ogni conoscenza Tradizionale.
Accostarsi alla Brhadaranyaka Upanisad è innanzitutto incontrare la potenza illuminante della bellezza, la grande libertà di questo testo, intessuto con semplicità e profonda conoscenza sull'esperienza viva e reale della presenza in sé dell'assoluto, della realizzazione della verità.
Osservate col sentire di questa potenza, le parole toccano gli oggetti della narrazione, i più elevati e i più umili, illuminando e restituendo ogni cosa alla realtà profonda di cui il narratore è testimone.
Le strofe attraversano le voci dei protagonisti, a partire dai primi versi, in cui l'unico esistente è quel Brahman primigenio che da sé stesso trasse questo universo formulando mano a mano i sentimenti che da sempre lo determinano: solitudine, desiderio di conoscersi, desiderio di moltiplicarsi, desiderio di ritrovare sé stessi attraverso il sacrificio della propria individuazione...
Questo Brahman ci è svelato così da subito, preesistente e sempre identico, unico e indivisibile e sostanziale ad ogni esistente, nella sua stessa coscienza di essere, qualsiasi cosa, ovunque, la medesima essenza consapevole e senziente. Origine e fine di ogni forma.
Il testo passa poi a illuminare la figura di Yajnavalkya, un uomo che in sé stesso ha conosciuto tale essenza e, girovagando, incontra donne e uomini con cui intrattiene conversazioni mirabili. Con il ritmo cantilenante e ripetitivo del cantastorie, ironico e pacato, lentamente, passo dopo passo, oggetto dopo oggetto, le sue parole accompagnano l'ascoltatore a trovarsi nell'unità della coscienza che ha integrato e trasceso ogni oggetto, ogni luce, ogni divinità e ogni cielo: sé stesso. Yajnavalkya attende la domanda dell'interlocutore, accoglie la sua conoscenza e senza trascurare nessuno dei fenomeni dell'esperienza umana li raccoglie ad uno ad uno dentro l'orizzonte della consapevolezza integrata. Di Quello, dell'assoluto, non si può dire più nulla, lì la mente deve ritirarsi, e pochi uomini vi si avventurano.
Soltanto il re Janaka, disposto a sacrificare tutti i suoi beni, scioglierà in Yajnavalkya ogni indugio a parlare di sé, dell'uomo che ha superato la selva della sua esistenza individuata, per ritrovarsi in quella origine in cui scompare ogni timore, ogni oggetto e ogni desiderio di felicità terrena e ultraterrena. Lì dove all'inizio era solo morte e fame, si ritrova l'essere che ha conosciuto sé stesso, l'unità indifferenziata e compiuta su cui poggia tutto l'esistente.
L'Upanisad del grande Aranyaka, una delle più antiche Upanisad vediche, è originariamente composta da sei letture (Adhyaya), di cui qui si riporta una selezione dalle prime quattro. Tra i temi canonici trattati nel testo sono da ricordare: l'esposizione dell'Asvamedha, sacrificio vedico di consacrazione regale, la formulazione della cosmogonia per sdoppiamento del Purusa, primo ente universale, l'insegnamento filosofico dell'identità tra Atman e Brahman, la trattazione della teoria del Karman.
All'interno di questi versi è contenuto il grande detto (mahavakya) "Aham Brahmasmi: Io sono Brahman".



Beatrice Polidori, 2004



Adesso passo a copiare i versi che mostrano come nell'Induismo ci sia il concetto di male e come vi sia la perfetta distinzione tra bene e male.Si noti che colorerò in rosso la parola male

Quarto Brahmana


1. In origine questo universo era soltanto il Sé (Viraj) della forma umana. Egli osservò e comprese di essere soltanto sé stesso, dunque affermo "Io sono". Quindi il suo nome fu Aham (io). Perciò da allora quando a qualcuno si chiede chi egli sia risponde "io sono", poi aggiunge il proprio nome. Siccome Egli era prima (Purva) di tutto questo universo e prima di chiunque aspiri alla perfezione, Egli bruciò col fuoco (Us) ogni male ed è chiamato Purusa. Colui che conosce questo brucia chiunque desideri levargli il primato.


