Induismo

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Pagine: 1, [2]
ClintEastwood82
00sabato 9 settembre 2006 22:24

||Non si conosce chiaramente quando e come abbia avuto inizio la venerazione di Vishnu. Nei Veda e per gli Ariani, Vishnu è considerato un dio minore, fortemente associato a Indra. Solo in una fase storica successiva divenne uno dei membri della sacra Trimurti e uno delle più importanti divinità religiose. ||


Gli assetti religiosi mutati nel tempo io non li conosco per ora, ma mi baso su quanto si crede adesso nella maggioranza induista, e non mi pare di leggere che Vishnù sia così inferiore.




||Come cristiano sei tenuto ad accettare come vero ciò che ti dice la Bibbia.Non capisco invece perchè un non-indù dovrebbe credere nella storicità delle storie narrate nella scritture indù. ||


E perchè no, ogni popolo ha avuto la sua mitologia e le vicende di svariati eroi, anche se ciò è stato ricamato anche da favole, non escludo che ci siano molti avvenimenti veri in tali racconti.
Qui non è solo una questione di religione,( ossia se sono indù credo agli avvenimenti degli scritti indù, altrimenti no,) ma di ricerca e approfondimento nelle varie culture e credenze.



||Clint,dimmi:cosa ci può di essere storico nel racconto dell'infanzia di Hanuman? ||
||Dimmi Clint:tale spiegazione puranica è scientificamente valida secondo te? ||


Io parlo in generale della storicità di alcuni avvenimenti, che poi ci siano intrecci con favole o aggiunte è ovvio. Per esempio le battaglie condotte da Rama, possono essere vere per me, ma ci possono essere intrecci fantasiosi; io posso credere che Vishnù si sia incarnato, non ne faccio fatica, ma appunto lo considero un'altra divintà estranea al mio credo, è la stessa Bibbia che parla di altri dèi e altri signori, eroi etc.
Anche la città di Troia era una favola finchè l'archeologia non l'ha messa in luce.








ShivaBhakta
00lunedì 11 settembre 2006 16:53
Re:

Scritto da: ClintEastwood82 09/09/2006 22.24

||Non si conosce chiaramente quando e come abbia avuto inizio la venerazione di Vishnu. Nei Veda e per gli Ariani, Vishnu è considerato un dio minore, fortemente associato a Indra. Solo in una fase storica successiva divenne uno dei membri della sacra Trimurti e uno delle più importanti divinità religiose. ||


Gli assetti religiosi mutati nel tempo io non li conosco per ora, ma mi baso su quanto si crede adesso nella maggioranza induista, e non mi pare di leggere che Vishnù sia così inferiore.




Ti sto solo dicendo che a differenza dei purana vishnuiti (come il Vishnu Purana,Bhagavata Purana,Garuda Purana,Narada Purana ecc) e altre scritture indù come il Ramayana e il Mahabharata,nei Veda Vishnu non è considerato una divinità primaria.

ShivaBhakta
00lunedì 11 settembre 2006 18:03
Re:

Scritto da: ClintEastwood82 09/09/2006 22.24


||Come cristiano sei tenuto ad accettare come vero ciò che ti dice la Bibbia.Non capisco invece perchè un non-indù dovrebbe credere nella storicità delle storie narrate nella scritture indù. ||


E perchè no, ogni popolo ha avuto la sua mitologia e le vicende di svariati eroi, anche se ciò è stato ricamato anche da favole, non escludo che ci siano molti avvenimenti veri in tali racconti.
Qui non è solo una questione di religione,( ossia se sono indù credo agli avvenimenti degli scritti indù, altrimenti no,) ma di ricerca e approfondimento nelle varie culture e credenze.



||Clint,dimmi:cosa ci può di essere storico nel racconto dell'infanzia di Hanuman? ||
||Dimmi Clint:tale spiegazione puranica è scientificamente valida secondo te? ||


Io parlo in generale della storicità di alcuni avvenimenti, che poi ci siano intrecci con favole o aggiunte è ovvio. Per esempio le battaglie condotte da Rama, possono essere vere per me, ma ci possono essere intrecci fantasiosi; io posso credere che Vishnù si sia incarnato, non ne faccio fatica, ma appunto lo considero un'altra divintà estranea al mio credo, è la stessa Bibbia che parla di altri dèi e altri signori, eroi etc.
Anche la città di Troia era una favola finchè l'archeologia non l'ha messa in luce.



Clint,ti chiedo di notare con attenzione le parole che colorerò di colore rosso.

Da web.tiscali.it/isvarait/Books_Libri/Ramayana/Ramayana_ind...


Cenni di carattere storico
Ben più antico del Maha-bharata, il Ramayana fu scritto molti e molti anni fa da un saggio rispettato e venerato: Valmiki Muni. Dapprima Valmiki non era ciò che ai suoi tempi era considerato un ariano - o un uomo rispettato per la sua statura spirituale. Al contrario era un uomo di scarsi principi morali. Ma, per l'intercessione di alcuni santi che ebbe la ventura di incontrare, Valmiki cambiò così profondamente la propria mentalità che divenne uno dei saggi più rispettati dell'epoca. Potenza dei puri devoti, direbbe il poeta stesso.

Il Ramayana è una storia molto antica, tra le più antiche che il mondo ricordi. Quanto antica? Ci sono datazioni diverse che cambiano considerevolmente a seconda dello studioso, ma le stime più attendibili fanno risalire il primo manoscritto, quello originale, a ben prima che la storia occidentale registrasse le prime civiltà. Nei tempi che gli studiosi chiamano preistorici, in India fioriva la più grande ed avanzata civiltà mai esistita.

Valmiki scrisse il suo poema quasi interamente in contemporanea allo svolgersi della vicenda stessa, e poi lo rese pubblico grazie ai suoi discepoli, che andarono a recitarlo ovunque, cantando e accompagnandosi con strumenti musicali.

Cenni di carattere geografico

Ayodhya si trova nello stato dell'Uttara Pradesh, nel nord dell'India, non lontana dal grosso centro commerciale di Lucknow. E’ una città grande e prospera, molto bella. Ad Ayodhya i devoti di Rama sono praticamente il cento per cento della popolazione, ed esistono ancora numerosissimi luoghi che commemorano il regno di Rama (rama-rajya).

L'eremo di Valmiki esiste ancora, ed è un luogo di pellegrinaggio molto frequentato. Non è lontano dalla odierna Allahabad, appena attraversato il Gange.
Citrakuta è una bellissima collina non lontana dall'eremo di Valmiki, ma più a sud.
Dandaka è una gigantesca foresta che tempo fa si estendeva per un territorio così ampio che oggi toccherebbe almeno quattro stati dell'India: il Madhya Pradesh, il Rajasthan, il Gujarat e il Maharastra.
Panchavati si trova nel Maharastra, non lontana da Bombay. Nel luogo dove Lakshmana ferì Surpanakha oggi sorge la città di Nasik.
La città di Kiskindha e la foresta dove Sugriva si era nascosto, con ogni probabilità si trova tra i confini degli stati dell'Andhra Pradesh e del Karnataka.
Il ponte che Rama e i Vanara costruirono si può vedere ancora oggi presso Ramesvaram, nello stato del Tamil Nadu. E ovviamente Lanka esiste ancora: è l'isola che fino a poco tempo fa veniva chiamata l'isola di Ceylon e che oggi è stata ribattezzata col suo nome originale, Sri Lanka.
Questi sono i luoghi principali che incontrerete nel corso della lettura.




[...]


Ramayana allegoria o fatto storico?
Non sono pochi coloro che tentano di descrivere il Ramayana come un'opera allegorica, svuotandola così del suo valore storico. Molti dicono che il Ramayana è in realtà una descrizione poetica del progresso della cultura aryana nel suo stabilirsi nel sub-continente indiano. Questa ed altre sono teorie suggestive, ma allo stesso tempo sono una negazione della realtà storica, filosofica e teologica.

Il Ramayana ci riporta una storia realmente accaduta: Rama, Sita, Hanuman, Ravana e tutti gli altri personaggi che compongono il vasto orizzonte del poema sono realmente esistiti. Le sue basi storiche e la sua antichità sono state più che provate. Basterebbe un semplice viaggio ad Ayodhya, giù lungo tutto il tragitto che Rama fece fino alla suggestiva Ramesvaram per fugare ogni dubbio. Il Ramayana, i suoi personaggi e i fatti narrati sono una realtà storica.

Per fugare alcune perplessità
Sono perfettamente cosciente che, quando affermo la storicità del Ramayana, suscito non poche perplessità nella mente dei lettori. Ci sono, nella narrativa, numerosi spunti che danno da pensare ad affascinanti mitologie e nulla di più. Eppure il Ramayana rimane un fatto storico.

Non c'è da stupirsi per le narrazioni dei meravigliosi poteri occulti dimostrati da certi saggi. Ancora oggi in India molti asceti compiono atti davanti ai quali la nostra scienza abbassa la testa, strabiliata e incapace di dare spiegazioni razionali.

E neanche dobbiamo stupirci di fronte alle descrizioni del potere di certe armi a noi oggi sconosciute. Fino a pochi decenni fa la bomba atomica non era stata ancora scoperta, ma l'energia atomica era nondimeno esistente.

Quello del Ramayana era un altro momento storico, con una cultura completamente diversa dalla nostra. Le capacità dell'uomo erano coltivate con attenzione, così da sviluppare poteri che a noi sembrano impossibili. Si era in Treta-vuga, in un'era di grande progresso umano. Non sorprendiamoci davanti al meraviglioso. Tutto ciò che a noi oggi sembra improbabile domani potrebbe diventare una realtà inoppugnabile.

E le capacità guerriere di alcuni, come sono descritte nel Ramayana? Sono esagerazioni nate dalla mente fertile dei poeti di quei tempi, o c'è una verità in tutto ciò? Molti elementi ci fanno sospettare fortemente che quelle descrizioni corrispondessero alla verità. Quanti di noi sono rimasti allibiti di fronte alle capacità nel combattimento di coloro che coltivano certe arti marziali orientali?

E chi erano realmente i Rakshasa? Il Ramayana afferma che erano una razza di persone di molto superiori agli uomini in forza e capacità. Una razza sovrumana, dunque. Alcuni studiosi sostengono che si tratta di popolazioni non-ariane, tribù primitive che col tempo furono vinte dagli antichi guerrieri indiani. Sostengono la tesi che fossero selvaggi. Ma la civiltà, la bellezza artistica e architettonica, nonchè la prosperità che troviamo a Lanka può essere ben comparata a quella che troviamo ad Ayodhya, se non in certi versi addirittura superarla. E Ravana adorava gli dei ariani Shiva e Brahma e seguiva gli stessi riti delle popolazioni cosiddette civilizzate. Nel Ramayana è persino riportato il dettaglio di Ravana che si inchina e mostra rispetto alla mucca Surabhi. Quindi i Rakshasa non erano barbari. E se fossero proprio ciò che il poeta dice?

Chi sono i Vanara? Gli stessi studiosi affermano che fossero aborigeni del Deccan, altri addirittura dicono che sono l'anello mancante della catena darwiniana. Che non fossero stati semplici scimmie è abbastanza evidente. Avevano i loro regni, le loro devozioni e le loro regole morali. Erano popolazioni altamente civilizzate.

Noi suggeriamo di trovare le risposte a questi e ad altri quesiti che sorgeranno nel corso della lettura nel Ramayana stesso. Non è una favola, nè un'allegoria, nè un racconto mitologico.E un libro storico che racconta una bellissima avventura realmente accaduta.



Data l'antichità del Ramayana,ci sono stati dei versi successivamenti aggiunti all'opera così manipolata.Alcune storie si contraddicono fra di loro.
Comunque gli storici hanno fatto molti sforzi allo scopo di capire qual è il testo originale,verificando vari manoscritti disponibili da varie parti dell'India,cercando così di stabilire e salvare l'opera in questione da ulteriori contraddizioni.

Ho scritto:alcune storie si contraddiconoi fra di loro.

Un esempio riguarda il malvagio Ravana,il quale era l'essere più degenerato,malvagio,spietato,crudele,abominevole,maniaco ed odiato nelle scritture indù.
Ti ho già parlato altrove di Ravana e della sua uccisione da parte di Rama



Ora ti mostrerò una contraddizione presente nel Ramayana.
Da quel riassunto copio una parte della sezione YUDDHA KANDA del Ramayana.Allo scopo di farti comprendere il contesto copio anche parti non necessaria alla mia spiegazione.Colorerò di rosso quello che intendo farti notare.Sappi che Sita era la bellissima consorte di Rama,la quale era stata rapita da Ravana.

67
I Rakshasa a consiglio

Rama sembrava tornato a nuova vita. Quando ebbe ascoltato di nuovo tutta la storia dalle labbra di Hanuman, sentì che qualcosa era rinato nel suo cuore, come accade quando si ritrova una persona che è essenziale alla propria esistenza. Abbracciò il suo fedele devoto e lo ringraziò calorosamente. Tennero poi un consiglio militare e ascoltarono la descrizione delle forze difensive dei nemici. Rama e Sugriva dettero disposizioni per l'immediata partenza. Mentre si preparavano, i Vanara manifestavano la loro gioia e il loro ardore guerriero.
Nel frattempo, a Lanka, Ravana era preoccupato. Aveva visto cosa era stato in grado di fare Hanuman, e da solo. Sebbene la sua potenza personale e quella del suo esercito desse ampie garanzie, in cuor suo si sentiva preoccupato. Qualcosa di tutta quella storia lo angosciava. Non era come le altre battaglie che aveva intrapreso. C'era qualcosa di diverso che sfuggiva al suo controllo e alla sua comprensione. Chiamò a consiglio tutti i generali e i principali ministri.

I Rakshasa lo videro preoccupato come mai lo avevano visto prima di battaglie che si erano prospettate ben più impegnative di quella. Secondo loro non si trattava, in fondo, che di due uomini e di un branco di scimmie. Cercarono di rincuorarlo.

