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Tito2:13 Verso scritturale di Cristo Dio

Ultimo Aggiornamento: 11/01/2008 15:11
04/01/2008 10:04
 
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Caro Teodoro,


Con la differenza che la regola di Sharp che è settecentesca, è validissima ancora oggi, mentre l'idea di confrontare come se fossero la stessa cosa testi patristici (quali poi?!) e Nuovo Testamento è oggi del tutto obsoleta.



Ma siamo pazzi? La regola di Sharp "validissima ancora oggi"? Se vuoi fare dell'apologia va bene, ci possiamo anche mettere le madonnine che piangono e i santi con le stimmati, ma altrimenti lasciati dire che affermazioni del genere sono ridicole.

Il passo di Tito 2,13 sai bene che è controverso, e non sono i TdG a dirlo e neppure Ario, ma studiosi serissimi che non ignorano certo la presunta "regola" di Sharp.

Trovo assai più serio l'argomento di Gaetano e Andrea, che si basano su dati teologici, piuttosto che il tuo e quello di MArio che insistete su una regola inesistente.

Dimmi tu una grammatica di greco antico che riporti questa fantomatica regola di Sharp.

Circa il greco patristico e del NT è ovvioche fare confronti diretti non ha senso, ma può servire in alcuni casi a capire lo sviluppo di un certo termine.

Comunque io continuerei la discussione sul forum Apologia, se vuoi, dove puoi difendere la tua tesi insieme ad altri trinitari ben preparati.

Shalom

04/01/2008 12:39
 
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Sempre in relazione all'espressione "tou megalou theou" puo' essere interessante soffermarsi sul termine "theou".
Negli scritti di Paolo il termine "theos" e' chiaramente riservato al Padre.
Dalla lettera di Romani a quella di Ebrei si trovano i seguenti dati sull'uso del termine "theos" con alcune chiose che tralascio per motivi di spazio ma che non variano la sostanza delle cose:
Frequenza totale 616
Riferito al Padre : 605
Riferito a Gesu' : 0
Per altri : 7
Grammaticalmente ambigui : 4
( Fonte : Greg Stafford : In difesa dei Testimoni di Geova , p.337-338 )
Questi dati avvalorano l'idea che per Paolo theos era fondalmentalmente rivolto al Padre, servendo come equivalente di un nome proprio.
Vi sono numerosi esempi in cui theos e' rivolto al Padre , distinto da Gesu'Cristo senza indicazione di un cambio di referente o di diverso significato( se del caso se ne puo' discutere a parte).
Questa e' una seconda riflessione su Tito2:13 che giro a chi legge.
04/01/2008 16:58
 
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Re:
descubridor, 04/01/2008 12.39:

Sempre in relazione all'espressione "tou megalou theou" puo' essere interessante soffermarsi sul termine "theou".
Negli scritti di Paolo il termine "theos" e' chiaramente riservato al Padre.
Dalla lettera di Romani a quella di Ebrei si trovano i seguenti dati sull'uso del termine "theos" con alcune chiose che tralascio per motivi di spazio ma che non variano la sostanza delle cose:
Frequenza totale 616
Riferito al Padre : 605
Riferito a Gesu' : 0
Per altri : 7
Grammaticalmente ambigui : 4
( Fonte : Greg Stafford : In difesa dei Testimoni di Geova , p.337-338 )
Questi dati avvalorano l'idea che per Paolo theos era fondalmentalmente rivolto al Padre, servendo come equivalente di un nome proprio.
Vi sono numerosi esempi in cui theos e' rivolto al Padre , distinto da Gesu'Cristo senza indicazione di un cambio di referente o di diverso significato( se del caso se ne puo' discutere a parte).
Questa e' una seconda riflessione su Tito2:13 che giro a chi legge.