Quinto brahmana


1. Quando il Padre creò i sette tipi di cibo attraverso la meditazione e l'ascesi, dispose che uno fosse comune a tutti i viventi, due li riservò agli dei, tre a sé stesso, uno agli animali. Su questo si fonda tutto, ciò che vive e ciò che non vive. Perché mai non si esauriscono i cibi sebbene vengano costantemente mangiati? Chi conosce la causa di questa permanenza si nutre attraverso lo spirito (Pratika), diventa come gli Dei e condivide il nettare con loro. Questo è il contenuto dei versi:
2. "Quando il Padre creò i sette tipi di cibo attraverso la meditazione e l'ascesi" significa che il Padre produsse il cibo proprio attraverso la meditazione e il sacrificio. "Dispose che uno fosse comune a tutti i viventi" significa che il mangiare cibo è comune a tutti gli esseri che si nutrono di cibo, ma chi adora questo cibo non è libero dal male, perché esso è cibo generico. "Due li riservò agli dei" significa l'oblazione che si offre sul fuoco e l'offerta di doni destinati agli Dei, quindi gli uomini compiono entrambi questi atti. Altri dicono che questo verso si riferisca ai riti del novilunio e del plenilunio, dunque non lo si aggravi di riti per fini materiali. "Uno agli animali" è il latte, poiché uomini e animali vivono al loro inizio di solo latte. Perciò a un neonato si da del burro chiarificato e si dice che un vitello appena nato non è ancora un erbivoro. "Su questo si fonda tutto, ciò che vive e ciò che non vive" significa che sul latte si fonda ciò che vive e ciò che non vive. Si dice erroneamente che offrendo latte sul fuoco per un intero anno, ci si liberi dalla morte; ciò non è vero. Solo chi comprende che è l'offerta di tutto il cibo il vero sacrificio, si libera dalla morte. "Perché mai non si esauriscono i cibi sebbene vengano costantemente mangiati?" indica che colui che si ciba è allo stesso tempo la causa del permanere del nutrimento, poiché produce il cibo con la meditazione e le opere meritorie, e se così non fosse il cibo presto si esaurirebbe. Dove è detto " si nutre attraverso lo spirito (Pratika)" Pratika significa preminenza, dunque il verso contiene un encomio: "diventa come gli Dei e condivide il nettare con loro".


15. "Dopo avere goduto del girovagare e conosciuti il bene e il male nello stato di sogno, egli si abbandona allo stato del sonno profondo, e rientra per il percorso inverso alla condizione precedente, lo stato di sogno. Egli non è toccato da quanto vede nel sogno, poiché nulla può attaccare l'Essere Infinito." " Proprio così, Yajnavalkya. Ti darò mille vacche, ma ti prego istruiscimi ancora sulla liberazione".
16. "Dopo avere goduto del sogno e conosciuti il bene e il male, egli rientra per il percorso inverso alla condizione precedente, lo stato di veglia. Egli non è toccato da quanto vede nella veglia, poiché nulla può attaccare l'Essere Infinito." " Proprio così, Yajnavalkya. Ti darò mille vacche, ma ti prego istruiscimi ancora sulla liberazione".
17. "Dopo avere goduto del girovagare e conosciuti il bene e il male nello stato di veglia, egli rientra per il percorso inverso alla condizione precedente, lo stato di sogno.


34. Allora Riprese: " Dopo avere goduto del sogno e conosciuti il bene e il male, egli rientra per il percorso inverso alla condizione precedente, lo stato di veglia.


Quarto brahmana


1. Quando l'ente diventa debole e pare privo di conoscenza, tutti i sensi si raccolgono in lui. Riassorbite completamente queste particelle di luce, egli perviene al proprio cuore. E quando l'essere che risiede nell'occhio si ritrae da ogni direzione, si spengono tutti i colori.
2. Allora si dice che egli non vede, non fiuta, non gusta, non parla, non ode, non pensa, non tocca, non conosce perché le sue facoltà si sono unificate. La sommità del cuore risplende e da questo punto luminoso di diparte il sé, attraverso l'occhio o attraverso la sommità del capo o da qualunque altro punto del corpo. E con lui dipartono le forze vitali, e con esse tutti gli organi di senso. Quindi, secondo la consapevolezza che è in lui, egli va verso il corpo che ad essa è collegato. In questo lo seguono le sue passate conoscenze, le sue opere e la sua maturata esperienza.
3. Come un bruco passando oltre l'estremità di un ramo, sale sopra un altro e qui si raccoglie, così il sé individuale getta via un corpo, lasciandolo privo di sensi, per prendere un altro supporto e lì trovare sé stesso.
4. Come l'orefice con la materia di un vecchio ornamento d'oro plasma in una nuova forma più bella, così il sé individuale si libera di un corpo, lasciandolo privo di sensi, e prende una nuova forma, nuova e più bella, simile a quella dei Mani, dei Gandahrva, degli Dei, di Viraj, di Hiranyagarbha o di altri esseri.
5. In verità questo sé individuale è Brahman, che si identifica con l'intelletto, la mente e le forze vitali, con gli occhi o con gli orecchi, con la terra, l'acqua, l'aria, l'etere, e con quello che è oltre il fuoco, con il desiderio e con l'assenza di desiderio, con l'ira e con la calma, con la rettitudine o con la malvagità, con tutto; è identificato, infatti, in tutto questo che è percepito e con tutto quello che è inferito. Così come agisce, tale diviene; facendo il bene diventa bene, compiendo il male diviene il male; diviene virtuoso attraverso le buone azioni così come diviene malvagio attraverso azioni malvagie. Perciò si dice anche: "Il sé individuale è fatto di desiderio. Quanto che desidera, decide; ciò che decide attua; e quanto mette in atto, ottiene".


