Incoerenze bibliche?

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Seabiscuit
00mercoledì 31 agosto 2005 10:09
Re:
Scritto da: Polymetis 30/08/2005 2.21

3)Mt 23,35 parla dell’uccisione, nel recinto del tempio, di Zaccaria figlio di Barachia. In realtà 2 Cr 24, 21-22 parla dell’assassinio di Zaccaria nel recinto del tempio, ma lo dice figlio di Ioiada.



Copio un altra risposta alla presunta contraddizione Nr.3. Non è farina del mio sacco. Lo faccio solo per avere un altra opinione e così ogniuno può trarre le proprie conclusioni.


*** it-1 pp. 289-290 ***

Le parole “figlio di Barachia” non compaiono nel racconto di Luca e sono omesse da quello di Matteo nel codice Sinaitico (stesura originale). Un’ipotesi è che Ieoiada, padre di uno Zaccaria che fu assassinato, potesse avere due nomi, come altri personaggi biblici. — Cfr. Mt 9:9 con Mr 2:14; Mt 10:2, 3.

Generalmente si ritiene che Gesù alludesse qui a Zaccaria “figlio di Ieoiada il sacerdote”. (2Cr 24:20-22) Questa è la conclusione più logica, dato che il libro di Cronache è elencato per ultimo nel tradizionale canone ebraico, così che Abele sarebbe il primo e Zaccaria l’ultimo uomo giusto di cui le Scritture Ebraiche ricordino l’assassinio. In 2 Cronache 24:21 si legge che Zaccaria fu assassinato “nel cortile della casa di Geova”. L’altare degli olocausti si trovava nel cortile interno, fuori del santuario, di fronte al suo ingresso. Questo corrisponderebbe al luogo in cui Gesù situò l’incidente, cioè “fra il santuario e l’altare”.

Sia nel caso di Abele che in quello di Zaccaria fu predetto che si sarebbe chiesto conto del sangue sparso. (Ge 4:10; 2Cr 24:22) E c’è un notevole parallelo fra le circostanze e gli avvenimenti dell’epoca di Zaccaria figlio di Ieoiada e quelli della generazione in vita quando Gesù pronunciò queste parole. In punto di morte Zaccaria aveva detto: “Geova lo veda e ne chieda conto”. Ben presto le sue parole profetiche cominciarono ad adempiersi. Un piccolo contingente di siri salì contro Giuda, e Geova diede nelle loro mani le grandi forze militari di Giuda, con gravissime perdite per i suoi principi. I siri eseguirono atti di giudizio su Ioas e lo lasciarono con molte infermità, dopo di che fu assassinato dai suoi servitori. (2Cr 24:23-25) Dopo aver menzionato la responsabilità per lo spargimento di sangue che ricadeva sui suoi interlocutori, Gesù disse: “Tutte queste cose verranno su questa generazione”. (Mt 23:36) La profezia di Gesù si adempì in modo completo su Gerusalemme e sulla Giudea nel 70-73 E.V.

Seabiscuit
00mercoledì 31 agosto 2005 10:12
Re:
Scritto da: Polymetis 30/08/2005 2.21

5)Mc 15,25: “Erano le nove del mattino quando lo crocifissero”. Ma leggiamo Gv 19,14. “Era la preparazione della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai giudei: «Ecco il vostro re!»” Marco dice dunque che Gesù fu crocifisso alle ore nove, mentre Giovanni dice che a mezzogiorno era ancora in tribunale, e non era stata ancora emessa la condanna



*** it-2 p. 438 ***

Alcuni hanno fatto rilevare un’apparente discordanza fra le parole di Marco 15:25, secondo cui Gesù sarebbe stato messo al palo alla “terza ora”, e Giovanni 19:14, dov’è detto che era “circa la sesta ora” quando il processo finale di Gesù davanti a Pilato stava per concludersi. Giovanni aveva la possibilità di consultare gli scritti di Marco, e certamente avrebbe potuto ripetere l’orario indicato da Marco. Perciò deve avere avuto una ragione precisa per indicare un’ora diversa.

Come spiegare l’apparente discordanza? Sono state avanzate varie ipotesi, nessuna delle quali risponde però a tutte le possibili obiezioni. Semplicemente non abbiamo informazioni sufficienti per spiegare con certezza il motivo di questa differenza. Forse il riferimento all’ora da parte di Marco o di Giovanni era parentetico, non in ordine cronologico. Qualunque fosse la ragione, una cosa è certa: entrambi gli scrittori erano ispirati dallo spirito santo.

I Vangeli sinottici indicano chiaramente che alla sesta ora, cioè a mezzogiorno, Gesù si trovava già sul palo da un tempo sufficiente perché i soldati gettassero le sorti sulle sue vesti e i capi sacerdoti, gli scribi, i soldati e altri passanti lo insultassero. I Sinottici indicano pure che Gesù spirò verso le 15.
Seabiscuit
00mercoledì 31 agosto 2005 10:14
Re:
Scritto da: Polymetis 30/08/2005 2.21

6)Il miracolo di Gerico è narrato da tre evangelisti Mt 20, 29-34; Mc 10, 46-52; Lc 18, 35-43, in maniere notevolmente diverse: secondo Matteo i ciechi guariti furono due, mentre gli altri evangelisti parlano di uno solo. Inoltre, Matteo e Marco dicono che il miracolo avvenne all’uscita di Gerico, invece, secondo Luca, quando si avvicinava a Gerico. (Gli esempi sono tratti dal libro “Testimone di Geova mio fratello” di Battista Cadei, EDB, pagg. 46-48 )



*** w. 1/02/88 p.5,6 ***


Le citazioni di scritti precedenti possono essere state leggermente modificate rispetto alle dichiarazioni originali per adattarle ai bisogni e all’obiettivo del nuovo scrittore, pur conservando sempre il senso e il concetto di base. Lo stesso può dirsi del modo in cui sono elencati gli avvenimenti. Uno scrittore può seguire un ordine strettamente cronologico, mentre un altro può elencare gli avvenimenti secondo il nesso che hanno col discorso. Similmente, le omissioni possono dipendere dal punto di vista dello scrittore e dal criterio con cui egli riassume la narrazione. Per esempio, Matteo parla di due ciechi guariti da Gesù, mentre Marco e Luca ne menzionano uno solo. (Matteo 20:29-34; Marco 10:46; Luca 18:35) Il racconto di Matteo non li contraddice. È soltanto più specifico circa il numero, mentre Marco e Luca si soffermano in particolare sull’uomo col quale Gesù si mise a parlare.

