Lc: 10,21/bambini/Angeli

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barnabino
00martedì 14 marzo 2006 21:21
Cari Teodoro,

Sinceramente non vedo nessuna difficoltà in quello che dite, nepios indica un bambino, anche se non è specifico per un bambino in fasce, e metaforicamente può indicare colooro che sono inesperti o semplici come dei bambini. Non capisco davvero da dove nasca la vostra polemica sul fatto che la maggioranza di traduzioni anglosassoni lo renda con "bambino", la trovo del tutto ingiustificata, al di là di come possa renderla la CEI la TNM io trovo entrambe le traduzioni corretta. Certo mi pare che "piccoli" sia meglio reso da "mikros" ma naturalemente non vedo nessun problema in questa traduzione.


Mi starebbe benissimo il tuo discorso in linea di principio, se poi applicassi coerentemente lo stesso metodo in ogni contesto.



Non mi pare che questo sia, a tua detta, una sessione per discutere i principi di una determinata traduzione, che per altro sostieni che non si debba neppure prendere in considerazione, per cui non capisco il motivo di questa tua osservazione off topic. Qui discutiamo della traduzione di nepios, dimentica per un memento la TNM (da cui sembri ossessionato) e ricorda che le maggiori traduzioni anglosassoni, a cui hanno lavorato filologi di indubbia competenza, rendono con "bambini".

Io penso che facciano bene, perchè non è una buona norma traduttiva quella di applicare un principio in modo "meccanico" e nessun traduttore è tanto ingenuo da pensare neppure che sia possibile. Ogni contesto è a sé e il traduttore può decidere come rendere una metafora, l'importante è non tradire il testo stesso, ma, sinceramente, non mi pare che rendere Luca 10,21 con "piccoli" o "bambini" renda quella metafora più o meno comprensibile.

Ciao [SM=x511460]

1x2x
00giovedì 21 giugno 2007 16:20
fides
“Malattie rare e screening neonatale: il miraggio della prevenzione”. A Roma il convegno sulla diagnosi precoce delle malattie rare
Roma (Agenzia Fides) - Il prossimo 26 giugno a Roma, in Campidoglio, Istituzioni, Associazioni di Pazienti e Mondo Accademico si confronteranno sul tema della diagnosi precoce delle malattie rare nel Convegno “Malattie rare e screening neonatale: il miraggio della prevenzione” promosso dall’Associazione Giuseppe Rossetti
In particolare si insisterà sull’opportunità di rendere obbligatorio lo screening neonatale per quelle malattie genetiche rare per le quali è disponibile una terapia farmacologia e/o dietetica di comprovata efficacia. Oggi lo screening neonatale diagnostica molte delle malattie rare per le quali è disponibile una cura. E’ sufficiente un prelievo di sangue dal tallone del bambino, lo stesso che avviene già per lo screening attualmente previsto dalla legge, per arrivare a una diagnosi corretta e per salvare molte vite umane.
La diagnosi precocissima di alcune malattie genetiche rare dall’andamento gravemente degenerativo, e soprattutto di quelle che oggi non sono più orfane di un trattamento efficace, determinerebbe risultati di grande portata. Tra i più importanti, la possibilità di salvare la vita dei bambini affetti dalle forme più gravi e quello di iniziare la terapia prima che i danni causati dalla malattia ai diversi organi interessati siano irrimediabili nelle forme meno severe.

[Modificato da mioooo 19/07/2007 11.57]

mioooo
00sabato 7 luglio 2007 09:52
Re: fides

Scritto da: 1x2x 21/06/2007 16.20
“Malattie rare e screening neonatale: il miraggio della prevenzione”. A Roma il convegno sulla diagnosi precoce delle malattie rare
Roma (Agenzia Fides) - Il prossimo 26 giugno a Roma, in Campidoglio, Istituzioni, Associazioni di Pazienti e Mondo Accademico si confronteranno sul tema della diagnosi precoce delle malattie rare nel Convegno “Malattie rare e screening neonatale: il miraggio della prevenzione” promosso dall’Associazione Giuseppe Rossetti
In particolare si insisterà sull’opportunità di rendere obbligatorio lo screening neonatale per quelle malattie genetiche rare per le quali è disponibile una terapia farmacologia e/o dietetica di comprovata efficacia. Oggi lo screening neonatale diagnostica molte delle malattie rare per le quali è disponibile una cura. E’ sufficiente un prelievo di sangue dal tallone del bambino, lo stesso che avviene già per lo screening attualmente previsto dalla legge, per arrivare a una diagnosi corretta e per salvare molte vite umane.
La diagnosi precocissima di alcune malattie genetiche rare dall’andamento gravemente degenerativo, e soprattutto di quelle che oggi non sono più orfane di un trattamento efficace, determinerebbe risultati di grande portata. Tra i più importanti, la possibilità di salvare la vita dei bambini affetti dalle forme più gravi e quello di iniziare la terapia prima che i danni causati dalla malattia ai diversi organi interessati siano irrimediabili nelle forme meno severe.