Parlando di questo tema in un altro sito in antitesi rispetto ad apologia, ma comunque utile allo scopo, è stato citato Ireneo di Lione, riportando un passo che mi ero scordato che esistesse, evito di riportare il commento in quanto dovrei chiedere il permesso alla persona in questione (anche se non credo abbia nulla da ridire), ma riporto solo quanto scrisse Ireneo, nella sua opera "Contro le eresie" (I, 10, 1-3):

"La Chiesa, sparsa in tutto il mondo, fino agli ultimi confini della terra, ricevette dagli apostoli e dai loro discepoli la fede nell'unico Dio, Padre Onnipotente, che fece il cielo e la terra e il mare e tutto ciò che in essi è contenuto (Atti 4,24). La Chiesa accolse la fede nell'unico Gesù Cristo, Figlio di Dio, incarnatosi per la nostra salvezza. Credette nello Spirito Santo che per mezzo dei profeti manifestò il disegno divino di salvezza: cioè la venuta di Cristo, nostro Signore, la sua nascita dalla Vergine, la sua passione e risurrezione dai morti, la sua ascensione corporea al cielo e la sua venuta finale con la gloria del Padre. Allora verrà per ricapitolare tutte le cose (Efesini 1,10) e risuscitare ogni uomo, perché dinanzi a Gesù Cristo nostro Signore e Dio e Salvatore e Re (Tito 2,13), secondo il beneplacito del Padre invisibile "ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra e ogni lingua lo proclami" (Filippesi 2,10) ed egli pronunci su tutti il suo giudizio insindacabile.

Avendo ricevuto, come dissi, tale messaggio e tale fede, la Chiesa li custodisce con estrema cura, tutta compatta come abitasse in un'unica casa, benché ovunque disseminata. Vi aderisce unanimemente quasi avesse una sola anima e un solo cuore. Li proclama, li insegna e li trasmette all'unisono, come possedesse un'unica bocca.

Benché infatti nel mondo diverse siano le lingue, unica e identica è la forza della tradizione. Per cui le chiese fondate in Germania non credono o trasmettono una dottrina diversa da quelle che si trovano in Spagna o nelle terre dei Celti o in Oriente o in Egitto o in Libia o al centro del mondo. Come il sole, creatura di Dio, è unico in tutto l'universo, così la predicazione della verità brilla ovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono giungere alla conoscenza della verità. E così tra coloro che presiedono le chiese nessuno annunzia una dottrina diversa da questa, perché nessuno è al di sopra del suo maestro.

Si tratti di un grande oratore o di un misero parlatore, tutti insegnano la medesima verità. Nessuno sminuisce il contenuto della tradizione. Unica e identica è la fede. Perciò né l'eloquente può arricchirla, né il balbuziente può impoverirla. "

Ireneo scrisse 160 anni prima di Nicea e quindi non era influenzato dalla scuola dei cappadoci, non aveva alcun pregiudizio teologico per interpretare la scrittura in questione in maniera alterata,il suo pensiero e le sue opere furono direttamente influenzate da Policarpo che fu a suo tempo discepolo diretto di Giovanni Evangelista. Esse sono una testimonianza della tradizione apostolica, eppure nella sua parafrasi la comprende come la maggioranza dei traduttori odierni, concordemente alla regola di Sharp.
Sicuramente Ireneo conosceva il greco neotestamentario meglio di Behduhn e di Stafford, quindi da sola questa testimonianza basterebbe secondo me a smontare ogni altra teoria riguardo questa scrittura specifica.
Saluti Mario

P.S. non sono ancora riuscito a trovare la versione greca, ma in questo sito:
http://www.ccel.org/ccel/schaff/anf01/Page_330.html
c'è quella inglese:

"in order that to Christ Jesus, our Lord, and God, and Saviour, and King, according to the will of the invisible Father, “every knee should bow, of things in heaven, and things in earth, and things under the earth, and that every tongue should confess”27882788 Phil. ii. 10, 11. to Him, and that He should execute just judgment towards all; that He may send “spiritual wickednesses"

[Modificato da (Mario70) 04/01/2008 17:26]
04/01/2008 17:59
 
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Re: Re:
(Mario70), 04/01/2008 16.58:




Parlando di questo tema in un altro sito in antitesi rispetto ad apologia, ma comunque utile allo scopo, è stato citato Ireneo di Lione, riportando un passo che mi ero scordato che esistesse, evito di riportare il commento in quanto dovrei chiedere il permesso alla persona in questione (anche se non credo abbia nulla da ridire), ma riporto solo quanto scrisse Ireneo, nella sua opera "Contro le eresie" (I, 10, 1-3):

