Per Eupeptico
“Tu hai detto che l'anima non è immortale per sua stessa natura. Poi hai aggiunto che è Dio a renderla tale e che Dio può quindi anche distruggerla, essendo onnipotente.
Siccome l'anima non è immortale per sua stessa natura, io vorrei chiederti quando la mia anima diviene tale.”
Ti ho già risposto. Dio tiene nell’essere tutto l’universo, non solo l’anima. L’unico eterno è lui. L’anima è immortale sin da quando è creata ma non perché sia immortale in sé e per sé bensì perché lo vuole Dio. Comunque questa è la mia opinione, per molti teologi l’anima è per natura immortale così come un triangolo ha nella sua essenza di avere tre lati.
“Non hai risposto alla domanda.”
Io continuo a credere di averlo fatto. Gesù ha insegnato a quella gente quello che poteva insegnargli. Ho la pretesa che oltre a quel dato di base che permane vero la filosofia abbia aggiunto altro e positivo.
“Ho voglia. Grazie.”
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Per barnabino
“Non rentro in polemiche su cui in passato hai già preso una sonora lezione”
Temo di non ricordare, perché se l’ho presa io l’ha fatto qualunque manuale di storia del giudaismo dove si dice che il canone fu stabilito dopo la distruzione di Gerusalemme e che esso rappresenta il parere di una sette sopravvissute.
“io mi riferisco semplicemente a quelli che siamo sicuri che essi usarono”
Hai scambiato Gesù per un luterano nel XIX secolo intento a scrivere pamphlet anticlericali? Libri da usare? Che linguaggio da Sola Scriptura! Gesù ricava la sua dottrina non solo dalla Bibbia ma anche dal Padre suo, mente a mente, decisamente il Sola Scriptura non era un suo problema. I libri che fossimo sicuri usassero, se con ciò intendi quelli citati, racchiudono perciò anche un apocrifo mentre non contengono alcuni proto-canonici.
”non risulta infatti che facessero riferimento alla tradizione farisai”
Non mi dire. Simili constatazioni fanno comprendere che sei del tutto all’oscuro dei rapporti tra tradizione rabbinica e cristianesimo, ma del resto perché mai alla WTS ne dovrebbero parlare? Il prof. Paolo Sacchi ha scritto giustamente in proposito: “II Vermes ha dimostrato che molte massime talmudiche erano più antiche del tempo di Gesù e che il loro impiego deve essere considerato indipendente nelle varie fonti: erano patrimonio comune della spiritualità ebraica (Jewish Literature and the New Testament Exegesis: Reflexions on Methodology, in «Journal of Jewish Studies» 33, 1982, 361-37
” E conclude il suo bell’articolo conclude così: “I segmenti del pensiero cristiano, se presi uno per uno,
sono tutti rintracciabili più o meno simili, quando non addirittura uguali, nelle varie sette giudaiche del tempo. Uguaglianza di segmenti non significa però uguaglianza di strutture; il che è ovvio e non riguarda solo il cristianesimo.”
www.christianismus.it/modules.php?name=News&file=article&sid=... www.christianismus.it/modules.php?name=News&file=article&sid=5...
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“Poichè su qusta questione non esisteva affatto una visione unitaria, condivisa e diffusa ma piuttosto opinioni frammentarie spesso oggetto di disputa tra i rabbini non possiamo invocare nessun paradigma preferenziale che non sia quello più diffuso del concetto veterotestamentario di anima.”