Lo so che è un mattone ma volevo riporre un pò di fede nel rapporto con i Bambini e gli Angeli

La partecipazione degli angeli nella storia della salvezza
Udienza Generale — 6 Agosto 1986
1. Nelle recenti catechesi abbiamo visto come la Chiesa, illuminata dalla luce proveniente dalla Sacra Scrittura, ha professato lungo i secoli la verità sull'esistenza degli angeli come esseri puramente spirituali, creati da Dio. Lo ha fatto fin dall'inizio con il simbolo niceno-costantinopolitano e lo ha confermato nel Concilio Lateranense IV (1215), la cui formulazione è ripresa dal Concilio Vaticano I nel contesto della dottrina sulla creazione: Dio «creò insieme dal nulla fin dall'inizio del tempo l'una e l'altra creatura, quella spirituale e quella corporea, cioè l'angelica e la terrena, e quindi creò la natura umana come ad entrambi comune, essendo costituita di spirito e di corpo» [1] . Ossia: Dio creò fin dal principio entrambe le realtà : quella spirituale e quella corporale, il mondo terreno e quello angelico. Tutto ciò egli creò insieme («simul») in ordine alla creazione dell'uomo, costituito di spirito e di materia e posto secondo la narrazione biblica nel quadro di un mondo già stabilito secondo le sue leggi e già misurato dal tempo («deinde»).

2. Assieme all'esistenza, la fede della Chiesa riconosce certi tratti distintivi della natura degli angeli. Il loro essere puramente spirituale implica prima di tutto la loro non materialità e la loro immortalità . Gli angeli non hanno «corpo» (anche se in determinate circostanze si manifestano sotto forme visibili in ragione della loro missione a favore degli uomini) e quindi non sono soggetti alla legge della corruttibilità che accomuna tutto il mondo materiale. Gesù stesso, riferendosi alla condizione angelica, dirà che nella vita futura i risorti «non possono più morire, perché sono uguali agli angeli» (Lc 20,36).

3. In quanto creature di natura spirituale, gli angeli sono dotati di intelletto e di libera volontà , come l'uomo, ma in grado a lui superiore, anche se sempre finito, per il limite che è inerente a tutte le creature. Gli angeli sono quindi esseri personali e, in quanto tali, sono anch'essi a «immagine e somiglianza» di Dio. La Sacra Scrittura si riferisce agli angeli adoperando anche appellativi non solo personali (come i nomi propri di Raffaele, Gabriele, Michele), ma anche collettivi» (come le qualifiche di Serafini, Cherubini Troni, Potestà , Dominazioni, Principati), così come opera una distinzione tra angeli e arcangeli. Pur tenendo conto del linguaggio analogico e rappresentativo del testo sacro, possiamo dedurre che questi esseri-persone, quasi raggruppati in società , si suddividono in ordini e gradi, rispondenti alla misura della loro perfezione e ai compiti loro affidati. Gli autori antichi e la stessa liturgia parlano anche dei cori angelici (nove, secondo Dionigi l'Areopagita). La teologia, specialmente quella patristica e medievale, non ha rifiutato queste rappresentazioni cercando invece di darne una spiegazione dottrinale e mistica, ma senza attribuirvi un valore assoluto. San Tommaso ha preferito approfondire le ricerche sulla condizione ontologica, sull'attività conoscitiva e volitiva e sulla elevazione spirituale di queste creature puramente spirituali, sia per la loro dignità nella scala degli esseri, sia perché in loro poteva meglio approfondire le capacità e le attività proprie dello spirito allo stato puro, traendone non poca luce per illuminare i problemi di fondo che da sempre agitano e stimolano il pensiero umano: la conoscenza, l'amore, la libertà , la docilità a Dio, il raggiungimento del suo regno.

4. Il tema cui abbiamo accennato potrà sembrare «lontano» oppure «meno vitale alla mentalità dell'uomo moderno. Eppure la Chiesa, proponendo con franchezza la totalità della verità su Dio Creatore anche degli angeli, crede di recare un grande servizio all'uomo. L'uomo nutre la convinzione che in Cristo, Uomo Dio, è lui (e non gli angeli) a trovarsi al centro della divina rivelazione. Ebbene, l'incontro religioso con il mondo degli esseri puramente spirituali diventa preziosa rivelazione del suo essere non solo corpo ma anche spirito, e della sua appartenenza a un progetto di salvezza veramente grande ed efficace, entro una comunità di esseri personali che per l'uomo e con l'uomo servono il disegno provvidenziale di Dio.

