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Lo yoga,quello vero.

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2006 15:49
02/02/2006 18:32
 
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Salve a tutti.
Solo da pochi giorni ho ripreso a leggere questo forum.Quindi mi scuso per non aver salutato i nuovi arrivati.
Come ho già detto in passato sono induista e,più precisamente,fra le varie tradizioni indù,professo lo Sri Vaishnavismo,in occidente chiamato Vishnuismo.
Premetto che il presente post non ha alcuno scopo di proseletismo ma solo di chiarificazione nei confronti di qualcosa che viene spesso considerato un mero esercizio fisico.
Molti già sapranno che lo yoga viene dall'India e che il suo contesto d'origine è la religione vedica.
Vi sono vari tipi di yoga:karma-yoga,bhakti-yoga,jnana-yoga...
Leggendo in internet ho visto che praticamente tutti,anche non-indù,hanno ben compreso questi tre tipi di yoga.
Il problema,invece,riguarda il raja-yoga o astanta-yoga.
Le più importanti (da notare:NON le uniche!) sono i 4 Veda.
Ogni Veda è diviso in 4 parti[SM=g27994]amhita,Brahmana,Aranyaka e Upanishad.Una descrizione di queste scritture è decisamente off topic.Chi fosse interessato può andare su www.hinduism.it/induismo.htm ,cliccare su LE TRADIZIONI SPIRITUALI e poi sui nomi relativi ai testi citati.
Nella Upanishad si parla di yoga,asana(posture) e pranayama (controllo del respiro),ecc.
Anche nel Mahabharata,uno dei due poemi indù (l'altro è il Ramayana) si parla di yoga e di yogi.
Ritrovamenti archeologici e studi storici hanno scoperto che già prima del 2000 a.c. si praticava yoga...quello vero!
La parola sanscrita (il sancrito è una lingua dell'antica India) yoga può essere tradotta in diversi modi.Usualmente la si traduce con "unione",nel senso di unione con la Divinità.
Oggi lo yoga si usa per cose molto materiali,ad esempio migliorare le proprie capacità sessuali, o per mantenersi calmi e concentrati,ecc.
Ve bene la calma e la salute,ma l'aumento delle proprie capacità sessuali è contrario al vero spirito del raja-yoga!
Comunque,in generale,solo collocandolo nel suo contesto d'origine,lo yoga acquista la sua giusta dimensione spirituale e filosofica.
La dottrina del raja-yoga fu definitivamente codificata dal saggio Patanjali nel suo Yoga-sutra (aforismi sullo yoga).Gli studiosi fanno risalire la nascita di Patanjali a due secoli prima dell'era cristiana.La tradizione indà differisce da ciò:infatti i Purana,delle scritture indù, lo menzionano in compagnia di saggi antichissimi quali Vyasa, Astavakra e Narada.

Come più o meno tutte le tradizioni indù,quella dello yoga,mira alla liberazione del samsara,il ciclo di morti e rinascite.

In accordo alle scritture vediche,nella mente si trovano depositati i "semi" (samskara) che conservano impressioni avute nelle vite precedenti e che determiranno conseguenza duranta la vita presente e quelle future.
La mente può essere un tiranno (come nel mio caso) quando è lei a controllare la persona o un docile amico e strumento quando serve la persona.Il Raja-yoga significa "yoga del re",poichè lo yogi che domina la sua mente è come un re che governa il suo regno.
A tale proposito nella Bhagavad Gita,una delle più famose scritture indù,nel capitolo 6 è scritto:
3.Per il neofita che inizia la via dello yoga in otto fasi l'azione è considerata il mezzo, mentre per colui che è già elevato nello yoga la cessazione di ogni attività materiale è considerata il mezzo.
4.Si dice che una persona è elevata nello yoga quando, avendo rinunciato a tutti i desideri materiali, non agisce per la gratificazione dei sensi né s'impegna in attività interessate.
5.L'uomo deve usare la propria mente per liberarsi, non per degradarsi. La mente è amica dell'anima condizionata, ma può anche essere la sua nemica.
6.Per colui che l'ha dominata, la mente è la migliore amica, ma per colui che ha fallito nell'intento, la mente rimarrà la peggiore nemica.
7.L'uomo che ha conquistato la mente, e ha trovato così la pace, ha già raggiunto l'Anima Suprema. Per lui, gioia e dolore, freddo e caldo, onore e disonore si equivalgono.
8.Si dice che una persona è situata nella realizzazione spirituale, ed è chiamata yogi, quando si sente pienamente soddisfatta grazie alla conoscenza e alla realizzazione acquisita. Tale persona è situata nella Trascendenza e possiede il controllo di sé. Vede ogni cosa - il sasso, la zolla di terra e l'oro - con occhio equanime.


Con Anima Suprema,Paramatma,si intende Dio mentre con Jivatma si intende l'anima individuale.

Lo Yoga-sutra di Patanjali si divide in 4 capitoli:il samadhi-pada, composto di 51 versi, il sadhana-pada, di 55 versi, il vibhuti-pada, di 56 versi e il kaivalya-pada di 33 versi.

Libro Primo: Samadhi
Pada del Samadhi

1. [Si illustra] ora la disciplina dello Yoga
2. Yoga è l'arresto delle modificazioni mentali.
3. A questo punto il testimone è stabile in sé stesso.
4. Negli altri stati esiste identificazione con i mutamenti della mente.
5. Le modificazioni della mente sono cinque. Possono essere dolorose o non dolorose.
6. Esse sono: retta conoscenza, falso sapere, immaginazione, sonno e memoria.
7. La retta conoscenza ha tre fonti: percezione diretta, deduzione e testimonianza.
8. Il falso sapere è un costrutto che non corrisponde alla realtà.
9. Immaginazione è un'attività mentale evocata da parole, priva di fondamento.
10. La modificazione della mente fondata sull'assenza di ogni contenuto è il sonno.
11. La memoria è la rievocazione di precedenti esperienze.
12. L'arresto delle modificazioni della mente si raggiunge con una pratica continua e con il distacco dalle passioni.
13. La pratica consiste nell'esercitarsi con costanza al fine di raggiungere la quiete.
14. La pratica diventa una realtà acquisita solo dopo un esercizio lungo, ininterrotto e compiuto con profonda dedizione.
15. Il primo stato di assenza di desiderio, o vairagya, si ottiene allorché coscientemente non si indulge più nella ricerca dei piaceri sensoriali.
16. Lo stato supremo di assenza di desiderio si verifica quando tutti i desideri cessano, in seguito alla scoperta della natura più intima del Purusha, il Sé Supremo.]