"La Chiesa, sparsa in tutto il mondo, fino agli ultimi confini della terra, ricevette dagli apostoli e dai loro discepoli la fede nell'unico Dio, Padre Onnipotente, che fece il cielo e la terra e il mare e tutto ciò che in essi è contenuto (Atti 4,24). La Chiesa accolse la fede nell'unico Gesù Cristo, Figlio di Dio, incarnatosi per la nostra salvezza. Credette nello Spirito Santo che per mezzo dei profeti manifestò il disegno divino di salvezza: cioè la venuta di Cristo, nostro Signore, la sua nascita dalla Vergine, la sua passione e risurrezione dai morti, la sua ascensione corporea al cielo e la sua venuta finale con la gloria del Padre. Allora verrà per ricapitolare tutte le cose (Efesini 1,10) e risuscitare ogni uomo, perché dinanzi a Gesù Cristo nostro Signore e Dio e Salvatore e Re (Tito 2,13), secondo il beneplacito del Padre invisibile "ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra e ogni lingua lo proclami" (Filippesi 2,10) ed egli pronunci su tutti il suo giudizio insindacabile.

Avendo ricevuto, come dissi, tale messaggio e tale fede, la Chiesa li custodisce con estrema cura, tutta compatta come abitasse in un'unica casa, benché ovunque disseminata. Vi aderisce unanimemente quasi avesse una sola anima e un solo cuore. Li proclama, li insegna e li trasmette all'unisono, come possedesse un'unica bocca.

Benché infatti nel mondo diverse siano le lingue, unica e identica è la forza della tradizione. Per cui le chiese fondate in Germania non credono o trasmettono una dottrina diversa da quelle che si trovano in Spagna o nelle terre dei Celti o in Oriente o in Egitto o in Libia o al centro del mondo. Come il sole, creatura di Dio, è unico in tutto l'universo, così la predicazione della verità brilla ovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono giungere alla conoscenza della verità. E così tra coloro che presiedono le chiese nessuno annunzia una dottrina diversa da questa, perché nessuno è al di sopra del suo maestro.

Si tratti di un grande oratore o di un misero parlatore, tutti insegnano la medesima verità. Nessuno sminuisce il contenuto della tradizione. Unica e identica è la fede. Perciò né l'eloquente può arricchirla, né il balbuziente può impoverirla. "

Ireneo scrisse 160 anni prima di Nicea e quindi non era influenzato dalla scuola dei cappadoci, non aveva alcun pregiudizio teologico per interpretare la scrittura in questione in maniera alterata,il suo pensiero e le sue opere furono direttamente influenzate da Policarpo che fu a suo tempo discepolo diretto di Giovanni Evangelista. Esse sono una testimonianza della tradizione apostolica, eppure nella sua parafrasi la comprende come la maggioranza dei traduttori odierni, concordemente alla regola di Sharp.
Sicuramente Ireneo conosceva il greco neotestamentario meglio di Behduhn e di Stafford, quindi da sola questa testimonianza basterebbe secondo me a smontare ogni altra teoria riguardo questa scrittura specifica.
Saluti Mario

P.S. non sono ancora riuscito a trovare la versione greca, ma in questo sito:
http://www.ccel.org/ccel/schaff/anf01/Page_330.html
c'è quella inglese:

"in order that to Christ Jesus, our Lord, and God, and Saviour, and King, according to the will of the invisible Father, “every knee should bow, of things in heaven, and things in earth, and things under the earth, and that every tongue should confess”27882788 Phil. ii. 10, 11. to Him, and that He should execute just judgment towards all; that He may send “spiritual wickednesses"