“Non ti vediamo sereno e fiducioso come sempre prima di un confronto,” disse Prahasta. “Forse le minacce di quella scimmia ti hanno intimorito? Ma di cosa ti preoccupi? Non ne hai ragione alcuna. Hai dimenticato la tua potenza militare e la nostra? Come puoi preoccuparti di due uomini e di qualche scimmia quando hai sconfitto i più grandi Deva dell'universo? Nessuno può sconfiggere noi quando siamo uniti sul campo di battaglia, e se anche ciò accadesse nessuno può sconfiggere te quando, sul tuo carro Pushpaka, ti scagli tra le file degli eserciti nemici. Maestà, tranquillizzati, possiamo distruggere qualsiasi nemico. Se quella scimmia tornerà con i suoi compagni e con Rama e Lakshmana, daremo loro battaglia e li stermineremo.”

Prahasta e gli altri rassicurarono Ravana e gli infusero coraggio. Ma il virtuoso Vibhisana non era d'accordo su quelle scene di cieco fanatismo.

“Cosa state dicendo voi tutti? Ravana, non ascoltare consigli insensati. Non hai visto quanti cattivi presagi sorgono ogni momento intorno a te e a Lanka? Questi presagi annunciano la tua sconfitta. Hai già dimenticato quello che ha saputo fare a Lanka quella che loro chiamano una semplice scimmia? Cosa hanno potuto fare i tuoi valorosi generali per impedire quello scempio? E Rama e Lakshmana sarebbero due piccoli uomini? E il massacro di quattordicimila potenti guerrieri? Anche quello dimenticato?

“La maniera migliore per fronteggiare un pericolo non è quello di sminuirne l'entità, ma semmai il contrario. Io sono sicuro che da una battaglia del genere usciremmo sconfitti e le nostre donne piangerebbero i loro morti. Ci aspetterebbero giorni di lutti.

“Sii saggio, fratello: restituisci Sita a Rama e salva così la tua vita e quella di milioni di persone che ti sono fedeli.”

Un brusio di disapprovazione accompagnò le ultime parole di Vibhisana. Ravana non avrebbe voluto ascoltare quelle cose e l'entusiasmo che gli avevano suscitato gli incoraggiamenti dei suoi generali si spense. Si alzò di scatto e si ritirò nei suoi appartamenti privati. Passò una notte insonne.





68
Altri consigli

Il giorno dopo, quando Ravana si ripresentò nella sala del consiglio, tra la generale disapprovazione Vibhisana tentò ancora di riportare Ravana alla ragione, ma Ravana si sentiva troppo attratto a Sita e non poté accettare le cose come realmente erano. Ignorò completamente Vibhisana e lo interruppe, rivolgendosi a Prahasta.

“Ho preso la mia decisione. Non rinuncerò a Sita. Io non posso dimostrare paura davanti a un nemico così inconsistente. Io sono l'invincibile Ravana e mai ho conosciuto l'onta della sconfitta. Rama e il suo esercito di scimmie non mi fanno paura. Li combatteremo e li distruggeremo. Disponi quindi le nostre truppe in difesa della città e falle preparare alla guerra.”

Tutti gridarono dalla gioia e festeggiarono la decisione del loro re. In quel momento un rumore assordante fermò la discussione. Una guardia avvertì Ravana che il suo fratello più giovane Kumbhakarna si era appena svegliato da un lungo sonno e stava arrivando.

Kumbhakarna era il più forte Rakshasa che fosse mai esistito. Era gigantesco e il solo pensare a lui incuteva terrore. Quando entrò tutti lo salutarono rispettosamente. Rama lo informò degli ultimi avvenimenti. Kumbhakarna non sembrò condividere l'atto del rapimento di Sita, tuttavia lo rassicurò che in caso di guerra gli avrebbe dato il suo appoggio. Ravana pensò che se Kumbhakarna avesse combattuto la vittoria sarebbe stata certa.





69
Perché non la prendi con la forza?

Mahaparsva, uno dei più famosi tra i generali, intervenne.

“Perché, visto che sei tanto attratto a quella donna, non la prendi con la forza? In fin dei conti sei il re qui, e tutto ciò che si trova su questo territorio è tuo di diritto.”

Vibhisana ebbe un tremito di rabbia al vile suggerimento. Ravana sembrò riflettere per un po’.

“Sì, è giusto che lo sappiate,” disse poi. “C'è una cosa che ho tenuta segreta per tanto tempo e che ora voglio raccontarvi. Non posso prendere una donna contro la sua volontà, altrimenti morirei. Un giorno violentai un'Apsara di nome Punjikasthala che corse da Brahma chiedendo vendetta. Allora Brahma s'infuriò e mi maledisse:

“Ravana, se ancora prenderai una donna contro la sua volontà, le tue teste esploderanno in cento pezzi.”

“Cari amici, è solo per questa ragione che non ho ancora preso Sita con la forza. Se non avessi sopra di me quella terribile maledizione avrei già soddisfatto il più caro dei miei desideri.”



Nota che le apsara sono delle bellissime fanciulle che la mitologiù indù vuole come abitanti dei pianeti celesti.

Ora ti copio una parte dall'ultima sezione del Ramayana,cioè l'UTTARA KANDA


Agitato, il re dei Rakshasa non riusciva a dormire e passeggiò per la foresta. E vide una stupenda Apsara, Rambha, e non riuscì a controllare il desiderio sessuale. La chiamò.

“O bellissima fanciulla, dove stai andando a quest'ora di notte? Chi sei? La tua bellezza ha risvegliato in me il desiderio sessuale.”

“Mi chiamo Rambha,” rispose la fanciulla, “e sono un'Apsara. Sto andando da Nalakuvera, tuo nipote, il figlio di Kuvera. Come sai, le Apsara non hanno marito e quindi non avrei difficoltà a soddisfare i tuoi desideri, ma sono stata chiamata da Nalakuvera e in questo momento sono considerata sua moglie. Quindi ora non posso soddisfarti.”

“Ravana guardò ancora quella stupenda fanciulla, che sembrava la bellezza personificata. Era di una dolcezza indicibile: non poteva rinunciare a lei. Insistentemente le chiese di giacere con lui, ma lei rifiutò, impaurita dalla prospettiva della maledizione del saggio.

“No,” lo pregò Rambha, “il padre di colui che ora considero mio marito è tuo fratello, perciò tu sei come un padre per me. Non posso giacere con mio padre. E non è propizio neanche per te.”

“Ma a nulla valsero le parole e le preghiere di Rambha: Ravana non riusciva a controllare il desiderio e la prese con la forza. Quando ebbe soddisfatto i suoi sensi, Ravana la lasciò andare. Spaventata, lei corse da Nalakuvera e gli raccontò tutto. Il saggio perse la calma e pronunciò una maledizione:

“Se Ravana prenderà ancora una donna non consenziente, le sue teste si spezzeranno in sette parti.”

“Venuto a conoscenza della maledizione, da quel giorno Ravana non tentò più di violentare nessuna donna. Solo per questo egli non tentò mai di prendere Sita con la forza.




Clint,come tu stesso avrai potuto notare tali storie si contraddicono e non è possobile pensare che Ravana abbia potuto ricevere entrambe le maledizioni.Dopo aver cercato di violentare una donna non sarebbe sopravvissuto per poter ricevere una successiva maledizione.

Cordiali saluti.






ClintEastwood82
00mercoledì 13 settembre 2006 13:27

||Clint,come tu stesso avrai potuto notare tali storie si contraddicono e non è possobile pensare che Ravana abbia potuto ricevere entrambe le maledizioni.Dopo aver cercato di violentare una donna non sarebbe sopravvissuto per poter ricevere una successiva maledizione.||


Ho letto..,come già detto sopra, non sto dicendo che tutto ricalchi pura verità, sto dicendo che in tali racconti magari ci sono fondi di verità, oppure che una tra le tante storie è quella più vicina a come sono accaduti i fatti, mentre le altre sono state trasformate nel corso del tempo, questo non si sa, quello che voglio dire è che un avvenimento oltre il normale, di per sè non mi riesce difficile crederlo, ovviamente come sia avvenuta una tal storia con certezza questo non lo si può sapere, salvo che non lo sappia con certezza qualche guru a
cui è stato rivelato soprannaturalmente.
Tutto questo non riguarda ovviamente solo il ramayana, in quanto anche varie storie su Ganesha per esempio, presentano differenze.


Poi come tu scrivi gli storici fanno la loro parte:


||Comunque gli storici hanno fatto molti sforzi allo scopo di capire qual è il testo originale,verificando vari manoscritti disponibili da varie parti dell'India,cercando così di stabilire e salvare l'opera in questione da ulteriori contraddizioni. ||

ShivaBhakta
00mercoledì 13 settembre 2006 16:24
Re:

Scritto da: ClintEastwood82 13/09/2006 13.27
Tutto questo non riguarda ovviamente solo il ramayana, in quanto anche varie storie su Ganesha per esempio, presentano differenze.

||




Da un'ottica induista il discorso su Ganesha è del tutto normale.Se hai letto attentamente tutto questo thread fin dall'inizio saprai che nella religione indù l'universo ha un'esistenza ciclica:creazione,distruzione,creazione ecc.
La creazione di Ganesha avviene diversamente in diverse epoche.


[Modificato da ShivaBhakta 13/09/2006 19.08]

ClintEastwood82
00sabato 16 settembre 2006 16:09

Da un'ottica induista il discorso su Ganesha è del tutto normale.Se hai letto attentamente tutto questo thread fin dall'inizio saprai che nella religione indù l'universo ha un'esistenza ciclica:creazione,distruzione,creazione ecc.
La creazione di Ganesha avviene diversamente in diverse epoche.



Non parlo solo della sua nascita, ma anche di alcuni racconti che riguardano la sua zanna spezzata.
Prendo da wikipedia per fare brevi esempi:




Come si ruppe la zanna di Ga?esa?
Ci sono vari aneddoti che spiegano come Ga?esa si spezzò una zanna.


Ga?esa scriba
La prima parte del poema epico del Mahabharata dichiara che il saggio Vyasa chiese a Ga?esa di trascrivere il poema sotto la sua dettatura; Ga?esa acconsentì, ma solo alla condizione che Vyasa avrebbe dovuto recitare il poema ininterrottamente, senza alcuna pausa. Il saggio, allora, pose a propria volta una ulteriore condizione: Ga?esa avrebbe non solo dovuto scrivere, ma comprendere tutto ciò che udiva ancor prima di scriverlo. In questo modo Vyasa avrebbe potuto riprendersi un poco dal suo continuo parlare, semplicemente recitando un verso difficile da capire. La dettatura cominciò, ma nella foga della scrittura il pennino di Ga?esa si ruppe, così egli si spezzò una zanna e la usò come penna affinché la trascrizione potesse andare avanti senza interruzioni, così da permettergli di mantenere la parola data [2].


Ga?esa e Parashurama
Un giorno Parashurama, un avatar di Vi??u, si recò a fare visita a Siva, ma lungo la strada fu bloccato da Ga?esa. Parashurama si scagliò contro di lui con la sua ascia, e Ga?esa (sapendo che quell’ascia gli era stata donata da Siva) acconsentì a farsi colpire, perdendo così una zanna che fu tagliata.


Ga?esa e la Luna
Ga?esa mentre cavalca il topo. Si notino i fiori offerti dai devoti. Scultura del tempio Vaidyeshvara a Talakkadu, Karnataka (India).Si racconta che un giorno Ga?esa, dopo ricevuto da moltissimi adoratori una gran quantità di dolci (Modak), per digerire meglio quell'impressionante mole di cibo, decise di fare una passeggiata; salì sul topo che utilizza come veicolo e partì. Era una notte magnifica e la Luna splendeva. All’improvviso spuntò un serpente che spaventò a morte il topo, il quale sussultando fece cadere il suo cavaliere. Il grosso stomaco di Ga?esa venne schiacciato e, troppo pieno, scoppiò; tutti i dolci che aveva mangiato si sparsero attorno a lui. Tuttavia, egli era troppo intelligente per prendersela a causa di questo incidente, per cui senza perdere tempo in inutili lamentele, si preoccupò soltanto di risolvere al meglio la situazione: prese il serpente che aveva causato l’incidente e lo utilizzò come cintura per tenere chiuso il suo addome e bendare la ferita; e, soddisfatto, salì nuovamente sul topo e riprese il suo giro. Chandra, il deva della Luna, nel vedere la buffa scena scoppiò a ridere e si prese gioco di Ga?esa; questi allora ritenne giusto punire il deva per la sua arroganza, quindi si spezzò una zanna e la lanciò contro la Luna spaccandone a metà il viso luminoso. Egli la maledisse, decretando che chiunque l'avesse guardata sarebbe stato perseguitato dalla sfortuna. Chandra, rendendosi conto del proprio errore, chiese perdono e pregò Ga?esa di ritirare la maledizione; ma una maledizione non può essere revocata, soltanto attenuata, così Ga?esa condannò la Luna a crescere e calare in intensità secondo cicli di 15 giorni, e stabilì che chiunque l’avesse guardata durante la festività di Vinayaka Chaturthi sarebbe stato colpito dalla sfortuna. Così, in certi momenti la luce della Luna si sarebbe spenta, per poi ricominciare poco a poco ad apparire; ma la sua faccia sarebbe rimasta intera soltanto per un brevissimo periodo di tempo, perché poi si sarebbe nuovamente “spaccata” fino a scomparire.



Se non sbaglio, ricollegando a quanto hai detto tu sull'esistenza ciclica, anche questi episodi potrebbero far parte di diverse esistenze di Ganesha,da un 'ottica induista ovviamente, o sbaglio?

ShivaBhakta
00lunedì 18 settembre 2006 15:53

Se non sbaglio, ricollegando a quanto hai detto tu sull'esistenza ciclica, anche questi episodi potrebbero far parte di diverse esistenze di Ganesha,da un 'ottica induista ovviamente, o sbaglio?