Il successo è più vicino a quanti compiono un percorso intenso e sincero.
22. Le possibilità di successo variano a seconda della forza della volontà.
23. La realizzazione può essere ottenuta anche mediante la devozione a Dio, Ishvara.
24. Dio è il sommo Sé. Egli è intocco dalle pene della vita, dalle azioni e dalle loro Conseguenze.
25. In Dio è il supremo principio di Consapevolezza e la conoscenza suprema.
26. Essendo al di là di ogni limitazione temporale egli è altresì il Maestro dei Maestri.
27. Egli è conosciuto in quanto AUM.( Om )
28. Si deve ripetere e meditare sull'AUM.
29. La ripetizione e la meditazione sull'AUM comportano la scomparsa di tutti gli impedimenti e il risveglio della consapevolezza rivolta all'interno.
30. Gli impedimenti di una mente distratta sono: malattia, apatia, dubbio, negligenza, indolenza, sensualità, delusione, impotenza nel conseguire uno stato di realizzazione e instabilità nell'immergersi in essa, allorchè‚ la si raggiunga.
31. I sintomi di questi fattori di distrazione sono: angoscia, disperazione, instabilità e irregolarità del respiro.
32. Per rimuovere questi fattori, si mediti su un unico principio, o ekagrata.
33. La mente diviene quieta coltivando un atteggiamento di amicizia, di compassione per i sofferenti, di equanimità verso felicità e dolore, virtù e vizio.
34. La mente si acquieta anche con il controllo dell'ispirazione e la successiva ritenzione dei respiro, o prana.
35. Oppure con percezioni sensoriali straordinarie, che stabilizzino la mente su sé stessa.
36. Oppure, si mediti sulla luce interiore, che è fonte serena e al di là di ogni tristezza.
37. Oppure, si mediti su un essere che abbia conseguito il distacco dai desideri.
38. Oppure, si mediti sulla consapevolezza che sorge durante il sonno.
39. Oppure, si mediti su qualsiasi cosa si adatti a voi naturalmente.
40. In questo modo, lo yogin acquisterà padronanza di ogni cosa, dall'atomo infinitesimale fino alla magnificenza dell'universo.
41. Allorché‚ l'attività della mente viene posta sotto controllo, la mente diviene pura come un cristallo, e riflette con precisione, senza distorsione alcuna, colui che percepisce, ciò che viene percepito, e lo stesso ente che percepisce.


Nel secondo capitolo Patanjali descrive le fonti di miseria o infelicità:
3. La miseria o infelicità è prodotta da: mancanza di consapevolezza, o avidya, egoismo, passioni, avversioni, attaccamento alla vita e paura della morte.
4. Sia che sussistano in forma latente, in forma attutita, alterata o in piena attività, è grazie alla mancanza di consapevolezza, o avidya, che le altre fonti di infelicità possono operare.
5. Mancanza di consapevolezza, o avidya, è prendere ciò che è caduco per eterno, ciò che è impuro per puro, ciò che arreca dolore per piacere e il non-sé per il Sé.
6. Egoismo è l'identificazione di colui che vede con la cosa vista.
7. Si ha attrazione, e per suo tramite attaccamento, verso qualsiasi cosa arrechi piacere.
8. Si ha repulsione verso qualsiasi cosa arrechi dolore.
9. Nel fluire della vita è la paura della morte, l'attaccamento alla vita. Esso domina tutti, perfino il saggio.
10. Le fonti delle cinque sofferenze possono essere annullate, riconducendole alla loro fonte originaria.
11. Le manifestazioni esteriori di queste cinque fonti di sofferenza scompaiono attraverso la meditazione.
12. Sia che si adempiano nel presente, oppure nel futuro, le esperienze karmiche hanno le loro radici nelle cinque fonti di sofferenza.
13. Finché‚ la radice permane, il karma si adempie in rinascite, tramite le classi sociali, la lunghezza della vita e il tipo di esperienze che si vivranno.
14. La virtù porta piacere; il vizio arreca dolore.
15. La persona in grado di discriminare realizza che tutto arreca infelicità a causa dei mutamenti, dell'ansia, delle esperienze passate, e dei conflitti che sorgono tra i tre attributi, o guna, e le cinque modificazioni della mente.
16. Si deve evitare la sofferenza futura.
17. Si deve spezzare il legame tra colui che vede e la cosa vista, in quanto arreca infelicità.
18. La cosa vista, che è formata dagli elementi e dai sensi ha come natura la stabilità, l'azione e l'inerzia, e ha come fine dare esperienza e quindi la liberazione al veggente.
19. I tre guna - stabilità, azione e inerzia - hanno quattro stadi: il definito, l'indefinito, il differenziato e il non manifesto (indifferenziato).
20. Il veggente, sebbene sia pura consapevolezza, vede attraverso le distorsioni della mente.
21. La cosa vista esiste in funzione di colui che vede.
22. Sebbene la cosa vista sia morta per colui che consegue la liberazione, essa è viva per gli altri in quanto è elemento comune a tutti.
23. Il veggente e la cosa vista si presentano insieme, in modo tale che sia possibile realizzare la vera natura di ognuno di essi.
24. La causa di questa unione è ignoranza, o avidya.
25. La dissociazione di colui che vede e della cosa vista prodotta dell'ignoranza è il rimedio che arreca liberazione.
26. La pratica costante dei discernimento tra ciò che è reale e ciò che è irreale, è il mezzo per la soluzione dell'ignoranza.


