GV 1,1

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alenis
00mercoledì 6 ottobre 2004 15:35
visto che qui si parla della sezione riguardante
il greco, qualcuno potrebbe spiegarmi
(forse è più per i testimoni di Geova)
(premettendo che il greco non lo conosco)

perchè nel versetto biblico di Giovanni 1,1

quando dice :"...e Dio era la parola..."
è sbagliato tradurre con "...un dio era la parola..."?

grazie
alenis
Justee
00lunedì 11 ottobre 2004 09:03
Re:



Ciao Alenis , scusa il ritardo nella risposta alla tua domanda non abbiamo ancora un esperto in Greco , la traduzione credo sia fondamentale come è fondamentale il contesto
ora tu dici

perchè nel versetto biblico di Giovanni 1,1

quando dice :"...e Dio era la parola..."
è sbagliato tradurre con "...un dio era la parola..."?

grazie
alenis



digilander.libero.it/domingo7/GIOVANNI%201,1.htm[=URL]La parola

LA PAROLA ERA DIO
(GIOVANNI 1,1)

In Giovanni 1,1 il titolo di Dio è chiaramente riferito alla Parola. Il fatto che ?e?? (Theos) sia privo di articolo non sembra indebolire il titolo di "Dio" né pare sufficiente a rendere indeterminato o qualitativo il complemento (Dio) rispetto al soggetto (la Parola) [1]. Vediamo di capire.

Il monoteismo ebraico
Theos e l'articolo
La regola di Colwell
La parola era divina

Le riflessioni di P. Harner
Le riflessioni di D. Wallace
Le riflessioni di D. Hartley

Alcune versioni in lingua italiana
Alcune versioni in lingua inglese

Theos e l'articolo



Esistono casi in cui Theos (Dio) è riferito al Figlio e porta l'articolo (Matteo 1,23; Giovanni 20,28; Romani 9,5; Tito 2,13; Ebrei 1,8; 1 Giovanni 5,20) e casi in cui Theos (Dio) è riferito al Padre e non ha l'articolo (Giovanni 1,12; Giovanni 1,18; Romani 8,33 e 2 Corinzi 1,3). Si noti, ad esempio, come nel versetto 2 Corinzi 1,3 il Padre è chiamato Dio una volta con l'articolo (o Theos) e una volta senza articolo (Theos).



Il soggetto (Logos) ha l'articolo. Se avesse l'articolo pure il complemento (Theos) non si capirebbe più chi è soggetto e chi è complemento: soggetto e complemento sarebbero così intercambiabili. La frase potrebbe allora correttamente tradursi in due modi: "la Parola era Dio" oppure "Dio era la Parola", risultando indeterminata. In 2 Corinzi 3,17, ad esempio, l'articolo è presente sia per il soggetto che per il complemento con il risultato che non si capisce chi è il soggetto e chi è il complemento. La frase può quindi essere tradotta in due modi: "il Signore è lo Spirito" oppure "lo Spirito è il Signore". Un altro caso indeterminato è 1 Giovanni 3,4 dove l'articolo è presente sia per il soggetto che per il complemento e la frase può essere legittimamente tradotta "il peccato è violazione della legge" oppure "la violazione della legge è peccato".

La regola di Colwell



La struttura della seconda parte di Giovanni 1,1 è: "?a? ?e?? ?? ? ?????" (kai theos en ho logos) cioè "e Dio era la Parola". Un noto studioso [4] del greco koiné ha mostrato come, quasi sempre, nel Nuovo Testamento, "un predicato nominale determinato tende a perdere l'articolo quando precede il verbo essere, mentre tende a prendere l'articolo quando segue il verbo".

Le riflessioni di Harner





Harner [8] notò come l’inserimento di un predicato nominale prima del verbo ha spesso la funzione primaria di esprimere la natura ed il carattere del soggetto, con una valenza qualitativa e/o enfatica e senza particolare relazione con la determinatezza o l’indeterminatezza del predicato nominale stesso.



A tal proposito, partendo da Marco 15,39 e da Giovanni 1,1, egli esaminò un gran numero di versetti contenuti nei vangeli di Marco e Giovanni, trovando numerosi esempi in cui la costruzione predicato nominale + verbo sembrava rispondere ad esigenze di qualitative o enfatiche: in alcuni casi il predicato nominale sembrava chiaramente determinato, mentre in altri pareva indeterminato. Per Marco 15:39 egli suppose che il predicato nominale ?e?? posto prima del verbo e contenuto nella famosa affermazione del centurione ai piedi della croce (veramente quest’uomo era figlio di Dio) avesse una valenza determinata, qualitativa ed enfatica. Per Giovanni 1,1 Harner ipotizzò invece che il predicato nominale ?e?? avesse natura qualitativa ed indeterminata, senza però fornire alcuna prova definitiva a sostegno delle proprie affermazioni. Harner affermò comunque che la Parola aveva qualità divina in senso jahvista e non vaghi attributi divini in senso angelico-elohista. Prova di ciò è il fatto che, nello stesso lavoro, egli analizzò ben cinque modi con cui l’apostolo Giovanni avrebbe potuto scrivere la frase “la Parola era Dio” e cioè:

Le riflessioni di Wallace



Dello stesso avviso di Harner è anche Daniel Wallace che interpreta theos in senso qualitativo [9], nella convinzione che Giovanni 1,1 sottolinei la natura divina del Verbo, piuttosto che la sua identità con il Padre. Wallace è convinto che la presenza dell’articolo davanti a theos avrebbe condotto ad interpretazioni devianti, sostanzialmente simili a quelle raggiunte dall’eresia modalista nel III° secolo dopo Cristo. Secondo tale eresia, sostenuta dal teologo africano Sabellio e dagli eretici Prassea e Noeto, le persone della trinità non sarebbero reali e distinte ma rappresenterebbero solo tre modi diversi di apparire di un unico Dio. Grazie a Tertulliano l’eresia modalista è anche conosciuta come “patripassianismo” perché, facendo confusione tra le persone divine, finisce per attribuire anche al Padre le sofferenze del Figlio.

Le riflessioni di Hartley



La valenza qualitativa dei predicati nominali è stata attentamente analizzata da D. Hartley, ricercatore presso la facoltà teologica evangelica di Dallas nel Texas, nella sua tesi di dottorato[10]. Il primo stadio dell’imponente lavoro è stato quello di separare i “nomi di massa” dai “nomi numerabili”: i primi (ad esempio: il sole, la luna, la carne, il sangue, l’oro, l’argento, l’aria, l’acqua, il latte, la bontà, la cattiveria, la bellezza, la musica, il teatro, la filosofia, la pittura …..) sono sostantivi spesso espressi al singolare, difficilmente pluralizzabili (senza stravolgerne il significato) e quasi sempre riferiti ad una certa quantità non definibile. I secondi (ad esempio: dio, re, uomo, donna, profeta, sacerdote, gatto, cane, lupo, leone, …) si riferiscono invece a qualcosa o a qualcuno che può essere numerato e contato e risultano pertanto facilmente pluralizzabili.