Non sbagli.Per quanto riguarda l'ultimo racconto (la zanna tirata alla luna) quella sicuramente è mitologia e non un fatto veramente accaduto!!
ShivaBhakta
00lunedì 18 settembre 2006 19:01
Re:

Scritto da: ClintEastwood82 17/08/2006 10.41
Non so gli induisti, ma nel cristianesimo , Gesù non è un semplice simbolo, ma oltre che Signore è anche fratello e compagno del cristiano, pronto ad aiutarlo se si ha fede in Lui.



Non mi va di approfondire tale questione:cioè se nell'Induismo Dio oltre che Signore è anche amico del Suo devoto.Ti lascio dei versi tratti da scritture indù e da santi indù affinchè tu possa giudicare da solo.Nota che Siva è lo stesso di scrivere Shiva.

Peritura è la materiale.Immortale,imperituro è il Signore,che, [essendo]l'Uno,controlla il perituro e anche l'anima.Meditando su Lui,unendosi con Lui,diventando sempre più come Lui,uno è liberato all'ultimo dall'illusione del mondo.
Krishna Yajur Veda, Shvetashvatara Upanishad 1.10. ve, 762

O Dio di misericordia,che compie la danza di illimitata felicità nel palazzo di inconcepibile intelligenza!Il Rig e gli altri Veda tuonano innanzi in parole,annunciandoci che tutti sono Tuoi schiavi,tutte le cose appartengono a Te,tutte le azioni sono Tue,che Tu pervadi ovunque,che questa è la Tua natura.Tale è l'insegnamento di quelli che,nonostante non parlano mai,tuttavia hanno rotto il silenzio per amor nostro. Karunakara Kadavul 6.3. pt, 33

Lui che è senza inizio e senza fine,nel mezzo della confusione, il Creatore di tutto,di molteplice forma,l'Uno abbracciatore dell'universo-conoscendo Dio,uno è liberato da tutte le catene.Krishna Yajur Veda, Shvetashvatara Upanishad 5.13. UPH, 407

Quando un uomo conosce Dio,lui è libero:i suoi dispiaceri hanno fine,e nascita e morte non ci sono più.Quando nell'intima unione lui è oltre il mondo del corpo,allora il terzo mondo,il mondo dello Spirito,è trovato,dove il potere del Tutto è,e l'uomo ha tutto -- perchè lui è uno con l'Uno.Krishna Yajur Veda, Shvetashvatara Upanishad 1.11. UPM, 86

Veneriamo Lui,l'Uno di pura forma,la nuvola che,emettendo una pioggia di impensabile gioia,sazia i cuori e gli occhi dei suoi seguaci,come se milioni di nuvole di pioggia fossero piovute, il soggiorno del Grande Silenzio,chiamato con molti nomi,descritto da molte religioni,l'incarnazione di ineffabili gradi di felicità spirituale.Tayumanavar 1.2. PT, 14

O Dio di misericordia,che compie la danza di illimitata felicità nel palazzo di inconcepibile intelligenza!Oh Tu Precettore che sei chiamato Nilakantha!Oh Tu Precettore di saggezza che sei della forma di Vishnu!Oh Tu Precettore che sei della forma di Brahma con quattro teste,l'autore dei Veda!O Tu che compi i doveri di un Precettore in tutte le religioni!Oh Tu che come Precettore illumini in amore quei seguaci che hanno implorato Te di non abbandonarli.Tayumanavar 6.5. PT, 34

Infondi in noi una sana mente felice,con buona volontà e comprensione.Poi noi ci delizieremo sempre nella Tua amicizia come mucche che con piacere gioiscono nel verde dei prati.Questo è il mio gioioso messaggio.Rig Veda 10.25.1. VE, 302

Lui è il mai creato Creatore di tutto:Lui sa tutto.Lui è pura coscienza,il creatore del tempo,onnipotente,onnisciente.Lui è il Signore dell'anima e della natura e delle tre condizioni della natura.Da Lui viene la trasmigrazione della vita e la liberazione,la schiavitù nel tempo e la libertà nell'eternità.Krishna Yajur Veda, Shvetashvatara Upanishad 6.16. UPM, 96

Tutto questo universo è nella gloria di Dio,di Siva,il Dio dell'amore.Le teste e le facce degli uomini sono Sue,e Lui è nel cuore di tutti.Krishna Yajur Veda, Shvetashvatara Upanishad 3.11. UPM, 90


Lui è il Dio di forme infinite,nella cui gloria tutte le cose sono,più piccolo del più piccolo atomo,e tuttavia il creatore di tutto,sempre vivente nel mistero della Sua creazione.Nella visione di questo Dio di amore c'è eterna peace.Lui è il Signore di tutto che,nascosto nel cuore delle cose,sorveglia il mondo del tempo.Gli Dei e i veggenti di Brahman sono uno con Lui,e quando un uomo conosce Lui,lui taglia i vincoli della morte.Krishna Yajur Veda, Shvetashvatara Upanishad 4.14-15. UPM, 91-92


Possa Dio-che,che nel mistero della Sua visione e potere, trasforma la Sua bianca radiosità nella Sua multicolorata creazione,da cui tutte le cose vengono e nella quale tutte esse ritornano -concederci la grazia della pura visione.Lui è il sole,la luna e le stelle.Lui è il fuoco,le acque e il vento.Lui è Brahma,il creatore di tutto,e Prajapati,il Signore della creazione.Tu questo ragazzo,e Tu questa vergine;Tu quest'uomo, e Tu questa donna;Tu il Dio che appare in forme infinite.Tu l'uccello blu e Tu l'uccello verde;Tu la nuvola che cela il fulmine e Tu le stagioni e gli oceani.Oltre l'inizio,Tu sei nella Tua infinità,e tutti i mondi hanno avuto il loro inizio in Te.Krishna Yajur Veda, Shvetashvatara Upanishad 4.1-4. UPM, 91

O Signore,guidaci lungo il giusto sentiero alla prosperità.O Dio,Tu conosci tutti i nostri atti.Porta via da noi il nostro ingannevole peccato.A te,poi,noi offriremo le nostre preghiere.Shukla Yajur Veda, Isha Upanishad 18. VE, 831


Io glorifico Lui che è di meravigliosa radiosità come il sole, che è il datore di felicità,amorevole,benevolente,e l'Uno a cui tutti danno il benvenuto come un ospite.He conferisce vigore ai veneratori;possa Lui,il fuoco divino,rimuovere il nostro dispiacere e darci forza eroica e tutte le ricchezze sostenitrici.Rig Veda 10.122.1. RVP, 4617

Io vado per rifugio in Dio che è l'Uno nel silenzio dell'eternità,pura radiosità di bellezza e perfezione,in cui noi troviamo la nostra pace.Lui è il ponte supremo che conduce all'immortalità,e lo spirito del fuoco che brucia la scoria della vita inferiore.Krishna Yajur Veda, Shvetashvatara Upanishad 6.19. UPM, 96

O,mio Signore,i cinque sensi hanno preso possesso del mio corpo e guidato me via dai tuoi santi piedi.Io sono confuso e afflitto nel cuore,come il latte cagliato che viene agitato.Conferiscimi l'illuminazione.Tirumurai 4. HY, 11

I veggenti possono raggiungerLo perchè Lui è visibile; i veneratori,anche,possono vederLo.Ma se loro posseggono amore per Lui, Hara,che è la prima causa dell'antico universo,Si manifesterà nelle loro menti come luce.Tirumurai, Arputat Tiruvantati 17. AT, 18


Per Te è il mio offrire,a Te io pregherò,a Te che sei degno di omaggio e venerazione.Tu,o Dio, sei una sorgente nel deserto per l'uomo che ha sete di Te,o sempre Vivente.Rig Veda 10.4.1. VE, 302

Caro Clint,ti prego di notare che mi è costato molto tempo e fatica tradurre tali versi dall'inglese.Ti prego quindi di leggere attentamente ogni verso e poi di scrivere tu stesso la risposta alla tua questione se nell'Induismo Dio oltre che Signore è anche amico del Suo devoto.
Cordiali saluti.

















ClintEastwood82
00lunedì 18 settembre 2006 23:43

||Non sbagli.Per quanto riguarda l'ultimo racconto (la zanna tirata alla luna) quella sicuramente è mitologia e non un fatto veramente accaduto!! ||


Si bè io ho solamente messo i racconti per evidenziare le contraddizioni, nonper dire quale sia vero e quale no.


Ti ringrazio per i versetti, vorrei lasciarti però anche dei versi biblici su tale amicizia, leggevo su un altro topic che eri cattolico, poi passato all'induismo, credevo che fossi induista dalla nascita, quindi penso tu conoscerai questi versi:

"Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. 14 Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. 15 Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi." Giovanni 15:13

"Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. " Apocalisse 3:20



||poi di scrivere tu stesso la risposta alla tua questione se nell'Induismo Dio oltre che Signore è anche amico del Suo devoto. ||


Mi hai scritto però versi in terza persona, ossia, il devoto che glorifica D_o, non D_o che dimostra filialità verso il devoto in prima persona. Mi pare che in un'altro post mi avevi messo dei testi vedici dove Vishnù se non erro, parlava in prima persona, non ricordo bene.
ShivaBhakta
00martedì 19 settembre 2006 17:36
Caro Clint,hai scritto:

Mi hai scritto però versi in terza persona, ossia, il devoto che glorifica D_o, non D_o che dimostra filialità verso il devoto in prima persona.



Hai ragione,ma come già detto prima non sono interessato ad approfondire tale aspetto per ora.
ShivaBhakta
00mercoledì 20 settembre 2006 18:03
Salve a tutti.
Così come l'Ebraismo e il Cristianesimo hanno i 10 comandamenti,anche l'Induismo ha le sue regole.
La sadachara(buona condotta) per gli indù è riassunta nei pancha nitya karmas che significa cinque doveri obbligatori.Essi sono i seguenti:
1)dharma:rettitudine/vivere con giustizia
2)upasana:venerazione
3)utsava:giorni santi
4)tirthayatra:pellegrinaggio
5)samskaras:sacramenti

Volendo fare un discorso più approfondito,dirò che le regole etiche fondamentali dell'Induismo sono gli Yama e i Niyama.Essi sono il fondamento essenziale per tutto il progresso spirituale nella pratica dello yoga e delle religiosità indù in generale.
Gli Yama e i Niyama sono codificati in numerose scritture come la Shandilya Upanishad,la Varuha Upanishad,l'Hatha Yoga Pradipika di Gorakshanatha,il Tirumantiram di Tirumular e gli Yoga-sutra di Patanjali.
Tutti i testi citati elencano 10 yama e 10 niyama,con l'eccezione dell'opera di Patanjali,il quale elenga solo 5 yama e 5 niyama.

Per descrivere gli Yama e i Niyama tradurrò qualcosa dal libro Dancing with Siva,Hinduism's Contemporary Catechism di Satguru Sivaya Subramuniyaswami(1927-2001).





Tradurrò da www.himalayanacademy.com/resources/books/dws/dws_mandala...

Adesso devo lasciare il computer perchè ho un impegno.

ShivaBhakta
00mercoledì 20 settembre 2006 19:58
Salve a tutti.
Eccomi tornato.Adesso traduco da quel link.Si noti che le parole tra []sono mie e sono aggiunte allo scopo di far meglio comprendere il testo.
----------------------------------------------------------------
Quali sono le dieci classiche restrizioni?
Sloka[verso]64

Le restrizioni etiche dell'Induismo sono contenute in dieci semplici precetti chiamati Yama.Essi definiscono i codici di condotta con cui noi imbrigliamo le nostre forze istintive e coltiviamo le innate,originarie qualità della nostra anima.Aum.

BHASHYA[commento/spiegazione]

Gli Yama e i Niyama sono ingiunzioni scritturali per tutti gli aspetti del pensiero e del comportamento.Essi sono consigli e semplici linee di condotta,non comandamenti.Gli 10 Yama,che definiscono gli ideali di charya[comportamento],sono:
1)ahimsa,"non-violenza",non far del male ad altri mediante pensiero,parola o atto;
2)satya,"verità",astenerersi dal mentire e dalle promesse ingannevoli;
3)asteya,"non rubare",nè rubare nè bramare nè entrare in debito;
4)brahmacharya,"condotta divina"[castità],controllare la lussuria rimanendo celibate quando single,che conduce alla fedeltà nel matrimonio;
5)kshama,"pazienza",astenersi dall'intolleranza con le persone e dall'impazienza con le circostanze;
6)dhriti,"fermezza",superare la non-perseveranza,paura,indecisione e la mutevolezza.
7)daya,"compassione",conquistare i sentimenti callosi,crudeli e insensibili versi tutti gli esseri;
[SM=g27989] arjava,"onestà",rinuncia all'inganno e il fare [cose] sbagliate;
9)mitahara,"appetito moderato",nè mangiare troppo,nè consumare carne,pesce,uccello o uova;
10)shaucha,"purezza",evitare impurità nel corpo,nella mente e nel linguaggio.
I veda proclamano,"A loro appartiene quell'immacolato mondo di Brahma in cui non c'è nessuna disonestà e falsità,nè inganno".Aum Namah Sivaya.

Quali sono le dieci classiche osservanze?
Sloka 65

I principi religiosi dell'Induismo sono contenuti in dieci concisi precetti chiamati niyama.Essi riassumono le pratiche essenziali che noi[induisti] osserviamo e le appassionate virtù e qualità che ci sforziamo giornalmente di perfezionare.Aum Namah Sivaya.