5. Notiamo che la Sacra Scrittura e la Tradizione chiamano propriamente angeli quegli spiriti puri che nella fondamentale prova di libertà hanno scelto Dio, la sua gloria e il suo regno. Essi sono uniti a Dio mediante l'amore consumato che scaturisce dalla beatificante visione, faccia a faccia, della santissima Trinità . Lo dice Gesù stesso: «Gli angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli» (Mt 18,10). Quel «vedere sempre la faccia del Padre» è la manifestazione più alta dell'adorazione di Dio. Si può dire che essa costituisce quella «liturgia celeste», compiuta a nome di tutto l'universo, alla quale incessantemente si associa la terrena liturgia della Chiesa, specialmente nei suoi momenti culminanti. Basti qui ricordare l'atto col quale la Chiesa, ogni giorno e ogni ora, nel mondo intero, prima di dare inizio alla preghiera eucaristica nel cuore della santa Messa, si richiama «agli angeli e agli arcangeli» per cantare la gloria di Dio tre volte santo, unendosi così a quei primi adoratori di Dio, nel culto e nell'amorosa conoscenza dell'ineffabile mistero della sua santità .

6. Sempre secondo la rivelazione, gli angeli, che partecipano alla vita della Trinità nella luce della gloria, sono anche chiamati ad avere la loro parte nella storia nella salvezza degli uomini, nei momenti stabiliti dal disegno della divina Provvidenza. «Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvezza?», domanda l'autore della lettera agli Ebrei (1,14). E questo crede e insegna la Chiesa, in base alla Sacra Scrittura dalla quale apprendiamo che compito degli angeli buoni è la protezione degli uomini e la sollecitudine per la loro salvezza. Troviamo queste espressioni in diversi passi della Sacra Scrittura, come ad esempio nel Salmo 90 già più volte citato: «Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede» (Sal 91,11-12). Gesù stesso, parlando dei bambini e ammonendo di non dar loro scandalo, si richiama ai «loro angeli» (Mt 18,10); attribuisce inoltre agli angeli la funzione di testimoni nel supremo giudizio divino sulla sorte di chi ha riconosciuto o ha rinnegato il Cristo: «Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell'uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio» (Lc 12,8-9). Queste parole sono significative perché se gli angeli prendono parte al giudizio di Dio, sono interessati alla vita dell'uomo. Interesse e partecipazione che sembrano ricevere una accentuazione nel discorso escatologico, nel quale Gesù fa intervenire gli angeli nella parusia, ossia nella definitiva venuta di Cristo alla fine della storia (cf. Mt 24,31; 25,31.41).

7. Tra i libri del Nuovo Testamento, sono specialmente gli Atti degli apostoli che ci fanno conoscere alcuni fatti che attestano la sollecitudine degli angeli per l'uomo e per la sua salvezza. Così, quando l'angelo di Dio libera gli apostoli dalla prigione e prima di tutto Pietro, che era minacciato di morte dalla mano di Erode. O quando guida l'attività di Pietro nei riguardi del centurione Cornelio, il primo pagano convertito, e analogamente l'attività del diacono Filippo lungo la via da Gerusalemme a Gaza.

Da questi pochi fatti citati a titolo esemplificativo, si comprende come nella coscienza della Chiesa abbia potuto formarsi la persuasione sul ministero affidato agli Angeli in favore degli uomini. Perciò la Chiesa confessa la sua fede negli angeli custodi, venerandoli nella liturgia con una festa apposita, e raccomandando il ricorso alla loro protezione con una preghiera frequente, come nell'invocazione dell'«Angelo di Dio». Questa preghiera sembra fare tesoro delle belle parole di san Basilio: «Ogni fedele ha accanto a sé un angelo come tutore e pastore, per portarlo alla vita» [2] .

8. E infine opportuno notare che la Chiesa onora con culto liturgico tre figure di angeli, che nella Sacra Scrittura sono chiamati per nome. Il primo è Michele arcangelo (cf. Dn 10,13.20; Ap 12,7; Gd 9). Il suo nome esprime sinteticamente l'atteggiamento essenziale degli spiriti buoni. «Mica-El» significa infatti: «Chi come Dio?». In questo nome si trova dunque espressa la scelta salvifica grazie alla quale gli angeli «vedono la faccia del Padre» che è nei cieli. Il secondo è Gabriele: figura legata soprattutto al mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio. Il suo nome significa: «la mia potenza è Dio» oppure «potenza di Dio», quasi a dire che, al culmine della creazione, l'incarnazione è il segno supremo del Padre onnipotente. Infine il terzo arcangelo si chiama Raffaele. «Rafa-El» significa: «Dio guarisce». Egli ci è fatto conoscere dalla storia di Tobia nell'Antico Testamento (cf. Tb 12,15ss), così significativa circa l'affidamento agli angeli dei piccoli figli di Dio, sempre bisognosi di custodia, di cura e di protezione.

A ben riflettere si vede che ciascuna di queste tre figure - Mica-El, Gabri-El, Rafa-El - riflette in modo particolare la verità contenuta nella domanda sollevata dall'autore della lettera agli Ebrei: «Non sono forse essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvezza?» (Eb 1,14).

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