22. Il grande Sé increato, che si identifica con la mente e con il centro delle facoltà, riposa nello spazio all'interno del cuore. E' l'Ordinatore Interno di tutto ciò che esiste, il Signore e il Regolatore di tutto. Non cresce mediante le buone azioni e non è sminuito dalle cattive. E' il Signore di tutti gli esseri, l'Ordinatore di tutti gli esseri, il Protettore di tutti gli esseri. E' la diga che trattiene i mondi dal precipitare nel caos. I Brahmani cercano di conoscerlo attraverso lo studio dei Veda, i sacrifici, la carità e la rinuncia al godimento degli oggetti dei sensi. Colui che Lo conosce diviene saggio, i monaci, desiderando di conoscerlo in questa vita, abbandonano le loro case. Gli antichi saggi, infatti, non desideravano avere figli poiché pensavano:"Cosa ancora potremmo ottenere dai figli, se abbiamo realizzato il Sé già in questa vita". Così, è detto, essi rinunciarono al desiderio di prole, di ricchezze mondane e condussero vita da mendicanti. Poiché è il desiderio di figli che è anche desiderio di ricchezza, e questo è il desiderio di mondi, ma tutti questi non sono altro che bramosia. Questo Sé è Quello di cui è detto "Non questo, Non questo". Esso è impercettibile, poiché non può essere percepito; indistruttibile, poiché non può essere distrutto; inattaccabile, perché nulla lo può attaccare; libero, saldo, illeso. Come il saggio non può essere sopraffatto dai due pensieri: "ho fatto la cosa giusta; ho fatto la cosa sbagliata" poiché li sovrasta entrambi. Le cose compiute e quelle che ha omesso di fare non lo angustiano.
23. Ciò è espresso nell'inno che dice: "L'eterna gloria del conoscitore del Brahmam non cresce e non è sminuita dalle opere. Perciò si ricerchi di comprendere la natura di questo soltanto, poiché conoscendola non si è più macchiati da alcun peccato" Dunque colui che così conosca acquisti saldo controllo di sé, e calmo, raccolto in sé stesso, saldo e concentrato, comprenda il Sé nel suo stesso sé; così facendo egli perviene a vedere il Sé in tutto. Il Male non trionfa su di lui, ma lui trascende ogni male. Il male non lo mette in difficoltà, poiché lui consuma ogni male. Egli diviene senza peccato, senza forma, libero da ogni dubbio e un vero conoscitore del Brahman. questo è il mondo del Brahman, o re, e tu l'hai conquistato", concluse Yajnavalkya. E il re "Ti darò l'impero dei Videha, signore, e me stesso per poterti servire".


E certamente nell'Induismo esiste anche il concetto di peccato.Come prova di ciò citero dei versi presi da scriture indù.

Se abbiamo peccato contro l'uomo che ci ama,
se abbiamo fatto torto a un fratello,
a un caro amico o a un compagno,
al vicino di lunga data o allo straniero,
rimuovi questa onta da noi,o re Varuna.
Rig Veda V,85,7

Qualunque peccato si trovi in me,
qualunque male abbia io compiuto,
se ho mentito o giurato il falso,
o Acque,rimuovete questa macchia da me!
Rig Veda I,23,22

9.Tue,o Re,sono cento,mille costellazioni!
Grandi e di grande portata siano anche i tuoi favori!
Conduci via lontano da noi la perniciosa distruzione.
Elimina da noi qualunque peccato abbiamo commesso.
Rig Veda I,24,9