Esistevano inoltre diversi metodi per calcolare il tempo. La nazione ebraica usava due calendari: quello sacro e quello secolare o agricolo, ciascuno dei quali iniziava in un diverso periodo dell’anno. Gli scrittori che, pur descrivendo il medesimo avvenimento, non concordano nel mese e nell’anno potrebbero aver semplicemente seguito calendari diversi. Poiché gli scrittori orientali di rado usavano le frazioni, parti di un anno erano conteggiate come anni interi. Venivano arrotondate al più vicino numero intero. Lo si può notare, ad esempio, esaminando gli elenchi genealogici del capitolo 5 di Genesi.
Seabiscuit
00mercoledì 31 agosto 2005 10:17
Re:
Scritto da: Polymetis 30/08/2005 2.21

4)In Mc 2,26 Gesù parla dell’episodio di Davide quando entrò nel tempio a prendere i pani dell’offerta “sotto il sommo sacerdote Abiatar”. L’episodio a cui si riferisce è certamente quello descritto in 1sam 21, 2-7, dove però si dice che il sommo sacerdote era Achimelech



*** It -1 - pag 25-27 Abiatar ***

In Marco 2:26 secondo quasi tutte le traduzioni Gesù avrebbe detto che Davide entrò nella casa di Dio e mangiò il pane di presentazione “al tempo del sommo sacerdote Abiatar”. Dato che l’episodio ebbe luogo durante il sacerdozio di Ahimelec, padre di Abiatar, tale traduzione sarebbe inesatta dal punto di vista storico. Si noti che alcuni antichi manoscritti omettono la suddetta frase, e questa non si trova nei corrispondenti passi di Matteo 12:4 e Luca 6:4. Tuttavia una simile costruzione greca ricorre in Marco 12:26 e Luca 20:37, e qui molte traduzioni usano l’espressione “nel passo del”. (Ga, Ri, VR) Sembra dunque che Marco 2:26 consenta giustamente la versione della Traduzione del Nuovo Mondo, dove si legge: “Come entrò nella casa di Dio, secondo il racconto relativo ad Abiatar, capo sacerdote”. Poiché il resoconto delle prime imprese di Abiatar inizia subito dopo quello di Davide che entrò nella casa di Dio per mangiare il pane di presentazione, e poiché in seguito Abiatar, sotto il regno di Davide, divenne sommo sacerdote d’Israele, questa traduzione rispetta l’accuratezza storica della narrazione.

(flash)
00mercoledì 31 agosto 2005 13:29
Giovanni fu testimone oculare della passione di Cristo e certamente ne conosceva la durata. ( Sicuramente anche Matteo e Marco lo furono mentre Luca attinse a fonti fidate ). Non è pensabile che i tre sinottici cadano in errore sulla durata
del supplizio e dell'agonia del Signore e che Giovanni intendesse contraddirli.

Forse non ho spiegato bene perchè deduco che la sesta ora sia un'orario che genericamente Giovanni inserisce nel suo racconto come punto centrale della passione, senza alcun nesso diretto col pronunciamento di Pilato che sicuramente è avvenuto almeno quattro ore prima.

Se Gesù fosse stato alla presenza di Pilato effettivamente alla sesta ora, considerando che sarebbe trascorsa almeno un'altra ora dall'inizio effettivo del suo supplizio, considerando pure la distanza intercorrente tra il gabbatha e il golgotha, questo invece che alla terza ora sarebbe iniziato ( circa ) alla settima ora. Aggiungendo una durata di sei ore, la morte di Gesù sarebbe avvenuta alla prima ora della notte ben oltre la dodicesima ora. Se così fosse non avrebbe senso l'urgenza della rimozione dei corpi con la conseguente rottura delle gambe dei due che accompagnarono Gesù al supplizio, e che Giovanni riporta. Sotto questo aspetto se Giovanni avesse voluto sostenere che l'inizio della tortura del nostro Signora fosse iniziata effettivamente dopo mezzogiorno sarebbe andato in contraddizione non solo con i sinottici ma anche con se stesso nel momento che indica che la deposizione del nostro Signore avvenne ben prima della dodicesima ora.
Non c'è alcun indizio che Giovanni, che (ripeto ) fu un testimone oculare smentisca i tre sinottici in merito alla durata della passione e del supplizio del Cristo che (ripeto ) durò come minimo sei ore.

Non sò se altri condividano tale mia visione dei fatti. Il mio sforzo è quello di arrivare ad una conclusione indipendente e obbiettiva e sarò lieto se altri potranno confermarla e ancora più lieto se altri potranno correggerla convincentemente o aggiungere particolari che possono essermi sfuggiti.

In quanto al dire che le Sacre Scritture siano Parola di Dio al 100% e parola dell'uomo al 100% mi pare che non sia ciò che effettivamente sostiene la Costituzione Dogmatica dalla lettura della quale mi sembra di vedere che sia d'accordo con le mie deduzioni.

Gli uomini non furono ovviamente segretari che scrissero su dettatura, tranne in casi in cui riportano testualmente la parola del Supremo. Ricevettero su ispirazione i pensieri e le verità rivelate da Dio e le misero per iscritto con parole proprie. Una verità o un fatto reale può essere comunicato in diverse forme senza che per questo non sia veritiero.