Bene siamo al delirio dell’idolatria della lettera. Qui non si tratta di paradigmi preferenziali ma del fatto che i farisei, con lo stesso AT che hai in mano tu, riuscivano e riescono tutt’ora a leggerci una continuità dell’anima dopo la morte. Certo, in base alla loro Tradizione che gli dice come interpretare certi passi, ma questo avviene anche con noi cristiani che leggiamo l’AT con la chiave che ci ha dato Gesù. Inoltre non si tratta di opinioni frammentarie, il fariseismo era la setta più seguita dal popolo. Scrive Giuseppe Ricciotti citando Flavio: “E’ superfluo dire che agli occhi dei farisei, agli occhi dei farisei, poteva essere “tanghero” e “popolo della terra” anche un Giudeo aristocratico e facoltoso, o un membro dell’alto sacerdozio: il criterio per giudicarlo e la pratica e la conoscenza della Legge secondo i principii farisei, e l’appartenza all’eletta casta dei “separati. Solo raramente a siffatto disprezzo di casta si rispondeva da parte degli estranei col disprezzo e l’ostilità. Il popolino, specialmente nelle città e soprattutto le donne, stavano cordialmente per i farisei,
tanta potenza hanno sulla folla, che pure se dicano alcunché contro il re o contro il sommo sacerdote sono immediatamente creduti (Antichità Giudaiche, XIII, 22
, Siffatta base democratica era la vera forza di questi aristocratici dottrinali”. (Giuseppe Ricciotti, Vita di Gesù Cristo, Cles (TN), 2003, Oscar saggi Mondadori, pag. 47)
AL contrario gli ani immortalisti, cioè i sadducei che si attenevano solo al Pentateuco, erano i più odiati in quanto collaborazionisti col potere romano e non avevano alcun appoggio popolare. Paradossalmente invece di invocare un’univocità di lettura anti-immortalista dell’AT che non esisteva, da cui Gesù a tuo dire se si fosse staccato avrebbe dovuto specificarlo, è più probabile che al contrario avrebbe dovuto dire esplicitamente alla folla che lui non era immortalista onde evitare di essere frainteso, visto che il popolo seguiva gli immortalisti farisei.
Inoltre, come già detto, anche se seguissi la tua ipotesi, ossia che Gesù avrebbe dovuto specificare una cosa simile, il mio problema non è certo trovare tale dichiarazione nel Nuovo Testamento. Questo è un criterio da Sola Scriptura e dunque totalmente astorico, buono solo per una setta protestante, in quanto il Nuovo Testamentento nel I secolo non esisteva e se questa dichiarazione Gesù l’ha fatta allora l’ha eseguita a voce, va dunque cercata in quello che è il parere dei Padri apostolici sull’anima. Il Nuovo Testamento è solo il surrogato della Traditio orale, e dire esplicitamente se si creda o meno all’immortalità dell’anima non è una cosa che venga affrontata in un secondo momento ma nel primo impatto della predicazione. Non ci si può aspettare di trovare in tale libro una dichiarazione tanto basilare, si possono trovare invece delle allusioni o dei testi che si riferiscono
en passant a questa dottrina già conosciuta dalla comunità cui si scrive tramite la predicazione orale. In questo senso possono essere introdotte senza spiegazione parolabole come quella del ricco Epulone, parole come quelle di San Paolo che dice di voler partire per dimorare presso il Signore, le anime dei martiri nell’Apocalisse, ecc.
Come dicevo non esiste un’unica lettura sul tema dell’anima nell’AT, non esiste oggi e non vedo come tu possa attribuirla a Gesù visto che i farisei cui Gesù era molto più vicino che ai sadducei leggevano appunto tutta la serie di passi sugli spettri nello scheol come testimonianze di uno confuso stato di sopravvivenza di qualcosa nell’oltretomba.
“Ti ripeto che il DENT ed il DCBNT sono entrambi concordi nel ritenere che seppure in certi circoli giudaici il concetto di psychè aveva subito le inflenze dell'ellenismo, gli scrittori del NT rimasero ancorati al concetto di nephesh che conoscevano dall'AT.”