BHASHYA

La buona condotta è una combinazione di evitare un comportamento non etico e compiere virtuosi,atti spiritalizzanti.La saggezza accumulata in migliaia di anni di cultura hindu ha evoluto 10 niyama,o osservanze religiose.Questi precetti che definiscono gli ideali di kriya[purificazione] sono:
1)hri,"rimorso",essere modesti e mostrare vergogna per i misfatti[azioni malvagie];
2)santosha,"contentezza",cercare gioia e serenità nella vita;
3)dana,"dare",decima e dare creativamente senza pensiero di ricompensa;
4)astikya,"fede",credere fermamente in Dio,negli Dei,nel guru[maestro spirituale] e nel sentiero per l'illuminazione;
5)Ishvarapujana,"venerare",coltivare la devozione mediante puja[rituale di adorazione] quotidiana e la meditazione;
6)siddhanta shravana,"ascoltare le scritture",studiare gli insegnamenti e ascoltare i saggi del proprio lignaggio;
7)mati,"cognizione",sviluppa un potere spirituale e l'intelletto con la guida di guru;
[SM=g27989] vrata,"sacri voti",adempiere ai voti,regole e osservanza religiose fedelmente;
9)japa,"recitazione",canta sacri mantra giornalmente;
10)tapas,"austerità",compiere sadhana[pratiche spirituali],penitenze,tapas[austerità] e sacrifici.
I Veda affermano,"Loro veramente posseggono quel mondo di Brahma che possiede austerità e castità,e in cui la verità è stabilita".Aum Namah Sivaya.
-----------------------------------------------------------------

Adesso che ho finito di tradurre citerò dei versi vedici:
Le dieci astinenza sono non-violenza,verità,non rubare,castità,gentilezza,rettitudine,perdono,sopportazione,temperanza nel cibo e purezza.Shukla Yajur Veda, Trishikhi Brahmana Upanishad 32-33. YM, 19

Non violenza, verità, rifiuto adesso ogni appropriazione indebita, castità, compassione, rettitudine, pazienza, fermezza, moderazione nel vitto e purezza sono le dieci prescrizioni. La non violenza consiste nel non causare mai dolore a nessun essere mediante atti corporei, vocali o mentali. La verità consiste nel proferire parole conformi ai fatti e che siano foriere di prosperità per gli esseri, mediante atti fisici, vocali o mentali. Il rifiuto di ogni appropriazione indebita consiste nel non impadronirsi di proprietà altrui mediante atti corporei, vocali o mentali. La castità consiste nel rinunciare sempre al rapporto sessuale in ogni circostanza e condizione mediante i propri atti corporei, vocali o mentali. La compassione consiste in una perpetua disposizione d'animo pietosamente favorevole verso tutti gli esseri. La rettitudine consiste nel mantenimento di equanimità ed uniformità negli atti corporei, vocali o mentali per quanto riguarda l'esecuzione o la non esecuzione di azioni rispettivamente prescritte o proibite. La pazienza consiste nel sopportare con mansuetudine tutto ciò che risulti spiacevole o piacevole, come l'esser battuto o riverito. La fermezza consiste nella capacità di conservare la stabilità mentale in occasione dell'acquisto o della perdita di beni o persone care. La moderazione nel vitto consiste nel cibarsi solo di alimenti oleosi e dolci, lasciando vuota la quarta parte dello stomaco. La purezza poi è da considerarsi duplice, a seconda se si esterna o interna. Quella esterna consiste nella pulizia del corpo con argilla ed acqua; quella interna comporta la purificazione dell'organo mentale, e si ottiene grazie alla conoscenza del proprio Sé.
Shandilya Upanishad I 1

Le dieci restrizioni sono: austerità, contentamento, retta fede, carità, venerazione del Signore, osservazione dei sommi principi, pudore, retta opinione, recitazione rituale, rispetto dei voti. L'austerità è la mortificazione del corpo mediante l'esecuzione puntuale di varie pratiche ascetiche come quella con cui a stento ci si conserva in vita o il digiuno regolato secondo le fasi lunari eccetera. Il contentamento consiste dell'esser paghi di quel che ci giunge secondo il caso. La retta fede consiste nel credere alla validità dei meriti e dei demeriti, così com'è descritta nella scienza sacra rivelata. La carità consiste nel donare con fede granaglie o denaro e simili, guadagnati onestamente, a persone meritevoli. La venerazione del Signore consiste nell'adorare con purezza gli dei, Visnu, Rudra e simili, secondo le proprie capacità. L'osservazione dei sommi principi consiste nell'attento esame del significato dei principi ultimi della scienza sacra rivelata. Il pudore è la vergogna che si deve provare qualora si compiano azioni contrarie al sentiero segnato dai precetti della scienza sacra rivelata o della saggezza mondana. La retta opinione è la fede nella condotta che segua questa sentiero. La recitazione rituale consiste nella pratica costante delle formule sacre che non siano contrarie alla scienza sacra rivelata e siano state impartite dal maestro spirituale secondo le regole prescritte. E' di due tipi, vocale e mentale. Il tipo mentale va di conserva alla meditazione intellettuale. Il tipo vocale è a sua volta duplice, a seconda che sia pronunciato ad alta voce ovvero sussurrato. Il tipo pronunciato ad alta voce reca un frutto conforme a ciò che proclamano i dettami della scienza sacra rivelata; il tipo sussurrato ha un valore mille volte superiore; e millanta quello mentale. Il rispetto dei voti poi consiste nella scrupolosa esecuzione o astensione rispetto ad azioni prescritte o proibite dai dettami della scienza sacra rivelata.
Shandilya Upanishad I 2

Cordiali saluti.



[Modificato da ShivaBhakta 03/10/2006 17.54]

ShivaBhakta
00giovedì 21 settembre 2006 18:02
Re:

Scritto da: ClintEastwood82 18/09/2006 23.43


Ti ringrazio per i versetti, vorrei lasciarti però anche dei versi biblici su tale amicizia, leggevo su un altro topic che eri cattolico, poi passato all'induismo, credevo che fossi induista dalla nascita, quindi penso tu conoscerai questi versi:




No,non conoscevo affatto quei versi.I miei genitori mi battezzarono tanto per farlo.Lo stesso dicasi del mio frequentare il catechismo e del fatto che presi la Prima Comunione.Non posso dire di essere stato un cattolico praticante.
ShivaBhakta
00venerdì 29 settembre 2006 16:46
Parashurama non è un'incarnazione di Vishnu
Clint,tu avevi riportato il seguente articolo da Wikipedia:

Ga?esa e Parashurama
Un giorno Parashurama, un avatar di Vi??u, si recò a fare visita a Siva, ma lungo la strada fu bloccato da Ga?esa. Parashurama si scagliò contro di lui con la sua ascia, e Ga?esa (sapendo che quell’ascia gli era stata donata da Siva) acconsentì a farsi colpire, perdendo così una zanna che fu tagliata.


Devo precisare una cosa per quanto riguarda Parasurama (lo stesso di Parashurama con l'H).




E' bene notare che il grande e potente guerriero Parasurama non era propriamente un'incarnazione di Vishnu.Lui era un'incarnazione "parziale" di Vishnu.In pratica Vishnu era "entrato" in Parasurama.Questo fatto non deve essere interpretato nel senso di possessione come comunemente si intende questo termine.Anche se Vishnu era dentro di lui,Parasurama continuava a godere di volontà propria.Solo che grazie al fatto che Vishnu si trovava dentro di lui,Parasurama aveva enormi capacità fisiche del tutto inimmaginabili per un comune uomo.Infatti fu solo grazie ai poteri concessi da Vishnu che Parasurama potè sterminare ben ventuno volte la casta dei guerrieri malvagi.


Adesso da quel riassunto del Ramayana,traerò alcune parti che mostrano che Parasurama e Vishnu(che al tempo di Parasurama era incarnato in Rama) non sono la stessa persona.
Allo scopo di inquadrare il contesto della storia e quindi renderla più comprensibile copierò parti non direttamente connesse alla storia che riguarda l'incontro fra Rama e Parasurama.


16
L'incontro con Sita
Non erano trascorsi molti giorni dalla partenza quando entrarono a Mithila, decorata e pervasa da una grande aria di festa.

Visvamitra li condusse subito all'arena del sacrificio del re Janaka e si annunciarono. Pochi istanti dopo videro Janaka, accompagnato dai suoi ministri più importanti, uscire per riceverli personalmente. Offrì un puja al santo Visvamitra e gli lavò i piedi con grande umiltà. Dopodiché furono fatti accomodare. Janaka si rivolse a Rama.

“Caro giovane principe, tu conosci la storia dell'arco di Shiva?”

Rama assentì.

“Sì. Visvamitra me ne ha parlato e sono anzi curioso di vederlo”, rispose.

“Questo arco è così pesante,” raccontò Janaka, “che nemmeno i re più potenti della terra sono stati neanche in grado di spostarlo. Io sono deciso a dare mia figlia Sita in sposa a chi riuscirà a impugnarlo e a porgli la corda.”

Il re raccontò in breve la storia della nascita della figlia e poi la fece chiamare. Quando Sita entrò, Rama la guardò, come folgorato. Aveva già sentito parlare di lei, ma non si aspettava una donna simile. Sita risplendeva di una bellezza che non era di questo mondo, ma che proveniva dal mondo dove le forme non hanno difetti o limitazioni. Non aveva mai visto una donna tanto bella. Oltre alla bellezza fisica, da Sita emanava una luce profonda di castità e di santità e questo la rendeva ancora più irresistibilmente attraente.

E Sita guardò Rama; e appena lo vide il suo cuore cominciò a battere impetuosamente. Il principe era meraviglioso: aveva gli occhi simili ai petali dei fiori di loto, i capelli neri e lunghi che gli scendevano lungo le spalle, e ogni sua fattezza era un inno alla bellezza. Come i loro sguardi si incontrarono l'amore eterno che li legava si risvegliò e inondò i loro cuori. Vishnu e Lakshmi si incontravano in un'altra circostanza, in un'altra situazione, uniti dallo scopo divino che era il fine di quella loro incarnazione. Castamente, Sita abbassò la testa e arrossì. In cuor suo sperò che Rama desiderasse provare a sollevare l'arco e che ci riuscisse. Rama contemplava colei che era la sua compagna eterna e non riusciva a distogliere lo sguardo.

“Se me lo concedi vorrei vedere il sacro arco di Shiva,” disse poi.

Janaka ordinò che l'arco fosse portato nel salone. Dopo poco, l’arma fu introdotta su un gigantesco carro tirato da dieci uomini.

“Guarda, o figlio di Dasaratha,” proclamò Janaka. “Io ti ripeto l'offerta che ho già annunciato a tanti prima di te: se riuscirai a impugnarlo e a fissare la corda, io ti darò mia figlia Sita in sposa.”

Rama cercò con lo sguardo il permesso di Visvamitra, il quale sorridendo mosse la testa affermativamente. Il principe si avvicinò all'arco, lo guardò, lo toccò, gli offrì rispettosi omaggi e poi lo afferrò. Tutti trattennero il respiro. E tra lo stupore di tutti, Rama lo sollevò senza alcuno sforzo apparente. Nei pianeti celesti Shiva danzò in estasi e tutti i Deva manifestarono la loro gioia. Poi, per mettergli la corda, lo piegò in modo così energico che con un boato assordante l'arco si spezzò in due. Tutti persero coscienza, eccetto i saggi presenti, Janaka, Rama e Lakshmana.

Con grande felicità il re concesse Sita a Rama.




Prima di proseguire posto l'immagine che mostra Rama mentre spezza l'arco di Shiva.



17
Il matrimonio di Sita e Rama
La notizia dell'accaduto arrivò presto ad Ayodhya. Dasaratha fu felice che suo figlio sposasse la bellissima e casta Sita, famosa in tutto il mondo per le sue qualità, e fu anche felice di allearsi con un re potente e virtuoso come Janaka. Con le sue mogli, i suoi figli, i suoi ministri e con molti soldati, Dasaratha partì per Mithila.

Così Rama sposò Sita, e Lakshmana sposò la sorella di Sita. Janaka aveva un fratello di nome Kusadhvaja, il quale aveva due figlie. Bharata e Satrughna si unirono alle due figlie di Kusadhvaja.

Dopo che il matrimonio fu celebrato, Dasaratha salutò calorosamente Janaka e ripartì con il suo seguito, i suoi figli e le loro rispettive spose.





18
Incontro con Parasurama
La giornata era bella e il sole era alto nel cielo. Tutto sembrava esprimere felicità e assenza di problemi. Sita e Rama, contemplandosi l'un l'altra, parlavano di mille cose. Ma anche in quel momento di gioia un pericolo era in agguato. E' probabilmente la natura stessa di questo mondo: l'innocenza di ogni passo cela un pericolo potenziale. All'improvviso si levò un forte vento e il cielo si oscurò: i cavalli, spaventati, nitrirono forte. Dasaratha guardò Sumantra.

“Questa non è una normale tempesta. La giornata è calma e pochi istanti fa non c'era un filo di vento. Ci sono molti segni che fanno presagire un pericolo.”
Anche Sumantra sentiva l'ansietà crescere in sé.

“Sì, è vero. Qualcosa sta per accadere. Vigiliamo.”

D'un tratto si fece buio. Si udì un tuono e tornò la luce del giorno. Illuminato da una luce di gloria Parasurama, l'incarnazione divina che sterminò ventuno volte l'intera razza degli kshatriya, era davanti a loro, e teneva saldamente la sua ascia nella possente mano. I suoi occhi erano di fuoco, la sua figura e il suo stesso nome incutevano terrore a ogni guerriero. Parasurama si era fermato in mezzo al sentiero e impediva loro di proseguire il cammino. I soldati di Dasaratha tremavano di paura, perché ben conoscevano la fama dell'invincibile Parasurama. I brahmana mormorarono:

“Cosa vorrà da noi il figlio di Jamadagni? Vorrà forse ricominciare lo sterminio degli kshatriya? La sua vendetta è stata compiuta molto tempo fa; cosa potrà volere da noi?”

Prontamente Dasaratha scese dal carro e offrì tutti gli onori al brahmana che un giorno adottò la vita del guerriero. Ma era evidente che Parasurama aveva uno scopo ben preciso per fermare la colonna del re. E si sentì la sua voce, risoluta, solenne.

“Dov'è tuo figlio Rama?”
Rama fece un passo avanti e chinò la testa in segno di rispetto. Pa-rasurama lo guardò.