Ma rimangono pur sempre le rivelazioni e i pensieri di Dio al 100% e pensieri di uomini allo 0%.

Un unico vangelo? Dio avrebbe potuto disporre anche in tal senso se avesse ritenuto più opportuno. Personalmente non indago sui motivi per i quali Dio ha disposto quattro vangeli anzichè un unico, trovo comunque affascinate e avvincente la scelta di Dio di darci quattro vangeli che si completano in maniera sublime.

Ma credo che nessun cristiano, che voglia definirsi tale, possa contraddire ciò che espressamente dichiarò il nostro Maestro: Consacrali nella verità, LA TUA PAROLA E' VERITA'.

Verità, questa sì, al 100%





[Modificato da (flash) 31/08/2005 13.42]

Chi.dove.quando
00mercoledì 31 agosto 2005 14:54
Re:

Scritto da: (flash) 31/08/2005 13.29
Giovanni fu testimone oculare della passione di Cristo e certamente ne conosceva la durata. ( Sicuramente anche Matteo e Marco lo furono mentre Luca attinse a fonti fidate ). Non è pensabile che i tre sinottici cadano in errore sulla durata del supplizio e dell'agonia del Signore e che Giovanni intendesse contraddirli.

Scusami, amico, da cos'è dettata questa tua risposta? Dalla fede?
Perchè dovrebbe sembrarti impensabile "che i tre sinottici cadano in errore sulla durata del supplizio e dell'agonia del Signore"?

"...e che Giovanni intendesse contraddirli" non è quello che si sta ipotizzando (nessuno suppone che ad un certo punto Giovanni covasse il desiderio di contraddire e che di fatto poi contraddicesse i sinottici), ma che il racconto di Giovanni entra, non so per quale ragione, in contraddizione con i sinottici.
Ritengo perciò di condividere il parere di Polymetis, in quanto basato su gli unici fatti disponibili, e che recita:

"5)Mc 15,25: “Erano le nove del mattino quando lo crocifissero”. Ma leggiamo Gv 19,14. “Era la preparazione della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai giudei: «Ecco il vostro re!»” Marco dice dunque che Gesù fu crocifisso alle ore nove, mentre Giovanni dice che a mezzogiorno era ancora in tribunale, e non era stata ancora emessa la condanna"

Il contorno che tu deduci e che è ispirato ad una tua preventiva presa di posizione, dettatta dall'idea che sia impossibile che i vangeli possano contraddirisi, non può servire a nessuno, se non a quelli che partono dagli stessi presupposti ed edificano un determinato impianto dottrinale. Di fatto i racconti, così come li possediamo oggi, sono di diverso avviso.
La contraddizione invece potrebbe significare che Giovanni non sia stato l'autore del libro omonimo e che quest'ultimo sia stato informato degli accadimenti da terze persone più o meno informate.
Difatti tu non puoi far risalire il Vangelo di Giovanni all'epoca dei fatti, nè puoi accertare la stesura di esso da parte di Giovanni l'apostolo.


Se così fosse non avrebbe senso l'urgenza della rimozione dei corpi con la conseguente rottura delle gambe dei due che accompagnarono Gesù al supplizio, e che Giovanni riporta. Sotto questo aspetto se Giovanni avesse voluto sostenere che l'inizio della tortura del nostro Signora fosse iniziata effettivamente dopo mezzogiorno sarebbe andato in contraddizione non solo con i sinottici ma anche con se stesso nel momento che indica che la deposizione del nostro Signore avvenne ben prima della dodicesima ora.

Questo lo devi chiedere all'autore del vangelo omonimo. Per me la contraddizione è evidente, ed è scritta.


Non c'è alcun indizio che Giovanni, che (ripeto ) fu un testimone oculare smentisca i tre sinottici in merito alla durata della passione e del supplizio del Cristo che (ripeto ) durò come minimo sei ore.


Quale Giovanni? L'apostolo o l'autore del libro omonino? Che prove hai?


Ma rimangono pur sempre le rivelazioni e i pensieri di Dio al 100% e pensieri di uomini allo 0%.

Lo affermi, ma non sei in grado di provarlo. Se poi la fede dev'essere in questa considerazione l'unico metro di misura mi ritiro da questa conversazione. Non posso condivedere che chi ha fede abbia anche per forza ragione.


Un unico vangelo? Dio avrebbe potuto disporre anche in tal senso se avesse ritenuto più opportuno.

Ma cosa ne sai tu!

Ma credo che nessun cristiano, che voglia definirsi tale, possa contraddire ciò che espressamente dichiarò il nostro Maestro: Consacrali nella verità, LA TUA PAROLA E' VERITA'.

Verità, questa sì, al 100%


Allora è la fede il metro?
E' un dibattito fra cristiani e solo fra cristiani?
Fevo internderlo in questo modo?

Ciao, spero a presto!

[Modificato da (flash) 31/08/2005 13.42]


Polymetis
00giovedì 1 settembre 2005 17:05
Per Sea

“Le parole “figlio di Barachia” non compaiono nel racconto di Luca e sono omesse da quello di Matteo nel codice Sinaitico (stesura originale). Un’ipotesi è che Ieoiada, padre di uno Zaccaria che fu assassinato, potesse avere due nomi, come altri personaggi biblici.”

Ipotesi non dimostrata. Sapiens nihil affirmat quod non probat. Questa è un’ideai creata ad hoc per scansare un’obiezione. Matteo si è semplicemente confuso con un altro Zaccaria, questa volta figlio di Barachia, davvero esistente (Is 8,2 LXX, Zc 1,11)

“Forse il riferimento all’ora da parte di Marco o di Giovanni era parentetico, non in ordine cronologico. Qualunque fosse la ragione, una cosa è certa: entrambi gli scrittori erano ispirati dallo spirito santo.”

