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Miti e Fatti Ebrei - Palestina

Ultimo Aggiornamento: 05/08/2014 10:40
05/10/2007 17:09
 
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Insediamenti, di Mitchell G.Bard

Miti da confutare

24.a. "Israele non ha diritto di risiedere in Cisgiordania. Gli
insediamenti israeliani sono illegali."
24.b. "Gli insediamenti sono un ostacolo per la pace"
24.c. "La Convenzione di Ginevra proibisce la costruzione di
insediamenti ebraici nei territori occupati"
24.d. "Israele ha insediato provocatoriamente gli Ebrei
prevalentemente nelle città arabe, e ha stabilito così tanti elementi
che il compromesso territoriale non è più possibile."
24.e. "Israele deve evacuare tutti gli insediamenti ebraici prima che
si possa realizzare un accordo di pace coi palestinesi"
24.f. "A Camp David, durante la presidenza di Jimmy Carter, Israele
ha accettato di fermare la costruzione degli insediamenti per cinque
anni. Durante i mesi, Israele ha violato gli accordi, instaurando
nuovi insediamenti in Cisgiordania."
24.g. "Il contributo finanziario americano fornisce ad Israele
miliardi di dollari provenienti dai contribuenti americani che sono
stati usati per costruire insediamenti in Cisgiordania e nella
striscia di Gaza per dare alloggio agli Ebrei sovietici."
24.h. "Israele non ha diritto di costruire le case in Har Homa perché
è parte della Gerusalemme Est araba ed è quindi un altro progetto di
insediamenti che impedisce la pace"
24.i. "Il rapporto Mitchell ha chiarito che la politica di
insediamenti israeliana va considerata come causa del crollo del
processo di pace tanto quanto la violenza palestinese, e che un
congelamento degli insediamenti è necessario per arrestare le
violenze."
24.l. "Chiunque difenda gli insediamenti razionalizza la perpetua
occupazione del popolo palestinese e della sua terra"
24.m. "Gli accordi di pace che Israele ha firmato con i palestinesi
proibiscono l'attività di insediamento"
24.n. "La Croce Rossa ha dichiarato che gli insediamenti israeliani
sono un crimine di guerra"

[I miti in dettaglio]

24.a. MITO

"Israele non ha diritto di risiedere in Cisgiordania. Gli
insediamenti israeliani sono illegali."

24.a. FATTI

Gli Ebrei hanno vissuto in Giudea e Samaria - la Cisgiordania - sin
dai tempi antichi. L'unica volta in cui agli Ebrei fu proibito di
vivere nei territori nei decenni recenti fu durante il governo
Giordano dal 1948 al 1967. La proibizione era contrario al Mandato
per la Palestina, adottato dalla Lega delle Nazioni, che prevedeva
l'insediarsi di uno stato ebraico, e incoraggiava
specificatamente "un insediamento vicino degli Ebrei alla Terra."
Numerose autorità legali disputano la questione se gli insediamenti
sono "illegali".
Il professore di legge internazionale Stephen Schwebel sottolinea che
un paese che agisce con l'autodifesa può misurare ed occupare il
territorio quand'è necessario per proteggersi.
Schwebel osserva inoltre che uno stato può richiedere, come
condizione per il suo ritiro da un territorio, delle misure di
sicurezza disegnate per assicurare ai suoi cittadini di non essere
nuovamente minacciati da quel territorio. [1]

Secondo Eugen Rostow, il precedente Sottosegretario di Stato agli
Affari Politici dell'amministrazione Johnson, la risoluzione 242 da
ad Israele il diritto legale di trovarsi in Cisgiordania. La
risoluzione, osserva Rostow, "permette ad Israele di amministrare i
territori" ottenuti nel 1967 "finché non venga realizzata una pace
giusta e duratura nel medio oriente".[2]


24.b. MITO

"Gli insediamenti sono un ostacolo per la pace"

24.b. FATTI

Gli insediamenti non sono mai stati un ostacolo per la pace.