“Tu hai commesso il sacrilegio di rompere l'arco di Shiva e io devo punirti per questo.”

Dasaratha era terrorizzato. Cercò di parlare al potente brahmana, ma egli lo ignorò: aveva occhi solo per Rama.

“C'è un arco simile a quello che tu hai spezzato,” riprese Parasurama. “Quei due archi furono fatti da Visvakarma e servirono nel combattimento che doveva decidere chi fosse il più forte tra Vishnu e Shiva. Io non capisco come tu possa aver rotto quell'arco, ma voglio vedere se riesci a tenere anche solo nella mano l'altro.”

Con un boato assordante l'arma di Vishnu comparve nella mano di Parasurama. Lo porse al principe, sereno nonostante l'incombente pericolo. Rama lo prese senza sforzo alcuno, guardandolo con aria tranquilla, priva di qualsiasi ansietà. Parasurama era stupito: come poteva quel giovane principe, dopo aver rotto l'arco di Shiva, tenere nella mano quello di Vishnu? Poi capì: solo Vishnu stesso poteva fare una cosa del genere. E i due scomparvero alla vista di tutti.

“Tu sei il Dio Supremo, Vishnu incarnato sulla terra,” pregò Parasurama con le mani giunte. “Perdona la mia impudenza: non sapevo chi fossi tu in realtà.”

Rama pose una freccia sull'arco e tese la corda.

“Una volta incoccata, questa freccia non può più essere ritirata. Deve colpire e distruggere qualcosa. Dimmi, cosa vuoi che distrugga?” disse Rama con fermezza.

“Distruggi i pianeti che ho meritato con le mie austerità,” fu la risposta.

E la terribile freccia partì e distrusse quei pianeti. Offrendo i suoi omaggi a Rama, il brahmana scomparve.

Finalmente Dasaratha vide ricomparire suo figlio, ma non riusciva a capire come fosse scampato a un simile pericolo. Poco dopo ripartirono, e giunsero ad Ayodhya, festeggiati dal popolo che li aspettava.



Tale storia mostra che evidentemente Vishnu/Rama e Parasurama non erano la stessa persona.

Cordiali saluti.










[Modificato da ShivaBhakta 29/09/2006 16.46]

[Modificato da ShivaBhakta 29/09/2006 16.49]

M.Tamburino
00lunedì 2 ottobre 2006 09:50
ShivaBhakta, ne approfitto ...
Sto cercando della musica indiana in formato mp3 da scaricare. Non è che hai qualche indirizzo da suggerirmi? oppure hai già dei files che mi potresti inviare?

Grazie!
ShivaBhakta
00lunedì 2 ottobre 2006 16:14
Re:

Scritto da: M.Tamburino 02/10/2006 9.50
ShivaBhakta, ne approfitto ...
Sto cercando della musica indiana in formato mp3 da scaricare. Non è che hai qualche indirizzo da suggerirmi? oppure hai già dei files che mi potresti inviare?

Grazie!



Ti fornisco il link di un sito Hare Krishna
www.prabhupada.org/jaya/?page_id=16

Purtroppo non conosco altri indirizzi dove poter scaricare musica indiana in formato mp3.
Al limite si potrebbero fare ricerche con programmi come Winmix ma dubito che il risultato sarebbe legale:molto probabilmente si troverebbe musica piratata.
Quindi ti consiglio oltre a quel link di comprare Cd di musica indiana mediante siti di acquisti online.
Ti fornisco qualche indirizzo a tale proposito:
www.satyanandaitalia.net/edizioni/cd/cd.htm
www.evolutionmusic.it/lista.php3?cosa=wh&wh=134
www.ilgiardinodeilibri.it/_mantra_.php?pag=24&tot=62&ord=data_ins...


Comunque non ho capito se nello specifico intendevi musica indiana o musica religiosa indiana.

Cordiali saluti.





ShivaBhakta
00martedì 3 ottobre 2006 18:29
Re:

Scritto da: ClintEastwood82 18/09/2006 23.43


||poi di scrivere tu stesso la risposta alla tua questione se nell'Induismo Dio oltre che Signore è anche amico del Suo devoto. ||


Mi hai scritto però versi in terza persona, ossia, il devoto che glorifica D_o, non D_o che dimostra filialità verso il devoto in prima persona. Mi pare che in un'altro post mi avevi messo dei testi vedici dove Vishnù se non erro, parlava in prima persona, non ricordo bene.



Hai ragione.Avevo preso dei versi dalla Bhagavad-Gita.Nota che la Bhagavad-Gita è uno dei testi sacri più popolari e importanti dell'Induismo.Infatti è definita "il vangelo dell'Induismo".
Così come i Cristiani giurano sulla Bibbia e Musulmani sul Corano,nella corte indiana gli indù giurano sulla Bhagavad-Gita.
La Bhagavad-Gita contiene il dialogo fra Krishna(incarnazione terrena di Vishnu per alcuni indù,mentre per altri indù Vishnu è una "espansione" di Vishnu) e il Suo discepolo ed amico Arjuna.Nota che quindi Krishna e Vishnu sono la stessa persona.








Per avere ulteriori approfondimenti sulla Bhagavad Gita puoi andare su it.wikipedia.org/wiki/Bhagavad_Gita e www.vedanta.it/sastra/bhagavad_gita/bhagavad_gita.htm

Allora postai i versi dal 29 al 34 del nono capitolo della Bhagavad Gita.
Adesso li mostro nell'originale lingua sanscrita.







Adesso mostro la loro trascrizione.
29.samo 'ham sarva-bhutesu
na me dvesyo 'sti na priyah
ye bhajanti tu mam bhaktya
mayi te tesu capy aham
30.api cet su-duracaro
bhajate mam ananya-bhak
sadhur eva sa mantavyah
samyag vyavasito hi sah
31.ksipram bhavati dharmatma
sasvac-chantim nigacchati
kaunteya pratijanihi
na me bhaktah pranasyati
32.mam hi partha vyapasritya
ye 'pi syuh papa-yonayah
stryò vaisyas tatha sudras
te 'pi yanti param gatim
33.kim punar brahmanah punya
bhakta rajarsayas tatha
anityam asukham lokam
imam prapya bhajasva mam
34.man-mana bhava mad-bhakto
mad-yaji mam namaskuru
mam evaisyasi yuktvaivam
atmanam mat-parayanah


La traduzione che ti postai allora appartiene a Prabhupada,il fondatore del movimento Hare Krishna.La posto di nuovo.
29.Non invidio e non favorisco nessuno. Sono imparziale con tutti, ma chiunque Mi offra un servizio con devozione vive in Me; egli è un amico per me come Io sono un amico per lui.
30.Anche se commettesse l'azione più detestabile, chi è impegnato nel servizio devozionale dev'essere considerato santo perché è situato con determinazione sul giusto sentiero.
31.Molto presto si corregge e raggiunge una pace duratura. Proclamalo pure con forza, o figlio di Kunti, il Mio devoto non perirà mai.
32.Coloro che si rifugiano in Me, o figlio di Pritha, anche se sono di bassa nascita,donne,vaisya[operai] possono raggiungere la destinazione suprema.
33.Che dire allora dei brahmana[sacerdoti indù] virtuosi, dei devoti e dei re santi? Poiché sei venuto in questo mondo temporaneo e pieno di sofferenze, impegnati dunque nel Mio servizio d'amore.
34.Pensa sempre a me, diventa Mio devoto, offriMi i tuoi omaggi e adoraMi.Completamente assorto in Me, certamente verrari a Me.


Se sei interessato a leggere i commenti di Prabhupada su tali versi puoi andare su www.harekrsna.it/libri_on_line/la_bhagavad_gita/capitolo_09_...

Così avrai anche modo di vedere come il traduttore traduce i vari versi parola per parola.Per approfondire copio altre traduzioni di tali versi.
Da www.guruji.it/bhagavadgita/gita.htm

29. "Io sono imparziale verso tutti gli esseri. Nessuno Mi è odioso, nessuno caro. Ma quelli che Mi offrono l'amore dei loro cuori sono in Me, come Io sono in loro.

30. "Anche un grande peccatore che rifugge tutto il resto per adorare soltanto Me può essere annoverato tra i buoni, perché ha deciso rettamente.

31. "Diventerà rapidamente virtuoso e otterrà la pace eterna. O Figlio di Kunti, di' a tutti con certezza che il Mio devoto non perisce mai!

32. "Prendendo rifugio in Me, tutti gli esseri possono conseguire la Realizzazione Suprema - anche se di nascita peccaminosa, donne, vaishya o sudra.

33. "Quanto più facilmente, dunque, posso essere realizzato dai santi brahmini (conoscitori di Dio o Brahman) e dai devoti rajarishi (saggi reali)! Essendo entrato in questo mondo impermanente e senza felicità, adora soltanto Me (Spirito).

34. "Fissa la tua mente su di Me, sii Mio devoto, inchinati a Me con reverenza in un'adorazione incessante. Unito così a Me, che sono la tua Mèta Suprema, tu sarai Mio".



Da www.vedanta.it/sastra/bhagavad_gita/bhagavad_gita09.htm

VERSO 29.

Non invidio e non favorisco nessuno. Sono imparziale verso tutti. Ma chiunque

Mi serva con devozione vive in Me; è un amico per Me, come Io sono un amico

per lui.



VERSO 30.

Anche se commettesse gli atti peggiori, colui che è impegnato nel servizio di

devozione dev'essere considerato un santo perch‚ è sulla via perfetta.



VERSO 31.

Rapidamente egli diventa puro e trova la pace eterna. Proclamalo pure con

forza, o figlio di Kunti: il Mio devoto non perirà mai.



VERSO 32.

O figlio di Pritha, coloro che prendono rifugio in Me, anche se sono di bassa

nascita, donne, vaisya (mercanti) o sudra (operai), possono raggiungere la

destinazione suprema.



VERSO 33.

Che dire allora dei brahmana, dei giusti, dei devoti e dei re santi che in

questo mondo temporaneo e pieno di sofferenze Mi servono con amore e

devozione?



VERSO 34.

Pensa sempre a Me, diventa Mio devoto, offriMi i tuoi omaggi e adoraMi.

Perfettamente assorto in Me, certamente verrai a Me.




Saluti
Orlando.









[Modificato da ShivaBhakta 03/10/2006 18.35]

mioooo
00mercoledì 11 ottobre 2006 18:16
Ciao Orlando come si concilia L'induismo con il vivere Cristiano in una nazione prettamente Cristiana , quali risvolti nel mondo del Lavoro , della Vita sociale , nei rapporti con la Famiglia o con Mogli/Mariti di fede diversa
ShivaBhakta
00mercoledì 11 ottobre 2006 19:45
Re:

Scritto da: mioooo 11/10/2006 18.16
Ciao Orlando come si concilia L'induismo con il vivere Cristiano in una nazione prettamente Cristiana , quali risvolti nel mondo del Lavoro , della Vita sociale , nei rapporti con la Famiglia o con Mogli/Mariti di fede diversa



Ciao Giacomo.Purtroppo ho poco tempo e quindi adesso non potrò rispondere in modo approfondito alle tue domande.
Per quanto riguarda il mondo del lavoro,ti posso dire che come indù non lavorerei mai in una macellaria o in un qualsiasi esercizio in cui dovrei vendere carne e pesce.Finchè un mestiere non viola la regola indù dell'ahimsa(non-violenza) non ci sono problemi.Io lavoro tranquillamente in un'officina di ferramenta.Per quanto riguarda la vita sociale,ti posso dire che cerco di non associarmi eccessivamente con persone materialiste.E cerco di stare il più lontano possibile dall'altro sesso.Nella cultura indù un uomo si associa per la maggior parte solo con uomini e le donne fanno altrattanto con altre donna.Si frequenta l'altro sesso solo se strettamente necessario,come per esempio in un ufficio di lavoro.Però un uomo può tranquillamente stare in compagnia della propria sposa e viceversa.L'importante è sopratutto che i desideri affettuosi e sessuali,le effusioni amorose ecc vengano rivolte solo al/la proprio/a coniuge.Inoltre se degli amici mi invitassero ad una festa dove dovrei consumare cibi a base di carne e pesce,rifiuterei l'invito senza curarmi minimamente se il mio rifiuto possa essere considerato qualcosa di scortese.Ovviamente non sarei offensivo nell'esprimere il mio rifiuto.Con la mia famiglia non ho problemi.E poi ho deciso che sposerò solo una donna della mia stessa religione.
Ti devo anche dire che a volte ho subito discriminazioni da parte di alcuni cristiani.Comunque si trattava di persone dalla visione limitata con pochissima conoscenza delle religioni non cristiane.Quindi non era nemmeno colpa loro.
Saluti
Orlando.
ShivaBhakta
00mercoledì 18 ottobre 2006 19:45
Re:

Scritto da: ClintEastwood82 17/08/2006 10.41



Cmq la religione e la fede non è un gioco, anche se tu intendi le divinità induiste come simboliche, in realtà il simbolo conta. D_o nell'Antico Testamento vieta agli israeliti di adorare simboli, quindi, ora non ti sto dicendo questo per condannare i simboli indù, ma per farti capire che il simbolo ha importanza e non è un gioco,non una cosa da cui si slitta facilmente verso un'altra così.