Il Raja-yoga è chiamato anche Astanta-yoga (yoga dalle 8 braccia),perchè essenzialmente è diviso in 8 fasi:yama,niyama,asana,pranayama,pratyahara,dharana,dhyana e samadhi.Lo stesso Patanjali descrive yama,niyama e asana nei seguenti versi del medesimo capitolo (da notare l'errore di traduzione "sette"):
27. Lo stadio più elevato dell'illuminazione si consegue in sette passi.
28. Praticando il tirocinio dello yoga per distruggere l'impurità, si consegue l' illuminazione spirituale che conduce nella consapevolezza del reale.
29. Gli otto mezzi dello yoga sono: yama (autocontrollo), niyama (osservanze), asana (posizione), pranayama (controllo del respiro), pratyahara (astrazione), dharana (concentrazione), dhyana (meditazione), samadhi (contemplazione).
30. Autocontrollo, o yama, è il primo passo dello yoga, e si compone dei cinque voti seguenti: non violenza (ahimsa), veridicità (satya), onestà (asteya), continenza (brahmacharya), e non possessività (aparigraha).
31. Questi cinque voti, che formano il grande voto, si estendono a tutti e sette gli stadi dell'illuminazione senza riguardo alla classe, al luogo, al tempo o alle circostanze.
32. Purezza, appagamento, austerità, studio‚ e abbandono a Dio sono le cinque leggi, o niyama, da osservare.
33. Quando la mente è disturbata da pensieri nocivi, medita sui loro opposti.
34. I pensieri nocivi sono la violenza e le altre cause di dolore. Possono essere praticati direttamente, imposti a parole o approvati mentalmente; provengono da sentimenti di cupidigia, ira e altre condizioni di annebbiamento; possono essere moderati, medi o intensi e portano inevitabilmente a dolore e ignoranza. Perciò è necessario coltivare le opposte inclinazioni.
35. Allorché lo yogin è fermamente stabile nella non violenza, coloro che sono in sua presenza abbandonano ogni ostilità.
36. Allorché lo yogin è fermamente stabile nella verità egli consegue i frutti dell'azione senza agire.
37. Allorché lo yogin è fermamente stabile nell'onestà, le ricchezze interiori si presentano a lui da sole.
38. Allorché lo yogin è fermamente stabile nella continenza sessuale, acquista energia.
39. Allorché lo yogin è fermamente stabile nella non possessività, sorge la conoscenza dei "come" e "perché" dell'esistenza.
40. Allorché si consegue la purezza sorge nello yogin un disgusto dei proprio corpo e si evita il contatto fisico con gli altri.
41. Dalla purezza mentale sorge allegria, potere di concentrazione, controllo dei sensi, e capacità di realizzare il Sé.
42. Appagati della conoscenza si raggiunge la felicità suprema.
43. L'austerità distrugge le impurità, e con l'insorgere della perfezione nel corpo e nei sensi, si risvegliano i poteri fisici e mentali.
44. L'unione con il divino avviene attraverso lo studio del Sé.
45. E' possibile realizzare l'illuminazione totale, arrendendosi a Dio.
46. Le posture (asana) devo essere stabili e comode.
47. Si ha padronanza sulle asana rilassandosi dallo sforzo e meditando su ciò che è illimitato.
48. Allorché‚ si ha padronanza sulle asana, si ha un arresto dei disturbi prodotti dalle dualità.


Con asana si intendono le classiche posizioni yoga,il cui scopo è di rinforzare il sistema respiratorio dare una maggiore padronanza del corpo fisico.

49. Il passo successivo, dopo la perfezione delle asana, è il controllo dei respiro, che consiste nel trattenere il respiro inalando e esalando, oppure arrestando il respiro d'acchito.
50. Esso è interno, esterno o stabile. La durata e la frequenza dei respiri controllati sono condizionate dal tempo e dal luogo, e diventano sempre più prolungate e sottili.
51. Esiste una quarta sfera nel controllo dei respiro, che va oltre le altre tre.
52. A questo punto avviene il riassorbimento dello schermo di luce.
53. Quindi la mente non ostacola la concentrazione.


A questo punto è bene dare alcune spiegazioni.In accordo alla dottrina indù tutto è pervaso da un energia detta prana.Il prana causa agitazione nella mente,come il vento che provoca onde in un lago.Grazie al pranayama (controllo del prana) si può riuscire a controllare il prana,cosicchè la mente diviene più "docile" e non distratta.E' bene dire che il pranayama,se praticato impropriamente,può essere estremamente pericoloso.Infatti alcuni yogi sono addirittura morti durante questa pratica.
Anche non-indù che non hanno interesse religioso nei confronti dello yoga possono trovare interessante il fatto di mantenere calma la mente.Qui di seguito esporrò una tecnica di pranayama pressochè priva di rischi,se effettuate prudentemente e senza "allungare troppo".Prima per purificare i canali nervosi bisogna:
-chiudere la narice destra e inspirare per 8 secondi con la narice sinistra.
-poi chiudere subito la narice sinistra ed espirare 8 sec. con la narice destra.
-inspirare 8 secondi con la narice destra
-chiudere la narice destra e di nuovo inspirare 8 secondi con la sinistra.E così via!
Si tratta semplicemente di ripetere sempre lo stesso procedimento.Lo si può fare quande volte si vuole.












Mi chiamo Orlando.Per cortesia chiamatemi per nome e non per nickname.
02/02/2006 19:16
 
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Poi viene il vero e proprio pranayama.
Dopo aver praticato il nadi-shuddi ("purificazione dei nervi"),la pratica precedentemente citata,bisogna respirare normalmente da entrambe le narici per 3-4 volte,al fine di riprendere "fiato perso".
Bisogna chiudere la narice destra ed espirare per 8 secondi con la sinistra.Poi subito inspirare 4 secondi con la sinistra.Quindi chiudere entrambe le narici per 16 secondi.Quindi ripetere il medesimo processo con la radice destra chiudendo quella sinistra e così via.Si possono anche scegliere altri tempi purchè l'inspirazione sia la metà dell'espirazione e la ritenzione sia il doppio dell'espirazione cioè,per esempio:
8-4-16
16-8-32
4-2-8
2-1-4
E' bene notare che più sono lunghi i tempi,più si avranno effetti positivi.Bisogna però tenere presente la pericolosità della pratica per un principiante.Quindi non consiglio ad un principiante di andare oltre 16-8-32.Io attualmente faccio 50-25-100.
Prima è stato scritto:
51. Esiste una quarta sfera nel controllo dei respiro, che va oltre le altre tre.
52. A questo punto avviene il riassorbimento dello schermo di luce.
53. Quindi la mente non ostacola la concentrazione.

Questa quarta sfera avviene quando durante la ritenzione si avvertono esperienze estatiche.Una cosa che succede solo quando la ritenzione avviene per tempi pericolosamente lunghi.Grazie al controllo del prana,gli yogi non hanno più bisogno di respirare,un risultato ottenibile solo rischiando la vita.La ritenzione è chiamata kumbakam,recipiente.L'idea è quella di un recipiente che prima si riempe di aria (in questo caso i polmoni) e poi si svuota di essa.Il kumbakam estremo deve essere effettuato solo sotto la guida di un maestro qualificato che sia riuscito,per non dire sopravvissuto,agli stadi estremi del pranayama.

Adesso verranno descritti i seguenti stadi del raja-yoga o astanta yoga.
54. Il quinto componente dello yoga, o pratyahara - il ritorno alla fonte - è il ristabilire l'abilità della mente di controllare i sensi, rinunciando alle distrazioni degli oggetti esteriori.
55. Quindi si ha la completa padronanza su tutti i sensi.