Dal 1949 al 1967, quando agli Ebrei era proibito di vivere in
Cisgiordania, gli Arabi si rifiutarono di firmare la pace con Israele.
Dal 1967 al 1977, il partito laburista stabilì solo alcuni
insediamenti strategici nei territori, eppure gli arabi non volevano
negoziare la pace con Israele.
Nel 1977, mesi dopo che il governo del Likud, impegnato ad ampliare
l'attività di insediamenti, prese potere, il Presidente egiziano
Sadat andò a Gerusalemme e firmò in seguito il trattato di pace con
Israele. Per caso, esistevano degli insediamenti israeliani nel Sinai
e quelli furono rimossi come parte dell'accordo con l'Egitto.
L'anno dopo, Israele congelò la costruzione di insediamenti per tre
mesi, sperando che questo gesto avrebbe incitato gli altri arabi a
partecipare al processo di pace di Camp David. Ma nessuno lo fece.
Nel 1994, la Giordania firmò un accordo di pace con Israele e gli
insediamenti non erano stati presi in questione. Oltretutto il numero
di Ebrei che viveva nei territori stava crescendo.
Tra il giugno del 1992 e il giugno del 1996 sotto il governo guidato
dai laburisti, la popolazione ebraica nei territori, crebbe
all'incirca del 50%. Questa rapida crescita non impedì ai palestinesi
di firmare gli accordo di Oslo nel settembre 1993 o gli accordi di
Oslo2 nel settembre 1995.
Nel 2000 il primo ministro Ehud Barak offrì di smantellare dozzine di
insediamenti, ma i palestinesi non hanno accettato di terminare il
conflitto.

L'attività degli insediamenti può essere uno stimolo al processo di
pace perché ha forzato i palestinesi e gli arabi a riconsiderare il
fatto che il tempo è dalla loro parte.
Sono frequenti i riferimenti negli scritti arabi a proposito di
quanto tempo fu necessario per espellere i Crociati e quanto tempo
potrebbe prendere per fare lo stesso con i Sionisti.
La crescita della popolazione ebraica nei territori ha forzato gli
arabi a mettere in discussione questo principio.
"I palestinesi realizzano ora", disse il sindaco di Betlemme Elias
Freij, "che il tempo ora è dal lato d'Israele, che può costruire gli
insediamenti e creare dati di fatto, e che la sola via d'uscita da
questo dilemma sono le negoziazioni faccia a faccia." [3]

Molti israeliani, nonostante ciò, hanno dubbi sull'espansione degli
insediamenti. Alcuni li considerano una provocazione, altri temono
che i coloni siano particolarmente vulnerabili, e sono stati
obiettivo di ripetuti attacchi terroristici palestinesi.
Per difenderli, viene schierato un grande numero di soldati che
sarebbe altrimenti allenato e preparato per un possibile conflitto
con l'esercito arabo.
Alcuni israeliani obiettano inoltre che la quantità di denaro che va
alle comunità oltre la linea verde, e i sussidi speciali che sono
stati forniti per rendere le loro case più affidabili.
Altri sentono ancora che i coloni forniscono una prima linea di
difesa e di sviluppo della terra che appartiene giustamente ad
Israele.
La disposizione degli insediamenti è una questione per le
negoziazioni dello stato finale. La questione di dove sarà il confine
estremo tra Israele e un'entità palestinese sarà verosimilmente
influenzato dalla distribuzione di queste città ebraiche.
Israele vuole incorporare quanti più coloni possibile dentro i suoi
confini mentre i palestinesi vogliono espellere tutti gli ebrei dal
territorio che loro controllano.
Se Israele si ritirasse entro i confini del 1967 unilateralmente, o
come parte di un insediamento politico, molti coloni dovrebbero
affrontare una o più opzioni: rimanere nei territori, essere espulsi
dalle loro case, o reinsediarsi volontariamente in Israele.
L'impedimento alla pace non è l'esistenza di questi insediamenti, è
la riluttanza palestinese di accettare uno stato a fianco di Israele
anziché uno al posto di Israele.