E’ sconvolgente. L’autore non ha risposto alla mia obiezione, e lo ammette anche, tuttavia se ne esce con una conclusione che non discende da alcuna premessa precedente.

“Uno scrittore può seguire un ordine strettamente cronologico, mentre un altro può elencare gli avvenimenti secondo il nesso che hanno col discorso. Similmente, le omissioni possono dipendere dal punto di vista dello scrittore e dal criterio con cui egli riassume la narrazione.”

Questa è musica per le mie orecchie, infatti è quello che dicono i cattolici da decenni, ossia che la Bibbia non è dettata ma ogni agiografo ha seguito il suo personale criterio compositivo (vedasi il prologo di Luca).
Peccato per questo TdG che ti ha risposto… potrebbe beccarsi la scomunica giacché secondo la Torre di Guardia la Bibbia è stata dettata parola per parola come un capoufficio detta una lettera alla segretaria. (Per quest’assurda metafora si veda Ragioniamo, edizione del 1990, pag. 60)

“Per esempio, Matteo parla di due ciechi guariti da Gesù, mentre Marco e Luca ne menzionano uno solo. (Matteo 20:29-34; Marco 10:46; Luca 18:35) Il racconto di Matteo non li contraddice. È soltanto più specifico circa il numero”

E da quando dire “2” è più specifico che dire “1”? Entrambi sono numeri, e dunque entrambi sono altamente specifici. Se in un Vangelo fosse scritto “alcuni ciechi” e nell’altro si riportasse il numero 2 allora anch’io parlerei di “specificazione”, mentre qui c’è solo contraddizione. Inoltre colui che ti ha risposto non ha preso in considerazione la seguente questione: “Matteo e Marco dicono che il miracolo avvenne all’uscita di Gerico, invece, secondo Luca, quando si avvicinava a Gerico.”
Questa è una contraddizione senza via d’uscita. Non può aver compiuto il miracolo contemporaneamente mentre usciva e mentre entrava.

“Tuttavia una simile costruzione greca ricorre in Marco 12:26 e Luca 20:37, e qui molte traduzioni usano l’espressione “nel passo del”. (Ga, Ri, VR)”

Mi spiegano cosa diavolo c’entra? In Mc 12,26 e Lc 20,37 c’è un epi come in Mc 2,26 ma è riferito a “roveto ardente”, cioè “presso il roveto ardente”. “Nel passo di” è una libera interpretazione, pienamente egittima, ma libera.

“Sembra dunque che Marco 2:26 consenta giustamente la versione della Traduzione del Nuovo Mondo, dove si legge: “Come entrò nella casa di Dio, secondo il racconto relativo ad Abiatar, capo sacerdote”.”

Questo è l’ennesimo esempio della strategia schopenhaueriana che già citai, ossia proclamarsi vittoriosi dopo non aver dimostrato nulla né aver trovato alcuno che traduca come noi. Ma cosa cavolo c’entra “nel passo del” con “secondo il racconto di”? Sono usi completamente diversi, il primo “epi” citato infatti era un completo di luogo figurato, perfettamente regolare per il campo semantico del termine.

Per flash

“Giovanni fu testimone oculare della passione di Cristo e certamente ne conosceva la durata. ( Sicuramente anche Matteo e Marco lo furono mentre Luca attinse a fonti fidate ).”

Veramente non sappiamo se Marco conobbe Cristo. Egli fu discepolo di Pietro, e alcuni lo identificano col ragazzo ignudo di Mc 14,51-52

“ora, considerando che sarebbe trascorsa almeno un'altra ora dall'inizio effettivo del suo supplizio, considerando pure la distanza intercorrente tra il gabbatha e il golgotha, questo invece che alla terza ora sarebbe iniziato ( circa ) alla settima ora.”

Scusa ma io non sono di questo avviso. Tu stai prendendo la durata della passione secondo i sinottici e la stai trasponendo in Giovanni, quando invece qui si vuole proprio dimostrare che hanno una cronologia differente. Per quanto ne sappiamo Giovanni potrebbe accorciare di molto i tempi delle altre parti della passione.

“In quanto al dire che le Sacre Scritture siano Parola di Dio al 100% e parola dell'uomo al 100% mi pare che non sia ciò che effettivamente sostiene la Costituzione Dogmatica dalla lettura della quale mi sembra di vedere che sia d'accordo con le mie deduzioni.”

Curioso, un protestante(?) esegeta di documenti cattolici…

“Gli uomini non furono ovviamente segretari che scrissero su dettatura, tranne in casi in cui riportano testualmente la parola del Supremo. Ricevettero su ispirazione i pensieri e le verità rivelate da Dio e le misero per iscritto con parole proprie. Una verità o un fatto reale può essere comunicato in diverse forme senza che per questo non sia veritiero.”

Infatti è ciò che afferma la chiesa, il contenuto è veritiero, le forme e i particolari sono irrilevanti e possono contraddirsi. Questo sfata comunque il mito delle dettatura. Ogni agiografo ha il suo modo di esporre le cose, i suoi obiettivi, e la sua sensibilità.

“Ma rimangono pur sempre le rivelazioni e i pensieri di Dio al 100% e pensieri di uomini allo 0%.”

Allora siamo d’accordo se per questo sabato pomeriggio organizziamo insieme una battuta di caccia alle streghe? “Non lascerai vivere colei che pratica la magia” (Es 22,7) Potremmo fare irruzione nel palazzo di qualche emittente regionale e sgozzare diverse cartomanti…

“Un unico vangelo? Dio avrebbe potuto disporre anche in tal senso se avesse ritenuto più opportuno. Personalmente non indago sui motivi per i quali Dio ha disposto quattro vangeli anzichè un unico, trovo comunque affascinate e avvincente la scelta di Dio di darci quattro vangeli che si completano in maniera sublime.”