I nomi numerabili possono essere usati in senso definito, indefinito, qualitativo puro, qualitativo-definito e qualitativo-indefinito. Secondo Hartley, un sostantivo (come theos) può quindi avere valenza qualitativa, senza mostrare per forza carattere definito o indefinito: la categoria qualitativa prescinderebbe insomma dalla determinatezza e dall’indeterminatezza dei sostantivi e potrebbe essere validamente applicata sia ai “nomi numerabili” sia ai “nomi di massa”.



Un’analisi statistica, condotta sui predicati nominali privi di articolo contenuti nel Vangelo di Giovanni, è stata inserita da Hartley nella sua tesi di dottorato e mostra come nel 72% dei casi il predicato nominale privo di articolo preceda il verbo “essere” e solo nel restante 28% sia post-copulativo. Il 55% dei predicati nominali pre-copulativi avrebbe poi valenza “qualitativa pura”, l’11% sarebbe chiaramente “definito”, il 17% risulterebbe “indefinito” ed solo il 17% avrebbe caratteristiche “qualitative-indefinite”.



Hartley conclude il lavoro avanzando l’ipotesi che, in Giovanni 1.1, ?e?? abbia valenza “qualitativa pura”, nel senso che il Figlio, pur essendo distinto dal Padre, possieda la stessa natura divina.

Nota alcuni vocaboli non si capiscono perch non abbiamo il font greco
spero che approfondirai guardando il link che ti ho postato (magari gi lo conosci)





[Modificato da Justee 11/10/2004 9.07]

pierpappastorico
00mercoledì 15 dicembre 2004 11:08
Molto brevemente
Molto brevemente

La mancanza dell’articolo davanti a theos (Dio) non indica un’inferiorità di Gesù, come sostengono i TdG, ma semplicemente evita di identificare la Parola con il Padre altrimenti ci sarebbe una totale identificazione tra soggetto e predicato (come ad es. in I GIOV. 3:4). Giovanni infatti non voleva identificare il Logos (Gesù) con il Padre (Yahweh) ma voleva dire che entrambi hanno la stessa natura divina: es.: il ghiaccio e la nebbia sono cose distinte ma sono entrambe acqua. In ogni caso l’assenza dell’articolo davanti a theos riferito a Gesù non dimostra comunque che sia inferiore al Padre in quanto in GIOV. 20:28 theos con l’articolo viene riferito a Gesù, mentre ad es. in II COR.1:3, theos senza articolo viene riferito al Padre.

Se infine fosse corretta l’interpretazione dei TdG al versetto 1 sarebbe scritto: "in principio Dio creò la Parola". Facendo di Gesù un dio minore i TdG dimostrano di essere influenzati dalla filosofia greca - la credenza nel "demiurgo" di Platone.
(N.B.: Nel contesto di Giovanni 1:1-18, la parola theos compare senza articolo in 6 occasioni: nei versi 1, 2, 6, 12, 13, e 18. La TNM la traduce correttamente con "Dio" nei versi 2, 6, 12 e 13, eppure al verso 1 la traduce con "un dio", e al verso 18 con "dio" (iniziale minuscola), pur trattandosi della stessa identica costruzione, nello stesso contesto).

Ciao, Piero [SM=g27994]m16:
Teodoro Studita
00giovedì 27 gennaio 2005 17:25
La già citata "regola di Colwell", che si può riassumere in
"un predicato nominale determinato tende a perdere l'articolo quando precede il verbo e a conservarlo quando lo segue", vale in nove casi su dieci nel NT, dunque è un criterio affidabile ma non definitivo.
Personalmente, in questi casi trovo particolarmente utile l'analisi negativa del problema, che pongo in questi termini:

Ipotesi. Giovanno vuole dire "e la Parola era Dio"
Metodo. Analizzare tutti i modi possibili per esprimere questa frase

1) "ho logos en ho theos"

In questo caso l'articolo è presente davanti al soggetto come davanti al predicato, rendendo di fatto indistinguibile l'uno dall'altro, e generando confusione. Ipotesi dunque improbabile.

2) "theos en ho logos"

Predicato senza articolo, particolarmente enfatico su "theos" se confrontato agli altri modi. Il soggetto è distinto dal predicato.

3) "ho logos theos en"

Simile al precedente dal punto di vista grammaticale, ma l'enfasi questa volta è su "la Parola" e non su "Dio"

4) "ho logos en theos"

La presenza del verbo prima del predicato, per la regola di Colwelll indica indeterminatezza, quindi si sarebbe potuto tradurre anche con "un dio"

5) "ho logos en theios"

Theios vuol dire "divino", quindi non specifica l'assoluta identità di sostanza tra Dio e la Parola, ma solo una generica "divinità" di quest'ultima

Concludendo, dal punto di vista logico le uniche versioni che conbfermano l'ipotesi sono la 2 e la 3, ma solo la 2 pone l'accento sull'identità di sostanza, enfatizzando "theos".
Pertanto, vista l'analisi di questi due argomenti, vi è un generalizzato consensus a tradurre il passo in questione con "e la Parola era Dio"

Un saluto,
barnabino
00giovedì 27 gennaio 2005 18:40
Nooooooo.... anche qui la regola di Colwell?

Diciamo subito una cosa, per spazzare ogni mistificazione e ingiustificato pregiudizio, la frase "kai theos en ho logos" da un punto di vista puramente grammaticale può essere tradotta tanto:

1. La Parola era il Dio (applicando la regola di Colwell)
2. La Parola era di natura (o qualità) divina (considerando theos come qualitativo)
3. La Parola era un dio (leggendo letteralmente)

Tutte e tre le traduzioni sono perfettamente corrette da un punto di vista grammaticale, sfido chiunque a dimostrare il contrario! Possiamo poi ragionare su quella più corretta, ma traducendo "un dio" la TNM non va contro la grammatica greca!!!

Da un punto di vista grammaticale nopn c'è nessuan regoal che imponga una o l'altra traduzione.

Infatti la regola di Colwell non ci dice molto circa il modo di tradurre theos in 1,1c.

Questa regola dice solo che un PN preverbale senza articolo se è definito (quindi se lo è già a priori) non diventa necessariamente qualitativo perchè senza articolo.

Ma non è vero il contrario della regola, cioè non è vero che quando un PN senza articolo si trova prima del verbo debba OBBLIGATORIAMENTE essere determinato. Tanto è vero che nel vangelo di Giovanni su 53 ricorrenza in 26 casi il PN è indeterminato e in altri 11 potrebbe esserlo.

Contesto anche il post di pierpappa:

"Se infine fosse corretta l’interpretazione dei TdG al versetto 1 sarebbe scritto: "in principio Dio creò la Parola".

En archè non indica il principio assoluto ma indica solo il principio della creazione materiale, è chiaro il riferimento al bereshit di Genesi 1,1 a cui partecipò anche il logos che era con ho theos come ´amòhn (artefice) accanto a YHWH (Pr. 8,30)

"Facendo di Gesù un dio minore i TdG dimostrano di essere influenzati dalla filosofia greca - la credenza nel "demiurgo" di Platone"

Direi che è proprio il contrario, mai la concezione dei TdG riguardo al Logos è lontana dall'idea Platonica del demiurgo. Il Logos per i TdG è una persona spirituale che diventa carne, questo è lontano anni luce sia dal "Demiurgo" di Platone che del "Logos" di Filone.