24.c. MITO

"La Convenzione di Ginevra proibisce la costruzione di insediamenti
ebraici nei territori occupati"

24.c. FATTI

La Quarta Convenzione di Ginevra proibisce il trasferimento forzato
di persone di uno stato in un territorio di un altro stato che ha
occupato come conseguenza di una guerra.
L'intenzione era quella di assicurare che le popolazioni locali che
si erano trovate sotto occupazione che non sarebbero state costrette
a trasferirsi.
Questo non è in alcun modo rilevante rispetto alla questione degli
insediamenti. Gli Ebrei non sono stati costretti ad andare in
Cisgiordania e nella striscia di Gaza; al contrario, sono ritornati
ai luoghi
dove loro, o i loro predecessori, una volta avevano vissuto prima di
essere espulsi da terzi.
Inoltre questi territori non sono mai appartenuti legalmente, né alla
Giordania né all'Egitto, e certamente nemmeno ai palestinesi, che non
hanno mai avuto l'autorità in alcuna parte della Palestina.
"Il diritto ebraico di insediamento nell'area è equivalente in tutti
i sensi al diritto della popolazione locale di vivere lì," secondo il
Professor Eugene Rostow, precedente Sottosegretario di Stato agli
Affari Politici. [4]
Per motivi di prudenza, inoltre, Israele non requisisce le terre
private per stabilirvi degli insediamenti.
La costruzione di case è permessa su terre private solo dopo che è
stato determinato che non ci siano diritti privati violati. Gli
insediamenti non spostano inoltre gli arabi che vivono nei territori.
I media a volte danno l'impressione che per ogni Ebreo che si muove
in Cisgiordania, diverse centinaia di Palestinesi sono costretti a
spostarsi. La verità è che la vasta maggioranza degli insediamenti è
stata costruita in aree disabitate e anche la manciata di
insediamenti stabiliti dentro o presso città arabe non hanno
costretto mai nessun palestinese ad andarsene.

24.c. LA FRASE CELEBRE

"Gli insediamenti nelle diverse parti della cosiddetta area
occupata... [sono stati] il risultato di una guerra che loro [gli
israeliani] hanno vinto"
Segretario alla Difesa Statunitense, Donald Rumsfeld [4a]



24.d. MITO

"Israele ha insediato provocatoriamente gli Ebrei prevalentemente
nelle città arabe, e ha stabilito così tanti elementi che il
compromesso territoriale non è più possibile."

24.d. FATTI

Complessivamente, l'area degli insediamenti costruiti è di meno del
2% di tutti i territori disputati. Circa l'80% dei coloni vive in
quelli che sono in effetti delle periferie delle maggiori città
israeliane, come Gerusalemme e Tel Aviv. Queste sono aree che
potenzialmente l'intera popolazione ebraica ritiene Israele debba
trattenere per assicurarsi la propria sicurezza, e anche il
presidente Clinton, sottolineò nel Dicembre 2000 che sarebbero dovute
rimanere sotto l'autorità permanente Israeliana.[4b]

Questioni strategiche hanno portato sia i laburisti che il governo
del Likud a stabilire degli insediamenti. L'obiettivo è di
assicurarsi una maggioranza ebraica in regioni chiave della
Cisgiordania, come il corridoio Tel Aviv - Gerusalemme, sfondo di
pesanti scontri in svariate guerre arabo-israeliane.
Inoltre, quando cominciarono i colloqui di pace arabo-israeliani nel
tardo 1991, più dell'80% della Cisgiordania non conteneva
insediamenti o al massimo alcuni popolati in modo sparso. [5]

Oggi circa 225.000 Ebrei vivono in circa 150 comunità in
Cisgiordania. La sovrastante maggioranza di questi insediamenti ha
meno di 1.000 abitanti, e diversi di essi hanno solo alcune dozzine
di residenti. Gli analisti hanno sottolineato che l'80% degli ebrei
si potrebbe portare all'interno dei confini israeliani con modifiche
minime della "Linea Verde".



24.e. MITO

"Israele deve evacuare tutti gli insediamenti ebraici prima che si
possa realizzare un accordo di pace coi palestinesi"

24.e. FATTI

L'implicazione delle diverse critiche fatte sugli insediamenti è che
sarebbe meglio ai fini della pace in Cisgiordania siano Judenrein
(svuotati dagli Ebrei). Questa idea sarebbe chiamata antisemita se
agli Ebrei venisse proibito di vivere a New York, o a Parigi, o a
Londra; vietargli di vivere nella Cisgiordania, la culla della
civiltà ebraica, non sarebbe meno discutibile.