Come già detto quello che tu credi di leggere è per me irrilevante, perché la WTS fa a tal punto il lavaggio del cervello su questo punto che la capacità di cogliere le sfumature dei TdG diviene x che tende a zero. Ma qui il problema non è neppure questo, perché chiunque sa che, da quando sono tornati in auge gli studi sull’antropologia ebraica, c’è stata una spinta in senso opposto a quella precedente: prima erano tutti immortalisti, poi s’è confuso l’immortalismo col platonismo e nel tentativo di decostruire il dualismo del secondo, che non appartiene alla Bibbia, s’è attaccato anche il primo, infatti l’immortalismo rettamente concepito non è dualista ma duale. Questo è l’equivoco su cui giocano i TdG di solito. Tutti ormai dicono che a livello filologico non si può vedere le “anime”(nefesh) dell’ebraismo arcaico come parti spirituali dell’uomo (nefesh vuol dire persona), ma da qui s’è passati oltre, considerando cioè quest’antropologia così granitica dal crederla immune a qualsiasi travaso di novità. La WTS continuerà cioè a deliziarsi coi suoi pacchetti di cento citazioni da tre righe ciascuna prese da qualsiasi commentario
anche cattolico dove si dice che nell’ebraismo non c’è dualismo e che la nefesh non è l’anima, e da questo penserà d’aver dimostrato all’ignaro lettore che con ciò s’è buttata anche l’immortalità. Come se occorresse essere dualisti come Platone e Agostino per essere immortalisti, ma Aristotele e S. Tommaso allora chi sarebbero?
Non c’è bisogno di leggere psychè in senso platonico per dire che sia immortale, chi lo dice non ha capito nulla di filosofia o di antropologia e crede erroneamente che dualismo anima-corpo ed immortaliamo si implichino reciprocamente. Qui il problema non è i commentari che citi per nome (e che devo pure avere su CD) senza dare il testo, il problema è che ti manca il lessico base per capire che cosa dicano e quale sia il posto del loro parere all’interno del panorama di posizioni esistente. Come già detto tutti sostengono che l’antropologia del NT
non sia quella greca, eppure gli anti-immortalisti sono pochi. Dire che la maggioranza dei commentari è contro un cambiamento di significato di psychè in toto implicherebbe che la maggior parte dei biblisti cattolici e protestanti (cioè coloro che producono in massima parte i commentari), non credano all’immortalità dell’anima. Il che è manifestamente assurdo perché non c’è stata nessuna apostasia di massa e persino chi ha fatto esplodere la questione con quel suo faziosissimo pamphlet, Oscar Cullmann, rigetta la posizione dei TdG in quanto dice chiaramente che un qualcosa sopravvive, seppure di difficile definizione, e che l’anima in tale posizione seppure ad un livello depauperato dell’esistenza beneficia di una qualche vicinanza col Creatore. Come già detto non avrai nessun problema a trovare commentari che neghino l’antropologia greca dei Vangeli, ma questo non è il punto perché sono gli stessi che contemporaneamente non negano l’immortalità dell’anima.
“Questo è reso evidente proprio dal fatto che nel NT non si fa alcun riferimento a questa o quella tesi e non si tenti alcuna definizione”
Come già detto io vedo notevoli passi in cui il senso nuovo di anima è usato, dal ricco Epulone e il povero Lazzaro a Paolo che vuole partire per essere col Signore. Inoltre come già detto il cercare spiegazioni nel NT è un vostro problema, il NT è il tappabuchi e il puntello del lavoro già fatto dalla predicazione orale.
“Allusioni tanto velate, rare e comunque spiegabili secondo il paradigma tradizionale veterotestamentario da non influenzare minimamente il campo semantico di nephesh.”
E’ chiaro che questi spettri non sono del tutto incoscienti in alcuni passi. Sono esattamente come le anime di Omero e francamente c’è mancato poco che mi convertissi ad una vecchia teoria antropologica che vede il ripresentarsi di modelli uguali in tutte le culture, quando confrontai i passi citati nello scorso post e il libro XI dell’Odissea. Ovviamente siamo ancora ad un livello molto poco evoluto.
“ceversa in tutto il NT il concetto di psychè rimane perfettamente inscrivibile in quello veterotestamentario. Non esiste nessuna evidenza che psychè nel NT sia usato nel senso di questa o quella corrente ebraica.”