Semmai questa tesi fu ripresa proprio dai trinitari: anche se Platone non era così chiaro si credette (anche per la mediazione di Filone) che questo "Demiurgo" era sempre esistito insieme al Dio supremo, così divenne "ortodosso" insegnare che Gesù e Dio erano coeterni.

Inoltre nessuno insegna che ho logos è "un dio minore", non l'ho mai visto scritto o spiegato in nessuna pubblicazione dei testimoni di Geova. Mi fai vedere dove?

Piuttosto i TdG leggono quel theos, come deve essere fatto, nell'ambito della cultura ebraica, in cui "un dio" non indicava come nel mondo ellenistico una divinità ma semplicemente era un attributo che poteva essere usato, senza timore di essere fraintesi, anche per persone, angeli e perfino cose.

E' evidente che se vogliamo capire correttamente le parole di Giovanni dobbiamo leggerle secondo suo orizzonte culturale e non il nostro. Senza questa precisazione diventa facile far dire al testo quello che non poteva dire, semplicemente perchè era estraneo alal cultura dello scrittore.

Ciao fdetr


Teodoro Studita
00giovedì 27 gennaio 2005 20:19
Re:

Scritto da: barnabino 27/01/2005 18.40

E' evidente che se vogliamo capire correttamente le parole di Giovanni dobbiamo leggerle secondo suo orizzonte culturale e non il nostro. Senza questa precisazione diventa facile far dire al testo quello che non poteva dire, semplicemente perchè era estraneo alal cultura dello scrittore.




Su questo sono perfettamente d'accordo, quanto sono in TOTALE disaccordo con le premesse. Mettendosi nella testa di un madrelingua greco della koinè del I sec. d.C. leggiamo LETTERALMENTE

kai (e) theos (dio) en (era) ho (il) logos (verbo)

L'articolo è ciò che ci fa distinguere il soggetto dal predicato. Qui il soggetto è "ho logos" ("la parola", ma se vogliamo conservare il maschile possiamo tradurre "il verbo")

Dunque ricostruiamo la frase con il soggetto innanzi al resto, come si usa fare in italiano. La traduzione LETTERALE è:

" e il verbo era Dio ", o nella versione più nota

" e la Parola era Dio ", stop.

Non c'è bisogno di evocare regole, statistiche e studi di biblisti più o meno insigni. Bisogna contestualizzare questa frase e confrontarla con tutti gli altri passi in cui l'identificazione e/o la consustanzialità di Logos/Figlio con Dio/Padre è evidente. Il che elimina ogni residuo di dubbio, qualora ce ne fossero mai stati.

Sulle strumentazlizzazioni di traduzioni alternative non è il caso di soffermarci in questa sezione che cura l'aspetto linguistico del testo, pertanto non rispondo, anche se conoscete tutti la mia opinione in merito.
barnabino
00sabato 29 gennaio 2005 01:06
" e il verbo era Dio ", o nella versione più nota

Si peccato che sfortunatamenet in italiano Dio indica "il Dio" quello che qui è detto "presso cui il Logos stava" mentre il buon traduttore deve rendere il fatto che "theos" era con "ho theos" ed evidentemente erano due entità diverse. Se li chiami tutti e due "Dio" si annulla la differeza.

Invece se sul significato "ho theos" siamo sicuri che si trattava di YHWH, il Padre diverso è il caso del Logos. Parlando del Logos Giovanni non usa l'articolo, questo per differenziarlo dal Padre, sono evidentemente due individui (persone?) differenti.

Cosa indica theos senza articolo? In greco non esiste articolo indeterminativo ma è espresso dall'omissione dell'articolo determinato.

Pertanto il logos era theos (senza articolo) nel senso di essere un "dio" (appartenere alla categoria di theos) oppure nel senso di essere qualitativamente "dio" cioè possedeva gli attributi divini. Questo per altro era quanto diceva già Origene nel suo commento a Giovanni che distingie chiaramente tra il theos con l'articolo e senza.

In nessun caso mi pare possiamo sostenere che qui Gesù fosse Dio come lo era Geova. Così per differenziare le due entità chiamiamo Geova "Dio" (ho theos) e Gesù "un dio" (theos).

Ciao
Teodoro Studita
00sabato 29 gennaio 2005 02:06
Sai benissimo che in greco la presenza o meno dell'articolo non è vincolante ai fini della traduzione, e che theos appare con e senza articolo ma non per questo si sta parlando di un dio diverso.

NON è vero che il greco non abbia un articolo indeterminativo, se ricordi bene, tu che ci inviti a ripassare la grammatica, "tis, ti" si può benissimo utilizzare in tal senso, come riportato da ogni grammatica scolastica.

Se Giovanni avesse voluto indicare "un dio" qualsiasi (io ero rimasto al monoteismo, pensa un po') avrebbe potuto benissimo scrivere "tis theos", orrendo ma efficace per rendere l'idea di un dio "qualunque".

NON è vero che Giovanni quando parla del logos non usa l'articolo, lo usa praticamente sempre ma resta fermo il fatto che "o logos" e "o theos" siano due cose distinte, uguali nella sostanza, diversi nella ipostasi.


barnabino
00sabato 29 gennaio 2005 14:24
> Sai benissimo che in greco la presenza o meno dell'articolo non è vincolante ai fini della traduzione, e che theos appare con e senza articolo ma non per questo si sta parlando di un dio diverso.

Caro Teodoro,

Scusa ma tu non hai afferrato il problema.... tu dici che la TNM sbaglia traducendo "un dio", devo dedurre che per te quella traduzione NON E' PERMESSA dalla grammatica.

Io NON HO DETTO che la mancanza di articolo ti vincola a tradurre "un dio", dico solo che la mancanza dell'articolo rende POSSIBILE e CORRETTA anche (nota che ho scritto ANCHE!) la traduzione "un dio" insieme a "Dio" e "di natura o qualità divina".

Il problema è che TU SEI DOGMATICO sostenendo che la TNM qui si "inventi" la traduzione.

> e che theos appare con e senza articolo ma non per questo si sta parlando di un dio diverso.

Allora si sta parlando dello stesso Dio? In questo caso ho theos è il Dio Padre, vuoi dirmi che Gesù è il Dio Padre... sabelliano! [SM=g27994]m6:

> Se Giovanni avesse voluto indicare "un dio" qualsiasi (io ero rimasto al monoteismo, pensa un po')

Ti ricordo che nel NT e nella LXX l'uso dell'espresione theos (senza l'articolo) rivolta a delle creature non è certo un'attestazione di politeismo, il termine theos oltre che indicare Geova (con o senza articolo) è un attributo abbastanza comune anche per indicare uomini, angeli e perfino cose, oltre naturalmente gli dei pagani. In questo caso è usato sempre senza l'articolo come nel caso di Cristo.

> NON è vero che Giovanni quando parla del logos non usa l'articolo, lo usa praticamente sempre

E quando sarebbe che Giovanni definisce "ho logos" come "ho theos"? E se "ho theos" è sempre riferito al Padre (Geova) come era possibile distinguere il Padre dal Figlio? [SM=g27994]m22:

Ciao



Teodoro Studita
00sabato 29 gennaio 2005 14:44
en arke eh HO logos (Gv: 1,1)
kai HO logos en pros ton theon (idem)
kai theos en HO logos (idem)

Kai HO logos sarx egeneto (gv: 1,14)

Se non mi sono perso niente questi sono i punti in cui, in Gv:1 viene menzionato il logos, sempre con l'articolo, giusto per evidenziare che non dico fesserie come vorresti far credere.