Libro Terzo: Vibhuti
Pada dei Poteri

1. Dharana, o concentrazione, è il fissarsi della mente sull'oggetto su cui si medita.
2. Dhyana è l'ininterrotta fissità della mente sull'oggetto.
3. Samadhi si ha allorché‚ la mente si unisce all'oggetto.
4. Questi tre, applicati insieme - dharana, dhyana e samadhi - formano samyama, o equilibrio, che si consegue allorché‚ scompaiono soggetto e oggetto.
5. Padroneggiando tutto questo, [emerge] la luce della somma consapevolezza.
6. Samyama deve essere applicata nei vari stadi.
7. Questi tre - dharana, dhyana e samadhi - sono interni se paragonati ai cinque che li precedono.
8. Tuttavia questi tre sono esterni, se paragonati al samadhi senza seme.
9. Nirodha padnam è la trasformazione della mente allorché‚ essa viene permeata dallo stato di nirodha (o attimo di non mente), stato che interviene per un attimo tra la scomparsa di una impressione e l'avvento di un'impressione successiva.
10.Questo diviene stabile prolungandone e ripetendone l'esperienza con l'esercizio.
11. Samadhi padnam, o trasformazione interiore, è l'assestarsi graduale delle distrazioni e il graduale e simultaneo sorgere della concentrazione in un punto.
12. Ekagrata padnam, o concentrazione in un punto, è la condizione della mente in cui l'oggetto mentale quiescente e quello successivo sono identici.
13. Da ciò che è stato detto negli ultimi quattro sutra, si spiegano anche le proprietà, il carattere e le condizioni di trasformazione negli elementi e nei sensi.
14. Siano essi latenti, attivi o non manifesti, tutte le proprietà sono correlate alla sostanza che ne risulta.
15. La variazione nella trasformazione è prodotta dalla varietà dei processi cui soggiace.


Di seguito vengono descritti i poteri occulti ottenibili mediante il samyama.
16. Praticando il samyama -nirodh, samadhi e ekagrata - sui tre tipi di trasformazione si perviene alla conoscenza dei passato e dei futuro.
17. Il suono si percepisce confuso e sovrapposto al suo significato e all'idea. Praticando samyama sul suono lo si separa e sorge comprensione dei significati dei suoni prodotti da qualsiasi essere vivente.
18. Osservando le impressioni del passato si ottiene la conoscenza sulle nascite precedenti.
19. Grazie a samyama si può conoscere l'immagine presente nella mente altrui.
20. La percezione che si ottiene tramite samyama non porta a conoscere i fattori mentali che sostengono l'immagine nella mente altrui, in quanto quello non è l'oggetto dei samyama.
21. Applicando samyama alla forma dei corpo in modo da interrompere il potere di ricezione, si spezza il contatto tra l'occhio di un osservatore e la luce prodotta dal corpo, e pertanto il corpo diventa invisibile.
22. Questo principio spiega altresì la scomparsa del suono.
23. Praticando samyama sui due tipi di karma, attivo o assopito, oppure sui certi segni, si può predire l'esatto momento della morte.
24. Praticando samyama sull'amicizia, o su qualsiasi altra qualità, si ottengono grandi poteri su quella data qualità.
25. Praticando samyama sulla forza di un elefante, si ottiene la forza di un elefante.
26. Dirigendo la luce sulla facoltà supersensoriale, si consegue la conoscenza dei sottile, dell'occulto e di ciò che è distante.
27. Praticando samyama sul sole si consegue la conoscenza dei mondi.
28. Praticando samyama sulla luna, si consegue la conoscenza della posizione delle stelle.
29. Praticando samyama sulla stella polare, si consegue la conoscenza dei movimento delle stelle.
30. Praticando samyama sull'ombelico, si consegue la conoscenza sulla costituzione dei corpo.
31. Praticando samyama sulla gola, si ottiene l'arresto delle sensazioni di fame e di sete.
32. Praticando samyama sul nervo chiamato kurma-nadhi, lo yogin realizza l'assoluta immobilità.
33. Praticando samyama sulla luce sotto la corona dei capo, si acquista la capacità di entrare in contatto con tutti gli esseri perfetti.
34. Oppure dal potere di pratibha, l'intuizione, [si perviene a] la conoscenza di ogni cosa.
35. Praticando samyama sul cuore, si ottiene la consapevolezza della natura della mente.
36. L'esperienza è il risultato della incapacità di differenziare il purusha, o pura consapevolezza, dal sattva, o pura intelligenza, sebbene essi siano perfettamente distinti tra loro.
37. Da qui sopravvengono udito, tatto, vista, gusto e olfatto verso fenomeni sottili e la capacità d'intuizione.
38. Questi sono utili allorché la mente è rivolta verso l'esterno, ma sono ostacoli sul cammino dei samadhi.


Da notare che nel verso 38 Patanjali mette in guardia gli yogi da questi poteri.E'giusto precisare che ci sono due tipi di samadhi:quello con seme,dove si medita continuamente su un oggetto e quello senza seme,dove si medita tenendo la mente completamente libera da pensieri.
Patanjali continua a descrive i siddhi (poteri occulti):
39. Abbandonando le cause che delimitano e conoscendo i passaggi, è possibile entrare nel corpo di un altro essere.
40. Soggiogando il soffio vitale, o udana, lo yogin è in grado di levitare e di passare senza contatto sull'acqua, il fango, le spine, eccetera.
41. Soggiogando il soffio equilibrante, o samana, lo yogin è in grado di provocare il fulgore luminoso.
42. Praticando samyama sulla relazione che esiste tra l'organo dell'udito e l'etere, diviene possibile un udito soprannaturale.
43. Praticando samyama sulla relazione che esiste tra il corpo e l'etere, e al tempo stesso identificandosi con oggetti leggeri,come fiocchii di cotone, lo yogin è in grado di attraversare lo spazio.
44. Il potere di entrare in contatto con lo stato di consapevolezza esistente all'esterno dei corpo mentale, e che pertanto è inconcepibile, è chiamato mahavideha. Tramite questo potere si distrugge lo schermo luminoso.
45. Praticando samyama sopra la grossezza, la natura costante, la sottigliezza, l'immanenza e la finalità, si ottiene la padronanza sui panchabhuta, o cinque elementi.
46. Da qui conseguono le altre perfezioni, quali la perfezione del corpo e la rimozione di tutti gli ostacoli.
47. Bellezza, grazia, forza, compattezza adamantina, formano il corpo perfetto.
48. Praticando samyama sul loro potere di percezione degli organi di senso, sulla loro vera natura, sull'egoismo, sull'immanenza e sulle funzioni si ottiene la padronanza sui sensi.
49. Da qui consegue una percezione istantanea, senza l'utilizzo dei corpo, e una completa padronanza sul pradhana, o mondo materiale.


Poi Patanjali afferma:
51. Quando poi si è liberi da attaccamento rispetto a tutti questi poteri, si distrugge il seme che imprigiona. A quel punto segue kaivaiya, o liberazione.
52. Si dovrebbero evitare qualsiasi attaccamento o orgoglio nei confronti del potere delle entità divine che governano i vari livelli esistenziali, poiché questo porterebbe con sé la possibilità di risveglio del male.