Credo che chiunque si accorgerebbe della tua insencerità quando dici ora non ti sto dicendo questo per condannare i simboli indù.Inoltre il tuo raggionamente è settario e strano.L'Antico Testamente è parte della Bibbia.Poichè sono indù e non cristiano,per me la Bibbia non costituisce alcuna autorità spirituale.Quindi il fatto che nella Bibbia Dio proibisca di adorare simboli non mi aiuta affatto a ma per farti capire che il simbolo ha importanza e non è un gioco(ho citato in neretto le tue stesse parole).
E' come se io per condannare la dieta non-vegetariana citassi dei versi indù e ti dicessi ora non ti sto dicendo questo per condannare la dieta non vegetariana permessa dal Cristianesimo,considerando che per te che sei cristiano e non indù i Veda,gli Agama,i Purana,il Manu Smriti ecc non costituiscono alcuna autorità spirituale.
ClintEastwood82
00sabato 21 ottobre 2006 18:38

||Credo che chiunque si accorgerebbe della tua insencerità quando dici ora non ti sto dicendo questo per condannare i simboli indù.Inoltre il tuo raggionamente è settario e strano.L'Antico Testamente è parte della Bibbia.Poichè sono indù e non cristiano,per me la Bibbia non costituisce alcuna autorità spirituale.Quindi il fatto che nella Bibbia Dio proibisca di adorare simboli non mi aiuta affatto a ma per farti capire che il simbolo ha importanza e non è un gioco(ho citato in neretto le tue stesse parole). ||


Non capisco perchè definisci settario questo atteggiamento, io avevo semplicemente messo in risalto i simboli dal mio punto di vista cristiano, nell'AT, non ti ho citato l'AT perchè tu lo prendessi come legge, l'ho citato per dire quanto lì i simboli avessero importanza.
ShivaBhakta
00giovedì 16 novembre 2006 17:27
Salve a tutti.
Nel thread Satana il creatore delle religioni non cristiane?Che squallida idea!!! della sezione ..::Religione Ecumenico - Interreligioso - New Age::..
..::Le altre religioni - Analisi - Approfondimenti - Domande::..
ho citato e tradotto alcune cose dal libro Living
with Siva Hinduism's Contemporary Culture

di Satguru Sivaya Subramuniyaswami(1927-2001).
Ho tradotto da www.himalayanacademy.com/resources/books/lws/lws_ch-02.html le seguenti parole.

We all know that Hindus, who are one-sixth of the human race today, believe in the existence of God everywhere, as an all-pervasive, self-effulgent energy and consciousness. This basic belief creates the attitude of sublime tolerance and acceptance toward others. Even tolerance is insufficient to describe the compassion and reverence the Hindu holds for the intrinsic sacredness within all things. Therefore, the actions of all Hindus are rendered benign, or ahimsa. One would not want to hurt something which one revered.

On the other hand, when the fundamentalists of any religion teach an unrelenting duality based on good and evil, man and nature or God and Devil, this creates friends and enemies. This belief is a sacrilege to Hindus, because they know that the attitudes which are the by-product are totally dualistic, and for good to triumph over that which is alien or evil, it must kill out that which is considered to be evil.

The Hindu looks at nothing as intrinsically evil. To him the ground is sacred. The sky is sacred. The sun is sacred. His wife is a Goddess. Her husband is a God. Their children are devas. Their home is a shrine. Life is a pilgrimage to mukti, or liberation from rebirth, which once attained is the end to reincarnation in a physical body. When on a holy pilgrimage, one would not want to hurt anyone along the way, knowing full well the experiences on this path are of one's own creation, though maybe acted out through others.



Nel tradurre colorai in rosso la parte che volevo far maggiormente notare a ClintEastwood82.La copierò di nuovo in rosso allo scopo di farla maggiormente notare a tutti.

Noi tutti sappiamo che gli indù,che sono un sesto della razza umana oggi,credono nell'esistenza di Dio ovunque,come un'onnipervadente,auto-effulgente energia e coscienza.Questo credo basilare crea l'atteggiamento di sublime tolleranza e accettazione verso gli altri.Anche la tolleranza è insufficiente per descrivere la compassione e la riverenza che gli indù tengono per l'intrinseca sacralità dentro tutte le cose.Perciò,le azioni di tutti gli indù sono rese benigne,o ahimsa[non-violenza].Uno non vorrebbe far del male a qualcosa che uno riverirebbe.
D'altro canto,quando i fondamentalisti di qualche religione insegnano un'inesorabile dualità basata su bene e male,uomo e natura o Dio e Diavolo,questo crea amici e nemici.Questo credo è un sacrilegio per gli indù,perchè loro sanno che gli atteggiamenti che ne sono prodotti sono totalmente dualistici,e perchè il bene trionfi su ciò che è alieno o male,esso deve uccidere tutto ciò che è considerato essere cattivo.
L'indù non guarda niente come intrinsecamente cattivo.Per lui il terreno è sacro.Il cielo è sacro.Il sole è sacro.Sua moglie è una Dea.Suo marito è un Dio.I loro figli sono deva[esseri celesti].La loro casa è un santuario.La vita è un pellegrinaggio per la mukti,o liberazione dalla rinascita,che una volta ottenuta è la fine alla reincarnazione in un corpo fisico.Quando in un santo pellegrinaggio,uno non vorrebbe far del male a nessuno lungo il viaggio,sapendo pienamente bene che le esperienze su questo sentiero sono di sua stessa creazione,nonostante forse [siano] attuate mediante altri.


Siccome non vorrei che tali parole facessero pensare che nell'Induismo non esiste la distinzione tra il bene e il male,ho deciso di provvedere io stesso ad evitare che tale fraintendimento si verifichi.
Allo scopo di evidenziare come anche nella religione induista esista il concetto di male copierò dei versi dalla Brhadaranyaka Upanishad.
Ma prima di citare i versi ritengo opportuno copiare un'introduzione a tale testo indù e alla figura di Yajnavalkya il quale era,come già detto altrove,un celebro saggio di epoca vedica.Posso assicurare che il copiare tale introduzione non ha alcuno scopo proselitistico.

Da www.visionaire.org/brhaup/Brhadaranyaka%20Up.htm

[INTRODUZIONE]


La Brhadaranyaka Upanisad è parte dei testi che compongono la cosiddetta Sruti, la dottrina rivelata, di cui fanno parte i Veda, i Brahmana, gli Aranyaka e le Upanisad. Le origini di questi testi sono da collocare in un tempo remoto, in cui i Risi, poeti-veggenti dell'antichità, conobbero direttamente e trascrissero i contenuti primordiali della Tradizione indiana. Come altri testi della Tradizione arcaica, la Brhadaranyaka ci è giunta anonima e impossibile da datare con esattezza, ma certamente è una delle Upanisad più antiche.
Aranyaka indica la dottrina che si insegnava e praticava nel folto delle selve, dove si ritiravano in meditazione gli uomini che sceglievano di seguire la via della conoscenza nell'anacoresi. Le Upanisad, invece, sono un insieme di testi che raccolgono l'essenza degli insegnamenti comunicati attraverso l'ascolto diretto da parte del discepolo alla presenza di un maestro ("upanisad" indica l'atto di sedersi accanto al maestro). La radice "upas" indica anche un atteggiamento psicologico di attesa silenziosa, in alcuni casi anche di devozione amorevole. Da questo atteggiamento il discepolo si prepara a ricevere la conoscenza iniziatica, che distruggendo l'ignoranza metafisica (avidya), fornisce i mezzi per conseguire la Conoscenza suprema. Le Upanisad costituiscono l'essenza dei Veda, lo scopo finale (Vedanta), poiché quello che vi è insegnato è da considerarsi come il conseguimento della meta finale di ogni conoscenza Tradizionale.
Accostarsi alla Brhadaranyaka Upanisad è innanzitutto incontrare la potenza illuminante della bellezza, la grande libertà di questo testo, intessuto con semplicità e profonda conoscenza sull'esperienza viva e reale della presenza in sé dell'assoluto, della realizzazione della verità.
Osservate col sentire di questa potenza, le parole toccano gli oggetti della narrazione, i più elevati e i più umili, illuminando e restituendo ogni cosa alla realtà profonda di cui il narratore è testimone.
Le strofe attraversano le voci dei protagonisti, a partire dai primi versi, in cui l'unico esistente è quel Brahman primigenio che da sé stesso trasse questo universo formulando mano a mano i sentimenti che da sempre lo determinano: solitudine, desiderio di conoscersi, desiderio di moltiplicarsi, desiderio di ritrovare sé stessi attraverso il sacrificio della propria individuazione...
Questo Brahman ci è svelato così da subito, preesistente e sempre identico, unico e indivisibile e sostanziale ad ogni esistente, nella sua stessa coscienza di essere, qualsiasi cosa, ovunque, la medesima essenza consapevole e senziente. Origine e fine di ogni forma.
Il testo passa poi a illuminare la figura di Yajnavalkya, un uomo che in sé stesso ha conosciuto tale essenza e, girovagando, incontra donne e uomini con cui intrattiene conversazioni mirabili. Con il ritmo cantilenante e ripetitivo del cantastorie, ironico e pacato, lentamente, passo dopo passo, oggetto dopo oggetto, le sue parole accompagnano l'ascoltatore a trovarsi nell'unità della coscienza che ha integrato e trasceso ogni oggetto, ogni luce, ogni divinità e ogni cielo: sé stesso. Yajnavalkya attende la domanda dell'interlocutore, accoglie la sua conoscenza e senza trascurare nessuno dei fenomeni dell'esperienza umana li raccoglie ad uno ad uno dentro l'orizzonte della consapevolezza integrata. Di Quello, dell'assoluto, non si può dire più nulla, lì la mente deve ritirarsi, e pochi uomini vi si avventurano.
Soltanto il re Janaka, disposto a sacrificare tutti i suoi beni, scioglierà in Yajnavalkya ogni indugio a parlare di sé, dell'uomo che ha superato la selva della sua esistenza individuata, per ritrovarsi in quella origine in cui scompare ogni timore, ogni oggetto e ogni desiderio di felicità terrena e ultraterrena. Lì dove all'inizio era solo morte e fame, si ritrova l'essere che ha conosciuto sé stesso, l'unità indifferenziata e compiuta su cui poggia tutto l'esistente.
L'Upanisad del grande Aranyaka, una delle più antiche Upanisad vediche, è originariamente composta da sei letture (Adhyaya), di cui qui si riporta una selezione dalle prime quattro. Tra i temi canonici trattati nel testo sono da ricordare: l'esposizione dell'Asvamedha, sacrificio vedico di consacrazione regale, la formulazione della cosmogonia per sdoppiamento del Purusa, primo ente universale, l'insegnamento filosofico dell'identità tra Atman e Brahman, la trattazione della teoria del Karman.
All'interno di questi versi è contenuto il grande detto (mahavakya) "Aham Brahmasmi: Io sono Brahman".



Beatrice Polidori, 2004



Adesso passo a copiare i versi che mostrano come nell'Induismo ci sia il concetto di male e come vi sia la perfetta distinzione tra bene e male.Si noti che colorerò in rosso la parola male

Quarto Brahmana


1. In origine questo universo era soltanto il Sé (Viraj) della forma umana. Egli osservò e comprese di essere soltanto sé stesso, dunque affermo "Io sono". Quindi il suo nome fu Aham (io). Perciò da allora quando a qualcuno si chiede chi egli sia risponde "io sono", poi aggiunge il proprio nome. Siccome Egli era prima (Purva) di tutto questo universo e prima di chiunque aspiri alla perfezione, Egli bruciò col fuoco (Us) ogni male ed è chiamato Purusa. Colui che conosce questo brucia chiunque desideri levargli il primato.


Quinto brahmana


1. Quando il Padre creò i sette tipi di cibo attraverso la meditazione e l'ascesi, dispose che uno fosse comune a tutti i viventi, due li riservò agli dei, tre a sé stesso, uno agli animali. Su questo si fonda tutto, ciò che vive e ciò che non vive. Perché mai non si esauriscono i cibi sebbene vengano costantemente mangiati? Chi conosce la causa di questa permanenza si nutre attraverso lo spirito (Pratika), diventa come gli Dei e condivide il nettare con loro. Questo è il contenuto dei versi:
2. "Quando il Padre creò i sette tipi di cibo attraverso la meditazione e l'ascesi" significa che il Padre produsse il cibo proprio attraverso la meditazione e il sacrificio. "Dispose che uno fosse comune a tutti i viventi" significa che il mangiare cibo è comune a tutti gli esseri che si nutrono di cibo, ma chi adora questo cibo non è libero dal male, perché esso è cibo generico. "Due li riservò agli dei" significa l'oblazione che si offre sul fuoco e l'offerta di doni destinati agli Dei, quindi gli uomini compiono entrambi questi atti. Altri dicono che questo verso si riferisca ai riti del novilunio e del plenilunio, dunque non lo si aggravi di riti per fini materiali. "Uno agli animali" è il latte, poiché uomini e animali vivono al loro inizio di solo latte. Perciò a un neonato si da del burro chiarificato e si dice che un vitello appena nato non è ancora un erbivoro. "Su questo si fonda tutto, ciò che vive e ciò che non vive" significa che sul latte si fonda ciò che vive e ciò che non vive. Si dice erroneamente che offrendo latte sul fuoco per un intero anno, ci si liberi dalla morte; ciò non è vero. Solo chi comprende che è l'offerta di tutto il cibo il vero sacrificio, si libera dalla morte. "Perché mai non si esauriscono i cibi sebbene vengano costantemente mangiati?" indica che colui che si ciba è allo stesso tempo la causa del permanere del nutrimento, poiché produce il cibo con la meditazione e le opere meritorie, e se così non fosse il cibo presto si esaurirebbe. Dove è detto " si nutre attraverso lo spirito (Pratika)" Pratika significa preminenza, dunque il verso contiene un encomio: "diventa come gli Dei e condivide il nettare con loro".


15. "Dopo avere goduto del girovagare e conosciuti il bene e il male nello stato di sogno, egli si abbandona allo stato del sonno profondo, e rientra per il percorso inverso alla condizione precedente, lo stato di sogno. Egli non è toccato da quanto vede nel sogno, poiché nulla può attaccare l'Essere Infinito." " Proprio così, Yajnavalkya. Ti darò mille vacche, ma ti prego istruiscimi ancora sulla liberazione".
16. "Dopo avere goduto del sogno e conosciuti il bene e il male, egli rientra per il percorso inverso alla condizione precedente, lo stato di veglia. Egli non è toccato da quanto vede nella veglia, poiché nulla può attaccare l'Essere Infinito." " Proprio così, Yajnavalkya. Ti darò mille vacche, ma ti prego istruiscimi ancora sulla liberazione".
17. "Dopo avere goduto del girovagare e conosciuti il bene e il male nello stato di veglia, egli rientra per il percorso inverso alla condizione precedente, lo stato di sogno.