Ma veniamo al dunque, hai schivato agilmente la mia considerazione sul "tis, ti" che avrebbe indicato, qualora utilizzato davanti a theos, equivocabilmente "un dio", e non "Dio". Dunque in un passo di importanza teologica rilevante (forse il più rilevante in assoluto) sarebbe stata un'idiozia da parte di Giovanni utilizzare un termine fraintendibile quando aveva a disposizione il principe dell'indeterminazione, il pronome tis. Certo, se poi vogliamo analizzare questo passo astraendolo da tutto il contesto neotestamentario nel quale viene fuori a chiarissime lettere l'uguaglianza di sostanza dtra Dio ed il Figlio, allora leviamo di mezzo un argomento fondamentale, che conferma la nostra tesi, e senza il quale le nostre rimangono quisquiglie tra filologi.

Un'ultima parola sulla LXX, in cui theos senza articolo è utilizzato per attribuire la parola dio anche a entità non esattamente divine. Un esempio moderno di questo uso lo abbiamo quando diciamo "Micheal Jordan è un dio del basket". Ora, in questo caso il contesto (quello che voi trascurate puntualmente) è tale da rendere del tutto superfluo specificare se Micheal Jordan si a"un dio" oppure "il dio assoluto".
Si dà il caso che nei Vangeli non si parli di basket, ecco perché il contesto NON PUO' ESSERE IGNORATO.

[Modificato da Teodoro Studita 29/01/2005 14.45]

barnabino
00domenica 30 gennaio 2005 00:58
> Se non mi sono perso niente questi sono i punti in cui, in Gv:1 viene menzionato il logos, sempre con l'articolo, giusto per evidenziare che non dico fesserie come vorresti far credere

Vedo che allora non ci siamo capiti, io parlavo di theos con l'articolo riferito al logos. Che Logos si acon l'articolo è evidente, infatti si tratta non di un attributo ma di una persona.

Invece theos riferito al Logos è senza articolo indicando una qualità dello stesso, quindi theos ha un valore qualitativo e non di entità divina.

> Un'ultima parola sulla LXX, in cui theos senza articolo è utilizzato per attribuire la parola dio anche a entità non esattamente divine

Errato, il termine è usato per entità divine, infatto indica anche Geova, il problema è il diverso concetto di divinità che hai tu e che avevano i primi cristiani, tu sei un povero greco infarcito solo di neoplatonismo loro erano semiti infarciti della superiore sapienza divina, quella che che Paolo esalta contrapponedola alla sapienza umana.

Ciao


Teodoro Studita
00domenica 30 gennaio 2005 16:50
Re:

Scritto da: barnabino 30/01/2005 0.58
> tu sei un povero greco infarcito solo di neoplatonismo loro erano semiti infarciti della superiore sapienza divina, quella che che Paolo esalta contrapponedola alla sapienza umana.

Ciao





Tutto qua...? Ma nella LXX theos è riferito ANCHE a Dio, non ESCLUSIVAMENTE a Dio, dunque non mi hai risposto affatto. Su, una risposta ad un povero Giamblico dei nostri tempi.
barnabino
00martedì 1 febbraio 2005 21:21
Caro Teodoro, non volevo essere offensivo, ma mi da fastidio la tua supponenza nel tratatre questo tema, come se i traduttori della TNM non avessero considerato un problema così evidente nel rendere "un dio" Giovanni 1,1c.

Il punto è questo, la critica che tu fai è che non si può tradurre "theos" con "un dio" non per motivi grammaticali ma per motivi teologici, infatto dire "un dio" presuppone l'esistenza di molti "theoi" cosa che contraddirebbe il monoteismo ebraico e pure quello cristiano.

Questo presuppone una scarsa conoscenza del concetto semitico del termine Dio. Nella Bibbia ebraica "il Dio" ha un nome: Geova (YHWH) che ricorre quasi 7000 volte, ed è di gran lunga la parola più ripetuta nella Bibbia.

Geova è poi indicato con dei titoli e termini descrittivi, tra questi vi sono 'El ed 'Elohìm che però non sono esclusivi di Geova ma con cui vengono descritti gli dei pagani, gli angeli e uomini con caratteristiche in qualche modo divine.

Si deve però aggiungere che l'espressione ha'èl e ha'elohim (con l'articolo determinativo al singolare) viene usata nell'AT quasi esclusivamente (tranne che in 3 ricorrenza) per indicare Geova.

La LXX segue l'identica logica: Geova dopo il primo secolo è sostituito da Kurios, theos senza articolo determinativo viene usato come titolo di Geova, delle divinità pagane e delle creature divine, come angeli e uomini (per esempio Mosè è definito "theos" in Esodo).

Viceversa il termine ho theos rimane un titolo che indentifica esclusivamente Geova (nelle 3 ricorrenze dove ha'elohìm non era riferito a Geova tradice con theos senza articolo).

Quindi per gli scrittori cristiani era ben chiara questa distinzione: ho theos era un titolo esclusivo indicante Geova, mentre theos era un titolo più generico, che poteva indicare Geova, una divinità ma anche semplici creature con caratteristiche divine, senza necessariamente indicare Dio.

In tale orizzonte culturale non era uno scandalo per i primimi cristiani definire Gesù "un dio" senza per forza considerarlo "un dio minore" o un altro dio in concorrenza a Geova. Non più di quanto fosse strano incontrare in Esodo il titolo di theos applicato a Mosè, o al re Davide.

Semplicemente per Giovanni Gesù era "un dio" nel senso di una creatura divina, il Logos o la Sapienza personificata di Proverbi 8, che era con Geova "en archè" (la creazione dei cieli e della terra). Tutto questo si iscrive perfettamente nella concezione ebraica.

La mia tesi dunque è questa:

1. Tradurre "theos" con "un dio" non contraddice la grammatica, anzi, normalmente il Predicato Nominale descrive la classe a cui il Soggetto appartiene.

2. Tradurre "un dio" non ha valenza politeistica nell'orizzonte linguistico semitico, in cui il titolo theos era applicato non esclusivamente a Geova ma anche ad altre creature divine.

3. Sia la LXX che il NT (quest'ultimo tranne che in cinque o sei passi contesi) usano "ho theos" per indicare esclusivamente Geova (il Dio) pertanto l'omissione dell'articolo in Giovanni 1,1c deve essere semanticamente significativa.

Ciao

Teodoro Studita
00sabato 5 febbraio 2005 04:24
Re:

Scritto da: barnabino 01/02/2005 21.21
La mia tesi dunque è questa:

1. Tradurre "theos" con "un dio" non contraddice la grammatica, anzi, normalmente il Predicato Nominale descrive la classe a cui il Soggetto appartiene.

2. Tradurre "un dio" non ha valenza politeistica nell'orizzonte linguistico semitico, in cui il titolo theos era applicato non esclusivamente a Geova ma anche ad altre creature divine.