Qualunque tua legge,o Dio Varuna,
noi,che siamo uomini mortali,possiamo violare
giorno dopo giorno,non consegnarci,ti imploriamo,
come prede alla morte o alla tua ardente ira,
affinchè siamo distrutti in ragione del tuo dispiacere.
Rig Veda I,25,1-2

Donaci,o Signore,una parte della luce solare,delle acque,
libertà dal peccato e comunione coi viventi.
Non offuscare la gioia dei nostri cuori
poichè noi abbiamo riposto la nostra fiducia nel tuo nome.
Rig Veda I,104,6

Sono solo io che ho peccato contro di te molte volte.
Tu mi hai punito come un padre punisce il figlio giocatore.
La mia offesa,o Dei,allontanate;poi allontanate le vostre trappole.
Non scagliatevi su dime me come un uccello piomba sulla sua progenie
Rig Veda II,29,5

Dio sempre giovane,qualunque peccato noi abbiamo involontariamente commesso,come gli uomini sono inclini a fare,
purificaci,ti imploriamo,al cospetto della Madre Aditi.
Allontana completamente,o Agni,ogni nostro peccato.
Rig Veda IV,12,4

Se noi uomini deboli abbiamo peccato contro gli Dei
per sconsideratezza e fragilità,o per orgoglio,
assolvici da questa colpa,o Savitr,
e rendici puri da peccato di fronte a Dei e uomini.
Rig Veda IV,54,3

Avvicinati per dimostrare che siamo liberi da peccato,
o Surya,Signore dalla potente energia.
Rig Veda,VI,50,2

Non fateci soffrire per i peccati altrui
nè fateci compiere le azioni che voi punite,o Dei
Rig Veda VI,51,7

Soma e Rudra,fornite per i nostri corpi
tutti i medicamenti necessari.Sciogliete e allontanate
da noi qualunque peccato abbiamo commesso,
che ancora resti attaccato alle nostre persone.
Rig Veda VI,74,3

Se il tuo fedele amico ha peccato contro di te,o Varuna,
egli resta tuttavia tuo amico,quello che tu ami.
Non come peccatori,o Vivente,possiamo noi venire di fronte a te!
Concedi protezione a colui che a te inneggia,come a un saggio!
Rig Veda VII,88,6

Non per un peccato,nè per due o tre
uccidimi,o Possente,e nemmeno per molti!
Rig Veda VIII,45,34

Oggi possa quella grande coppia,Terra e Cielo,
conservarci in pace e felicità,liberi da peccato!
Possa la Mattina,con l'irradiazione della sua luce,cacciare via il peccato!
Noi preghiamo Agni,ora acceso,di portarci la gioia.
Rig Veda X,35,3

3.Se noi abbiamo peccato,desti o dormienti,
coscienti o incoscienti,per natura malvagia,
possa Agni cacciare lontano da noi
tutte quelle azioni così odiose!
4.O Indra e Brahmanaspati,ascoltateci!
Se siamo andati per la cattiva strada,
possa il lungimirante figlio del cielo
proteggerci da repressione per mano dei nostri nemici!
5.Ora vittoriosi,siamo liberi dal peccato!
Possano i brutti sogni e le cattive intenzioni
essere dirette verso coloro che ci vogliono del male
e coloro che noi detestiamo!
Rig Veda X,164,3-5

Peccato della mente,vattene via lontano!
Perchè esprimi suggerimenti impropri?
Vattene da questo posto!Non ti voglio!
Va' dagli alberi e dalle foreste.La mia mente
rimarrà qui insieme alle nostre case e ai nostri armenti.
2.Qualunque male abbiamo noi commesso,o Agni,
da desti o dormienti,per cattivà volontà od odio
o maledizione,rimuovilo da noi,e qualunque cosa
ti dispiaccia scaccia lontano!
Atharva Veda VI,45,1-2

In qualunque modo abbiamo noi peccato coi nostri occhi
o con le nostre menti o parole,nella veglia o nel sonno,
possa Soma con la sua pura natura purificarci!
Atharva Veda VI,96,3

Nei Veda ci sono molti altri versi che parlano del male e del peccato ma non mi va di copiarli adesso.Ho già faticato abbastanza copiando i versi che ho copiato adesso.Forse più in là deciderò di citare altri versi.
Saluti
Orlando.