Qualunque accordo di pace permetterebbe inevitabilmente agli Ebrei
che preferiscono vivere fuori dallo Stato d' Israele, sotto
l'autorità palestinese di vivere in Cisgiordania - così come gli
arabi oggi vivono in Israele.
Da nessun governo israeliano ci si aspetterebbe che questo
rinforzasse il tipo di politiche istituite dai britannici con cui
grandi aree della Palestina furono dichiarate "off-limits" per gli
Ebrei.


24.f. MITO

"A Camp David, durante la presidenza di Jimmy Carter, Israele ha
accettato di fermare la costruzione degli insediamenti per cinque
anni. Durante i mesi, Israele ha violato gli accordi, instaurando
nuovi insediamenti in Cisgiordania."

24.f. FATTI

Il periodo di cinque anni concordato a Camp David, fu un periodo
concesso ai palestinesi di auto-governo nei territori.
La moratoria israeliana sugli insediamenti in Cisgiordania concordata
dal Primo Ministro Menachem Begin fu di soli tre mesi. Begin mantenne
questo accordo.
La posizione israeliana sulla questione ricevette un supporto da una
fonte inaspettata: il presidente egiziano Anwar Sadat, che disse: "
Abbiamo concordato di congelare l'insediamento di colonie per i
prossimi tre mesi, il tempo necessario nelle nostre stime per firmare
il trattato di pace ". [6]
I palestinesi rifiutarono gli accordi di Camp David e perciò i
provvedimenti a loro relativi non furono mai realizzati.
Se avessero accettato i termini offerti da Begin, è molto probabile
che l'autorità auto-governativa si sarebbe sviluppata molto prima di
adesso nello stato che i palestinesi dicono di desiderare.



24.g. MITO

"Il contributo finanziario americano fornisce ad Israele miliardi di
dollari provenienti dai contribuenti americani che sono stati usati
per costruire insediamenti in Cisgiordania e nella striscia di Gaza
per dare alloggio agli Ebrei sovietici."

24.g. FATTI

Dal 1989, circa un milione di Ebrei è immigrato in Israele. La
maggioranza, circa l'80%, proveniva dall'ex Unione Sovietica. Israele
deve fornire a questi immigranti cibo, una casa, un impiego e
istruzione.
Il compito è ancor più difficile quando l'assorbimento è relativo ad
Ebrei di luoghi relativamente poco sviluppati come l'Etiopia, cui
spesso deve venire insegnato tutto, dall'utilizzo di una toilette al
come si ritirano i soldi da una banca.
Per affrontare queste sfide, Israele ha investito miliardi di
dollari. Oltretutto, la comunità degli Ebrei americani ha contribuito
con milioni di dollari attraverso l'Appello degli Ebrei Uniti della
campagna Operazione Exodus e di altre associazioni filantrope.
Nonostante ciò, l'incombenza era così gravosa che Israele si rivolse
agli USA per ricevere aiuto. Per mettere in prospettiva la sfida, si
consideri che gli USA - un paese di 250 milioni di persone, con un
prodotto nazionale di migliaia di miliardi di dollari - ammette circa
125mila rifugiati all'anno.
Solo nel 1990, in Israele sono immigrati 200mila Ebrei.
Gli USA hanno condotto il Mondo Libero ad assicurare la libertà degli
Ebrei Sovietici. Dal 1972, il Congrsso ha stanziato dei fondi per
aiutare lo stabilirsi degli Ebrei sovietici in Israele.
Dal 1992, 80 milioni di dollari sono stati stanziati a questo scopo.
Dopo che l'Unione Sovieticà aprì i suoi cancelli, il "rivolo" di
immigranti divenne un'inondazione - l'immigrazione da quel paese
arrivò alle stelle, da meno di 13mila persone nel 1989 a più di
185mila nel 1990. Israele in seguito chiese diversi tipi di aiuto.
Gli USA risposero nel 1990 approvando un prestito di 400 milioni di
dollari garantiti per aiutare Israele a dare una casa ai suoi nuovi
arrivati.