Al di la' di ogni considerazione su Ireneo e sulla sua posizione teologica che e' tutta da considerare come tu ben sai, cosa ne pensi del resto?
Direi che c e' parecchia carne al fuoco, non trovi? Sicuramente hai letto i post precedenti.
Siccome ti ritengo una persona ragionevole e con cui si puo' dialogare serenamente spero che il tuo commento sia un pochino piu' articolato.
Restando a titolo di esempio all'ultimo mio post che hai quotato, i dati non ti dicono niente?
Li' non si tratta tanto di lingua ma di dati. Il fatto che il termine theos sia rivolto da Paolo piu' 600 volte al Padre e 0 a Gesu'( con quattro passi grammaticalmente ambigui( e cioe' traducibili in piu' modi tra cui Tito2:13) non suscita nessuna riflessione o pensiero in te?
La cosa mi stupirebbe assai.Non te la puoi cavare con una battuta su Stafford o su Bedhun. Queste battute lasciale agli empirei che cosi' si sentono rassicurati poverini.






[Modificato da descubridor 04/01/2008 18:25]
04/01/2008 19:26
 
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Kittel , vol III pp.105-106 riporta tutti gli esempi in cui nel corpus paolino e in quello pseudopaolino θεος sembra essere riferito a Gesù Cristo. Per quanto mi riguarda, paragonare il Kittel a un lavoro apologetico di uno sconosciuto non è cosa seria, questa è l'unica risposta possibile.

In quest'ottica, come θεος è a volte impiegato per descrivere altri soggetti diversi da Dio Padre (ivi compreso satana!), non vedo perché escluderne aprioristicamente l'applicazione a Gesù Cristo.
Del resto Ireneo (che pensava e scriveva in greco, ma che ci è giunto in traduzione) non è il solo a intendere Tito 2,13 secondo il principio di Sharp, ma è una linea ermeneutica che solca trasversalmente tutti i Padri. Gregorio di Nissa, grecofono, usa lo stesso passo a sostegno della divinità di Cristo nei confronti di Eunomio, un altro grecofono (c.Eun.,II,72 e III,9). Se il passo fosse dubbio alle orecchie di un parlante greco, ci sarebbero delle voci dissonanti nella patristica, che invece non esistono. Il brano fu compreso sempre nello stesso modo, e viene difficile pensare che dovevamo aspettare uno scismatico avventista americano dell'ottocento per capire ciò che si era sempre inteso in un modo.

Questo il mio empireo parere.
Cordialità,

06/01/2008 22:32
 
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Caro Teodoro,

Mi farebbe piacere continuare la conversazione su apologia dei TdG dove potrai dare spiegazioni sulle tue rigine posizioni anti TNM che esponi sul tuo libro, e se vuoi ampliarle.


Kittel , vol III pp.105-106 riporta tutti gli esempi in cui nel corpus paolino e in quello pseudopaolino θεος sembra essere riferito a Gesù Cristo



Non è questo il punto, ma che bisogna ammettere che TUTTI questi passi (secondo il Kittel tre in tutto) senza eccezione, tutti ambigui, compreso Tito 2,13. Pertanto citare il Kittel ha poco senso, perchè che quei passi potrebbero chiamare Gesù theos è ovvio, senza scomodare il Kittel!

Il problema qui è di interpretazione, e studiosi attenti come Conzelmann, Jeremias e Kelly respingono l'interpretazione con forza. Di fatto non esiste nessun motivo grammaticale che ci obblighi a pensare che theos si riferisca a Gesù piuttosto che a ho theos stesso.

Kittel ammette che i passi sono ambigui, e comunque di questi passi fornisce la seguente spiegazione: "Christ is the Representative of God. But the Christology of the NT is carried to its logical conclusion with the thorough-going designation of Christ as θεός. He is not merely a Representative of God. He is the Representative of God in the world and in history. For He is instituted and equipped by God the Father. He is Himself the Bearer of the divine office" conclusione che per molti versi è più vicina alla visione dei TdG che a quella di "consustanzialità" successiva.


paragonare il Kittel a un lavoro apologetico di uno sconosciuto non è cosa seria, questa è l'unica risposta possibile.