[Modificato da ShivaBhakta 16/11/2006 18.16]

Mi chiamo Orlando.Per cortesia chiamatemi per nome e non per nickname.
27/11/2006 19:35
 
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Re:

Written by: ClintEastwood82 21/10/2006 18.38

||Credo che chiunque si accorgerebbe della tua insencerità quando dici ora non ti sto dicendo questo per condannare i simboli indù.Inoltre il tuo raggionamente è settario e strano.L'Antico Testamente è parte della Bibbia.Poichè sono indù e non cristiano,per me la Bibbia non costituisce alcuna autorità spirituale.Quindi il fatto che nella Bibbia Dio proibisca di adorare simboli non mi aiuta affatto a ma per farti capire che il simbolo ha importanza e non è un gioco(ho citato in neretto le tue stesse parole). ||


Non capisco perchè definisci settario questo atteggiamento, io avevo semplicemente messo in risalto i simboli dal mio punto di vista cristiano, nell'AT, non ti ho citato l'AT perchè tu lo prendessi come legge, l'ho citato per dire quanto lì i simboli avessero importanza.



Dalle parole che mi dicesti allora,più che farmi capire quanto i simboli avesso importanza lì...mi facesti capire quanto i simboli fossero disprezzati lì!
Da www.labibbia.org/pls/bibbiaol/GestBibbia.Ricerca?Libro=Esodo&Cap...

20 I dieci comandamenti
1 Dio allora pronunciò tutte queste parole:


2 Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: 3 non avrai altri dei di fronte a me. 4 Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. 5 Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, 6 ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi.





Saluti
Orlando.

[Modificato da ShivaBhakta 27/11/2006 19.36]

23/12/2006 17:09
 
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Re:

Scritto da: ClintEastwood82 17/08/2006 10.41




Cmq la religione e la fede non è un gioco, anche se tu intendi le divinità induiste come simboliche, in realtà il simbolo conta. D_o nell'Antico Testamento vieta agli israeliti di adorare simboli, quindi, ora non ti sto dicendo questo per condannare i simboli indù, ma per farti capire che il simbolo ha importanza e non è un gioco,non una cosa da cui si slitta facilmente verso un'altra così.

Se tu dici, cambio Signore come se cambio simbolo, allora significa che non avevi molta fede nell'altro signore, o comunque lui non ti offriva amore sufficente per alimentare la tua fede.



Hai ragione nel dire che la religione e la fede non sono un gioco.
Il fatto che io lasciai lo Sri Vaishnavismo avvenne a causa del mio ego e della mia poco conoscenza delle scritture indù.
Approfitto di questo thread per informare tutti che circa da una settimana sono tornato a professare la mia precedente religione vishnuita,cioè lo Sri Vaishnavismo.

Saluti
Orlando.
Mi chiamo Orlando.Per cortesia chiamatemi per nome e non per nickname.
23/12/2006 17:53
 
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ClintEastwood82 ha scritto:

Nell'induismo alle origine però, il Brahman era l'essenza di tutto, addirittura veniva detto il creatore degli dèi in alcuni rami dell'induismo.



Ciò che dici non è corretto.Anche tutt'oggi il Brahman è il creatore degli dei.La parola sanscrita per ciò che tu chiamami "dei" è deva che si traduce "esseri celesti".
Le differenze fra le varie correnti induiste sta nell'interpretazioni che si danno alla parola Brahman.

Primi di riportare i testi che voglio riportare spiegherò qualcosa.
Gli studiosi moderni dividono ognuno dei 4 Veda in 4 porzioni: Samhita,Brahmana,Aranyaka e Upanishad.
Si dice che oggi giorno ci siano più di cento Upanishad.
Comunque solo alcune Upanishad sono considerate autorevoli da tutte le tradizioni indù.Le più importanti sono chiamate Dasopanishad("dieci Upanishad") e sono le seguenti:Isavaya Upanishad, Kena Upanishad, Kata Upanishad, Prasna Upanishad, Mundaka Upanishad, Mandukya Upanishad, Taittiriya Upanishad, Aitareya Upanishad, Chandogya Upanishad, Brihadaranyaka Upanishad.

Oltre queste dieci vi sono alcune altre Upanishad accettate come autorevoli.
Un buon numero di altre Upanishad non può essere considerato autorevole in quanto si tratta di testi scritti dall'uomo e quindi di origine non divina.Una di queste è la "Allah Upanishad" dove Allah viene considerato il Brahman.Seguendo questa Upanishad un indù invece di rimanere indù dovrebbe convertirsi all'Islamismo.
Al contrario le Dasopanishad e altre Upanishad fanno realmente parte dei Veda e sono di origine divina.
Io adesso copierò dei testi presi dalla Brihadaranyaka Upanishad,la quale si trova nello Yajur Veda.