Le garanzie però non sono promesse - neanche un penny dei fondi
governativi americani è stato trasferito in Israele. Gli USA hanno
semplicemente cofirmato dei prestiti per Israele che danno ai
banchieri il permesso di prestare soldi ad Israele
in termini più favorevoli: rate di interesse inferiori e periodi di
rimborso più lunghi - fino a 30 anni anziché da cinque a sette.
Questo prestito inoltre garantisce di non avere effetti sui programmi
interni o sulle garanzie.
Inoltre non hanno impatto sui contribuenti americani, a meno che
Israele non venga meno ai suoi debiti,cosa che non è mai avvenuta.
Inoltre, parecchio del denaro preso in prestito da Israele viene
usato negli USA per comprare beni americani.

Quando fu chiaro che il fiume di rifugiati era ancora più grosso di
quanto anticipato, e decine di migliaia continuavano ad arrivare ogni
mese, Israele capì che era necessario un aiuto maggiore e chiese agli
Stati Uniti altre garanzie per 10 miliardi di dollari.

Nel 1992, il Congresso autorizzò il Presidente a fornire garanzie di
prestito ad Israele date come effetto dello sforzo straordinario da
parte d'Israele ad insediare ed assorbire emigranti.
Queste garanzie furono rese disponibili in un incremento annuale di
due miliardi di dollari in cinque anni.
Mentre il costo del governo USA era nullo, Israele pagava agli Stati
Uniti debiti annuali di diverse centinaia di milioni di dollari per
coprire costi amministrativi e non.

Secondo linee guida preesistenti, nessuna assistenza USA ad Israele
può essere utilizzata oltre i confini precedenti il 1967. Inoltre,
per sottolineare il malcontento relativo alle politiche israeliani di
insediamenti, il Presidente
fu autorizzato a ridurre le garanzie di prestito annuale di un
ammontare pari a quello stimato essere il valore delle attività
israeliani in Cisgiordania e nella striscia di Gaza intraprese lo
scorso anno.

Così, come indica la tabella, il dipartimento di Stato ha determinato
che Israele spendesse sotto 1.4 miliardi di dollari per l'attività di
insediamento dal 1993 al 1996. Il Presidente fu comunque autorizzato
a rescindere queste deduzioni nel caso in cui la resa disponibile di
fondi per Israele sia di interesse
per la sicurezza degli Stati Uniti. Il Presidente Clinton utilizzò
questa autorità negli ultimi tre anni del suo programma, così la
riduzione attuale nell'ammontare delle garanzie disponibili per
Israele era di 773.8 milioni di dollari.

I soldi connessi con gli insediamenti inoltre non hanno niente a che
fare con i nuovi immigranti, nessuno di loro è stato costretto a
vivere nei territori.
Infatti solo una piccola percentuale di essi ha deciso di farlo.

Con tutte le misure, il programma di prestito garantito degli USA è
stato un enorme successo.
Israele ha utilizzato i fondi principalmente per incrementare
l'ammontare della valuta corrente straniere nel settore d'affari del
paese
e per supportare progetti di infrastrutture, quali strade, ponti,
acque di scolo e piani elettrici.
Queste garanzie hanno inoltre aiutato Israele ha fornire case e
lavoro potenziali per tutti i nuovi immigranti.
La disoccupazione tra gli immigrati, che ha raggiunto l'apice al 35%,
è calata al 6%, circa lo stesso tasso del resto della popolazione.

Oltre a contribuire al successo Israeliano di assorbire immigrati
mantenendo una crescita economica, il programma di garanzie di
prestito ha inviato inoltre un forte messaggio
ai mercati capitali privati internazionali relativi alla fiducia che
gli USA hanno nell'abilità di Israele a sopportare questo potenziale
fardello economico.
Di conseguenza, il tasso di credito di Israele venne migliorato ed
Israele può prendere in prestito centinaia di milioni di dollari sui
mercati finanziari internazionali in modo indipendente.