3. Sia la LXX che il NT (quest'ultimo tranne che in cinque o sei passi contesi) usano "ho theos" per indicare esclusivamente Geova (il Dio) pertanto l'omissione dell'articolo in Giovanni 1,1c deve essere semanticamente significativa.

Ciao




Quoto la tua sintesi, e cerco di darti una breve risposta, ripromettendomi di rientrare piu' efficacemente nel tema dopo il rientro (e dopo essermi ripreso dal jetleg).
Ti rispondo con il tuo ordine
1) E' vero non contraddice la grammatica, ma perche' Giovanni, secondo te, se avesse voluto indicare "un dio" e non semplicemente "dio" non ha usato "tis theos"? In questo caso non ci sarebbero stati dubbi di alcun tipo, sarebbe stato "un dio" e stop. Se non l'ha fatto, e' perche', coerentemente a molti altri passi in cui emerge la consustanzialita' tra Padre e Figlio, quello che si voleva intendere era semplicemente "dio"
2)Qui bisogna vedere cosa intendi per politeismo. Se Nella tua concezione il Figlio e' uguale in tutto al Padre tranne per il fatto che e' stato creato, e' evidente che non si tratta di una angelo, di un cherubino, o di un serafino, ma di un dio. Ma se non e' Dio (notare la maiuascola) si tratta di un "dio minore", che si situa tra le gerarchie angeliche ed il Padre. Se questo non e' politeismo....
3)Personalmente non cito mai la LXX perche' e' ritenuta da tutti gli studiosi come una traduzione poco affidabile e ritenuta tale gia' nell'antichita'. Viceversa nel NT lo stesso problema si ripropone, come fai giustamente notare, in altri passi, che sono stati tutti tradotti dalla WTS con l'articolo indeterminativo. Questo, naturalmente, con la giustificazione che la grammatica lo consente (vero), ma ignorando volutamente tutti i passi (tanti) in cui la consustanzialita' e coeternita' e' evidente. E' chiaro che astraendo questi passi dal loro contesto si puo' "scegliere" la traduzione che piu' ci piace, ma commettiamo un arbitrio del tutto sindacabile.

Questo e' cio' che penso, dimmi tu su quale filone vuoi che ci muoviamo.
barnabino
00sabato 5 febbraio 2005 15:03
Vedo di risponderti velocemente:

> perche' Giovanni, secondo te, se avesse voluto indicare "un dio" e non semplicemente "dio" non ha usato "tis theos"?

Semplicemente perchè tis è un pronome indefinito mentre qui c'è già il soggetto dello frase (ho logos)

> Ma se non e' Dio (notare la maiuascola) si tratta di un "dio minore"

Gesù non è un dio minore ma semplicemente "un dio" cioè un essere che come YHWH, gli angeli, certi uomini, ha caratteristiche "divine". Nella concezione veterotestamentaria in cui si muove Giovanni questo non è politeismo, come ti ho detto non più di quanto potesse esserlo definire Mosè "un dio" per Faraone o per suo fratello Aaronne. Per gli scrittori era fuori discussioen che esisteva un solo Dio (YHWH) e non a caso essi lo indicavano con "ho theos". Ma questo non toglie che il titolo di "theos" fosse tranquillamente usato a proposto di altro dei o creature senza cadere nel politeismo.

> Personalmente non cito mai la LXX perche' e' ritenuta da tutti gli studiosi come una traduzione poco affidabile e ritenuta tale gia' nell'antichita'

Se vuoi su questo tema ragioniamo tranquillamente anche con il TM alla mano, il concetto di theos/'elohim che ti ho esposto è presente anche nella Bibbia ebraica.

Che poi la LXX sia ritenuta "poco affidabile" (?) non fa paret della discussione, era in uso e citata ampiamente dai i primi cristiani e dunque è ovviamente un documento indispensabile per capire l'uso che gli scrittori neotestamentari facevano di certi termini greci.

> Viceversa nel NT lo stesso problema si ripropone, come fai giustamente notare, in altri passi, che sono stati tutti tradotti dalla WTS con l'articolo indeterminativo.

Frase poco chiara, a quali passi ti riferisci, e cosa hanno a che fare con Giovanni 1,1c?

> Questo, naturalmente, con la giustificazione che la grammatica lo consente (vero), ma ignorando volutamente tutti i passi (tanti) in cui la consustanzialita' e coeternita' e' evidente

Questo esula la nostra conversazione, come ti ho detto io potrei citarti altrettanti passi che dimostrano che quello che dici non è vero e che quei passi vengono interpretati (o anche tradotti) in base solo alla "presunzione" che Cristo si consustanziale e coeterno al Padre. Ma la discussione si sposta dalla gramamtica alla teologio o alal filosofia (visto che di sostanza nel NT come nell'AT non si parla dobbiamo introdurre una categoria extrabiblica).

> E' chiaro che astraendo questi passi dal loro contesto si puo' "scegliere" la traduzione che piu' ci piace, ma commettiamo un arbitrio del tutto sindacabile.

Infatti, quello che rimprovero a certe traduzioni cattoliche [SM=g27994]m2:

Come muoversi? A mio avviso si può analizzare un passo tenendo conto che l'esegesi non può estendersio oltre l'orizzonte in cui si muoveva lo scrittore, che era quello neotestamentario e semitico, ellenistico solo per quanto riguarda l'uso della LXX.

Ciao
Teodoro Studita
00mercoledì 9 febbraio 2005 16:44
Un piccolo appunto tecnico-grammaticale:

Tu dici che Giovanni non ha usato tis perché

"tis è un pronome indefinito mentre qui c'è già il soggetto dello frase (ho logos)"

e allora? Da quando non si può usare un pronome indefinito quando c'è il soggetto?!?!? La costruzione "kai tis theos en ho logos" è grammaticalmente corretta, ed esprime perfettamente la genericità di "un dio" piuttosto che "Dio". Se non l'ha usata evidentemente il senso che voleva dare era un altro.
Gli indizi per capire che il Logos=Dio, non li dobbiamo cercare molto lontano.

Faccio un piccolo salto indietro.
Il pensiero filosofico occidentale inizia, in asia minore, con Talete, anassimandro, Anassimene, i quali dedicano la loro ricerca all'Arkè, il principio primo che preesiste al mondo e ne é la causa.
Secondo la teologia cristiana (compresa quella geovista) questa causa prima non causata è Dio.
Giovanni inizia il suo Vangelo con questa frase:" En ARKE en ho logos", cioè "in principio era la Parola". In 5 parole ci dice inequivocabilmente che all'origine dei tempi era la Parola. Non dice "in principio era Dio", perché ?
Semplice, perché immediatamente dopo dice "e la Parola era Dio", dunque Dio è all'inizio dei tempi. Nulla di più semplice nella sua sillogistica chiarezza. Se noi leggiamo invece "La Parola era un dio", allora postuliamo l'esistenza di un generico essere "divino" PREESISTENTE a DIO!!!! Ma ci rendiamo conto?
Questo lo faccio notare perché è tipico del geovismo tirare fuori frasi dal cilindro senza considerare minimamente il contesto dal quale queste frasi sono estrapolate, neanche se questo contesto è situato 10 parole prima!