Il che significa non rispondere alla mia domanda. Se ci sono quattro Vangeli è semplicemente perché, essendo molta la parte umana in ciascuno di essi, sono solo parziali. Ognuno riflette un aspetto di Gesù diverso. C’è addirittura chi sostiene non esista una cristologia del NT ma solo la cristologia di Marco, di Luca, di Matteo, di Giovanni, e di Paolo, tutte ben distinte.

Per CDQ

“La contraddizione invece potrebbe significare che Giovanni non sia stato l'autore del libro omonimo e che quest'ultimo sia stato informato degli accadimenti da terze persone più o meno informate.”

In effetti oggi si discute molto sulla paternità del Vangelo di Giovanni. L’opinione prevalente tra gli studiosi cattolici e protestanti è che tale opera sia stata effettivamente iniziata dall’apostolo ma abbia subito una profonda rielaborazione per opera della comunità cristiana primitiva. La filologia è riuscita a distinguere fino a cinque strati redazionali. Ma è ovvio che i TdG non lo sapranno mai, a Brooklyn la filologia non è di casa.

“Difatti tu non puoi far risalire il Vangelo di Giovanni all'epoca dei fatti, nè puoi accertare la stesura di esso da parte di Giovanni l'apostolo.”

Qui invece erri. Secondo l’unanime testimonianza degli antichi il Vangelo di Giovanni fu composto nel 100 d.C., tale data è confermata dal fatto che il primo papiro di questo Vangelo risale al 125 d.C., cioè soli 25 anni dopo la stesura.

Ad maiora

[Modificato da Polymetis 01/09/2005 17.07]

Chi.dove.quando
00venerdì 2 settembre 2005 21:09
Re:

[DIM]10pt[=DIM]Scritto da: Polymetis 01/09/2005 17.05

Per CDQ

“La contraddizione invece potrebbe significare che Giovanni non sia stato l'autore del libro omonimo e che quest'ultimo sia stato informato degli accadimenti da terze persone più o meno informate.”

In effetti oggi si discute molto sulla paternità del Vangelo di Giovanni. L’opinione prevalente tra gli studiosi cattolici e protestanti è che tale opera sia stata effettivamente iniziata dall’apostolo ma abbia subito una profonda rielaborazione per opera della comunità cristiana primitiva. La filologia è riuscita a distinguere fino a cinque strati redazionali. Ma è ovvio che i TdG non lo sapranno mai, a Brooklyn la filologia non è di casa.



Se si discute molto sulla paternità del Vangelo di Giovanni ed a discuterne sono studiosi cattolici e protestanti, incerti su paternità e contenuto, è detto tutto, perchè è detto da persone che tutto hanno a cuore, meno che confutare l'attendibilità dell'autore e del contenuto del Vangelo di Giovanni.
Grazie per l'informazione.


“Difatti tu non puoi far risalire il Vangelo di Giovanni all'epoca dei fatti, nè puoi accertare la stesura di esso da parte di Giovanni l'apostolo.”

Qui invece erri. Secondo l’unanime testimonianza degli antichi il Vangelo di Giovanni fu composto nel 100 d.C., tale data è confermata dal fatto che il primo papiro di questo Vangelo risale al 125 d.C., cioè soli 25 anni dopo la stesura.



"Secondo l’unanime testimonianza degli antichi il Vangelo di Giovanni fu composto nel 100 d.C" ? Quali antichi? Nota che molti di loro portavano già i paraocchi...è saggio fidarsi della loro testimonianza, che però non contiene nulla di certo e dimostrabile?

Che il primo papiro risalga al 125 d.c. è fatto discutibile. Chi lo afferma e con quali criteri?
Inoltre un frammento non può costituire da solo la prova dell'autenticità di un libro. Potrebbe essere benissimo un frammento di chissà quale autore precedente, successivamente utilizzato per essere inserito (il contenuto del frammento) nel testo del vangelo di Giovanni.


Tanti saluti
Chidoqua


[Modificato da Polymetis 01/09/2005 17.07]


Polymetis
00sabato 3 settembre 2005 14:36

"Secondo l’unanime testimonianza degli antichi il Vangelo di Giovanni fu composto nel 100 d.C" ? Quali antichi? Nota che molti di loro portavano già i paraocchi...è saggio fidarsi della loro testimonianza, che però non contiene nulla di certo e dimostrabile?”



Giacché scrivono a poche decine d’anni dai fatti che raccontano sono affidabili. Ad esempio Ireneo di Lione scrive: “Giovanni, il discepolo del Signore, colui che riposò sul suo petto (Gv. 13,3), ha pubblicato anche lui un Vangelo mentre dimorava ad Efeso in Asia” Adversus Haereses III,1,1
La testimonianza di Ireneo si basa su quella di Policarpo di Smirne, il quale conobbe personalmente Giovanni.


“Che il primo papiro risalga al 125 d.c. è fatto discutibile. Chi lo afferma e con quali criteri?”



Lo affermano tutti i papirologi di questo pianeta, non ho mai sentito qualcuno contestare questa datazione ottenuta incrociando le analisi al radiocarbonio con la comparazione delle grafie nei vari decenni del II secolo dislocate nei vari luoghi geografici.


“Inoltre un frammento non può costituire da solo la prova dell'autenticità di un libro. Potrebbe essere benissimo un frammento di chissà quale autore precedente, successivamente utilizzato per essere inserito (il contenuto del frammento) nel testo del vangelo di Giovanni.”



Questa è un’ipotesi creata ad hoc e non dimostrabile. Non è un frammento, è abbastanza lungo. Si tratta del processo a Gesù davanti a Pilato nella versione giovannea, che come sappiamo appartiene solo all’evangelista in quanto ha dialoghi sconosciuti ai sinottici. Il celebre “quid est veritas?” ad esempio.

Ad maiora
barnabino
00sabato 3 settembre 2005 16:01
Io sinceramente non vedo queste contraddizioni fondamentali nei vangeli, mi sembrano esagerazioni della critica per sostenere le sue tesi, e in definitiva si tratta di dettagli abbastanza insignificanti, su cui evidentemente non possiamo sapere tutto nei particolari e non era certo scopo del narratore farceli conoscere.