34. Allora Riprese: " Dopo avere goduto del sogno e conosciuti il bene e il male, egli rientra per il percorso inverso alla condizione precedente, lo stato di veglia.


Quarto brahmana


1. Quando l'ente diventa debole e pare privo di conoscenza, tutti i sensi si raccolgono in lui. Riassorbite completamente queste particelle di luce, egli perviene al proprio cuore. E quando l'essere che risiede nell'occhio si ritrae da ogni direzione, si spengono tutti i colori.
2. Allora si dice che egli non vede, non fiuta, non gusta, non parla, non ode, non pensa, non tocca, non conosce perché le sue facoltà si sono unificate. La sommità del cuore risplende e da questo punto luminoso di diparte il sé, attraverso l'occhio o attraverso la sommità del capo o da qualunque altro punto del corpo. E con lui dipartono le forze vitali, e con esse tutti gli organi di senso. Quindi, secondo la consapevolezza che è in lui, egli va verso il corpo che ad essa è collegato. In questo lo seguono le sue passate conoscenze, le sue opere e la sua maturata esperienza.
3. Come un bruco passando oltre l'estremità di un ramo, sale sopra un altro e qui si raccoglie, così il sé individuale getta via un corpo, lasciandolo privo di sensi, per prendere un altro supporto e lì trovare sé stesso.
4. Come l'orefice con la materia di un vecchio ornamento d'oro plasma in una nuova forma più bella, così il sé individuale si libera di un corpo, lasciandolo privo di sensi, e prende una nuova forma, nuova e più bella, simile a quella dei Mani, dei Gandahrva, degli Dei, di Viraj, di Hiranyagarbha o di altri esseri.
5. In verità questo sé individuale è Brahman, che si identifica con l'intelletto, la mente e le forze vitali, con gli occhi o con gli orecchi, con la terra, l'acqua, l'aria, l'etere, e con quello che è oltre il fuoco, con il desiderio e con l'assenza di desiderio, con l'ira e con la calma, con la rettitudine o con la malvagità, con tutto; è identificato, infatti, in tutto questo che è percepito e con tutto quello che è inferito. Così come agisce, tale diviene; facendo il bene diventa bene, compiendo il male diviene il male; diviene virtuoso attraverso le buone azioni così come diviene malvagio attraverso azioni malvagie. Perciò si dice anche: "Il sé individuale è fatto di desiderio. Quanto che desidera, decide; ciò che decide attua; e quanto mette in atto, ottiene".


22. Il grande Sé increato, che si identifica con la mente e con il centro delle facoltà, riposa nello spazio all'interno del cuore. E' l'Ordinatore Interno di tutto ciò che esiste, il Signore e il Regolatore di tutto. Non cresce mediante le buone azioni e non è sminuito dalle cattive. E' il Signore di tutti gli esseri, l'Ordinatore di tutti gli esseri, il Protettore di tutti gli esseri. E' la diga che trattiene i mondi dal precipitare nel caos. I Brahmani cercano di conoscerlo attraverso lo studio dei Veda, i sacrifici, la carità e la rinuncia al godimento degli oggetti dei sensi. Colui che Lo conosce diviene saggio, i monaci, desiderando di conoscerlo in questa vita, abbandonano le loro case. Gli antichi saggi, infatti, non desideravano avere figli poiché pensavano:"Cosa ancora potremmo ottenere dai figli, se abbiamo realizzato il Sé già in questa vita". Così, è detto, essi rinunciarono al desiderio di prole, di ricchezze mondane e condussero vita da mendicanti. Poiché è il desiderio di figli che è anche desiderio di ricchezza, e questo è il desiderio di mondi, ma tutti questi non sono altro che bramosia. Questo Sé è Quello di cui è detto "Non questo, Non questo". Esso è impercettibile, poiché non può essere percepito; indistruttibile, poiché non può essere distrutto; inattaccabile, perché nulla lo può attaccare; libero, saldo, illeso. Come il saggio non può essere sopraffatto dai due pensieri: "ho fatto la cosa giusta; ho fatto la cosa sbagliata" poiché li sovrasta entrambi. Le cose compiute e quelle che ha omesso di fare non lo angustiano.
23. Ciò è espresso nell'inno che dice: "L'eterna gloria del conoscitore del Brahmam non cresce e non è sminuita dalle opere. Perciò si ricerchi di comprendere la natura di questo soltanto, poiché conoscendola non si è più macchiati da alcun peccato" Dunque colui che così conosca acquisti saldo controllo di sé, e calmo, raccolto in sé stesso, saldo e concentrato, comprenda il Sé nel suo stesso sé; così facendo egli perviene a vedere il Sé in tutto. Il Male non trionfa su di lui, ma lui trascende ogni male. Il male non lo mette in difficoltà, poiché lui consuma ogni male. Egli diviene senza peccato, senza forma, libero da ogni dubbio e un vero conoscitore del Brahman. questo è il mondo del Brahman, o re, e tu l'hai conquistato", concluse Yajnavalkya. E il re "Ti darò l'impero dei Videha, signore, e me stesso per poterti servire".


E certamente nell'Induismo esiste anche il concetto di peccato.Come prova di ciò citero dei versi presi da scriture indù.

Se abbiamo peccato contro l'uomo che ci ama,
se abbiamo fatto torto a un fratello,
a un caro amico o a un compagno,
al vicino di lunga data o allo straniero,
rimuovi questa onta da noi,o re Varuna.
Rig Veda V,85,7

Qualunque peccato si trovi in me,
qualunque male abbia io compiuto,
se ho mentito o giurato il falso,
o Acque,rimuovete questa macchia da me!
Rig Veda I,23,22

9.Tue,o Re,sono cento,mille costellazioni!
Grandi e di grande portata siano anche i tuoi favori!
Conduci via lontano da noi la perniciosa distruzione.
Elimina da noi qualunque peccato abbiamo commesso.
Rig Veda I,24,9

Qualunque tua legge,o Dio Varuna,
noi,che siamo uomini mortali,possiamo violare
giorno dopo giorno,non consegnarci,ti imploriamo,
come prede alla morte o alla tua ardente ira,
affinchè siamo distrutti in ragione del tuo dispiacere.
Rig Veda I,25,1-2

Donaci,o Signore,una parte della luce solare,delle acque,
libertà dal peccato e comunione coi viventi.
Non offuscare la gioia dei nostri cuori
poichè noi abbiamo riposto la nostra fiducia nel tuo nome.
Rig Veda I,104,6

Sono solo io che ho peccato contro di te molte volte.
Tu mi hai punito come un padre punisce il figlio giocatore.
La mia offesa,o Dei,allontanate;poi allontanate le vostre trappole.
Non scagliatevi su dime me come un uccello piomba sulla sua progenie
Rig Veda II,29,5

Dio sempre giovane,qualunque peccato noi abbiamo involontariamente commesso,come gli uomini sono inclini a fare,
purificaci,ti imploriamo,al cospetto della Madre Aditi.
Allontana completamente,o Agni,ogni nostro peccato.
Rig Veda IV,12,4

Se noi uomini deboli abbiamo peccato contro gli Dei
per sconsideratezza e fragilità,o per orgoglio,
assolvici da questa colpa,o Savitr,
e rendici puri da peccato di fronte a Dei e uomini.
Rig Veda IV,54,3

Avvicinati per dimostrare che siamo liberi da peccato,
o Surya,Signore dalla potente energia.
Rig Veda,VI,50,2

Non fateci soffrire per i peccati altrui
nè fateci compiere le azioni che voi punite,o Dei
Rig Veda VI,51,7

Soma e Rudra,fornite per i nostri corpi
tutti i medicamenti necessari.Sciogliete e allontanate
da noi qualunque peccato abbiamo commesso,
che ancora resti attaccato alle nostre persone.
Rig Veda VI,74,3

Se il tuo fedele amico ha peccato contro di te,o Varuna,
egli resta tuttavia tuo amico,quello che tu ami.
Non come peccatori,o Vivente,possiamo noi venire di fronte a te!
Concedi protezione a colui che a te inneggia,come a un saggio!
Rig Veda VII,88,6

Non per un peccato,nè per due o tre
uccidimi,o Possente,e nemmeno per molti!
Rig Veda VIII,45,34

Oggi possa quella grande coppia,Terra e Cielo,
conservarci in pace e felicità,liberi da peccato!
Possa la Mattina,con l'irradiazione della sua luce,cacciare via il peccato!
Noi preghiamo Agni,ora acceso,di portarci la gioia.
Rig Veda X,35,3

3.Se noi abbiamo peccato,desti o dormienti,
coscienti o incoscienti,per natura malvagia,
possa Agni cacciare lontano da noi
tutte quelle azioni così odiose!
4.O Indra e Brahmanaspati,ascoltateci!
Se siamo andati per la cattiva strada,
possa il lungimirante figlio del cielo
proteggerci da repressione per mano dei nostri nemici!
5.Ora vittoriosi,siamo liberi dal peccato!
Possano i brutti sogni e le cattive intenzioni
essere dirette verso coloro che ci vogliono del male
e coloro che noi detestiamo!
Rig Veda X,164,3-5

Peccato della mente,vattene via lontano!
Perchè esprimi suggerimenti impropri?
Vattene da questo posto!Non ti voglio!
Va' dagli alberi e dalle foreste.La mia mente
rimarrà qui insieme alle nostre case e ai nostri armenti.
2.Qualunque male abbiamo noi commesso,o Agni,
da desti o dormienti,per cattivà volontà od odio
o maledizione,rimuovilo da noi,e qualunque cosa
ti dispiaccia scaccia lontano!
Atharva Veda VI,45,1-2

In qualunque modo abbiamo noi peccato coi nostri occhi
o con le nostre menti o parole,nella veglia o nel sonno,
possa Soma con la sua pura natura purificarci!
Atharva Veda VI,96,3

Nei Veda ci sono molti altri versi che parlano del male e del peccato ma non mi va di copiarli adesso.Ho già faticato abbastanza copiando i versi che ho copiato adesso.Forse più in là deciderò di citare altri versi.
Saluti
Orlando.



[Modificato da ShivaBhakta 16/11/2006 18.16]

ShivaBhakta
00lunedì 27 novembre 2006 19:35
Re:

Written by: ClintEastwood82 21/10/2006 18.38

||Credo che chiunque si accorgerebbe della tua insencerità quando dici ora non ti sto dicendo questo per condannare i simboli indù.Inoltre il tuo raggionamente è settario e strano.L'Antico Testamente è parte della Bibbia.Poichè sono indù e non cristiano,per me la Bibbia non costituisce alcuna autorità spirituale.Quindi il fatto che nella Bibbia Dio proibisca di adorare simboli non mi aiuta affatto a ma per farti capire che il simbolo ha importanza e non è un gioco(ho citato in neretto le tue stesse parole). ||


Non capisco perchè definisci settario questo atteggiamento, io avevo semplicemente messo in risalto i simboli dal mio punto di vista cristiano, nell'AT, non ti ho citato l'AT perchè tu lo prendessi come legge, l'ho citato per dire quanto lì i simboli avessero importanza.



Dalle parole che mi dicesti allora,più che farmi capire quanto i simboli avesso importanza lì...mi facesti capire quanto i simboli fossero disprezzati lì!
Da www.labibbia.org/pls/bibbiaol/GestBibbia.Ricerca?Libro=Esodo&Cap...

20 I dieci comandamenti
1 Dio allora pronunciò tutte queste parole:


2 Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: 3 non avrai altri dei di fronte a me. 4 Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. 5 Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, 6 ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi.





Saluti
Orlando.

[Modificato da ShivaBhakta 27/11/2006 19.36]

ShivaBhakta
00sabato 23 dicembre 2006 17:09
Re:

Scritto da: ClintEastwood82 17/08/2006 10.41




Cmq la religione e la fede non è un gioco, anche se tu intendi le divinità induiste come simboliche, in realtà il simbolo conta. D_o nell'Antico Testamento vieta agli israeliti di adorare simboli, quindi, ora non ti sto dicendo questo per condannare i simboli indù, ma per farti capire che il simbolo ha importanza e non è un gioco,non una cosa da cui si slitta facilmente verso un'altra così.

Se tu dici, cambio Signore come se cambio simbolo, allora significa che non avevi molta fede nell'altro signore, o comunque lui non ti offriva amore sufficente per alimentare la tua fede.



Hai ragione nel dire che la religione e la fede non sono un gioco.
Il fatto che io lasciai lo Sri Vaishnavismo avvenne a causa del mio ego e della mia poco conoscenza delle scritture indù.
Approfitto di questo thread per informare tutti che circa da una settimana sono tornato a professare la mia precedente religione vishnuita,cioè lo Sri Vaishnavismo.

Saluti
Orlando.
ShivaBhakta
00sabato 23 dicembre 2006 17:53
ClintEastwood82 ha scritto:

Nell'induismo alle origine però, il Brahman era l'essenza di tutto, addirittura veniva detto il creatore degli dèi in alcuni rami dell'induismo.



Ciò che dici non è corretto.Anche tutt'oggi il Brahman è il creatore degli dei.La parola sanscrita per ciò che tu chiamami "dei" è deva che si traduce "esseri celesti".
Le differenze fra le varie correnti induiste sta nell'interpretazioni che si danno alla parola Brahman.

Primi di riportare i testi che voglio riportare spiegherò qualcosa.
Gli studiosi moderni dividono ognuno dei 4 Veda in 4 porzioni: Samhita,Brahmana,Aranyaka e Upanishad.
Si dice che oggi giorno ci siano più di cento Upanishad.
Comunque solo alcune Upanishad sono considerate autorevoli da tutte le tradizioni indù.Le più importanti sono chiamate Dasopanishad("dieci Upanishad") e sono le seguenti:Isavaya Upanishad, Kena Upanishad, Kata Upanishad, Prasna Upanishad, Mundaka Upanishad, Mandukya Upanishad, Taittiriya Upanishad, Aitareya Upanishad, Chandogya Upanishad, Brihadaranyaka Upanishad.