Dunque sul piatto abbiamo due questioni. Una grammaticale ed una LOGICA (attenzione non solo teologica, ma logica). Suppongo che i foristi desiderino una ottima risposta che giustifichi la ri-traduzione di Gv:1,1 alla luce di queste considerazioni.
Un saluto,

barnabino
00mercoledì 9 febbraio 2005 22:38
> La costruzione "kai tis theos en ho logos" è grammaticalmente corretta, ed esprime perfettamente la genericità di "un dio" piuttosto che "Dio".

Non direi... perchè theos qui è un predicato verbale di cui "ho logos" è il soggetto. Quindi non è possibile aggiungere un pronome indefinito, il pronome "uno, qualcuno" sarebbe infatti il soggetto della frase (che suonerebbe "uno, qualcuno era un dio") ma qui il soggetto è già definito (ho logos) è theos non descrive una persona ma piuttosto una qualità o attributo del logos.

Comunque, anche amettendo una costruzione del genere, fatto stà che non ce n'era bisogno di usarla giacchè senza articolo un nome è di per sè indeterminato.

Sul significato di "En Archè" ti posso dire che la cultura semitica non guarda certo a Talete o Anassimene, e nella Bibbia "en Archè" è solo l'inizio della creazione. Dunque per Giovanni Gesù non era eternamente "preesistente" ma semplicemente esisteva presso Dio al momento della Creazione del cielo e della terra. Il logos non esisteva "prima" della creazioen (come dicono certi teologi) ma "en archè" all'"inizio" della creazione.

Come vedi il tuo post è un esempio paradigmatico della mia tesi: tu sostieni che Gesù esisteva eternamente con il Padre non in base a dei concetti biblici ma spostando il tuo orizzonte semantico e filosofico nel terreno ellenistico, come se Giovanni scrivesse pensando a Talete invece che a Mosè! A mio avviso questo è un grosso errore metodologico e storico.

Ciao
Teodoro Studita
00giovedì 10 febbraio 2005 02:03
Re:

Scritto da: barnabino 09/02/2005 22.38
tu sostieni che Gesù esisteva eternamente con il Padre non in base a dei concetti biblici ma spostando il tuo orizzonte semantico e filosofico nel terreno ellenistico, come se Giovanni scrivesse pensando a Talete invece che a Mosè! A mio avviso questo è un grosso errore metodologico e storico.

Ciao



Giovanni scriveva
1) a casa di Talete, Anassimandro, Anassimene, cioè in Asia Minore, e non in giudea. ed il suo modo di scrivere indica una maturità di pensiero molto lontana da quella di un Matteo, ad esempio
2) con la lingua della filosofia, il greco e non con quella della predicazione al Tempio
Io dubito fortemente che Giovanni pensasse sia a Talete che a Mosè. Credo invece che fosse pienamente consapevole del pensiero greco imperante in quegli anni in quelle zone e non c'è nessun motivo per pensare che l'idea che avesse di arkè fosse quella della creazione del mondo, un pensiero che era superato già prima di Platone, figuriamoci mezzo millennio dopo!

La questione grammaticale francamente non mi appassiona. Non approvo minimamente la tua affermazione apodittica che l'assenza di articolo indica sempre indeterminazione, cosa del tutto arbitraria, così come ritengo possibilissima la costruzione col tis,ti. Purtroppo gli elementi sono troppo pochi e pertanto formalmente ammetto che entrambe le traduzioni sono virtualmente possibili, è per questo che l'esame del contesto deve chiarificare il tutto.

andiamo avanti...
barnabino
00giovedì 10 febbraio 2005 15:29
> Non approvo minimamente la tua affermazione apodittica che l'assenza di articolo indica sempre indeterminazione

Guarda che io non ho detto questo... rileggi bene i miei primi post e vedrai che fin dal primo momento ho sostenuto che theos in quella posizione può essere letto tanto come definito, indefinito e qualitativo.

Mi pare che sei tu quello che negava la possibilità di tradurlo come indefinito, accusando la TNM di manipolare la grammatica.

Adesso invece si scopre che "en archè" cambierebbe addirittura significato, un significato ESTRANEO ALLE SCRITTURE, solo perchè Giovanni si trovava a scrivere in Asia Minore. Peccato che qui Giovanni faccia una citazione della Genesi e non di Talete.

Circa Giovanni sostenere che sia un vangelo "ellenistico" è pura fantasia: la lingua di Giovanni è quella di un greco non colto, anzi, spesso ricalca pari pari espressioni semitiche quasi traslitterate in greco, segno che Giovanni era immarso nella cultura semitica fino al collo. Leggi l'Apocalisse, che tipo di cosmologia e di mondo simbolico ci vedi? Attribuirgli dei concetti filosifici ellenistici è un arbitrio bello e buono... ed è l'errore che fanno tutti quelli che vogliono leggere Giovanni1,1 in senso trinitario, si DEVONO spostare dal piano biblico a quello filosofico, ma in questo modo tradiscono il testo.

Comunque devi rimanere sul testo, altrimenti apri un post su "En Archè" per dimostrare che in Giovanni tale termine ebbe un evoluzione semantica tale da giustificarne la tua interpretazione come concetto di "etenità".

Ciao

Teodoro Studita
00giovedì 10 febbraio 2005 23:32
Esordirei dicendo che non c'è bisogno di un post su "en arkè". siamo perfettamente in-topic, essendo questo il post di Gv 1,1, che ha il suo incipit perlappunto con questa espressione.
Io cercherei di muoverci su questi binari:
Tu affermi che il background culturale di Giovanni è esclusivamente semitico, io invece dico che il bagaglio di vita, di esperienza, e aggiungerei di Visione, che Giovanni, da anni abitante in un contesto di cultura greca, aveva al momento della stesura del Vangelo, è perfettamente giudeo-ellenistico, e trae spunti da entrambi questi mondi.
Giovanni infatti nasce ebreo, ma da cristiano si rivolgerà sempre ad un pubblico ellenizzato, ed è ovvio che si cali in quel contesto culturale, senza per questo dimenticare il suo bagaglio guidaico.
Non dico che Giovanni citasse Talete, ma penso che sia probabile che egli non intenesse per Arkè la creazione del mondo, bensì l'origine dei tempi, quindi Dio stesso, un concetto che unisce la cultura ebraica e quella greca in qualcosa di completamente nuovo. Non a caso la Chiesa Ortodossa riserva a solo tre persone il titolo di "teologo", e uno di questi è proprio Giovanni evangelista.
Non penso sia un'idea strampalata affermare che Giovanni conoscesse la filosofia greca nel momento in cui redasse il Vangelo. Si suppone che un signore che di mestiere fa l'evangelista (!) si confronti con tutti per diffondere la propria idea, e non è possibile che Giovanni ignorasse concetti che nel pensiero greco erano radicati da centinaia d'anni. Nessuno pretende che egli li accettasse o li ritenesse fondati, ma solo che ne fosse a conoscenza quanto basta per pensare con una mente più aperta e priva dei pregiudizi ebraici, precondizione assoluta per poter fondare una vera, nuova teologia.