Tali versi mostrano che anche oggi il Brahman è l'origine di tutto e il creatore degli dei.
Da www.visionaire.org/brhaup/Brhadaranyaka%20Up.htm
9. Si dice che gli uomini pensano di diventare tutto tramite la conoscenza di Brahman, ebbene cosa avrebbe dovuto conoscere Brahman da cui tutto l'universo proviene?

11. In origine tutte le caste erano Brahman, senza differenze. Ma nell'unità non poteva moltiplicarsi. Creò quindi una forma particolarmente eccellente, gli Kshatriya (casta di guerrieri e re) e coloro che sono Kshatriya tra gli Dei:Indra, Varuna, la Luna, Rudra, Parjanya, Yama, la Morte e Isana. Perciò nulla è superiore agli Kshatriya e il sacerdote venera il guerriero durante la consacrazione di un re. Così facendo il sacerdote impartisce tale gloria al guerriero. Il sacerdote è l'origine del guerriero. Perciò anche se il re ottiene la supremazia attraverso il rito, alla fine fa ricorso al sacerdote, come la sua origine. Colui che offende il sacerdote, va contro la propria origine; e gliene proviene un danno grave, come colui che offende un superiore.
12. Ciò nonostante ancora non si moltiplicava. Creò quindi i Vaisya (casta dei coloni, artigiani e commercianti) e quelli che tra gli Dei sono designati a gruppi: Vasu, Rudra, Aditya, Visvadeva and Marut.
13. Ma ancora non si moltiplicava. Creò allora la casta dei Sudra( casta dei contadini, braccianti, servi), e la Dea Pusan. Attraverso di essi si nutre tutto quello che esiste.
14. Ancora non si moltiplicava. Dunque creò una forma eccellente, il Dharma (il Diritto, la Legge). Questa legge governa gli Kshatriya, perciò non vi è nulla di più alto. Per essa anche un uomo debole può sperare di difendersi da un uomo più forte attraverso la legge, così come con l'aiuto del re. In effetti, il Dharma non è altro che la verità, perciò si dice dell'uomo veritiero che quegli è un uomo retto, e di una persona che si esprime con giustizia che sta dicendo la verità. Infatti Dharma e verità sono la stessa cosa.
15. Così furono create le quattro caste: Brahmana, Kshatriya, Vaisya e Sudra. Egli divenne il fuoco (Agni) tra gli Dei e la casta Brahmana tra gli uomini. Divenne uno Kshatriya tra gli Kshatriya divini, un Vaisya tra i Vaisya divini, e un Sudra tra i Sudra divini. Perciò gli uomini desiderano ottenere benefici dai riti dedicati agli Dei attraverso il fuoco, e tra gli uomini attraverso i sacerdoti. Se, comunque, qualcuno lascia questo mondo senza avere realizzato il proprio compito come il Sé, Questi, restando ignoto, non proteggerà quell'ente, così come non sarebbero di aiuto i Veda non studiati e le azioni non compiute. Ciascuno mediti sui propri doveri come fossero il Sé. Chi mediterà in tale modo non vedrà vanificate le proprie opere, poiché dal Sé si crea tutto ciò che si desidera.