24.h. MITO

"Israele non ha diritto di costruire le case ad Har Homa perché è
parte della Gerusalemme Est araba ed è quindi un altro progetto di
insediamenti che impedisce la pace"

24.h. FATTI

Costruire a Har Homa rappresenta l'ultima fase di un più vasto piano
municipale di costruzione di case per la città di Gerusalemme
cominciato nel 1968.
L'intera area di Har Homa è inferiore ai 460 acro. Quando il progetto
incominciò era completamente libera e non era adiacente a nessuna
popolazione araba.
La decisione originaria di proseguire le costruzione sull' Har Homa
fu presa dal Primo Ministro laburista Shimon Peres nel 1996; le
costruzioni non proseguire poiché la questione
era legata alle corti israeliane. La corte Suprema Israeliana
respinse gli appelli dei proprietari terrieri ebrei ed arabi e
approvò l'esproprio di terre per il progetto.
Gli espropri erano intrapresi sulla base del principio fondamentale
della legge collettiva del dominio eminente,che permette ai governi
di espropriare le terre dai proprietari privati per l'uso pubblico.
La maggior parte della terra , il 75%, fu espropriato agli ebrei.

Il piano di costruzione fu approvato dal governo Netanyahu dopo la
decisione della Corte di affrontare la grave scarsezza di case sia
tra gli arabi che tra gli ebrei a Gerusalemme.
Il progetto dovrà infine includere 6500 case, così come anche scuole,
parchi, edifici pubblici e commerciali e zone industriali.
I piani di costruzione per 3015 case nei 10 quartieri arabi di
Gerusalemme saranno implementati contemporaneamente al progetto per
Har Homa.

24.h. LA FRASE CELEBRE

"Credo che dovremmo annettere il quartiere di Har Homa, un quartiere
contro il quale il mio movimento ha combattuto una stupida campagna.
Har Homa ha una contiguità territoriale
con lo Stato d'Israele. Dire che Har Homa disturba la contiguità dei
territori palestinesi, e rendere ciò in una causa possibile per la
guerra è una sciocchezza, è idiozia."
Prof. Amiram Goldblum - Leader di Peace Now.[7]


24.i. MITO

"Il rapporto Mitchell ha chiarito che la politica di insediamenti
israeliana va considerata come causa del crollo del processo di pace
tanto quanto la violenza palestinese, e che un congelamento degli
insediamenti è necessario per arrestare le violenze."

24.i. FATTI

Nel Novembre del 2000, l'ex Senatore USA George Mithcell fu
incaricato di condurre una commissione di rilevamento degli eventi
per investigare la causa dell'Intifada di al-Aksa ed indagare su come
prevenire le violenze future.
Il rapporto redatto dalla sua commissione raccomandava di congelare
gli insediamenti - essendo una delle più di 15 differenti misure di
costruzione - ma Mitchell e Warren Rudman, un altro membro della
commissione resero chiaro che le attività di insediamento non erano
in alcun modo
paragonabili al terrorismo palestinese.
Affermarono esplicitamente in una lettera chiarificatrice il loro
punto di vista: "vogliamo proseguire e chiarire che non equipariamo
in nessun modo
il terrorismo palestinese con l'attività di insediamento israeliana,
né 'somiglianti' o altro".

Mitchell e Rudman hanno anche discusso l'idea che la cessazione della
costruzione di insediamenti ed il terrorismo fossero connessi.
"Lo scopo immediato deve essere il termine della violenza.... Parte
dello sforzo per la cessazione della violenza deve includere una
immediata ripresa della cooperazione per la sicurezza
tra il governo Israeliano e l'Autorità Palestinese, mirato a
prevenire la violenza e a combattere il terrorismo." Hanno aggiunto
poi, "Riguardo al terrorismo, chiamiamo l'Autorità palestinese, come
una misura di costruzione di fiducia, per rendere chiaro

con azioni concrete, che gli Israeliani e i Palestinesi sono uguali,
e che il terrore è riprovevole e inaccettabile, e che l'Autorità
Palestinese deve fare il massimo sforzo per prevenire le operazioni
terroristiche e per punire chi perpetra questi atti nella sua
giurisdizione." [8]


24.l. MITO

"Chiunque difenda gli insediamenti razionalizza la perpetua
occupazione del popolo palestinese e della sua terra"