Qualcuno ha elementi probanti per poter asserire che Giovanni era immerso nella cultura semitica "fino al collo" ?
Io lo direi per Matteo, ma non per Giovanni. Anche l'Apocalissi, che Barnabino cita, ha somiglianze notevolissime con gli Oracoli Sibillini, tutti nati in contesto giudeo-ellenistico, perlopiù in quel di Alessandria, contesto più greco che giudaico.

Altre considerazioni?
Chi.dove.quando
00venerdì 11 febbraio 2005 01:21
LOGOS=DIO???????????????

Indirizzerei la vs attenzione, nell'esame di Giov. 1:1, alle tesi circolanti all'epoca sul "Logos".

Partirei con Filone Alessandrino, contemporaneo di Gesù (però nei suoi scritti Filone ignora completamente Gesù). Saulo di Tarso fu anche un contemporaneo di Filone e, come minimo, certamente ne sentì parlare, e forse addirittura conobbe di persona. Filone era ebreo.
Nel 39 d.C guidò una delegazione che si presentò a Caligola per informarlo dei maltrattamenti che gli ebrei subivano in Roma per mano di Flacco, governatore della città. Il tentativo risultò vano. Si ricordi anche che qualche anno più tardi l'imperatore Claudio espulse da Roma molti ebrei e fra questi Aquila e Priscilla, amici di Saulo di Tarso, come lui fabbricanti di tende.

All'epoca fra i greci era noto il concetto di "Logos", che Filone Alesandrino tentò di conciliare con il contentuo degli scritti veterotestamentari, affermando che i greci avessero furbescamente attinto molte concetti sull'essere divino dai testi di Mosè.

Procedendo in questo modo Filone spiega che il contenuto del NT si presta ad una duplice spiegazione: una letterale ed una simbolica. Con questo metodo riesce a tirare fuori dalle Scritture le analogie con le dottrine greche. Si sbizzarisce a definire l'essenza di Dio stesso, spiegando, per esempio, che l'"Io sono colui che è" è analogo al dire " La mia natura é di essere , non di essere nominato ". Su ciò da qualche parte si è già ampiamente parlato in questo forum, se non vado errando.

Ho premesso tutto quanto sin qui per dire che Filone con il "Logos" introduce il concetto di intermediario fra Dio e l'uomo, concetto che egli estrapola dalla dottrina greca.
Definisce il "Logos" "primogenito" ed "immagine" di Dio. Egli è la Parola per eccellenza, il custode della sapienza e perciò del prototipo della creazione del mondo, artefice.

Alla luce di quanto sopra, e tenendo presente che Verbo sta per Logos, leggiamo Giov. 1:1-5 :

1 In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio. ("era un dio" secondo la TNM)
2 Egli era in principio presso Dio:
3 tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.

Che ne pensate?

Nella prima metà del secondo secolo vi fu un tale Giustino che riprende il concetto di Logos, come parola di Dio, illustrando come esso Logos è artefice ad ogni livello, aggiungendo che anche il cristianesimo è una sua manifestazione.

Un secolo oltre giunge Origene e ci dice che è possibile conoscere la natura divina attraverso il Figlio (o Logos), ed aggiunge che Dio genera il Logos con la sua stessa natura divina, anche se gli è subordinato. Definisce il Logos "secondo Dio" il quale, per il fatto di conoscere il Padre, insegna questa conoscenza agli uomini. E' mediatore tra Dio e il mondo ed è custode delle idee (prototipi) di tutte le cose create.

Ora confrontate il parere di Origene con quello di Giustino ed, insieme a Giov. 1:1-5, con quello di Filone Alessandrino ed esponete le vostre riflessioni.
Dite anche se vi pare vero il tentativo di fare apparire il Logos=Dio.

Tanti saluti
Chidoqua


[Modificato da Chi.dove.quando 11/02/2005 1.26]

Teodoro Studita
00venerdì 11 febbraio 2005 01:33
Le cose da dire sarebbero davvero tante. La storia della Chiesa è fatta di sei passi avanti e cinque indietro, una eterna danza che però esita sempre in un passo avanti... [SM=g27985]

Io posso dirti che per orientarsi un po' si può provare ad immaginare un Dio senza Pensiero (aloghikos) o senza Parola (aphonos)...? La subordinazione tra il Logos e Dio Padre è di ordine logico, non ontologico. Il Figlio è tale in quanto presuppone l'esistenza di un padre, ma dobbiamo guardarci da ragionare con le categorie di "figliolanza" e di "persona" dell'uomo, se stiamo parlando di Dio.
Che il Logos sia Dio è il punto centrale del nostro dibattito. Secondo me lo è, secondo il geovismo no.
Può essere un mio limite, ma un dio insipente ed afono non fa per me... [SM=g27985]
Chi.dove.quando
00venerdì 11 febbraio 2005 10:26
Re: LOGOS=DIO???????????????

Scritto da: Chi.dove.quando 11/02/2005 1.21

Procedendo in questo modo Filone spiega che il contenuto del NT si presta ad una duplice spiegazione: una letterale ed una simbolica.

[Modificato da Chi.dove.quando 11/02/2005 1.26]





Errata corrige:

Leggere: "Procedendo in questo modo Filone spiega che il contenuto del VT si presta ad una duplice spiegazione: una letterale ed una simbolica.
Chi.dove.quando
00venerdì 11 febbraio 2005 10:48

Scritto da: Teodoro Studita 11/02/2005 1.33
Le cose da dire sarebbero davvero tante. La storia della Chiesa è fatta di sei passi avanti e cinque indietro, una eterna danza che però esita sempre in un passo avanti... [SM=g27985]

Io posso dirti che per orientarsi un po' si può provare ad immaginare un Dio senza Pensiero (aloghikos) o senza Parola (aphonos)...? La subordinazione tra il Logos e Dio Padre è di ordine logico, non ontologico. Il Figlio è tale in quanto presuppone l'esistenza di un padre, ma dobbiamo guardarci da ragionare con le categorie di "figliolanza" e di "persona" dell'uomo, se stiamo parlando di Dio.
Che il Logos sia Dio è il punto centrale del nostro dibattito. Secondo me lo è, secondo il geovismo no.
Può essere un mio limite, ma un dio insipente ed afono non fa per me... [SM=g27985]




Forse ti è sfuggito il senso del mio post.

A parte il fatto che, comunque, la tua disquisizione non sta in piedi e te lo suggerisce anche Origene (ma sei libero di interpretare come vuoi),
il punto veramente importante è che, attraverso Filone, è stato introdotto un concetto greco nell'interpretazione del testo veterotestamentario che non doveva essere introdotto.
Lo scopo per cui Filone introduce il metodo greco della "lettera e dello spirito" della Legge gli viene dal desiderio di conformismo al modo di procedere filosofico del tempo, per adeguare Le Scritture ad un nuovo sistema di intenderle e, soprattutto, per liberare la Scrittura da ogni antropomorfismo cui, secondo lui, era da da sempre stata relegata.

Perciò si deve cominciare con il dire che lo stesso concetto di Logos è, se non contrario (e qui potrebbe dirci qualcosa Topsy), una notevole forzatura interpretativa degli scritti Vetero.