Per esempio il vangelo di Giovanni dice che Gesù fu condannato verso la "sesta ora". Marco invece dice che Gesù fu messo al palo alla "terza ora". Questa sembrerebbe una contraddizione, ma non si capisce perchè la critica la bolla immediatamente come tale senza cercare spiegazioni alternative. Io parlerei più pacatanente di "differenze" di punto di vista.

Contro la presunta "contraddizione" c'è un argomento assai semplice: il vangelo di Giovanni è posteriore a quello di Marco. Lo scrittore dunque conosceva Marco e dunque questa differenza abbastanza macroscopica non sarebbe sfuggita nè a lui e neppure a eventuali copisti (che in effetti in mss tardi cercarono di correggere il racconto). E' dunque evidente che intenzionalmente Giovanni scrisse "sesta ora" senza pensare di essere in contraddizione e senza che i copisto vi ledessero un errore o contraddizione.

Perchè una differenza dovrebbe essere necessariamente una incongruenza? Nel loro racconto Marco e Giovanni possono aver usato un metodo di misura del tempo diverso, per Giovanni si poteva trattare della sesta ora partendo dalla mezzanotte. Oppure Giovanni poteva voler dire che era la sesta ora dall'arresto di Gesù. Ci sono molte spiegazioni per questa differenza. Non vedo perchè sostenere con tanto accanimento una contraddizione tra il vangelo di Marco e Giovanni. Capisco gli atei, ma sinceramente mi sfugge il motivo per cui in credente debba volerci vedere a tutti i costi una contraddizione!

Lo stesso vale con "Zaccaria figlio di Barachia", non si capisce perchè si deve vedere una confusione da parte di Matteo (a cui bastava dare un'occhiata alle Cronache per scrivere figlio di Ieoiada) e non il fatto che al tempo di Cristo Ieoiada poteva essere noto con un altro nome, oppure che si indicasse una generazione intermedia fra Ieoiada e Zaccaria, o il nome di un antenato precedente (Figlio infatti può indicare anche nipote o discendente in genere).

Secondo Polymetis questo non prova nulla, è una spiegazione data ad hoc per spiegare la contraddizione, ma neppure il fatto che Matteo usi Barachia invece di Ieoiada prova nulla, visto che di fatto non conosciamo tutte le informazioni a disposizione di Matteo e dunque non possiamo giudicare quello che scrisse. Che poi la Bibbia non sia dettata parola per parola come il Corano è un fatto che non ha nulla a che vedere con la presenza o meno di incongruenze.

Ciao [SM=x511460]





[Modificato da barnabino 03/09/2005 16.20]

Polymetis
00sabato 3 settembre 2005 16:15

Vedo che continua l’abitudine di rispondere al 10% delle argomentazioni altrui

“Io sinceramente non vedo queste contraddizioni fondamentali nei vangeli, mi sembrano esagerazioni della critica per sostenere le sue tesi”

Sono lampanti. Ad esempio quella che situa un miracolo all’uscita di Gerico anziché all’entrata. Aut-Aut.

“Questo non vuol dire che ci sia necessaraimente una contraddizione tar il suo racconto e quello di Marco, per esempio Giovanni può aver usato un metodo di misura del tempo diverso da quello di Marco, partendo dalla mezzanotte.”

Credo che sia tu ad inventare ipotesi ad hoc. Nessun autore antico ci parla di questa misura del tempo, stai inventando ipotesi senza LA MINIMA BASE per giustificare un’idea a priori, ossia la dettatura divina della Bibbia. Sapiens nihil affirmat quod non probat.

“ma non si capisce perchè la critica la bolla come contraddizione senza cercare spiegazioni alternative.”

Le ha cercate ed ha fallito

“Oppure Giovanni poteva voler dire che era la sesta ora dall'arresto di Gesù.”

Non quadrerebbe comunque, inoltre non c’è indizio alcuno per sostenere l’idea.

“Ci sono molte spiegazioni a questa differenza”

Davvero?

“Lo stesso vale con il "Zaccaria figlio di Barachia" non si capisce perchè si deve vedere una confusione da parte di Matteo (a cui bastava dare un'occhiata alle Cronache per scrivere figlio di Ieoiada)”

Te lo dico io il motivo: ha citato a memoria ed ha sbagliato.

“non il fatto che al tempo di Cristo Ieoiada poteva essere noto con un altro nome”

Questo spetta a te dimostrarlo, altrimenti io ti risponderei col newtoniano: “hypoteses non fingo” (io non invento ipotesi)

“Secondo Polymetis non prova nulla”

Veramente giacché esiste davvero il Barachia citato da Matteo ho tutti gli elementi per parlare di confusione.

Ad maiora
barnabino
00sabato 3 settembre 2005 17:50
Caro Polymetis,

non siamo proprio d'accordo su nulla allora... e se non sbaglio non ti piace neppure l'Amarone! [SM=g27985]
Certo un pò di sdrammatizzare amico mio, perchè altrimenti c'è uno spirito che francamente non mi piace troppo.

Vedo che continua l’abitudine di rispondere al 10% delle argomentazioni altrui


Non prendrtela vecchio mio, i miei erano solo degli esempi, servivano a farti capire che il tuo metodo alla fine è troppo estremistico, non possiamo chiamare incongruenze o contraddizioni tutte le differenze che incontriamo nei vangeli.

Semplicemente non abbiamo tutte gli elementi a disposizione per poter fare una affermazione del genere, infatti spesso quelle che sono incongruenze si spiegano semplicemente nel momento in cui conosciamo tutti i dettagli del fatto narrato. Ma prima è impossibile dire che esista davvero contraddizione, rispetto a che se non conosciano i dettagli della realtà narrata?