Caro Clint,come puoi notare dai versi citati il Brahman è un Dio personale come nel Cristianesimo,nell'Ebraismo e nell'Islam.Con "Dio personale" intendo il fatto che si tratta di un Essere dotato di una propria volontà e quindi di una propria esistanza individuale.Sono state delle interpretazioni fuorvianti a far credere che il Brahman sia un realtà impersonale.
I seguenti versi presi dalla mesima Upanishad mostrano ulteriormente come il Brahman sia un Dio personale.Si tratti di versi che hai già letto.
8. Egli quindi rispose: "Tale è ciò che i conoscitori del Brahman chiamano l'Immutabile. Esso non è né grosso né sottile, né corto né lungo, non ha sangue né grasso, non ha luce né oscurità, non è vento e non è etere, non attacca, non gusta né odora, non ha vista e non ha udito, non ha voce né mente, non ha vitalità, né bocca, non ha misura, e non ha né interno né esterno. Nulla mangia e nessuno se ne può cibare.
9. Sotto il potere ordinatore di questo Immutabile, o Gargi, il sole e la luna sono mantenuti nelle loro orbite; sotto il potere ordinatore di questo Immutabile, o Gargi, il cielo e la terra mantengono le loro rispettive posizioni; sotto il potere ordinatore di questo Immutabile, o Gargi, i Muhurtas, i giorni e le notti, i cicli lunari, i mesi, le stagioni e gli anni compiono ciascuno il suo corso. Sotto il potere ordinatore di questo Immutabile, o Gargi, alcuni fiumi sgorgano dalle Montagne bianche e scorrono verso est, altri scorrono verso ovest e proseguono per la medesima direzione, così come tutti gli altri mantengono il proprio corso; sotto il potere ordinatore di questo Immutabile, o Gargi, gli uomini sono onorati in relazione a ciò che donano, gli Dei richiedono i sacrifici e i Mani le offerte.
10. Colui che in questo mondo, senza conoscere questo immutabile, offre oblazioni nel fuoco, pratica sacrifici e si sottopone a severe austerità anche per migliaia di anni, ne ricaverà un merito transitorio; colui che lascia questo mondo senza conoscere l'Immutabile è povero, o Gargi. Ma colui che si diparte da qui dopo aver conosciuto l'Immutabile è un conoscitore del Brahman.
11. Questo Immutabile, o Gragi, è il Veggente non veduto, l'Uditore non udito, il Pensatore impensabile, il Conoscitore inconoscibile. Non vi è altro veggente che Lui, non vi è latro uditore che Lui, non altro pensatore che Lui, non altro conoscitore che Lui. Da questo Immutabile, Gargi, è pervaso lo spazio Immanifesto.
12. Allora Gargi disse: " Reverendi Brahmini, dovreste considerarvi fortunati se potrete andarvene porgendo il vostro omaggio a Yajnavalkya, poiché nessuno di voi potrà batterlo nel descrivere la realizzazione del Brahman". Dunque la figlia di Vachaknu si ritirò in silenzio.


Molti versi di molte Upanishad dichiarono in termini certi che il Brahman ha creato questo mondo.E'ovvio che solo un Essere personale può creare e avere il desiderio di creare qualcosa.

In ultima analisi la parola Brahman indica l'Essere Supremo,cioè Dio.
Una nota importante:non si confonda la parola Brahman con la parola Brahma che è il nome della divinità con quattro teste che prega Krishna(avatara di Vishnu) nella seguente immagine:



Saluti
Orlando.





[Modificato da ShivaBhakta 23/12/2006 17.55]

[Modificato da ShivaBhakta 23/12/2006 18.05]

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Re: Re:

Scritto da: ShivaBhakta 25/08/2006 17.34



Un purana shivaita contraddice quello che si trova scritto in un purana vishnuita.
In un purana shivaita si vede Vishnu che viene creato da Shiva e rende omaggio al Signore Shiva.
In un purana vishnuita si può invece leggere che Shiva è il più grande devoto di Vishnu!
Come è possibile ciò?
La risposta è semplice:i purana sono delle opere mitologiche compilate dal grande saggio Srila Vyasadeva.



Come già spiegato ogni Purana afferma la Supremazia di una Divinità.C'è un purana in cui Ganesha è il Dio Supremo e quindi superiore a Vishnu,Shiva e Brahma.
Ti prego di leggere la seguente storia nel link www.induismo.it/f_ganesha.htm

Ti prego di ricordare che i purana si contraddicono tra di loro.
Nello Shiva Purana (e/o forse anche nel Linga Purana) si racconta che Rama,incarnazione terrana di Vishnu,pregò Shiva.Non ricordo il motivo adesso.
La seguente immagine mostra Rama che pratica l'adorazione a mani del Linga,il sacro simbolo del Signore Shiva.E prega tale simbolo a mani giunte.


Lo Shiva Purana e il Linga Purana sono purana shivaiti.
Cordiali saluti.



Devo assolutamente spiegare una cosa.
Nel Ramayana di Valmiki non c'è alcun riferimento a Rama che venera Shiva.
Il Ramayana scritto da Valmiki è il Ramayana autentico.
Storie che riguardano Rama che venera una divinità sono state incorporate dagli shivaiti e quindi si trovano in versione non autentiche del Ramayana,per esempio l'adyaatma ramaayana.

Saluti
Orlando.

[Modificato da ShivaBhakta 26/12/2006 19.52]

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Salve a tutti.

ClintEastwood82 mi ha detto in un altro thread:

Parlavo del tantrismo, non dei Veda. I Veda ovviamente non li conosco bene, ne conosco la struttura e varie parti come la Baghavad Gita e il ramayana, non li ho mai letti per intero ma vari riassunti, tra cui anche uno del ramayana che mi avevi dato tu. Calcola anche che il canone dei Veda così come quello buddista, sono tra la letteratura più vasta al mondo, come decine di Bibbie messe assieme, quindi non potrei certo conoscere tutto.