Saluti


Teo60
00venerdì 11 febbraio 2005 11:39
Re:

Scritto da: Chi.dove.quando 11/02/2005 10.48
Forse ti è sfuggito il senso del mio post.
A parte il fatto che, comunque, la tua disquisizione non sta in piedi e te lo suggerisce anche Origene (ma sei libero di interpretare come vuoi),
il punto veramente importante è che, attraverso Filone, è stato introdotto un concetto greco nell'interpretazione del testo veterotestamentario che non doveva essere introdotto.
Lo scopo per cui Filone introduce il metodo greco della "lettera e dello spirito" della Legge gli viene dal desiderio di conformismo al modo di procedere filosofico del tempo, per adeguare Le Scritture ad un nuovo sistema di intenderle e, soprattutto, per liberare la Scrittura da ogni antropomorfismo cui, secondo lui, era da da sempre stata relegata.
Perciò si deve cominciare con il dire che lo stesso concetto di Logos è, se non contrario (e qui potrebbe dirci qualcosa Topsy), una notevole forzatura interpretativa degli scritti Vetero.

Saluti





L'AT conosceva il tema della parola di D-o e quello della sapienza, che esiste da prima del mondo in D-o,(Pr 8,22; Sap 7,22), per mezzo della quale fu creato tutto. Fu mandata sulla terra per rivelarvi i segreti della volontà divina. Terminata la sua missione, tornò a D-o (Is 55,10-11; Pr 8,22-36; Sir 24,3-32; Sap 9,9-12.
Anche per Giovanni (13,3; 16,2[SM=g27989] il verbo era in D-o, preesistente (1,1-2; 8,24; 10,30); è venuto nel mondo (1,9-14; 3,19; 9,39; 12,46[SM=g27988], mandato dal Padre (3,17.34; 5, 36.43; 6,29; 7,29; 8,42; 9,7; 10,36; 11,42; 17,3.25[SM=g27988], per compiervi una missione (4,34), cioè trasmettere al mondo un messaggio di salvezza (3,11; 1,33); compiuta la sua missione, torna presso il Padre (1,18; 7,33; 8,21; 12,35; 13,3; 16,5; ecc.).
Quindi nel NT Giovanni rivela pienamente, grazie al fatto dell'incarnazione (1,14+), la natura personale di questa Parola sussistente ed eterna.

Matteo



Teodoro Studita
00venerdì 11 febbraio 2005 12:10
Grazie Teo per i riferimenti sempre puntuali.
Io aggiungerei che non ci vedo nulla di sbagliato nell'inserire categorie di analisi proprie del pensiero greco nell'esame dell'AT. Ogni sistema filosofico può essere esaminato sotto più punti di vista, se esso è valido "in sé" non ci saranno problemi poiché quello che conta è la sostanza e non il metodo. Il greco ha fornito una lingua con terminologia filosofica ed un ricco sistema di pensiero, le famose "categorie" di aristotelica memoria. Applicare una terminologia non vuol dire alterare il contenuto di base, non più di quanto sia, ad esempio, chiamare "plasma" quello che nel seicento i cerusici chiamavano "gli umori".
Poi dici che il mio punto di vista non sta in piedi, però non fornisci alcuna spiegazione, sarebbe dunque meglio dire che dissenti, non portando alcuna evidenza. Ti invito nuovamente ad argomentare le tue affermazioni, che peraltro sono sempre benvenute [SM=g27985]
Chi.dove.quando
00venerdì 11 febbraio 2005 15:40
Re:

Scritto da: Teodoro Studita 11/02/2005 12.10

Poi dici che il mio punto di vista non sta in piedi, però non fornisci alcuna spiegazione, sarebbe dunque meglio dire che dissenti, non portando alcuna evidenza. Ti invito nuovamente ad argomentare le tue affermazioni, che peraltro sono sempre benvenute [SM=g27985]




Finchè ti metti nella condizione di difendere un credo, piuttosto che la concretezza della storia e delle motivazioni che hanno dato luogo alla nascita di determinate dottrine, non ci capiremo mai. Sarà una lotta contro i mulini a vento.

Dissento senza provare? Cosa vuol dire che Origene ritenesse il Logos subalterno al Padre?

Cosa significa "che Dio genera il Logos con la sua stessa natura divina".?

Cosa significa ""secondo Dio" il quale, per il fatto di conoscere il Padre, insegna questa conoscenza agli uomini."?

Il vero problema sta nel fatto che tu in Giov 1:1 vuoi vederci l'uguaglianza del Logos con Dio, mentre Origene dice, più coerentemente, che è generato, subalterno, secondo Dio, ance se della stessa natura. Questo è anche il pensiero di Barnabino.
Tuttavia, sia tu che lui, vi rifiutate di valutare il fatto che entrambe le versioni non sono in linea con gli scritti veterotestamentari.
Teo poi procede a fare esattamente quello che si aspettava Filone con l'introduzione del suo metodo, mediato dai greci, per far dire agli scritti sacri ciò che non dicono.

Per cui non mi pare di dissentire senza giustificare.
Justee
00venerdì 11 febbraio 2005 16:02
Re: Re:

Scritto da: Chi.dove.quando 11/02/2005 15.40


Il vero problema sta nel fatto che tu in Giov 1:1 vuoi vederci l'uguaglianza del Logos con Dio, mentre Origene dice, più coerentemente, che è generato, subalterno, secondo Dio, ance se della stessa natura. Questo è anche il pensiero di Barnabino.
Tuttavia, sia tu che lui, vi rifiutate di valutare il fatto che entrambe le versioni non sono in linea con gli scritti veterotestamentari.



Caro Chi , vorrei capire un'attimo , se leggi Origene e le sue valutazioni alla Genesi trovi un'ulteriore spiegazione alla relazione tra Dio e Cristo , che non è un problema perchè se Vuoi la trinità la si continua a spiegarla senza però dire cosa sia
L'ideale è descrivere o scrivere cosa è La Trinità


Justee
00venerdì 11 febbraio 2005 16:06
Re:

Scritto da: barnabino 27/01/2005 18.40


Inoltre nessuno insegna che ho logos è "un dio minore", non l'ho mai visto scritto o spiegato in nessuna pubblicazione dei testimoni di Geova. Mi fai vedere dove?



Scusa barnabino ma cosa è Cristo secondo il credo dei tdg
puoi spiegarcelo aprendo un 3d
Grazie

Ciao fdetr



Teo60
00venerdì 11 febbraio 2005 16:28
Re: Re:

Scritto da: Chi.dove.quando 11/02/2005 15.40

Teo poi procede a fare esattamente quello che si aspettava Filone con l'introduzione del suo metodo, mediato dai greci, per far dire agli scritti sacri ciò che non dicono.

Per cui non mi pare di dissentire senza giustificare.



Caro Chi, io ho soltanto fatto un parallelismo tra le scritture ebraiche che parlano di sapienza preesistente in Dio e del suo percorso e i brani di Giovanni che parlano di Cristo Logos e del suo percorso; non ho fatto commenti nè interpretato le scritture, perchè mi dici che faccio dire ai testi quello che non dicono? Citare versetti biblici è sbagliato?
Veramente non capisco, cmq, accetto la tua critica e la terrò buona per la prossima volta.
Ciao
Matteo

[Modificato da Teo60 11/02/2005 16.31]

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