Riguardo al verso 52,biogna ricordare che nel verso 33 Patanjali afferma:"Praticando samyama sulla luce sotto la corona dei capo, si acquista la capacità di entrare in contatto con tutti gli esseri perfetti."
E' bene notare che non si tratta di "demoni","spiriti maligni" ma di esseri che le scritture indù definiscono deva,"esseri celesti".
Patanjali continua a descrivere altri poteri e non solo:
53. Praticando samyama sul momento presente, sul momento passato e sul momento che verrà, si ottiene la conoscenza nata dalla consapevolezza.
54. Da qui nasce la capacità di distinguere tra oggetti simili che non possono essere indicati da specie, carattere o posizione.
55. La conoscenza superiore nata da tale consapevolezza include la cognizione di tutti gli oggetti, simultaneamente, e opera in qualsiasi direzione, nel passato, nel presente e nel futuro.
56. Si consegue la liberazione allorché esiste una eguale purezza tra il purusha e sattva.

Con Purusha si intende l'anima e con sattva (virtù,stabilità) si intende uno dei 3 guna o attributi materiali:sattva,rajas(passione) e tamas (ignoranza).
Nel quarto capitolo si trovano scritte le seguenti cose:
6. Solo con la meditazione si raggiunge l'intelligenza libera dai desideri.
7. L'azione, o karma, dello yogin non è pura né impura, mentre quella di tutti gli altri è di tre tipi: pura, impura e mista.
8. I tre tipi di karma si manifestano allorché le circostanze si rivelano favorevoli alla loro realizzazione.
9. Poiché i ricordi e le impressioni si conservano nel tempo, la relazione di causa - effetto permane, perfino allorché è separata da classe, spazio e tempo.
10. E questo processo non ha inizio, in quanto il desiderio di vivere è eterno.
11. Essendo i semi karmici legati insieme, in quanto causa e effetto, gli effetti svaniscono allorché scompaiono le cause.
12. Passato e futuro esistono nel presente, tuttavia non sono sperimentati nel presente in quanto sussistono su piani diversi.
13. Siano essi manifesti o non manifesti, il passato, il presente e il futuro partecipano della natura dei guna: sono stabili, attivi o inerti.
14. La qualità di ogni oggetto è data dalla unicità delle proporzioni dei tre guna.
15. Lo stesso oggetto è visto in modi diversi da menti diverse.
16. Un oggetto non dipende affatto da un'unica mente.
17. Un oggetto è noto oppure è ignoto a seconda che la mente sia "colorata" da esso, oppure no.
18. Le modificazioni della mente vengono sempre conosciute dal loro signore, il Purusa, o pura consapevolezza che non muta.
19. La mente non brilla di luce propria, dal momento che è essa stessa percepibile.
20. E' impossibile per la mente conoscere simultaneamente il percipiente e il percepito.
21. Se si desse per assunto che una seconda mente illumini la prima, si dovrebbe anche assumere una cognizione della cognizione, all'infinito, e una confusione dei ricordi.
22. La conoscenza della propria natura, tramite l'autocoscienza, si consegue allorché la consapevolezza assume quella stabilità per cui non passa più da uno stato all'altro.
23. Allorché la mente è colorata da colui che conosce e dalla cosa conosciuta, essa comprende tutto.
24. La mente, benché‚ variegata da innumerevoli desideri, agisce per lo scopo di un altro, in quanto agisce per associazione.
25. Allorché si è vista questa distinzione, si ha un arresto dei desideri riflessi nell'atma, o Sé.
26. A questo punto, la mente propende per la discriminazione e gravita verso la liberazione.
27. A intermittenza, sorgono altri pratyaya, o concetti, grazie alla forza delle impressioni precedenti. Anche queste vanno rimosse così come si è fatto con le altre cause di sofferenza.
28. Chi è in grado di conservare uno stato di assenza di desiderio costante, perfino nei confronti degli stati di illuminazione più esaltanti, ed è in grado di esercitare la forma di discriminazione più elevata, entra nello stato noto come 'la nube di virtù.
29 A questo punto segue la liberazione da ogni sofferenza e da ogni karma.
30. Ciò che può essere conosciuto attraverso la mente è infinitesimale se paragonato con l'infinita conoscenza che si ottiene nell'illuminazione, allorché‚ vengono rimossi tutti i veli, tutte le distorsioni e tutte le impurità.
31. Avendo adempiuto i loro scopi, il processo di mutamento nei tre guna giunge alla fine.
32. Kramaha, o il processo, è la successione dei cambiamenti che si verificano di momento in momento e che divengono percepibili allorché‚ finiscono le trasformazioni dei tre guna.
33. Kaivalya è lo stato che segue il rifondersi dei tre guna, dovuto al loro divenire privi di scopo per il Purusa.
34. Kaivalya è quando il Purusa è stabile nella sua vera natura, che è pura consapevolezza.


Se siete interessati a leggere l'opera intera di Patanjali,basta digitare Yoga-sutra su un qualsiasi motore di ricerca come Google o Virgilio.Troverete sicuramente più di una traduzione integrale.
Con questo post spero di non averi annoiato e di avervi fatto capire cos'è veramente lo yoga.
A questo punto vi lascio con uno scritto di Raphael,un filosofo italiano seguace della filosofia Advaita Vedanta.Considerando che ho trovato lo scritto in internet su www.advaita.it/testi%20e%20filosofi/Patanjali.htm sono sicuro di non commettere violazione ai diritti d'autore.

Introduzione allo Yoga Darshana
di Raphael

[da Patañjali, La via regale della realizzazione (Yogadarshana), traduzione dal sanscrito e commento di Raphael, Roma, Asram Vidya, 1992, pp. 9-26]

In questi ultimi anni si è parlato spesso, a proposito e a sproposito, di Yoga; anzi, questa parola è stata talmente profanata che oggi se ne diffida persino, anche se poi non si sa esattamente che cosa veramente voglia dire.

La parola Yoga deriva dalla radice yuj che denota l'"atto di aggiogare" e, nel nostro caso specifico, risolvere le turbolenze mentali e fisiche in modo da ottenere una perfetta unità coscienziale la quale va oltre i limiti del pensiero, quindi di là dalle categorie del tempo-spazio. Vi sono, ovviamente, molti tipi di Yoga, dall' Hatha all' Asparsha metafisico. Quello che stiamo trattando e il Raja yoga codificato da Patañjali, quello regale ( raja) che porta alla reintegrazione. Lo Yoga non è una religione, come comunemente si intende questo termine, è invece una scienza, la scienza che studia l'ente nella sua totalità; è anche filosofia perché offre una visione della vita e della natura. In quanto scienza i di ordine sperimentale, quindi è eminentemente pratico; in quanto filosofia è teoria, per cui esso consiste di teoria e prassi.