Quello che tu chiami "lavoro apologetico di uno sconosciuto" è ben meno apologetico di te, infatti Stafford ammette che in Paolo vi sono 4 passi grammaticalmente ambigui... ti risulta che il Kittel dica qualcosa di diverso? Guarda, il tuo mi pare un atteggiamento che ha poco senso, perchè anche studioso come Conzelmann e Jeremias in questo caso sottoscriverebbero quanto tu critichi.


non vedo perché escluderne aprioristicamente l'applicazione a Gesù Cristo



Non vedo chi "esclude aprioristicamente qualcosa". Stafford parla di 4 passi grammaticalmente ambigui e non di passi inesistenti... cosa vuol dire secondo te? Che "escluda" aprioristicamente qualcosa? Mah.


Il brano fu compreso sempre nello stesso modo,



Poichè il passo è ambiguo non vedo alcun problema, Gregorio ed altri padri potevano leggere il passo secondo la propria teologia, questo non ha nulla a che vedere con la "regola" di Sharp.


Del resto Ireneo (che pensava e scriveva in greco, ma che ci è giunto in traduzione) non è il solo a intendere Tito 2,13 secondo il principio di Sharp



Vedo che siamo già passati da "regola" a "principio" di Sharp. Mi compiaccio... ma in quel caso non è certo di Sharp, perchè quello il "principio" di cui parli era ben conosciuto senza Sharp! Circa Ireneo non mi pare che commenti il versetto, e dunque è difficile dire cosa avesse scritto in greco, seppure fu tradotto molto presto il latina.

Una domanda: Non riesco a trovare alcuna grammatica di greco classico che contempli la "regola di Sharp". Potresti citarne alcune in italiano o inglese?

Shalom





[Modificato da barnabino 06/01/2008 22:39]
07/01/2008 10:25
 
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Dal mio punto di vista la frase non è ambigua, né lo era per i Padri. Lo diventa solo se leggi il testo in base ad una precomprensione ariana, e dunque sei costretto a fargli dire ciò che più si conforma alla tua teiologia.

La cd. regola di Sharp è un principio che nel NT si applica tranquillamente e che è presente in tutte le grammatiche di un certo rilievo; che io sappia non c'è nel greco classico, come invano cercavo di illustrare a descubridor.

Cordialità,


07/01/2008 11:18
 
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Caro Teodoro,


Dal mio punto di vista la frase non è ambigua, né lo era per i Padri



Il tuo punto di vista esegetico e poco importante, qui infatti stiamo parlando di grammatica e, da quel punto di vista, è ovvio per tutti che non vi sono "regole" che impongano una determinata lettura ed è riconosciuto da chiunque.

Abbiamo, per altro, già citato il punto di vista di Jeremias, Conzelmann e Kelly, studiosi al di sopra di ogni sospetto, che dimostrano come il tuo punto di vista non è sia certo definitivo.


Lo diventa solo se leggi il testo in base ad una precomprensione ariana



Non capisce, semmai è la tua lettura che parte da un "precomprensione" trinitaria... sinceramente nella mia (e di Conzelmann e altri) lettura non vedo alcuna "precomprensione ariana", infatti la distinzione tra Gesù e ho theos è assolutamente normale e non richiede alcuna "precomprensione".


sei costretto a fargli dire ciò che più si conforma alla tua teiologia



Ti ripeto, la mia lettura non contempla alcuna teologia particolare, la distinzione tra Gesù è Dio è cosa più normale e ovvia dell'NT. Semmai è una lettura diversa che nasce dall'esigenza di adattarsi al dogma.


che io sappia non c'è nel greco classico, come invano cercavo di illustrare a descubridor



Dunque questa fantomatica regola esisterebbe solo nel NT, un'invenzione di Paolo, e non si riscontrerebne nel resto della lingua greca, ne possiamo dedurre che un qualunque lettore greco messo di fronte a quel testo non era in grado di scorgervi alcuna regola... mi sembra un argomento molto forte a difesa della tua lettura!

Shalom




[Modificato da barnabino 07/01/2008 11:42]
07/01/2008 11:58
 
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Re:
Teodoro Studita, 04/01/2008 19.26:

Kittel , vol III pp.105-106 riporta tutti gli esempi in cui nel corpus paolino e in quello pseudopaolino θεος sembra essere riferito a Gesù Cristo. Per quanto mi riguarda, paragonare il Kittel a un lavoro apologetico di uno sconosciuto non è cosa seria, questa è l'unica risposta possibile.

