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Che cos'è un papa? e la loro Storia

Ultimo Aggiornamento: 21/10/2014 12:23
04/02/2007 23:55
 
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Ora che sono tornato rimetto mano a questo post, al quale tempo fa diedi avvio. Prima di iniziare vorrei chiarire quali sono gli obiettivi di questa mia ricognizione. Lo scopo non è dimostrare con argomenti teologici la struttura episcopale della Chiesa né mettermi a discutere se il Papa sia o meno il successore di Pietro (sono appena uscito da una discussione sull’argomento se ben rammentate). Questo post serve unicamente a spiegare che cosa in base alla teologia cattolica il Papa dice di se stesso, e lo faccio in prospettiva ecumenica; quando dico ecumenica intendo che serve per il dialogo con l'unica Chiesa che non sia eretica: gli ortodossi. L’altro cosiddetto ecumenismo non è altro che un insieme di baci e abbracci, che non ha alcuna possibilità di trovare una mediazione tra le due posizioni, in quanto l'unico di avvicinamento possibile è la conversione. Al contrario, come è noto, non è corretto parlare di conversione dal cattolicesimo all'ortodossia e viceversa, giacché essendo entrambe le successioni apostoliche valide ciascun battezzato del cristianesimo d'Oriente o d'Occidente si trova già nella Chiesa di Cristo. Si può scegliere di passare da una o dall'altra parte per delle sottigliezze, ma suppongo che la gente illuminata in entrambi gli schieramenti non pensi di trovarsi davanti a degli eretici. Questo messaggio serve dunque a tentare di ridiscutere la posizione del vescovo di Roma in modo che possa essere compatibile e accettabile con il resto della Chiesa di Cristo, si danno cioè per scontate le basi della teologia ortodossa. Non entrerò dunque in questioni quali l'attestazione che i vescovi siano i successori degli apostoli o che i concili siano infallibili: poiché questa discussione serve unicamente a mettere in luce ciò che a mio avviso può essere il ruolo del ministero petrino nella Chiesa di Cristo, si dà per scontata la teologia che ortodossi e cattolici condividono in quanto membri della suddetta Chiesa. Questa non è cioè una discussione contro i protestanti o per dialogare con i protestanti, gradirei dai protestanti che mi dicessero se gli ortodossi a loro avviso potrebbero accettare un'impostazione simile, infatti che loro in quanto protestanti non l'accetterebbero lo so già perfettamente.
Per delineare quale dev'essere il ruolo del vescovo di Roma in prospettiva ecumenica mi baserò su quello che ritengo lo studio più “avanzato”(leggi a-dogmatico) in materia, esponendo le tesi assunte da Tillard nella sua opera "Il vescovo di Roma" edizioni Queriniana, che a suo tempo fece parecchio scalpore. È ovvio che questa posizione pur venendo da un domenicano non corrisponde ad alcuna indicazione precisa del magistero cattolico, infatti su questi argomenti sta lavorando il dialogo ecumenico proprio in questi anni. Ne consegue che non troverete queste cose sul sito dei legionari di Cristo, bensì nelle opere dei pochi illuminati che da entrambe le parti cercano la conciliazione. Si discuterà inoltre la proposizione, secondo molti insensata quanto alla sua formulazione, in base alla quale si deve ritornare all'esercizio del primato “com'era nel primo millennio”, e ciò è problematico in quanto non è esistito un unico modello di esercizio. Se la ricerca storica volesse trovare il primato petrino facendo una ricerca in cui venisse evidenziato il minimo comune denominatore di questo esercizio in tutte le epoche non si arriverebbe a nulla, perché non è mai esistito un modo uniforme di esercitarlo. Mi pare magistrale su questo punto un documento della Congregazione per la dottrina della fede che fu redatto a seguito di un simposio internazionale di studi sul primato petrino tenutosi in Vaticano. In tale documento si dice quanto segue:
“Anche per questo, l'immutabile natura del Primato del Successore di Pietro si è espressa storicamente attraverso modalità di esercizio adeguate alle circostanze di una Chiesa pellegrinante in questo mondo mutevole. I contenuti concreti del suo esercizio caratterizzano il ministero petrino nella misura in cui esprimono fedelmente l'applicazione alle circostanze di luogo e di tempo delle esigenze della finalità ultima che gli è propria (l'unità della Chiesa). La maggiore o minore estensione di tali contenuti concreti dipenderà in ogni epoca storica dalla necessitas Ecclesiae. Lo Spirito Santo aiuta la Chiesa a conoscere questa necessitas ed il Romano Pontefice, ascoltando la voce dello Spirito nelle Chiese, cerca la risposta e la offre quando e come lo ritiene opportuno.