Noto che la tua definizione di Veda è uguale a quella Hare Krishna.
Tuttavia è giusto precisare che il Ramayana non è di per sè un Veda.
Il Mahabharata,nel quale è contenuto la Bhagavad Gita,non è un Veda.

Tecnicamente parlando i Veda sono 4:Rig Veda,Yajur Veda, Saman Veda e l'Atharva Veda.

I 4 Veda costituiscono la massima autorità religiosa e filosofica nell'Induismo ortodosso.
Essi appartengono alla categoria della Sruti cioè "cioè che è ascoltato".
Se si desiderano avere maggiori informazioni si legga www.induismo.it/sruti.htm

Per gli altri testi indù si legga
www.induismo.it/smriti.htm

Saluti
Orlando.









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06/11/2007 11:21
 
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VATICANO - "Cristiani e Indù: decisi a percorrere un cammino di dialogo" - Messaggio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso agli Hindù in occasione della Festa di Diwali 2007
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - E’ stato pubblicato oggi il testo del Messaggio, a firma del Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso, Card. Jean-Louis Tauran, inviato agli hindi in occasione della festa di Diwali 2007, sul tema: "Cristiani e Indù: decisi a percorrere un cammino di dialogo". La festa di Diwali è celebrata da tutti gli hindi ed è conosciuta anche come Deepavali ossia "fila di lampade ad olio". Simbolicamente fondata su un’antica mitologia, essa rappresenta la vittoria della verità sulla menzogna, della luce sulle tenebre, della vita sulla morte, del bene sul male. La celebrazione vera e propria dura tre giorno segnando l’inizio di un nuovo anno, la riconciliazione familiare, specialmente tra fratelli e sorelle, e l’adorazione a Dio. Quest’anno la festa sarà celebrata da molti hindi il 9 novembre.
Nel Messaggio si afferma: “Il mondo attorno a noi desidera ardentemente la pace. Le religioni annunciano la pace perché traggono la propria origine da Dio, il quale, per la fede cristiana, è la nostra pace. Possiamo noi, in quanto credenti di diverse tradizioni religiose, non lavorare insieme per ricevere il dono divino della pace e diffonderlo attorno a noi così che il mondo divenga per tutti i popoli un luogo migliore in cui vivere?”
Il testo prosegue mettendo in luce che “la credenza religiosa e la libertà vanno sempre di pari passo” e “non ci può essere costrizione nella religione: nessuno può essere forzato a credere, né chiunque voglia credere può esserne impedito”. Dopo aver ribadito l’insegnamento del Concilio Vaticano II su questo tema, il Messaggio sottolinea che “per le comunità religiose impegnate a costruire la pace mondiale, una sfida importante è costituita dal formare i credenti perchè anzitutto scoprano tutta l’ampiezza e la profondità della propria religione e quindi dall’incoraggiarli a conoscere altri credenti. Non dimentichiamo che l’ignoranza è il primo e, forse, il principale nemico nella vita di chi crede, mentre il contributo di ogni credente ben formato, insieme a quello degli altri, costituisce una ricca risorsa per una pace duratura”.
“Dobbiamo lavorare per costruire legami di amicizia, come del resto devono fare gli aderenti di ogni religione” sottolinea ancora il testo, ricordando che nelle situazioni di incomprensione, “è necessario che le persone si riuniscano e comunichino fra loro per chiarire, in uno spirito fraterno ed amichevole, le rispettive credenze, aspirazioni e convinzioni. E’ solo attraverso il nostro dialogo, evitando ogni forma di pregiudizio e di idee stereotipate sugli altri e testimoniando fedelmente i nostri precetti ed insegnamenti religiosi, che possiamo realmente superare i conflitti”. Infine si ribadisce che “il dialogo fra seguaci di diverse religioni è oggi il cammino necessario, ed è davvero l’unico cammino percorribile per noi credenti. Collaborando insieme possiamo fare molto per costruire una società armoniosa ed un mondo pacifico”.

«Il Mondo non sarà mai abbastanza vasto, né l’Umanità abbastanza forte per essere degni di Colui che li ha creati e vi si è incarnato»
(P. Teilhard de Chardin, La vision du passé, in “Inno dell’universo”, Queriniana, Brescia 1995, p. 76)>>



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