Se non è usato nel senso di “questa o quella corrente ebraica”, in che senso è usato? Nel senso dell’AT? Ma esiste un senso dell’Antico Testamento? Tutto ciò è presupposto fondamentalista e ridicolo, l’AT non ha né una teologia né un’escatologia unitaria bensì un’evoluzione su entrambi i fronti, nelle fasi più antiche dell’AT non c’è neppure la credenza della resurrezione entrata in Israele ben dopo Mosè. Inoltre siccome psyché nell’AT non esiste, bensì esiste nella sua traduzione chiamata LXX, io non so proprio come si possa dire che il “concetto di psychè rimane perfettamente inscrivibile in quello veterotestamentario”, forse volevi dire che la psychè nel NT è sovrapponibile alla Nefesh dell’AT, e in gran parte è così ovviamente, ma il NT cita i LXX, cioè la produzione di un giudaismo ellenizzato, e dunque sentivano psychè sia in relazione al bacino del mediterraneo in cui si trovavano sia grazie alla mediazione dei LXX. E qui iniziano i problemi problemi perché come pensare un ebreo di Alessandria madre lingua greco che legge che le psychai attendono e parlano coi re nell’Ade? Capisce subito che c’è qualcosa che sopravvive.
“Ulteriore prova che psychè non venivo usato nei sensi molteplici, controversi e spesso oscuri delle diverse correnti giudaiche del tempo, ma nel suo senso più ovvio e immediato, che era appunto il senso privo di implicazioni filosofiche della tradizione neotestamentaria a cui gli apostoli fanno costante riferimento.”
Continui a sparare perle di un’ingenuità beata. Non esiste un senso ovvio ed immediato e soprattutto non esiste un senso privo di implicazioni filosofiche perché la filosofia altro non è che la speculazione umana, e tutti fanno filosofia, se anche tu avessi voluto dire “priva delle speculazioni filosofiche greche” sarebbe ugualmente falso, perché Paolo conosceva la filosofia greca e la usava, ad esempio nel suo tentativo di dimostrare l’esistenza di Dio usa un’inferenza metafisica ab effectibus tipica del pensiero greco, e non ha problemi a citare poeti e filosofi greci, persino l’inno a Zeus dello scolarca della Stoa, Cleante. Cristo stesso sulla via di Damasco cita a Paolo Meandro! Questo tuo beato mondo che ti hanno messo in testa quelli di Brookyn dove i puri ebrei stanno da una parte e quei cattivi di pagani dall’altra non esiste; l’AT stesso è permetato di influenze dela mitologia del Vicino Oriente Antico di ogni genere, si legga l’ultimo libro di Mario Liverani per un resoconto esaustico. Questa schicchezza protestante della “purezza”, questa etichetta del pagano scambiato per satanico di cui non ci si può contaminare, è una retorica talmente di bassa lega! Paolo parla delle sue sorti, e a mio avviso lo fa in modo ben chiaro, poi è ovvio che leggendo la TNM non si capisce nulla, ma non perché in questi passi abbiano manipolato più del solito, ma proprio perché chiunque l’abbia redatta non sapeva proprio come funzionava la sintassi italiana. Sulla concezione dell’anima in Paolo il grande Ravasi dice: “Alcuni teologi, soprattutto protestanti, pensano che nella morte avvenga una fine totale, così come nella conclusione dell’intera realtà creata: la risurrezione sarebbe, allora, una vera e propria ri-creazione divina, condotta ex novo. Ma in realtà nella visione paolina, esplicitamente modellata sulla resurrezione di Cristo, la cui identità personale permane, si sottolinea una continuità, anche se di difficile descrizione e definizione: l’essere presente, individuale e cosmico, simbolicamente espresso nella corporeità (che è, però, intesa in senso biblico come espressione della realtà personale e universale), sotto l’azione divina viene trasformato in un nuovo statuto di essere e di esistere, immesso nell’eterno e nell’infinito. Tra presente e futuro dell’uomo e del mondo c’è un rapporto di continuità nell’identità individuale, ma anche di discontinuità nella qualità d’essere”(Gianfranco Ravasi, Breve Storia dell’anima, Milano, 2003 Mondadori, pag. 103-104)
E non dimentichiamo che il tuo ragionamento fatto per Gesù dovrebbe valere anche per Paolo. L’apostolo non specifica alcunché per correggere l’immortalismo greco eppure scrive a comunità come Corinto frasi del tipo “esulare dal corpo… quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra” (2Cor 5, 1
Ad maiora