Lo Yoga, come qualunque Dottrina tradizionale, non cerca di convincere nessuno, non impone ad alcuno le proprie convinzioni Filosofiche e la propria prassi; vive e si esprime nella dignità di ciò che è. Se qualcuno ne ha un concetto errato e perché -soprattutto in Occidente- se ne è fatto una semplice professione, un mercato, una parodia, degradando ciò che è sacro, per quanto queste siano pur sempre eccezioni.

Alcuni poi, per semplice spirito di contraddizione, possono denigrare ciò che non comprendono; altri danno giudizi per "sentito dire", senza avere nozione o conoscenza diretta della materia; altri poi -per interesse di parte- hanno le loro ragioni per denigrare; taluni, avendo paura del "diverso", del nuovo, della stessa sana ricerca -psicologica, filosofica, ecc.- fuggono e cercano di far fuggire altri che si lasciano convincere per gli stessi motivi; altri ancora sono solo beghini, bigotti, in qualunque campo dell'attività umana, e temono il "diverso" anche perché pensano ingenuamente di possedere la verità assoluta; altri non hanno alcuna istanza di nessun genere, vegetano soltanto e naturalmente non possono ammettere che alcuni si avviino per qualche ricerca; altri vivono solo di istinti-sentimenti-passioni e quando vedono che un certo tipo di ricerca può frustrare la loro condizione psicologica temono, si ribellano e "condannano"; altri, essendo aggrappati al loro "io" bambino, fuggono per spirito di autoconservazione.

Gli individui vivono a diversi gradi di evoluzione, di sviluppo intellettivo e coscienziale, e spesso è difficile creare rapporti, non perché si è beceri, ma perché si è su due lunghezze d'onda diverse, si vive su due piani opposti, su stati vibratori differenti. E ciò può capitare senz'altro nello stesso nucleo familiare, fra fidanzati, compagni e amici.

Quale può essere, dunque, l'atteggiamento del ricercatore verso il mondo sociale o l'"inconscio colleltivo"? Diremo di estremo riserbo, possibilmente di silenzio; l'"inconscio collettivo" è pressato da certe esclusive e peculiari necessità: lavoro per vivere, famiglia per evitare la solitudine, acquisizione di cose materiali, divertimento, negazione di ogni tipo di ricerca che non sia finalizzata a scopi peculiarmente materiali. L'"inconscio collettivo" non vive, ma si lascia vivere; non crea, ma dipende; non pensa, ma si lascia pensare. Esso è un'enorme sedimentazione, incrostazione, detrito di credenze, opinioni, fideismi, emozioni, passioni, interessi materiali e sensoriali, convinzioni non sorrette dalla ragione, cose queste che si perpetuano da millenni e che sono sovrapposte alla pura intelligenza. Un'altra caratteristica dell'"inconscio collettivo" è che la sua credenza ( pístis per Platone), e persino la semplice immaginazione ( eikasia), è elevata a verità assoluta, quindi esso è dogmatico, e chi la pensa in modo diverso è anche deriso, spesso combattuto. II nuovo, il diverso per l'"inconscio collettivo" (e naturalmente per gli enti che vi soggiacciono) rappresentano una minaccia, per cui si difende nervosamente, a volte violentemente. Psicologicamente si può dire che sono le difese dell"'io" il quale si sente spaventato e minacciato nei riguardi della sua credenza, alla sua opinione. Uscire dal proprio alveo consolidato non è facile, né è dei più.

Un qualunque esponente di un nucleo familiare che esca un po' dal solito ménage consolidato può essere rienuto "anormale".

Il "gregge" impone determinati comportamenti, e chi vuole uscirne deve fare molta attenzione; è stato sempre così nella storia dell'umanità. Il "diverso" viene normalmente visto con sospetto e, quando è possibile, anche neutralizzato. Gesù afferma: «Appo Iddio i savi sono pazzi e i pazzi sono savi», e la stessa Bhagavad Gita recita: «Ciò che è giorno per il saggio e notte per l'ignorante».

Può sembrare veramente strano e insolito che la ricerca, qualunque essa sia, anche quella della verità filosofica, spirituale, psicologica, ecc., il vivere conforme a certi principi che esulano dal comune opinare ( doxa), l'affinamento di sé non debbano essere apprezzali dai più, purtroppo è così e bisogna arrendersi all'evidenza.

L'uomo pone sempre le sue speranze nell'oggetto (apparenza) lontano, anziché trovare nel suo ambito più immediato il sostanzialmente vero. Dice Pindaro: «La categoria più inconcludente è tra gli individui e quella di coloro che denigrano ciò che è loro vicino per rivolgersi verso ciò che è lontano, lasciando che le loro speranze irrealizzabili inseguano fantasmi».

D'altra parte, quel sincero ricercatore che sente una precisa "vocazione" e un'autentica direttiva coscienziale non può non procedere. Tradire gli altri non è lecito, ma tradire se stessi è suicidio.

Quanto si è detto è solo una semplice disamina di certi stati psicologici sia individuali sia appartenenti, secondo la psicologia, all'"inconscio collettivo", e come tale va considerato e meditato. D'altra parte non abbiamo detto niente di nuovo, tutto ciò è noto a filosofi, psicologi e pedagoghi; noi abbiamo cercato di metterlo solo in evidenza.

A chi è essenzialmente indirizzato lo Yoga? A coloro che, per esperienza diretta, per intuizione superconscia, per fede nel principio di trascendenza, per maturità coscienziale, per sete di ricerca della verità, ecc., possono sentire la "chiamata" alla comprensione di sé. Lo Yoga è la scienza del conoscersi per Essere. Lo Yoga porta l'ente a ritrovarsi unità, mentre l'individuo in genere è molteplicità, dicotomia, conflittualità. Nel suo vivere tra pensiero e azione v'è sempre contraddizione, spesso opposizione; la coscienza viene lacerata dall'irrequietezza delle energie psico-fisiche causando anche stati paranoici e nevrosi di varia natura. Il Raja yoga colma le scissure, integra il mondo della dualità abbracciando, con un colpo d'ala, la sfera del sensibile e dell'intelligibile. Il Raja yoga, perseguito con lealtà e vocazione, svela la Beatitudine e la Pienezza che sono della pura Coscienza, di là da ogni oggetto-evento di ogni ordine e grado. Dal desiderio appropriativo ed egoistico (amore di sé) lo Yoga di Patahjali porta a svelare l'Amore che si dona, si offre; Amore che non è debolezza, passività o passionalità, ma comprensione sapiente e solare.