Oltre queste dieci vi sono alcune altre Upanishad accettate come autorevoli.
Un buon numero di altre Upanishad non può essere considerato autorevole in quanto si tratta di testi scritti dall'uomo e quindi di origine non divina.Una di queste è la "Allah Upanishad" dove Allah viene considerato il Brahman.Seguendo questa Upanishad un indù invece di rimanere indù dovrebbe convertirsi all'Islamismo.
Al contrario le Dasopanishad e altre Upanishad fanno realmente parte dei Veda e sono di origine divina.
Io adesso copierò dei testi presi dalla Brihadaranyaka Upanishad,la quale si trova nello Yajur Veda.

Tali versi mostrano che anche oggi il Brahman è l'origine di tutto e il creatore degli dei.
Da www.visionaire.org/brhaup/Brhadaranyaka%20Up.htm
9. Si dice che gli uomini pensano di diventare tutto tramite la conoscenza di Brahman, ebbene cosa avrebbe dovuto conoscere Brahman da cui tutto l'universo proviene?

11. In origine tutte le caste erano Brahman, senza differenze. Ma nell'unità non poteva moltiplicarsi. Creò quindi una forma particolarmente eccellente, gli Kshatriya (casta di guerrieri e re) e coloro che sono Kshatriya tra gli Dei:Indra, Varuna, la Luna, Rudra, Parjanya, Yama, la Morte e Isana. Perciò nulla è superiore agli Kshatriya e il sacerdote venera il guerriero durante la consacrazione di un re. Così facendo il sacerdote impartisce tale gloria al guerriero. Il sacerdote è l'origine del guerriero. Perciò anche se il re ottiene la supremazia attraverso il rito, alla fine fa ricorso al sacerdote, come la sua origine. Colui che offende il sacerdote, va contro la propria origine; e gliene proviene un danno grave, come colui che offende un superiore.
12. Ciò nonostante ancora non si moltiplicava. Creò quindi i Vaisya (casta dei coloni, artigiani e commercianti) e quelli che tra gli Dei sono designati a gruppi: Vasu, Rudra, Aditya, Visvadeva and Marut.
13. Ma ancora non si moltiplicava. Creò allora la casta dei Sudra( casta dei contadini, braccianti, servi), e la Dea Pusan. Attraverso di essi si nutre tutto quello che esiste.
14. Ancora non si moltiplicava. Dunque creò una forma eccellente, il Dharma (il Diritto, la Legge). Questa legge governa gli Kshatriya, perciò non vi è nulla di più alto. Per essa anche un uomo debole può sperare di difendersi da un uomo più forte attraverso la legge, così come con l'aiuto del re. In effetti, il Dharma non è altro che la verità, perciò si dice dell'uomo veritiero che quegli è un uomo retto, e di una persona che si esprime con giustizia che sta dicendo la verità. Infatti Dharma e verità sono la stessa cosa.
15. Così furono create le quattro caste: Brahmana, Kshatriya, Vaisya e Sudra. Egli divenne il fuoco (Agni) tra gli Dei e la casta Brahmana tra gli uomini. Divenne uno Kshatriya tra gli Kshatriya divini, un Vaisya tra i Vaisya divini, e un Sudra tra i Sudra divini. Perciò gli uomini desiderano ottenere benefici dai riti dedicati agli Dei attraverso il fuoco, e tra gli uomini attraverso i sacerdoti. Se, comunque, qualcuno lascia questo mondo senza avere realizzato il proprio compito come il Sé, Questi, restando ignoto, non proteggerà quell'ente, così come non sarebbero di aiuto i Veda non studiati e le azioni non compiute. Ciascuno mediti sui propri doveri come fossero il Sé. Chi mediterà in tale modo non vedrà vanificate le proprie opere, poiché dal Sé si crea tutto ciò che si desidera.


Caro Clint,come puoi notare dai versi citati il Brahman è un Dio personale come nel Cristianesimo,nell'Ebraismo e nell'Islam.Con "Dio personale" intendo il fatto che si tratta di un Essere dotato di una propria volontà e quindi di una propria esistanza individuale.Sono state delle interpretazioni fuorvianti a far credere che il Brahman sia un realtà impersonale.
I seguenti versi presi dalla mesima Upanishad mostrano ulteriormente come il Brahman sia un Dio personale.Si tratti di versi che hai già letto.
8. Egli quindi rispose: "Tale è ciò che i conoscitori del Brahman chiamano l'Immutabile. Esso non è né grosso né sottile, né corto né lungo, non ha sangue né grasso, non ha luce né oscurità, non è vento e non è etere, non attacca, non gusta né odora, non ha vista e non ha udito, non ha voce né mente, non ha vitalità, né bocca, non ha misura, e non ha né interno né esterno. Nulla mangia e nessuno se ne può cibare.
9. Sotto il potere ordinatore di questo Immutabile, o Gargi, il sole e la luna sono mantenuti nelle loro orbite; sotto il potere ordinatore di questo Immutabile, o Gargi, il cielo e la terra mantengono le loro rispettive posizioni; sotto il potere ordinatore di questo Immutabile, o Gargi, i Muhurtas, i giorni e le notti, i cicli lunari, i mesi, le stagioni e gli anni compiono ciascuno il suo corso. Sotto il potere ordinatore di questo Immutabile, o Gargi, alcuni fiumi sgorgano dalle Montagne bianche e scorrono verso est, altri scorrono verso ovest e proseguono per la medesima direzione, così come tutti gli altri mantengono il proprio corso; sotto il potere ordinatore di questo Immutabile, o Gargi, gli uomini sono onorati in relazione a ciò che donano, gli Dei richiedono i sacrifici e i Mani le offerte.
10. Colui che in questo mondo, senza conoscere questo immutabile, offre oblazioni nel fuoco, pratica sacrifici e si sottopone a severe austerità anche per migliaia di anni, ne ricaverà un merito transitorio; colui che lascia questo mondo senza conoscere l'Immutabile è povero, o Gargi. Ma colui che si diparte da qui dopo aver conosciuto l'Immutabile è un conoscitore del Brahman.
11. Questo Immutabile, o Gragi, è il Veggente non veduto, l'Uditore non udito, il Pensatore impensabile, il Conoscitore inconoscibile. Non vi è altro veggente che Lui, non vi è latro uditore che Lui, non altro pensatore che Lui, non altro conoscitore che Lui. Da questo Immutabile, Gargi, è pervaso lo spazio Immanifesto.
12. Allora Gargi disse: " Reverendi Brahmini, dovreste considerarvi fortunati se potrete andarvene porgendo il vostro omaggio a Yajnavalkya, poiché nessuno di voi potrà batterlo nel descrivere la realizzazione del Brahman". Dunque la figlia di Vachaknu si ritirò in silenzio.


Molti versi di molte Upanishad dichiarono in termini certi che il Brahman ha creato questo mondo.E'ovvio che solo un Essere personale può creare e avere il desiderio di creare qualcosa.

In ultima analisi la parola Brahman indica l'Essere Supremo,cioè Dio.
Una nota importante:non si confonda la parola Brahman con la parola Brahma che è il nome della divinità con quattro teste che prega Krishna(avatara di Vishnu) nella seguente immagine:



Saluti
Orlando.





[Modificato da ShivaBhakta 23/12/2006 17.55]

[Modificato da ShivaBhakta 23/12/2006 18.05]

ShivaBhakta
00martedì 26 dicembre 2006 19:51
Re: Re:

Scritto da: ShivaBhakta 25/08/2006 17.34



Un purana shivaita contraddice quello che si trova scritto in un purana vishnuita.
In un purana shivaita si vede Vishnu che viene creato da Shiva e rende omaggio al Signore Shiva.
In un purana vishnuita si può invece leggere che Shiva è il più grande devoto di Vishnu!
Come è possibile ciò?
La risposta è semplice:i purana sono delle opere mitologiche compilate dal grande saggio Srila Vyasadeva.



Come già spiegato ogni Purana afferma la Supremazia di una Divinità.C'è un purana in cui Ganesha è il Dio Supremo e quindi superiore a Vishnu,Shiva e Brahma.
Ti prego di leggere la seguente storia nel link www.induismo.it/f_ganesha.htm

Ti prego di ricordare che i purana si contraddicono tra di loro.
Nello Shiva Purana (e/o forse anche nel Linga Purana) si racconta che Rama,incarnazione terrana di Vishnu,pregò Shiva.Non ricordo il motivo adesso.
La seguente immagine mostra Rama che pratica l'adorazione a mani del Linga,il sacro simbolo del Signore Shiva.E prega tale simbolo a mani giunte.


Lo Shiva Purana e il Linga Purana sono purana shivaiti.
Cordiali saluti.



Devo assolutamente spiegare una cosa.
Nel Ramayana di Valmiki non c'è alcun riferimento a Rama che venera Shiva.
Il Ramayana scritto da Valmiki è il Ramayana autentico.
Storie che riguardano Rama che venera una divinità sono state incorporate dagli shivaiti e quindi si trovano in versione non autentiche del Ramayana,per esempio l'adyaatma ramaayana.

Saluti
Orlando.

[Modificato da ShivaBhakta 26/12/2006 19.52]

ShivaBhakta
00martedì 23 gennaio 2007 19:55
Salve a tutti.

ClintEastwood82 mi ha detto in un altro thread:

Parlavo del tantrismo, non dei Veda. I Veda ovviamente non li conosco bene, ne conosco la struttura e varie parti come la Baghavad Gita e il ramayana, non li ho mai letti per intero ma vari riassunti, tra cui anche uno del ramayana che mi avevi dato tu. Calcola anche che il canone dei Veda così come quello buddista, sono tra la letteratura più vasta al mondo, come decine di Bibbie messe assieme, quindi non potrei certo conoscere tutto.



Noto che la tua definizione di Veda è uguale a quella Hare Krishna.
Tuttavia è giusto precisare che il Ramayana non è di per sè un Veda.
Il Mahabharata,nel quale è contenuto la Bhagavad Gita,non è un Veda.

Tecnicamente parlando i Veda sono 4:Rig Veda,Yajur Veda, Saman Veda e l'Atharva Veda.

I 4 Veda costituiscono la massima autorità religiosa e filosofica nell'Induismo ortodosso.
Essi appartengono alla categoria della Sruti cioè "cioè che è ascoltato".
Se si desiderano avere maggiori informazioni si legga www.induismo.it/sruti.htm

Per gli altri testi indù si legga
www.induismo.it/smriti.htm

Saluti
Orlando.









Justee
00martedì 6 novembre 2007 11:21
VATICANO - "Cristiani e Indù: decisi a percorrere un cammino di dialogo" - Messaggio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso agli Hindù in occasione della Festa di Diwali 2007
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - E’ stato pubblicato oggi il testo del Messaggio, a firma del Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso, Card. Jean-Louis Tauran, inviato agli hindi in occasione della festa di Diwali 2007, sul tema: "Cristiani e Indù: decisi a percorrere un cammino di dialogo". La festa di Diwali è celebrata da tutti gli hindi ed è conosciuta anche come Deepavali ossia "fila di lampade ad olio". Simbolicamente fondata su un’antica mitologia, essa rappresenta la vittoria della verità sulla menzogna, della luce sulle tenebre, della vita sulla morte, del bene sul male. La celebrazione vera e propria dura tre giorno segnando l’inizio di un nuovo anno, la riconciliazione familiare, specialmente tra fratelli e sorelle, e l’adorazione a Dio. Quest’anno la festa sarà celebrata da molti hindi il 9 novembre.
Nel Messaggio si afferma: “Il mondo attorno a noi desidera ardentemente la pace. Le religioni annunciano la pace perché traggono la propria origine da Dio, il quale, per la fede cristiana, è la nostra pace. Possiamo noi, in quanto credenti di diverse tradizioni religiose, non lavorare insieme per ricevere il dono divino della pace e diffonderlo attorno a noi così che il mondo divenga per tutti i popoli un luogo migliore in cui vivere?”
Il testo prosegue mettendo in luce che “la credenza religiosa e la libertà vanno sempre di pari passo” e “non ci può essere costrizione nella religione: nessuno può essere forzato a credere, né chiunque voglia credere può esserne impedito”. Dopo aver ribadito l’insegnamento del Concilio Vaticano II su questo tema, il Messaggio sottolinea che “per le comunità religiose impegnate a costruire la pace mondiale, una sfida importante è costituita dal formare i credenti perchè anzitutto scoprano tutta l’ampiezza e la profondità della propria religione e quindi dall’incoraggiarli a conoscere altri credenti. Non dimentichiamo che l’ignoranza è il primo e, forse, il principale nemico nella vita di chi crede, mentre il contributo di ogni credente ben formato, insieme a quello degli altri, costituisce una ricca risorsa per una pace duratura”.
“Dobbiamo lavorare per costruire legami di amicizia, come del resto devono fare gli aderenti di ogni religione” sottolinea ancora il testo, ricordando che nelle situazioni di incomprensione, “è necessario che le persone si riuniscano e comunichino fra loro per chiarire, in uno spirito fraterno ed amichevole, le rispettive credenze, aspirazioni e convinzioni. E’ solo attraverso il nostro dialogo, evitando ogni forma di pregiudizio e di idee stereotipate sugli altri e testimoniando fedelmente i nostri precetti ed insegnamenti religiosi, che possiamo realmente superare i conflitti”. Infine si ribadisce che “il dialogo fra seguaci di diverse religioni è oggi il cammino necessario, ed è davvero l’unico cammino percorribile per noi credenti. Collaborando insieme possiamo fare molto per costruire una società armoniosa ed un mondo pacifico”.
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 07:45.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com