Sono lampanti. Ad esempio quella che situa un miracolo all’uscita di Gerico anziché all’entrata. Aut-Aut.


anche qui l'aut aut è lampante solo per chi non conosce tutti i particolari del luogo dove avvenne il fatto, in questo caso è noto che Gerico era una città doppia al tempo di Cristo, vi era una parte antica ebraica e una parte nuova romana che distavano circa un chilometro l'una dall'altra. Quindi è probabile che un evangelista parli della città ebraica che Cristo aveva lasciato, mentre Luca parli della città romana dove non era ancora arrivato. Quindi Cristo incontrò il cieco e lo sanò durante il tragitto dalla città vecchia alla nuova.

Credo che sia tu ad inventare ipotesi ad hoc. Nessun autore antico ci parla di questa misura del tempo, stai inventando


Non sto facendo un'ipotesi ad hoc e non ho detto che i romani misurassero il tempo da mezzanotte, sto solo dicendoti che non sappiamo se Giovanni e Marco misurassero il tempo secondo lo stesso criterio. Semplicemente non possiamo saperlo. Come ti ho detto è possibile che Giovanni intendesse la sesta ora dall'arresto. Il tempo quadrerebbe visto che l'arresto avvenne di notte o di mattina molto presto e dunque verso le nove del mattino potevano essere trascorse circa sei ore.
E comunque anche qui Giovanni e i suoi copisti avevano a loro disposizione il vangelo di Marco per cui una svista così grossolana non sarebbe certo passata inosservata potendo benissimo essere corretta se sentita come un errore.

Te lo dico io il motivo: ha citato a memoria ed ha sbagliato.


Perchè, a tuo parere è così impossibile che Barachia fosse un altro nome di Ieoiada oppure che ci si riferisse al nonno o ad un altro progenitore, come era normale nella Bibbia? Io non posso provare che sia così ma neppure tu puoi dire con certezza che non sia così. Semplicemente facciamo delle ipotesi, la svista è certo una di quelle, ma non puoi escludere quella di un doppio nome, semplicemente non abbiamo elementi a sufficienza per dire con certezza una cosa o l'altra. E' però certo che Matteo nel I secolo avesse a disposizione più elementi di noi per determinare il nome del padre di Zaccaria, e tra questi il libro delle Cronache. Anche in questo caso se si fosse trattato di una banale svista sia Matteo che i suoi lettori e copisti se ne sarebbero accorto e avrebbero potuto facilmente correggerlo. Non possiamo pensare che Matteo facesse riferiemento ad un dettaglio oggi perduto su altre fonti?

Quello che voglio dire e che non capisco davero il motivo per cui si debba considerare queste piccole differenze delle contraddizioni "a priori" quando ci sono spiegazioni alternative logiche e plausibili. Certo, probabilmente non sapremo mai se Ieoiada avesse un altro nome o se Giovanni computasse le ore dall'arresto di Cristo o da quando. Questo non toglie che non possedendo tutti gli elementi ed i dettagli di un fatto non possiamo giudicare le differenze come incongruenze. Possiamo solo fare delle ipotesi più o meno credibili.

Che poi per dire che la Bibbia è stata ispirata e non dettata da Dio parola per parola non mi pare ch esi debba per forza trovare delle contraddzioni nel racconto ispirato.

Ciao [SM=x511460]






[Modificato da barnabino 03/09/2005 18.01]

Topsy
00sabato 3 settembre 2005 18:58

Solitamente in quasi tutti i brevi corsi che ho frequentato(corsi in cui i docenti erano ebrei e cristiani,non atei o agnostici) mi è stato stato fatto osservare (per quello che riguarda la Tanak,ovviamente)come ciascuna comunità abbia ormai preso "coscienza dell'imperfezione del testo biblico".

Questa presa di coscienza era stata rimossa dai primi commentatori medioevali che innoridvano all'idea che la superficie letterale del Pentateuco potesse contenere delle incongruenze e la loro sensibilità esigeva una fede in leggi "non inquinate" dal "coinvolgimento umano",le Scritture dovevano essere il "perfetto" riflesso dell'intento divino:la Torah era un "atto divino" e quindi perfetto, non era ammissibile che il testo potesse contenere contraddizioni o corruzioni,tutto ciò era precluso in via di principio.

Ma è sufficente dare un'occhiata alle opere dei maggiori commentatori medioevali per rendersi conto chele cose non potevano stare realmente così.I trattati esegetici di Rashi,Ibn Ezra e di tanti altri, sono tutti dedicati ad appianare le incoerenze della Torah scritta,si impegnano a spiegare parole oscure,o frasi ambigue,si riformulano quelle considerate poco rispettose per la divinità,si eliminano i motivi di contraddizione,e si colma il testo laddove risulta gravemente lacunoso...tutto per dimostrare che quel testo è perfetto ed autorevole.

Le menti del tempo erano cioè impegnate a dimostrare che il testo così come ci è pervenuto, si spiegasse da sè(con un ricorso occasionale alla parabola o al simbolismo).Il mondo rabbinico del medioevo era ossesionato dall'idea della perfezione divina della Torah.


Oggi l'ebraismo(eccezione fatta per le frange più ortodosse e minoritarie)non ha affatto preso coscienza dell'imperfezione del testo denunciata dalla scienza della critica biblica moderna,ma l'ha semplicemente recuperata,poichè,tale consapevolezza la si possedeva già dai tempi biblici di Ezra sino all'epoca del Talmud,fu il medioevo rabbinico ad averla rimossa, per secoli.

Un caro saluto
Topsy


[Modificato da Topsy 03/09/2005 19.35]

claudio.41
00sabato 3 settembre 2005 22:16
Re:

Scritto da: Polymetis 30/08/2005 2.21



Questo ovviamente distrugge il dogma protestante del “sola scriptura”, perché fa della Bibbia una creazione della Chiesa.