V'è un'altra considerazione da fare ed è questa: alcuni possono pensare che solo la Tradizione orientale sia eminentemente pratica, realizzativa, interessata più al Soggetto ultimo che all'oggetto formale, più diretta alla coscienza che all'erudizione mentale fine a se stessa. Ciò però può essere molto riduttivo. In Occidente vi è stata sempre una Tradizione iniziatica la quale, per essere tale, si è proposta la trasformazione effettiva, pratica e vitale dell'ente.

Quella antica, per esempio, era una filosofia di ordine realizzativo, trasformante; aveva come finalità non la semplice speculazione concettuale, ma la realizzazione di uno stile di vita, di uno stato di coscienza. La dialettica filosofica era e dovrebbe essere un preciso processo di liberazione dell'Anima dalle illusioni mondane, dalle proiezioni dianoetiche e dai vari piaceri sensoriali; proponendo essa una visione del vero essere che è anche autentico Bene. Lungo il tempo, però, con la prevalenza della concezione materialistica e positivista, tale concezione è venuta a sfumarsi fino a perdere la stessa essenza del filosofare per essere. Nell'epoca moderna asserire di vivere, di esprimere coerentemente la filosofia di un Parmenide, Platone o Plotino potrebbe sembrare anacronistico, per cui quei pochi che vogliono perpetuare la "visione di vita" della Tradizione filosofica occidentale (l'Oriente direbbe: jñana marga = via della Conoscenza, quella che la dea propone a Parmenide) devono trovarsi in circoli chiusi e nel silenzio. [...]

----------------------------------------------------------------

Un ultima cosa.Nella filosofia indù con la parola viveka,discriminazione,non si sintende la discriminazione razziale,ecc ma il discernimento.




[Modificato da ShivaBhakta 02/02/2006 19.18]

Mi chiamo Orlando.Per cortesia chiamatemi per nome e non per nickname.
02/02/2006 19:23
 
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Sono lieta che sei ritornato, quindi benvenuto, mi piace leggerti anche se sono cattolica, ho fatto per 6 anni Yoga con un maestro di Yonaganda, attualmente per motivi di una brutta scivolata non riesco a fare più le mie asane preferite! Ma la meditazione riesco a farla, ed è una grande ricarica per affrontare la giornata!

Vedi tra l'altro prendo la Bibbia e scelgo a caso una pagina, stamattina era di Geremia 8,18 "Lamento del profeta per una carestia". ed è bellissimo poter associare una meditazione con la respirazione per purificare le energie negative che offuscano i nostri pensieri e riempirli di amore verso Dio.


Io conosco solo e condivido solo quelle di Yonaganda, esiste anche un libro intitolato La vita di un Yogi se non sbaglio!
anche se in Italia il primo a portare il valore spirituale di Yonaganda fù un certo Emilio Missaglia, il quale scrisse un manuale Teorico -Pratico di Tecniche Yoga per gli Italiani!
Ciao Dana [SM=x511460]

[Modificato da benimussoo 02/02/2006 19.39]

03/02/2006 16:50
 
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Ciao.Benimussoo,ti ringrazio del benvenuto.
Il titolo esatto del libro scritto da Yogananda è "Autobiografia di uno yogi".
Saluti.
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03/02/2006 19:22
 
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Bravo, esatto ! Non ricordavo più il titolo, lo lessi circa 8 anni fà! Tu hai mai avuto il tempo di leggerlo? Ciao dana [SM=x511460]
03/02/2006 19:55
 
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Ciao ShivaBhakta;
bentornato.

io non faccio meditazione vera e propria;
mi rilasso e seguo qualche esercizio di visualizzazione guidata prima di alzarmi o prima di addormantarmi oltre naturalmente alle preghiere.

Tipo quello seguito da Dana: inspira energia positiva, espira energia negativa; oppure una cascata di luce dorata che mi passa togliendomi le negatività e rigenerandomi; oppure rivivo la giornata e ci medito un pò sopra e faccio i cambiamenti (immaginari) delle cose che non mi sono piaciute.

Ho letto che lo stato meditativo (in stile svuota la mente e sentiti freddo e solo come un verme) risulta a volte traumatico, sopratutto se protratto e preferisco non forzare.

Ho cmq letto qualcosa di Ken Wilber, famoso filosofo americano.
04/02/2006 16:44
 
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Re:

Scritto da: benimussoo 03/02/2006 19.22
Bravo, esatto ! Non ricordavo più il titolo, lo lessi circa 8 anni fà! Tu hai mai avuto il tempo di leggerlo? Ciao dana [SM=x511460]



Io non ho mai letto quel libro,ma credo che lo acquisterò prossimamente.
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04/02/2006 16:56
 
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Re:

Scritto da: Thommi 03/02/2006 19.55
Ciao ShivaBhakta;
bentornato.

io non faccio meditazione vera e propria;
mi rilasso e seguo qualche esercizio di visualizzazione guidata prima di alzarmi o prima di addormantarmi oltre naturalmente alle preghiere.

Tipo quello seguito da Dana: inspira energia positiva, espira energia negativa; oppure una cascata di luce dorata che mi passa togliendomi le negatività e rigenerandomi; oppure rivivo la giornata e ci medito un pò sopra e faccio i cambiamenti (immaginari) delle cose che non mi sono piaciute.

Ho letto che lo stato meditativo (in stile svuota la mente e sentiti freddo e solo come un verme) risulta a volte traumatico, sopratutto se protratto e preferisco non forzare.

Ho cmq letto qualcosa di Ken Wilber, famoso filosofo americano.



Caro Thommi,ci sono molti tipi di meditazione.
Sono sicuro che lo stato da te descritto si ottiene con una meditazione fatta pressochè in modo errato oppure fatta senza una necessaria preparazione psicologica,spirituale,ecc.
Per esempio un meditante che per la prima volta avverte esperienze estatiche può restarne impressionato o addirittura speventato.
Nel kundalini-yoga,per esempio,si possono avere anche problemi mentali se il risveglio dell'energia kundalini viene avviato senza prima essere purificati da precedenti pratiche yoga e senza osservare la castità.Per esempio,come ho già scritto prima,alcuni yogi sono morti durante la pratica del pranayama (controllo del respiro/prana).
Quindi se in fururo tu volessi praticare "meditazione estrema",ti consiglio vivamente di farlo sotto istruzioni o supervisioni di un maestro esperto che sabbia guidarti nella pratica meditativa.
Ciao.