In quest'ottica, come θεος è a volte impiegato per descrivere altri soggetti diversi da Dio Padre (ivi compreso satana!), non vedo perché escluderne aprioristicamente l'applicazione a Gesù Cristo.
Del resto Ireneo (che pensava e scriveva in greco, ma che ci è giunto in traduzione) non è il solo a intendere Tito 2,13 secondo il principio di Sharp, ma è una linea ermeneutica che solca trasversalmente tutti i Padri. Gregorio di Nissa, grecofono, usa lo stesso passo a sostegno della divinità di Cristo nei confronti di Eunomio, un altro grecofono (c.Eun.,II,72 e III,9). Se il passo fosse dubbio alle orecchie di un parlante greco, ci sarebbero delle voci dissonanti nella patristica, che invece non esistono. Il brano fu compreso sempre nello stesso modo, e viene difficile pensare che dovevamo aspettare uno scismatico avventista americano dell'ottocento per capire ciò che si era sempre inteso in un modo.

Questo il mio empireo parere.
Cordialità,




Leggo che l'empireo parere e la relativa battuta sugli scismatici americani confermano quanto sostengo io.
Evidentemente e' vero che gli empirei hanno bisogno di queste battute per sentirsi rassicurati e evidentemenete per non vedere troppo scosse le loro convinzioni.
Contenti loro.
Ecco,a beneficio delle persone serie e senza beceri pregiudizi che leggono, un elenco di testi nel corpus paolino(limitato alla lettera ai Romani) che usano theos chiaramente in riferimento al Padre. Spero che questo elenco sia sufficiente a chiarire dove si possono trovare le persone serie . Se per caso gli empirei insistessero sulla mancanza di serieta' altrui postero' altri elenchi di scritture del corpus paolino riferite al Padre che dimostreranno una volta di piu'chi sono le persone poco serie, piene di pregiudizi ma molto incompetenti.
ROM.1.1 (si noti l'uso di theos in questo versetto in relazione tou
uiou autou, il "Figlio di Lui" al vers.3)
ROM 1:4
ROM 1:7 (secondo caso)
ROM.1:8
ROM 1:9
ROM 2:16
ROM.3:22
R0M.3:23 (confr.v.24)
ROM.3:25 ( da notare che qui Paolo si riferisce a Dio come Colui
"lo" ( Gesu' Cristo) mando' , mentre Giovanni dice che il
"Padre" (1Giov.4:14) "mando'suo Figlio" , mostrando che i
due termini "Dio" e "Padre" erano praticamente
intercambiabili nel 1SEC. mentre lo stesso non puo' dirsi
per "Dio" e "Figlio" come proprio questi testi e altri
dimostrano.
ROM 5:1
ROM.5:10
ROM 5:11
ROM 6:10
ROM 6:11
ROM 6:23
ROM.7:25 ( primo caso)
ROM.8:3
ROM.8:17
ROM 10:9
ROM.15:6
ROM.16:27

P.S.: Mi scuso in anticipo con le persone serie e prive di pregiudizio se qualche citazione non dovesse essere corretta ma l'ho postata con una certa fretta.
Buona comparazione










07/01/2008 12:14
 
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Caro barnabino,
Sarò lieto di prendere in esame la posizione di ogni studioso quando ci fornirai le coordinate bibliografiche.
Ciò comunque non cambia di una virgola il fatto che se i Padri hanno semper et ubique letto tito 2,13 attribuendo theos al Figlio la discussione è chiusa. Se non ti accontenta l'argomento grammaticale (mostrami dove nel NT la regola di Sharp non funzionerebbe), si presuppone che i padri capissero il greco meglio dei brooklyniani, fino a prova contraria.
Copiare l'elenco dei passi dove theos è applicato al Padre cosa dimostrerebbe? Che si deve applicare sempre al Padre? A mio avviso dimostra solo che non ci si può improvvisare grecisti.
Cordialità,

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