24.l. FATTI

Mentre fa un forte caso per i suoi diritti nei territori, il governo
Israeliano riconosce anche che i palestinesi hanno pretese legittime
su quell' area e che il compromesso si può raggiungere attraverso le
negoziazioni:

Politicamente, la Cisgiordania e la Striscia di Gaza sono meglio
definiti come territori sui quali ci sono pretese competitive che
dovrebbero essere risolte con le negoziazioni in un processo di pace.
Israele ha rivendicazioni valide da affermare in questo territorio
basate
non solo sulle sue connessioni storiche e religiosa con la terra, ed
anche per le sue riconosciute ragioni di sicurezza, ma anche sul
fatto che il territorio non era sotto la sovranità di alcuno state e
che divenne sotto il controllo israeliano in una guerra di auto
difesa, imposta ad Israele.
Allo stesso tempo, Israele riconosce che i palestinesi hanno delle
rivendicazioni legittime su quell'area. Infatti, il fatto che
entrambe le parti abbiano accettato di condurre negoziazioni sugli
insediamenti indica che considerano un compromesso su tale questione.
[9]

Infatti, durante le negoziazioni del 2000 di Camp David alla Casa
Bianca, il Primo Ministro Barak comunicò ufficialmente di offrire lo
smantellamento di almeno 63 territori.[10]. I Palestinesi rifiutarono
tale proposta.


24.m. MITO

"Gli accordi di pace che Israele ha firmato con i palestinesi
proibiscono l'attività di insediamento"

24.m. FATTI

Né la Dichiarazione dei Principi del 13 Settembre 1993, né l'Accordo
a Interim contengono alcun provvedimento che proibisce o restringe
l'insediamento o l'espansione delle comunità ebraiche nella
Cisgiordania o nella Striscia di Gaza.
Con la clausola negli accordi che proibisce il cambiamento nello
stato dei territori, si intendeva assicurare solo che nessuno dei due
lati prendesse misure unilaterali per modificare lo stato legale
delle aree (come l'annessione o la dichiarazione di sovranità)

24.n. MITO

"La Croce Rossa ha dichiarato che gli insediamenti israeliani sono un
crimine di guerra"

24.n. FATTI

Il rappresentate a Gerusalemme della Commissione Internazionale a
Gerusalemme (ICRC), Rene Kosimik, il 17 maggio 2001 ha
affermato, "L'insediamento di una popolazione di un potere occupante
nel territorio occupato è considerato un movimento illegale, è una
violazione grave. Soprattutto è un crimine di guerra." Il deputato
Eliot Engel protestò presso il Presidente dell'ICRC, Jakob
Kellenberger, che rispose, "L'espressione crimine di guerra non è
stata usata dall'ICRC in relazione con gli insediamenti Israeliani
nei territori occupati nel passato e non sarà mai più usata nel
contesto attuale." Ha aggiunto inoltre, "il riferimento fatto ad essi
del 17 maggio era inappropriato e non sarà ripetuto" [11]

24.n. La FRASE CELEBRE

"Se la costruzione di insediamenti è concentrata ora nelle aree che i
palestinesi stessi riconoscono resteranno parte di Israele in
qualunque accordo di pace futuro, perché incentrare ossessivamente
gli insediamenti come `ostacolo alla pace ' ?"
Yossi Klein Halevi [12]

NOTE

1. American Journal of International Law, (April, 1970), pp. 345-46.
2. New Republic, (October 21, 1991), p. 14.
3. Washington Post, (November 1, 1991).
4. American Journal of International Law, (1990, vol 84), p. 72.
4a. USA Today, (August 7, 2002).
4b. Ha'aretz, (September 13, 2001).
5. Jerusalem Post, (October 22, 1991).
6. Middle East News Agency, (September 20, 1978).
7. Iton Yerushalaym, (June 8, 2000).
8. Letter from George Mitchell and Warren Rudman to ADL Director
Abraham Foxman, (May 11, 2001).
9. Israeli Foreign Ministry, "Israeli Settlements and International
Law," (May 2001).
10. Temporary International Presence in Hebron.
11. Jerusalem Post, (May 24, 2001).
12. Los Angeles Times, (June 20, 2001).
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