Di conseguenza, non è cercando il minimo di attribuzioni esercitate nella storia che si può determinare il nucleo della dottrina di fede sulle competenze del Primato. Perciò, il fatto che un determinato compito sia stato svolto dal Primato in una certa epoca non significa da solo che tale compito debba necessariamente essere sempre riservato al Romano Pontefice; e, viceversa, il solo fatto che una determinata funzione non sia stata esercitata in precedenza dal Papa non autorizza a concludere che tale funzione non possa in alcun modo esercitarsi in futuro come competenza del Primato.
In ogni caso, è fondamentale affermare che il discernimento circa la congruenza tra la natura del ministero petrino e le eventuali modalità del suo esercizio è un discernimento da compiersi in Ecclesia, ossia sotto l'assistenza dello Spirito Santo e in dialogo fraterno del Romano Pontefice con gli altri Vescovi, secondo le esigenze concrete della Chiesa" (Il primato del successore di Pietro nel ministero della Chiesa 12-13)
Se la funzione del vescovo di Roma così com'è concepita dai cattolici è l'unità della Chiesa allora come può avvenire questo ufficio? Ha senso ancora cercare un’essenza minima di tale primato visto quanto detto sopra, ossia che a seconda delle situazioni cambiano le necessità e dunque la canonistica non deve diventare una catena per il modo imperscrutabile di agire dello Spirito? Bisogna non cercare un essenza ma limitarsi a delle linee guida? L’unico elemento su cui mi sento d’essere sicuro è che della necessità di un punto di riferimento per l'unità dei cristiani è maestra la storia. Come i più aggiornati sanno la Chiesa anglicana, che si basa su una struttura episcopale, e a un passo dallo scisma a causa dell'ordinazione di un vescovo donna e anche di vescovi gay(il plurale è del tutto voluto). La maggior parte della Chiesa, nei due rami anglicano ed episcopaliano, è contro queste ordinazioni, e giacché paradossalmente la maggior parte dei fedeli anglicani non sta né in Inghilterra né negli Stati Uniti bensì in Africa, dove i cristiani sono spesso discendenti dai coloni o comunque neri cristianizzati, si sta profilando l'idea di uno scisma all'interno della comunione anglicana tra Nord del mondo progressista e Sud conservatore, ma anche all'interno dello stesso Nord specie negli Usa. Di recente l'arcivescovo di Canterbury ha affermato che per mettere fine alle divisioni gli piacerebbe per una volta avere un po' di potere papale, e io sospetto che una cosa simile la pensi il patriarca di Costantinopoli di fronte all'arroganza di quello di Mosca e all'impotenza del Santo sinodo nel risolvere questo problema. Si può dunque trovare una forma di primato che non cancelli la forma dell'episcopato ma anzi derivi da essa,una forma di primato al servizio dell'unità che possa andar bene anche alla teologia ortodossa? Questo allo scopo della discussione. Mi si rimprovera la lunghezza, e dunque sarà a puntate, anche perché devo cucinarvi due capitoli di Tillard e leggerli di fila è impossibile.
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
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