Solo una precisazione e poi esco dal topic: i rpotestanti non hanno alcun dogma, come ne è piena la chiesa cattolica ( non per difendere i protestanti, io non sono nè l'uno nell'altro ). Quando si dice " sola scriptura" ( detto poi non dai protestanti, ma, di loro dai Papi, non si intende "alla lettera", in quando nella Chiesa c'è lo Spirito Santo che "interpreta", ma tale "interpretazione" non può discostarsi e addirittura , a volte, contraddire le parole di Gesù, in quanto: " Egli prenderà del MIo e ve lo annuncerà".

Solo questo volevo dire. Buona continuazione.




[Modificato da Polymetis 30/08/2005 23.20]


Topsy
00lunedì 5 settembre 2005 03:41
La cosa che mi ha affascinato nello studio della storia dell'esegesi rabbinica è questo:se accantoniamo il periodo della polemiche medioevali e l'idea sul fatto che D_o (l'essere perfetto)non poteva aver creato qualcosa di imperfetto soggetto, in una certa misura, alla corruzione umana,possiamo constatare come diversi commentatori rabbinici convalidavassero con le loro argomentazioni ciò che molti secoli dopo verrà riformulato dalla moderna critica biblica,ovvero la "non immacolata" trasmissione del testo biblico e, cosa più sorprendente, questa constatazione non risultava loro "teologicamente intollerabile".

Le pagine del Talmud infatti registrano le discussioni dei rabbini sulla maniera più opportuna di procedere nell'appianare le incogruità presenti del testo attraverso il ricorso a regole ermeneutiche adeguatamente trasmesse di generazione in generazione.

Gli studiosi hanno, ad esempio, discusso della correlazione tra il materiale che nel passo di Nehemia 8,13-18 viene prescritto per la costruzione delle capanne e le specie che in Levitico 23,40 si comanda a Israele di prendere in mano,con il precetto "e vi rallegrerete davanti al Signore".

Secondo Esodo 13,13 dove si parla degli animali impuri,solo il primo nato di un asino deve essere riscattato con l'offerta di un agnello,ma in Numeri 18,15 si legge:"Il primo nato di ogni animale impuro riscatterai" senza alcuna limitazione.

In Esodo 12,5:"potrai prenderlo (il sacrifico pasquale)dagli agnelli o dai capretti" ma in Deuteronomio 16,2:"offrirai il sacrifico pasquale per il Signore tuo D_o con ovini e bovini".


Un versetto del Deuteronomio 12,21 dice: Tu lo macellerai(l'animale) come ti ho ordinato". Ma nel testo non viene mai fatta menzione delle specifiche modalità con cui questa deve avvenire.


Questi dilemmi scritturali avevano già coinvolto gli ebrei,ben prima della moderna critica biblica poichè erano stati chiamati ad osservare delle prescrizioni che mancavano di dettagli,oppure quei dettagli non erano sempre coerenti da una parte all'altra del Pentateuco.
Le soluzioni rabbiniche a certi problemi sono spesso troppo sofisticate per venire in mente al lettore o all'ascoltatore incolto che sarebbe rimasto confuso dalle contraddizioni e dalle lacune presenti nel testo se non ci fosse stato qualche ragguaglio aggiuntivo ad insegnarli come comportarsi,un orientamento orale "correttivo-esplicativo" che accompagnava il testo,la Legge Orale.

...

[Modificato da Topsy 05/09/2005 9.59]

Chi.dove.quando
00giovedì 8 settembre 2005 09:24
Re:

Scritto da: Polymetis 03/09/2005 14.36
Giacché scrivono a poche decine d’anni dai fatti che raccontano sono affidabili. Ad esempio Ireneo di Lione scrive: “Giovanni, il discepolo del Signore, colui che riposò sul suo petto (Gv. 13,3), ha pubblicato anche lui un Vangelo mentre dimorava ad Efeso in Asia” Adversus Haereses III,1,1
La testimonianza di Ireneo si basa su quella di Policarpo di Smirne, il quale conobbe personalmente Giovanni.

“Che il primo papiro risalga al 125 d.c. è fatto discutibile. Chi lo afferma e con quali criteri?”



Ed a parer tuo si può prestar fede, su un fatto così importante, alla testimonianza di Ireneo il quale scrisse che un tale Policarpo di Smirne avesse conosciuto personalmente “Giovanni, il discepolo del Signore, colui che riposò sul suo petto (Gv. 13,3) e che, a dire di quest'ultimo, Giovanni avesse pubblicato "anche lui" un vangelo?
Abbiamo gli scritti di Policarpo originali, oppure anche i suoi scritti sono stati ripresi da qualcun altro che dice di averli trovati e trascritti? O si tratta della solita filastrocca della notizia che parte dal generale e giunge, di bocca in bocca, completamente travisata all'ultimo militare?
Son sorpreso che una persona così cavillosa ed attenta, qual sei tu, si accontenti delle informazioni di semplici passaparola, ancorchè non identificati.


Lo affermano tutti i papirologi di questo pianeta, non ho mai sentito qualcuno contestare questa datazione ottenuta incrociando le analisi al radiocarbonio con la comparazione delle grafie nei vari decenni del II secolo dislocate nei vari luoghi geografici.

Strano...le datazioni al radiocarbonio, contestate per altri ritrovamenti scomodi, diventano improvvisamente precise, sino a desumere l'anno (peccato che non sia stato desunto il mese, il giorno, l'ora). Idem dicasi per "la comparazione "delle grafie nei vari decenni del II secolo dislocate nei vari luoghi geografici".

Senti, ma è consentito il dubbio?

Ireneo scrive verso la fine del primo secolo, intorno all'anno 190. Prima di lui nessuno ci parla di Giovanni. Non ne parla Marcione, così come non ne parla Giustino ed è sconosciuto persino allo stesso Policarpo. Dove Policarpo parlerebbe del vangelo di Giovanni?


Alla prossima

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