[Modificato da ShivaBhakta 04/02/2006 17.00]

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05/02/2006 19:43
 
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ShivaBhakta

Caro Thommi,ci sono molti tipi di meditazione.


certo, ma come in ogni settore alcune idee sono più diffuse di altre. alla parola meditazione sono in molti ad associare quello che ho scritto su.


Sono sicuro che lo stato da te descritto si ottiene con una meditazione fatta pressochè in modo errato oppure fatta senza una necessaria preparazione psicologica,spirituale,ecc.


si


Per esempio un meditante che per la prima volta avverte esperienze estatiche può restarne impressionato o addirittura speventato.
Nel kundalini-yoga,per esempio,si possono avere anche problemi mentali se il risveglio dell'energia kundalini viene avviato senza prima essere purificati da precedenti pratiche yoga e senza osservare la castità.



Ho sentito spesso parlare di quest energia (kundalini); di solito viene mistificata e non è spiegata con chiarezza; magari conosci uno che dimostra la tecnica per risvegliarla e controllarla? ne hai fatto esperienza?


Per esempio,come ho già scritto prima,alcuni yogi sono morti durante la pratica del pranayama (controllo del respiro/prana).


non mi sorprende affatto. avranno esagerato.
anche alcuni culturisti sono morti mentre praticavano.


Quindi se in fururo tu volessi praticare "meditazione estrema",ti consiglio vivamente di farlo sotto istruzioni o supervisioni di un maestro esperto che sabbia guidarti nella pratica meditativa.


ne conosci uno? imho sono davvero in pochi quelli bravi, e aimè si fanno pagare.

ciao.
06/02/2006 18:23
 
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Re: ShivaBhakta

Scritto da: Thommi 05/02/2006 19.43

Caro Thommi,ci sono molti tipi di meditazione.


certo, ma come in ogni settore alcune idee sono più diffuse di altre. alla parola meditazione sono in molti ad associare quello che ho scritto su.


Sono sicuro che lo stato da te descritto si ottiene con una meditazione fatta pressochè in modo errato oppure fatta senza una necessaria preparazione psicologica,spirituale,ecc.


si


Per esempio un meditante che per la prima volta avverte esperienze estatiche può restarne impressionato o addirittura speventato.
Nel kundalini-yoga,per esempio,si possono avere anche problemi mentali se il risveglio dell'energia kundalini viene avviato senza prima essere purificati da precedenti pratiche yoga e senza osservare la castità.



Ho sentito spesso parlare di quest energia (kundalini); di solito viene mistificata e non è spiegata con chiarezza; magari conosci uno che dimostra la tecnica per risvegliarla e controllarla? ne hai fatto esperienza?


Per esempio,come ho già scritto prima,alcuni yogi sono morti durante la pratica del pranayama (controllo del respiro/prana).


non mi sorprende affatto. avranno esagerato.
anche alcuni culturisti sono morti mentre praticavano.


Quindi se in fururo tu volessi praticare "meditazione estrema",ti consiglio vivamente di farlo sotto istruzioni o supervisioni di un maestro esperto che sabbia guidarti nella pratica meditativa.


ne conosci uno? imho sono davvero in pochi quelli bravi, e aimè si fanno pagare.

ciao.



Per quanto riguarda la kundalini,io non sono certo quello che si può definire un maestro.Ti posso soltanto sugerire di fare ricerche usando un motore di ricerca come Google o Virgilio.Ti consiglio anche di vedere il sito www.kundaliniyoga.it/
Comunque sappi che la kundalini si può risvegliare indirettamente attraverso la devozione.Per esempio tanti mesi fa,mentre cantavo a bassa voce delle canzoni al dio Vishnu,avvertì un'onda di estatica beatitudine salirmi nella colonna vertebrale.Fu un esperienza bellissima,peccato che durò poco.Quindi,semplicemente praticando con fedeltà la tua religione otterai un giorno il risveglio della kundalini.Se comunque fossi interessato a un risveglio diretto segui il suggerimento che ti ho detto sopra.
Per quanto riguarda la tua ultima domanda...so che quando si è pronti ad avere un maestro lo si troverà.Purtroppo io non conosco nessun maestro di yoga.
Comunque tieni presente che vi sono avri tipi di yoga e non tutti i tipi di yoga possono essere adatti a tutti.Dipende dal temperamento del praticante.
Il raja-yoga o Astanta-yoga è il più difficile da praticare.Si consiglia quindi sempre di cominciare con l'Hatha-yoga e passare al raja-yoga quando si sarà sufficientemente pronti.
E poi vi è da fare un'altra considerazione;lo yoga può essere affrontato,almeno principalmente,da due punti di vista:uno di tipo salutivo e l'altro consiste nel voler adottare lo yoga come uno stile di vita completamente spirituale.
Il mio consiglio è di usare entrambi gli approcci,per nulla incompatibili.
Se sei interessato a praticare yoga in modo deciso,ti consiglio vivamente di iniziare a praticare hatha-yoga,per certi versi simile al raja-yoga di Patanjali.
Un'altra cosa:nello yoga,quello serio intendo,non si può avere successo nella meditazione se non si segue un determinato stile di vita.Per esempio,come ho scritto all'inizio di questo post,nota quello che Patanjali dice nel secondo capitolo del suo Yoga-sutra:
Gli otto mezzi dello yoga sono: yama (autocontrollo), niyama (osservanze), asana (posizione), pranayama (controllo del respiro), pratyahara (astrazione), dharana (concentrazione), dhyana (meditazione), samadhi (contemplazione).
30. Autocontrollo, o yama, è il primo passo dello yoga, e si compone dei cinque voti seguenti: non violenza (ahimsa), veridicità (satya), onestà (asteya), continenza (brahmacharya), e non possessività (aparigraha).
31. Questi cinque voti, che formano il grande voto, si estendono a tutti e sette gli stadi dell'illuminazione senza riguardo alla classe, al luogo, al tempo o alle circostanze.
32. Purezza, appagamento, austerità, studio‚ e abbandono a Dio sono le cinque leggi, o niyama, da osservare.


Senza seguire e perferzionarsi in yama e niyama,i successivi stadi dello yoga possono essere solo un lontano sogno.Infatti molti yogin,pur facendo le asana e il pranayama,dedicano molti anni a yama e niyama prima di essere in grado di essere in grado di padroneggarie il pranayama e i successivi stadi della yoga.

Ti ripeto che ti consiglio di praticare l'hatha-yoga il quale a differenza del raja-yoga può essere praticato da tutti, indipendentemente dall’età o dai limiti fisici.Io stesso ho notato la mia incampacità di praticare raja-yoga e anche io dovro fare l'hatha-yoga.
Ti consiglio di trovare in internet o comprare se non lo trovassi l'Hatha Yoga Pradipika,la più autorevole scrittura dell'hatha-yoga.
Ciao.
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