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Il rapporto tra la persona e il suo corpo

Ultimo Aggiornamento: 15/04/2007 01:58
14/04/2007 19:50
 
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Uhmmm mi sa che devo esplicitare meglio i concetti in modo tale da poter operare, sempre nella sintesi, utili distinzioni per evitare inutili fraintendimenti. Che mi pare si stanno cominciando a delineare perchè non ho saputo distinguere bene... In effetti, chi mi conosce lo sa non faccio altro che ripetere "Bisogna distinguere!", sempre per evitare di far di un erba un fascio... e allora sebbene per certi versi ripetitivo, cercherò di esplicitare i concetti detti facendo più attenzione. Inizio subito col concetto di corporeità. Che molti purtroppo per poca conoscenza identificano col corpo.
La corporeità-soggetto è quella corporeità che fa affermare alla Chiesa che il corpo-soggetto è capolavoro di tutta la creazione operata dall’Amore, la corporeità-corpo, è tempio dello Spirito Santo, fonte di relazione, di procreazione, elemento redento da Cristo, vestigia dell’anima. Nel corso dei secoli il concetto “corporeità-corpo” viene dapprima scisso e poi stravolto fino alla idolatria di un nuovo concetto olistico: “corpo” una volta rappresentata anche nella sua sessualità attraverso memorabili opere iconografiche, adesso decompone il suo significato dinamico divenendo corpo-oggetto per essere sottovalutato, colpevolizzato, paradossalmente rivalutato come elemento di studio scientifico (dal campo prettamente chirurgico fino al campo psichiatrico) in sezioni sempre più piccole; il corpo-oggetto viene mercificato, erotizzato, rappresentato attraverso la fotografia e la cinematografia solo attraverso la sessualità divenendo un feticcio ed oggetto statico di pornografia e per altri aberranti aspetti come esercizio esclusivo della genitalità.

Infine, la corporeità-corpo è uccisa nella sua essenza considerandola priva di un elemento qualsivoglia spirituale.

Invece, dobbiamo dire riguardo alla costituzione stessa dell’uomo che è una unità duale. “Unità di anima e di corpo,…sintetizza in sé, per la stessa sua condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi attraverso di lui toccano il loro vertice e prendono voce per lodare in libertà il Creatore…l’uomo…è tenuto a considerare buono e degno di onore il proprio corpo…in verità [però] non sbaglia a riconoscersi superiore alle cose corporali e a considerarsi più che soltanto una particella della natura o un elemento anonimo della città umana. Infatti, nella sua interiorità, egli trascende l’universo delle cose… non si lascia illudere da una creazione immaginaria che si spiegherebbe solamente mediante le condizioni fisiche e sociali, ma invece va a toccare in profondo la verità stessa delle cose.” (Costituzione Pastorale <> n°14)
Ora, perchè il tema proposto spinge alla riflessione? Perchè la dimensione corporea è stata da sempre oggetto di riflessione! L’uomo non s’interroga tanto sul dato innegabile che il corpo esista, ma piuttosto che tipo di rapporto caratterizzi il soggetto che s’interroga e il suo corpo. Le posizioni variano a seconda dell’epoca storica cui ci si riferisce, tuttavia possiamo sintetizzare alcuni filoni principali:
Antropologie prefilosofiche: facciamo riferimento a quelle antropologie che hanno una certa attinenza anche con il fattore religioso. L’antropologia dell’Antico Testamento ha il suo fondamento nella Torah e usa le parole: ’adam che indica una condizione di piena caducità e contingenza dell’essere umano; ’ish/ ’ishsha, invece, sottolineano la diversità sessuale dell’essere umano, pur nella su uguaglianza (l’autore di Gen 2,23 ricorre infatti alla figura metrica dell’assonanza) ; basar si traduce con “carne” ed indica l’uomo nella sua interezza ed è usato esclusivamente per indicare materia vivente; nephesh, invece, indica la corporeità totale dell’uomo con le sue passioni e sentimenti e significa “soffio di vita” nel senso di “soffio vitale dell’essere umano” senza del quale l’uomo smette pure di essere basar, ciò significa che la corporeità non è altro che nephesh visibile; ruah è il “soffio vitale di Dio”. È il ruah che genera il nephes-basar dell’uomo; leb/lebab indica il “cuore”, centro delle facoltà volitive e intellettuali, ciò vuol dire che il cuore dell’uomo rappresenta l’uomo stesso che ragiona o prende autonomamente le proprie decisioni. L’uomo della Torah non solo “ha” un corpo, ma “è” un corpo. Possiamo capire questo linguaggio solo entrando nella forma mentis antropologica della Torah. Infatti, sotto l’aspetto antropologico, l’elemento monista evidenziato si fa fondante della Legge al fine di far capire all’ebreo dell’Antico Testamento che la relazione con il suo Dio creatore consiste in un rapporto di totale dipendenza esistenziale, cioè dipendenza totale dal ruah di Dio, senza del quale l’uomo non può esistere.

Per ora mi fermo qui... a domani

Ogni bene
Marcu
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